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Tra Darina, Ninetta ed Emanuela DIALOGO CON GIUSEPPE LEONE

di Ilia Pedrina

Ho apprezzato tantissimo questo nuovo recente lavoro dell’Amico Giuseppe Leone, così attento ad interpretare, come bene hanno a tutti noi insegnato i due grandi innamorati dell’Amore, della Vita e della Scrittura Emerico Giachery e Noemi Paolini. Per questo in pochi giorni ho tutto chiosato il carteggio tra Vittoriano Esposito e Darina Silone, che porta come titolo IL SILONE

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PER CUI MI BATTO, della Ianieri Edizioni, pubblicato nel novembre 2022, aprendomi all’ascolto di queste due vitalità parallele, intercettate ed intersecate anche direttamente dal Nostro. La forma del dialogo a distanza, quali possono essere le Lettere, inviate da Darina Elizabeth Laracy, che decide di firmarsi ‘Darina Silone’ e le risposte e le richieste dell’anima portate in essere dallo scrittore e critico letterario Vittoriano Esposito, ben si addice all’interiorizzazione dei contenuti che il professor Leone ci invita a cogliere, oltre le righe.

Così il dialogo su di loro continua ora, perché i tempi sono maturi affinché cresca la consapevolezza del ruolo svolto da ciascuno di noi, nel suo tempo e nella Storia, individuale e collettiva.

Ilia: Regalaci un profilo di queste tre bellezze ‘letterarie’, tra Darina Silone, irlandese, Ninetta, la sposa di Vittoriano Esposito ed Emanuela Rossi, la tua Amata, ad aprire alla concretezza del fare e dell’agire, nella vita come nella scrittura.

Giuseppe Leone: Più che bellezze ‘letterarie’, le definirei di ‘frontiera’, sono donne che vivono tra vita e letteratura, tra biografia e storia, tra realtà e immaginazione. Bellezze libere, insomma, miraggi, che, per non essere solo ‘letterarie’, hanno anche riflesso sul vissuto; e per non essere solo reali, hanno anche rimandi nella sfera dell’arte.

Guarda Darina, per esempio. Lei, grazie alle sue condizioni di moglie e traduttrice in lingua inglese delle opere del marito, è oltre la sua letteratura; e, pur non essendone tra le protagoniste dei suoi romanzi, tuttavia ne riflette la luce.

Silone, per lei, “fu una meta, non l’altra metà” - ebbe a dire Don Flavio Peloso, settimo successore dell’Ordine di Don Orione: i due “ebbero una tale identità interiore, intellettuale e progettuale, per cui, pur indipendenti e quasi opposti, erano uniti nel nucleo più profondo della loro umanità”.

E ancora Darina, a proposito della decisione di spargere le sue ceneri nel mare d’Irlanda: anche qui, è lontana, così da vaghe idealità letterarie come da autentica realtà quotidiana; è sempre donna di ‘frontiera’, poiché supera i limiti di qualunque vincolo: quello matrimoniale da cui si emancipa preferendo il mare come teca delle sue ceneri; e quello letterario, da cui si affranca, vestendo d’altra lingua i suoi romanzi.

E Ninetta? Fu lei, durante un convegno a Pescina nel 2003, a farmi il più perfetto dei ritratti di Vittoriano, critico militante, senza la benché minima intenzione di magnificarlo. “Come al solito - mi disse – non ha relazionato su quello per cui si era preparato, ma ha consumato i minuti a sua disposizione per obiettare a un’affermazione che non gli andava a genio”.

E in effetti, Vittoriano aveva risposto, a braccio, al relatore che l’aveva preceduto, il quale aveva parlato di socialismo liberale in Silone, piuttosto che libertario, come avrebbe poi corretto Vittoriano.

Questo aneddoto per dire quanto Ninetta fosse attenta e acuta in questo suo ruolo di compagna e “consigliera” negli incontri letterari di Vittoriano e anche quanto la sua partecipazione fosse puntuale in occasioni come queste, destinate a intensificarsi ancora di più dopo la scomparsa del marito. Da allora, già a partire da un convegno alla sua memoria tenuto a settembre nel 2012 sempre nel Centro Silone a Pescina, Ninetta vivrà gli anni che le saranno ancora concessi, impegnandosi a promuovere iniziative per non disperdere la memoria e l’eredità letteraria di Vittoriano.

Il tutto frutto della stima e del rispetto di lei verso un “galantuomo delle lettere”, qual è stato Vittoriano e soprattutto del profondo amore che l’avrebbe legata per tutta la vita a un uomo che le aveva dedicato già al primo incontro versi come questi:

M’avevi guardato! M’avevi sorriso!

Nulla da dirmi aveva il tuo sguardo, ma lo disse in modo grazioso quel nulla.

E il tuo sorriso, in apparenza tranquillo, aveva in germe la favilla.

Erano versi scritti da un giovanissimo Vittoriano Esposito, ancora all’alba del loro amore, quando, firmandosi con lo pseudonimo Amato Amans, gettava la chiave della loro interpretazione in un dominio dantesco, portando a maggior sintesi il celebre Amor ch’a nullo amato amar perdona: Amato Amans, in italiano, Amato Amante, amato che a sua volta ama, nel senso che i versi che lui rivolge a Ninetta non sono richieste d’amore, ma sono la risposta che lui è già pronto ad amarla.

E bellezza di “frontiera” è anche Emanuela, da quarant’anni mia compagna nell’arte come nella vita, per avere aperto “alla concretezza del fare e dell’agire”. Spirituale e tangibile, ideale e reale, vicina e lontana, Emanuela, che mi legge ancora in copia mentre sto scrivendo, è tutte queste cose insieme, come si evince in questo dialogo tra me e lei al tempo dei nostri primi incontri, nella trasfigurazione di un mio dramma dal titolo: Il dottor Santarosa:

SANTAROSA Io e tu è il legame che conta

LA SPOSA Siamo pari da quel che sento

SANTAROSA Io e tu per essere liberi

LA SPOSA Non sono la natura da dominare?

SANTAROSA Non è destino che io ti conquisti

LA SPOSA Mi vuoi libera?

SANTAROSA Legata a me in quest’orto di libertà tra recinti d’aria e palizzate di vento, Ilia: Le note di approfondimento al testo del Carteggio sono veramente uniche, perché talora, anche in corpo minuto, forniscono informazioni che vanno direttamente collegate alla nostra più cruda attualità. Ed Eugenio Scalfari occupa un posto particolare.. Giuseppe Leone: È evidente che ti stai riferendo al “caso” Silone. Purtroppo, Scalfari non è stato il solo, ce ne sono stati anche altri che hanno partecipato alla calunniosa marcia di Biocca e Canali contro lo scrittore. È vero che Scalfari risulta tra i più irriducibili detrattori, non solo, per avere scritto che “il “caso” Silone è quello di un dottor Jeckyl e di un mister Hyde, ma anche per l’astio, che lo contraddistingue, dicendo che per il suo comportamento schizofrenico durato un’intera vita e solo oggi fortuitamente scoperto, verrebbe fatto di invocare la seminfermità mentale

Quanto sia stata costruita ad arte l’accusa, contro Silone spia dell’Ovra, lo rivelerà, Francesco Sidoti, sociologo, criminologo e professore emerito dell’Università dell’Aquila, durante un convegno tenutosi nel capoluogo abruzzese il 18 marzo 2006, presieduto dal governatore di allora Ottaviano Del Turco, e introdotto da Aldo Forbice, domandandosi come può una tesi del tutto erronea ottenere consensi spropositati. E non solo, come sia stato possibile criminalizzare Silone, dal momento che la sua criminalizzazione non poteva neanche avvenire, perché si trattava di una ipotesi altamente improbabile e inverosimile, come avevano notato testimoni di livello, da Indro Montanelli a Leo Valiani. Domande, la cui risposta, per Sidoti, è solo una: che il caso è destinato ad andare avanti senza possibilità di una risoluzione, perché, qualunque risposta verrà data dalla difesa, non sarà mai dirimente e in mancanza di prove certe, nessuna ipotesi può essere esclusa. I pubblici ministeri - precisa - lavorano su certezze o su quella che è definita “l’ipotesi preferibile” sorretta da un livello molto alto di probabilità. Il ragionevole dubbio esclude l’ipotesi peregrina. … In questa luce il “caso” Silone non soltanto dovrebbe essere definitivamente chiuso, ma non poteva neanche cominciare, visto che storici autorevoli hanno posizioni assolutamente contrapposte, che si richiamano a documenti; come minimo Silone doveva essere assolto, in base al principio del ragionevole dubbio

Ilia: Ricchissima la bibliografia di Ignazio Silone, tradotto anche da Darina con grande efficacia, altrettanto grande quella di Vittoriano Esposito, che il Silone ce l’ha nel sangue fin da adolescente, e lo dice più e più volte a Darina, quasi con l’insistenza mai placata dell’innamorato vero, molteplici e contrastanti i documenti critici e le biografie che hai dovuto consultare. Ne emerge dedizione, passione, conoscenza e competenza acquisite professionalmente e grande capacità di ascoltare i testi: quali i fari che ti hanno orientato sostenendoti nel difficilissimo percorso, evitando interruzioni, pause di riflessione sui duri fatti che emergono da questo CARTEGGIO inedito, spinte intellettuali a dilatare ogni particolare, offuscando così un poco l’obiettivo primario della pubblicazione?

Giuseppe Leone: Nessun’altra luce se non la gran mole di fatti, avvenimenti, episodi, relativi a Silone, uomo di pensiero e azione, testimone e artefice di eventi che sconvolsero, non solo la propria vita, ma anche l’epoca in cui lo scrittore visse. Pensa a Pavese - al quale Vittoriano aveva dedicato più di un saggio già a partire dalla sua tesi di laurea - che sosteneva che un uomo vale per il ricordo che porta e per il ricordo che lascia.

E Vittoriano e Darina, quanto a bagagli presso, ne hanno portati tanti, come altrettanti ne hanno lasciati al momento della loro partenza.

A ciò aggiungi che, attraverso questo carteggio, all’apparenza non così corposo (37 le lettere: 21 di Vittoriano, 16 di Darina), passa la storia del Novecento, un “secolo breve” - e per fortuna - lo aveva definito Hobsbawn. E quanta e quale storia! Dalla rivoluzione russa allo stalinismo, al nazifascismo; dall’Italia monarchica e fascista all’Italia repubblicana dei partiti; dalla guerra fredda, alla caduta del Muro di Berlino, dal primo “caso” Silone degli anni ’50 al secondo “caso” degli anni Novanta e Duemila, agli attacchi contro Silone e Darina.

Altro che “secolo breve” e poche le mie pause di riflessione! Se ho persino rischiato, come tu dici, di offuscare un poco l’obiettivo primario di questa pubblicazione, è perché mi sono trovato davanti a un universo infinito di fatti e di drammi, con sullo sfondo: da una parte, la Storia con tutte le sue necessità al seguito, dall’altra, Silone con le sue richieste di libertà. Non dimentico che Padre Edoardo Fenu, sull’Osservatore Romano del 23 settembre 1965, scrivendo: “poche volte ci è accaduto di ripensare come durante la lettura di Uscita di sicurezza, alla famosa canna pensante di Pascal”, abbia, forse, espresso il riconoscimento più grande che lo scrittore abbia mai ricevuto, in grado di risarcirlo di tutte le offese subite in vita e post mortem.

Ilia: In copertina l’immagine di un Silone schietto, pensoso, con quel suo sguardo che ha attraversato esperienze terribili, incise quasi a ferita mai chiusa nel costato: perché hai inserito in nota il suo CONFITEOR che prende davvero la nostra capacità giudicante sospendendola di brutto?

Giuseppe Leone: Sinceramente, non so dove altro avrei potuto collocare quest’autointervista che lo stesso Silone s’inventò negli anni ’50, allorché prese ad infuriare la polemica sul suo caso letterario, per ragioni ideologiche ancor che estetiche, come oggi è ormai chiaro a tutti.

Vedi, Ilia, inserendo il ritratto di Silone in copertina e confinando il suo Confiteor in calce a una pagina del saggio, non mi pare d’aver tradito Silone, ho semplicemente rispettato la sua etica di scrittore, nonché il rapporto speciale che egli ha da sempre avuto con il segreto. E Maria Zambrano, in questo, ci può confortare. “Chi scrive - fa notare la filosofa spagnola - vuole dire il segreto, ciò che non si può dire a voce perché è troppo vero, le grandi verità non si è soliti dirle parlando … Scoprire il segreto e comunicarlo sono i due stimoli che muovono lo scrittore. Il segreto si rivela allo scrittore, mentre lo scrive, non quando lo pronuncia. … Allo scrittore nella sua solitudine il segreto si rivela non del tutto, ma in un divenire progressivo”.

Come in Silone, che, oltre ad averlo svelato attraverso ogni suo romanzo, lo avrebbe anche ammesso, se pure velatamente, rispondendo a un intervistatore che gli faceva notare di avere in viso la tristezza di chi partì per andare troppo lontano e alla fine si ritrova al luogo di partenza: “No, ti assicuro che non sono deluso, malgrado molti sbagli e sciocchezze che non ho saputo evitare. È difficile però spiegare certe cose a quelli che sono rimasti sempre dove sono nati. Si racconta di un navigatore spagnolo che in alto mare era solito cantare una bellissima canzone. Ai suoi di famiglia che un giorno, a fine tavola, lo pregavano di ripeterla, egli rispose: “È impossibile; io canto la mia canzone solo a quelli che vengono con me in alto mare”.

Con questo, voglio dire che Silone è persona discreta e riservata, e non c’è da stupirsene se, per primo egli stesso, ne faccia schermo a ogni confessione. Cosa che fa anche capire perché Silone, uomo politico di alto rango nella giovinezza, decida in seguito di fare lo scrittore, perché da politico non sarebbe mai riuscito a comunicarci il suo segreto.

Tra tutti i testi dell’Amico Giuseppe Leone, che ho attraversato con sempre particolare attenzione interpretativa, questo risulta il più intenso per profonda e chiara capacità, rarissima oggi, di affiancare al testo storicotestimoniale di questo Carteggio finora inedito, una dettagliata e ben coordinata capacità di animare i dati rendendoli d’una quotidianità indiretta e, proprio per questo, vitalissima.

Vittoriano Esposito – Darina Silone

IL SILONE PER CUI MI BATTO, Ianieri Editore, 2022, pp. 264

Ilia Pedrina

Nel Dilemma Del Giorno

Incrociavamo i nostri pensieri su latitudini diverse, tu a Est e io a Ovest.

E si alzava alta la parabola dell'istante lungo il giorno che pareva uguale ai nostri sogni.

Tu ti tingevi le labbra, e lo specchio appannava la tua immagine.

Comparavamo i desideri nel dilemma dell'oggi mentre la polvere trascinava via i giorni.

Rinaldo Ambrosia Rivoli (TO)

Il pellegrino del plenilunio

(Dicembre 1999. L’ultima luna piena la notte dell’apertura della Porta Santa da parte di Giovanni Paolo II)

Questa notte la luna

Non ha voluto ombre

Sui gradini

Davanti alla porta

Accompagna il Pellegrino poverello

Per annunciare nuovi percorsi

Aprire spiragli

Si titubanti viandanti

Del mondo.

Anche Tu Pellegrino

Sei stella cometa

Nel buio siderale

Dei cuori

Di fine millennio.

Sfinito d’amore hai piegato il mantello

In ginocchio

Tra danze di popoli in festa.

Altro oro

Dal metallo che fonde

Quello che avvolge il tuo manto.

Abbracciato dall’astro che brilla

Sembri fondere

Con i fili della luna

Il futuro di tutte le genti

In una coesione celeste

Che regge alle fiamme.

Altra luce da quella

Del fuoco

Che fa divampare le guerre

Quella dei tuoi occhi fanciulli

Che vuole aprire le porte

Delle solitudini umane

Ti preghiamo

Dacci umili parole

E grandi sogni

Per raccontare la Pace

Per spegnere le guerre

Per accendere di nuovo la vita

E sfidare la morte…

Anna Manna

Da: Questa mattina (24/02//2022), Ed. Tabula Fati, 2023

Al Cominciamento

All’inizio del mondo è stato il Verbo nutrito degli orizzonti dal silenzio delle buone parole e delle passioni immaginarie

La speranza è arrivata un altro giorno con le illusioni feltrate in fondo al cuore e la complicità d’un sogno illimite

Solo la solitudine ha perduto l’eco del suo murmure aggrappandosi all’armonia di lacrime indiscrete di un tempo assassinato dall’insolenza dell’uomo in preda ai suoi tormenti

La verità non ha avuto parole da dire

Stephen Blanchard

Da: Les Temps pliés. Libera versione di Domenico Defelice.

Il non finito lascia libera la fantasia del fruitore, che ne viene stimolata. Il non finito assolve per intero quello che è il vero compito dell’arte: non di imitare neutralmente la realtà, né quello di dare la perfezione assoluta.

Domenico Defelice

Da: Domenico Antonio Tripodi – Pittore dell’anima, Gangemi Editore, 2020, pp.95

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