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Bene, Podestà, un’Europa in meno, di Giuseppe Leone, pag

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CARMELO BENE, GIUDITTA PODESTÀ

OVVERO UN’EUROPA DI MENO

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di Giuseppe Leone

PARAFRASANDO Un Amleto di meno di Carmelo Bene, definirei l’Unione Europea un’Europa di meno, cioè un’organizzazione economica e politica che si sottrae ai diritti-doveri di governare, per essere qualcosa di meno, un’Europa che non c’è: un’associazione di Stati sotto il comune cappello della Banca Centrale Europea.

Non era questa l’Europa Unita sognata dai padri costituenti. Dal sogno di un’Europa federalista a questa Unione Europea, minimalista, ne passa. Noi, oggi, invochiamo un’Europa di più, un’Europa politica, gli Stati Uniti d’Europa, ora che sullo sfondo torna a farsi vedere lo spettro dell’Europa delle nazioni o, se non peggio, un continente sotto l’Ombrello della Nato.

Forse quest’ Europa, così com’è stata pensata, non risponde ad alcuno degli ideali dell’immediato passato. L’aveva pensata Mazzini e l’avevano pensata i padri costituenti (da Silone a Altiero Spinelli, Silvio Trentin, Ernesto Rossi, ecc.) già durante il secondo conflitto mondiale. Ma non se ne fece nulla. Caduta l’Unione Sovietica nel 1991, già l’anno dopo, il capitalismo s’è presentato a Maastricht per costruire un’Unione Europea fondata sull’Euro.

Ma questa è un’altra Europa.

Eppure, anche oggi, come nei lontani anni Quaranta, ci sarebbe stata un’Europa degna di essere sperimentata, fresca di teorizzazione, come ce l’ha additata, non molti decenni fa, un’intellettuale con l’apostrofo. Penso a un’idea di Europa, quale è emersa da un progetto di Giuditta Podestà, da lei esposto in un suo saggio del 1990 dal titolo Le chiavi dello scrigno, dove la studiosa prospetta un’Europa Unita nel segno della letteratura comparata, edificata sopra un vasto mosaico di spaccati che indicano l’identità di Europa attraverso le metafore celate nei singoli popoli, in tipici individui, in casi eretti a simbolo, in una circolarità unificatrice. Ne cita 14: l’Hispanidad Eterna; l’Irlanda come mito; la dimensione del teatro nell’insularità britannica; la scommessa intellettuale del razionalismo francese nell’interpretazione di Renè Marill Albérès e l’Umanesimo delle virtù teologali di Charles Moeller; la realtà del corpo e del corporeo nella “Meditazione milanese” di Carlo Emilio Gadda; Il non finito kafkiano e gli inizi della nuova era; Giuseppe Mazzini e la critica letteraria. Tensione ideale e dimensione europea; la dimensione del corpo nel Medioevo e gli affreschi italiani del sec. X e XI; Teodoro Prodromo, la sua satira nella Bisanzio del XII secolo e gli albori di una rinascita; Battistina Vernazza, mistica aristocratica nella Genova rinascimentale; un monumento storico restaurato: il convento di Santa Maria la Vite a Olginate, documento e metafora di una vicenda umana; Il Centro Internazionale di Studi Lombardi e la sua attività europeistica; L’immagine della Germania negli incontri Ceislo (1983-1990).

Sono, queste, le tessere sulle quali la Podestà fa scorrere la sua Europa Unita, nella

direzione del comparatismo, le cui ricerche, a sua detta, hanno fornito “una documentazione inoppugnabile sull’affinità del fondo culturale e dei caratteri spirituali comuni nella civiltà dei popoli europei” avendo già all’attivo “una vera storia degli scambi spirituali, delle correnti letterarie comuni, di prestiti e di anticipi, di restituzioni, di mediazioni, di recezioni attraverso i secoli, di immagini relative ai singoli paesi, secondo le categorie della storia, della letteratura, dell’estetica, della filologia, della psicologia individuale e dei popoli.

Questa sì che sarebbe stata un’Europa politicamente unita, coniata sulla cultura dei suoi popoli piuttosto che giocata a testa o croce con monete di un Euro.

Giuseppe Leone

Foto di pagina 8: Giuditta Podestà, docente di Letteratura Comparata.

POESIE DI LUCIO ZANIBONI

1) Si intendeva di significati e significanti, masticava gerundi e condizionale; questo ultimo per lui era essenziale, aveva un processo in corso, sperava gli scontassero la penale.

2) Donna gentile, aperta agli altri, affettuosa la signora Liliana. A chi aveva bisogno apriva la sua casa. Al commiato col sorriso presentava il conto, non era un affronto: di professione faceva la puttana.

3) Forse ripensando: domani come ieri, giorni destinati al tramonto, rotti dal singhiozzo di un sole morente. Domani come ieri la spalliera di rose, alcune in boccio altre al confine, infine tutto in un gorgo e i fantasmi della notte.

4) Si è levato un canto, un ubriaco forse, tu gli dai ascolto. Il delirio si calma ora tace poi riprende: Il mondo è nostro, dice la canzone e il refrain ripete: ancora nostro. Quanto di questo mostro Il t e m p o ancora ci appartiene?

5) Si, la vita, le hai creduto come un figlio alla madre; hai seguito le sue strade rette, curve, a giravolte con la bussola impazzita, tutte quante senza uscita. È un dedalo la vita?

Lucio Zaniboni

Da: I giorni della Ferriera, Allprint Edizioni, fresco di stampa.

IO SONO UN’URNA

Io sono un’urna che con amore assiduo custodisce al riparo dal tempo vecchi ricordi e storie del passato che sovente riaffiorano. E basta un suono, basta una parola o un paesaggio e all’improvviso riaffiorano ricordi ormai sopiti. Io sono un’urna che come reliquie conserva persone, cose e eventi del passato che in me trovano vita e rivivranno finché quest’urna non verrà spezzata. 29 luglio 2022

Mariagina Bonciani

Milano

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