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Faro di Capo Miseno: Procida tra mito e natura

Da secoli guidano marinai e pescatori. Sono i fari, dal patrimonio storico e con un forte appeal turistico: il loro svettare isolati davanti alle onde, quasi a sfidare le forze della natura, la presenza insostituibile dei faristi, i “guardiani dei fari” - fondamentale per chi lavora in mare - e i fasci di luce lassù, in cima – sequenza di lampi ed eclissi, in gergo – esercitano un fascino inesauribile. Uno dei fari meglio conservati in Italia è quello di Capo Miseno, che domina il golfo di Pozzuoli, nei Campi Flegrei: l’altura sulla quale sorge è rigogliosa di macchia mediterranea, ma un tempo era il cratere di un vulcano, la cui caldera è ancora visibile, soprattutto se la si guarda dal mare. Da qui la vista sul golfo di Napoli è spettacolare: a destra ecco Ischia e Procida, poco lontano Capri. Procida, in particolare, è così vicina che sembra quasi di poterci arrivare con un semplice balzo e non è un caso che il Faro di Capo Miseno venga indicato come il faro di Procida, anche se “fisicamente” non si trova sull’isola.

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Procida, isola di borghi

A separare il Faro di Capo Miseno dall’isola designata Capitale italiana della Cultura 2022, del resto, c’è il canale omonimo, quello di Procida: lo si supera prendendo un traghetto da Pozzuoli, che in quaranta minuti conduce i viaggiatori a destinazione. I motivi per visitare Procida, dove Elsa Morante ambientò “L’isola di Arturo” - con cui vinse il Premio Strega - sono infiniti: non lontano dal porto, si trova il borgo dei pescatori Marina di Corricella, il più antico di tutta l’isola. Potreste avere l’impressione di averlo già visto: non siete in torto, qui è stato infatti girato il film “Il postino”, l’ultimo in cui compare l’attore Massimo Troisi. Da non perdere è anche lo scenografico borgo medievale di Terra Murata, nel punto più alto dell’isola: oltre alla vista che spazia fino al golfo di Napoli, a richiamare l’attenzione è il Palazzo d’Avalos, costruito a picco sul mare nel 1563 e convertito prima in Palazzo Reale e successivamente, nel 1830, in una cittadella carceraria che rimase operativa fino al 1988.

Luigi L. Silipo

Una storia antica

Lasciamoci Procida alle spalle e torniamo al Faro di Capo Miseno: per capire la bellezza e l’importanza di questo luogo, che soprattutto al tramonto sprigiona fascino e mistero, occorre fare un lungo viaggio indietro nel tempo. La costruzione del faro è del 1867, nello stesso posto dove già sorgeva una torre spagnola di avvistamento dei Saraceni, ma il sentiero che conduce fin qui ricalca secoli di storia. Quella più recente riguarda la Seconda Guerra Mondiale, quando i bombardamenti tedeschi colpirono il faro rendendone necessario un completo restauro appena tre anni dopo la fine del conflitto bellico. Oggi il sentiero che segue la caldera dell’antico vulcano è particolarmente suggestivo: oltre alla vista scenografica sul mare, si passa in mezzo a casematte, boschi e persino testimonianze di epoca romana. Proprio così: la storia di Miseno è antichissima e inizia con un mito raccontato da Virgilio nell’Eneide, dove si intrecciano la Sibilla Cumana, Enea e l’ira degli dèi.

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