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VACANZE Fuori Posto
La miniera, il Santo Graal e il paese fantasma
Se, sfogliando la rivista, siete arrivati fino a qui, significa che avete già posato gli occhi su vari siti Unesco i quali, grazie alla speciale cura (anche mediatica) cui sono sottoposti, sono universalmente noti.
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A questi luoghi celeberrimi abbiamo pensato di contrapporre alcuni posti poco conosciuti, lontani dalle luci della ribalta, un po’ defilati insomma, ma che vale la pena di visitare. Perché alla fine, lo scopo di un viaggio, è pur sempre quello di stupirci. A proposito di stupore, cosa c’è di più insolito di una dimora in perfetto stile bavarese collocata nel cuore della Sardegna? Siamo a Ingurtosu, frazione di Arbus (provincia Sud Sardegna), un piccolo villaggio minerario oggi praticamente disabitato. In questa dimora, detta “Il Castello”, abitavano i dirigenti tedeschi della miniera. Il palazzo non è visitabile ma vale la pena di fermarsi per ammirarlo lungo la strada che da Arbus porta a Piscinas (altro luogo straordinario, spiaggia chilometrica con dune di sabbia che arrivano fino al mare). Da vedere, poco distante rispetto al castello, la laveria Brassey, chiusa negli anni ‘60, i cui resti svettano imponenti e malinconici, il tutto immerso in uno spettacolare scenario naturalistico, dove i resti di archeologia mineraria sono stati inglobati dalla natura selvaggia di questa zona. Chi volesse approfondire cosa fossero le miniere e la vita che vi si conduceva, può recarsi anche a Montevecchio, un borgo a otto chilometri da Arbus, dove il parco minerario è aperto alle visite ed è organizzato
come un vero e proprio “museo diffuso” (il sito è molto vasto e suddiviso in vari percorsi). Particolarmente emozionante, la visita alla galleria sotterranea Anglosarda (dove si accede muniti di caschetti e torce) per comprendere, almeno in minima parte, cosa significa lavorare in miniera. Dalla Sardegna alla Basilicata per arrivare in un altro luogo semisconosciuto ai più, Acerenza in provincia di Potenza, dove scoprire che il Sacro Graal potrebbe essere nascosto nella cattedrale di questa piccola cittadina (ben distante, in tutti i sensi, dalla Petra di Indiana Jones e dell’Unesco!). Pare infatti che il fondatore dei Templari, tale Ugo dei Pagani, fosse nato proprio qui vicino e che sia stato proprio lui a nascondere il Graal nella cattedrale (decisamente sovradimensionata rispetto al paese). La leggenda, ricca di spunti interessanti, parla di una finestra murata all’interno della chiesa dove si troverebbe, ben nascosta, la reliquia: un bel mistero e un ottimo pretesto per una visita a questo borgo medievale arroccato in cima a un colle, tra i più suggestivi della zona. E se vi piacciono le leggende, vi consigliamo un altro sito estremamente interessante, non certo sconosciuto, ma neppure noto quanto meriterebbe: l’Abbazia di San Galgano, a una trentina di chilometri da Siena. Qui
la meraviglia è duplice: da una parte la grande abbazia gotica, totalmente priva del tetto, al cui interno volano gli uccelli e crescono sparuti ciuffi di cicoria, che lascia letteralmente senza parole, tanto è sorprendente; dall’altra il piccolo eremo di Monte Siepi, che vanta una cappella affrescata da Ambrogio Lorenzetti e che si trova a breve distanza dall’abbazia (la passeggiata è molto piacevole, all’ombra degli alberi di questo angolo di campagna Toscana). Qui san Galgano si ritirò in eremitaggio e, come segno di nuova vita di pace, conficcò la sua spada in una roccia dove tutt’ora si trova. Altro che Re Artù, insomma. Ultima tappa di questo tour alla ricerca di luoghi insoliti e poco noti, è il lago di Resia, in provincia di Bolzano. Il lago è artificiale e serve una diga idroelettrica. Per realizzarlo, all’inizio degli anni ‘50, è stato allagato il fondovalle: l’acqua ha sommerso non solo Resia ma anche l’antico borgo di Curon, i cui edifici furono rasi al suolo ma del quale rimane, ben visibile, solo l’antico campanile del ‘300 che spunta dall’acqua. La visione è davvero straniante e, per quanto il paese sia stato ricostruito poco distante, è come se nell’aria e sulle sponde del lago fosse rimasto qualcosa della vita di un tempo, il fantasma di ciò che fu. Per chi volesse saperne di più, la vicenda è ricordata nel bel romanzo “Resto qui” di Marco Balzano.