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A prova di Giappone
In giapponese kotoshohi significa letteralmente “consumo o accumulo di esperienze”. Così in molti luoghi del Paese del Sol levante si è moltiplicata l’offerta di attività singolari dedicate ai turisti il cui scopo è quello di divulgar e e far conoscere il meglio della cultura tradizionale. Fonte di ispirazione per questo tipo di esperienze sono spesso oggetti così celebri in tutto il mondo al punto da sembrare degli stereotipi del Paese ma che invece rappresentano il frutto di un’esperienza secolare, capace di trasformare molte espressioni umane in forme d’arte
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e di filosofia. Tè, sushi, bonsai, kimono, manga sono termini che noi occidentali usiamo con consuetudine ma che per i giapponesi hanno significati assai più profondi che si riferiscono a modi di pensare per noi lontanissimi: sono teorie che si trasformano in sostanza dando vita a manufatti per produrre i quali ogni azione, ogni gesto, si fonda su un rito e ha una sua sacralità. Eccoci allora a compiere un viaggio esperienziale dal nord al sud dell’arcipelago alla scoperta di oggetti artigianali e delle affascinanti storie che li accompagnano.
Le Kokeshi e il Matsushima
Le kokeshi sono bambole in legno originarie del nord del Giappone, prodotte nelle province di Sendai e Miyagi nel Tohoku, regione nota per i suoi stabilimenti termali, i cosiddetti onsen. Ognuna di queste bambole è unica ed è creata manualmente da un artigiano, a partire dalla lavorazione dei blocchi di legno grezzo necessari per ottenere la forma fino alla delicata operazione di pittura del viso e del motivo del kimono che indossa. Le bambole kokeshi hanno fatto la loro comparsa in Giappone nel Seicento e, data la loro forma, si
pensa che inizialmente potessero essere utilizzate come attrezzi per i massaggi dai frequentatori delle terme. Hanno inoltre un significato spirituale, legato all’auspicio di avere un bambino sano. Il Japan Kokeshi Museum si trova a Osaki ed espone 5.000 bambole. Non lontano si trova il Matsushima, considerato uno dei luoghi più belli del Giappone: un gruppo di 260 isole ricoperte di pini dove si visitano piccoli borghi e templi sacri immersi in un paesaggio che cambia da isola a isola e a seconda delle stagioni.
L’oro di Kanazawa
Kanazawa, sul Mar del Giappone, è inserita nel network delle “Città creative dell’Unesco”. Lo sviluppo economico della cittadina inizia nel Cinquecento e perdura per i tre secoli del regno Maeda: il Castello e il Giardino Kenrokuen sono simboli di quest ’epoca di splendore che vede qui convergere i maestri artigiani più noti del Paese. Tra le diverse arti la più preziosa è la lavorazione della foglia d’oro, perpetuata oggi dal Maestro Ken-Ichi Matsumura: nel suo laboratorio spiega che per fabbricare una singola foglia d’oro ci vogliono circa due settimane, il tempo necessario per lavorarla col martello finché non si ottiene uno spessore di 0,2 micron.
Queste opere sono utilizzate principalmente per decorare templi e santuari, ma anche per rifinire prodotti artigianali. Sempre l’oro è il metallo utilizzato per il kintsugi, una pratica che consiste nel riparare con preziose suture i diversi cocci di ceramiche andate rotte fornendo all’oggetto una veste nuova, lucente e preziosa. Questa particolare arte, metafora della vita, permette quindi di osservare il danno o il deterioramento, non più da un punto di vista negativo, ma come opportunità di cambiamento e miglioramento. Dall’imperfezione e dalla f erita può quindi nascere una forma intrinseca di perfezione estetica e interiore.
I piccoli mondi di Hida Takayama e di Ogimachi
Esiste un Giappone, e non tanto lontano dalle frenetiche grandi città, fatto di persone che vivono con lentezza, coltivano riso e i valori della tradizione. Un’enclave di questo mondo antico è Hida Takayama (a metà strada tra Tokyo e K yoto), un borgo che conserva le dimore in legno del periodo Edo (1600-1868), dove girare tra mer catini e visitare distillerie di sake e laboratori artigianali di lacche. La storia della lavorazione della lacca giapponese risale a 5.500 anni fa e a Takayama si applica la tecnica shunkei, caratte
rizzata dall’uso della lacca trasparente che lascia in tatta la bellezza delle venature del legno utilizzato per realizzare ciotole e vassoi. A un’ora dalla cittadina si raggiunge la stupefacente regione montana do Shirakawa-go con il villaggio di O gimachi, tutelato come Tesoro Nazionale per le 110 abitazioni in legno (in parte abitate in parte trasformate in musei del folclore) costruite in stile gassho-zukuri e cioè a “mani giunte”, un’immagine che deriva dalla forma del tetto molto spio vente ricoperto di paglia.
La Katana e il Samurai di Himeji-jo
Secondo una leggenda, la dea Amaterasu diede in dono ai discendenti una collana, uno specchio e una spada. In questo contesto, la katana dei samurai è vista come un kami, cioè uno spirito volto sia alla morte sia alla salvaguardia delle vite. La spada giapponese venne inizialmente forgiata dai monaci buddhisti Tendai, alchimisti, poeti, letterati, combattenti e poi da provetti fabbri di cui oggi sopravvive ancora l’erede di qualche antica fucina, considerata Patrimonio Nazionale. Una di queste si trova nell’isola meridionale del Kyushu, nella cittadina di Arao ed è gestita dal mastro fabbro Matsunaga Genrokurou, che racconta nel suo
laboratorio il lunghissimo processo di realizzazione della mitica spada ancora usata in alcune arti marziali giapponesi. La katana è quindi sacra per i samurai, da cui mai se ne devono separare: per conoscere da vicino la storia di questi fieri guerrieri, nobili e colti, il posto migliore è il Shirasagi, il castello feudale più spettacolare del Giappone dominante la cittadina di Himeij-jo nella regione del Kansai. Si tratta di un’imponente costruzione in legno, finemente decorata, fatta realizzare nel 1601 dal samurai Ikeda Terumasa, che rappresenta l’apice del concetto giapponese di armonia dell’uomo con la natura.