Ai dodici rintocchi di mezzanotte

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Adèle Lacerte

Ai dodici rintocchi di mezzanotte

Traduzione dal francese di Francesca Monno

Dalla raccolta © Sul treno per Dovevuoiandaretu Per le traduzioni: © 2013 dei rispettivi traduttori e traduttrici Per l'edizione: © European School of Translation e Dragomanni Illustrazioni: © Valentina Volpi


Ai dodici rintocchi di mezzanotte

Francesca Monno

«Accettereste una scodella di minestra, giovanotto?» chiese a un tratto la domestica. «Oh, signora», rispose Ulrico, «ho tanta di quella fame! Non mangio da due giorni!» e il poverino scoppiò in lacrime. «Santo cielo!» esclamò la domestica. «Avanti, avvicinatevi al tavolo, vi servirò una buona cena.» Mentre mangiava, una bambina di quattro anni entrò in cucina e Ulrico si chiese se quel biondo cherubino fosse davvero un essere umano. «Martina», disse la bambina, rivolgendosi alla domestica, «dov’è mamma?». «Vostra madre non è qui, signorina Vero», rispose Martina, «forse è in sala da pranzo con vostra nonna». «Ah! C’è qualcuno qui?» domandò la piccola, avvicinandosi al tavolo davanti al quale Ulrico era seduto. «È un viandante, signorina Vero», assentì Martina, «aveva molto freddo e molta fame, povero giovanotto, quindi...». «Venite da lontano?» chiese Vero a Ulrico. «Sì, vengo da molto lontano, piccola.» «Vero!» urlò improvvisamente una voce. «Dove sei?» «Sono in cucina, mamma», rispose la bambina.

Estratto dall’ebook Sul treno per Dovevuoiandaretu, a cura di European School of Translation e Dragomanni (Narcissus.me, 2013). Sono vietati la duplicazione, trasformazione o rappresentazione, totale o parziale, dello stesso, così come lo sfruttamento economico, previa autorizzazione dell’Editore e dei detentori dei diritti sulla traduzione.


Ai dodici rintocchi di mezzanotte

Francesca Monno

Un attimo dopo si udirono dei passi vicini, la porta della cucina si aprì e apparve una donna. Ulrico fu sul punto di gridare, riconoscendo in quella donna sua sorella Ottavia. «Ottavia!» bisbigliò. Ritirandosi nell’ombra per quanto possibile, Ulrico rialzò il bavero del maglione e calò il berretto sugli occhi. «Avete ospiti, Martina?» disse Ottavia. «Sì, signora. È un giovanotto che...» «Allora fatelo restare qui a dormire. Fa troppo freddo per avventurarsi là fuori stanotte.» «Grazie, signora!» balbettò Ulrico. «Vieni, Vero», la invitò sua madre, «è ora di cena e aspettiamo solo te per metterci a tavola». «Signora Martina», domandò Ulrico, dopo che Ottavia era andata via, «posso chiedervi il nome della signora che è appena uscita?». «Non c’è nulla di male a chiederlo», ribadì Martina, «è la signora Miglio». «Dunque sono a casa del signor Miglio?» «No. Qui siete all’Oasi, la fattoria del signor Delgrano. La signora Miglio passa qui la notte e anche la giornata di domani. È venuta a ricevere da suo padre, con i fratelli e le sorelle, la benedizione di capodanno, com’è usanza in questa casa.» «Ah, già! La benedizione di capodanno...» mormorò Ulrico, che sentì gli occhi riempirsi di lacrime. E dunque il destino, o piuttosto un angelo, sotto le sembianze di un passerotto, l’aveva portato a casa di suo padre! Che cosa sarebbe accaduto adesso? Si sarebbe fatto riconoscere?

Estratto dall’ebook Sul treno per Dovevuoiandaretu, a cura di European School of Translation e Dragomanni (Narcissus.me, 2013). Sono vietati la duplicazione, trasformazione o rappresentazione, totale o parziale, dello stesso, così come lo sfruttamento economico, previa autorizzazione dell’Editore e dei detentori dei diritti sulla traduzione.


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