EDIBRICO - Sped. abb. post. DL 353/03 (conv. in L. 27/02/04 - N. 46) art.1 c.1 - DCB/AL
MENSILE - ANNO 42 - N. 465 - SETTEMBRE 2016/09 - EURO 4,00
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artigiani del tempo libero
COME E QUANDO LAVARE L’IMPIANTO DI RISCALDAMENTO LA SEDIA SI TRASFORMA E CAMBIA FUNZIONE RILEGARE VOLUMI DI PREGIO COME FANNO I SARTI DEL LIBRO MONTIAMO LA SERRA EXTRA E ALLESTIAMO GLI INTERNI
PROFILARE IL GRES
JOLLY, BISELLI, TORI E PROFILI SPECIALI SI FANNO, SUL BORDO DELLE PIASTRELLE DI GRANDI DIMENSIONI, CON UN’INNOVATIVA MACCHINA FRESATRICE
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Pensiero FAR DA SÉ di Nicla de Carolis
Nel tempio della parola la manualità ha pari dignità V
eramente delizioso e incisivo lo spot pubblicitario della mitica Enciclopedia Treccani, mette tutti di fronte al generalizzato vizio di ridurre al minimo l’uso dei vocaboli nelle nostre conversazioni e anche quando scriviamo. Il titolo è: “Le parole valgono” e nel video viene utilizzata la parola carino per definire l’aspetto di un uomo, un gesto, un film, un cane. L’audio conclude dicendo che la nostra lingua è composta da ben 250.000 vocaboli, quindi per esprimere il nostro apprezzamento, senza andare troppo nel difficile, potremmo dire magnifico, emozionante, eccezionale, splendido, grandioso, fantastico e non ridurre tutto a un carino. La ricchezza del nostro lessico è davvero incredibile e l’avventura che ci riserva un dizionario, aprendolo a caso e cominciando a leggere, è qualcosa di coinvolgente e stupefacente perché delle parole si scoprono le sfumature, il tono, la specificità. Parole raccolte nelle preziose edizioni dell’Istituto dell’Enciclopedia Italiana per divulgare e spiegare arte, storia, scienza in centinaia di volumi dal 1925, data in cui fu pubblicata la nostra prima enciclopedia nazionale (Francia, Inghilterra, Spagna e Germania l’avevano già); una fonte inesauribile di contenuti in parte disponibili anche su www.treccani.it il portale del sapere. Nel luogo per eccellenza che raccoglie i tanti tasselli, stimolo, approfondimento e punto di partenza della cultura per diverse generazioni, in questa realtà così importante e meritoria per il nostro Paese, troviamo due bellissimi filmati che, incredibile, esulano dalle parole e divulgano la manualità, mostrano come si fa. Il primo ha il titolo “COME SI FA UN LIBRO TRECCANI” e riprende tutta l’affascinante sequenza della rilegatura a mano di un volume, evidentemente di pregio nel contenuto e nel “contenitore”. Immagini sapienti e chiare di cui potrete godere nella rubrica bellezza fatta a mano di questo mese. E poi c’è un altro filmato interessantissimo sulla realizzazione di una scultura in bronzo, una fusione a cera persa, dal titolo “LA CONOSCENZA”, realizzata da Mimmo Palladino, pittore, scultore, incisore di fama, per celebrare il 90° anniversario dell’Enciclopedia Treccani compiuto nel 2015; nel video dettagliate fasi della impegnativa e specialistica lavorazione sono inframezzate da spiegazioni e commenti dell’artista. Per noi che amiamo la manualità conoscendone tutte le valenze e l’insostituibilità è una bella gratificazione sapere che nella culla della vera cultura venga data pari dignità alla cultura del fare e che l’una non possa prescindere dall’altra.
In alto una delle fasi della lavorazione della scultura LA CONOSCENZA di Mimmo Palladino realizzata per il 90° anniversario dell’Enciclopedia Treccani nel 2015. Per vedere il filmato della fusione a cera persa: www.treccani.it/nostra-storia
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SOMMARIO
settembre 2016 - FAR DA SÉ n° 465
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BELLEZZA FATTA A MANO RILEGARE LIBRI DI PREGIO Edizioni limitate, antichi testi, volumi importanti richiedono una rilegatura di tipo artigianale, sia come materiali sia come procedimento: scopriamo come lavorano i “sarti” del libro ............................................6
PROGETTI FAR DA SÉ SERRA FACILE EXTRALUSSO
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Dopo aver costruito gli otto telai, la finestra e la porta, procediamo al montaggio e allestiamo l’interno.........14
VINO IN EQUILIBRIO Un’assicella e pochi minuti di lavoro per un supporto che tiene la nostra bottiglia coricata e ben in vista.....22
RIFARE IL TACCO ALLA SCARPA DA DONNA Proseguiamo con lo scoprire i segreti del calzolaio questa volta all’opera su una scarpa femminile a cui occorre sostituire il tacco consumato ...............24
ROBUSTA ATTACCAGLIA Per quadri o pannelli decorativi pesanti, da appendere a parete, meglio usare solidi sistemi di aggancio.......27
SEDIE AL... TUNING La sedia classica diventa un portaombrelli o un contenitore per l’occorrente per la pulizia delle scarpe, un’originale scultura a muro oppure una rusticissima panca da esterno ............................28
OROLOGIO ROMANTICO Una tavola di legno sagomata, un quadrante fotocopiato e tanti disegni stilizzati a mano libera ......38
IMPREGNANTE SBIANCANTE Protegge il legno grezzo mentre sbianca la fibratura dell’essenza, pur lasciandone in evidenza la trama ....40
COMÒ LINEARE E RAFFINATO Non è un vero e proprio restauro, ma piuttosto l’ammodernamento di un mobile di recupero ............42
OTTONE MARINARESCO Accessori e complementi di stampo nautico vengono prodotti o restaurati da ditte specializzate ..................46
RISTRUTTURAZIONE DA NONNO A NIPOTE Come recuperare un grande spazio in abbandono facendone un attrezzatissimo laboratorio...................54
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FAR DA SÉ www.edibrico.it
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ABC DEL FAR DA SÉ COME RIFINIRE LE SUPERFICI Dopo un’accurata pulizia delle superfici da polvere e sporco, impariamo a trattarle con un metodo misto che prevede gommalacca e cera d’api........................49
LABORATORIO FAR DA SÉ
direttore editoriale e responsabile Nicla de Carolis decarolis@edibrico.it
direttore esecutivo Carlo De Benedetti carlo.debenedetti@edibrico.it
SUPER PROFILI SUL GRÈS
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Per fare profili speciali, jolly, biselli e tori sulle piastrelle di grandi dimensioni ecco la macchina giusta............62
CHIODATRICI E GRAFFATRICI Che siano manuali, elettriche o pneumatiche, grazie alle innovazioni tecnologiche, sono sempre più leggere e maneggevoli .........................................64
RIVESTI... E TUTTO TACE Come eliminare l’inquinamento acustico proveniente dalla strada e dagli impianti dell’edificio.....................68
TUTTO IL RISPARMIO DELLA CONDENSAZIONE
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Caratteristiche, pregi e criticità di questo tipo di caldaia, sempre più diffusa: il maggiore rendimento, la condensa e i fumi acidi da canalizzare; come lavare l’impianto prima di installarla.....................................70
VETRINA FAR DA SÉ Alcune novità commerciali dal mondo del bricolage ..76
LETTORI FAR DA SÉ FORZA 4 BIG Versione a pavimento del famoso gioco da tavolo, costruzione facile, ma di precisione ..........................80
PANCA RELAX COPERTA Una comoda seduta riparata dal sole per la terrazza, costruita con il legname avanzato dal rifacimento del tetto, con due mensole collegate ai fianchi ..........82
MORSA ROBUSTA Costruita da zero partendo da avanzi di altri lavori; serve una mola, una saldatrice e un trapano..............84
CUCCIA CON TETTO RIMOVIBILE Partendo da una vecchia cassa si costruisce una cuccia per il cane coibentando per bene tutte le parti, incluso il tetto che si mette e toglie a incastro........................86
SOFFIATORE ELETTRICO PER CAMINO Lo scarso tiraggio del caminetto si risolve con una ventola da installare sul comignolo ..............90
LA PIATTAIA TIROLESE
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Tutta in legno d’abete, realizzata con il seghetto alternativo e l’uso di dime per ottenere le modanature che la arricchiscono...................................................92
... E ANCORA LETTORI FAR DA SÉ Idee grandi e piccole da cui prendere spunto.............94
redattore capo Emanuele Bottino e.bottino@edibrico.it
in redazione: Mauro Balbi, Claudia Cazzulo, Giampaolo Ferraro segretaria di redazione: Patrizia Ferrari fotografi: Carlo Cichero, Dino Ferretti realizzazioni: Laboratori-studi di posa di Edibrico in Gavi (AL) disegni: Pier Giorgio Magrassi pubblicità direttore vendite: Marco Carlini tel. 0143 645037 335 7106139 marcocarlini@edibrico.it editore EDIBRICO srl 20135 Milano - via Carlo Botta, 7 tel 0143 645037 - fax 0143 645049 registrazione tribunale di Milano n. 557 del 14-10-2002 EDIBRICO pubblica anche: RIFARE CASA IN GIARDINO FAI DA TE OBI ALMANACCO FAR DA SÉ ALMANACCO IN GIARDINO distribuzione esclusiva per l’Italia: SO.DI.P S.p.A. 20092 Cinisello Balsamo (MI) via Bettola, 18 stampa: Rotolito Lombarda S.p.A. - Seggiano (MI)
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tel. 0143 644814 fax 0143 645049 fardase@edibrico.it una copia Italia euro 4,00 fascicoli arretrati Italia il doppio. spedizione abbonamento postale pubblicità inferiore al 45%. abbonamenti: 11 numeri euro 40. Estero Europa: euro 65. Africa, America, Asia: euro 81. conto corrente postale n.13844469 intestato a: EDIBRICO loc. Vallemme, 21 - 15066 Gavi (AL) Tutti i diritti di proprietà letterari ed artistici riservati. I manoscritti e le fotografie anche se non pubblicate non si restituiscono. I nomi, le ditte e i prezzi, eventualmente pubblicati, sono citati senza responsabilità della rivista FAR DA SÉ, a puro titolo informativo per rendere un servizio ai lettori. La rivista non si assume alcuna responsabilità circa la conformità alle vigenti leggi sulle norme di sicurezza delle realizzazioni.
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bellezza fatta a mano
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Rilegare libri di pregio Edizioni limitate, antichi testi, volumi ai quali si attribuisce un valore personale richiedono una rilegatura di tipo artigianale, sia come materiali sia come procedimento: scopriamo come lavorano i “sarti” del libro
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a parte più importante di un libro sono indubbiamente i contenuti, ma anche il modo in cui è “confezionato” contribuisce a farlo apprezzare, tanto più quando si tratta di opere che hanno un certo valore dal punto di vista culturale e storico. l Le prime legatorie, intese come botteghe artigiane dove i singoli fogli che componevano un’opera venivano uniti in successione, comparvero intorno al I° secolo: per riassumere tutte le trasformazioni incorse in questa attività, dettata dalle diverse culture dei popoli e dai passaggi dai manoscritti alla stampa su larga scala, ci vorrebbe... un libro. Ai giorni nostri la maggior parte dei libri è prodotta industrialmente in formati ridotti e in moltissime copie, almeno per quelli “commerciali”; la cucitura dei fogli non si effettua più e si utilizzano adesivi, le copertine sono morbide o, se rigide o semirigide, in cartoncino. Se durano, lo si deve semplicemente al fatto che raramente vengono sfogliati, dopo averli letti una volta soggiornano su uno scaffale.
l Le legatorie artigianali, tuttavia, non sono scomparse: la loro attività è preziosa quando è necessario restaurare libri antichi (non necessariamente di particolare valore commerciale) o rilegare riedizioni di opere del passato. l In queste botteghe si può scegliere come “vestire” un libro: pelli, tessuti e tele, al naturale o stampati, con possibilità di imprimere a caldo sulla copertina fregi ed elementi di riconoscibilità del testo, come titolo e autore. La loro attività è preziosa soprattutto per le biblioteche, per gli studi professionali, per Enti e Istituti, per alcuni prodotti di punta delle case editrici. l Ciò non toglie che anche il privato appassionato di libri possa usufruirne, magari per una vecchia edizione di un tomo reperita malconcia in un mercatino dell’usato. l Abbiamo tratto le immagini di questo articolo sulla rilegatura di pregio dal bellissimo video “Come si fa un libro Treccani” che si può ammirare sul sito www.treccani .it nella sezione “La nostra storia” insieme a tante altre notizie sull’attività di questa preziosa istituzione italiana. n
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Rilegare libri di pregio 1
Fascicolare, cucire, comporre
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1. Le pagine sono organizzate a gruppi chiamati quaderni, quinterni o fascicoli a seconda di come sono composti e formati da un numero di fogli da 4 a 16, comunque sempre in numero pari perché derivano da un unico grande foglio, stampato fronte/retro e piegato più volte. 2-3-4. Le “guardie” sono fogli di carta ripiegati in due che vanno incollati al primo e ultimo fascicolo da un lato e alla copertina dall’altro. Per la cucitura dei fascicoli si utilizza un apposito telaio, dove tra le due ganasce della morsa sono tese cordicelle di canapa rivestite, sul dorso dei fascicoli, da una striscia di carta. Non è facile sintetizzare questa complessa operazione: si dispone il primo gruppo di fascicoli con la guardia rivolta in basso, perfettamente allineati, e si effettua la legatura trasversale con un filo di cotone robusto che abbraccia le cordicelle; si sovrappone il secondo gruppo e lo si lega collegandolo al precedente, poi il terzo, fino all’ultimo con la guardia rivolta in alto; occorre attenzione nel rispettare l’ordine delle pagine. 5. L’insieme dei fascicoli rilegati va posto tra due tavolette in verticale per rifinire il dorso e sistemare le estremità delle cordicelle, incollandole alle guardie. Dopo queste rifiniture il libro è pronto per la fase di formatura, previo assestamento manuale dell’insieme. 6. Entra in scena un’altra morsa, nella quale il libro viene posto con il dorso rivolto verso l’alto (la foto è scattata da sopra), protetto lateralmente da due tavolette di legno per non rovinare le guardie.
I Diderot e D’Alambert italiani
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L’Istituto dell’Enciclopedia Italiana, fondato nel 1925 da Giovanni Treccani, illuminato imprenditore, editore e mecenate, e Giovanni Gentile, filosofo e politico, ha per oggetto la compilazione, l’aggiornamento, la pubblicazione e la diffusione della Enciclopedia Italiana di Scienze, Lettere ed Arti (meglio nota semplicemente come “Treccani”) iniziata dai fondatori nel 1929, anno della prima edizione, nonché delle opere che possono comunque derivarne o si richiamino alla sua esperienza, per gli sviluppi della cultura umanistica e scientifica e per esigenze educative, di ricerca e di servizio sociale. L’Istituto, riconosciuto quale ente di diritto privato di interesse nazionale e istituzione culturale, è indipendente dallo Stato e da altri enti, anche per la parte finanziaria. La nomina del suo Presidente, per l’importanza culturale che riveste, spetta al Presidente della Repubblica. Per approfondimenti visita il sito: www.treccani.it
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Battitura e rivestimento 1. Con il libro irrigidito tra le morse si procede a conferire al dorso il caratteristico arrotondamento. Si utilizza un martello di gomma, bachelite o legno per battere lungo uno spigolo mentre con l’altra mano si asseconda lo scivolamento laterale, poi si ripete l’operazione sull’altro spigolo. La testa del martello viene anche utilizzata per spianare il dorso, premendola e trascinandola su di esso al fine di renderlo regolare e simmetrico. 2. Si ritaglia una striscia di garza da legatore che deve sbordare di circa 1 cm su ogni lato del dorso, quindi la si spalma di colla. 3-4. La garza si incolla centrandola sul dorso, facendola aderire perfettamente e senza pieghe aiutandosi con il palmo della mano e con un pennello. 5. Una seconda striscia, questa volta di rifinitura, si taglia con un’altezza un poco inferiore a quella del libro e più larga di circa 8 cm, in modo che sbordi 4 cm sui due lati, e la si incolla su quella precedente, accompagnando la piegatura sui bordi verticali con una stecca di legno.
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Il dorsino decorato in foglia d’oro
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1. Scelta la pezza di cuoio che rivestirà interamente il libro si procede a nobilitarla con motivi dorati e con le relative scritte (titolo, autore, editore) che devono apparire sul dorso. Quando il libro è destinato a essere prodotto in parecchie copie viene realizzato un cliché costituito da un supporto di alluminio e una speciale gomma che riporta in negativo e a rilievo le scritte e le decorazioni; una speciale carta in similoro, sottilissima, viene distesa in corripondenza del dorso, mentre il cuoio è disposto su un supporto rigido e piano. 2. La stampigliatura avviene a caldo: il cliché è montato sulla pressa verticale, su una piastra riscaldata da una resistenza e, appena raggiunta la giusta temperatura, viene premuto per 1-2 secondi sulla striscia dorata distesa sul cuoio. 3. Il raffreddamento è istantaneo e la striscia può essere rimossa: rimangono stampigliati sul cuoio solo i particolari venuti a contatto con i rilievi del cliché. Nelle legatorie che restaurano o rilegano libri in copia unica o in poche copie tutta l’operazione di stampigliatura, ove risulti opportuna o richiesta, viene fatta a mano con un ferro riscaldato, dividendo di volta in volta il dorso a settori equilibrati in base alla sua dimensione. 4. Si spennella di colla una striscia con risalti a interasse calibrato alla stampigliatura appena eseguita sul dorso. 5. La striscia viene applicata nella zona del dorso, ma sulla faccia interna della copertina. 6. Un secondo cliché che riporta scanalature trasversali, anch’esse calibrate, viene premuto sulla faccia nobile del dorso, in modo che le scanalature coincidano con i risalti. 7. In questo modo si ottengono fasce a rilievo tra i settori decorativi che nobilitano ulteriormente il dorso del libro. Con una spatolina di osso si ripassano i contorni per renderli netti.
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La copertina in cartone pressato 1. Le pezze di cartone pressato che hanno il compito di irrigidire la copertina vengono rettificate smussandone leggermente gli spigoli, per evitare che possano col tempo rovinare il rivestimento di cuoio. 2. Si spennella di colla la faccia da porre a contatto con l’interno della pezza di cuoio e, con questa capovolta su un piano, la si appoggia perfettamente centrata; si stende colla anche sui lembi laterali della pezza e la si ripiega attorno al cartone, facendola aderire bene anche ai bordi. 3. Facendo pressione contro il profilo stondato del banco si fa aderire l’irrigidimento anche alla faccia interna del dorso. 4. Finalmente è giunto il momento di unire la copertina al libro: si fa coincidere il rilievo dato dalle legature con la depressione interna della copertina, verificando che il tutto sia centrato. 5. Si stende la colla sulle ali laterali della striscia che riveste il dorso, interponendo tra queste e le guardie una striscia di carta di giornale per non lasciare macchie. 6. Mantenendo la guardia tesa con la spatolina di osso si preme la copertina sul libro; si ripete l’operazione sulla faccia opposta e la rilegatura può dirsi conclusa.
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Dopo aver costruito gli otto telai, la finestra e la porta, completi di telo, possiamo affrontare il montaggio tramite i montanti angolari e le tavolette sagomate per unire pareti e tetto, poi allestiamo l’interno
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a preparazione dei telai illustrata nella puntata precedente, pur non essendo complessa, assorbiva la maggior parte del lavoro di costruzione; verrebbe da dire che il più è fatto, ma la fase di montaggio della serra richiede comunque tempo e attenzione. Anche se i telai sono realizzati con precisione, non è detto che il loro assemblaggio avvenga semplicemente di conseguenza: per avere una struttura stabile con una geometria equilibrata bisogna adattarla al sottofondo su cui va installata. l Il punto cruciale è la combinazione dei quattro triangoli di copertura, che devono convergere in un’unico vertice a formare una piramide regolare. Ciò presuppone di partire da un perfetto quadrato alla sommità dei telai, che non è una semplice figura piana con lati uguali e angoli a
Funzionalità e particolari 1. La porta può essere bloccata in posizione di parziale o totale apertura, per favorire la circolazione dell’aria: per la prima soluzione bisogna installare all’altezza della maniglia un gancio sul lato interno della porta e un occhiolo esterno sul montante laterale (l’apertura è di circa 30 cm); per la seconda gancio e occhiolo sono entrambi esterni e nella parte bassa, montati in modo che l’aggancio avvenga con la porta totalmente spalancata. 2. Per chiudere la porta dall’esterno è sufficiente una piccola maniglia rotante imperniata nella parte alta del pannello laterale. 3. Analogo sistema di chiusura si utilizza per la finestra, ma dall’interno; il bloccaggio in apertura è costituito da gancio e occhiolo posti centralmente nella parte bassa. 4. Le piante a sviluppo rampicante, come i pomodori, hanno bisogno di essere sostenute. Si mette in tensione un cavo d’acciaio sopra di esse collegandolo a fronte e retro della serra; da questo si fanno scendere spezzoni di filo plastificato ai quali si assicurano i rami via via che si sviluppano. 5. Ai montanti dei tre lati, nella parte alta, si possono fissare angolari di supporto per mensole su cui collocare alcuni vasi fioriti, senza esagerare con il peso.
90°: come se fosse collocato nello spazio, e non su un piano, ciascun lato dev’essere in bolla e per far sì che questo accada è quasi inevitabile attuare compensazioni tra sottofondo e pareti. l Se si parte bene, tuttavia, non si dovrebbero incontrare particolari difficoltà. Con qualche trucco ci si può arrangiare anche se non si dispone di un aiutante (nel senso più pieno del far da sé), perché i pannelli sono tutto sommato leggeri, ma proprio per questo motivo bisogna affrontare il montaggio in una giornata quieta, anche una leggera brezza può rovesciarli e danneggiare il telo mentre si cerca di inquadrarli per il montaggio. l Anche per l’allestimento interno vengono forniti alcuni suggerimenti, a ciascuno la libertà di seguirli o trovare altre soluzioni. n
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Prepararsi al montaggio dei pannelli 1. Concluso il lavoro di verniciatura, applicazione del telo e bloccaggio dello stesso con i listelli, i pannelli sono pronti per essere assemblati. 2. Per il collegamento dei telai del tetto è previsto l’utilizzo di 8 cerniere 35x90 mm. Disponendo i telai a terra si avvitano due cerniere su uno dei cateti di ciascuno (o tutte a destra, o tutte a sinistra), senza però fissarle al cateto del telaio adiacente, operazione da compiere al momento della collocazione in copertura. 3. Le cerniere si fissano con viti Ø 4x20 mm facendo in modo che il perno centrale rimanga lungo la linea di giunzione tra i telai. 4. Se il basamento su cui va montata la serra non è perfettamente in piano nei due sensi, il
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collegamento dei pannelli risulta problematico, in quanto i montanti d’angolo tendono a divergere in alto o in basso a seconda della pendenza. D’altra parte, riscontrare una perfetta planarità è praticamente impossibile: è giusto che nella direzione più opportuna si abbia un’inclinazione di qualche grado per evitare ristagni d’acqua, specialmente in questo caso dove si sfrutta un’area pavimentata in precedenza per altri scopi, perciò serve ricorrere a qualche stratagemma correttivo. Collocato un primo pannello, tenuto eretto da un puntello bloccato con un morsetto, si affianca il secondo e si verifica quanto manca all’appoggio in piano di entrambi i lati: qui abbiamo da compensare un dislivello di circa 20 mm.
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Collocazione in piano e fissaggi angolari 1. Nel nostro caso è il pannello posteriore a trovarsi nel punto più basso e a richiedere un rialzo: i montanti d’angolo P vanno inizialmente lasciati più lunghi dei 2090 mm necessari (diciamo 2200 mm) proprio per concedere le correzioni del caso. Quelli a lato del pannello posteriore si fissano facendoli sporgere 20 mm in basso, utilizzando viti Ø 5x80 mm. 2. I pannelli laterali necessitano di un analogo spessore provvisorio in prossimità dell’angolo per essere affiancati a quello posteriore e avvitati ai montanti d’angolo, dopo aver verificato che siano in squadra e a piombo; da qui la pendenza decresce fino ad azzerarsi in corrispondenza del montante opposto. 3-4. Se i calcoli sono corretti, il pannello frontale non dovrebbe richiedere spessori e appoggiare sul basamento; si completa così la struttura perimetrale con il fissaggio degli ultimi due montanti d’angolo... 5. ... per poi tagliare a filo superiore dei pannelli l’eccedenza di ciascun montante. 6. Possono essere necessari piccoli spostamenti della struttura appena assemblata per raggiungere l’appoggio perfetto alla pavimentazione, dopo di che è necessario ancorare la serra a essa per mantenerla stabile anche se si alzasse un po’ di vento. Possono bastare due piastre metalliche angolari per lato: messe in posizione, si utilizzano come maschera per copiare i fori e aprire le sedi per i tasselli a espansione. 7. Si soffia all’interno dei fori per eliminare la polvere ed essere certi che i tasselli si possano espandere e far presa sulle pareti (la polvere potrebbe fare da scivolante e compromettere la tenuta). Inseriti i tasselli, si sovrappone la piastra e la si fissa a pavimento, poi si avvita l’altra ala alla struttura.
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La copertura a piramide 1. Le 4 stecche R da 2090 mm che servono per collegare i telai di copertura ai pannelli perimetrali si ottengono con il taglio trasversale di 2 travetti di sezione 45x45 mm. La lama della circolare va impostata con un’inclinazione di taglio di 30° (conforme a quella prestabilita al momento della costruzione dei telai) e il taglio va eseguito in modo che su entrambi i listelli ottenuti risulti una modanatura. Successivamente, le estremità vanno bisellate a 45° come per una cornice. 2. Anche queste 4 stecche vanno verniciate prima del montaggio alla sommità dei pannelli, che avviene con viti inserite da sopra dopo aver realizzato i prefori e le svasature per le teste. 3. Il primo telaio si avvita sulle stecche quanto basta a trattenerlo, senza mandare a fondo le viti Ø 5x60 mm; poi lo si solleva al vertice fino a raggungere un’altezza di 2470 mm e lo si avvita provvisoriamente a un piantone tenuto a portata di mano.
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4. Con leggeri spostamenti del piantone si corregge la posizione del telaio, quindi si serrano a fondo le viti di fissaggio al pannello sottostante. 5. Si agisce in modo analogo con il secondo telaio, ma, prima di mandare a fondo le viti, si passa all’interno e si completa il collegamento delle cerniere. 6 Il piantone centrale resta in opera fino a completamento della copertura, cercando di accostare i telai nel migliore dei modi. 7-8. Quando abbiamo la sicurezza che i telai triangolari sono nella giusta posizione possiamo procedere al fissaggio. Con listelli di sezione 10x45 mm, gli stessi utilizzati per i fermatelo F, si realizza la copertura dei giunti dall’esterno, con viti Ă˜ 4x40 mm che fanno presa ora in un telaio ora in quello concorrente. 9 Anche in questo caso i listelli vanno lasciati piĂš lunghi e tagliati a misura soltanto dopo il fissaggio con le viti.
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Serra facile extralusso La porticina e la finestra basculante 1. Prima di inserire la porta nell’apertura, bisogna fissare sopra il listello alla base della luce una striscia di compensato spessa 5 mm, ovvero corrispondente allo spazio che deve rimanere tutt’attorno tra telaio e anta. Su di esso si appoggia l’anta centrata e la si blocca inserendo lungo il perimetro alcune biette. 2. Con viti Ø 4x20 mm si avvitano le cerniere al telaio laterale e alle traverse dell’anta.
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3. Si rimuovono le biette e lo spessore alla base e si verifica la corretta articolazione dell’anta. 4. Sul lato opposto, ad altezza opportuna, si avvita la maniglia sul montante dell’anta. 5. Con lo stesso procedimento si centra la finestra laterale e si realizza l’articolazione con una coppia di cerniere montate all’esterno, nella parte superiore del telaio. 6. Finito: si può allestire l’interno a piacere.
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progetti far da sé
Vino in equilibrio Un’assicella e pochi minuti di lavoro per un originale portabottiglie che occupa solo lo spazio strettamente necessario e solo finché regge una bottiglia piena; tolta la bottiglia, può essere riposto in un cassetto
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utto ciò che occorre è una tavola di legno che non presenti grossi difetti di circa 20x60x300 mm. Se ne bisella un capo a 45° e vi si apre nella mezzeria un foro Ø 35 mm parallelo alla faccia bisellata. Se si ha un trapano a colonna con tavolo inclinabile, la cosa non presenta la minima difficoltà: basta inclinare il piano a 45°, fissarvi la morsa, bloccare in questa l’asse e scendere con la sega a tazza (ce ne vuole una lunga). In caso contrario, facciamo un buco perpendicolare alle facce e gli diamo l'inclinazione con un po’ di lavoro di raspa mezzotonda, entrando prima da una faccia e poi dall’altra (se anche il foro non risulta perfettamente regolare non è grave). l Il supporto così ottenuto, ben rifinito e verniciato, può servire per mettere in mostra una bot-
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tiglia preziosa, oppure per mettere a posto più bottiglie infilandone il collo nel foro; in questo secondo caso occorre incastrare l’asse fra due ripiani distanti una quarantina di centimetri in modo che il peso stesso della bottiglia la tenga bloccata in posizione. Per aumentare la capienza della nostra cantinetta modulare basta usare assi un po’ più larghe (sui 75-80 mm) ed eseguire sull’altra metà di esse un solo foro al centro (nel senso della lunghezza) e sull’altra metà due fori spostati verso le estremità di circa 50 mm rispetto al centro; alternando le assi con un foro a quelle con due fori, lasciando tra di loro uno spazio pari al loro spessore e sfalsandole (meglio dietro quelle a due fori e davanti le altre), triplicheremo o quasi il numero di bottiglie per unità di lunghezza. n
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Base e foro inclinati 1. Anche se in un lavoro del genere non occorre una precisione assoluta, in quanto Ia stabilità è garantita da un gioco di bilanciamento, è comunque opportuno che Ia bisellatura del capo inferiore del portabottiglie sia ben in squadra. 2. Se non si ha Ia comodità di realizzare direttamente inclinato a 45° il foro per il collo, non è difficile ottenere lo stesso risultato con un foro perpendicolare all’asse reso obliquo con lavoro di raspa mezzotonda.
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Rifare il tacco alla scarpa da donna Ancora una volta seguiamo Giacomo Fiorello, calzolaio con 70 anni di esperienza del vero mestiere, per imparare come effettuare correttamente le riparazioni delle scarpe “buone”: questa volta è una calzatura da donna
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elle scarpe da uomo, in linea di massima, il tacco è abbastanza standardizzato quanto a forma, la dimensione può cambiare di poco in base alla lunghezza del piede. Nelle calzature da donna non è assolutamente così: tra il tacco 12 a spillo e gli stivaletti bassi che hanno un tacco molto simile a quello da uomo, le dimensioni ci stanno tutte e più si lavora nel piccolo più bisogna prestare attenzione per fare un lavoro come si deve. l Va precisato che un tacco è tanto più “stressato” quanto la superficie di appoggio a terra è ridotta, si infila tra le griglie, quindi
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va rifatto più spesso. l Naturalmente ci stiamo riferendo a calzature che, anche se prodotte industrialmente su larga scala, mantengono le caratteristiche “tradizionali” che permettono di intervenire con riparazioni e deve valerne la pena, se i calzolai stanno scomparendo è anche perché ormai in commercio si trovano scarpe che soddisfano esteticamente pur essendo a basso costo. l Tuttavia le scarpe classiche e fatte bene non passano mai di moda; in più, è noto che dopo averle portate un po’ si adattano al piede e separarsene dispiace... n
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Prepararsi per un lavoro fatto bene 1. Facendo attenzione a non scalfire il tacco vero e proprio, bisogna rimuovere la gomma usurata: afferrandola con le tenaglie la si solleva da un angolo e, con una ganascia appoggiata sulla gomma, si esercita una trazione ad arco per sfilare i chiodi. 2. Per ripristinare una superficie piana e compatta si chiudono i fori dei chiodi, eventualmente allargati, con tasselli di gomma dura realizzati allo scopo, tagliandoli a filo superiore. 3. Mentre il tacco da uomo ha una forma abbastanza standard, indipendentemente dalla scarpa, quelli da donna possono essere molto diversi: bisogna sagomare grossolanamente il riporto di gomma per adattarlo alla
situazione, ma in modo che sbordi lungo il perimetro. 4. Se il consumo è stato tale da non arrivare al tacco vero e proprio, rovinando il cuoio, può bastare una veloce raschiatura a regolarizzare la superficie per l’incollaggio. 5. Una leggera passata di tampone abrasivo va fatta anche sulla faccia interna del riporto, in modo da rendere la gomma leggermente scabra. 6. L’adesivo a contatto va steso con un pennellino sia alla base del tacco sia sul retro del riporto, uniformando per bene lo strato di colla; le parti vanno lasciate riposare per 10-20 minuti per consentire la completa evaporazione dei solventi.
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Rifare il tacco alla scarpa da donna Incollare e raccordare il riporto al tacco 1. Quando la colla appare opaca e non è più particolarmente appiccicosa al tatto si possono unire le parti, centrando il riporto sul tacco. Qualche colpo di martello assesta l’incollaggio. 2. Con una cesoia si elimina la maggior parte della gomma in eccesso attorno al tacco. 3. Il trincetto, classico coltello da calzolaio sempre perfettamente affilato, permette di rifinire meglio
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Adesivi: a contatto, epossidico, universale La colla a contatto è indubbiamente la più utilizzata per questo tipo di lavori; tuttavia, quando si deve effettuare una riparazione su materiali delicati come pelle e cuoio, distacchi o lacerazioni di parti sottili (pensiamo alle borse da donna, alle cinture ecc), si possono utilizzare altri adesivi più facili da distribuire e dall’aspetto trasparente, monocomponente o bicomponente. Risulta risolutiva, in molti casi, anche la colla vinilica che però non è universale: ne esistono tipi formulati per una maggior resistenza all’umidità. Nella vasta gamma di adesivi Pattex si trova sicuramente il prodotto più idoneo.
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il perimetro, facendo attenzione a non incidere la base del tacco. A questo punto si attende che la colla completi la presa. 4. Per completare il lavoro si piantano da 2 a 4 chiodini (semenze), a seconda della dimensione del riporto; se occorre, un’ulteriore passata di tampone abrasivo, con molta delicatezza, elimina le minime asperità lasciate dal trincetto.
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e attaccaglie per quadri che si trovano nelle ferramenta sono di diverso tipo e, scegliendo con attenzione in base a dimensioni e peso del quadro possono reggere anche discreti carichi. Molto fa anche la loro collocazione sul retro della cornice: la zona dev’essere integra e compatta. l Quando il peso dell’oggetto è tale da richiedere il ricorso a un tassello a espansione, la classica attaccaglia in ottone può non essere sufficiente: sui chiodini o sul triangolino di metallo la trazione verso il basso diventa importante, con il rischio che dopo poco tempo ci si ritrovi con il tassello tenacemente inserito nella parete e il quadro sul pavimento, magari con il vetro in frantumi. In questi casi, meglio ricorrere a una piastrina avvitata sul retro, valutando che lo spessore del legno garantisca la tenuta delle viti e consenta di aprire un incavo in cui possa scomparire il gancio del tassello, in modo che il quadro rimanga a piombo. n
Robusta attaccaglia Se la cornice del quadro o il pannello che supporta un oggetto decorativo sono particolarmente pesanti non fidiamoci della solita attaccaglia, ma avvitiamo al legno una piattina di ancoraggio che garantisca sicurezza 1
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1. Tracciata la mezzeria sul pannello di fondo della nostra cornice, per essere certi che, una volta appesa, sia perfettamente orizzontale, si disegna la sagoma della piattina rettangolare che garantirà un aggancio robusto. 2-3. Con lo scalpello si praticano due scavi di diversa profondità: il primo di pochi millimetri, quanto basta a ricevere la piattina e farla rimanere a filo del fondo della cornice; il secondo, centrato sulla linea di mezzeria, deve lasciare lo spazio utile alla sporgenza del gancio del tassello. 4. La piattina viene fissata sulla sua sede con due viti da legno che affondino nello spessore della cornice. Si fora il muro e si monta il tassello a espansione con gancio aperto che agisce sul foro centrale della piattina. La cornice, per quanto pesante sia, sarà così appesa in modo del tutto sicuro.
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Sedie al... tuning Le sedie con la seduta in legno si prestano a numerose elaborazioni che le trasformano in accessori con funzione del tutto diversa
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Un pezzo di tronco al naturale, solo scortecciato e pulito, diventa la seduta di una panca rusticissima; la spalliera è ottenuta con due vecchie sedie di legno a cui vengono tagliate via seduta e parte inferiore. La lunghezza della panca dipende da quella del tronco a cui si possono fissare anche più di due spalliere. Una sedia classica diventa un originale portaombrelli per l’ingresso modificando la seduta (bisogna praticare con una sega a tazza nove fori in posizione regolare) e aggiungendo un pannello fissato in basso tra le quattro gambe. Su questo pannello di multistrato viene incastrata una vaschetta di alluminio che raccoglie il gocciolio degli ombrelli. Una coppia di vecchie sedie si può trovare a pochi euro nei mercatini; dopo averle carteggiate con cura, tagliamole a 5-7 centimetri
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dall’attacco della seduta con le gambe posteriori: rimarrà dunque solo lo schienale, una piccola porzione di seduta, le gambe posteriori e pochi centimetri di traverse laterali. Fissiamo, sotto la porzione di seduta rimasta, una squadretta metallica per il fissaggio a muro. Una volta smaltata in un colore simile a quello del muro (oppure contrastante) e fissata a parete con un paio di tasselli per evitare che la sedia ruoti, l’effetto sorpresa sarà garantito. Chiudiamo lo spazio tra le gambe della sedia con tre pannellini fissi laterali e uno apribile frontale con cerniere a libro e impugnatura superiore ottenuta con un profilato di alluminio, organizziamo lo spazio così ricavato con un ripiano centrale e uno scrocco magnetico. Avremo uno spazio in cui ospitare tutto l’occorrente per la pulizia delle scarpe. n
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La sedia diventa panca rustica
SCHIENALE DI RECUPERO TRONCO
INSERTO DI UNIONE
Il tronco di un albero di medie dimensioni, tagliato opportunamente a misura e scortecciato, si trasforma nella seduta di un’originale panca di design. Lo schienale è ricavato da vecchie sedie di recupero, ed è fissato al tronco mediante porzioni di traverse inserite in fori ciechi. 1. Serve un tronco di medie dimensioni (Ø 400 mm e circa 1500 mm di lunghezza); sedie di legno di recupero con traverse; trapano con mecchia; pennarello; colla vinilica. 2. Scortecciamo con pazienza il tronco e smontiamo le sedie lasciando intatti solo gli schienali. Presentiamo quest’ultimi sul tronco, appoggiandoli in prossimità dei fori ciechi in cui erano inserite le traverse. Con un pennarello marchiamo l’esatta posizione in cui effettuare i fori. 3. Montiamo sul trapano una punta a mecchia (il cui diametro è in funzione del diametro della traversa della sedia più uno o due millimetri) ed effettuiamo, sulle marcature, quattro fori ciechi profondi circa 20 mm. Asportiamo eventuali trucioli di scarto dai fori. 4. I fori ciechi precedentemente realizzati servono a ricevere porzioni di traversa delle sedie (già smontate), che utilizzeremo per fissare gli schienali al tronco. Valutiamo la lunghezza delle porzioni inserendo la traversa in battuta nei fori ciechi e segnando con un pennarello il punto in cui tagliare, sporgente circa 20 mm dall’esterno del tronco. 5. Possiamo tagliare alcuni cilindretti lunghi circa 40 mm che inseriamo nei fori ciechi del tronco, fissandoli con colla vinilica. 6. Gli schienali si collegano al tronco unendoli alle porzioni di traversa sporgenti e bloccando l’unione con colla vinilica. In funzione della lunghezza iniziale del tronco possiamo inserire più o meno schienali, per realizzare una panca molto lunga.
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Sedie al... tuning
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La sedia diventa portaombrelli
SEDUTA DELLA SEDIA
VASCHETTA IN LAMIERA ZINCATA
PIANO DI SUPPORTO DELLA VASCHETTA
VITE
REGGIPIANO
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Servono: 1 pannello in multistrato da 10 mm; 1 vaschetta in metallo; 4 reggipiani in plastica.
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La seduta, opportunamente forata, riceve gli ombrelli mentre un piano sottostante, dotato di una vaschetta metallica, ha lo scopo di raccogliere il gocciolio dell’acqua. La sedia viene collocata nell’ingresso ove svolge discretamente il proprio compito. 1. Tracciamo sulla seduta (nella parte sottostante) un reticolo tale da creare nove incroci che danno origine a 9 cerchi del diametro di 60 mm. Con una guida di foratura, che serve per mantenere il trapano perfettamente verticale, pratichiamo fori nei centri dei cerchi e quattro fori lungo la loro circonferenza 2. Montiamo sul trapano una sega a tazza del diametro di 60 mm e pratichiamo nove fori. Per evitare che il sedile si scheggi lavoriamo su uno spessore di legno o MDF. 3. Se abbiamo lavorato con precisione i fori da 60 mm intercettano i quattro fori guida lungo la circonferenza. 4. Il piano d’appoggio per le punte degli ombrelli è costituito da un pannello in multistrato da 10 mm al cui interno apriamo una grande finestra con il seghetto alternativo. Il pannello va sagomato ai quattro angoli per inserirsi all’interno delle gambe. 5. All’interno dell’apertura si colloca una vaschetta di metallo che raccoglie l’acqua sgrondata dagli ombrelli. 6. Il piano con la vasca viene poggiato su quattro reggipiani in plastica avvitati all’interno delle gambe.
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Sedie al... tuning
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La sedia diventa... installazione Passare attraverso i muri non sarebbe poi così male, anche se i produttori di porte non ne sarebbero entusiasti! Vediamo come riprodurre questo effetto, tipico dei racconti di fantasmi, utilizzando due sedie per farle sembrare inglobate nel muro, a cavallo tra due stanze. 1. Eseguiamo il taglio trasversale a circa 5-7 cm dall’attacco della seduta, aiutandoci con un listello guida, morsettato alla sedia. 2. Servono: sedie recuperate; primer all’acqua; idropittura; pennello; viti; squadrette metalliche; spezzoni di legno; tasselli a espansione Ø 8 mm. 3. Carteggiamo accuratamente la sedia, per rendere la superficie scabra. 4. Fissiamo, sotto la porzione di seduta rimasta, un piccolo inserto in legno sul quale avvitiamo la squadretta metallica di sostegno. 5. Stendiamo due mani di primer all’acqua per preparare la sedia alla fase di finitura. 6. Coloriamo la sedia con un prodotto all’acqua in una tinta simile a quella dei nostri muri. 7. Fissiamo la sedia a muro sfruttando la squadretta metallica precedentemente avvitata allo spessore inserito sotto la seduta.
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La cucina è il centro multifunzionale della casa, dove si fa da mangiare e si mangia e dove sempre di più si parla, si ride, si gioca e ci si conosce. Per questo la sua progettazione non dipende soltanto da fattori funzionali, ma anche estetici ed emozionali. Nella gamma dei top e degli accessori Kimono, ÌÀ Û>Ìi ÌÕÌÌ `iV À>Ì Û i i w ÌÕÀi « Ù `iÀ i] di alta qualità e made in Italy. Un programma cucina che unisce qualità, funzionalità e stile, per essere ogni giorno Liberi di fare. Kimono s.p.a. Spalto Gamondio, 27 | 15121 Alessandria | Italia tel. +39 0131 202520 | fax +39 0131 202540 www.kimono-spa.com | info@kimono-spa.it
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Sedie al... tuning La sedia diventa box pulizia scarpe
D FIANCO IN COMPENSATO
SEDIA
CERNIERA AD ALETTE
ANGOLARE DI ALLUMINIO
RIPIANO INTERNO CON ANGOLI SAGOMATI
TELAIO LATERALE
ANTA IN LAMELLARE
SCROCCO MAGNETICO
Servono: 5 pannelli in multistrato spessi 8 mm (fianchi e ripiani); listelli a sezione quadra da 10x10 mm; 1 pannello in lamellare spesso 15 mm; 2 cerniere ad alette da 20x50 mm; 1 angolare di alluminio 35x35 mm; colla vinilica, chiodini, scrocco magnetico.
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1. Per l’elaborazione dello spazio tra le gambe conviene asportare la seduta, da rimontare alla fine del lavoro. 2. Visto che abbiamo asportato la seduta ne approfittiamo per darle una buona carteggiata in vista della successiva smaltatura. 3. Poggiamo la sedia su un pannello di compensato da 8 mm e, con la matita, tracciamo la sagoma da tagliare. 4. Con il seghetto alternativo effettuiamo i tagli sui due pannelli laterali. Rifiniamo i bordi con carta vetrata. 5. Lungo tre bordi (non su quello superiore) incolliamo listellini da 10x10 mm per collegarli alle gambe. 6. Inseriamo i pannelli nelle gambe e li incolliamo. Aggiungiamo un quarto listellino centrale per sostenere il ripiano intermedio. 7. Sempre con il seghetto alternativo sagomiamo gli angoli dei due ripiani interni (in compensato da 10 mm) in modo da poterli alloggiare nello spazio formato dalle gambe e dai fianchi. 8. I ripiani si poggiano sui listelli intermedi e sui listelli di fondo precedentemente fissati ai fianchi. In foto è visibile la funzione della sagomatura degli angoli. 9. Una tavoletta di listellare tagliata secondo lo spazio formato dalle gambe anteriori serve per ottenere l’antina. Due cerniere ad alette sono avvitate lungo il bordo sinistro e vengono fissate alla gamba sinistra. 10. Prepariamo un angolare di alluminio destinato a fungere da impugnatura per aprire l’anta. Nell’angolare apriamo i fori svasati in cui vanno inserire le viti a testa fresata che lo fissano all’anta. Il pannello in lamellare dotato di cerniere e impugnatura viene avvitato alla gamba e completato con uno scrocchetto magnetico.
Tutto per le scarpe: lo spazio tra le gambe della sedia viene chiuso con quattro paretine in multistrato e dotato di due ripiani mentre anteriormente è incernierata un’anta in lamellare. L’interno viene sfruttato per collocarvi spazzole, lucidi e quanto occorre per la pulizia delle nostre scarpe. La sedia funge anche da appoggio per una veloce spazzolatura.
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Orologio romantico Questo curioso orologio è ottenuto da una tavola di legno sagomata; il movimento è al quarzo e il quadrante è ricavato da una fotocopia o da un disegno, applicato per incollaggio. La faccia anteriore è trattata con colori acrilici e decorazioni stilizzate realizzate a mano libera. Una finitura a cera, lavorata a tampone, dona un effetto antichizzato DA SÉ 38 FAR09-2016
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La bse e il quadrante, i decori e il movimento 1. Dopo aver tolto le lancette dal movimento al quarzo, inseriamo quest’ultimo in una cavità praticata nella tavoletta di supporto. Stendiamo sulle superfici il primer universale, per prepararla al successivo trattamento con colori acrilici. 2. Applichiamo un colore acrilico neutro su ambo le facce per ottenere una superficie uniforme pronta alle successive fasi di decorazione. 3. Ricaviamo da una fotocopia o da un disegno l’immagine di un quadrante e ritagliamola. 4. Utilizzando colla vinilica poco diluita, da stendere con un pennellino, incolliamo l’immagine del quadrante all’orologio. Premiamo facendo attenzione a non formare bolle d’aria. 5. Utilizzando una matita grassa iniziamo a disegnare le tracce dei soggetti decorativi che vogliamo realizzare (qui alcuni omini stilizzati). 6. Proseguiamo la decorazione precisando via via le tracce dei soggetti, aggiungendone altri, per esempio piccoli cuori, stelle e quant’altro l’immaginazione ci suggerisce. 7. Iniziamo a colorare i soggetti con i colori acrilici. Utilizziamo un pennellino di piccole dimensioni, che ci aiuta nella rifinitura delle porzioni più piccole e delicate senza sbavature. 8. Continuiamo la colorazione dei soggetti utilizzando colori acrilici appropriati, ad esempio il rosso per i cuoricini, il giallo per le stelle. Realizziamo inoltre una decorazione lungo il bordo perimetrale dell’orologio. 9. Stendiamo, con un panno o un fazzoletto di carta, un po’ di cera rossa per legno. Lavorando a tampone otteniamo una piacevole sfumatura. 10. Reinseriamo nell’alberino del movimento al quarzo le lancette di ore, minuti e secondi, stringendo la ghiera filettata con l’apposita chiave.
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1. Lancette per ore e minuti da montare sull’alberino del movimento al quarzo. 2. Movimento al quarzo che funziona a batteria. 3. Rondella che collega il movimento al quadrante. 4. Ghiera filettata che si avvita all’alberino centrale del movimento bloccandolo al quadrante. 5. Chiave speciale per avvitare la ghiera. L’insieme costa circa 12 euro. Opitec (www.opitec.it)
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l bianco fa sempre tendenza e non solo in casa; lo si rileva dal numero di mobili da giardino e da terrazza, ma anche gazebo, pergole e staccionate, che sempre più spesso sono trattati con impregnante bianco che, oltre a proteggere, valorizza i manufatti donando loro evidenza e luminosità. In interni, i mobili rustici dove prevalgono le tonalità dei legni lasciati al naturale, con il bianco non perdono nulla in fatto di stile, ma risultano nobilitati e impreziositi, guadagnando in facilità di inserimento in qualsiasi ambiente. l Il Gel Impregnante all’acqua Linea Blu Sayerlack HG 4031 è indicato proprio in questi particolari frangenti, in cui il trattamento viene assorbito dal legno, con l’effetto di sbiancare la superficie lasciando nel contempo intravedere la venatura. Restano le tipiche proprietà degli impregnanti, adatti notoriamente alla protezione del legno, inclusa l’azione anti raggi UV. n
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Su legno grezzo I legni non piallati richiedono una rapida passata con levigatrice e carta abrasiva 120-150; in questo modo si migliora la stesura del prodotto che risulta molto più rapida e semplice. Il Gel Impregnante HG 4031 ha un tempo di essiccazione di 4 ore al tatto; dopo 8 ore può essere sovraverniciato con un’eventuale seconda mano. Tra una mano e l’altra è consigliabile effettuare una passata con carta abrasiva a grana 280; si ottiene così un risultato eccellente e la superficie risulta liscia. Essendo a base acqua, può essere dato senza particolari precauzioni anche in locali chiusi e poco aerati.
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Su mobili e arredi Sui mobili dà ottimi risultati l’abbinamento tono su tono, quando ci sono imbottiture o cuscini, come nel caso di divani e poltrone, ma anche le boiserie, i tavolati e le travature del tetto sono enormemente valorizzati dalle tonalità bianche. L’intensità della copertura e il punto di bianco finale si possono ottenere in base al numero di mani applicate, procedendo tranquillamente per gradi, sino a quando il risultato non risponde esattamente a quanto ricercato. Il prodotto è sovraverniciabile con le finiture pigmentate all’acqua della serie HL20xx, oppure con la finitura trasparente cerosa HI2311.
Facilissimo da usare
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1. Linea Blu Sayerlack HG 4031 bianco, oltre a essere all’acqua, è formulato in gel e ha un’ottimo indice di copertura. 2. Il coperchio a vite permette un’agevole chiusura una volta finito il lavoro; non sono richiesti utensili per rimuovere il sigillo interno. 3. Prima di ogni utilizzo è importante rimescolare bene il prodotto. 4. Il prodotto è formulato in gel: questo evita spruzzi e colature mentre lo si stende. 5-6. Il legno da trattare deve essere pulito e va rimossa ogni traccia di unto, cera o resina. La levigatura con carta abrasiva a grana 150 predispone le superfici a un assorbimento ideale del prodotto.
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Comò lineare e raffinato Non si può parlare di restauro, piuttosto di un ammodernamento applicato a un mobile di recupero con alcune particolarità che basta intuire da valorizzare con un tuning leggero, ma di sicuro effetto
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rmai è diventata una vera e propria sfida quella di partire da mobili e oggetti desueti e ricavarne complementi d’arredo esclusivi: una competizione che vede in pista ora firme prestigiose del design, ora artisti improvvisati che trasformano radicalmente gli originali, li integrano di particolari, spesso lasciano volutamente a vista difetti e segni del tempo per conservare frammenti della loro vita precedente. l Dare una seconda possibilità ai materiali e ai manufatti è diventato un segno distintivo, l’alternativa alla produzione di scarti, al consumo di risorse. Per i far da sé suona come la scoperta dell’acqua calda, è quello che la maggior parte di loro fa da sempre, in silenzio; altro che mobili da bancali in vendita a cifre da atelier! l Dal punto di vista della tecnica, il recupero di questo cassettone e la sua trasformazione non presuppongono capacità particolari, anzi: molti nostri lettori avrebbero agito con maggior cura in alcuni passi qui affrontati superficialmente. Ma è qui che entra in gioco il guizzo del designer: le imperfezioni sanno di vissuto, i pomoli cromati danno una connotazione discretamente attuale, e quel filo nero... sì, proprio quel filo nero tracciato a pennerello, spesso 3-4 mm, è quello che fa la differenza. A ognuno il suo. n
Ricostruzioni e riempimenti 1. La tavoletta che costituisce il fondo di uno dei cassetti presenta una lunga fenditura e anche uno dei fianchi, alla base, è distaccato e ha compromesso la tenuta dell’incastro a coda di rondine. Con l’aiuto di una sottile striscia di compensato si applica abbondante colla vinilica nelle fessure, divaricandole con cautela, poi si serra il tutto tra morsetti e si rimuove la colla in eccesso finché è fresca, 2. Le serrature non sono più funzionanti, ma se ne può fare tranquillamente a meno. Bisogna però rimuoverle dalla loro sede e raddrizzare i bordi della cava che le ha ospitate con la lama dello scalpello, ottenendo un ribassamento uniforme attorno a essa. 3. Utilizzando la vecchia serratura come dima, si prepara un tassello di legno da inserire a chiudere la cava, dopo averlo cosparso di colla vinilica. 4. Si ritaglia una striscia di compensato da 5 mm a misura del ribassamento e lo si incolla a copertura della cava, in modo che rimanga a filo piano (o rialzato di non più di un millimetro) del legno circostante. A colla asciutta, la stuccatura perimetrale e la levigatura nascondono alla perfezione la pezza.
Prima Anche se è completamente fuori moda e piuttosto malandato, il mobile si presenta interessante e curioso per la concezione dei cassetti: non solo hanno profondità diverse, ma i due inferiori hanno il frontale piano e si inseriscono a filo della struttura, mentre il primo ha il frontale sagomato e rimane a sbalzo. Una particolarità che si presta a trasformarlo in un pezzo di design.
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I decori angolari 3
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1. Gli spigoli frontali sono impreziositi da decorazioni contrapposte, due in alto e due in basso, che appaiono come colonnine tornite, ma in realtà hanno il fondo piatto. Una di quelle inferiori è però mancante, per cui nella nuova configurazione conviene prevedere solo quelle in alto, scegliendo le due meno danneggiate. Si infilano due lame sottili ai lati, muovendo delicatamente per realizzare un primo distacco; poi, quando la fessura si allarga, si completa l’asportazione con lo scalpello, badando di non danneggiare ulteriormente il legno. Qui l’unione è realizzata con una coppia di chiodini a testa persa inseriti dall’esterno e poi stuccati. 2-3. Gli strati di finitura applicati nel tempo hanno parzialmente riempito le scanalature tra le forme: per ravvivarle si può utilizzare la lama di un seghetto per recuperare le linee di separazione e una lima a triangolo per regolarizzarle, poi con una passata di carta vetrata si uniforma il tutto. 4. I movimenti per rimuovere le decorazioni hanno sicuramente allargato i fori, per cui non ci si può affidare alla sola tenuta dei chiodini: al momento di rimontarle conviene distribuire sul retro un po’ di colla vinilica. 5. Quando la colla ha fatto presa, si spruzza sull’intera zona un velo di stucco spray, se occorre in più riprese, mantenendo agitata la bomboletta tra una spruzzata e l’altra. Non ci si deve dimenticare, al termine, di spruzzare via il prodotto che rimane nel tubicino, per non occludere l’ugello; lo si fa tenendo la bomboletta capovolta, fino a quando esce soltanto aria. 6. I piedi anteriori torniti possono essere riportati a nuovo con lo stesso procedimento usato per le decorazioni; quelli posteriori squadrati, rovinati e instabili si rifanno più facilmente nuovi ricavandoli da un travetto di opportuna sezione, avendo poi cura di smussare tutti gli spigoli.
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Il mobile e i cassetti 1. Graffi, ammaccature, scheggiature si possono rimediare con uno stucco bicomponente; attorno alla zona interessata bisogna rimuovere lo strato di finitura non aderente al supporto, poi procedere al riempimento. Conviene prima preparare alla stuccatura tutte le zone e, se sono parecchie, impastare con il catalizzatore una modesta quantità di stucco e utilizzarlo in breve tempo, prima che perda lavorabilità. Se non è sufficiente a finire il lavoro se ne prepara altro fresco. 2. Sui frontali dei cassetti, attorno alla toppa, è montata una mascherina in lamina d’ottone fissata con chiodini agli angoli: va eliminata per poi procedere alla chiusura della toppa. Non conviene riempirla di solo stucco: faticherebbe ad aderire alle pareti e ad asciugare, inoltre il ritiro lascerebbe un’evidente depressione, costringendo a una ripresa con altro stucco. Meglio inserire a forza un tassello di legno tenero, far saltare con lo scalpello la parte che sporge dal piano e rifinire con poco stucco. Si eliminano anche le vecchie maniglie e si stuccano i fori delle viti. 3. Quando le stuccature sono essiccate, si leviga con carta a grana media. 4. Un’energica passata di levigatrice sulle parti piane rimuove lo strato più superficiale di vecchia finitura: non è necessario arrivare al legno nudo. 5. Si applicano due mani di smalto opaco, a rullo ove possibile e a pennello nelle zone più elaborate. Tra una mano e l’altra si passa una tela abrasiva fine, eliminando poi la polvere. 6. Con uno stick a penna di vernice nera si ripassano gli spigoli; al posto delle vecchie maniglie si montano pomoli cromati.
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progetti far da sé
www.foan.it
Ottone marinaresco La lavorazione dell’ottone ha radici antichissime, ma anche la tradizionale produzione di accessori e complementi d’arredo di stampo nautico ha una storia secolare che alcune aziende artigiane perpetuano con le tecniche originali DA SÉ 46 FAR09-2016
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’ottone è una lega di zinco, rame e a volte di altri metalli; viene usato fin dagli albori della civiltà e, al giorno d’oggi, ha un campo di applicazioni vastissimo: elettricità (apparecchiature elettriche, interruttori, contatti, portalampada), autotrasporti (radiatori, impianti elettrici), settore marino (accessori, complementi tecnici e d’arredo, scambiatori, piastre), munizioni (bossoli), idrosanitaria (rubinetti, valvole, radiatori, tubazioni), industria meccanica (bulloni, viti, ingranaggi, minuterie metalliche, cerniere, serramenti, elementi di mobili, maniglie), monetazione e simili (monete, targhe, medaglie, decorazioni), strumenti musicali (gli ottoni). l Il motivo di tanto apprezzamento dell’ottone sta nelle sue qualità di robustezza, bellezza, malleabilità, resistenza alla corrosione e alle temperature estreme. Tuttavia, anche questa lega con il passare del tempo e con l’esposizione alle
intemperie, va incontro a ossidazione. In effetti, con l’aggiunta di altri metalli si modificano le caratteristiche della lega rendendola ora più robusta di quanto non sia già, ora meno soggetta all’ossidazione, ora più facilmente lavorabile ecc. l La fusione, oltre a essere necessaria per la realizzazione della lega, è anche il metodo più utilizzato per la realizzazione di oggetti e complementi in ottone. La lega fonde a 930 °C circa che è un valore elevato, ma meno di altri metalli di uso comune; questo allarga le possibilità produttive e ci sono ancora tante officine artigiane come la F.O.A.N., che perpetua le antiche tradizioni di Sori (GE) della produzione di oggetti in ottone con fusione a terra. Principalmente sono complementi in stile marinaro, ma la ditta esegue anche fusioni personalizzate su disegno del committente, nonché restauri e lucidatura di oggetti, purché in ottone. n
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Sgrossatura del pezzo 1. La fusione è una sessione speciale del lavoro in cui si realizzano le varie serie di pezzi in ottone. Quelli uguali si raccolgono in ceste con le quali è più semplice lo spostamento al reparto della successiva lavorazione. 2. Così come si presenta il pezzo dopo la fusione, ha le superfici molto ruvide, conseguenza della modalità “a terra” del procedimento. 3. La lavorazione che porta il pezzo a lucido è eseguita a mano, un pezzo per volta, anche se si dispone di potenti macchine di tipo industriale. Una prima levigatrice a nastro ha grammatura abrasiva maggiore e permette di rimuovere velocemente le asperità e le sbavature lasciate dalla fusione, su tutta la superficie esterna. 4. La seconda levigatrice a nastro ha una grammatura abrasiva più fine, in modo da togliere i segni lasciati dalla macchina precedente; inoltre lavora con il nastro teso fra due rulli che garantiscono la cedevolezza necessaria per assecondare meglio le rotondità dell’oggetto. 5. Al termine della levigatura la superficie del pezzo si presenta liscia, ma ancora opaca; il colore, in compenso, nonostante la mancata lucentezza, si mostra già in linea con quello definitivo.
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Lucidatura e costruzione di una lampada da tavolo 1. Per rimuovere le piccole righe e portare a specchio le superfici, non c’è nulla di meglio della mola da banco con montato il feltro; quest’ultimo agisce in abbinamento alla pietra pomice che viene spalmata sul rullo in rotazione. 2. Il lavoro grosso di lucidatura si fa con la prima passata che richiede più tempo per ottenere un manufatto dalla superficie uniforme. 3. Prima della fase finale, sul pezzo si eseguono eventuali lavorazioni necessarie per il montaggio di altri componenti. In questo caso si praticano i fori necessari per bloccare all’interno dell’oggetto il portalampada e consentire il fissaggio della campana di ottone sul suo basamento.
4. Si taglia un segmento di tubo filettato per lampadari (lunghezza quanto basta) con una troncatrice da ferro. 5. A un’estremità del segmento si avvita un portalampada E14, mentre l’altra va avvitata nel foro fatto sul disco di legno che si usa come base della lampada da tavolo. 6. Il disco di legno ha un altro foro laterale che permette l’inserimento dei conduttori per l’alimentazione elettrica della lampadina. Un’apertura centrale sulla faccia inferiore del disco permette ai fili di inserirsi nel buco del tubetto filettato e raggiungere il portalampada dove vanno collegati ai relativi morsetti.
Ampia disponibilità, in stile Presso l’esposizione, nella sede della F.O.A.N. sono messi in mostra centinaia di articoli diversi, da quelli più tecnici, per le imbarcazioni, a quelli di arredo per la casa e per gli esterni. Nella foto una parte della gamma di lampade da parete.
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ABC DEL FAR DA SÉ
Come rifinire LE SUPERFICI
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La finitura dei manufatti in legno è quanto di più vario e variegato si possa immaginare. Molto dipende dai gusti personali e molto dal tipo e dallo stile dell’oggetto in lavorazione. In questa sede vogliamo occuparci del trattamento del legno “grezzo”, quello che ci si trova a rifinire al termine di una nuova costruzione o di un restauro “profondo”. Inoltre, fra le tante possibilità che ci sono, intendiamo illustrare un metodo misto, gommalacca con finitura a cera d’api, che implica l’utilizzo di due metodiche per dare alla superficie un livello di lucentezza media, vellutata, molto indicata per le costruzioni far da sé. Questo permette di ottenere una finitura molto bella, che mette in risalto la fibratura del legno, anche se non si arriva alla lucentezza della finitura a sola gommalacca che, per contro, è molto più difficile da portare a termine. Ovviamente la resa finale è condizionata dal tipo di legno utilizzato, quindi con i legni nobili i risultati potranno essere migliori, ma anche tra le essenze pregiate, a seconda della “finezza” della fibratura e dei pori, si possono rilevare differenze evidenti. Come detto, partiamo da un manufatto finito, perfettamente levigato, come può essere una superficie portata a legno, in grado quindi di recepire al meglio i prodotti che si applicano in successione. Spesso i manufatti in legno che il far da sé costruisce vanno colorati perché
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l’essenza è estremamente chiara. Con le fasi di finitura, specialmente se si usa gommalacca, un certo scurimento lo si ottiene, seppure moderato e relativo al numero di mani di prodotto stese. Nel caso della finitura che proponiamo, ci sono poche passate di gommalacca, quindi potrebbe essere necessaria la coloritura del legno. In questo caso si usano sostanze mordenzanti pronte all’uso o da preparare con mordenti in polvere. Le polveri vanno sciolte in acqua, così come è meglio che siano a base acqua anche i coloranti diversi (per esempio le aniline), per evitare un’attesa di almeno 40 giorni prima dell’applicazione della gommalacca. Dopo la coloritura del legno segue la fase intermedia del turapori; l’uso di questo prodotto non è obbligatorio, in quanto molti ottengono il medesimo effetto in concomitanza con la prima stesura della gommalacca, usando pomice in polvere. Il turapori ha il compito di colmare in parte le infossature presenti sulla superficie; per questo si può dare anche più volte sino a ottenere la “lisciatura” voluta. Il falegname esperto affida questo compito al passaggio preliminare del trattamento a gommalacca (pomiciatura), distribuendo sulla superficie asciutta del legno un po’ di polvere di pomice che spalma nei pori pressando fortemente il primo strato di gommalacca, molto diluito.
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Dopo aver soffiato con l’aria di un compressore la superficie, per rimuovere la maggior parte dei detriti rimasti a seguito della preparazione, si rimuove anche ciò che resiste all’aria con un panno, facendo attenzione che sia uno di quelli che non lascia pelucchi.
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Se è prevista la mordenzatura per imprimere al legno una colorazione specifica, questo è il momento per effettuarla. Si può fare a pennello o a tampone, l’importante è rimuovere immediatamente l’eccedenza in modo da ottenere una superficie più uniforme.
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L’acqua con cui è diluito il mordente fa rizzare “il pelo” al legno e la superficie si sente più ruvida di prima. È necessario quindi fare una leggera passata con carta vetrata fine per renderla nuovamente liscia. In questa fase è bene non insistere molto perché si rischia di alterare la resa del mordente e ottenere chiazze chiare.
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Se è previsto il passaggio intermedio con il turapori, se ne stende una prima mano a pennello, distribuendola e tirandola bene su tutta la superficie. Il turapori in qualche misura fa ancora rizzare il pelo al legno; ancora una volta, a trattamento essiccato, va effettuata una passata di carta vetrata o paglietta finissima che riporta la superficie nuovamente liscia e levigata. Per un risultato ottimale l’operazione va ripetuta almeno una volta.
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Concentrazione. La concentrazione della gommalacca è un argomento su cui si potrebbe scrivere un libro per enunciare tutte le varianti, ma probabilmente qualcuno riuscirebbe a indicare ugualmente qualche lacuna e omissione. Le dosi sono dettate dall’esperienza del falegname e dalla varietà delle combinazioni con altre finiture (come la cera). Come standard, diciamo che le fasi di finitura a sola gommalacca solitamente iniziano e si concludono (si intende la prima passata, per la chiusura dei pori, e l’ultima, per la brillantatura) con concentrazioni inferiori: circa 50 g di gommalacca in 1 litro di alcool etilico 94°-99,9°. Le passate intermedie, invece, per la lucidatura, richiedono in media una diluizione di 100 g per litro di alcool.
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Come preparazione alla finitura a cera si procede con la gommalacca, che può essere stesa a pennello (in questo caso con setole morbidissime in modo da non lasciare striature) o a tampone, ovvero con un pezzo di panno imbevuto di prodotto. In tutti i casi non vanno lasciate eccedenze o colature; con pennello o tampone, la prima passata va portata nel senso delle fibre, poi con il tampone si prosegue compiendo cerchi in parte sovrapposti.
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Quando il prodotto è essiccato, si passa tutta la superficie trattata con paglietta finissima sino a ottenere un’opacizzazione uniforme. La polvere fine che si produce va rimossa con un panno morbido e asciutto e con un’aspirapolvere, quindi si effettua un altro ciclo completo di gommalacca come quello appena descritto.
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La cera d’api in pasta si stende a pennello o con un panno morbido; va tirata bene su tutta la superficie e, se è il caso (superfici intarsiate, per esempio), la si può anche spazzolare. La cera va lasciata essiccare per circa 6 ore prima di passare alla fase successiva della lucidatura vera e propria.
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La fase finale si effettua con un panno di lana morbido, pulito e possibilmente riscaldato. Si procede alla lucidatura portandolo inizialmente in direzione delle fibre e completando poi le passate in tutte le direzioni.
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ABC DEL FAR DA SÉ
La finitura di manufatti di legno intagliato è un caso che mette sempre un po’ alla prova anche i falegnami esperti. Distribuire e tirare nel modo giusto i prodotti nelle varie fasi descritte nelle pagine precedenti è impossibile, pertanto succede che molti, a seguito di numerosi tentativi empirici, abbiano adottato strade del tutto personali, scelte perché in quel modo riescono a ottenere un buon standard qualitativo. Il problema è ovviamente dato dal fatto che le zone in rilievo subiscono una frizione maggiore di
quelle negli avvallamenti, con evidenti differenze cromatiche e di lucentezza. In questi casi la gommalacca va stesa a pennello, in modo da raggiungere tutti gli anfratti. In seguito va tamponata con un panno per uniformare il deposito di prodotto. Alcuni terminano con la gommalacca per un effetto più lucido anche se meno durevole. Solitamente il trattamento si completa a cera, tirandola con una lucidatura delicata, usando un panno. Alcuni si servono anche di una spazzola.
La gommalacca La gommalacca è una sostanza resinosa naturale prodotta da punture di insetto su alberi orientali quali Ficus Religiosa o Ficus Indica. La resina che da essi trasuda avvolge gli insetti appropriandosi del loro colore e di alcune loro sostanze. Attraverso un lungo processo di lavorazione e depurazione si ottengono scaglie di colore bruno dorato. La gommalacca dona alle superfici di legno un aspetto di particolare lucentezza che al tatto risulta asciutto e vellutato; inoltre, evidenzia le venature e le marezzature del legno dando un particolare effetto estetico. Per l’applicazione il prodotto si trova in forma liquida, già pronto all’uso, oppure secco, nelle caratteristiche scaglie che vanno sciolte in alcool.
Preparazione gommalacca
Preparazione tampone
In un recipiente di vetro introdurre 100 grammi di gommalacca in scaglie e un litro di alcool etilico con gradazione a 94° (meglio se con gradazione a 99,9°). Dopo aver chiuso il recipiente lo si scuote per alcuni minuti, poi lo si lascia fermo per circa 24 ore in attesa che la gommalacca si sciolga completamente. Al termine si filtra il contenuto travasandolo in una bottiglia di vetro per la conservazione oppure per l’immediato utilizzo. Per la filtrazione basta usare una calza di nylon da donna applicata sopra un imbuto. In un recipiente ben chiuso e riposto in luogo fresco e buio, il prodotto può durare anche più di dodici mesi; dopo un po’ di tempo, prima del riutilizzo, va nuovamente filtrato. Il tampone è costituito da una parte interna fatta con un panno di lana non colorata, avvolta in una tela bianca di cotone e lino (ideale è il tessuto delle vecchie lenzuola). La grandezza del tampone è molto importante, perché deve essere rapportata alla superficie da trattare: molto piccolo per superfici intagliate, piccole fasce e frontalini di cassetti, via via più grande per i fianchi e i piani di tavolo o di comò.
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progetti far da sé
Ristrutturazione da nonno a nipote Il recupero di uno spazio doppiamente prezioso: oltre al privilegio di disporre di un laboratorio spazioso e attrezzato, anche il felice ricordo del nonno immerso nelle costruzioni proprio in quel luogo e con i medesimi utensili
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a vecchia cantina, un tempo utilizzata come laboratorio dal nonno, uno dei nostri più assidui lettori sin dal lancio della rivista nel lontano 1975, viene oggi risanata, ripulita e allestita dal nipote, Marco Masetti, con l’intenzione di proseguire nel tempo libero le costruzioni e le riparazioni, attività verso le quali ha ricevuto un “imprinting” diretto. l Il locale è stato abbandonato per parecchio tempo, durante il quale si sono accumulati sporco e umidità. Per poter agire nel migliore dei
modi, si è reso necessario svuotare completamente l’ambiente decidendo giocoforza di fare una cernita fra le tante cose contenute nel locale: molti materiali e oggetti di recupero ammassati negli anni sono stati buttati, perché ritenuti inutilizzabili; altri sono stati portati al robivecchi, essendo ancora quotabili economicamente. l Tutta l’attrezzatura e molti arredi fatti o modificati dal nonno, come il banco da lavoro, i pensili, i mobiletti e le salamandre, sono rientrati gelosamente nell’intervento di recupero. n
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Prima
Dopo aver svuotato armadi e cassettiere, si fa una differenziazione delle cose fra quelle da tenere (tutti gli utensili e gli elettroutensili), quelle da dare al robivecchi e quelle da buttare. Gran parte dei mobili sono rientrati nelle operazioni di recupero essendo ancora in buono stato e funzionali.
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Risanare Le pareti, quasi tutte in mattoni pieni, vanno spazzolate per rimuovere il materiale in distacco e le marcescenze accumulate negli anfratti. 1. Progressivamente si riprendono tutte le stuccature fra i mattoni con malta fresca. 2. Si applicano diverse mani di pittura a base calce che è estremamente traspirante e permette alle pareti di rimanere asciutte. 3. Il pavimento di cemento ha diversi buchi che si chiudono con cemento. 4. Sempre con cemento si fissano intorno alle piccole finestre al piano strada le grate leggere, antianimale.
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Scaffali e pensili 1. Le scaffalature presenti, intaccate da svariati punti di ossidazione, si raschiano con una spatola per rimuovere le bolle di vernice e le parti in distacco, poi si passa su tutta la superficie la spazzola montata sulla smerigliatrice angolare. 2. Una mano di fondo antiruggine completa il trattamento preliminare che permette il migliore aggrappaggio dello smalto di finitura. 3. I pensili e gli altri mobili di legno, sani nella struttura, hanno bisogno solo di una leggera scartavetrata per togliere la sporcizia di superficie e permettere anche in questo caso il migliore aggrappaggio dello smalto. 4. La finitura scelta è uno smalto all’acqua steso con rullo adatto. 5. Le scaffalature, rimesse al loro posto, si riempiono immediatamente di oggetti. 6. I pensili riverniciati e rimontati, pronti all’uso.
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Il banco da lavoro 1. Il basamento in metallo mostra evidenti segni di ossidazione; su un lato la lamiera è fortemente intaccata, tanto da essersi in parte polverizzata e deve essere ripristinata. 2. Un rinforzo nell’angolo è doveroso, come il ripristino del punto d’appoggio dei piedini di gomma. Segue la canonica mano di fondo antiruggine e la finitura a smalto all’acqua. 3. Il top di legno richiede soltanto una bella passata con levigatrice orbitale, per rimuovere un sottile strato di legno e uniformare la superficie. 4. Due o tre mani di impregnante all’acqua color noce completano il ripristino del top. 5. Al termine si rivestono i ripiani interni del mobile e poi si rimontano le morse nei loro alloggiamenti sul top, dove trovano posto anche l’aggiuntivo per trapano a colonna e la mola da banco.
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Gli ultimi dettagli 1. La vecchia salamandra richiede soltanto una pulita a fondo per rimuovere la polvere che aderisce piÚ accanitamente; poi si possono rimettere al loro posto i vari utensili manuali. 2. L’armadio a due ante segue il trattamento degli altri mobili di legno; le maniglie e la serratura si rimuovono per poter carteggiare meglio la superficie e per non correre il rischio di rovinarli durante la stesura del fondo e dello smalto. 3. Le grate leggere, di cui abbiamo parlato prima, sono collocate in posizione esterna alle finestrelle, ma internamente rispetto alle sbarre antieffrazione.
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laboratorio far da sé
Super profili sul grès Per fare profili speciali, jolly, biselli e tori sulle piastrelle in grès porcellanato di grandi dimensioni e altri materiali lapidei, ora c’è una macchina profilatrice, cui si possono montare diverse frese e che lavora accompagnandola sul bordo del pezzo da posare
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www.montolit.com
Montaggio delle diverse frese 1. Per le lavorazioni del bordo superiore delle piastrelle, si usano le frese a profilo basso, tenendo la parte attiva rivolta verso l’esterno. 2. La fresa si blocca stringendo il dado di serraggio con due chiavi a forchetta. 3. Le frese per l’esecuzione di pezzi jolly, invece, lavorano nello spessore della piastrella, sul suo lato inferiore (quello che non si vede); solo quando si montano queste frese, è necessario inserire sull’albero due rondelle di spessoramento, presenti nella confezione della Super Profile. 4. Le rondelle sono necessarie perché le frese per fare i pezzi jolly vanno montate sulla macchina con la parte attiva rivolta verso l’alto. Il bloccaggio di queste frese è sempre affidato al dado autoserrante con rondella.
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ono tantissime le serie di piastrelle che non dispongono di pezzi jolly o altri pezzi speciali che permettano di rivestire zone particolari o, ancor di più, di personalizzare la posa rendendola unica ed esclusiva. In questi casi, anche i professionisti devono improvvisare, con conseguente abbassamento dello standard qualitativo, perdite di tempo, di denaro e spreco di materiale. Soprattutto con le piastrelle di dimensioni grandi, il problema si fa rilevante perché il costo del singolo pezzo è molto elevato, quindi la necessità di utilizzare i grossi sfridi di lavorazione, quando possibile, si fa pressante. l Per questo, Montolit ha ideato e costruito la Super Profile, una macchina che permette di lavorare il bordo delle piastrelle in grès porcellanato in modo da ottenere i principali pezzi speciali che possono servire nelle pose: oltre ai più comuni jolly, utili alle giunzioni di spigolo fra piastrelle, si possono fare biselli e tori di differente raggio, sul bordo superiore del pezzo. l La macchina sfrutta il motore di una smerigliatrice angolare innestata su una robusta piastra con manici; al di sotto la piastra va in appoggio sulla piastrella, mentre la fresa, limitata da uno scontro, esegue la profilatura. n
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JOLLY Pezzi jolly con fresatura a 45° su piastrelle con spessore da 6 a 15 mm. Grana media.
TORO Rifinitura a toro sulla superficie superiore della piastrella. Raggio 3 mm.
Strumento per professionisti 1. La Montolit Super Profile con un dispiegamento di frese specifiche per la macchina, che permettono tutte le principali lavorazioni richieste sulle piastrelle. Per potere apprezzare meglio la loro conformazione, sono fotografate con la parte attiva in bella evidenza, anche se in realtà le tre centrali vanno montate sulla macchina in posizione contraria. 2. Nella parte inferiore della Super Profile, oltre all’albero secondario della smerigliatrice, campeggia la barra nera di scontro, calibrata in fase di collaudo dalla casa per l’ottenimento dei migliori risultati. 3. Sullo schermo protettivo c’è il raccordo per l’inserimento del tubo flessibile dell’aspiratore che permette il quasi totale abbattimento delle polveri prodotte in lavorazione.
BISELLO Bisello a 45° sulla superficie superiore della piastrella. Disponibile di misura 3 e 5 mm.
TORO Toro sulla superficie superiore della piastrella. Raggio 5 mm; disponibile anche raggio 10 mm.
JOLLY Pezzi jolly con fresatura a 45° su piastrelle con spessore da 6 a 15 mm. Grana fine.
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laboratorio far da sé
Chiodatrici e graffatrici Sempre più performanti le graffatrici e chiodatrici, che siano manuali, elettriche o pneumatiche, grazie alle innovazioni tecniche che permettono maggiore leggerezza, minore affaticamento nell’utilizzo e anche maggiore libertà di movimento
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e graffatrici e le chiodatrici sono macchine spesso associate perché hanno un analogo principio di funzionamento ed entrambe derivano dalla più comune graffettatrice a punti presente su tutte le scrivanie degli uffici. La storia narra che Luigi XV disponesse di una graffettarice rudimentale sul suo scrittoio, ma non è chiaro chi l’avesse realizzata. È certo invece che solo nel 1877 Henry R. Heyl brevettò la prima graffettatrice in grado di inserire e fissare i punti con una sola macchina. l Le graffe che si usano nelle graffatrici sono derivazione diretta delle graffette; la differenza sta nel fatto che la graffetta, essendo studiata per unire fogli di carta, deve ripiegarsi dopo averli attraversati, mentre la graffa va applicata su un supporto che non va attraversato da parte a parte. Graffe e chiodi, infatti, servono principalmente per fissare un materiale relativamente sottile a un altro materiale molto più spesso. Il più delle volte, a fare da sottofondo è il legno, mentre il materiale da fissare sopra è più vario: carta, cartoncino, cartone, pellicola di nylon, fogli di plastica, stoffa, pelle, legno, lamiere ecc. l Questa, sostanzialmente, oltre alla modalità con cui vengono entrambi piantati nel sottofondo, è la particolarità che accomuna le graffe con i chiodi sparati dalla chiodatrice. Entrambi i sistemi di tenuta fanno appello alle caratteristiche del materiale in cui vanno a piantarsi. Materiale che deve essere robusto, compatto, ma penetrabile. Ottimo è il legno tenero, come possono essere le essenze poco nobili, usate tipicamente per fare imballi, casse, pannelli e sottofondi. Eccezione fanno le potenti chiodatrici ad aria compressa armate di chiodi d’acciaio, che sono in grado di piantare anche nel calcestruzzo. l L’azione delle graffatrici e delle chiodatrici può essere attuata a mano, elettricamente e ad aria compressa. È ovvio che quelle azionate a mano sono di potenza ridotta e permettono l’applicazione di graffe e chiodi di piccole dimensioni. Quelle ad aria compressa sono disponibili per tutte le necessità operative, dai lavori leggeri sino a quelli più gravosi. n
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Nuove chiodatrici professionali
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Rapid ha lanciato una nuova gamma composta da 5 chiodatrici e relativa serie di chiodi e chiodini; tutti questi elementi offrono prestazioni e capacità altamente professionali. Il lavoro di finitura, tra gli addetti chiamato anche “secondo fissaggio”, richiede specifiche caratteristiche per facilitare l’operatore nei delicati lavori su coprifili, battiscopa, modanature, pannelli e cornici e ottenere risultati di alta qualità. 1. I nuovi modelli a batteria agli ioni di litio, come la chiodatrice BN50, consentono il massimo della libertà di movimento nel lavoro; le batterie sono da 18 V, 2 Ah, capaci di 500 spari per singola carica e di ricaricarsi fino all’80% in soli 45 minuti. 2. I modelli pneumatici, come la PCN90, godono di una serie di miglioramenti, come il corpo macchina in lega di magnesio, che li rende estremamente robusti ma leggeri, oppure l’aumentata capienza dei serbatoi. 3. Il potente modello PFN3490 ha il caricatore inclinato all’indietro di 34° in modo da poter lavorare senza impedimenti anche negli angoli chiusi; usa chiodi n° 34 di lunghezza da 50 a 90 mm, ha una pressione di alimentazione di 5-8 bar.
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Più potenti e azionabili anche i modelli a mano
www.rapid.com
La Powercurve technology viene utilizzata nelle nuove graffatrici Rapid come la Pro R33 (1) e la ALU940 (2), la prima di livello professionale e la seconda orientata al mercato del bricolage, ma entrambe dotate del sistema salvasforzo con regolazione di potenza su 3 livelli. Queste e anche altre graffatrici Rapid utilizzano il dispositivo “Energy Saving Stapling”, un meccanismo brevettato di regolazione della forza dello sparo che usa ingranaggi capaci di dare all’utilizzatore il perfetto controllo della giusta forza da utilizzare in ogni occasione di aggraffaggio. Il vantaggio è la possibilità di usare questi utensili anche in modo continuativo senza rischi fisiatrici e affaticamento. Rapid Pro R33: corpo in acciaio, punto di tipo 13, altezza punto 6-14 mm, senza rinculo. Euro 74,25.
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Rapid ALU940: magazzino a doppia funzione per graffe piatte e chiodini, corpo in pressofusione di alluminio, parti interne in acciaio temperato, senza rinculo. Altezza della graffa 6-14 mm, altezza del chiodo 15 mm. Euro 60,13.
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PREMI INCRED I EDIBRICO premierà tredici lettori della rivista IN GIARDINO, ma anche di FAR DA SÉ e di RIFARE CASA, con 13 bellissime macchine Einhell. Quindi, se la tua passione sono fiori e ortaggi, di cui curi la crescita in giardino, nell’orto, sul balcone o addirittura in appartamento, mandaci la documentazione completa (foto* e descrizione) del tuo spazio verde e di te mentre te ne prendi cura. Unisci il coupon di questa pagina e manda tutto a: faidateingiardino@edibrico.it WhatsApp: 335 1977637 Edibrico - Loc. Vallemme 21 - 15066 Gavi (AL) La redazione Edibrico sceglierà i tredici progetti più completi e meglio documentati e li premierà con:
Tagliando di partecipazione alla prova EINHELL COGNOME
ETÀ
NOME
QUALE SPAZIO VERDE
CITTA’ E PROVINCIA
CAP
TELEFONO
Dichiaro che lo spazio verde di cui invio fotografie e documentazione è quello da me personalmente realizzato e non è mai stato pubblicato prima d’ora su nessuna rivista (compresa IN GIARDINO). Ne autorizzo la stampa parziale o totale (con foto, disegni e testo) da parte di EDIBRICO senza avere nulla a pretendere. Data
dal 1°classificato al 5° RASAERBA A BATTERIA
Lo svettatoio a batteria GE-HH 18 LI T KIT di Einhell ha coltelli in acciaio tagliati al laser e diamantati, la testa motore inclinabile su 7 posizioni e l’impugnatura su 4, il manico è telescopico a regolazione libera, dispone di un’impugnatura supplementare a chiusura rapida e di un robusto astuccio per trasporto e rimessaggio. Si avvale del sistema a batteria Power X-Change con indicatore dello stato di carica a 3 led e ricarica in un’ora.
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VIA O LOCALITA’
Firma
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* le foto devono avere una risoluzione minima di 2126x1417 pixel (18x12 cm/300 dpi) o essere stampe di buona qualità.
5 rasaerba a batteria 5 svettatoi a batteria 3 tagliasiepi a batteria
g o u t l i per
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D IBILI
! o n i d r o gia
le m sp foto and az d a io el ve tu rd o e
Il rasaerba a batteria RG-CM 36 LI di Einhell ha una larghezza di taglio di 37 cm e un’altezza regolabile in 6 posizioni da 25 a 75 mm, il cesto contiene fino a 40 litri di erba tagliata, doppio interruttore di sicurezza, barra guida ripiegabile e regolabile in altezza su 3 posizioni, indicatore dello stato di carica a 3 led. Struttura esterna in plastica resistente e antiurto con ruote di grandi dimensioni. Consigliato per superfici di circa 300 m². Si avvale di una batteria Li-Ion da 36 V/2,6 Ah.
Valore 349 euro
SVETTATOI dal 6°classificato al 10° A BATTERIA
dall’ 11°classificato al 13°
Tagliasiepi a batteria piccolo, leggero e maneggevole, ingranaggi in metallo, doppio interruttore di sicurezza, coltelli in acciaio tagliati al laser e diamantati con custodia in alluminio. Si avvale del sistema a batteria Power X-Change con indicatore dello stato di carica a 3 led e ricarica in un’ora.
Valore 104 euro
TAGLIASIEPI A BATTERIA
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laboratorio far da sé
Rivesti... e tutto tace Fra i tanti interventi sulla casa che possono migliorare la qualità della vita ci sono quelli che eliminano l’inquinamento acustico proveniente dalla strada e dagli impianti dell’edificio, con migliorie anche sotto il profilo termico
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ai arrendersi all’inquinamento acustico. Che sia di giorno o di notte, in casa o in ufficio, è importantissimo poter vivere in un ambiente che permetta di rilassarsi o di concentrarsi nel migliore dei modi. Se i vetri doppi sono già un passo avanti per lasciare fuori il frastuono del traffico, non bisogna sottovalutare quanto i rumori possano giungere alle nostre orecchie seguendo “percorsi alternativi” come, per esempio, i cassonetti degli avvolgibili. l D’altro canto ci sono anche molti rumori che provengono dall’interno dell’edificio: sono quelli degli impianti tecnici, prodotti da motori e
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pompe collocati anche molto distanti dalle nostre orecchie, ma che si propagano mediante le condutture, cavedi o colonne impianti. l A tutto questo si pone rimedio anche senza affrontare importanti opere di ristrutturazione, ma solo applicando dove servono i materiali per coibentare: nel caso dei cassonetti delle tapparelle è necessario rivestire il vano con un sottile pannello con elevato potere di isolamento termoacustico, così si ottiene anche una forte limitazione delle dispersioni termiche, un campo in cui Mappy Italia mette a disposizione prodotti specifici ad alte prestazioni. n
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Flexcalor Flexcalor di Mappy Italia è composto da una schiuma flessibile di polietilene reticolato fisicamente, a cellule chiuse. Il prodotto è impermeabile e resistente nel tempo. È adatto per tutte le esigenze di isolamento termico ed è idoneo per tutti i tipi di cassonetti delle tapparelle. I cassonetti, insieme ai serramenti, rappresentano uno dei punti di dispersione di calore negli ambienti. Flexcalor ne evita la dispersione così come evita infiltrazioni di polvere, freddo e rumori. L’applicazione favorisce il risparmio energetico, perché riduce le escursioni termiche mantenendo il benessere della casa. Flexcalor è disponibile anche in versione adesiva.
isolante termoacustico non marcisce prestazioni invariate nel tempo non irritante 100% riciclabile basse emissioni CO2
Mappysil CR 201 Mappysil CR 201 è un fonoisolante polivalente adatto per tutte le esigenze di isolamento acustico. La barriera di cui è composto il suo interno, unita allo spessore ridotto degli altri componenti di cui fa parte, rendono Mappysil CR 201 idoneo per tutti i trattamenti acustici in cui vi siano spazi limitati e la presenza anche di schizzi d’acqua e di oli. A richiesta è disponibile la versione adesiva con collante acrilico a base d’acqua. Il campo di applicazione è specifico per il trattamento acustico e termico di cassonetti, tubi di scarico, solai, divisori interpiano in presenza di strutture leggere, quali solai in legno, oppure in presenza di pavimenti galleggianti. Il prodotto è composto da una guaina elastomerica ad alta densità (Mappysilent) ricoperta da una parte da uno strato di polietilene chimico con superficie antigraffio (Polistik CH Antigraffio) e dall’altra da uno strato di polietilene fisico a cellule chiuse (Polistik). Il film protettivo antigraffio è studiato per evitare eventuali rotture e/o screpolature superficiali durante la fase di posatura. Mappysil CR 201 è particolarmente indicato per la coibentazione termoacustica dei cassonetti per gli avvolgibili perché oltre a isolare dal rumore evita infiltrazioni di polvere, freddo e la dispersione del calore. Le caratteristiche del prodotto rendono Mappysil CR 201 un prodotto con prestazioni elevatissime; è il top di gamma Mappy Italia in questo campo di applicazione.
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Tutto il risparmio della condensazione Caratteristiche, pregi e criticità di questo tipo di caldaia, sempre più diffusa: il maggiore rendimento rispetto alle convenzionali, la forte produzione di condensa e i fumi acidi che impongono una canalizzazione idonea
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a caldaia a condensazione è in grado di recuperare gran parte del calore latente dei fumi prima che vengano espulsi tramite il camino. È proprio la tecnologia della condensazione, infatti, che consente di sottrarre calore ai fumi fino a che questi passano allo stato di liquido saturo o, in taluni casi, di vapore umido. In questo modo la temperatura dei fumi in uscita può attestarsi attorno ai 30 °C, contro gli oltre 200, sino ai 300 °C delle caldaie convenzionali. l Il risparmio economico sui consumi è notevole (40% e più) se si può alimentare un impianto di riscaldamento che predilige acqua a bassa temperatura (30-35 °C) come nel caso dei riscaldamenti radianti a pavimento o a parete; medio-
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buono (25-30%) se l’impianto ha radiatori molto efficienti, con elevata superficie di scambio, e si alimentano con acqua a temperatura non elevatissima (massimo 50-55 °C); mediocre (8-10%) se in un impianto termico esistente si pompa acqua a 80 °C. l Il problema del sistema a condensazione è il grande quantitativo di acqua acida (pH 4,5) che produce. Per questo gli scambiatori sono di acciaio inox o di altri metalli resistenti; inoltre, sia i fumi sia la condensa vanno convogliati con tubazioni non sensibili all’acidità, ma per questi, data la bassa temperatura, bastano tubi in polipropilene saturo (PPS), abbastanza economici e di lunga durata. n
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Funzionamento a confronto Il disegno mostra la principale differenza fra una caldaia di tipo convenzionale e una a condensazione. La differenza sta nel differente percorso che compie l’acqua da riscaldare. Per sanare ogni dubbio diciamo che lo scambiatore è l’elemento in cui l’acqua, scorrendo, deve assumere il calore prodotto dalla caldaia. L’efficienza di una caldaia è data anche dalla capacità del suo scambiatore di lasciarsi sfuggire meno calore possibile. Nel caso della caldaia convenzionale c’è un solo scambiatore di calore, collocato nel bruciatore. Il disegno mostra che l’acqua, nel breve percorso all’interno dello scambiatore, deve passare da fredda a calda. Per poterlo fare in quel lasso di tempo, serve una fiamma forte, quindi molto carburante. Nella caldaia a condensazione l’acqua fredda attraversa due scambiatori di cui il primo è collocato nella canalizzazione di uscita dei fumi (qui subisce un preriscaldamento), mentre il secondo è normalmente collocato nel bruciatore. Questo permette di sfruttare di più il calore prodotto, perché i fumi sono a temperatura molto elevata; un calore che nella caldaia convenzionale va perso inutilmente. Il doppio scambiatore permette di recuperare questo calore a vantaggio del riscaldamento dell’acqua.
STANDARD
CONDENSING SCAMBIATORE SECONDARIO
SCAMBIATORE UNICO
SCAMBIATORE PRIMARIO
BRUCIATORE BRUCIATORE
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Recupero del calore e condensa CALDAIA
RADIATORI EVAPORAZIONE CONDENSAZIONE
1. Dato che la pressione dell’acqua è costante, considerando un dato diametro del lume del tubo in cui viaggia, si può prevedere quanto tempo impiega a percorrerlo; il calcolo serve per valutare la lunghezza delle serpentine che costituiscono gli scambiatori di calore. Più spire ci sono e più tempo l’acqua “indugia” nel bruciatore oppure nel boiler (altro elemento in cui si trovano gli scambiatori di calore), riscaldandosi (nel bruciatore) o raffreddandosi (nel boiler).
FUORIUSCITA DELL’ACQUA
2. La temperatura dei fumi attorno ai 30 °C non permette il tiraggio della canna fumaria, pertanto è necessario lo smaltimento forzato con una ventola. Questo è il motivo per cui ci sono grossi problemi nel convogliare più scarichi di caldaia in una sola canna fumaria. L’abbattimento della temperatura dei fumi è il processo che produce la condensazione dell’umidità presente nell’aria di combustione, che si condensa attorno allo scambiatore posto in uscita.
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Smontaggio della caldaia e lavaggio dell’impianto
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1. Dopo aver smontato la vecchia caldaia a parete si individuano e isolano con tappi le tubazioni non interessate dall’intervento di lavaggio (quelle di arrivo acqua potabile, di mandata acqua calda sanitaria e arrivo gas). Le tubazioni che ci interessano sono quelle di mandata e ritorno acqua dall’impianto termico. In questi tubi potrebbe essere necessario applicare delle riduzioni per il collegamento dei tubi della macchina per il lavaggio. 2. La macchina per il lavaggio è composta da una pompa elettrica, da un serbatoio abbastanza capiente e da tre tubi di gomma: due per mandata e arrivo acqua alla pompa e uno da collegare al rubinetto più vicino per rifornire d’acqua il serbatoio, quando necessario. 3. Con l’impianto completamente svuotato, si collegano i tubi della macchina per il lavaggio,
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dopo aver riempito di acqua pulita il suo serbatoio. 4. Azionata la pompa della macchina, l’impianto inizia a caricarsi di acqua, mentre il serbatoio si svuota, quindi, con il terzo tubo di gomma, si provvede a mantenere un livello sufficiente affinché alla pompa non manchi acqua. In questa prima fase di lavaggio, l’acqua che torna dall’impianto non va nel serbatoio ma va buttata via, sino a quando non esce pulita. 5. A questo punto la sporcizia “mossa” non c’è più nell’impianto. Si collega il ritorno dell’impianto termico direttamente alla macchina per il lavaggio, si aggiunge il liquido detergente all’acqua nel serbatoio e si fa ripartire la pompa per turno di lavaggio vero e proprio. In ultimo si fa ancora un risciacquo solo con acqua e poi si svuota completamente l’impianto per predisporlo al montaggio della nuova caldaia.
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Perché lavare l’impianto
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’acqua è il liquido che circola negli impianti di riscaldamento e nei termosifoni, perché a basso costo e facilmente reperibile. Ma l’acqua presenta alcune proprietà chimiche che non sono l’ideale per questa applicazione: deve essere “trattata”, aggiungendo una modica quantità di Protector F1 FERNOX, dopo che l’impianto di riscaldamento sia stato adeguatamente lavato con prodotti chimici adeguati. l Il lavaggio dell’impianto e il successivo trattamento dell’acqua possono essere effettuati in qualsiasi momento, ma diventa obbligatorio quando si installa una nuova caldaia, sia su impianto preesistente sia su impianto nuovo, per prevenire o risolvere i problemi derivanti da corrosioni, depositi di calcare e incrostazioni, formazione di alghe. In questo modo si ottempera ai requisiti legislativi (DL 195/05 e DL 311/06 resi attuativi dal DPR 59/09, che all’articolo 4 comma 14 indica chiaramente l’obbligatorietà di questo intervento, e si risparmia denaro in termini di combustibile (fino al 10%), aumentando la durata e l’efficienza dell’impianto e riducendo le necessità di interventi di manutenzione. l Il lavaggio dell’impianto può essere eseguito con pompa esterna: FERNOX ha progettato una pompa con caratteristiche uniche (portata 3000 litri/ora, resistenza 85 °C, facilità d’uso) e ha brevettato un adattatore per collegarla in 5 minuti alla caldaia. Basta far circolare FERNOX Cleaner F3 o F5 nell’impianto per qualche ora. l Utilizzando la stessa pompa della caldaia, immettendo il prodotto detergente nell’impianto e lasciandolo circolare per circa una settimana si ottiene lo stesso risultato; bisogna poi svuotare l’impianto e risciacquarlo accuratamente. Con il lavaggio si ripristinano le condizioni originarie dell’impianto, evitando lo smontaggio dei termosifoni e altre operazioni manuali. l Il trattamento di protezione è ancora più semplice in quanto basta aggiungere una bottiglietta di Protector F1 FERNOX, protettivo di elevata qualità e prestazioni, che assicura una protezione a lungo termine (fino a 10 anni) dell’impianto e della caldaia. Nel caso l’impianto necessiti anche di protezione dal gelo, si può usare il liquido antigelo FERNOX Alphi-11. Se si tratta di un impianto a basse temperature (pannelli radianti) è opportuno completare la protezione con Biocida AF-10 per prevenire la formazione di alghe. (www.fernox.it)
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Tutto il risparmio della condensazione
Fissaggio a muro e collegamento fumi 1. Le caldaie murali sono predisposte per un facile fissaggio a parete e solitamente bastano due grossi tasselli a espansione con vite a cancano cui lo schienale della caldaia si aggrappa con apposite staffe. 2. Il tubo in polipropilene saturo si taglia per adeguarlo alla lunghezza necessaria all’innesto, senza inutili “giri viziosi”. 3. L’innesto è semplicemente a pressione. 4. Le caratteristiche della condensa e dei fumi impongono l’utilizzo di canalizzazioni che sopportino la forte acidità; peraltro queste caldaie hanno diametri di uscita fumi molto ridotti e le bassissime temperature, come detto, permettono l’uso del polipropilene. In questo modo è facile canalizzare all’interno di canne fumarie esistenti i piccoli e sottili tubi in PPS rispettando così le specifiche e le normative tecniche.
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Pompa per lo scarico della condensa
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La norma UNI 11071, relativa agli apparecchi a condensazione e affini di portata termica nominale non maggiore di 35 kW, prevede che sino a questa potenza al focolare si possano scaricare in fogna le acque di condensa, senza doverne neutralizzare l'acidità. Tuttavia è indicata la presenza di due impianti di smaltimento: uno per eliminare la condensa proveniente dalla caldaia e uno per eliminare la condensa proveniente dal sistema di scarico dei fumi. L’acqua di consensa può essere smaltita per caduta, canalizzandola in uno scarico. Nel caso non ci fosse questa possilbilità, per raggiungerne uno troppo distante oppure collocato a un livello più alto della presa della condensa, si deve usare una pompa elettrica come la SFA Sanicondens, piccola, dai bassi consumi e appositamente studiata per espellere la consensa acida delle caldaie. Si colloca vicino alla caldaia e vi si innesta il tubo di uscita dell’acqua di condensa che si raccoglie in un contenitore interno. Quando il livello si alza, la pompa si attiva e svuota il serbatoio spingendo il liquido nel tubetto di uscita di piccolo diametro, lungo quanto basta per raggiungere lo scarico.
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Adeguamento dei tubi La diversa posizione degli attacchi della nuova caldaia impone alcuni piccoli adeguamenti per far combaciare i raccordi con gli innesti. Si approfitta in questa sede per aggiungere anche due prese, una sulla mandata e una sull’arrivo dai radiatori, per potere effettuare periodicamente il lavaggio dell’impianto senza dovere staccare la caldaia. 1. Le prese conviene metterle in posizione comoda, quindi possono anche non essere sotto la caldaia. Si tagliano i tubi esistenti togliendone un pezzo per inserire in ognuno un segmento a T. 2. Essendo i tubi in polietilene, la giunzione viene effettuata a caldo, con l’apposita piastra che scalda i terminali sino a sciogliere i punti di contatto. 3. Tolta la piastra, si uniscono rapidamente i segmenti: l’estremità dell’uno si fonde con il bicchiere dell’altro. 4. Come terminali si mettono due valvole. 5-6. Anche il tubo del gas va adeguato nella lunghezza; in questo caso è di rame e le giunte si eseguono con la pinza a crimpare.
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Vetrina far da sé Monopattino elettrico con autobilanciamento - Hoverboard Permette di muoversi alla velocità di 10 km/h e superare pendenze di 10-15°; può muoversi avanti, indietro, girare e ruotare sul posto e percorrere fino a 15 km grazie al pacco di batterie al litio ricaricabili in 120 minuti e ai 480 W di potenza per ogni motore. Urban Rover S è equipaggiato con ruote Ø 170 mm e pneumatici pieni antiforatura, la piattaforma è alta 110 mm e si trova a 30 mm da terra, le pedane di appoggio sono rivestite con gomma antiscivolo, mentre il telaio è in plastica rinforzata. Le dimensioni sono 584x186x178 mm; di serie esiste nei colori bianco, nero, rosso e blu, ma sono disponibili cover in silicone di vari colori per personalizzare il monopattino. Costa euro 349,00, ma esistono anche altre versioni con ruote maggiorate da 250 mm e con potenze e prestazioni diverse. Urban Rover (www.urbanrover.it)
Coltellino con serbatoio per lame di riserva
Pittura per soffitti senza colature La tinteggiatura del soffitto è meno agevole di quella delle pareti, sia per gli schizzi sia per la difficoltà nel distinguere le zone già dipinte da quelle non ancora trattate. Con una sola mano Ducotone Soffitto assicura una copertiura efficace e, grazie alla formula tixotropica, senza colature: ha un ottimo punto di bianco ed è molto traspirante, eliminando i disagi dovuti all’umidità. Può essere applicato a rullo o a pennello su superfici, opportunamente trattate, in gesso, cartongesso e intonaco, è disponibile nei formati da 2,5 litri (prezzo consigliato euro 17) e 10 litri (prezzo consigliato euro 53). Cromology (www.cromology.it)
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Innovativo, robusto, comodo e sicuro, è il primo coltello a lama retrattile con barra portalama “estraibile”; unico sul mercato, garantisce un cambio lama facile, veloce e sicuro grazie al magnete inserito nella barra che tiene la lama in posizione. Inoltre, il pulsante di scorrimento lama, a movimento morbido, evita il grippaggio e offre grande maneggevolezza. Exochange è fornito di un pratico serbatoio portalama ad apertura superiore che permette uno stoccaggio delle lame per cambio facile e veloce. Infine, assicura un’ottima presa e un perfetto controllo grazie all’impugnatura ergonomica Soft Touch Grip, anti-scivolamento con inserti morbidi. Costa euro 14,60. Stanley (www.stanley.it)
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Orchidee sempre sane e rigogliose Tutti sogniamo di avere in casa piante che rifioriscano ogni anno, regalandoci fioriture meravigliose e delicate: da oggi è possibile esaudire questo desiderio con un prodotto totalmente naturale che rispetta l’ambiente domestico in cui viviamo. La speciale composizione di Tonico Spray Orchidee Perfette stimola il processo cellulare e aiuta l’orchidea nei momenti di stress (mancanza d’acqua, cambio di stagione, riscaldamento/condizionatore troppo alto etc.); il prodotto viene assorbito tramite le foglie dell’orchidea per arrivare ai fiori e alle radici. Grazie a questo plus di idratazione e al sistema di assimilazione, la fioritura delle orchidee sarà più rigogliosa; gli ingredienti di origine naturale ne consentono l’uso tutto l’anno, basta spruzzare sulle foglie dell’orchidea 1-2 volte a settimana evitando di irrorare fiori o germogli. La confezione da 300 ml costa euro 7,90. Verdevivo (www.verdevivo.it)
Il nastro riparatutto forte come l’acciaio
Termoventilatore da appoggio o da parete
Tubi che perdono o rotture di parti in genere non sono più un problema: basta immergere il rotolo di FiberFix in acqua per 10-12 secondi, strizzarlo e avvolgere il nastro 8-10 volte intorno alla perdita, oppure avvolgere la zona danneggiata con un primo strato stringendo forte e sovrapporre 5-6 strati avvolgendo entrambe le parti. Indurisce in 15 minuti ed è poi levigabile con la carta vetrata in dotazione; per un risultato migliore, avvolgere la striscia trasparente in dotazione e rimuovere dopo 5 minuti. Rotolo 5x130 cm euro 14,90. fischer (wwwfischeritalia.it)
Utile per riscaldare gli ambienti nelle mezze stagioni, è silenziosissimo (anche nel funzionamento notturno) e disponibile con potenza 1 o 2 kW; il termostato ambiente permette di impostare e mantenere la temperatura desiderata senza sprechi ed è dotato di funzione antigelo, si accende in automatico se la temperatura scende sotto i 5 °C. Caldomi è equipaggiato con resistenza ad aghi e limitatore termico e interruttore rotativo per selezionare potenza e termostato; ha grado di protezione IPX1, è installabile nella Zona 3 del bagno; misura 286x96xh358 mm. Euro 105,40. Vortice (www.vortice.it)
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COME PARTECIPARE ALLA PROVA DI ABILITÀ DEI LETTORI
Mandateci le vostre realizzazioni con buone foto che documentino le fasi del lavoro. Ogni mese ne pubblicheremo e premieremo sei, divise a seconda del materiale lavorato e scelte per difficoltà, ingegno, capacità di riciclo, con particolare attenzione alla documentazione fornita e alla qualità delle immagini.
UN PREMIO PER TUTTI Tutti i lettori che ci invieranno la loro realizzazione correttamente documentata, riceveranno comunque una ricca confezione regalo contenente prodotti assortiti Sandokan. La foto è puramente indicativa del contenuto del pacco.
COGNOME
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Cosa mandare: l descrizione e disegni della realizzazione l fotografie digitali a massima risoluzione non compresse o stampe fotografiche l il tagliando a fianco compilato e firmato
TITOLO DELLA REALIZZAZIONE
VIA O LOCALITA’
CITTA’ E PROVINCIA
CAP
Dove inviare: EDIBRICO 15066 GAVI (AL)
TELEFONO
MANDACI ANCHE FOTO E FILMATI BELLI E CURIOSI DEL TUO FAR DA SÉ
Dichiaro che la realizzazione presentata è mia autentica creazione e non è mai stata pubblicata prima d’ora. Ne autorizzo la stampa parziale o totale (con foto, disegni e testo) da parte di EDIBRICO. Data
Firma
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PROVA DI ABILITÀ DEI LETTORI
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SARANNO PUBBLICATI ON-LINE SUL SITO www.edibrico.it E SU www.bricoportale.it
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I PREMI DI SETTEMBRE 2016 per i progetti
LEGNO
EINHELL Compressore per auto TH-AC 190 Kit. È un compressore versatile di dimensioni compatte, 8 bar di pressione, funzionamento a secco senza manutenzione. La pressione di esercizio può essere regolata per mezzo di un riduttore di pressione; raccordo rapido e manometro; filtro di aspirazione comodo e semplice da pulire. Pressostato, valvola di non ritorno e valvola di sicurezza; rubinetto di sgocciolamento condensa; facile da trasportare.
per i progetti
METALLO
KÄRCHER Idropulitrice K4 Premium Full Control. Per regolare la pressione è sufficiente girare la lancia Vario Power e sul display a led della pistola viene visualizzata la pressione utilizzata. Così le impostazioni sono sempre a portata di mano e si possono cambiare a seconda della superficie e dello sporco che si incontra. L’area di pulizia è di circa 30 m²/h. La dotazione si compone di pistola alta pressione, lancia, ugello mangiasporco, tubo alta pressione da 6 m, avvolgitubo, sistema Plug’n’Clean per l’applicazione del detergente.
per i progetti
MATERIALI VARI
RACCOLTA SCHEDE FAI DA TE. Completa raccolta di 800 schede che abbracciano tutte le tematiche del fai da te. Le schede sono stampate su carta rigida a elevata grammatura e patinata; vanno divise e fascicolate per argomento e inserite nei loro 5 raccoglitori che, oltre a custodirle, sono studiati per agevolarne la consultazione, anche in laboratorio. FAR DA SÉ
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Forza 4 big Versione “a pavimento” del famoso gioco da tavolo, in modo che il nipotino possa divertirsi e sfidare gli altri membri della famiglia senza essere vincolato a stare su una sedia
È
uno di quei giochi che sembra esistere da sempre, eppure la sua prima versione risale al 1974: nato negli USA, in Italia è arrivato qualche anno dopo. La partita si svolge tra due concorrenti e concettualmente ricorda un altro gioco, il “Tris”, che molti di noi (ma che bravi!) facevano a scuola su un foglio di carta quando l’insegnante affrontava qualche argomento noioso, in attesa della campanella. l Fa parte dei passatempo adatti a tutte le età, anche ai più piccoli, ai quali stimola l’intelligenza. Per questo Gianfranco Lama, su richiesta della figlia, ne ha costruito uno in versione XXL, con il pannello che rappresenta il terreno di
gioco posizionato in verticale, finestrato da ambo i lati in modo che il nipotino possa giocare da terra e farsi un giretto ogni tanto quando la sfida si fa troppo impegnativa. l La costruzione è molto semplice, ma richiede un po’ di tempo e tanta precsione. Bisogna ritagliare tutti i dischetti per i giocatori con una sega a tazza e colorarli in due tonalità, mentre i pannelli vanno divisi a settori calibrati per ritagliare, con una sega a tazza un po’ più piccola, tutte le finestrature: in totale, tra pieni e vuoti, sono 126 tagli circolari. E con le pedine che avanzano dal taglio si può pensare di allestire una “Dama” gigante! n
Gianfranco Lama di Ravenna con il suo progetto categoria LEGNO vince il compressore Einhell TH-AC 190 Kit
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Quanti tagli circolari! 1. Servono: 3 fogli di compensato 990x630x12 mm; 16 listelli sezione 16x16 mm (oppure 8 listelli 32x16 mm); un listello 988x45x14 mm (chiusura fondo); 2 manici da scopa; 2 fogli di compensato 340x350x18 mm. 2. Da uno dei fogli di compensato, previa tracciatura, si ricavano i 42 dischi per il gioco, utilizzando una sega a tazza Ă˜ 100 mm. 3. Sugli altri due pannelli bisogna realizzare le 42+42 finestre circolari, questa volta con una sega a tazza Ă˜ 85 mm; le colonne devono essere distanziate in modo da poter realizzare corridoi larghi poco piĂš di 100 mm delimitati dai listelli e centrati sulle finestre. I listelli vanno incollati a coppie su uno dei pannelli. 4. Si tratta il tutto con impregnante trasparente e si incolla il secondo pannello sopra i listelli, ben allineato al primo e bloccato con morsetti. 5. Dopo aver passato i bordi con carta vetrata, i dischi si montano su aste ponendo un dado come distanziale tra uno e l’altro; si vernicia a spruzzo e poi, disponendoli su di un piano, si completa la verniciatura delle facce. 6. Si ritagliano e sagomano i piedi, si trattano con impregnante e si avvitano a fianco dei pannelli; si chiude la base dei pannelli con un listello mobile.
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Panca relax coperta Una comoda seduta riparata dal sole per la terrazza costruita con il legname avanzato dal rifacimento del tetto dell’abitazione; una coppia di mensole collegate ai fianchi rendono i momenti di relax ancora piÚ piacevoli
Giovanni Rivano di Carbonia-Iglesias con il suo progetto categoria LEGNO vince il compressore Einhell TH-AC 190 Kit
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nche i far da sé hanno i loro vizi: a Giovanni Rivano piace ogni tanto farsi una “pipata” in pace ricordando gli anni passati sulle grandi navi come ufficiale di macchina; nei suoi viaggi ha acquistato diverse pipe, provenienti un po’ da tutto il mondo. l La panca nasce proprio per soddisfare questa esigenza e non “inquinare” l’aria di casa: un piccolo spazio privato (ma condivisibile) con ripiani su cui poter posare pipe, tabacco, posacenere, scovolini e gli altri accessori necessari, all’occorrenza anche la tazzina del caffè o un bicchiere di quello buono. l Per costruire questo modello di panchina occorrono circa 15 metri di travetti 80x80 mm e 9 metri di perline maschiate; per la copertura serve un pannello di compensato da 10 mm, dimensioni 1320x1540 mm, da irrobustire con una cornice perimetrale a cui fissare le tavole laterali che permettono il collegamento ai montanti. Le mensole laterali applicate ai braccioli misurano 200x500 mm. n
Fumoir da esterno 1. Dai travetti, lunghi in origine 4 metri, si tagliano con il seghetto alternativo i pezzi con misure un poco abbondanti rispetto al progetto. 2. Ora che hanno dimensioni più consone, si possono tagliare con precisione sulla sega a nastro; la guida angolare permette di realizzare anche i tagli inclinati alle estremità, ove necessario. 3. Ogni pezzo va piallato e levigato prima di procedere con il montaggio. 4. Per assemblare le strutture portanti si utilizzano colla vinilica e viti lunghe 200 mm, inserite dopo aver preforato il legno. 5. Ecco pronti i due fianchi: il montante posteriore è alto 1500 mm e ha l’estremità superiore bisellata per assecondare la pendenza della copertura, l’altezza a filo superiore del bracciolo è 730 mm, la luce interna ai montanti è 400 mm. 6. I due fianchi vengono uniti con travetti lunghi 1200 mm che fanno anche da supporto per la seduta, rinforzata da sotto da 4 listelli con interasse regolare. Il supporto per le tavole che compongono lo schienale è fornito da 2 travetti fissati inclinati ai montanti. A parte si prepara la copertura, che va poi collegata esternamente ai montanti tramite due tavole laterali a sbalzo inferiore, rinforzando il tutto con due saette. Come finitura si applicano tre mani di impregnante color verde basilico che ben si intona ai colori del giardino.
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lettori far da sé
Morsa robusta Uno dei più comuni e indispensabili utensili da lavoro costruito da zero con avanzi di altri lavori utilizzando solo una mola con disco da taglio, una saldatrice a filo continuo e un trapano
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a morsa, in tutte le sue interpretazioni, è uno strumento fondamentale per qualsiasi lavoro che richieda di mantenere saldamente bloccato un pezzo durante le più svariate lavorazioni: più il lavoro è “pesante”, più la morsa deve essere strutturata in modo da garantire forza di serraggio e resistenza alle sollecitazioni. Naturalmente, anche il sistema di fissaggio al supporto e il supporto stesso devono essere commisurati al suo utilizzo. l Avendo a disposizione diversi avanzi di semilavorati in ferro e acciaio, Aureo Graca Machado
ha pensato di costruirne una particolarmente robusta per i suoi lavori: un modello simile di tipo commerciale ha indubbiamente costo superiore alla maggior parte delle morse per uso hobbistico. l Progettare un attrezzo di questo tipo è meno semplice di quanto sembra: ogni pezzo che lo compone deve essere dimensionato e collegato agli altri in modo da garantire resistenza a forze di diverso genere, ma il nostro lettore sembra conoscere bene la materia ed essere a suo agio anche nella saldatura a filo continuo. n
Aureo Graca Machado di Torino con il suo progetto categoria METALLO vince l’idropulitrice KARCHER K4 Premium Full Control
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Un prezioso aiutante tutto d’acciaio 1. Tutti i pezzi che compongono la morsa sono ricavati da materiale di recupero. Il manubrio è costituito da un tondino di acciaio inox Ø 16x240 mm con alle estremità dadi da 20 mm; gli stessi sono utilizzati anche per la testa della vite di manovra, rappresentata da una barra filettata Ø 20x340 mm. 2. Per dare un’idea delle proporzioni, la piastra di fissaggio al banco è realizzata a partire da una piastra da 210x110x8 mm a cui vengono asportati agli angoli frontali due pezzi profondi 30 mm e larghi 20 mm; le ganasce e il cannotto su cui è fissata la ganascia mobile sono ricavati da tubolare 60x60 mm con lunghezze rispettivamente di 350 e 160 mm. 3. Alla piastra di base si saldano due piastrine laterali, frontalmente, in cui sono aperti i fori per il fissaggio al banco; altri due fori vengono praticati lungo il lato posteriore.
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lettori far da sĂŠ
Cuccia tetto rimovibile Partendo da una vecchia cassa, il cui legno si è dimostrato poi in gran parte ammalorato, si costruisce una cuccia per il cane provvedendo a coibentare per bene tutte le parti, incluso il tetto che si mette e toglie a incastro
Cristian, Simone, Stefano Appio di Vercelli con il loro progetto categoria LEGNO vinconoe il compressore Einhell TH-AC 190 Kit
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a possibilità di recuperare un oggetto è di fortissimo stimolo per i far da sé, che molto spesso iniziano una costruzione proprio perché in quel momento possono contare su “nuova” materia prima. Talvolta succede persino che l’idea nata dalla possibilità di recupero sia così potente che, pur assumendo consapevolezza dello stato di deterioremento del materiale recuperato, si vada lo stesso in fondo, cercando altre risorse cui attingere. Per Cristian Appio, la molla della costruzione è scattata quando si è trovato per le mani una cassa di legno che pareva in buono stato, mentre poi si è rilevato che le pareti fossero ormai abbondantemente ammalorate. Ma ormai l’idea di usarla per realizzare una bella e funzionale cuccia per il cane era scattata e nulla lo avrebbe fermato. Oltre tutto l’occasione era ghiotta per mostrare ai due figli, Simone e Stefano, aiutanti provetti, l’arte del ripristino, del riutilizzo e della trasformazione d’uso. l La cassa viene scelta perché le dimensioni e la struttura si presentano particolarmente indi-
cate per il nuovo utilizzo; per fortuna il pannello di fondo è molto ben conservato e robusto, rispetto a quelli laterali. Si tratta quindi di rimuovere le parti ammalorate e di provvedere alla sostituzione, tenendo conto delle modifiche necessarie per la trasformazione in cuccia. l Trattandosi di uno di quei progetti che si possono interpretare e risolvere in mille modi diversi, non ci sono problemi nel procurare altro materiale per il completamento. Per le pareti, infatti, si sceglie di fare un sandwich usando fogli di compensato ai lati e materiale isolante in mezzo, ottenendo in questo modo anche un ambiente più confortevole per il cane nelle fredde giornate invernali. l Lo stesso principio si applica anche al tetto che però viene pensato per poterlo rimuovere velocemente e provvedere senza fatica alla pulizia periodica della cuccia. Per risolvere il bordo dell’ingresso, dove rimane in vista il sandwich si mette un profilato a U d’alluminio, facendo una serie di tagli sulle ali per poter seguire la curvatura ad arco. n
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Copertura rimovibile La cuccia scoperchiata dà totale accesso al suo interno per effettuare le pulizie periodiche e all’occasione sostituire il tappetino che si mette solitamente sul fondo. Le falde del tetto sono unite da due controtimpani che hanno anche il compito di mantenerle bloccate a formare l’angolo corretto: l’angolo deve corrispondere a quello che formano i timpani sulle
due facciate della costruzione, in modo che, sovrapponendo il tetto, i profili combacino alla perfezione. Oltre a irrigidire le falde con l’angolo corretto, i controtimpani hanno la funzione di impedire gli spostamenti longitudinali del tetto; per questo vanno montati avendo cura che restino immediatamente all’interno dei timpani.
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Cuccia con tetto rimovibile 1
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La costruzione 1. Della vecchia cassa resta soltanto la struttura portante e il pannello di fondo. La costruzione inizia dalla parete frontale, quella che richiede le maggiori attenzioni, dato che su quella va realizzato l’ingresso con apertura ad arco. 2. Approfittando del fatto che i listelli della base hanno un certo spessore e lasciano spazio sufficiente al di sotto, si mette un pannello di polipropilene espanso come isolante e poi, a chiudere il tutto, un foglio di legno per rivestimento pareti. Tre listelli messi trasversalmente fanno da leggero rialzo tenendo sollevata la cuccia dal pavimento. 3. Sempre usando i fogli di legno per rivestimento pareti, avanzati da un lavoro fatto in casa precedentemente, si riveste tutto l’esterno della struttura portante; la cuccia ha praticamente preso forma. 4. Per semplificare il lavoro, i sandwich di fogli e pannello isolante della faccia frontale e del retro della cuccia sono applicati esternamente alla struttura portante; sui lati, invece, il pannello isolante resta nello spessore del telaio e il foglio interno va in battuta sulla struttura. 5. Le falde del tetto sono realizzate con il medesimo sistema a sandwich; per rifinire i bordi e lo spigolo di giunzione delle falde, si usano comuni stecche di profilato angolare di legno. 6. I controtimpani sono fatti usando tavole di recupero: non essendo larghe a sufficienza si risolve facendo più pezzi, ovvero due identici per ogni lato, più un terzo che li unisce. Il rimedio non ha alcun impatto estetico perché i controtimpani restano all’interno sia della facciata anteriore sia di quella posteriore della cuccia.
Completamento del frontale Per completare il bordo dell’ingresso della cuccia, dove rimangono a vista gli strati che compongono il pannello frontale, si usa un profilato di alluminio a U, largo quanto lo spessore del sandwich. Agli angoli le estremità si tagliano a 45°, mentre per la porzione di arco si effettua una serie di tagli sulle ali della U, lasciando integro soltanto il lato base che a questo punto può essere piegato per prendere la forma dell’arco.
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full responsive computer | tablet | smartphone | web tv
rifarecasa.com il nuovo portale di riferimento per chi deve ristrutturare casa
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lettori far da sé
Soffiatore elettrico per camino Soluzione definitiva del problema dello scarso tiraggio del caminetto di casa senza fare importanti lavori di ristrutturazione, ma solo aprendo verso l’esterno due prese d’aria e applicando alla canna fumaria una ventola
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motivi per i quali un caminetto non “tira” bene e fa fumo possono essere molteplici, ma fra i più frequenti figurano la mancanza di una presa d’aria nel locale e le proporzioni scorrette della canna fumaria (diametro e lunghezza) rispetto alla bocca e al volume del focolare. Felice Rosito ha affrontato il problema da autentico far da sé, realizzando innanzi tutto due prese d’aria verso l’esterno nella stanza del caminetto.
l Visto che il pur notevole beneficio non impediva il ritorno ancora di un po’ di fumo e non avendo intenzione di fare importanti lavori di ristrutturazione, la decisione è stata di applicare alla canna fumaria una ventola in modo da ottenere l’effetto Venturi, agevolando l’evacuazione dei fumi accelerandone leggermente la velocità. La ventola è quella di recupero di una vecchia caldaia e va messa esternamente alla canna fumaria, sul tetto, prima del comignolo. n
Felice Rosito di Foggia con il suo progetto categoria MATERIALI VARI vince la raccolta di schede FAI DA TE
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Condotta e protezione in lamiera zincata 1. Dopo averla smontata dalla caldaia, la ventola presenta ancora una parte del carter di convogliazione dell’aria che in un primo momento sembrava potesse essere utilizzato, ma è risultato troppo ingombrante. 2. Per canalizzare nel giusto modo l’aria spinta dalla ventola, si reperisce una curva di un pluviale di zinco a sezione quadrata, che va aperto con le forbici per lamiera, per poterlo adattare alla sezione di uscita della ventola. 3. Le parti tagliate si riassemblano mandando l’una in sormonto dell’altra, in modo da poter procedere al fissaggio mediante rivetti applicati lungo i lembi sovrapposti. 4. Pur incastrandosi a dovere, la canalizzazione applicata si fissa alla carcassa della ventola usando sempre la rivettatura. Un altro pezzo di lamiera zincata
va piegato e conformato per provvedere alla copertura della ventola e dell’innesto sul fianco della canna fumaria, come adeguata protezione dalle intemperie. 5. L’alimentazione della ventola, che funziona elettricamente, si può prendere dagli impianti che transitano nel sottotetto; ma dato che per l’accensione e spegnimento si deve “scendere” con i fili in casa, l’ideale è poter gestire anche la velocità della ventola. In questo caso i fili si collegano a un variatore di giri. 6. Le prese d’aria vanno aperte sulle pareti perimetrali del locale, usando grosse seghe a tazza per laterizi e muratura. In alternativa si rompe con scalpello e mazzuolo, per poi ridefinire bene il foro con uno spezzone di tubo passante. Una chiusura con griglia chiude il foro e risolve esteticamente, lasciando passare l’aria.
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7. Anche nelle giornate più ventose il tiraggio del focolare risulta perfetto: basta regolare più o meno la velocità della ventola, ottenendo ottimi risultati sul fronte del rendimento termico in tutte le fasi, dall’accensione al consumo di tutta la brace.
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lettori far da sĂŠ
Nella foto Remo Rigon con altri pensili tirolesi.
Remo Rigon di Trento con il suo progetto categoria LEGNO vince il compressore Einhell TH-AC 190 Kit
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La piattaia tirolese Tutta in legno d’abete, realizzata con un bel po’ di lavoro di alternativo per ottenere le modanature che la arricchiscono; indispensabile preparare le dime per tracciare le sagome dei profili con un andamento armonico
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elle cucine di una volta, specialmente nelle zone montane e in campagna, la piattaia era un mobile immancabile: ognuno cercava di personalizzarla con fregi e accessori, per esempio ganci per appendere coperchi o “presine” sotto la mensola inferiore. A Remo Rigon piace costruirne di diversi tipi e quella che ci mostra è forse una delle più complete, con tanto di cassetti nella parte inferiore. l I pezzi per realizzare questo modello si ricavano da tavole di abete grezze da 25 mm: 2 fianchi 1000x150 mm; 2 ripiani 1000x150 mm per il vano cassettiera più altri 3 la cui larghezza può variare in base a dove vengono posizionati, per via delle modanature; 2 tavole per le schiene sagomate, abbastanza larghe per poter ottenere una greca alta; 2 strisce per i “davanzali” sagomati; 3 tavole 1000x60 mm per i cassetti; multistrato da 5 mm per i fondi. Le modanature ciascuno può realizzarle secondo i propri gusti. n
Facili unioni senza incastri 1. Le assi vanno tutte piallate per disporre di superfici lisce e regolari, riducendo lo spessore a 20 mm: in base alle dimensioni, si preparano le dime, si riportano i disegni sulle tavole e si taglia lungo i contorni con il seghetto alternativo, levigando poi i bordi e smussando gli spigoli. 2. L’unione delle tavole che compongono la struttura avviene con spine e colla vinilica, poi si serra il tutto con lunghi morsetti o cinghie. 3. Anche i “davanzali” hanno i profili modanati e si collegano ai ripiani nello stesso modo. 4. Per costruire i cassetti si incollano i fianchi al dorso e poi al frontalino, con incastri a dente; il fondo si applica per ultimo con chiodini. Due traverse posteriori di sezione 50x25 mm servono per irrobustire la piattaia; la finitura si esegue applicando due mani di mordente cerato chiaro per evidenziare le nervature. Una leggera spazzolatura finale dona l’effetto invecchiato.
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FAR DA SÉ
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... e ancora lettori far da sé Fioriera per aromatiche
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opo avere fatto il suo dovere come contenitore di erbe aromatiche il vaso rettangolare di plastica meritava di essere nobilitato: per questo gli ho costruito intorno come rivestimento di strettissima misura un coprivaso in legno, trattato con impregnante color noce. l Ho recuperato da bancali alcune tavolette, che ho tagliato di misura sia per la struttura interna sia per il rivestimento, e dei tronchetti di legno di alloro che ho tagliato a metà longitudinalmente. Ho fissato tavole e legnetti in modo “creativo” sulla struttura interna usando dei chiodini. Giuseppe Canistro (Teramo)
Riparare lo scarico
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e al momento del riempimento della vaschetta del WC, per la troppo forte pressione, l’acqua schizza contro il muro, non è necessario ricorrere all’idraulico che ci farebbe cambiare tutto il galleggiante. l Chiuso il rubinetto della mandata dell’acqua del bagno e svuotata la vaschetta per poter lavorare più tranquillamente, si usano due pinze: con la prima si tiene fermo il pezzo fissato alla vaschetta, con la seconda si svita la vite con la guarnizione del galleggiante. Non resta che, con un cacciavite, far leva per rimuovere la guarnizione usurata e con una leggera pressione sostituirla con la nuova. Giuseppe Costa (Salerno)
Scaffale che divide l’ambiente
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nteramente realizzata con legno massello di pino senza utilizzare chiodi, viti o colla, ma solo incastri, ecco un’aerea scaffalatura che divide due ambienti e su cui trovano posto libri, soprammobili e oggetti vari. l Tre ripiani di lunghezza diversa, ma di uguale larghezza e spessore, opportunamente forati, vengono attraversati dai montanti nello spessore dei quali si ricavano le asole per i supporti che consentono di bloccare i ripiani alla giusta altezza. I montanti vengono forzati contro il soffitto da due tondini di legno massiccio fissati all’estremità superiore degli stessi con un piedino filettato regolabile. A pavimento i montanti poggiano con un piede più largo e sagomato. Tutti i bordi degli elementi orizzontali e verticali sono morbidamente smussati. Francesco Mascioni (Grosseto)
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Appoggio per la “cipolla”
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erve un blocchetto di legno massiccio dalla venatura piuttosto pronunciata alto 90, largo 60 e profondo 50 mm per realizzare questo semplice supporto su cui appendere in bella vista l’orologio a cipolla del nonno. l L’ho sagomato nel modo che si vede dalla prima foto: ho tagliato la faccia frontale così che sia inclinata di circa 70°, ho alleggerito il blocchetto nella parte centrale portando via un tondo con la sega a tazza e arrotondando le ali rimaste. Cesare Levantini (Viterbo)
Legna da ardere in gabbia
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a necessità di stipare molta legna da ardere, per alimentare d’inverno la caldaia a legna o il caminetto, mi ha portato a costruire una gabbia di ferro con tubolare da 30 mm da tenere in garage all’asciutto e senza fare troppo disordine con pezzi di legna sparsi qui e là. Per caricare la legna, conservata sfusa nel portico esterno, ho installato sotto la gabbia quattro ruote, robuste e piroettanti, diametro 200 mm, che ne agevolano lo spostamento. l Per la costruzione della struttura alta 2 metri ho usato montanti da scaffalature di metallo da cantina tagliati e saldati a comporre la gabbia che dispone di tre finestre chiuse con tre pannelli (due a ribalta posizionati nella parte alta e uno ad anta in basso) per facilitare le operazione di carico e scarico della legna. Assemblata e colorata con antiruggine e pittura da ferro tutta la struttura ho chiuso i lati e le finestre legando a montanti e traversi la rete metallica per contenere la legna Nicola Geatti (Udine)
Il senso della vita nell’orologio
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a mia passione è lavorare il legno d’ulivo che è unico per le sue venature, il suo colore e il suo profumo (è unico anche per la sua durezza e per la difficoltà con cui si lascia trattare, ma questa è un’ulteriore piacevole sfida!) l Ultimamente il soggetto preferito delle mie realizzazioni è l’orologio e con pezzi di ulivo, anche di recupero, ho costruito alcuni esemplari decisamente originali: questo che propongo l’ho intitolato “Il senso della vita”. Un basamento circolare con tante onde concentriche fresate da cui parte una scala elicoidale, fatta con pezzetti uguali incollati l’uno all’altro in modo sfalsato, che raggiunge il quadrante con numeri romani e meccanismo al quarzo. Anche sul quadrante tornano i cerchi conUn omaggio a tutti centrici della base. Gli autori dei lavori l I miei orologi hanno pubblicati in queste forme strane, anche pagine riceveranno una piuttosto complesse, confezione contenente un perché vorrei che “racassortimento di prodotti contassero” qualcosa. Sandokan per la difesa dalle zanzare. Dino Prina Cerai (Biella) La foto è puramente indicativa del contenuto del pacco.
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... e ancora lettori far da sé Lettino shabby per la nipotina
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estinato alla discarica, perché la pittura bianca che lo ricopriva era ormai scrostata e ingiallita dal tempo, questo lettino di cui un mio conoscente voleva disfarsi è diventato nuovo e funzionale per i primi sonni di mia nipote. l I montanti a sezione tonda e le stecche a sezione rettangolare, ma con i bordi smussati, hanno richiesto un lungo e paziente lavoro di carteggiatura per rimuovere la vecchia pittura scrostata anche senza arrivare a legno.Volendo che il lettino fosse intonato ai colori della cameretta in stile shabby chic ho scelto due tinte morbide per le testiere e per i pannelli laterali (rispettivamente un grigio caldo e un bianco sporco). Per la sua piena funzionalità ho dovuto intervenire sui sostegni della rete e forare longitudinalmente i montanti per avvitarvi il perno delle ruote. Giovanni Pasqualotto (Treviso)
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1. Per ottenere superfici ben rifinite e quasi vellutate dopo la prima mano di pittura è utile una leggera carteggiatura. 2. Per testata e pediera ho scelto una calda tonalità di grigio da dare a pennello. 3. Quattro ruote piroettanti da avvitare ai quattro montanti consentono di spostare liberamente il lettino.
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Arcolai al restauro
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rmai lo sapete: mi piace scovare nei fienili e nelle vecchie cascine attrezzi della civiltà contadina abbandonati in pessimo stato e con tanta pazienza riportarli al loro antico splendore, quando era l’uso continuo a mantenerli lucidi e funzionali. In questo caso si tratta di un arcolaio proveniente dalla Valle di Lanzo (TO) che ho dovuto lavare e restaurare in tanti particolari. l Anche il fuso (1) realizzato in vimini ben stagionato (2) ha richiesto un attento lavoro di restauro per tornare funzionante; la forcella passafilo (3), pezzo molto delicato, e il perno di tiraggio della ruota (4), hanno richiesto interventi di pulizia e ripristino incollando parti rotte e ricostruendo quelle mancanti. Gilberto Merlino (Torino)
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anteprima FAR DA SÉ OTTOBRE 2016 1. Il carrello portabagagli da trainare con la nostra autovettura ha bisogno di un ricovero coperto: la costruzione può servire però anche per altri scopi! 2. Una potente levigatrice, dotata di un lungo manico, per rendere lisce le pareti di cartongesso o di muratura.
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3. Una mensola fatta a C in multistrato si appende al muro con due robuste attaccaglie e riceve lampade e ninnoli. 4. Fiori, frutti, semi, foglie: è il momento di usare tutto ciò che abbiamo raccolto ed essiccato durante l’estate.
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