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L’ultima Medea MARIA CALLAS
by Domenico
di Isabella Michela Affinito
La fermentazione della leggenda della ‘divina’ Callas passata per il crogiolo creativo del maestro del cinema, del teatro e scenografo fiorentino, Franco Zeffirelli (19232019), non poteva non divenire ‘oro’ anche se d’altro sberluccichio e peso specifico.
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Sì, perché non s’è trattato, all’interno della pellicola cinematografica, della rievocazione di Maria Callas al tempo della sua apoteosi circondata da impresari, ammiratori, tecnici di scena, registi, colleghi-cantanti lirici che assieme a lei interpretarono le più grandi opere di tutti i tempi: dalla Norma al Trovatore, alla Lucia di Lammermmoor, a Madame Butterfly, ad Anna Bolena, Tosca, Medea, alla Traviata ed altre ancora.
Il grande Franco Zeffirelli, coetaneo della Callas e da giovane assistente di Luchino Visconti, ha voluto per l’occasione rivalutare un Mito non in via di scadimento – all’epoca in cui era ancora in vita la Callas non fu integralmente compreso – dal momento che del soprano Callas s’è divulgata a livello mondiale solo una parte della sua breve vita, quella esposta alle migliaia di luci della ribalta e non quella della post-notorietà, allorché venne colpita dalla sventura dell’affievolimento del suo grande dono naturale: la voce.
All’interno:
Dialogo con Giuseppe Leone, di Ilia Pedrina, pag.5
Dentro l’uragano, di Manuela Mazzola, pag. 10
Noemi Paolini Giachery, di Ilia Pedrina, pag. 12
Il poeta cercatore, di Manuela Mazzola, pag. 14
Fabiola Confortini, di Tito Cauchi, pag. 16
Francesco D’Episcopo, di Antonio Crecchia, pag. 19
Graziano Giudetti, di Tito Cauchi, pag. 24
Notizie, pag. 32
Libri ricevuti, pag.38
RECENSIONI di/per: Tito Cauchi (Dolce, misteriosa essenza dell’universo, di Rocco Salerno, pag. 27); Domenico Defelice (Questa volta vinco io, di Anna Aita, Emilio Fina e Fabio Aita, pag.28 ); Domenco Defelice (Quando l’amore è negato, di Anna Aita, Maria Cristina Gentile, pag.29 ); Domenco Defelice (Al martire venerabile Conedera, di Antonio Crecchia, pag.30 ); Lorenzo Spurio (Carne e sangue, di Vito Davoli, pag.31).
Inoltre poesie di: Isabella Michela Affinito, Rinaldo Ambrosia, Stephen Blanchard, Mariagina Bonciani, Marina Caracciolo, Giannicola Ceccarossi, Wilma Minotti Cerini, Antonio Crecchia, Lorenzo De Micheli, Rosaria Di Donato, Anna Manna e Pasquale Montaldo, Antonia Izzi Rufo e Imperia Tognacci.
Purtroppo le cose andranno proprio così e lei, dal carattere volitivo e (mai) sazia di trionfi, d’animo ‘penelopeo’ per le sue gagliarde radici greche anche se nata a New York, coraggiosa nel sopravvivere poi nella dimensione capovolta rispetto alla precedente poiché sprofondata nell’assoluta riservatezza – forse anni prima inconcepibile per l’artista abituata ai bagni di folla – dentro la lussuosa casa di Parigi intorno alla fine degli anni Settanta del secolo scorso. Il regista Zeffirelli ce la descrive insonne e in solitudine con una domestica anziana, che comprende discrezionalmente la sua situazione di donna poco più che cinquantenne prigioniera dei suoi ricordi più sonori, dove è la Callas di ‘ieri’ a cantare oltremisura nelle oramai sue notti senza riposo. I suoi fantasmi – così come Maria li chiamava –l’andavano a trovare spesso rievocandole attorno al letto quel mondo stucchevole dai fondali dipinti che è il teatro, colla bocca enorme in cui si verificarono i prodigi della sua lirica. Solitudine e vita passata scandiscono l’ultimo atto esistenziale della Maria
Callas disillusa (interpretata nel film dall’attrice Fanny Ardant), fino a quando un giorno l’impresario Larry (Jeremy Irons) non va a trovarla in casa per proporle un ritorno sulle scene, stavolta sul piccolo schermo che è la televisione. Larry dovrà insistere molto per ridare (metaforicamente) ai polmoni dell’artista l’aria d’una volta, la briosità scaturente dalla recitazione e la convince soprattutto con l’ausilio del playback, ovvero la voce d’un tempo già incisa da sovrapporre all’ulteriore sua interpretazione lirica della Carmen. Tutto sa d’entusiasmante e di miracoloso: la nuova Callas adesso si presenta addirittura più passionale nel ruolo della gitana provetta nel ballo tradizionale dei girovaghi. Risulterà strepitosa e arriverà a piangere specialmente per ciò che la ‘nuova’ Callas dovrebbe rappresentare al grande pubblico televisivo, diverso da quello dalle platee di qualche decennio prima.
Ma Zeffirelli, entrando abbastanza in profon dità nel personaggio affranto dell’ultima Callas, evidenzierà il sorgere dell’irrisolvibile conflitto con la sua moralità artistica che non le permetterà di frodare il pubblico attraverso il metodo della voce registrata, arrivando a rinunciare al successivo ruolo propostole nella Tosca salvo la possibilità di poter cantare con la vera voce nonostante lo svilimento delle corde vocali. Il contratto a questo punto s’interrompe e lei ritorna sui suoi passi, ossia nella riservatezza che l’aveva custodita fino ad allora alla maniera d’un suppellettile d’antiquariato destinato all’unicità. Chiederà a Larry di distruggere la registrazione della Carmen appena ultimata per non tradire la sua vera intenzione di fare arte e per non lasciare ai posteri l’immagine sfalsata dell’artista che, invece, ha accettato la disfatta della propria voce scegliendo per questo il nascondimento. Una ricostruzione fantasiosa del periodo finale dell’esistenza di Maria Callas degnamente pregno di romanticismo, soprattutto nel momento in cui lei, Maria Callas, e Larry si ritroveranno seduti su una delle tante panchine d’un parco a meditare circa l’insondabile senso della vita.
Maria Anna Kalogeropoulos, in arte Callas, aveva chiesto al Creatore di poter diventare quello ch’è diventata senza la pretesa ulteriore di realizzarsi in qualità di donna e adesso voleva solamente non essere più riconosciuta da alcuno quando era in mezzo agli altri per proseguire il cammino umano a piedi, magari fra gli alberi che s’incontrano per caso ai lati delle strade che non portano (almeno così fu nel suo caso) da nessuna parte, anzi che portano a Dio: morì a pochi giorni dall’autunno del 1977 lasciandoci la leggenda dell’Artista canora che ha saputo anche ‘perdere’ egregiamente con sé stessa!
Isabella Michela Affinito
“ L’ultima Medea ”
Omaggio al film di Pier Paolo Pasolini del 1969: “Medea”, interpretato dal soprano Maria Callas, che in quell’occasione provò del sentimento per il regista Pasolini, dopo la conclusione dell’infelice legame durato una decina d’anni che lei ebbe con l’armatore greco Aristotele Onassis. La pellicola fu girata tra Grado, la Cappadocia e Alepp oin Siria.
Non più tra le sterpaglie della Cappadocia il dramma del mondo irrazionale della donna atemporale ricoperta di monili per ingannare l’abbandono di Giasone. Ora, Medea ha negato il classismo per diventare umana almeno nei pensieri (?) allo scandire del tintinnio delle collane portate al collo a due a due pesanti quanto la fonderia di Efesto, in te (Maria Callas) c’è stata l’ultima Medea alla ricerca dell’origine non si sa di cosa. Chi era Giasone e perché non trionfò come era stato previsto dagli indovini? Hai rovesciato il mito come bicchiere vuoto che non serve più a nessuno, Medea dagli occhi scuri più della pece avevi già ucciso!
Fotogrammi in successione come litografie di Aubrey
Beardsley: troppo bianco e troppo nero guastano la tradizione, chi era Giasone e perché se n’è andato? Medea non smarrì la ragione è che l’anima non l’ha mai avuta, ieratica e tribale ha distrutto il suo ruolo prima che lo facesse Euripide e la Storia.
Poesia inedita di Isabella Michela Affinito