Far da sé ottobre 2015

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EDIBRICO - Sped. abb. post. DL 353/03 (conv. in L. 27/02/04 - N. 46) art.1 c.1 - DCB/AL

MENSILE - ANNO 41 - N. 455 - OTTOBRE 201510 - EURO 4,00

artigiani del tempo libero

RIFARE IL BAGNO:

RISCALDAMENTO E PAVIMENTAZIONE

4 IDEE PER ALLESTIRE IN CASA UNA POSTAZIONE STUDIO I COME E I PERCHÉ DI PANGEA IL TAVOLO ESPOSTO ALL’EXPO LAVORARE IL RAME PER FARE LAMPADE E FIORI MANUALITÀ CREATIVA: IL FERMALIBRI FELINO FRESA A TAZZA ECCENTRICA PER FORARE FACILE L’ACCIAIO LEVIGATRICE DA BANCO COMBINATA E MULTIFUNZIONE www.edibrico.it

n. 455 - anno 41


FAI DEL TUO HOBBY LA TUA ARTE www.pgprofessional.it


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Pensiero FAR DA SÉ di Emanuele Bottino

Tu chiamale se vuoi... emozioni In pochi minuti, dopo l’ingresso nel gigantesco scenario dell’Expo, uno scafato gruppetto della nostra casa editrice si è trasformato in una piccola classe di scolari. Ci guardavamo intorno camminando lungo il Decumano, stretti-stretti nonostante il caldo, un po’ per riuscire a seguire la guida in mezzo alla calca di persone mentre ci illustrava i vari padiglioni visti da fuori, un po’ per avere sempre i compagni a fianco cui poter fare un cenno, indicare dettagli e scorci degni di nota. Grande meraviglia di fronte allo spettacolo dei padiglioni, della diffusa atmosfera festaiola, quasi come se fosse una sagra di paese particolarmente ben riuscita. Ripensandoci, si potrebbe definire “effetto Expo”... perché tutto ci ha colpito e colpisce, all’Expo di Milano, progetto grandioso, almeno quanto il tema dell’evento: “Nutrire il pianeta, Energia per la vita”. Ci ha colpito l’enorme utilizzo del legno (cosa di cui diamo conto, seppure marginalmente, nelle due pagine seguenti) e ci hanno colpito gli spazi enormi, ovviamente necessari per la partecipazione di tante Nazioni, più alcune organizzazioni internazionali. Ci ha colpito che ognuna avesse allestito un suo padigione separato dagli altri, una vera e propria costruzione a sé stante. Quasi tutti sono giganteschi e molto caratterizzati, con grande sfoggio di creatività e orgoglio campanilistico. Ci ha colpito che tutto sia molto, molto bello... persino troppo! E già... perché se si pensa al mondo da sfamare, come minimo il pensiero va ai soldi (tanti!) impiegati per tutta questa bellezza fatta ad hoc e tutto questo spazio cementificato dove prima c’erano campi... da coltivare. Inoltre, dopo il 31 ottobre quasi tutto sarà smantellato, tranne il cemento. Ci ha colpito il padiglione Zero, dove un percorso con proiezione di immagini, testi e video, illustra quanto l’uomo abbia modificato la Terra con la sua presenza, a partire dalle trasformazioni del paesaggio naturale per finire ai rituali del consumo. Una sequenza di suggestioni che portano a una conclusione dura e concreta da cui si desume un vero e proprio imperativo: per poter alimentare tutti, bisogna assolutamente eliminare i continui sprechi di cibo e risorse. Il Padiglione Zero, ottimo punto Ci ha colpito il Future Food District, padiglione allestito per di partenza della visita all’Expo. mostrare come sarà il supermercato del futuro (prossimo!), dove si scopre come saremo aiutati a scegliere meglio e più consapevolmente, seppure con qualche piccolo inconveniente. Avvicinando la mano a un prodotto, sullo schermo posto al di sopra, esso viene descritto nei minimi particolari, con riferimenti al luogo d’origine, al sistema di trasporto, conservazione e prezzo; dove serve c’è anche un robot che movimenta e prepara la merce, in modo che non la si debba toccare. Fra le possibilità di scelta, però, ci sono anche alcune confezioni con insetti cucinati, fra cui una vaschetta di grossi scorpioni; al momento sono finti, ma un severo cartello ammonisce sul fatto che presto saremo costretti a cambiare le nostre abitudini alimentari. Ecco, a questo punto, nonostante le più buone intenzioni verso la tecnologie del futuro e mettiamoci pure la curiosità di assaporare cibi esotici, il pensiero va ai nostri cari frutteti di collina e ai cumuli di arance, mele, pesche che ogni anno bisogna distruggere per qualche assurda legge di mercato. Per concludere, tante le contraddizioni, ma tante anche le emozioni. FAR DA SÉ

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A Expo Mil

Un gruppetto di redattori Edibrico in posa a fianco dell’opera dell’architetto Kitagawara, all’esterno del padiglione del Giappone; è una griglia tridimensionale autoportante fatta con blocchetti di lamellare di larice, uniti fra loro soltanto mediante precisissimi incastri (da sinistra: Patrizia Ferrari, Nicla de Carolis, Francesco Poggi, Claudia Cazzulo, Antonio Perrone, Emanuele Bottino). Le foto sotto sono soltanto alcuni esempi di come il legno sia stato utilizzato per caratterizzare i singoli padiglioni, ma va detto che è ampiamente utilizzato anche per strutture, separazioni e chioschi nelle zone comuni della manifestazione.


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ilano 2015 domina il legno In quasi tutti i padiglioni, gli architetti e i designer hanno fatto grande uso del legno, sia per scopi strutturali sia estetici. Forse non poteva essere altrimenti, in una manifestazione che porta in evidenza i problemi delle risorse della terra, ma va anche detto che il legno offre infinite possibilità a tutti i livelli costruttivi. Semplice da lavorare, sicuro e resistente più di quanto siamo portati a pensare, il legno permette valutazioni certe sulle tempistiche di produzione e di montaggio; si adatta più di altri materiali a eventuali aggiustamenti e modifiche in corso d’opera; può essere rivestito, verniciato oppure può fare pieno sfoggio della fibratura che lo contraddistingue e mostrarsi in tutta la sua bellezza


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SOMMARIO

ottobre 2015 - FAR DA SÉ n° 455

BELLEZZA FATTA A MANO A EXPO MILANO 2015 DOMINA IL LEGNO Reportage della redazione per documentare il grande utilizzo del legno per le strutture e la bellezza dei padigliioni...........................................4

50 GIORNI DI LAVORO PER RIFARE PANGEA In occasione di EXPO 2015 sono stati ricostruiti i continenti così come si presentavano prima della deriva; sono occorse sei tonnellate di legno per costruire 19 tavoli che si ricompongono in Pangea ....................8

PROGETTI FAR DA SÉ BAGNO A NUOVO: RISCALDAMENTO E PAVIMENTO

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Con la seconda puntata, dopo aver seguito il rifacimento degli impianti e il rivestimento delle pareti con il cartongesso, completiamo il lavoro..................16

FERMALIBRI FELINO Sei pezzi di legno vecchio, finito in modo rustico e grossolano, per due supporti a forma di gatto tra cui serrare i nostri libri .........................................24

ORIGINALI LUCI DI RAME Lavori di lattoneria e idraulica forniscono il materiale di recupero per simpatici oggetti d’arredo .................26

SOSTITUIRE IL TERGICRISTALLO Spazzole e pattini sono soggetti a facile usura: come intervenire per sostituire le une o gli altri .........30

L’UFFICIO IN CASA Per lavorare al computer tra le mura domestiche occorre attrezzare un angolo o un mobile per conservare tutto in ordine e raccolto............................................32

CULLA DA PASSEGGIO Una costruzione intelligente in legno, rinforzata da tondini e piastrine metalliche, caratterizzata da un lungo timone e da quattro grandi ruote per trascinarla anche sui terreni accidentati...............42

AVVOLGIBILE E MOTORE IN KIT PER TAPPARELLE Montiamo il motore e l’avvolgibile per oscurare una finestra con la tapparella .....................................46

BARBECUE A CALICE Una costruzione interamente in metallo partendo da un recipiente di recupero: originali le griglie e il dispositivo raccoglicenere ....................................54

ABC DEL FAR DA SÉ RIPRISTINARE L’IMPIALLACCIATURA Un mobile vecchio dalla superficie impiallacciata è delicato proprio in questa finitura: interveniamo con competenza rimuovendo e sostituendo i piallacci rovinati .......................................................49

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FAR DA SÉ www.edibrico.it

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LABORATORIO FAR DA SÉ FRESA A TAZZA ECCENTRICA CON SCARICO LATERALE Misure da 16 a 80 mm di diametro, per forare il metallo e altri materiali, senza alcuna difficoltà nel rimuovere il dischetto di risulta ............................62

DISCO TURBO PER POSA DI MATERIALI “DIVERSI”

direttore editoriale e responsabile Nicla de Carolis decarolis@edibrico.it

direttore esecutivo Carlo De Benedetti carlo.debenedetti@edibrico.it

Proposto da Montolit per il taglio veloce e preciso di piastrelle e ceramiche ............................................64

INCOLLARE DA PROFESSIONISTI Una macchina nuova di Rapid che, grazie a tre diversi ugelli, garantisce incollaggi sicuri su vari materiali ....66

LEVIGATRICE DA BANCO Un lungo nastro e un grande disco per levigare in due modi diversi: Einhell propone una macchina semiprofessionale di grande versatilità ....................68

IL MOBILETTO DEL BAGNO CAMBIA FACCIA Il colore per interni SottoSopra si applica senza primer anche alle superfici plastificate .............72

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VETRINA FAR DA SÉ Uno sguardo alle novità nel mondo del bricolage ......74

NEWS Dalle aziende del bricolage arrivano importanti notizie e novità che è importante conoscere ..............76

LETTORI FAR DA SÉ FINESTRELLA PROFILO CURVO Come chiudere in cantina una profonda nicchia con una finestra dal profilo superiore curvo ..............80

PORTA ASCIUGAMANI Alto, esile, riempie lo spazio tra vasca da bagno e lavatrice: quattro piani su cui deporre salviette, accappatoi e asciugamani ..........................................84

BRACCIO PER TV A LED DA FISSARE AL MOBILE Un braccio a elle, regolabile in altezza e in sporgenza, termina con una larga e robusta crociera da fissare al retro del televisore .................................86

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L’ALBERO DELLA VITA RIPRODOTTO IN VETRO Il simbolo di EXPO 2015, l’albero della vita con i suoi ampi petali sovrapposti, viene rifatto in vetro e in piano con la tecnica Tiffany ....................88

ZUCCA DI HALLOWEEN Enorme zucca fatta con blocchi di polistirolo incollati, poi abilmente sagomati e rifiniti...................90

TAVOLINO SCACCHIERA Un tavolo basso con quattro gambe esili termina con una scacchiera e racchiude sotto il piano sei scomparti per i pezzi e le pedine...........................92

...E ANCORA LETTORI FAR DA SÉ Idee grandi e piccole da cui prendere spunto.............94

redattore capo Emanuele Bottino e.bottino@edibrico.it

in redazione: Mauro Balbi, Claudia Cazzulo, Giampaolo Ferraro segretaria di redazione: Patrizia Ferrari fotografi: Carlo Cichero, Dino Ferretti realizzazioni: Laboratori-studi di posa di Edibrico in Gavi (AL) disegni: Pier Giorgio Magrassi pubblicità direttore vendite: Marco Carlini tel. 0143 645037 335 7106139 marcocarlini@edibrico.it editore EDIBRICO srl 20135 Milano - via Carlo Botta, 7 tel 0143 645037 - fax 0143 645049 registrazione tribunale di Milano n. 557 del 14-10-2002 EDIBRICO pubblica anche: RIFARE CASA IN GIARDINO FAI DA TE OBI ALMANACCO FAR DA SÉ ALMANACCO IN GIARDINO distribuzione esclusiva per l’Italia: SO.DI.P s.p.a. 20092 Cinisello Balsamo (MI) via Bettola, 18 stampa: Rotolito Lombarda - Seggiano (MI)

SERVIZIO LETTORI 8,30-12,30

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tel. 0143 644814 fax 0143 645049 fardase@edibrico.it una copia Italia euro 4,00 fascicoli arretrati Italia il doppio. spedizione abbonamento postale pubblicità inferiore al 45%. abbonamenti: 12 numeri euro 40. Estero Europa: euro 65. Africa, America, Asia: euro 81. conto corrente postale n.13844469 intestato a: EDIBRICO via Vallemme, 21 - 15066 Gavi (AL) Tutti i diritti di proprietà letterari ed artistici riservati. I manoscritti e le fotografie anche se non pubblicate non si restituiscono. I nomi, le ditte e i prezzi, eventualmente pubblicati, sono citati senza responsabilità della rivista FAR DA SÉ, a puro titolo informativo per rendere un servizio ai lettori. La rivista non si assume alcuna responsabilità circa la conformità alle vigenti leggi sulle norme di sicurezza delle realizzazioni.


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bellezza fatta a mano

50 giorni di lavoro per rifar

La superficie complessiva del tavolo è di 80 metri quadrati; la realizzazione di tutti i piani è in Kauri delle Paludi, il legno millenario proveniente dal sottosuolo della Nuova Zelanda, è composta da 19 pezzi sagomati ed è sostenuta da 271 gambe realizzate con briccole, pali di rovere recuperati della laguna di Venezia. Il peso dell’intera struttura è di circa 6 tonnellate e per la sua realizzazione sono stati necessari quasi 50 giorni di lavoro.

6 tonnellate di legno per comporre 19 tavoli con una superficie totale di 80 mq Nell’ambito dell’esposizione, il tavolo Pangea è in mostra nella centralissima cornice di Piazza Italia, all’incrocio tra il Cardo e il Decumano, le due vie principali che si incrociano ortogonalmente e lungo le quali sono distribuiti i vari padiglioni. Il Decumano si stende da Est a Ovest e il Cardo da Nord a Sud, con evidente richiamo alla struttura a croce, tipica del castrum, l’accampamento militare degli antichi Romani, su cui spesso venivano edificate vere e proprie città. Questa conformazione è ancora evidente oggi in molti centri in Italia (Torino, Aosta, Pavia ecc) e in Europa (Vienna, antica Vindobona, fondata nel 100 d.C. oppure York, antica Eboracum, capoluogo dello Yorkshire, fondata nel 71 d.C. ai confini con la Scozia). Ulteriori informazioni sul sito di Expo al seguente indirizzo: www.expo2015.org oppure puntando lo smartphone sul QR-code a lato

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are Pangea Come un grande puzzle, il tavolo realizzato in 19 pezzi per Expo Milano 2015 è un’opera densa di significati che raffigura come apparivano, 250 milioni di anni fa, le uniche terre emerse del pianeta, andate poi a formare i vari continenti

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l tavolo Pangea, con i suoi bordi indefiniti che si incastrano uno nell’altro, solido e contraddistinto dall’assenza di ogni possibile elemento superfluo che potrebbe sminuirne la potenza, è un’installazione del tutto geniale che rende omaggio alla Madre Terra come culla di ogni essere vivente, vegetale e animale. L‘idea è frutto della matita dell’architetto Michele De Lucchi, mentre la realizzazione è opera di Riva 1920, azienda di cui abbiamo parlato spesso, per le iniziative volte all’utilizzo e alla valorizzazione di nobili legni di recupero mettendo a frutto la creatività dei designer e la precisione delle macchine a controllo numerico. l In onore ai più alti principi fondanti la manifestazione Expo Milano 2015, il progetto si ispira e prende il nome da Pangea, l’unico continente che 250 milioni di anni fa includeva tutte le terre emerse, sintetizzando il concetto che vegetali, animali e uomini di oggi, incluse le risorse del suolo che questi utilizzano, abbiano tutto sommato un’unica provenienza. Si comprende quindi perché l’architetto De Lucchi riproponga un ritorno alle origini e all’unità, senza confini di stato, pregiudizi, differenze tra popoli, discriminazioni di razza e di classe. l Il tavolo rientra, sul filo del tema dominante di Expo, come elemento che inequivocabilmente evoca il concetto di cibo e, soprattutto, della sua condivisione. Nella realizzazione, infine, non poteva mancare una particolare attenzione alla salvaguardia delle risorse del pianeta: Riva ha pensato quindi all’utilizzo del Kauri delle Paludi, legno millenario estratto dal sottosuolo in Nuova Zelanda, e al rovere delle briccole di Venezia. n

Ecco come da Pangea, nel corso di milioni di anni, si è giunti all’attuale conformazione dei continenti.

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50 giorni di lavoro per rifare Pangea MERAVIGLIOSO ANTICHISSIMO LEGNO DI KAURI

1-2.Un cataclisma di proporzioni inimmaginabili, 50.000 anni fa, distrusse immense foreste di enormi alberi di Kauri, in Nuova Zelanda. Le inondazioni sommersero di fango gli alberi abbattuti e così sono rimasti per tutto il tempo nascosti, anche per le caratteristiche paludose di quelle estensioni, dove l’uomo non aveva ragione di vivere, cacciare, lavorare. La scoperta dei tronchi, il cui legno non è stato per nulla intaccato dal tempo e dai parassiti, ha avviato il processo di recupero: una vera e propria estrazione dal terreno mediante potenti mezzi meccanici. 3. I tronchi sono di dimensioni enormi; per poterli sollevare è necessario ridurne le dimensioni in loco. Il trasporto, con grossi camion, avviene con difficoltà, lungo piste di strade sterrate. 4. Proprio per le dimensioni e il peso degli enormi tronchi, la lavorazione si svolge in apposite segherie dove ogni tronco è sezionato longitudinalmente in tavole spesse 10 cm circa, larghe sino a 2 metri e ridotte in lunghezza a 12 metri, misura massima trasportabile all’interno dei container. In questo modo le tavole di Kauri delle Paludi raggiungono l’Europa, a bordo delle navi portacontenitori. Il Kauri è una pianta gigantesca, presente ancora oggi in Nuova Zelanda, ma il suo abbattimento è vietato.

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80 METRI QUADRATI DI TAVOLO TAGLIATO AL LASER 1. Per la realizzazione di ognuno dei 19 piani del tavolo sono state utilizzate liste di Kauri di “piccole” dimensioni. La prima operazione è quella di tagliarle lateralmente e in lunghezza per operare una sgrossatura di massima. 2. La regolarizzazione sufficiente per fare le giunzioni si ottiene con i passaggi su tutti i lati con la pialla a filo che, grazie al precisissimo appoggio laterale della macchina, esegue anche la squadratura del pezzo, e in seguito con la pialla a spessore che rende tutti i pezzi uguali in altezza. 3. Le tavole così ottenute si affiancano tutte, mettendole in costa, e si cospargono le superfici di giunzione con adesivo vinilico, del tipo resistente in esterni (D4). L’adesivo va distribuito bene, tirandolo a pennello. 4. I legni vanno posizionati nella pressa per la giunzione. La pressa offre un piano inclinato, quasi verticale; i pezzi si impilano uno sull’altro, controllando di tenere le superfici migliori tutte sullo stesso lato. Essendo i piani molto irregolari come forma, non sono quasi mai usate tavole lunghe uguali, come accade con un comune tavolo; quindi, nel posizionarle, bisogna verificare di mantenere l’ordine prestabilito in fase di progetto, in modo da poter disporre della forma voluta. 5. Gli stantuffi della pressa applicano una forza notevole che fa fuoriuscire tutto l’adesivo superfluo, a tutto vantaggio di una giunzione robustissima. L’insieme va tenuto in pressione sino alla completa essiccazione della colla. Tra il piede di ogni stantuffo e la tavola va messo un pezzo di legno di scarto per evitare che questa si segni. 6.Un controllo di massima dello spessore è doveroso, prima di far passare il piano ottenuto alla lavorazione successiva. 7. Un’ulteriore regolarizzazione del piano con passaggio in una piallatrice di grosse dimensioni, è fondamentale, nonostante la precisione mantenuta in tutte le fasi precedenti; anche uno scarto di mezzo millimetro nell’allineamento di due listoni incollati è facilmente rilevabile all’occhio e al tatto, quando si verifica sul piano di un tavolo. 8. Il disegno del profilo del tavolo, in formato CAD, è sul computer; sul programma CAM vanno aggiunti i dati relativi alle misure del pezzo in lavorazione (notare la sagoma del piano grezzo con le tavole sporgenti per assecondare la particolare forma da ricavare). 9. Il computer pilota il braccio della fresatrice che affonda l’utensile nel legno seguendo la linea prestabilita. 10. Una soffiata d’aria elimina la polvere di legno residua della lavorazione. 11. Le ultime fasi di lavorazione sono rigorosamente a opera dell’uomo; una passata di levigatrice orbitale è quello che predispone il legno a ricevere la finitura. 12. La magnifica fibratura del Kauri è messa pienamente in evidenza con la sola applicazione di oli naturali, distribuiti con rullo e tirati a mano con un panno.

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50 giorni di lavoro per rifare Pangea RECUPERIAMO LE BRICCOLE DI VENEZIA Un altro colpo di genio di Riva 1920 è il recupero delle briccole che nella Laguna di Venezia devono essere periodicamente sostituite. I pali, notoriamente immersi nell’acqua e piantati sul fondo, subiscono l’aggressione degli organismi acquatici (le teredini marine) che producono nel primo spessore del tronco le caratteristiche gallerie. La lavorazione di questo legno per la realizzazione di elementi d’arredo di design rende ancora più affascinante ed esclusivo il manufatto, oltre a dare la sensazione di aver “salvato” e dato nuova vita a un pezzo del patrimonio storico e culturale tutto italiano.

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271 GAMBE TORNITE DA BRICCOLE 1. Le briccole, pressoché cilindriche, vanno tagliate di lunghezza determinata e lavorate al tornio per dare loro la forma conica prestabilita per le gambe del tavolo. Per questa importante lavorazione si utilizza una macchina a controllo numerico, per l’esattezza una fresatrice a 6 assi, che permette di muovere la fresa in tutte le direzioni nello spazio (servono movimenti su 5 assi), più il movimento rotatorio del tornio (6° asse). 2. La gestione della macchina a controllo numerico è affidata a un computer dove si possono impostare tutti i parametri fondamentali per l’ottimizzazione del lavoro e che garantisce il perfetto coordinamento dei servomotori per l’ottenimento di gradi crescenti di precisione sino a valori centesimali (0,01 mm). 3. All’uso, seguendo le impostazioni inserite dall’operatore, il braccio meccanico può servirsi di diverse frese durante la la-

vorazione, per ottimizzare i tempi d’esecuzione. 4. Durante la parte più gravosa del lavoro, per esempio, che è quella della sgrossatura e della riduzione a forma conica, il braccio è armato con una fresa di grande sezione, che si muove abbastanza velocemente, pertanto al suo passaggio resta una superficie scabra e vistosamente seghettata. 5. La parte conclusiva della lavorazione, invece, vede in uso frese di sezione ridotta, che si muovono lungo gli assi a velocità ridotta. Ne deriva una superficie senza traccia di incisioni. 6-7. Non tutte le gambe sono lunghe uguali, perché per ogni tavolo molte restano sospese; si misurano per identificarle e solo a quelle lunghe si applicano i piedini d’appoggio regolabili. 8. Tutte le gambe hanno in testa una flangia, con foro filettato centrale, per l’avvitatura al relativo maschio fissato al piano.

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Ulteriori informazioni sull’estrazione del legno Kauri sono rilevabili sul sito di Riva 1920, alla pagina seguente:

www.riva1920.it/it/kauri/estrazione-e-lavorazione-80/ oppure puntando lo smartphone sul QR-code a fianco

8 Ulteriori informazioni sulla costruzione del tavolo Pangea sono rilevabili sul sito di Riva 1920 alla pagina seguente:

www.riva1920.it/it/news/news/pangea-expo-2015/ Un video è visibile alla pagina seguente: https://player.vimeo.com/video/132797942 oppure puntando lo smartphone sul QR-code a fianco

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progetti far da sé 2A PUNTATA

Bagno a nuovo: riscaldamento e pavimento Dopo aver predisposto la nuova disposizione dei sanitari, la finestra da tetto, le strutture in cartongesso completiamo il lavoro con il riscaldamento e il rivestimento delle superfici

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ompletata la parte impiantistica che riguarda l’elettricità e la predisposizione per il collegamento dei sanitari, composte le strutture di cartongesso che ridisegnano i volumi del bagno, è giunto il momento di dedicarsi alla pavimentazione. Prima di procedere, bisogna però ripristinare le zone delle pareti interessate dal passaggio dei nuovi impianti, dove è stato necessario effettuare parziali demolizioni, livellandole nuovamente alla vecchia piastrellatura, poi si posiziona la vasca sul massetto. l Con i moderni sistemi, un impianto di riscaldamento a pavimento si stende in uno spessore di pochi centimetri dove stanno i pannelli con risalti in cui si incastra la tubazione, un massetto alleggerito e una guaina con funzione impermeabilizzante. La tubazione è in bobina unica da stendere a spirale senza giunzioni, partendo dal perimetro (dal distributore con i collettori) fino al centro, mantenendo tra le spire una distanza che permetta di tornare indietro, dal centro della stanza, sino a raggiungere nuovamente il collettore. l Ci vogliono almeno due persone, in quanto stendendo il tubo questo tende ad attorcigliarsi ed essendo in materiale plastico oppone una certa resistenza. Effettuati i collegamenti al distributore, l’impianto può essere messo in pressione e ricoperto con un massetto alleggerito. l Per quanto attiene alle pareti, bisogna livellare con malta la superficie alle piastrelle rimaste; si sigillano gli angoli con lo speciale nastro e si stende sulla piastrellatura e sul cartongesso un primer aggrappante; tutte le parti interessate da schizzi (l’intera zona doccia, il perimetro della vasca e quello del lavabo per almeno 50 cm) vanno trattate con un’emulsione acquosa di caucciù/bitume (Knauf Flächendicht) prima di applicare un sottile strato di malta, qui necessario prima della colla per supportare adeguatamente le piastrelle di grande formato. n

La tubazione, raccolta in una bobina, va stesa in continuo tra i risalti che permettono di seguire percorsi lineari o variamente sagomati a seconda delle esigenze. La tubazione percorre più volte il piano fino a formare una fitta rete, senza raggi troppo stretti.

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Bagno a nuovo: riscaldamento e pavimento 1

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PANNELLI, TUBAZIONI E MASSETTO 1. I sistemi di riscaldamento a pavimento a basso spessore permettono un veloce riscaldamento della superficie anche con una circolazione a bassa temperatura; sono completi di tutto l’occorrente e sono molto indicati nelle ristrutturazioni. 2. Lungo tutto il perimetro, alla base delle pareti, viene applicato un nastro adesivo di polistirolo che ha il compito di formare una separazione tra pavimento e pareti ed evitare dispersioni termiche attraverso queste ultime. 3. I riquadri che supportano le tubazioni, provvisti di risalti, vanno affiancati (in alcuni casi dispongono di incastri) per rivestire l’intero pavimento; i tagli, ove si rendano necessari, si possono effettuare senza problemi con un cutter. 4. Lo sviluppo della tubazione, iniziato in prossimità del collettore-distributore, si conclude ritornando al punto di partenza, ottenendo un ciclo di andata/ritorno. Il collettore è a sua volta collegato alla centrale termica. 5. In soli 25 mm di altezza si realizza l’impianto. Intorno al telaio del piatto doccia gli spessori sono calcolati in modo che la piastrellatura termini a filo piano del telaio. 6-7-8. Allo scopo di ottenere un massetto alleggerito e di facile stesura, specialmente quando ci si deve mantenere in spessori contenuti, si possono utilizzare prodotti premiscelati a base di argilla, da compattare e livellare con l’utilizzo di una staggia. Mentre per un massetto occorre attendere tempi relativamente lunghi per la stagionatura prima di procedere con la pavimentazione, qui i tempi sono più rapidi, si incrementa l’efficienza del riscaldamento radiante e si carica un peso inferiore sul solaio; si possono realizzare anche grandi superfici senza ricorrere all’inserimento di giunti di dilatazione.

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by Della Fiore La linea m’amo comprende doccette, minikit, saliscendi, colonne e accessori per il bagno. Qualunque prodotto della linea è caratterizzato dall’ottima qualità dei materiali, dall’attenzione al design di ultima tendenza e, non ultimo, da un rapporto qualità/prezzo eccezionale. Tutti gli articoli sono facilissimi da montare, anche senza l’aiuto di un esperto del settore, e coperti da garanzia pluriannuale.

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GRANDI LASTRE SULLA GUAINA IMPERMEABILIZZANTE 1. Prima di iniziare la pavimentazione bisogna procedere con l’impermabilizzazione del sottofondo. In questo caso si utilizza una speciale guaina nervata di polietilene (Schlüter Ditra) rivestita nella parte sottostante con tessuto di fibra, da incollare al sottofondo; il suo compito è anche quello di neutralizzare le tensioni e garantire stabilità al successivo rivestimento. Per l’applicazione si utilizza una spatola dentata con risalti 3x3 o 4x4 mm; la guaina va srotolata sul collante. 2. Attorno al telaio del piatto doccia, a pavimento e a parete, va steso lo speciale nastro sigillante che ha il compito di rendere stagne le giunzioni. 3. Le parti che non è possibile rivestire con la striscia completa di guaina si completano con gli avanzi, tagliati a misura con un cutter e accostati senza fessure. 4. Tutte le giunzioni vanno rivestite con uno speciale nastro sigillante, da applicare con lo stesso collante. 5. Per velocizzare il lavoro e ottenere meno fughe, dando maggiore continuità al rivestimento, si posano lastre di grande formato; calcolata la disposizione per minimizzare i tagli, si inizia dal telaio del piatto e si procede con il corretto livellamento. 6. Subito dopo aver posato ogni lastra conviene pulire bene la fuga dai residui di malta: farlo al momento della stuccatura, quando questa è asciutta, è più difficoltoso e meno preciso. La lama della spatola serve anche per correggere eventuali disallineamenti, facendo muovere la lastra lateralmente sul collante ancora fresco. 7. La costanza delle fughe e l’allineamento di ogni lastra con

quelle già posate vanno controllati regolarmente; l’adesivo ha un tempo di apertura abbastanza lungo da consentire minime correzioni anche degli ultimi elementi già posati. Trattandosi di grandi lastre, si distribuisce a terra solo la quantità di collante necessaria alla posa di una di esse: l’allineamento e la pulizia richiedono più tempo rispetto ai formati tradizionali. 8. Lungo il perimetro, l’adozione di speciali profili flessibili assicura discontinuità tra il rivestimento orizzontale e quello verticale, permettendo di assorbire le dilatazioni dovute alle variazioni di temperatura della pavimentazione; le ali vanno annegate nel collante e le strisce di gomma laterali permettono al profilo di adattarsi a piastrelle di spessore diverso. 9. Anche nella preparazione del riempifughe si deve porre attenzione alle percentuali di polvere e acqua da miscelare: la corretta fluidità è fondamentale per far penetrare lo stucco e compattarlo, così che non risenta delle tensioni indotte dai cicli di riscaldamento e raffreddamento. 10. Per agire correttamente, lo stucco si fa penetrare con l’aiuto di un frattazzo gommato o di legno, fino a rifiuto. 11. Prima che lo stucco asciughi completamente, si ripassa la superficie con un frattazzo di spugna da sciacquare frequentemente in acqua pulita, cambiandola più volte se necessario. 12. Si realizza il rivestimento delle pareti e della vasca, prima di montare tazza e bidet; tra il perimetro del pavimento e le altre superfici (pareti, rivestimento vasca, piatto doccia) si stende un cordone di silicone antimuffa per bagni, in questo caso grigio come il pavimento.

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IL POSIZIONAMENTO DELLA DOCCIA 1. Lungo il perimetro del piatto, sulla faccia inferiore, si stende una guarnizione adesiva a nastro (tipo quelle per i piani cottura). 2-3. L’utilizzo di ventose facilita la posa del piatto: anziché doverlo afferrare per i bordi, dove è presente la guarnizione, queste possono essere applicate sulla faccia superiore e, grazie alle impugnature, permettono di collocare il piatto nella giusta posizione prima di premerlo e farlo aderire al sottofondo. Si pongono dei pesi sul piatto appena posato e si lasciano fino al giorno successivo. 4. Insieme al kit Schlüter Ditra viene fornito uno speciale profilo gommoso che permette di colmare la fuga e forma un punto di appoggio per il successivo cordone di sigillante, impedendo che quest’ultimo possa penetrare tra piatto e telaio causando un maggior consumo di prodotto senza avere la certezza di una perfetta funzionalità. Questa soluzione garantisce una tenuta migliore e di lunga durata perché è concepita appositamente per l’adesione alla guaina sottostante. 5. La parte interna del piatto risulta leggermente ribassata rispetto al pavimento; il labbro perimetrale su cui appoggiano le pareti del box assicura una chiusura perfettamente stagna.

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LA CASA DEI TUOI SOGNI AL CERSAIE Dal 28 settembre al 2 ottobre a Bologna Fiere si svolge il Cersaie, il Salone Internazionale per la Ceramica per l’Architettura e dell’Arredo Bagno, organizzato da EdiCer e promosso da Confindustria Ceramica. L’evento “Cersaie disegna la tua casa” che si tiene all’interno della manifestazione nei giorni 1-2 ottobre è un’occasione importante per i privati in procinto di ristrutturare o acquistare casa: diverse testate cartacee e web del settore, sono infatti a disposizione dei visitatori con i loro esperti e architetti per fornire una consulenza gratuita a chi vuole ricevere consigli o possibili soluzioni per realizzare la casa dei propri sogni. Anche alcune aziende leader nel mondo della ceramica sono a disposizione per fornire informazioni e guidare verso la scelta dei prodotti più conformi alle proprie esigenze, dare indicazioni sui rivenditori di zona più vicini al cliente, illustrare le novità. Anche RIFARE CASA partecipa a questa iniziativa e avrà una postazione propria nell’Agorà dei Media, presso il Centro Servizi della fiera (padiglione CS stand 71): chi volesse approfittare di quest’occasione potrà ottenere l’ingresso gratuito in fiera e recarsi presso il nostro stand all’orario concordato a monte con il nostro consulente. È preferibile inviare, al momento dell’iscrizione (vedi sotto come fare) anche una descrizione dell’intervento per il quale è richiesta la consulenza; in ogni caso è bene arrivare in fiera con una piantina e foto stampate (anche in bianco e nero) che illustrino la situazione. www.cersaie.it

VIENI A TROVARCI! RIFARE CASA partecipa a “Cersaie disegna la tua casa”: nei giorni 1-2 ottobre 2015 il nostro collaboratore, l’architetto Antonio Perrone, sarà presso lo stand di RIFARE CASA nell’Agorà dei Media, a disposizione di quanti avranno richiesto una consulenza gratuita. Per concordare un appuntamento basta andare su rifarecasa.com; seguirà un contatto da parte del nostro consulente per definire i dettagli dell’incontro. E si entra in fiera gratis!

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progetti far da sĂŠ

www.naturando-academy.com

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Fermalibri felino Il muso del micio da un lato e la coda dall’altro, fissati a due supporti uniti a 90 gradi, danno vita a un oggetto utile e rustico che può essere realizzato facilmente anche dai più piccoli, se c’è un adulto che abbia voglia di insegnare loro come si fa

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aolo Masia e la moglie Monica sono i fondatori di Naturando Academy, un’associazione che propone attività “riCreative” e di formazione extrascolastica improntate alla manualità creativa e alla natura. In particolare, il laboratorio di falegnameria Bricolando offre ai bambini la possibilità di imparare a lavorare a loro misura il legno e costruire giochi e oggetti, con corsi itineranti nei Comuni o negli Enti disposti a promuovere e ospitare questa iniziativa. l Da sempre amanti della natura, della vita in campagna e appassionati del legno e delle attività manuali, hanno ideato una propria linea di oggettistica da regalo, rigorosamente in legno lavorato a mano, che hanno chiamato Naturarte: il fermalibri ispirato alla sagoma di un gatto, del quale proponiamo la sequenza costruttiva, fa parte di questa “collezione” che spazia tra lampade, orologi, ferri di cavallo che diventano cornici portafoto e molti altri oggetti utili per la casa, spesso realizzati con materiali di recupero come assi di legno dismesse, parti di vecchi mobili, vari elementi in ferro. l In questo caso i due elementi per stabilizzare i libri si ottengono da una tavola di larice conservando parzialmente la patina dovuta all’invecchiamento del legno, per farne risaltare le venature dopo il trattamento con una mano di cementite e la successiva carteggiatura. n

1. Per la sagoma del muso del gatto e della coda ci si avvale di due dime di compensato da appoggiare sulla tavola per rilevare i rispettivi contorni. 2-3. Messe da parte le dime, si ritagliano i soggetti con il seghetto alternativo. 4. La carteggiatura di testa e coda, per quanto riguarda lo spessore, mira a regolarizzare il taglio e a smussare gli spigoli, in modo più accentuato sulla coda per renderla più realistica e facilitare l’impugnatura. 5. I profili dei tozzetti squadrati, invece, vanno decisamente arrotondati con un’asportazione irregolare del legno, per conferire un aspetto rustico ai contorni. Anche le facce vanno levigate, ma senza eliminare completamente la patina scura dalle zone depresse delle venature. In queste ultime due operazioni si rivela preziosa una levigatrice a nastro e frontale che consenta di lavorare il pezzo con carta vetrata a grana grossa e fine in contemporanea: parliamo diffusamente di questa macchina (la levigatrice TC-US 400 di Einhell) a pagina 68 e seguenti. 6. Su tutti i pezzi si stende una mano di cementite, che viene in buona parte assorbita dal legno e asciuga rapidamente in superficie, permettendo di passare alla fase successiva. 7. Con un tampone rivestito di carta vetrata si asporta la patina di colore in eccesso, riportando a vista le venature e ottenendo una sorta di finitura shabby chic. 8. Due grosse bullette verniciate di nero, inchiodate nella parte alta del muso e un poco rientranti rispetto alle orecchie, simulano gli occhi del micio. 9. Il naso e i baffi sono costituiti da una terza bulletta, più piccola, che blocca tre pezzi di spago. 10. Si preparano i due supporti a 90°, unendo i pezzi con alcuni chiodini, e a questi si inchiodano le due sagome.

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Originali luci di rame Da scarti di lavorazione risultanti da lattoneria e idraulica prendono forma singolari oggetti che possono anche diventare sorgenti luminose: il cavo di alimentazione passa ora all’interno dei tubi, ora nascosto nel corpo di forme meno esili

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robabilmente il rame è il metallo che l’uomo utilizza da più tempo in assoluto: antico, ma sempre attuale perché ha attraversato i millenni fornendo sempre nuove possibilità di impiego, come elemento a sé o insieme ad altri per costituire leghe di vario genere. I primi monili risalgono a 10.000 anni fa, poi il pentolame, le canalizzazioni per l’acqua, le monete, fino a intrufolarsi in ogni branca dell’industria moderna, comprese le tecnologie di ultima generazione. l Il suo inconfondibile colore rossastro, imitato perfino dall’oro nel settore dei preziosi, e la lucentezza che può assumere sono due caratteristiche apprezzate nell’oggettistica di design: lo sa bene Domenico Chioetto, che a tempo pieno fa l’idraulico e nel tempo libero realizza complementi d’arredo e monili, utilizzando praticamente ogni piccolo scarto di questo metallo che, seppur non nobile, risulta prezioso per il suo valore di mercato. l Nel suo mestiere si utilizzano tubi di varia sezione, robusti fili, sottili lamine piane o più spesse e preformate per canali di raccolta e scolo delle acque: per ottenere la corolla di un fiore basta un quadrato di lamiera da 0,6 mm da 30x30 mm, ma bisogna prima riscaldarlo e immergerlo in acqua per facilitarne la lavorazione e fargli assumere la forma voluta. Poi l’oggetto può prendere forma e diventare un semplice complemento d’arredo o essere completato con un elementare impianto elettrico per diventare un’applique o una lampada da tavolo, previa lucidatura ed eliminazione della patina e delle scorie prodotte dalla saldatura dei vari pezzi. Il portalampada, con corpo metallico (ottone), può essere unito al tubo di rame tramite un tige filettato oppure lo si può rivestire con un foglio di lamina curvato a cilindro e poi saldato lungo la linea di unione, dopo averlo serrato attorno al portalampada con le pinze. n

VARIETÀ DI SOGGETTI Da queste immagini possiamo avere un assaggio degli oggetti che si possono realizzare con un po’ di fantasia: il velocipede di fine ‘800 diventa un’applique se provvisto di luce frontale (anche se quelli originali non l’avevano), il motoscafo una lampada da tavolo con trasformatore nascosto a 12 V, la piantana può essere collocata sopra piano o a terra, a seconda dell’altezza. L’oggetto in alto, di cui proponiamo la sequenza costruttiva, può essere utilizzato come complemento o, se provvisto di fonte luminosa, come applique.


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1. Un tipo di fiore a 4 petali si ricava da un pezzo quadrato di lamina, smussato agli angoli e inciso con tagli curvi senza arrivare al centro. 2. I petali si ripiegano verso l’interno “a correre”: da un lato il petalo sormonta quello successivo, dall’altro va sottoposto al precedente, ottenendo una forma concava. 3. Uno spezzone di filo di rame viene dapprima appiattito e poi sagomato a mano in modo da ottenere una sorta di pistillo da porre al centro della corolla. 4. Sempre con filo di rame, questa volta in spezzoni più lunghi e non appiattiti, si ricavano gli steli da saldare sotto le corolle con un poco di stagno o di argentana. 5. Il surriscaldamento forma una patina scura sulla superficie, già di per sé leggermente ossidata: con una moletta montata sul minitrapano si rende lucente il rame cercando di arrivare anche nelle zone più nascoste. 6-7-8. Sempre da un pezzo di lamiera, questa volta triangolare e arrotolato, si ottiene il calice di una calla: nella parte superiore i lembi vanno ripiegati un poco all’esterno, in basso si chiude il calice con le pinze prima di saldare lo stelo. 9. Il “vaso” è un pezzo di lamiera più grande, simile a un trapezio isoscele con i lati obliqui arrotondati, che va arrotolato a formare una sorta di cartoccio di forma conica e a bocca larga. 10. Realizzato un numero sufficiente di fiori con diverse corolle si saldano gli steli all’interno del vaso, arricchendo la composizione con altri particolari.


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progetti far da sé

Sostituire il tergicristallo Per la propria e altrui sicurezza è consigliabile prevenire il malfunzionamento delle spazzole verificandone periodicamente l’efficienza, soprattutto nel periodo estivo quando il sole e le alte temperature danno il “colpo di grazia” alle parti in gomma più esposte

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a parte del tergicristallo che è sottoposta maggiormente a usura è il profilato di gomma inserito nella spazzola. La gomma col tempo si indurisce, si screpola e si viene a creare una discontinuità nel suo profilo d’appoggio sulla superficie del cristallo. Questo causa l’impossibilità di avere una visione ottimale quando si è alla guida in caso di precipitazioni: il deterioramento è progressivo e la conferma che è necessaria la sostituzione si ottiene quando il malfunzionamento persiste anche dopo aver pulito il vetro a mano e accuratamente, e aver deterso e sgrassato al meglio la gomma delle spazzole con spugna e sapone neutro. Ci sono casi, tuttavia, in cui le spazzole funzionano a dovere sino al momento in cui il sottile

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profilo a contatto con il cristallo cede improvvisamente distaccandosi per un tratto più o meno lungo, vanificando l’azione del tergivetro. l Il ripristino della funzionalità si può ottenere con la sostituzione integrale delle spazzole oppure, nel caso delle più comuni automobili, con la sostituzione dei soli pattini di gomma, operazione assai più economica, ma che richiede pazienza e un po’ più di tempo della prima. l Per garantire una buona durata alle nostre spazzole tergicristallo è molto importante anche la composizione del liquido lavavetri: usiamo sempre un prodotto specifico nelle proporzioni indicate sulle confezioni, oppure una semplice miscela di acqua e alcool denaturato (4 parti di acqua e 1 di alcool). n


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LA SPAZZOLA 1. Alziamo il braccio del tergicristallo e incliniamo la spazzola fino a formare una T con il braccio stesso. A questo punto, facciamo leva sui ganci che tengono la spazzola fissata al braccio metallico. In questa fase bisogna fare attenzione per individuare il meccanismo di sgancio, diverso da auto ad auto. Nella maggior parte dei casi c’è un levetta o una protuberanza da premere per disattivare un sottosquadro di tenuta (indicato dalla freccia). 2. Tiriamo verso il basso la spazzola vecchia, in modo da farla fuoriuscire dalla sede a “U” del braccio metallico. Ora che il braccetto è libero, all’estremità dell’uncino si vede bene il foro quadrato in cui trova incastro il sottosquadro della spazzola. Ripetiamo la stessa operazione anche per l’altra spazzola. 3. La nuova spazzola va inserita nel braccio nello stesso modo in cui era inserita quella vecchia e, sempre mantenendo la posizione, spingiamo nella sede a “U” il suo attacco fino a farlo agganciare. 4. Le spazzole nuove hanno bisogno di un breve periodo di “adattamento”: è bene azionarle anticipatamente, per qualche minuto, bagnando il vetro preventivamente con il liquido lavavetri. Ideale è fare questo piccolo “rodaggio” con il vetro pulito, in modo che il nuovo profilo di gomma trovi una superficie sgrassata e senza incrostazioni di sporco e moscerini.

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IL PATTINO DI GOMMA 1. Smontiamo la spazzola del tergicristallo come se dovessimo provvedere alla sua sostituzione. L’operazione potrebbe non essere necessaria, consigliamo di rimuoverla solo per poter lavorare più comodamente, data la posizione del tergicristallo. Abbiamo già detto che i sistemi di fissaggio sono diversi da auto ad auto; in questo caso c’è una clip di bloccaggio collocata sul corpo centrale della spazzola. 2. Il pattino di gomma è tenuto in posizione da piccole ganasce metalliche, solitamente quattro, distribuite lungo la spazzola: due alle estremità e altre due più all’interno. Il pattino, inoltre, ha due anime laterali di metallo acciaioso che aiutano la gomma a rimanere flessibile, ma rigida nell’assecondare la curvatura del cristallo. Per liberare il pattino dal guscio della spazzola, bisogna sfilarlo delicatamente dall’estremità superiore, premendo lateralmente le due anime d’acciaio. Non forziamo esageratamente, possiamo eventualmente aiutarci con acqua saponata, che facilita lo scorrimento. 3. Le due anime di metallo, inserite nelle apposite scanalature laterali del pattino di gomma, vanno rimosse per essere inserite in quello nuovo. Nel farlo si osservi come sono orientate le due piccole tacche all’estremità di ogni anima, per poterle rimettere subito nel modo corretto sul pezzo nuovo. 4. L’inserimento del nuovo “sandwich” di anime metalliche e pattino di gomma va fatto dal lato da cui è stato estratto precedentemente, facendolo scorrere all’interno delle ganasce guida del tergicristallo. Anche in questo caso, se si fatica a far procedere l’inserimento, si può lubrificare la gomma con acqua saponata. Solitamente i pattini nuovi universali risultano più lunghi di quelli originali; si può provvedere all’accorciamento anche in questo momento, tagliando via quello che cresce con un paio di forbici, ovviamente all’estremità interna della spazzola, dove la gomma supera in lunghezza le anime laterali.


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progetti far da sé

A B L’ufficio

in casa

Lavorare al computer tra le mura domestiche è una situazione sempre più diffusa, però occorre attrezzare un angolo o un mobile in modo che tutto ciò che riguarda questo lato della nostra vita resti ordinato e raccolto. Proponiamo quattro soluzioni di facile realizzazione e di aspetto piacevole

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È una scrivania su ruote per poterla spostare agevolmente, ottenuta assemblando con un largo piano di lavoro due pensili recuperati. I ripiani dei mobiletti, che possono essere lasciati a giorno o chiusi dalle loro ante, sono molto utili per riporre libri, documenti, materiale di cancelleria o elettronico. Una cerniera a metro fissata a uno dei pensili rende il piano centrale ribaltabile (si blocca sul secondo mobiletto con due spine di legno); due top aggiuntivi sui pensili, dello stesso spessore del piano ribaltabile, permettono di dare continuità alla zona di lavoro eliminando ogni dislivello.

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C B

Una vecchia scrivania con tre cassettini, davvero malconcia, viene rimessa a nuovo con una energica carteggiatura e con alcune mani di pittura. Il paravento a tre ante è velocissimo da costruire (bastano sei cerniere per unire i tre pannelli di MDF). Qui importante è la decorazione che dà unità ai due elementi grazie al nero di fondo, alla pittura dorata usata per i bordi e per i decori a tampone. Sui pannelli si può usare la speciale pittura magnetica o quella che trasforma la superficie in una lavagna per tenere documenti in evidenza o prendere appunti volanti. Un ingegnoso sistema basato sulla costruzioni di tanti moduli in truciolare bilaminato (alti 340, larghi 300 e spessi 65 mm) consente di modificare l’arredo di casa in modo funzionale e, in particolare, di ottenere due ampie scrivanie con diversa configurazione. I moduli, aperti in alto e in basso, fanno da sostegno a piani intermedi e superiori: alle estremità di questi ultimi si fissano i listelli di legno che, inseriti nell’apertiura dei moduli, collegano in modo stabile tutta la costruzione. Quattro barre dentate, ancorate a muro con tasselli a espansione inseriti nel dente, fanno da montanti che sostengono alcuni ripiani e un ampio piano di lavoro. I ripiani, mensole che si incastrano perfettamente nei denti delle barre verticali, possono essere spostati a piacere all’altezza desiderata. Il piano di lavoro dai bordi anteriori arrotondati si regge su incastri a mezzo legno che agiscono sui montanti, ma ha bisogno di una robusta gamba fissata con l’apposito supporto nella parte sporgente della penisola. n

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L’ufficio in casa

A SCRIVANIA BIMODULARE

TOP AGGIUNTIVO DI BILAMINATO DA 15 MM

PIANO RIBALTABILE DI BILAMINATO DA 15 MM

Due mobiletti pensili da cucina diventano una comoda scrivania, non priva di un certo stile oppure, all’occorrenza, due pratici scaffaletti mobili grazie alle ruote piroettanti. Dopo aver dotato i due pensili di un piano supplementare di bilaminato fissato sul piano superiore, si applica sul bordo posteriore di uno di essi un pannello di truciolare bilaminato mediante cerniera a metro, in modo che si possa aprire e chiudere. Questo pannello costituisce il piano della scrivania e si incastra in spine di legno collocate su un secondo pensile, formando una scrivania. I due mobiletti hanno anche vita “a sé”: grazie alle ruote piroettanti possono essere affiancati per ottenere un comodo mobile-libreria. Ad uno dei due pensili possono essere asportate le ante per disporre di uno scaffaletto “a giorno”.

TOP AGGIUNTIVO DI BILAMINATO DA 15 MM

CERNIERA A METRO

MOBILETTO PENSILE

RUOTE PIROETTANTI Ø 50 MM SPINA Ø 8 MM MOBILETTO PENSILE

MOBILETTO PENSILE

COSA OCCORRE Due pensili da cucina recuperati; truciolare bilaminato da 15 mm; 8 ruote piroettanti Ø 50 mm; bordo melamminico; colla di montaggio per legno; pistola per estrusione; cerniera a metro; viti; spine di legno Ø 8 mm.

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BORDINO, CERNIERA A METRO E RUOTINE 1. Asportiamo da un pensile le ante e le cerniere metalliche. Utilizziamo un avvitatore a batteria per facilitare e velocizzare l’operazione. 2. Rivestiamo tutti i pezzi di truciolare bilaminato con bordino melamminico. Utilizziamo il ferro da stiro interponendo un pezzo di tessuto tra il pannello e il bordo. 3. Asportiamo le eccedenze di bordo melamminico utilizzando l’apposito rifilatore. Rifiniamo con una lima lavorando dall’esterno verso l’interno. 4. Stendiamo sul bordo superiore dei mobiletti alcuni cordoni di colla di montaggio, estrusa mediante l’utilizzo dell’apposita pistola. Fissiamo un pannello di truciolare bilaminato sul piano superiore dei mobiletti mantenendoli in posizione con alcuni pesi per almeno 24 ore. 5. Completiamo il fissaggio dei top aggiuntivi inserendo 4 viti nel ripiano superiore dei pensili (applicandole dall’interno). 6. Dopo aver rilevato la misura della larghezza dei mobiletti, tagliamo la cerniera a metro utilizzando un seghetto per metalli. 7. Fissiamo con viti la cerniera a metro, unendo il mobiletto al

pannello mobile di laminato che fungerà da piano per la scrivania. 8. Sotto la base di entrambi i moduli fissiamo, con viti, quattro ruote piroettanti che hanno la funzione di renderli facilmente spostabili. 9. Utilizzando il trapano munito di fermo di profondità, pratichiamo due fori ciechi sul bilaminato. Serviranno da sede per il fissaggio del piano. 10. Riportiamo l’esatta posizione dei fori sull’altro mobiletto pensile utilizzando i marcatori. 11. Procediamo con l’inserimento delle spine di legno e verifichiamo se il piano-scrivania si blocca in maniera corretta su di esse. 12. Ecco il nostro mobile-scrivania una volta completato: il pannello di truciolare bilaminato, unito con cerniera a metro al modulo di sinistra, si blocca nelle spine presenti sul bordo superiore di quello di destra. Con un solo movimento possiamo passare da scrivania a mobile da parete; il ripiano rimane ripiegato sul dorso del modulo a cui è incernierato.

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L’ufficio in casa

B UFFICIO DI RECUPERO Se non abbiamo una stanza da adibire a studio, possiamo ugualmente ritagliarci uno spazio attrezzato con mobili di recupero per la cui costruzione servono: 3 pannelli di MDF 15x500x1600 mm; 6 cerniere; carta vetrata; nastro per mascheratura; tampone decorativo; fondo e smalto; scatolette di cartone; biadesivo MilleChiodi.

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LAVORO DECORATIVO 1. Asportiamo la vecchia finitura con carta vetrata: per le grandi superfici piane occorre un tampone, meglio ancora una levigatrice orbitale. 2. Eliminato lo spolvero con uno straccio appena umido e, appena asciutta la superficie, stendiamo una mano di fondo per favorire l’adesione della finitura. 3. Tutte le superfici in vista vanno smaltate, utilizzando il rullo sulle parti piane per un risultato uniforme e ricorrendo al pennello per gli spazi ridotti. 4. Ripetiamo con le stesse modalità le operazioni di preparazione e finitura anche sui pannelli. 5. Quando lo smalto è asciutto, mascheriamo il perimetro sulle due facce di ogni pannello, lasciando scoperto il bordo. 6. Stendiamo il colore acrilico oro sui bordi con il rullo, per coprire in modo uniforme con una sola passata. 7. Sovrapponiamo due pannelli e tracciamo la posizione delle tre cerniere: le altre vanno sul lato opposto per collegare l’altro pannello. 8. Fissiamo le cerniere con le viti in dotazione e, sovrapposto il restante pannello, segniamo sul lato libero del secondo e su quello del terzo la posizione delle altre tre cerniere che fissiamo con le viti completando così la costruzione del paravento. 9. Dopo aver decorato i pannelli, applichiamo le scatolette colorate nello stesso modo con il biadesivo MilleChiodi, nella posizione preferita. 10. Con l’aiuto di una squadra, delimitiamo con il nastro per mascheratura una porzione di pannello, a un’altezza opportuna rispetto a quella della scrivania. 11. Applichiamo la pittura magnetica lasciando asciugare bene tra una mano e l’altra, poi rimuoviamo le strisce di nastro. 12. I tamponi decorativi di spugna li possiamo acquistare nei negozi di colori o nel reparto decorazione dei centri fai da te. Esistono in svariate forme e dimensioni: alcuni soggetti, per esempio quelli che riproducono sagome di animali, possono essere completati a mano dopo l’applicazione disegnando occhi e altri particolari del muso e del manto. Quando lo smalto di fondo è completamente asciutto, versiamo in un piatto di carta una quantità modesta di colore acrilico (in questo caso oro, che risalta bene su fondo nero); spandiamolo in modo da non avere uno spessore eccessivo e appoggiamo il tampone alcune volte, per sporcarlo in modo uniforme. Tamponiamo prima un paio di volte su un cartoncino per eliminare l’eccesso, poi decoriamo la sedia, il paravento e la scrivania senza esagerare nella ripetizione del decoro.

DUE PRODOTTI SPECIALI Le pitture magnetiche contengono particolari pigmenti metallici, grazie ai quali è possibile magnetizzare una superficie. Il prodotto va mescolato per bene prima e durante l’uso, in quanto i pigmenti tendono a depositarsi sul fondo del barattolo; queste pitture vanno applicate in almeno tre mani per ottenere un effetto magnetico sufficiente a mantenere aderenti piccoli particolari metallici. Su questa finitura può anche esser sovrapposta la pittura lavagna, che permette di scrivere con gessetti e cancellare con un panno.

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L’ufficio in casa

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ANGOLO UFFICIO SU MODULI

C’è chi è abituato a sistemare un mobile in un posto e lasciarcelo per molto tempo, c’è chi invece, ogni tanto, sente il bisogno di stravolgere la fisionomia della propria casa spostando o comprando mobili nuovi. Con un sistema modulare tutto diventa più facile: basta smontare i mobili e riassemblarli con una forma diversa. Ci ispiriamo, sia pure alla larga, alla tecnica del Lego, il più flessibile dei giochi di costruzione. Tutti i mobili illustrati, sono realizzati con moduli verticali, identici fra loro, e piani orizzontali delle dimensioni più varie, ma di larghezza non inferiore a quella dei moduli. Le pareti che costituiscono i moduli possono essere di truciolare

bilaminato, MDF, multistrato di faggio o listellare di pioppo. Il loro spessore non deve essere inferiore a 10 mm. I moduli sono aperti in alto e in basso (ed eccoci alla similitudine con il Lego). Nelle due aperture, infatti, si incastrano altrettanti tacchi sporgenti dai ripiani orizzontali. I tacchi sono in legno duro in listelli di 40x45x260 mm, avvitati o inchiodati ai ripiani, su entrambe le facce in quelli intermedi, solo su quella inferiore per i piani di appoggio e di lavoro. Possiamo così sfruttare lo spazio in modo innovativo modificando in un “attimo” l’arredo di casa, ma soprattutto adattando la struttura dell’ufficio casalingo alle nostre specifiche esigenze di lavoro di quel momento.

LE CONFIGURAZIONI 1. Nel disegno è visibile la struttura modulare dell’angolo ufficio costituito da una scrivania per computer con piano intermedio. I piani sono in truciolare bilaminato dello spessore di 25 mm e sono sagomati in modo diverso. Quello superiore presenta un incavo a triangolo che permette a chi sta seduto di “entrare” nella scrivania per operare al computer. Quello intermedio è a forma di U. Tutti i collegamenti sono effettuati per incastro dei moduli nei “tacchi” dei piani. L’unica difficoltà consiste nell’unire ad angolo i due moduli delle gambe posteriori: il problema si può risolvere con viti da truciolare inserite di sbieco, ma più robusta sarebbe l’unione con viti 5x35 mm con dadi, che però prevede l’apertura di due coppie di fori, esattamente coincidenti, una nel listello e l’altra nella parete dei moduli da unire. 2. Ancora più semplice è la realizzazione di una doppia scrivania, formata da due strutture uguali e speculari, semplicemente accostate. Si ottiene, con questo sistema, una comoda scrivania a due posti che può scindersi in due scrivanie angolari. Anche in questa versione un piano intermedio permette la sovrapposizione di due moduli. La loro altezza (340 mm) consente, sovrapponendone due con interposto un ripiano e sormontando il tutto con il piano di lavoro, di raggiungere l’altezza di 730 mm, comoda per lavorare al PC o per scrivere. La larghezza dei ripiani dev’essere almeno pari a quella dei moduli, per coprirne l’apertura superiore.

PIANO SUPERIORE SAGOMATO IN BILAMINATO DA 25 MM

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PIANO INTERMEDIO SAGOMATO IN BILAMINATO DA 25 MM

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RIPIANO

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LISTELLI DI COLLEGAMENTO 20X45X340 MM INCOLLATI

MODULO DI BASE 340X300X65 MM

RIPIANO LISTELLI DI COLLEGAMENTO 20X45X260 MM AVVITATI

Ogni modulo è composto da quattro pezzi: due facce rettangolari in truciolare bilaminato da 340x300 mm, spesse 10 mm e due listelli di spalla sezione 20x45x340 mm. L’unione richiede solo colla vinilica (e nastro di carta adesivo per l’assemblaggio). 1. Sgrassiamo la zona di contatto per favorire la presa della colla vinilica. 2. Incolliamo i listelli di costa, a filo dei lati lunghi dei pannelli; sui lati corti applichiamo nastro adesivo di carta. 3. Il nastro si gira sotto la parete incollata in modo da bloccare provvisoriamente il modulo. 4. Applichiamo sui lati lunghi tre o quattro pezzi di nastro che mantengono il tutto ben saldo.


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L’ufficio in casa INCASTRO MEZZO LEGNO

TASSELLO

TASSELLO

RIPIANO MDF DA 19 MM MONTANTE INCAVI FISSAGGIO RIPIANI

SUPPORTO GAMBA

PIANO A PENISOLA DA 19 MM

MONTANTE SAGOMATO DI ABETE 38X100X2000 MM

GAMBA DA TAVOLO REGOLABILE

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UFFICIO SU BARRE DENTATE MODULABILI 1

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Una scaffalatura elegante nella sua essenzialità, facilmente modificabile e che comprende un piano-scrittoio: una tecnica molto semplice la rende alla portata di tutti. La costruzione consiste nel preparare una coppia di montanti “dentati” sui quali sia possibile spostare a piacimento i ripiani in modo da ottenere diverse configurazioni possibili. Gli elementi verticali e quelli orizzontali della scaffalatura sono incastrati fra loro a mezzo legno. Usiamo lamellare da 38 mm per i montanti e MDF da 19 mm per i ripiani. I montanti si possono anche realizzare in massello usando faggio, frassino o betulla; sono “dentellati” con modularità uniforme (interasse di 186 mm) che lascia 170 mm di spazio fra due ripiani successivi. Queste misure ovviamente sono variabili a piacimento e a seconda delle esigenze personali. Valutiamo con attenzione profondità e larghezza degli incastri: nei montanti la prima dev’essere metà della larghezza, la seconda dev’essere identica allo spessore dei ripiani che debbono entrare senza il minimo gioco. Nei ripiani e nel tavolo la profondità sarà uguale, ma la larghezza deve corrispondere allo spessore del montante. I ripiani sono facilmente spostabili in una nuova posizione ogni qual volta si desideri o si debba cambiarli per accettare oggetti più o meno alti. Materiale. Servono: 4 montanti in lamellare 38x100x2000 mm; ripiani in MDF da 19 mm (4 da 230x800 mm, 2 da 230x600 mm; 1da 600x800 mm, scrittoio); 1 gamba per tavolo con attacco a piastra; 8 tasselli Fischer N6/80; viti per fissare l’attacco della gamba; turapori; vernice di fondo e smalto. La costruzione dei montanti esige una buona precisione, per cui possiamo affidarla a un falegname che li realizzi in serie con una sega circolare. Bisogna comunque effettuare un’accurata tracciatura della posizione degli incastri, per mezzo di due dime, una larga quanto la distanza minima fra i ripiani (170 mm) e l’altra quanto il loro spessore. Il taglio delle sedi va fatto con i montanti ben stretti assieme, così da garantire l’esatto allineamento. Il lavoro si completa con scalpello (1) e raspa (2) per lisciare le pareti interne.


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ANGOLI ARROTONDATI E DENTI SUI MONTANTI 1. Per arrotondare gli angoli anteriori dei ripiani, tracciamo una linea guida sull’MDF utilizzando come dima un disco di cartone del diametro opportuno. Utilizziamo una matita da falegname. 2. Con il seghetto alternativo, tagliamo gli angoli seguendo la linea precedentemente tracciata. Utilizziamo una lama stretta per seguire facilmente la curva. 3. Anche gli incastri dei ripiani si sagomano con l’alternativo. Per non indebolire troppo il margine dei ripiani, il dente esterno dell’incastro dev’essere largo almeno quanto lo spessore del montante. 4. Avvitiamo il supporto della gamba da tavolo al pannello 600x800 (che funge da scrittoio) usando viti da legno. 5. La finitura dello scaffale richiede due passate di impregnante e una di fondo su tutti i pezzi. Infine applichiamo smalto argento per montanti e gamba e smalto blu per tutti i ripiani. 6. I montanti si fissano con tasselli a vite. Fissato a piombo il primo, gli altri si montano usando come dime gli stessi ripiani, almeno uno in alto e uno in basso. Durante le fasi di lavorazione verifichiamo che sia tutto in bolla. Per mezzo dei montanti dotati di opportune scanalature possiamo spostare i ripiani da un livello a un altro. Èmolto importante che i montanti siano esattamente a piombo e con un interasse identico a quello degli incastri dei ripiani.

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progetti far da sĂŠ

Culla da passeggio Un veicolo da spiaggia per il nipotino che risulta veramente ecosostenibile e riciclabile, oltre che pratico e sicuro: volendo tutti i pezzi potranno in futuro essere recuperati per altri lavori, ma intanto il piccolo sta comodo, va a spasso e si diverte

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bambini nella culla o nella carrozzina ci stanno nei primi mesi di età, ma quello che si vede nella foto ha già superato questa fase: dunque perché non metterlo nel passeggino? l Un motivo c’è: il nipotino di Fabrizio Uliana il passeggino ce l’ha, ma quando si tratta di portarlo in spiaggia, a meno di disporre di un modello “cross”, procedere sulla sabbia (e, magari, per arrivarci c’è anche un tratto sterrato) diventa impossibile: si finisce per portare a braccia pargolo da una parte e passeggino dall’altra, oltre a borse con giochi, creme e cambi di pannolino. l Ecco quindi la richiesta del figlio, padre del bambino, di avere un mezzo consono allo scopo: ha le fattezze di una culla, ma in realtà è un carrettino con grandi ruote per muoversi agevolmen-

te anche su sabbia e fondi sconnessi, un comodo timone anteriore (tirare è più facile che spingere, in tali condizioni), pareti abbastanza alte da offrire sicurezza al viaggiatore e, pur avendo dimensioni contenute, ci può stare anche la borsa con tutto il necessario. l Il carretto è assemblato interamente con viti, bulloni e sistemi di montaggio a secco: l’unico utilizzo della colla riguarda i listelli che formano le guide di testiera e pediera, per cui è possibile smontarlo o apportare modifiche in qualsiasi momento, a seconda delle esigenze. l Quando, tra non molto, il bimbo sarà in grado di camminare, il carretto potrà essere comunque utile per i lavori in giardino o... per il gatto di casa, che sembra molto interessato. n

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RUOTE STERZANTI E RUOTE FISSE 1. Particolare del fissaggio asse-ruota: l’asse è ricavato da un tubo d’acciaio Ø 20 mm fissato al supporto con bulloni a testa tonda M6x65 mm. L’insieme è costituito da copiglia, rondella ruota gommata Ø 260 mm e altra rondella. 2. Il timone è ottenuto da un manico di scopa, come pure l’impugnatura formata da 2 pezzi collegati al timone tramite una lunga spina di legno che attraversa il bastone e penetra nei due elementi dell’impugnatura. In basso, il bastone è attraversato da un bullone a testa tonda tramite un foro poco più grande del suo diametro, in modo che il lasco permetta di poterlo inclinare in avanti per la trazione o appoggiarlo alla pediera della

culla in posizione di stazionamento. Un secondo bullone che attraversa un distanziale di alluminio serve per irrobustire la parte terminale del supporto in piattina da 2x20 mm. 3. Il supporto del timone è collegato al semiasse inferiore, in grado di ruotare liberamente rispetto a quello superiore, fissato al fondo della culla: il sistema è descritto nei particolari nelle pagine seguenti. 4. L’asse posteriore, fisso, è completato da un rinforzo a saetta fissato al fondo in posizione avanzata, sempre in piattina. Si notano anche le asole aperte nel fondo per far passare gli spezzoni di piattina che lo legano ai fianchi.

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COSA OCCORRE Multistrato da 20 mm: un fondo 450x840 mm; due fianchi 270x820 mm; due pezzi trapezoidali (testiera e pediera) con base 350 mm, larghezza massima 440 mm, altezza massima 320 mm; listelli guida per testiera e pediera Legno massello spessore 50 mm: due supporti assi da ricavare da due pezzi 330x150 mm Ferramenta: tubo acciaio Ø 20 mm; bulloni a testa tonda e quadro sottotesta M6x35-M6x65 mm con dadi e rondelle; piattina acciaio 2x20 mm; 2 rondelle Ø 50/15 mm; 4 ruote Ø 260 mm complete di copiglie e 8 rondelle Ø 50/25 mm; bullone M12x160 mm con dado e rondella.

SUPPORTI ASSI

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PANNELLI BISELLATI E ACCURATAMENTE SMUSSATI 1. I blocchetti di legno massello vengono sagomati lateralmente asportando due dischi di legno con una sega a tazza Ø 100 mm: la lama sfiora il profilo esterno. 2. Il taglio si completa con la sega a nastro, asportando la parte dei cerchi più esterna per ottenere due forme ad arco. 3. Il bordo inferiore dei fianchi va bisellato in modo che, collocandoli sul fondo con una rientranza di circa 30 mm, rimangano inclinati verso l’esterno senza sporgere, in alto, più del fondo. 4. L’asse anteriore si divide in senso longitudinale per ottenere due pezzi uguali dopo aver realizzato, al centro dello spessore, un foro centrale passante Ø 15 mm nel quale va inserito, lasco, un bullone Ø 12x160 mm di collegamento. I due pezzi, azionando lo sterzo, sfregherebbero uno sull’altro: per questo attorno al foro si fissano due grandi rondelle.

5. Ecco il montaggio dei due semiassi: uno è fissato al fondo con bulloni Ø 6x65 mm mentre l’altro è libero di ruotare. Su quello inferiore (qui in alto) si realizza la scanalatura di parziale contenimento per l’asse delle ruote; tra le due rondelle viste prima si spalma un poco di grasso per ridurre l’attrito. 6-7-8. Nelle strisce di piattina che legano i fianchi al fondo si aprono i fori per il passaggio dei bulloni, poi si piegano a mano in morsa con la corretta inclinazione... 9. ... e si inseriscono nelle asole, fissandole al fondo. 10-11. Le teste dei bulloni si trovano tutte sui lati interni, per evitare che il bambino possa ferirsi. Ovviamente tutti i profili dei componenti in legno vanno smussati (non solo per estetica) compresi quelli dei listelli che, a coppie, formano le guide in cui inserire la testiera e la pediera, abbellite con un foro realizzato con sega a tazza.

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Avvolgibile e motore in kit per tapparelle Non serve essere professionisti per installare i dispositivi che permettono di alzare e abbassare le tapparelle senza fatica, eliminando il cintino, tramite un motore elettrico che può essere azionato a pulsante o con un telecomando a onde radio FAR DA SÉ 46 10-2015


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COMPONENTI DEL MOTORE 1. I due rulli schiacciati permettono di estendere il rullo liscio quando la larghezza tra i due supporti della tapparella è superiore a 100 cm; si aggiunge prima quello sul lato calotta e, se non basta, anche quello sul lato motore. 2. Il rullo liscio da solo è sufficiente per misure comprese tra 70-100 cm e va tagliato a una misura inferiore di 3 cm rispetto a quella rilevata tra i supporti. 3. Oltre al gruppo motore, una prima parte di componenti consiste in supporto da tassellare o saldare, supporto registrabile con bullone, dadi, copiglie, fermo, corona contagiri, puleggia a stella per rullo schiacciato, puleggia su motore e astina di regolazione della finecorsa. 4. Altri componenti: calotta, ganci a filo zincato per fissaggio del cintino al rullo, 3 pezzi di cintino da fissare al rullo.

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ono tante le cose che ci possono semplificare la vita, purtroppo alcune richiedono modifiche importanti dell’esistente e l’intervento di un professionista, specialmente se la nuova installazione deve essere certificata. Per passare dall’azionamento manuale delle tapparelle a quello motorizzato non è così: anche un far da sé agli inizi può riuscirci senza particolari problemi grazie a un kit completo che si adatta a ogni larghezza dell’avvolgibile. l L’automatismo può essere installato su tapparelle nuove o esistenti: si tratta di rimuovere il vecchio rullo attorno al quale si avvolge la tapparella e sostituirlo con quello fornito insieme al kit, adattabile a tutte le larghezze tra 70 e 230 cm, entro il quale va inserito il motore tubolare. Questo è provvisto di cavo di alimentazione da collegare a un allacciamento elettrico, unica predisposizione per la quale può rendersi necessario l’intervento di un elettricista. l Il cintino che scorre esternamente sul muro a lato dell’infisso viene eliminato e, al posto dell’avvolgitore a molla, si può installare un pulsante elettrico per comandare manualmente la salita o la discesa della tapparella; per una maggiore comodità l’azionamento può essere effettuato anche tramite telecomando. n

COMPONENTI DELL’AVVOLGIBILE Anche la tapparella può essere acquistata in kit ed è realizzata in PVC con stecche autoaggancianti a doppia parete e intersezioni di irrigidimento interne; il profilo dispone di un fermo laterale antisfilamento che serve a bloccare le stecche. Normalmente, per larghezze particolari, è consigliato l’utilizzo di rinforzi in ferro ad H. Il kit contiene 25 profili avvolgibili (1), un terminale in PVC (2), un profilo avvolgibile con cinghia di attacco al rullo (3) e due tappi d’arresto (4).

PRIMA OPERAZIONE: SMONTAGGIO 1 La tapparella va abbassata fino al massimo della sua discesa, quindi si rimuove il coperchio frontale che chiude il cassettone e si asportano le viti di bloccaggio dei tre pezzi di cintino che collegano le stecche al rullo (1). Qualora si debba installare solo il meccanismo si può smontare il vecchio rullo ed eliminare il cintino di sollevamento; se invece anche la tapparella va sostituita, prima di abbassarla bisogna rimuovere i due tappi di finecorsa avvitati esternamente alla stecca più bassa, in modo che l’intero nastro di stecche possa essere sfilato dall’alto (2) prima di smontare il rullo.

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IL MONTAGGIO DEI COMPONENTI 1. Si inserisce la corona contagiri nel motore tubolare. 2. Si fa scorrere la corona contagiri fino all’estremità opposta del motore. 3. Dallo stesso lato dal quale si è inserita la corona si inserisce la puleggia sul perno del motore. 4-5. Si monta il fermo sul perno del motore e lo si fa ruotare per il fissaggio della puleggia. 6. A seconda delle esigenze, si aggancia il supporto standard da tassellare o saldare al lato in cui è collocata la corona contagiri. 7. Sempre in base alle esigenze, si aggancia il supporto registrabile con bullone al lato in cui è collocata la corona contagiri.

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8. Si compone il rullo telescopico in funzione della larghezza. Con il kit vengono forniti un rullo liscio e due rulli schiacciati (uno lato calotta e uno lato motore): si può utilizzare soltanto il primo (distanza tra i supporti della tapparella 70-100 cm), aggiungere quello lato motore (101-150 cm) o tutti e tre (151-230 cm. 9. Nell’estendere il tubo con i rulli schiacciati bisogna fare attenzione a non oltrepassare il limite di sicurezza indicato dalla freccia rossa. 10. Si avvitano i componenti del rullo assemblati in precedenza. 11. Si inserisce il motore tubolare all’interno del rullo. 12. Si spinge il motore fino all’estremità opposta e si regola la finecorsa con l’apposita astina in dotazione.


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ABC DEL FAR DA SÉ

Ripristinare L’IMPIALLACCIATURA

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foto: Crippa impiallacciature e tranciati - www.crippasnc.it

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L’impiallacciatura, fra le tecniche “classiche” di lavorazione del legno, è una delle più recenti, in quanto risale soltanto al periodo rinascimentale. Si tratta di rendere più prezioso un mobile o un manufatto costruiti con legno economico, rivestendoli con un sottilissimo strato (piallaccio) di legno nobile e pregiato. Ovviamente questa pratica aggiunge un elemento di criticità al manufatto che, in caso di urti, diviene più difficile da riparare e, con il tempo, risente di microfessurazioni e distacchi parziali. Un oggetto solido e pesante che colpisce una superficie impiallacciata può farne saltare via un pezzo, lasciando un segno molto più evidente rispetto al caso di un mobile in legno massello. A parte la maggiore evidenza, se nel caso del massello si può risolvere velocemente con un un po’ di pasta di legno (se il danno è lieve e superficiale) oppure con sistemi più impegnativi, ma che al termine lasciano una riparazione che quasi non si vede, nel caso del mobile impiallacciato l’intervento richede di ripristinare perfettamente il legno sottostante (se ammaccato) e fare un ritaglio più ampio della parte rovinata di piallaccio per sostitituirla con un pezzo nuovo. La difficoltà in questo caso sta nella necessità di reperire un pezzo di nuovo piallac-


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cio che sia non solo della stessa essenza, ma anche con simile fibratura, onde poter camuffare al meglio la pezza aggiunta. Ovviamente le cose non sono sempre così difficili; spesso l’eventuale danno è in posizione “felice”, ovvero cade in un punto poco visibile, oppure in uno che permette la sostituzione del foglio intero, specialmente quando copre una superficie piccola e che si differenzia in qualche modo da quelle limitrofe. Altro caso semplice è quando si distacca il bordo di una piano, ovvero la fettuccia di piallaccio che riveste il profilo del top di un mobile o di un tavolo. In questo caso, pur dovendo mantenere la medesima essenza, si riesce a sostituire l’intero profilo senza che si notino incongruenze. I casi difficili, invece, sono quelli in cui il piallaccio è di radica di un’essenza. La radica ha la peculiarità di essere praticamente irripetibile, quindi è quasi impossibile riuscire a fare una piccola riparazione senza evidenza dell’inserto aggiunto. E, sempre per gli stessi motivi, anche la sostituzione del bordino di rivestimento del piano risulta ardua. Altro elemento che complica un po’ le cose, nel caso delle riparazioni del piallaccio di un mobile, è la finitura. Soprattutto nel caso di mobili antichi ci vuole un po’ di mestiere per riuscire a dare all’inserto della riparazione la patina che nel tempo ha assunto la superficie adiacente.

1.

Quando l’impiallacciatura è rovinata in più punti e ci sono evidenti segni di distacco con i tipici sollevamenti lungo le crepe, non resta che la rimozione totale della parte danneggiata, ovvero l’intero foglio che copre la superficie in questione. Scaldando la parte con un ferro da stiro si agevola il distacco.

2.

Il calore del ferro ammorbidisce momentaneamente la colla, ma l’unione è ancora resistente; il piallaccio solitamente viene via a pezzi, incalzandolo da sotto con uno scalpello medio, messo di piatto, rivolto in modo da inserirsi sotto e sollevare il foglio verso l’alto.

3.

Tolto tutto il rivestimento, bisogna rimuovere l’adesivo rimasto; il grosso si toglie con sistemi meccanici, stando attenti a non rovinare la superficie del legno, poi si finisce con solventi per pulirla completamente e predisporla ad accettare il nuovo adesivo.

4.

Nel caso di piccole riparazioni, una volta reperito il piallaccio che fa al caso nostro (stessa essenza, massima similitudine della fibratura), va posizionato sulla zona della riparazione e orientato con la fibratura nel modo corretto (che segua quella sottostante), centrandolo, se possibile, in modo che ci sia corrispondenza di linee. Con il foglio tenuto ben fermo, si ritaglia la pezza con un cutter incidendo anche il piallaccio originale. Così si può rimuovere la parte attorno all’ammaccatura con perfetta coincidenza della pezza.

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5.

Rivestire i bordi. L’applicazione sui bordi di nastri preincollati, da attivare con il calore, rientra nella pratica dell’impiallacciatura, anche se i “puristi” fanno una distinzione a seconda che il supporto applicato sia vero legno o un nastro di materia plastica stampata. Il piallaccio deve essere più largo della superficie da coprire. Lo si applica iniziando da un’estremità del profilo, lasciando un po’ di abbondanza prima dell’angolo d’attacco. Tenendolo in posizione, con il ferro da stiro caldo, si attiva l’adesivo nel primo tratto; la tenuta è pressoché immediata, quindi si procede abbastanza velocemente, stendendo e attivando la colla, pezzo per pezzo. Al termine si elimina ciò che cresce alle estremità e di lato, passando la lama del cutter a filo piano.

5.

Gli adesivi usati per l’applicazione del piallaccio sono tanti: molti usano la comune colla vinilica, altri la colla ureica applicata con varie tecniche. La stesura deve essere molto uniforme, ma non abbondante, soprattutto nelle superfici medio-grandi, in modo da non provocare un’eccedenza di adesivo, nello spessore, difficile da far uscire di lato.

6.

Una tecnica usata da molti è quella di stendere colla vinilica e lasciarla asciugare. Questo permette l’applicazione precisa del piallaccio, con liberi riposizionamenti. Una volta stabilita la posizione finale, la vinilica può essere attivata con il calore del ferro da stiro.

7.

Dopo l’applicazione del piallaccio, bisogna eliminare l’adesivo in esubero. Nel caso di ampie superfici si usa un’apposita spatola, fatta di un materiale che non rovini il legno e possa scivolare liberamente sulla superficie senza trascinare il piallaccio, spostandolo.

8.

Come in tutti gli incollaggi fra legni, mettere in forte pressione i due pezzi aumenta di gran lunga la qualità del risultato, ma nell’applicazione di piallacci con adesivo vinilico è fondamentale per evitare la formazione immediata di bolle, nel caso di ampie superfici. Si suole fare un sandwich in mezzo a pannelli che possano essere stretti con morsetti, inframmezzando travetti atti a irrigidire e distribuire la pressione. Per piccoli pezzi e strisce può bastare l’applicazione di nastro adesivo, sempre che possa fare una valida presa.

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ABC DEL FAR DA SÉ

Piallacci e adesivi I piallacci preincollati. Il piallaccio preincollato agevola il lavoro perché solitamente è fornito in strisce perfettamente squadrate e l’adesivo applicato alla produzione è calibrato per le effettive necessità. Inoltre, come già detto, permette il libero posizionamento e riposizionamento, sino a quando non si decide il fissaggio definitivo attivando l’adesivo con il ferro da stiro. È disponibile in diversi spessori di cui uno dei più utilizzati è il 6/10 di mm. All’acquisto di piallacci particolarmente economici è bene controllare l’effettivo spessore del legno che potrebbe essere ridotto percentualmente rispetto all’adesivo, mantenendo il valore complessivo a livello nominale.

La colla vinilica L’adesivo più noto e utilizzato in falegnameria è la colla vinilica. Bianca, lattiginosa, simpaticamente innocua al tatto (si toglie molto facilmente se ci si è sporcati le dita), è composta da una dispersione di resine polivinil acetato (PVAc) in base acquosa. Penetra molto a fondo nelle fibre del legno dando luogo a incollaggi eccellenti, ma solo se i pezzi hanno superfici bene in contatto e sono messi in forte pressione uno contro l’altro; in questo modo l’eccedenza di adesivo viene espulsa lateralmente e si ottiene il massimo della tenacia (spesso la giunzione risulta addirittura più resistente del pezzo integro del legno stesso). Nel caso dell’impiallacciatura, si può stendere con una spatola, che permette di raschiare via il surplus con maggiore efficacia, oppure con un pennello, anch’esso molto valido, ma solo se l’adesivo è abbastanza liquido, altrimenti tende a lasciarne troppo sulla superficie.

Quando il piallaccio fa le bolle. Prima dell’applicazione del piallaccio, il sottofondo va regolarizzato perfettamente, per eliminare qualsiasi asperità. Tuttavia creano notevoli problemi anche gli eventuali affossamenti; pertanto è necessario stuccare le zone di depressione e gli eventuali fori presenti. Nel caso di formazione di bolle sulla superficie o di riparazioni di ammaccature con inserti di piallaccio, dopo le operazioni di taglio e immissione o riattivazione della colla, sulla parte va applicata una forte pressione per agevolare la massima presa. Se la parte è centrale rispetto al piano, si applica un foglio di carta cerata e sopra un tacchetto di legno su cui va a far pressione una tavola stretta con morsetti.


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progetti far da sé

Barbecue a calice I fondelli di un grosso vaso d’espansione si usano per realizzare il braciere e il suo coperchio; all’interno una spessa piastra tagliata al laser fa da griglia per la carbonella e sopra una ad anello regge la griglia di cottura; il piedistallo è cilindrico: nella parte sommitale raccoglie le ceneri in un bicchiere con manico

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opo aver preso atto del rapido degrado di un barbecue acquistato solo pochi mesi prima, Sergio Mosca ha deciso di costruirne uno con analoghe fattezze, ma strutturato per resistere veramente all’aperto, con lamiere spesse a sufficienza per non piegarsi al calore che regolarmente sviluppa la fiamma della carbonella e rifinito con smalto adatto a queste alte temperature. l Il progetto prende corpo dal braciere, fatto a forma lenticolare usando i fondelli di un grosso vaso d’espansione e da altri elementi di recupero, come il tubo a sezione rotonda con cui si realizza il gambo del piedistallo e altri pezzi del basamento. Gli unici componenti fatti fare sono due riduzioni coniche di acciaio ideali per raccordare il tubo cilindrico del gambo: una per poterlo innestare con il fondello del braciere (parte alta), l’altra per realizzare la grossa protezione inferiore che va a coprire i sei binari a raggiera, con ruote pivotanti. n

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PARTICOLARITÀ DEGLI ACCESSORI 1. Il disegno mostra il barbecue in pianta, con il coperchio alzato in posizione verticale (sulla sinistra). Al centro, il braciere è sovrastato da un disco anulare che permette la cottura alla piastra, mentre l’elemento verde a forma di semiluna è il piano d’appoggio laterale, di legno, dimensionato in modo che possa essere messo all’interno del barbecue, quando non usato, per ripararlo dal sole e dalle precipitazioni. La sua posizione di utilizzo è indicata dalla linea curva sulla destra del disegno. 2. All’interno del braciere trovano posto tre elementi fondamentali: quello a sinistra è la griglia della carbonella e al centro la piastra anulare che ha anche la funzione di sostegno del terzo elemento, ovvero la griglia di cottura. Il primo non è una vera e propria griglia, ma una spessa piastra d’acciaio (6 mm lo spessore) con una serie di fori a raggiera e a tratti concentrici, atti a concedere la necessaria aerazione dal basso ai tizzoni ardenti di carbone. Il secondo è costituito della medesima lamiera d’acciaio da 6 mm: è un disco con un ampio foro centrale e tre laterali (in realtà nell’esecuzione finale ne sono stati fatti solo due). La realizzazione di questi due elementi è stata affidata a un’officina specializzata, cui sono sono stati forniti i disegni CAD per l’esecuzione dei precisi tagli al plasma

1

COPERCHIO ALZATO

POSIZIONE RIPIANO:

INTERNA

della spessa lamiera. La griglia soprastante, invece, è fatta tutta di tondino d’acciaio inox; la parte che richiede maggior robustezza in tondino diametro 6 mm, una in tondino da 5 mm e la restante parte in tondino da 4 mm. 3. All’interno del fondello del vaso di espansione, per dare alla griglia della carbonella un appoggio che la mantenga ferma in posizione orizzontale, si saldano 3 segmenti di tubo d’acciaio. 4-5. Il diametro della griglia della carbonella (500 mm) è inferiore rispetto a quello della piastra anulare che appoggia nel punto di massima larghezza del braciere (620 mm). La misura del primo è quella che impone la sua quota rispetto all’elemento superiore e alla griglia di cottura; per questo è stata stabilita in modo da avere una giusta distanza fra i carboni ardenti e i cibi. 6. Per la griglia circolare in acciaio inox diametro 620, si calandra un tondino da 6 mm e si saldano le estremità; poi si tagliano due tondini da 5 mm da saldare in posizione equidistante dalla mezzeria del cerchio di circa 8 cm e in senso perpendicolare a questi che fungono da rinforzo, si tagliano a due a due, i tondini da 4 mm iniziando dal centro verso le estremità del cerchio, saldandoli con passo interno di 20 mm, interponendo di volta in volta lo stesso listello di legno. GRIGLIA PORTASPIEDINI DA 44 POSTI RADIALI

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ESTERNA

BRACIERE Ø 500 MM SPESSORE 6 MM

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PIASTRA ANULARE Ø 620 MM SPESSORE 6 MM

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Barbecue a calice 1

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FONDO, COPERCHIO E SOSTEGNO CON RACCOGLIPOLVERE 1. Per realizzare il braciere e il suo coperchio si tagliano via i fondelli a un vaso d’espansione; la base va privata dei piedi e della flangia, che in origine bloccava la membrana, e la si usa per il braciere poiché il foro di inserimento della membrana (da 200 mm) è perfetto per proseguire nel piedistallo e nel bicchiere raccoglicenere. La parte superiore con il piccolo foro per la valvola di gonfiaggio viene destinata al coperchio, lasciandolo di diametro leggermente superiore in modo che chiudendosi protegga perfettamente il braciere dalle intemperie, impedendo anche che vi possa entrare l’acqua piovana. 2. Entrambi i fondi vanno scrostati al loro interno e sverniciati esternamente con smerigliatrice munita di spazzola d’acciaio. 3. Per il supporto del braciere si usa un tubo da 5”, che ha diametro esterno di 140 mm e interno di 126 mm. 4. Il tubo di tali dimensioni è scelto intenzionalmente per alloggiare al suo interno un ritaglio di tubo per canna fumaria in acciaio inox di diametro esterno 125 mm con cui si realizza il bicchiere di recupero della cenere, fondellato con un disco in lamiera inox saldato con torcia TIG. 5. Il contenitore a forma di tazza viene alloggiato nella base del calice, previa apertura di una finestrella corrispondente alla esatta metà della circonferenza del tubo da 5”, con altezza di

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150 mm, e completato infine con un manico in bachelite per consentire una solida presa per la manipolazione. 6. La base del braciere deve essere necessariamente pesante e robusta per impedire che possa rovesciarsi a ogni minimo urto o soltanto per una folata di vento. Con il carico di carbonella e la griglia piena di bistecche, infatti, il baricentro del barbecue si alza molto e il coperchio aperto offre molta resistenza all’aria in movimento. Pertanto ci si affida al peso di una grossa flangia cieca da 10”, che si salda alla base del tubo cilindrico scelto come gambo del braciere. Nonostante il tubo sia stato tagliato a 90° con precisione, mentre si danno 4 punti di saldatura per immobilizzarlo, è bene verificare che l’angolo retto fra i due pezzi sia mantenuto tale. 7. Approfittando dello squadro ottenuto con il tubo di sostegno, si saldano 6 spezzoni di binario per sistemi di fissaggio, distribuendoli a raggiera in appoggio sulla superficie della flangia, disponendoli con un angolo di 60° fra l’uno e l’altro. Queste sei estensioni radiali sono robuste ed efficaci per il fissaggio di altrettante ruote pivotanti da 40 mm, con rivestimento di gomma nera. 8. Per rivestire il piede d’appoggio a sei razze, dandogli una fattezza che risulti coordinata con il guscio del braciere, si fa fare presso un’officina meccanica una riduzione a tronco di cono in


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lamiera zincata con diametro esterno di 650 mm, interno di 140 mm e con un’altezza di 120 mm; tali realizzazioni, molto difficili per un far da sé, sono di ordinaria amministrazione per chi disponga delle apposite strumentazioni. 9.Inserita sul tubo di sostegno, si porta la riduzione a sormontare tutta l’estensione dei binari radiali, poi la si completa con un monocollare a fascetta che forma una specie di minigonna. La copertura, così ben avvolgente, risolve la questione estetica coprendo la flangia, i binari e le ruote pivotanti, proteggendo anche dagli schizzi di unto queste parti che per conformazione risultano difficili e noiose da detergere. 10. Manovrando il basamento con le rotelle “per aria”, lo si calza sulla riduzione a tronco di cono necessaria a collegare il tubo da 5” (diametro 140 mm) con l’apertura da 8” (diametro 220 mm) presente sul fondo del braciere. Il fissaggio si effettua con viti autofilettanti applicate dopo aver fatto un foro passante nella riduzione e un preforo più piccolo nel tubo cilindrico. La composizione e la realizzazione della riduzione (a 2 elementi, uno fatto su commissione da un’officina specializzata e uno autocostruito) sono illustrate nella pagina seguente. La tenuta delle viti si sviluppa fra l’elemento interno della riduzione e il summenzionato tubo cilindrico.

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Barbecue a calice 1

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RIDUZIONE CON TIRAGGIO

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La riduzione con gli innesti di fissaggio è stata commissionata a un’officina, mentre il secondo componente del sistema di regolazione tiraggio, che ha semplice forma a tronco di cono senza la complicazione degli innesti, è più facilmente realizzabile in proprio. Le dimensioni vanno determinate facendo una dima di cartoncino usando come modello il pezzo già ritirato dall’officina, in modo che possa sovrapporsi esattamente. 1. Il pezzo è realizzato con uno scarto di lamiera inox su cui si riporta con il pennarello l’ingombro della dima di cartoncino. 2. Il taglio si effettua con precisione e senza fatica con gli strumenti giusti; in questo caso una cesoia elettrica. 3. La lamiera va piegata a tratti brevissimi con la piegatrice manuale e saldata sulla giunzione dei lembi. 4. Sulla riduzione e sul pezzo che la va a sormontare si praticano sei fori Ø 40 mm equidistanti sulla mezzeria, realizzando così la valvola di tiraggio aria, completata con una maniglietta che agevola la rotazione per aprire e chiudere gli spiragli.

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IL PIANO AGGIUNTIVO 1

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1. Con ritagli di ferro piatto 30x4 e 30x5 mm, calandrati con lo stesso diametro interno del braciere (640 mm), si realizza il telaio per il piano d’appoggio di servizio; le saldature per unire i componenti vanno fatte con i pezzi collocati all’interno del braciere, appoggiati e bloccati al piano con morsetti. 2. Il sistema di aggancio del telaio sul braciere è realizzato mediante tre manine in ferro 30x5 mm, di cui due vengono saldate sulle estremità del tratto curvo interno del telaio e una centrale di blocco. Al fine di compensare lo spazio dovuto alla rotondità del braciere, per tenere l’allineamento del piano in posizione orizzontale, si applica all’esterno della curva corta del telaio (la parte in appoggio) un tondino Ø 6 mm, calandrato come il telaio e saldato sulla parte inferiore. 3. Per realizzare il piano, si taglia un foglio di OSB spesso 30 mm usando come dima il telaio di ferro stesso, in modo che possa entrarvi di stretta misura; lo si vernicia con due mani di impregnante trasparente e lo si fissa con viti truciolari. 4. Il piano laterale è un’utilissima superficie d’appoggio durante le sessioni di cottura; quando il barbecue non è utilizzato, si smonta e si ripone all’interno, protetto dal coperchio.

DETTAGLI

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1. Per il fissaggio del coperchio si modella, a forma delle rispettive circonferenze, una generosa cerniera da saldare del tipo a tre alette (Ø 28x180 mm); saldando le due esterne sul fondo di base 5 mm più in basso del bordo superiore e l’aletta centrale a filo del fondello superiore si permette il sormonto del coperchio sulla base di circa 5 mm. 2. Per fermare il coperchio, quando aperto in posizione verticale, si usa uno spezzone di ferro angolare 50x50x8 mm, largo quanto il settore centrale della cerniera; il pezzo va saldato in modo che vada a fare scontro nel momento in cui il coperchio sia verticale e abbia quindi il baricentro sufficientemente spostato sul retro. Prima di fissarlo, però, è necessario sagomare il suo profilo rivolto verso il braciere, in modo che ne assecondi la curvatura. 3. Si verniciano le parti interne esposte al calore con vernice per alte temperature, mentre per le parti esterne sono stati miscelati fondi di barattoli di vernici varie tra cui nero grafite in gel, smalto blu protettivo per ferro, bianco in gel e verde prato della Saratoga, ottenendo così un colore alquanto esclusivo.


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laboratorio far da sé

Fresa a tazza eccentrica con scarico laterale Con una nutrita gamma di diametri da 16 sino a 80 mm, la fresa è resa speciale dall’elevato tenore di Cobalto, dallo spessore variabile della cartella e dai profondi scarichi laterali, che permettono di aumentare sensibilmente efficacia e durata www.stellabianca.net

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uova FILP è una storica azienda italiana che sin dal 1888 produce utensileria professionale e che, dal 1924, continua a distribuire con il marchio Stella Bianca. L’azienda si è sempre distinta per la costante ricerca sui materiali e sui dettagli tecnici volti a risolvere le necessità dei professionisti. l La fresa a tazza HSS eccentrica è una dimostrazione d’eccellenza: il livello qualitativo è elevatissimo; l’alto tenore di Cobalto permette di tagliare senza problemi anche i materiali abrasivi e l’acciaio inox; l’altezza utile di taglio raggiunge i 15-18 mm di spessore; infine, ma non ultima, l’eccentricità del taglio data dallo spessore variabile della cartella. In questo modo il dischetto di risulta si forma di un diametro nettamente inferiore a quello interno della fresa e, di conseguenza, la molla d’espulsione non incontra nessuna resistenza nell’espellerlo. n

CONSIGLI PER UN BUON UTILIZZO 1. Per ottenere i migliori risultati nell’esecuzione e per la durata dell’utensile è meglio utilizzare la fresa a tazza HSS su macchina stazionaria; in questo caso, un trapano a colonna. Per gli stessi motivi è importante è anche l’uso di un olio da taglio spray. 2. A seconda del diametro della fresa e del materiale da forare, ci si deve attenere a un regime massimo di rotazione consigliato; data l’ampia versatilità di utilizzo della fresa, che può quindi tagliare molti

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materiali, Stella Bianca fornisce un utile specchietto di riferimento per i regimi di rotazione da impostare (vedi pagina a fianco). 3. L’esecuzione del foro avviene in tempi molto brevi; al momento del superamento dello spessore, il disco di risulta viene immediatamente espulso dalla molla coassiale. Lo si può notare bene dalla foto che, non appena sollevata la fresa dal foro, mostra la molla liberamente estesa sino all’apice della punta di centratura.

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CORPO RETTIFICATO IN ACCIAIO SUPER RAPIDO HSS M35 (COBALTO)

MOLLA PER ESPULSIONE DISCHETTO DI RISULTA CARTELLA DI SPESSORE VARIABILE PER ESPULSIONE DEL DISCHETTO DI RISULTA

SCARICO LATERALE PER L’EVACUAZIONE DEL TRUCIOLO ALTEZZA UTILE DI TAGLIO: 15 MM PROFONDITÀ UTILE: 18 MM ATTACCO SFACCETTATO PER UN’OTTIMA PRESA NEL MANDRINO

visita su web

rifarecasa.com

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Per determinare la velocità di rotazione consigliata bisogna dividere il Numero Fisso per il diametro della fresa in uso. Il dato ottenuto esprime i giri al minuto da impostare sul trapano. La fresa eccentrica HSS-E ha prezzi consigliati al pubblico a partire da euro 19,50 (Ø 16 mm). Il video dell’utilizzo è visibile al seguente link: www.youtube.com/watch?v=FL-07ll-E4M oppure puntando lo smartphone sul QR-code a fianco, con software compatibile.

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laboratorio far da sé

Disco turbo per posa di materiali “diversi” Montato sulla smerigliatrice risolve con efficacia il problema, ricorrente o saltuario che sia, del taglio di vari materiali edili, nella posa di rivestimenti e nella costruzione

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l taglio di pezzi irregolari si richiede comunemente anche nel completamento di rivestimenti e pavimentazioni di pietra, granito, porfido, come nel caso di piastrelle di cemento, refrattari e arenaria. Il professionista che fa saltuariamente lavori con questi materiali, così come anche il far da sé tuttofare, può risolvere egregiamente il problema del loro taglio montando sulla propria smerigliatrice angolare il nuovo disco DNA Turbo di Montolit. l Il disco è disponibile nel diametro di 115 e 230 mm, per le due taglie piu comuni di smerigliatrici; oltre ai materiali già menzionati, è particolarmente indicato per tagliare tegole, laterizio, mattoni, autobloccanti, grés porcellanato di elevato spessore, calcestruzzo e calcestruzzo armato. n

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CARATTERISTICHE TECNICHE 1. Il diametro del foro centrale del disco è quello standard di 22,2 mm, adatto alle smerigliatrici angolari. 2. Lo spessore è di 2,4 mm per il disco da 115 mm di diametro e 2,8 mm per quello da 230 mm. La sottigliezza impone di girare la ghiera di fissaggio del disco tenendo il rilievo centrale verso l’esterno. 3. La parte attiva presenta una fascia diamantata dalla particolare forma, che misura 13 mm di altezza. L’utensile è ravvivabile con l’apposita pietra abrasiva Montolit (art. 395B). È utilizzabile sia a secco sia ad acqua. Costa euro 50,00 (Ø 115 mm), euro 93,00 (Ø 230 mm).

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novità editoriale

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Per attuare una ristrutturazione piuttosto importante della nostra casa non sempre è necessario affrontare anche disagi, demolizioni e macerie: si possono adottare intelligenti soluzioni che migliorano funzionalità degli impianti, aspetto estetico e comfort continuando a fruire degli spazi

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laboratorio far da sé

Incollare da professionisti Quattro modelli di pistola incollatrice concepiti per l’utilizzo intensivo a diversi livelli che, proprio per questo, non differiscono soltanto nella potenza e nella capacità di erogazione, ma anche nella struttura per offrire un comfort di utilizzo ottimale

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a termocolla può essere utilizzata per infiniti fissaggi, definitivi o provvisori, su una vasta gamma di materiali, con adesione quasi immediata: imparare a usarla abitualmente può risolvere molte situazioni dove magari bastano pochi punti di colla a terminare il lavoro, ma se si vuole sfruttare questo sistema per lavori più impegnativi (posa di pavimenti plastici in locali secondari, impianti elettrici a canalina senza forare ecc) o per realizzare allestimenti provvisori per spazi espositivi allora la pistola deve essere adeguata all’utilizzo intensivo. l I nuovi modelli di termopistola EG320, EG340, EG360, EG380 sono pensati per questi scopi: potenze che vanno da 120 a 400 W, capacità di estrusione da 1000 a 2200 g/h di colla, temperatura regolabile tra 120 e 220-230 °C (esclusa la “piccola”

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EG 320); tutte utilizzano stick Ø 12 mm e dispongono di un sostegno rimovibile con tre punti di aggancio, sotto la pistola e alla base dell’impugnatura, per poter essere utilizzate in completa stabilità anche in appoggio. l La camera di fusione prolungata e la possibilità di montare diversi ugelli intercambiabili assicurano un rapido riscaldamento, un’elevata portata di colla fusa e la precisione del lavoro in ogni circostanza; il grilletto a 4 dita migliora la presa e riduce lo sforzo di estrusione. n Prezzi consigliati al pubblico: EG320 euro 79,00 EG340 euro 156,00 EG360 euro 195,00 EG380 euro 295,00

www.rapid.com


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DETTAGLI E UTILIZZI Le tre versioni più evolute, dedicate all’utilizzo professionale, sono equipaggiate con un preciso termostato bimetallico per la regolazione della temperatura; l’elemento riscaldante è a cartuccia blindata e decisamente affidabile. L’ugello fornito di serie, ma intercambiabile, è protetto con uno strato di silicone; la EG360 e la EG380 dispongono inoltre di un rivestimento morbido anche sull’impugnatura, essendo destinate agli utilizzi più gravosi. La pistola top della gamma, oltre ad avere il cavo più lungo delle altre (3,5 metri anziché 2,5), è adatta all’utilizzo di colle EVA e poliammidiche. La EG320 è la più compatta della gamma (290x240x60 mm) e per le sue caratteristiche si presta all’utilizzo tanto da parte dell’hobbista esigente quanto del professionista. La temperatura è preimpostata a 195 °C e pesa solo 0,62 g, ma le possibilità si ampliano con la EG 340: la potenza sale a 220 W e l’erogazione si incrementa del 40%, si può variare la temperatura e le dimensioni aumentano a 315x270x100 mm. La EG 360 differisce solo per potenza e capacità di erogazione (300 W e 1800 g/h). Con questi strumenti si possono affrontare lavorazioni che con pistole legate all’utilizzo strettamente hobbistico avverrebbero con discontinuità per la capacità di erogazione limitata: dal montaggio delle canaline per impianti elettrici a bassa o alta tensione (1) alla stesura guidata di cavi isolati liberi (2), al fissaggio di piastrelle e ceramiche che non richiedano una posa definitiva, come nell’allestimento di stand o di spazi espositivi; incollaggio di PVC o altri materiali plastici come targhette, placche ecc; incollaggio legno con legno di elementi non strutturali (3); collegamento di tessuti, cordoncini o passamenerie su legno (4); fissaggio di guide per cassetti, pannelli di fondo ed elementi di rinforzo per mobili e strutture. Nel campo strettamente professionale sveltiscono lavori come la composizione di espositori, il fissaggio di campioni di laminati, pavimenti in legno, schiume, tessuti o altri materiali (5), il montaggio a secco di composizioni floreali, la posa di pannelli di polistirene. Le pistole incollatrici Pro-Industrial sono utili anche nel campo dell’elettronica (6), per stabilizzare i conduttori e renderli più resistenti alla deformazione, allo strappo e alla rottura, anche in profondità; inoltre, un punto di termocolla può essere utile come “terza mano” nel mantenere in posizione alcuni componenti prima del fissaggio definitivo.

3 DIVERSI UGELLI L’ugello compreso nella confezione standard (1) è disponibile anche come ricambio; gli altri possono essere acquistati separatamente. L’ugello 4 WS ad ampia diffusione (2) produce diverse linee sottili ed è ideale per il fissaggio di cartone, pavimenti e moquette; l’ugello a punta lunga (3) si adatta agli

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spazi stretti e alle zone profonde, il diametro di soli 1,5 mm è ideale per il fissaggio di fibre ottiche e componenti elettronici. L’attacco intelligente montato sulle pistole rende il cambio dell’ugello semplice e rapido.

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laboratorio far da sé

www.einhell.it

Levigatrice da banco Due zone operative, una con disco e l’altra con nastro abrasivo, danno possibilità di levigare piccoli e medi pezzi di legno, contando sulla versatilità di un piano di lavoro e di una guida, entrambi regolabili nell’impostazione dell’angolo

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utti gli elettroutensili che sono stati concepiti in versione da impugnare e stazionaria, pur operando con il medesimo principio, offrono differenti risultati se non, addirittura, permettono esecuzioni altrimenti impossibili. l Non fa difetto a questa regola uno strumento come la levigatrice che, nella sua versione stazionaria, si arricchisce spesso di modalità operative diverse (orbitale e a nastro), diventando di fatto “combinata”, e di piani regolabili per disporre di un’ampia gamma di angolazioni di lavoro. Tutto questo apporta sicuramente una grande versatilità alla macchina. l Alla base di tutto sta la grande differenza d’approccio operativo, per cui, nel caso della macchina stazionaria è il pezzo in lavorazione che viene portato sulla parte attiva e non il contrario, come avviene su quelle da impugnare. Questo permette innanzi tutto di levigare pezzi di legno di piccole dimensioni, tenendoli con le mani o appoggiandoli sul piano regolabile, usufruendo di tutta la

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sensibilità che le nostre mani offrono, con l’aggiunta di avere completa visibilità sulla zona di lavoro: la conseguenza è quella di ottenere una precisione altrimenti impossibile. In questo modo si possono realizzare facilmente superfici arrotondate o perfettamente piane, rifinite nella misura che desideriamo, a seconda della grana della carta vetrata montata sulla macchina. l La levigatrice da banco TC-US 400 di Einhell, che proviamo in queste pagine, ha una piastra ad azione orbitale con diametro 150 mm e una barra per levigatura a nastro (larghezza 100 mm), orientabile da 0° a 90°. Il motore ha una potenza di assorbimento di 375 W, la velocità di avanzamento nastro è di 276 m/min. Il piano d’appoggio regolabile, posizionabile in entrambe le postazioni di levigatura, fornisce un eccellente supporto per la squadratura dei piccoli pezzi. La possibilità di impostare inclinazioni intermedie, amplia ulteriormente la versatilità della macchina. n


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NELLA CONFEZIONE La levigatrice TC-US 400 viene consegnata con alcuni elementi smontati; sono tutte le parti mobili e di contorno, inclusa la piastra di levigatura con il suo carter protettivo e il pianetto regolabile, fatto in modo che sia rapidamente riposizionabile per l’utilizzo sia sul versante della levigatura orbitale, sia su quello della levigatura a nastro, mantenendo ovviamente la possibilità di regolazione continua dell’angolo di lavoro. La TC-US 400 ha un prezzo consigliato al pubblico di euro 129,95.

ALLESTIMENTO 1.Per primo si monta il carter protettivo della piastra di levigatura; è una conchiglia di plastica che si fissa tramite 3 viti situate in posizione mediana, attorno al foro centrale. 2. La piastra si innesta sull’asse secondario e la si manda a fondo, portandola all’interno del carter, in modo che lateralmente sporga solo lo spessore del foglio di carta abrasiva. 3. Per bloccare la piastra sull’asse si usa la chiave a brugola, inserendola nell’apposita feritoia presente all’apice del carter protettivo. La chiave stringe la vite posta nello spessore del collare, mandandola in pressione sull’asse. 4. La parte bassa della piastra resta al di sotto del piano di lavoro, quindi va protetta per impedire che le dita possano entrare in contatto con la carta vetrata durante le lavorazioni. Si monta la lunetta di plastica fissandola con le sue viti. 5. Per montare il pianetto di lavoro sul lato della levigatura orbitale, ossia rivolto verso la piastra, si inserisce il suo braccetto di sostegno nell’apposito foro e si stringe la vite a testa esagonale con la chiave in dotazione. Il braccetto di sostegno, nel tratto in cui va a stringere la testa della vite, non ha sezione rotonda ma ha una fresatura piana in modo che la vite non solo ne impedisca il movimento longitudinale, ma anche la rotazione. In questo modo basta un solo attacco per tenere il pianetto fermo e orizzontale. 6. Un incavo sul piano di lavoro permette l’inserimento di una guida angolare, con possibilità di regolazione dell’angolo da 0° a ±60°, tenendo conto che con impostazione 0° la guida è esattamente perpendicolare al platorello. 7. Regolabile è anche il piano di lavoro, liberando una manopola che scorre nell’asola della scala graduata inferiore. In questo caso l’escursione possibile è da 0° a 45°.

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PREPARAZIONE E REGOLAZIONI NASTRO 1. La postazione di levigatura a nastro ha due posizioni di lavoro: sopratutto per quella orizzontale, può bastare una piccola guida-fermo che va collocata come scontro al termine della corsa “utile” della striscia abrasiva. Si inseriscono le sue due staffe di ritegno sotto la protezione tonda di plastica. 2. La guida-fermo si blocca con una vite a testa esagonale di lato e due viti a passo metrico che attraversano la protezione di plastica e vanno a mordere nelle sedi delle staffe sottostanti. 3. Prima di avviare la macchina bisogna verificare che il nastro scorra liberamente, facendolo procedere con una mano, controllando che non tocchi nei carterini e nelle protezioni di contorno. Se così fosse è necessario allentarli e lasciare più aria attorno all’abrasivo. 4. Per la sostituzione del nastro abrasivo, quando necessaria, bisogna smontare la parte inferiore del carter protettivo, svitando le viti che lo trattengono; quindi si tira la leva laterale che agisce avvicinando i due rulli tensionatori. In questo modo il nastro può essere sfilato lateralmente. 5. Dopo ogni sostituzione del nastro, ma anche al primo avvio

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della macchina, è necessario controllare che questo, scorrendo sui rulli, resti in posizione centrale. Con una mano lo si fa scorrere verificando la tendenza a deviare di lato e, se necessario, si agisce sulla manopola laterale che permette di correggere il parallelismo di rotazione dei rulli. 6. La posizione di levigatura verticale si ottiene sollevando la barra portanastro; per farlo si devono rilasciare due viti a testa esagonale che la bloccano saldamente, com’è naturale durante ogni sessione operativa. 7. Con il nastro in posizione verticale, potrebbe non essere sufficiente la piccola battuta di metallo; in questo caso va rimossa per collocare al suo posto il piano di lavoro inclinabile. Per il bloccaggio del piano su questo fronte, la Einhell TC-US 400 ha una sede specifica per il braccio di sostegno. Anche in questo caso il piano di lavoro va regolato in modo che sia più vicino possibile all’abrasivo, pur lasciando il nastro libero di scorrere liberamente senza toccare parti fisse. Va tenuto conto che in entrambe le modalità operative fra piano di lavoro e carta abrasiva non dovrebbero esserci più di 1,6 mm di distanza.


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NON FACCIAMOCI DIVORARE DALLA TV...

Tenendo montate sulla macchina carte abrasive di grana differente si può disporre di una zona di lavoro per la sgrossatura rapida dei pezzi (grana grossa) e di una che ne permette la finitura (grana fine), a tutto vantaggio della comodità e della velocità d’esecuzione, fermo restante il fatto che i due sistemi di levigatura agiscono in modo molto diverso e per certe lavorazioni non sono intercambiabili.

PIEDINI ANTIVIBRAZIONI La levigatrice TC-US 400 dispone di una base d’appoggio ampia, che garantisce molta stabilità alla macchina durante l’utilizzo. I quattro piedini di gomma morbida, in dotazione, sono conformati per incastrarsi negli angoli della base e non hanno bisogno di viti per essere bloccati. Grazie ai piedini, la levigatrice non scivola sulle superfici e si riesce a utilizzare senza ulteriori sistemi di blocco nella maggior parte delle occasioni di lavoro. Infatti non è mai necessario applicare molta pressione sulle zone attive della macchina per ottenere l’effetto voluto, anzi, è molto meglio rimanere “leggeri” per poter manovrare nel modo più fluido e armonico possibile il pezzo sull’abrasivo. Inoltre, applicando troppa forza si mette il motore sotto sforzo, in condizione di possibile surriscaldamento.

UN’ORA IN MENO ALLA TV, UN’ORA IN PIÙ AL BRICOLAGE


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progetti far da sé

PRIMA

Il mobiletto del bagno cambia faccia Stufi del solito bianco, magari anche un po’ ingiallito dal tempo? Nessun problema! Il colore per Interni SottoSopra si applica senza primer anche alle superfici plastificate

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’uso di detergenti aggressivi, come quelli che si usano frequentemente in bagno, finisce per rovinare alcune superfici meno resistenti; per esempio i mobiletti smaltati o nobilitati con fogli melamminici, in tinte chiare, dopo alcuni anni mettono in evidenza zone ingiallite. l Una soluzione per cambiare volto al bagno, senza sostituire mobili e accessori, è quella di rivoluzionarlo cromaticamente, con il ciclo SottoSopra di Gapi, il trattamento che consiste nella stesura di un colore bicomponente (il Sotto), con altissimo potere aggrappante su tutte le superfici, anche su quelle lisce e scivolose, e successiva-

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mente nella copertura con una vernice trasparente (il Sopra), che rifinisce i manufatti rendendoli a scelta lucidi, opachi o satinati. l Sotto si applica Colore per Interni, un prodotto epossidico di base che può essere neutro, bianco o metallizzato; i tre diversi tipi, uniti ai pigmenti a grammatura calibrata (per poter replicare identica una tonalità tutte le volte che si vuole), permettono di ottenere una vasta gamma di colori a resa pastello, perlata o metallizzata. l Sopra la vernice di finitura, trasparente, epossidica, garantisce elevata protezione dai graffi e dall’azione dei detergenti. n


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COSA OCCORRE

Nella latta sono contenuti i barattoli dei componenti A e B. I pigmenti in microgranuli Gapi da usare sono indicati sulle cartelle colore, a margine di ogni tonalità illustrata, con riferimento alla precisa grammatura.

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APPLICAZIONE PASSO-PASSO Il classico mobiletto bianco, accompagnato da una serie di altri armadietti pensili e da terra, più i dovuti accessori coordinati, rispecchia una delle più frequenti scelte per l’arredo del bagno. 1. Prima del trattamento basta una passata di spugna abrasiva per eliminare lo sporco resistente e sgrassare con un panno imbevuto di alcool. 2-3 Per l’ottenimento del colore scelto può essere richiesta la miscelazione di pigmenti di due tinte; si versa il contenuto delle boccette nel barattolo del componente B, miscelando con una spatolina sino a ottenere la completa uniformità. 4. I componenti A e B si versano nella latta e si mescolano con cura. 5. Sul barattolo del componente B è indicato opportunamente il livello d’acqua che si deve aggiungere per ottenere la corretta densità. 6.La stesura con rullo di spugna è semplice ed efficace; il prodotto non cola e ha una capacità coprente notevole. 7 Con tali caratteristiche basta pochissima esperienza per poter stendere SottoSopra senza dover necessariamente applicare il nastro maschera a protezione delle parti da non colorare. 8. Dopo almeno 24 ore si può stendere la vernice di finitura (il colore lattescente è dovuto all’emulsione dei componenti, una volta essiccato, il prodotto diviene completamente trasparente); anche in questo caso si deve mescolare il contenuto di due barattoli, ma l’operazione è rapidissima, non essendoci pigmento e necessità di aggiunta acqua.

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LA MANIA DEI TETTI VERDI CONTAGIA EXPO 2015

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sud e anche negli interni ha dato grande spazio al verde. Nel padiglione della Francia (3) il paesaggio intessuto di vere piante e prodotti reali, persone e progetti, poggia a terra su possenti pilastri tra i quali si insinua il verde che ricopre anche i pannelli della copertura. Sul padiglione del Turmekistan svetta un giardino con vialetti pedonali tra rose, margherite, sedum e piante di ciliegio; quello del Kazakistan è coperto da arbusti che richiamano la steppa caucasica; quello del Qatar che può contare su un enorme prato popolato di festuca, mixata a piante odorose, essenze e fioriere colorate e l’Oman riproduce, al vertice di architetture tipiche del sultanato, prato verde con piante erbacee profumate.

Dal Nord Europa si è ormai stabilmente affermata anche in Italia, come autentico fenomeno metropolitano, la tendenza a ricoprire i tetti di abitazioni e capannoni con giardinin pensili; questa tendenza ha trovato in Expo la sua consacrazione: sui padiglioni di tanti Paesi svettano alberi, crescono fiori e giardini incantati. Tetti verdi che migliorano il microclima, raffrescano gli interni, favoriscono la riduzione delle polveri sottili e fanno risparmiare sul fronte energetico. Il Belgio (1) ha scelto una copertura a prato verde con oasi green sui tre torrioni che abbracciano la cupola vetrata cuore del padiglione. Ha optato per il verde pensile Harpo la Corea del Sud (2) il cui tetto è una distesa di sedum in omaggio alla vegetazione dell’Europa del

ISOLMANT GREEN La realizzazione di edifici energeticamente efficienti e con una ridotta “impronta ambientale” richiede l’adozione di tecniche costruttive e materiali in grado di offrire prestazioni adeguate allo scopo. Nel nuovo complesso residenziale “I Giardini di via Voltri” a Milano si prevede un mix abitativo tra edilizia sociale e convenzionata, integrato in un grande parco pubblico dotato di servizi, che punta al raggiungimento della classe energetica di progetto “B” per tutti gli immobili che lo compongono. Linea GreenPlanet, la gamma di prodotti studiata da Tecnasfalti-Isolmant all’insegna della sostenibilità ambientale, è soluzione versatile indicata per l’isolamento acustico e termico delle partizioni verticali, sia perimetrali sia divisorie tra le unità immobiliari; posata a secco, garantisce una notevole praticità anche in fase di applicazione. www.isolmant.it

IL TELAIO PER PORTE FA POSTO AI VANI TECNICI Cablaggi, tubature, impianti elettrici e persino ripostigli possono ora essere nascosti e integrati con discrezione nella parete. Grazie a Syntesis Tech, la parete appare completamente inalterata mentre i vani tecnici rimangono accessibili, per intervenire solo quando serve, attraverso comode aperture push-pull (su richiesta sono disponibili anche maniglie a levetta o chiusure con chiave). Nella parete può essere installata qualsiasi tipo di apertura ad anta singola, doppia, a ribalta o estraibile. Il telaio e le squadrette di fissaggio di cerniere e serratura sono in alluminio anodizzato anticorrosione rivestito con primer. L’ingombro molto ridotto del telaio consente di far passare comodamente cablaggi e tubature su tutti e 4 i lati, i vani tecnici sono robusti e facili da montare, il profilo evita il formarsi di crepe lungo il perimetro del vano. Syntesis Tech comprende telaio e pannello porta. I pannelli hanno uno spessore di 18 mm e sono in truciolare nobilitato Classe E1 rivestiti in melaminica bianca e bordati in ABS, pronti per essere pitturati. www.eclisse.it

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MONOLITICO EDIFICIO INSERITO NEL PAESAGGIO

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La Villa Game Architecture sorge a Orsières nel cuore delle Alpi svizzere. Il progetto, curato dallo studio Darbellay Meilland Schers, si inserisce nel contesto naturale e architettonico circostante: la forma dell’edificio, infatti, si plasma sui movimenti e sulle pendenze della montagna, senza dimenticare la natura funzionale di ogni vano consentendo di offrire a tutte le stanze accesso diretto sul giardino circostante e una vista panoramica. L’edificio, spigoloso ed essenziale nelle forme, offre una piacevole continuità fra le pareti e le coperture, creando un corpo monolitico che cela in realtà piccoli cortili: interamente rivestito in scandole PREFA nel colore antracite, richiama le grandi rocce alpine che si stagliano sullo sfondo del paesaggio. www.prefa.com

NERO E BIANCO PER I BARBECUE WEBER Propone colori forti e ben definiti la Weber per i suoi barbecue! Così alla linea in total white, ideale per il matrimonio degli amici, per chi ha la passione del bianco, per chi ama le cose uniformi ed essenziali dei barbecue a carbone Master Touch, si affianca il nero assoluto dei barbecue a gas Q3200 con carrello integrato. Due linee di prodotti diversi per caratteristiche tecniche e per prezzo (a partire da 99 euro i primi e da 669 i secondi), ma in grado di soddisfare le esigenze di chi ama la cottura alla griglia per carni e verdure. I modelli in bianco (una tinta brillante e chiara Ivory White) sono disponibili con braciere in acciaio smaltato Ø 57 - 47 - 37 cm; funzionano a carbone, hanno coperchio in acciaio smaltato e impugnature in nylon rinforzato con fibre di vetro, valvola d’aerazione in alluminio, griglia di cottura in acciaio cromato, garanzia di 10 anni. Il modello nero funziona a gas, ha un’area di cottura da 64x45 cm, braciere e coperchio in ghisa di alluminio garantiti 5 anni, due griglie di cottura in ghisa di acciaio smaltata, termometro integrato, due bruciatori in acciaio inox, due robusti ripiani di lavoro pieghevoli, ganci porta attrezzi, vaschetta raccolta grassi estraibile, due comode ruote per lo spostamento, carrello in nylon rinforzato con fibre di vetro. Due ottime soluzioni per allegre grigliate con gli amici! www.weber.com

LATERLITE CONTRO TERRA La riqualificazione e riconversione funzionale delle ex aree industriali rappresenta un contesto particolarmente impegnativo, sia per la frequente necessità di provvedere alla loro bonifica sia per gli aspetti legati alla loro ridestinazione d’uso. Ed è proprio in uno di questi ambiti, la realizzazione di un nuovo polo industriale destinato a sorgere sull’area dismessa dalla ICMI a Napoli, che è stata chiamata a partecipare Laterlite in un’applicazione chiave: l’isolamento controterra di alcune strutture prefabbricate. Grazie alla speciale argilla espansa Leca TermoPiù che presenta proprietà tecnologiche di eccellente livello, si ottengono risultati qualitativamente ottimali e durevoli nel tempo: basso coefficiente di conducibilità termica, antirisalita di umidità, resistenza a compressione dello strato posto in opera e un’assoluta indeformabilità e inalterabilità nel tempo. Leca TermoPiù, applicabile sfuso e in sacchi, è estremamente versatile nell’impiego. www.leca.it

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Finestrella profilo curvo Costruzione e applicazione in un locale seminterrato di una coppia di finestre a doppia anta e relativo telaio; la realizzazione parte con il recupero di listelli di frassino, lavorati per la curvatura del lato superiore con il taglio in fette longitudinali unite con colla su una dima

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’intervento, che Piergiuseppe Dagani ha deciso per il suo seminterrato dove fa stagionare i salumi, è lavoro che ricorre frequentemente ogni qualvolta si affronti il recupero di un vecchio scantinato per trasformarlo in tavernetta o cantina abitabile. Si tratta di applicare le finestre alle aperture che conducono alle bocche di lupo; finestre che devono essere apribili, solitamente a due ante, in modo da isolare adeguatamente il locale, permettendo, alla bisogna, di aprirle per arieggiare. l Nei locali di questo tipo, soprattutto se lo stabile è storico, le aperture hanno la parte superiore a volta, quindi la costruzione si complica alquanto, anche perché non solo va realizzato un telaio ar-

cuato nel suo lato alto, ma con la stessa curvatura devono risultare anche le due ante vetrate. l Ovviamente ci sono diversi modi per affrontare il problema, anche senza dover curvare il legno, tuttavia Piergiuseppe, un po’ per la disponibilità del legno in listelli, un po’ per il desiderio di un risultato finale più gratificante, spinto anche un po’ dallo spirito della sfida, ha deciso di mettersi alla prova testando varie tecniche di curvatura, sino a scegliere quella di realizzare appositamente un segmento di lamellare, facendo a “fette” più sottili i listelli a disposizione, manovra che rende il sandwich facilmente curvabile in fase di incollaggio, con possibilità di dargli la forma voluta serrandolo contro una dima. n

Piergiuseppe Dagani di Brescia con il suo progetto categoria LEGNO vince la fresatrice orizzontale BT-BJ 900 EINHELL


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PRIMA DI TUTTO IL TELAIO 1. Il legno utilizzato è di recupero; per esattezza sono listelli di frassino che un magazzino adopera nello stoccaggio di manufatti in calcestruzzo. Questo ha richiesto un’accurata pulizia della superficie del legno per rimuovere i frammenti di cemento incastrati ed evitare il danneggiamento delle macchine da lavoro. Oltre alla consueta regolarizzazione di ogni listello con la pialla, portandolo alla misura necessaria per la realizzazione del telaio della finestrella, per la preparazione del pezzo arcuato, si taglia una serie di listelli per lungo con spessore 5 mm. 2. Lo spessore delle “fette” ottenute è calcolato per poter ricostruire un pezzo lamellare di sezione identica ai listelli degli altri lati del telaio. Si distribuisce sulle superfici di contatto un cordone serpeggiante di colla vinilica, spalmandola accuratamente con un pennello. Quando si fa questa operazione, conviene procedere con l’accoppiamento delle fette e la dima deve essere pronta a svolgere il suo lavoro. 3. La dima è fatta sagomando con precisione una tavola per replicare la curvatura dell’imbotte della bocca di lupo. La sagoma si fa prima con un cartone, il cui profilo si riporta sulla tavola per tagliarla. Questa tavola sagomata si fissa a una tavola più ampia, in modo che l’insieme risulti solido e rigido. Dato che i

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listelli appena spalmati di colla risultano flessibili ma elastici, sulla tavola grande si fissano alcuni elementi di spessoramento di legno che aiutano a immobilizzare il pacchetto mentre lo si mette in pressione sulla curvatura della dima. 4. Il risalto, che ha su un lato la dima, permette di incastrare un cuneo che forza il sandwich nella posizione corretta; dall’altra estremità un tampone rotondo di legno è di ausilio sino a quando non si stringe un morsetto che applica la necessaria trazione verso la dima. Il morsetto centrale è necessario perché in quel punto il legno tende a sollevarsi dalla dima. 5. Quando l’adesivo è essiccato completamente si possono rilasciare i morsetti e si libera il sandwich di listelli che a questo punto è un tutt’uno rigido e curvo. Si realizza prima la parte di telaio con i segmenti rettilinei, quindi, sulla base dello spazio fra i montanti, si taglia il pezzo ad arco. Per rispettare la corretta angolazione è necessario appoggiare tutti i pezzi su un piano, metterli in sovrapposizione e marcare a matita la linea di taglio alle due estremità del pezzo. Dopo la troncatura si conclude l’assemblaggio, incollando i pezzi fra loro e fissandoli con due viti da legno per ogni giunzione. Al termine si verifica che il telaio entri di misura nell’imbotte.

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FINESTRE A DUE ANTE 1. Il telaio, appena costruito, va usato per realizzare la relativa finestra a due ante. Si tagliano dapprima i pezzi rettilinei, tenendo conto che quelli orizzontali devono essere lunghi praticamente la metà. Per i pezzi curvi, bisogna agire come nel caso del telaio, utilizzando nuovamente la dima e listelli sottili da curvare dopo averli spalmati di colla. 2. Le cerniere devono essere applicate a filo piano, pertanto, prima di assemblare la finestra, si approfitta per segnare le sedi sui due montanti laterali, alla medesima altezza, e fare gli scassi con una punta a estremità piatta montata sulla fresatrice a tuffo. 3. Con ante montate e situate nella posizione corretta, si traccia il contorno della cerniera, così come va in appoggio sul montante del telaio. Quindi si fanno le sedi anche su queste e si montano provvisoriamente, per controllare che si possano aprire e chiudere senza intoppi. 4. Rimosse le cerniere si provvede alla finitura di finestre e telai, stendendo più mani di impregnante all’acqua. Per poter girare ogni pezzo senza che le parti appena trattate vadano a toccare il piano d’appoggio, si mettono grosse viti lateralmente in modo che il legno resti sospeso ai travetti messi a distanza opportuna. 5. Essiccato l’impregnante si rimontano le cerniere, questa volta definitivamente. 6. I fori passanti fatti sui montanti sono serviti per le viti che hanno permesso di non rovinare il trattamento; le stesse viti si usano per tassellare il telaio alla parete, previa foratura e inserimento del tassello a espansione. 7. In definitiva la finestra cade esattamente all’apertura della nicchia della bocca di lupo. L’applicazione della mensola, non esistente in origine, ha avuto luogo in ordine ai lavori di risanamento e ristrutturazione del locale, svolti in tempi precedenti.

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S W E N WD 40 SPECIALE PER NAUTICA

Si è tenuto dal 4 al 10 luglio presso il Circolo Vela Torbole sulle acque del Garda Trentino il campionato mondiale della categoria di barche a vela SB20. Ancora una volta WD-40 ha offerto ai partecipanti provenienti da tutto il mondo i propri prodotti ideali per la cura e la manutenzione della barca a vela, soprattutto in un contesto in cui le imbarcazioni vengono messe a dura prova. Possibile, infatti, testarne l’efficacia e l’ottima qualità: con un semplice spruzzo la barca a vela darà le migliori prestazioni tecniche. WD-40 è, infatti, la giusta risposta per tutti gli appassionati di questa straordinaria disciplina sportiva. Le sue 5 funzioni lo rendono il prodotto “must have” dei velisti. È idrorepellente e quindi protegge dall’umidità il motore della

barca, soprattutto durante il rimessaggio, oltre a ristabilire il funzionamento dei contatti elettrici. Ha una funzione estremamente protettiva contro l’acqua, l’umidità e i relativi effetti corrosivi, salvaguardando i winch dalla salsedine. Un piccolo e semplice gesto e la sua azione anticorrosiva previene il formarsi di ruggine. In mezzo al mare, nella pace più incredibile, dondolati dalle onde, i cigolii della barca sono fastidiosi. Come combattere questi piccoli rumori che limitano il nostro relax? WD-40 lubrifica i meccanismi di accensione, elimina i cigolii ed è un ottimo sbloccante. Ed infine, la sua azione detergente, impedisce il formarsi della salsedine sulle catene, proteggendole dagli effetti corrosivi. www.wd40.com

E ANCHE PER BICI E MOTO Per la giusta manutenzione alla bicicletta il lubrificante multifunzione WD-40 è il partner perfetto; anche in gara i ciclisti potranno utilizzare WD-40 per pulire e lubrificare la catena, i pedali, i freni e altre componenti importanti della bicicletta. Elimina il grasso, il catrame e lo sporco più profondo senza né ungere né macchiare, e forma una pellicola protettiva su qualsiasi metallo. WD 40 ha sponsorizzato il Gran Fondo Angelini Group di Sambuceto.

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Porta asciugamani Lo scaffale ha una linea semplice ed è costruito a misura dello spazio disponibile tra vasca e lavatrice; non deve essere necessariamente robusto, in quanto asciugamani e accappatoi non hanno un peso importante, ma ripiegati risultano voluminosi, perciò conta la capienza

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hissa per quale strano motivo, specialmente in bagno, lo spazio tra due sanitari, o tra uno di questi e la lavatrice, non corrisponde mai in maniera accettabile a quello di uno scaffale o di un mobiletto di servizio: gira che ti rigira, se si vuole sfruttare bene lo spazio, bisogna ricorrere a un complemento su misura. l In questo caso, Paolo Bommartini ha raggiunto un ulteriore scopo: lo scaffale da lui realizzato per riporre asciugamani, accappatoi e prodotti utili in bagno è piuttosto leggero e in altre condizioni sarebbe opportuno fissarlo a parete, ma visto che si incastra alla perfezione tra lavatrice e vasca da bagno, che lo contengono per buona parte dell’altezza, non ci sono rischi di oscillazioni e la struttura può essere semplicemente appoggiata a terra e a parete. l Per questi complementi, la funzionalità prevale sempre sull’estetica: uno scaffale simile Paolo lo ha visto su una nota rivista di arredamento, prova lampante che la semplicità può ragionevolmente surclassare il design quando serve qualcosa di utile e basta. Da quell’oggetto ha tratto spunto e ne ha realizzato uno simile che facesse al caso suo, senza ricorrere a particolari giunzioni con elementi nascosti, ma utilizzando solo viti e squadrette metalliche. l Per costruire i ripiani ha utilizzato listelli di abete da 3 metri, sezione 30x10 mm per le stecche e 30x20 mm per quelli di supporto; i montanti hanno sezione 30x35 mm. Ciascun ripiano è composto da 8 stecche, distanziate di 20 mm; la levigatura di ciascun ripiano viene effettuata dopo il montaggio, in modo da ottenere contemporaneamente la lisciatura delle superfici e il pareggiamento di minimi disallineamenti. Volendo lasciare il legno al naturale, bisogna verificare che non ci siano troppi nodi e che risultino abbastanza compatti; in caso contrario si può ricorrere alla stuccatura ove necessario e stendere sul legno uno smalto coprente. n

Paolo Bommartini di Trento con il suo progetto categoria LEGNO vince la fresatrice orizzontale BT-BJ 900 EINHELL


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SU MISURA E FUNZIONALE 1. Per realizzare i quattro ripiani, dopo aver tagliato i listelli alla lunghezza necessaria, si allineano i due listelli laterali di supporto e si fissa un primo listello in alto, a una distanza prestabilita dalla sommità dei laterali. Con listelli di scarto si predispongono due riscontri laterali e uno superiore per mantenere la perpendicolarità e fornire una presa ai morsetti che permettono di allineare i listelli successivi, mantenuti equamente distanziati con pezzi di legno calibrati. 2. Se le barre dei morsetti non hanno lunghezza sufficiente, dopo aver avvitato i primi listelli si può far presa su uno di essi per portare a compimento il ripiano. 3. Una leggera levigatura elimina le asperità, rende la superficie dei listelli più liscia e li prepara all’applicazione di una vernice trasparente satinata.

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4. Per collegare i ripiani ai montanti senza ricorrere a incastri si possono utilizzare squadrette metalliche avvitate alle estremità dei listelli laterali, nella parte inferiore. 5. Stabilita la distanza tra i ripiani, la si riporta su una prima coppia di montanti e si procede al fissaggio per avvitatura: va tenuto presente che, trattandosi di legno non particolarmente compatto, bisogna preforare il legno con una punta di diametro leggermente inferiore a quello delle viti, in modo da aprire loro la strada senza sforzi che potrebbero causare spaccature o rendere meno efficace la tenuta. Un velo di colla sulle teste dei listelli laterali rende l’unione più tenace; prima di collegare i montanti, conviene “traguardarli” e verificare che siano dritti. 6. Il montaggio degli altri due montanti, curandone l’allineamento, completa lo scaffale.

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Braccio per TV a LED da fissare al mobile Costruzione di un sostegno della TV a schermo piatto che non si fissa alla parete, bensì al mobile sottostante. I vantaggio è, per esempio, di poter sospendere la televisione anche in presenza di una parete troppo “leggera” per il fissaggio

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hi fa da sé riesce sempre a trovare la soluzione migliore per le sue esigenze e, quando le documenta, siamo ben lieti di girare l’idea a tutti i nostri lettori. Raffaele Valentino si è costruito un braccio di sostegno per la TV a led che gli ha consentito di eliminare il suo ingombrante piedistallo e sfruttare lo spazio rimasto libero per mettere il decoder e il lettore di DVD. l La cosa è possibile anche con i comuni supporti per TV da parete, ma in questo caso l’idea è quella di fissare il braccio di sostegno al retro del mobile, lasciando stare la debole parete in cartongesso. Altro vantaggio di questa scelta è che, ogni qualvolta sia necessario spostare il mobile, per fare spazio o per orientarlo diversamente per la presenza di un nutrito gruppo di amici, la TV resta sempre perfettamente centrata. n Per la realizzazione serve: scatolato 40x40 spesso 2 mm, scatolato 35x35 mm spesso 3, piastra 220x220x3 mm, piattina di ferro 120x40x8 mm. Le misure dello scatolato sono state scelte perché quello da 35x35 mm si inserisce senza giochi nel 40x40x2 mm.

Raffaele Valentino di Aosta con il suo progetto categoria METALLO vince il miscelatore TC-MX 1400 E offerto da EINHELL


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1. Tutti i segmenti da assemblare in modo definitivo, dopo la troncatura per l’ottenimento delle lunghezze previste dal progetto, sono uniti con saldatura ad arco. 2. Il lungo tubolare da 40x40 mm ha saldate le piastrine di fissaggio del supporto alla schiena del mobile; a un’estremità riceve il tubolare da 35x35 mm che fa un angolo a 90° ed entra nel secondo tubolare 40x40 mm, saldato direttamente nell’attacco a X per il retro TV. La regolazione di altezza e profondità dello schermo è permessa dalle ampie asole passanti praticate sul dorso del pezzo angolare 35x35 mm, con fissaggio mediante viti e dadi. 3. Dopo una mano di antiruggine, la finitura è affidata a una vernice spray a effetto ferro battuto, grigio chiaro.

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L’ORIGINALE La struttura di legno e acciaio a forma di albero alta ben 37 metri è il simbolo del Padiglione Italia a Expo 2015; complessivamente pesa 240 tonnellate ed è al centro di un bacino d’acqua (Lake Arena) circondato da fontane e gradinate per 3.000 posti a sedere, oltre a un piazzale che estende la capienza a 20.000 persone. Si può assistere a spettacoli diurni e notturni con effetti speciali, giochi d’acqua, fuochi e musiche.

L’albero della Vita riprodotto in vetro Una versione ridimensionata della chioma dell’Albero che è ormai l’icona della presenza italiana a Expo 2015, realizzata con la tecnica dell’impiombatura; a seconda del punto di osservazione i vetri assumono tonalità differenti per effetto della luce

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opo aver visitato l’Expo, di Milano, Mario Sommaruga è rimasto affascinato dall’esplosione di luci, colori e suoni e dalla maestosità dell’installazione ormai nota come Albero della Vita, al punto di voler trarne ispirazione per realizzare una composizione colorata da porre all’esterno della sua abitazione. l La tecnica scelta è quella delle vetrate artistiche a piombo, ideata da Louis Comfort Tiffany nei primi anni del ‘900 e da cui ha preso il nome nel linguaggio comune. I tasselli necessari si ricavano da frammenti di vetri di vari colori, alcuni anche importanti come quelli dorati e argentati. l Il disegno, come nell’Albero della Vita, riproduce

l’intreccio geometrico ideato da Michelangelo per la pavimentazione di piazza del Campidoglio: mentre l’originale ha una forma ovale, per adattarsi alle dimensioni della piazza, qui è inscritto in un cerchio del diametro di 80 cm. l Si devono realizzare due disegni e numerare i settori nello stesso modo: uno va mantenuto integro e utilizzato come guida per comporre l’opera, dall’altro si devono ritagliare i settori e utilizzarli come dima per il taglio dei vetri. La lama va però tenuta all’interno rispetto alla tracciatura, perché bisogna tener conto del profilo in piombo che va modellato attorno ai vetri, assemblati secondo un’alternanza di colori predefinita. n

Mario Sommaruga di Milano con il suo progetto categoria MATERIALI VARI vince il set di accessori WOLFCRAFT


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UN FIORE AL CENTRO DELLE ELLISSI 1. Servono carta e cartoncino per realizzare il disegno in duplice copia, pezzi di vetro piano di vari colori, profili di piombo e piombo ottonato (sezione H e C), barrette di stagno al 60% e il decapante (acqua salda). 2. Pochi e semplici gli attrezzi: un tagliavetro, una barretta di pietra per molare i bordi e un saldatore elettrico, oltre a pinzette, forbici e cutter. 3. Il disegno su carta serve come base di costruzione, mentre quello di cartoncino, identico e con i settori numerati allo stesso modo, serve per ritagliare le sagome da incollare sulle lastre di vetro, secondo una sequenza cromatica prestabilita. 4. Il tagliavetro va tenuto perfettamente verticale: se il taglio non risulta perfetto, bisogna regolarizzarlo con la pietra ed eli-

minare le sbavature. 5. Nell’affiancare le tessere, bisogna lasciare tra l’una e l’altra 1,75 mm di spessore, infatti la sezione dei profili di piombo che le contornano è il doppio, ossia 3,5 mm. I profili vanno tagliati a misura con il cutter e non occorre limarli: il materiale si modella facilmente essendo molto duttile. 6. Prima di procedere alla saldatura, Mario ha utilizzato come decapante l’acqua salda, un disossidante in forma liquida e densa da applicare sulla superficie con un pennellino; per evitare di deturpare il lato a vista della chioma, tutte le saldature vanno effettuate sul retro. Al termine la superficie va sgrassata: si può utilizzare un semplice detersivo da cucina, badando che non risulti aggressivo per il vetro.

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Zucca di Halloween Realizzazione gigante, fatta con blocchi di polistirolo incollati con silicone bianco, sapientemente intagliato, prima per dare forma sferica e poi per le tipiche aperture di naso, occhi e bocca, con la variante dei denti che stringono una zucca più piccola

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a notte di Halloween cade il 31 ottobre; è una festa che, così come la conosciamo, si rifà alla tradizione statunitense, ma ha origini molto antiche, esattamente dalla celebrazione celtica e gaelica di All Hallows Eve (Ognissanti), osservata pare già 2000 anni fa, fra Scozia, Inghilterra e nord della Francia. In origine si intagliavano le rape facendo lumicini per ricordare le anime imbrigliate nel purgatorio ma, quando la ricorrenza prese campo in Nordamerica, si iniziò a usare la

zucca, per via della grande disponibilità in quei luoghi e della dimensione che facilita l’intaglio. l Shefqet Subashi, ogni anno, trova un po’ di tempo per dedicarsi all’allegoria tipica di questa festività, soprattutto per assaporare con i suoi bimbi, Samuele e Alban, il lavoro, ogni volta diverso, di ideazione, reperimento materiale, costruzione e decorazione della tipica zucca. In quest’occasione è stato scelto il polistirolo in blocchi da unire e scolpire, dandogli la forma dovuta. n

Shefqet, Samuele e Alban Subashi di Varese con il loro progetto categoria MATERIALI VARI vincono il set di accessori WOLFCRAFT


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COME UN IGLOO MA FATTO DI POLISTIROLO 1. Il lavoro di costruzione si svolge su un bancale perché il legno sottostante permette di piantare dei chiodi di delimitazione a cui fissare una striscia di sottile lamiera, messa in costa e chiusa a cerchio, per tenere insieme il primo corso dei blocchi di polistirolo che va ben immobilizzato perché fa necessariamente da base per tutti quelli soprastanti. I pezzi si incollano con silicone bianco e si procede con i corsi successivi come si farebbe con i mattoni, ovvero mettendoli ognuno a cavallo fra due di quelli sottostanti. 2. Si completa la costruzione delle pareti della zucca, usando l’accortezza di rastremare i corsi più in alto verso il centro, come se si stesse costruendo un igloo. Non è necessario ottenere da subito la sfericità della zucca, perché il polistirolo si modella molto facilmente con un coltello a lama liscia e ben affilata. In questo caso, date le dimensioni dell’oggetto, la lama deve anche essere abbastanza lunga. Si parte dalla base, dopo aver liberato il primo corso dalla fasciatura di contenimento, scavando verso l’interno per dare una parvenza di sfericità alla parte sotto. Si prosegue verso l’alto, girando tutto attorno alla grande palla bianca. 3. Il lavoro di intaglio vero e proprio inizia quando si devono incidere nella sfera di polistirolo gli occhi, il naso e la bocca, né più né meno di come si farebbe con una vera zucca. È il momento di liberare tutta la fantasia, personalizzando soprattutto la forma degli occhi e della bocca, in questo caso mettendo una zucca più piccola fra i denti. In quest’ultima il picciuolo viene usato come naso. 4. Sebbene sia sempre stato presente come esperto consigliere nelle operazioni precedenti, il figlioletto più grande, di 5 anni, ora che si deve provvedere alla finitura, può intervenire direttamente nel lavoro prendendo in mano il pennello per colorare tutta la parte bassa della zucca, sino a dove può arrivare; la parte sopra la termina il papà.

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Tavolino scacchiera La vista inaspettata dell’oggetto in un negozio di antiquariato fa nascere il desiderio di possederlo, ma il prezzo è proibitivo... La realizzazione di una copia, anche se meno nobile, è alla portata di un buon far da sé e la funzionalità è la stessa

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on sappiamo se il tavolino visto da Marcello Secci avesse le stesse fattezze di quello da lui realizzato: ne esistono in diversi stili, costruititi con legni pregiati e con le caselle della scacchiera costituite da tarsie di legno di due colori: la successiva levigatura forma un piano unico con la cornice. Con queste fattezze possiamo attribuirlo agli anni ‘50, quindi non si tratta di un pezzo antico, ma sicuramente il prezzo dell’originale è superiore ai 50 euro spesi da Marcello.

l La scacchiera c’è, ma va pulita e riverniciata; per il tavolino servono 2 metri di perline da 20 mm, un listello da 2 metri sezione 35x35 mm, un piano di multistrato di pioppo e uno di betulla, entrambi da 15 mm, più un foglio di compensato da 10 mm, tutto materiale già presente in garage. l Il tavolino si rivela multiuso: sotto il piano può custodire le pedine per dama e scacchi, le carte da gioco, può essere utilizzato per leggere, per godersi un drink e come portariviste. n

Marcello Secci di Oristano con il suo progetto categoria LEGNO vince la fresatrice orizzontale BT-BJ 900 EINHELL


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1. L’incisione decorativa va fatta con uno scalpello a V sulla faccia esterna delle tavole della fascia sottopiano; va fatta dopo aver tagliato le tavole e aver eseguito i tenoni alle estremità, in modo che il fregio inizi e finisca nel posto giusto. I tenoni servono per attuare l’incastro con la sommità delle gambe. 2.Il divisorio interno e il relativo fondo si ottengono da multistrato da 10 mm; il tutto appoggia su listelli da 10x10 mm fissati all’interno delle tavole di contorno, a un’altezza tale da farlo rimanere ribassato per inserirvi la scacchiera. La cornice si ottiene invece dal foglio di multistrato di betulla e ha gli spigoli stondati.

3. Collocato anche il piano inferiore in mutistrato di betulla, si può inserire la scacchiera in sede, verificando che entri di stretta misura; questa rimane rialzata quanto basta da poterla estrarre e accedere al vano interno. 4. Al termine della costruzione, con i debiti montaggi in bianco per verificare l’esattezza delle misure e degli incastri, si smonta tutto lo smontabile per poter colorare separatamente i vari pezzi. Il primo passaggio è con impregnante tinta mogano Sayerlack; per concludere, un paio di mani di vernice semilucida trasparente, anche questa di Sayerlack.

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... e ancora lettori far da sé VASSOIO DA LETTO

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ealizzato in multistrato di legno chiaro, non è proprio facile come può sembrare a prima vista, perché i quattro fianchi inclinati a tronco di piramide richiedono accurati tagli bisellati per unire i lati a due a due (quelli lunghi dal profilo a onde e quelli corti con due ampie impugnature) tra di loro e tutti e quattro al fondo. l Il vassoio vero e proprio è rinforzato con una catena di listellini che corrono sotto il fondo a cui sono imperniati di due piedi, a forma di H, che trasformano il vassoio in un comodo supporto per godersi la colazione a letto. Anche questa parte della costruzione richiede precisione, perché i due piedi in posizione aperta risultano divaricati rispetto al piano del vassoio. Colla e viti a vista uniscono tutti i pezzi e qualche mano di flatting ne rifinisce la superficie. Antonio Scalvenzi (Brescia)

STABILITÀ ALL’ANFORA

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na vecchia anfora, ricordo di famiglia, cominciava a mostrare i segni del tempo: ho così deciso di spostarla sotto il portico ma, data la forma slanciata, era piuttosto instabile, aveva bisogno di un supporto. l Avendo a disposizione dei tondini di rame Ø 12 mm ho realizzato due cerchi concentrici, usando una colonna di cemento come dima, attorno a cui modellare il tondino fino a unirne le estremità (sfruttando le abilità di saldatore di mio genero). Ho tagliato quattro pezzi di tondini che, saldati, fungessero da distanziali tra i due cerchi, in modo che quello inferiore abbracciasse l’anfora alla giusta altezza dandole stabilità ed equilibrio pur non appoggiando per terra. Una mano di carta vetrata e una di vernice protettiva trasparente hanno completato il lavoro. Emilio Tirelli (Perugia)

VECCHI SCURI DIVENTANO MOBILE

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lcuni scuri di legno, sostituiti alle finestre da più nuovi sistemi di ombreggiatura, hanno fornito il materiale di base per un mobile a tre piani con antine ribaltabili in cui riporre cestoni, e contenitori vari. Il mobile, destinato al terrazzo, ha dimostrato una tale funzionalità che dovrò costruirne un altro per il corridoio di casa l La struttura è semplicissima e gli scuri sono usati così come sono con le loro traverse e fodrine, solo portati a misura con i tagli necessari; quello inferiore l’ho dotato di rotelle per agevolarne lo spostamento e quello superiore è recuperato da un piano di cucina in finto marmo. Il tutto è stato trattato con turapori e impregnante. Sandro Belli (Grosseto)

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LAMPADARIO ANTICO

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io nonno all’imbrunire saliva su una sedia e, tenendo con una mano il piatto bianco, girava la lampadina per illuminare la stanza con una luce fioca. Oggi quei due piatti in vinile, testimoni di un’altra epoca, erano destinati a finire nella spazzatura. l Con pochi elementi di ferro (due lunghi tondini sagomati a elle, tre esse, una piattina, un disco e qualche altro pezzo) è nato una portalampada originale che, in cucina, grazie a due lampadine di quelle di oggi, illumina alla grande il piano di lavoro e quello da pranzo. Dentro i tondini a elle, bucati, passano i conduttori che alimentano i due portalampada (questi nuovissimi, isolati e sicuri) e le relative lampadine. l Mi pare che i due piatti bianchi abbiano trovato una nuova vita scampando al consumismo imperante. Leonardo Telesca (Milano)

BORSE CON I MANICI DELLE BORSE

L

e ditte che producono borsine di carta per negozi hanno parecchie rimanenze di scarto; trovo molto utile ed economico recuperare i rotoli di fine produzione del cordino con cui ne realizzano i manici. Uso queste matasse per costruire integralmente borse intrecciate per bimbe, ragazze e adulte, con sfumature e colori sempre nuovi e vivaci. l Si parte da un telaio specificamente realizzato per una determinata misura di borsa. Si tirano i fili prima in una direzione e poi si intrecciano al traverso, doppi o singoli a seconda dello spessore del cordino. Tutto avviene lavorando sul telaio, sino all’altezza prevista per la borsa, quindi la si estrae e si completa attorcigliando lo stesso cordino per realizzare i due manici. Se si desidera una resa lucida, si spennella la borsa con colla vinilica diluita con acqua. Dina Barbierato (Udine)

UN OMAGGIO A TUTTI Gli autori dei lavori pubblicati in queste pagine riceveranno una confezione contenente un assortimento di utensili scelti fra quelli a fianco raffigurati e altri presenti nella gamma PG. La foto è puramente indicativa del contenuto del pacco.


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... e ancora lettori far da sé TROFEO DI CONCHIGLIE E RAMI

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asseggiando sulla spiaggia dopo una forte mareggiata ho trovato tutto l’occorrente per questa realizzazione alla cui base c’è un pezzo di legno contorto con rami aggrovigliati (forse di una pianta rampicante) perfettamente scortecciato dal movimento delle onde. L’ho accuratamente pulito e, in quattro punti equidistanti, ho legato il cordino di nylon le cui estremità sono state passate sulla fiamma di un accendino. l Ho disposto sul tavolo le conchiglie in file ordinate per verificarne l’effetto finale e poi le ho bucate molto vicino al bordo con trapano a colonna e punta al widia. Passato il cordino nel foro, lo si blocca sull’interno della conchiglia con un nodo intorno ad un pezzetto di stuzzicadenti e con un punto di colla universale trasparente. Si procede con la seconda conchiglia e via di seguito (solo per quelle piuttosto lunghe ho fatto due buchi, per evitare che si girassero). Un pezzo dello stesso cordino di nylon costituisce l’attaccaglia per appendere il trofeo al muro. Augusto Di Felice (Teramo)

PROMEMORIA DA CASSE ACUSTICHE

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agli altoparlanti di alcune vecchie radioline (ormai proprio da buttare) ho recuperato i magnetini e li ho rigenerati con una spruzzata di pittura rosso vivo coprendo al meglio le scritte con le caratteristiche elettroniche. l Ho preso una barretta di ferro lunga 500 mm larga 40 mm e spessa 3 mm, l’ho pulita dalla ruggine e da tracce di vernice, l’ho forata alle estremità così da poterla agganciare a due tasselli con gancio fissati a muro. l Ovviamente di queste barrette se ne possono fare quante ne servono: i fogli, le bollette, le ricette, i promemoria, gli inviti da tenere in evidenza vengono saldamente bloccati in posizione dal magnete. Ciò che può mancare sono i magnetini di recupero dalle radioline, ma questi si possono anche acquistare nuovi a poco prezzo (non è necessario che siano proprio provenienti da altoparlanti!). Armando Sabot (Udine)

IL BARCHINO DIVERGENTE

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uesta barchetta galleggiante in legno di abete trattato con impregnante protettivo neutro (ma può essere realizzata anche in polistirolo) ha le due fiancate di misura diversa e, tirata con una lenza da 100 metri camminando lungo la spiaggia, non va diritta, ma in diagonale spingendosi verso il largo. l Alla maniglia sul fianco si collega con un moschettone una lenza secondaria con due ami; la barchetta può essere dotata di una piccola vela e in questo caso sarà il vento a portarla al largo, si dovrà solo provvedere al recupero. La pesca è stata fruttuosa con grande soddisfazione! Angelo Sale (Genova)

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q Pagherò in contrassegno quando il postino mi consegnerà i libri ordinati. Se l’ordine di libri supera i 65 euro riceverò in omaggio la lampada a led con gancio

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anteprima FAR DA SÉ novembre 2015

In casa Venini nascono, a firma di celebri artisti, meravigliose creazioni di vetro! Seguiamo la realizzazione dei famosissimi occhi a firma di Tobia Scarpa. Una pistola a spruzzo Bosch, all’insegna della portabilità in ogni luogo, adatta sia per normali vernici, sia per pitture murali. Sfruttiamo intelligentemente le nicchie che ci sono nelle pareti di casa per librerie e spazi attrezzati. Il guardaroba, che riempie tutta una parete, rivestito con pellicola adesiva, fa pendant con la tenda uguale che sta di fronte. Eliminiamo lo sporco che si è depositato nelle fughe tra una piastrella e l’altra. La prima lampada ibrida funziona sia con alimentazione elettrica sia con batteria da 18 volt. Il presepe nasce sotto gli alberi del giardino, su grandi spazi: paesaggi in pietra e legno ricreano la suggestiva atmosfera natalizia. FAR DA SÉ 98 10-2015


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