EDIBRICO - Sped. abb. post. DL 353/03 (conv. in L. 27/02/04 - N. 46) art.1 c.1 - DCB/AL
MENSILE - ANNO 41 - N. 454 - SETTEMBRE 2015/09 - EURO 4,00
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artigiani del tempo libero
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TECNICHE DEGLI ARTISTI: LA FUSIONE A CERA PERSA TAVOLINI E SUPPORTI PER SMARTPHONE E TABLET BAGNO RIMESSO A NUOVO: IMPIANTI E CARTONGESSO PROGETTO MAKERS PER UNA POLTRONA TUTTA DI LEGNO NUOVA SEGA A GATTUCCIO CON TAGLIO A DOPPIA LAMA
FLASH LINE
PER PIASTRELLE GRANDISSIME
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Pensiero FAR DA SÉ di Nicla de Carolis
Legno in perfetta “tensione compressiva” Uno dei padiglioni di EXPO 2015 più interessanti è quello del Giappone che si sviluppa all’interno di “una griglia tridimensionale di legno” dall’incredibile aspetto scenografico e architettonico, realizzata con quasi 20 mila travi di due metri di lunghezza, in lamellare di larice del Giappone, dalla sezione di circa 11,5 x 11,5 cm. Il Giappone è senz’altro uno degli stati partecipanti all’EXPO che, con la sua proposta culturale, non creata per l’occasione, ma ben radicata nelle sue tradizioni, meglio ha saputo interpretare il tema dell’evento “Nutrire il pianeta, energia per la vita”. La sua dieta alimentare a base di riso, pesce crudo e verdure, è da sempre considerata sana, sostenibile ed equilibrata, in assoluta antitesi agli eccessi che provocano l’obesità per un miliardo di persone. I Giapponesi poi rivolgono particolare attenzione all’insegnamento, già dalle scuole, del non spreco, della conservazione degli alimenti e del loro trasporto, tutte cose che rientrano, non a forza, nella materia sostenibilità. A questi temi si uniscono quello dell’armonia (ambientale ed estetica) e della tecnologia: anche qui la struttura del padiglione Giappone si è espressa al meglio rappresentando la fusione tra tradizione e modernità, rispetto dell’ambiente e perfezione estetica. Uno spazio espositivo di 4.170 metri quadrati, con un’ampia Il dettaglio della griglia tridimensinale in legno che entrata e uno sviluppo in lunghezza, come le case delimita il padiglione del Giappone a Expo 2015. tradizionali di Kyoto, dove, oltre ai materiali natuPer vedere il filmato della costruzione rali come bambù e legno, ci sono tecnologie inforpunta con lo smartphone il qrcode o vai su matiche e sistemi per il risparmio energetico. www.galloppinilegnami.it/expo-2015 Il Giappone è un territorio costituito al 70% da foreste: da sempre i Giapponesi fanno un largo utilizzo di questo materiale consapevoli della sua bontà in quanto risorsa rinnovabile che fornisce acqua ricca di sostanze nutritive e, tornando alla terra, crea le risorse alimentari. Da ciò si spiega l’imponente utilizzo di legno anche per l’esteso graticcio tridimensionale che sta insieme solo con incastri ed è stato realizzato con le macchine a controllo numerico (quelle di cui abbiamo parlato anche su questa rivista) dagli ingegneri e dai tecnici di un’azienda italiana, altamente specializzata, la Galloppini Legnami di Borgosesia (VC) su progetto dell’architetto giapponese Atsushi Kitagawara. Un prodotto prefabbricato che si trasporta con facilità, si monta a secco rapidamente ed è autoportante. Qualcosa che lascia senza fiato, frutto dell’eccellenza artigianal-tecnologica italiana unita alle tradizionali tecniche giapponesi di costruzione in legno chiamate “metodo di tensione compressiva”, uno stato di coazione in cui i singoli elementi costruttivi sono collegati con un sistema di giuntura semplice e formidabile allo stesso tempo che dà origine a una struttura molto resistente che reagisce bene anche ai terremoti. Per concludere, come sono bravi questi Giapponesi! FAR DA SÉ
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SOMMARIO
settembre 2015 - FAR DA SÉ n° 454
BELLEZZA FATTA A MANO FUSIONE A CERA PERSA CHE MAGIA! Una tecnica antichissima, quella usata dai più grandi scultori per le loro opere in bronzo: scopriamola all’interno di grandi fonderie ........................................6
PROGETTI FAR DA SÉ NAVIGARE SUI BIDONI Un’originale iniziativa romana è l’occasione per rivedere alcuni progetti far da sé per imbarcazioni all’insegna del recupero di bidoni e bottiglie ..............12
SUPPORTI PER ELETTRONICA Costruiamo intelligenti supporti per conservare in ordine e in carica computer, telefonini e vari dispositivi elettronici ..................................................16
BAGNO A NUOVO: IMPIANTI E CARTONGESSO (1a PUNTATA)
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Un bagno di fine anni ‘70 viene totalmente ridisegnato, ampliato in altezza con aggiunta di nuove finestre, doccia, riscaldamento a pavimento e altri accessori ..26
TAVOLINO DA SALOTTO CON UNA TAVOLA DI FRASSINO Semplice e lineare, ricavato da un’unica tavola e giuntato con lamelli e spine di faggio ......................36
ORECCHINO-BRACCIALETTO Bigiotteria originale e colorata che si realizza con materiali di facile reperimento .............................40
CHAISELOUNGE FATTA AL COMPUTER I pezzi tagliati con macchina a controllo numerico sono tenuti insieme con bulloni, dadi e fascette ........44
ABC DEL FAR DA SÉ AVER CURA DELLA FERRAMENTA Quando mettiamo le mani su un mobile antico occorre avere cura non solo del legno, ma anche degli accessori che vanno recuperati e opportunamente trattati.........49
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LABORATORIO FAR DA SÉ PULIZIA OVUNQUE Due novità Kärcher per aspirare anche la cenere del caminetto e per pulire con il vapore .....................34
ASPIRATORE DI BARATTOLI Tubi, barattoli, lamiere e altro: tutto materiale recuperato per un completo impianto di aspirazione polveri per il laboratorio.............................................56
TUTTA LA VERSATILITÀ DEL MULTIFUNZIONE Taglia, leviga, raschia, scanala e non può mancare nell’attrezzatura di un far da sé; un kit di lame, proposto da Kwb per qualsiasi attrezzo multifunzione ............60
2 LAME, MEGLIO DI UNA! Un’innovativa sega a gattuccio si avvale di 2 lame che si muovono insieme per tagli precisi e rapidi ......64
RYOBI MISURA CON LO SMARTPHONE Professionista e hobbista possono contare su strumenti di misura e rilevamento che si integrano con i telefoni più evoluti .........................66
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FLEX-LINE PER TAGLIARE PIASTRELLE DI GRANDISSIME DIMENSIONI Montolit propone un sistema completo di incisione e spacco per il taglio di piastrelle fino a 3,4 metri ......68
VETRINA FAR DA SÉ Uno sguardo alle novità nel mondo del bricolage ......72
direttore editoriale e responsabile Nicla de Carolis decarolis@edibrico.it
direttore esecutivo Carlo De Benedetti carlo.debenedetti@edibrico.it
redattore capo Emanuele Bottino e.bottino@edibrico.it
in redazione: Mauro Balbi, Claudia Cazzulo, Giampaolo Ferraro segretaria di redazione: Patrizia Ferrari fotografi: Carlo Cichero, Dino Ferretti realizzazioni: Laboratori-studi di posa di Edibrico in Gavi (AL) disegni: Pier Giorgio Magrassi pubblicità direttore vendite: Marco Carlini tel. 0143 645037 335 7106139 marcocarlini@edibrico.it
LETTORI FAR DA SÉ TETTOIA RIPARO PER ARREDI GIARDINO Un solo montante per grande libertà di movimento nello spazio coperto a ridosso dell’abitazione ............76
FORNO IN MURATURA Un angolo completo (forno e barbecue) per la cottura di cibi in esterno ..................................80
LAMPADA A STRATI
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Un bel pezzo di legno d’ulivo, tagliato a fette e riassemblato con due tondini che tengono le fette distanziate, diventa una lampada calda e moderna ....84
PICCOLO TAVOLO ALLUNGABILE Due ali superiori si ribaltano all’esterno e appoggiano su listelli estraibili nascosti sotto il piano...................86
SPACCALEGNA IDRAULICO Robusta macchina ottenuta con materiale di recupero alimentata da un gruppo compressore....90
TANTI TUBI PORTAOGGETTI A costo zero questo oggetto che contiene penne e matite ben separate e in ordine ...............................92
...E ANCORA LETTORI FAR DA SÉ Idee grandi e piccole da cui prendere spunto.............94
editore EDIBRICO srl 20135 Milano - via Carlo Botta, 7 tel 0143 645037 - fax 0143 645049 registrazione tribunale di Milano n. 557 del 14-10-2002 EDIBRICO pubblica anche: RIFARE CASA IN GIARDINO FAI DA TE OBI ALMANACCO FAR DA SÉ ALMANACCO IN GIARDINO distribuzione esclusiva per l’Italia: SO.DI.P s.p.a. 20092 Cinisello Balsamo (MI) via Bettola, 18 stampa: Rotolito Lombarda - Seggiano (MI)
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bellezza fatta a mano
Fusione a cera persa che magia!
Il soggetto da riprodurre in bronzo viene prima realizzato in cera, colata in un calco di gesso spesso pochi millimetri; la sagoma di cera viene avvolta in materiale refrattario e fatta sciogliere; nella cavità risultante si cola il metallo e la copia, dopo la cesellatura, è fedelissima all’originale
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uesta tecnica, nota fin dall’antichità, consiste nel colare bronzo fuso (ma anche altri metalli, quali oro, argento, acciai) in una forma ottenuta da un modello in gesso, argilla o altro materiale idoneo. Può trattarsi di una statua, di una campana o di qualunque altro manufatto: per esempio questa tecnica è utilizzata anche in gioielleria e in ambito odontoiatrico. l Si utilizza il modello per ottenere un calco in negativo, su questo si stende una quantità di cera di spessore uguale a quello che dovrà avere il soggetto in metallo, poi si separa la forma di cera dal calco e si è ottenuta la copia positiva del modello. La copia va racchiusa in un involucro refrattario dopo aver predisposto i canali per la colata di bronzo e posta in forno: la cera si scioglie ed esce attraverso i fori di scarico (quindi va “persa”), lasciando lo spazio vuoto da colmare con la colata di metallo. Un procedimento lungo e laborioso, che richiede maestria, attenzione, passione. l Nei secoli avanti Cristo con questo sistema si ottenevano opere di dimensioni ridotte e piene: con l’introduzione dell’anima che permette di ottenere il getto cavo, successivamente con la tecnica per avere uno spessore omogeneo e, dopo ancora, con il sistema degli stampi a tasselli che permettono di ottenere più copie da uno stesso modello, il metodo è progredito. In tempi più recenti, l’introduzione della saldatura elettrica ha permesso di aumentare le dimensioni delle fusioni; oggi le grandi opere sono suddivise in pezzi si circa 150x100 cm fusi singolarmente e poi saldati fra loro, non si fonde più in getto unico, per non incorrere in costi esorbitanti. La statua equestre di Carlo IV di Borbone, a Città del Messico, fu fusa nel 1802 con un solo getto di circa 50 tonnellate, ma lo scultore dovette poi lavorare 14 mesi per rifinirla! l Con la fusione a cera persa si beneficia di una straordinaria fedeltà dei dettagli, non ottenibile con le migliori terrecotte, ceramiche o porcellane, neppure col vetro. n
Il Gladiatore, nudo ma con l’elmetto, che si trova a Yerevan (Armenia), e diverse statue che raffigurano ballerini (nella pagina accanto) sono solo alcune delle opere realizzate con il metodo della cera persa da Fernando Botero, l’artista inconfondibile per i soggetti dalle forme tondeggianti. Molte delle opere famose che possiamo ammirare nelle nostre piazze o come integrazione di altri monumenti sono realizzate con questa tecnica: basti citare i cavalli di S. Marco a Venezia, il Marco Aurelio al Campidoglio, la Statua Equestre di Vittorio Emanuele al Vittoriano, quest’ultima così imponente che nella pancia del cavallo, al termine della fusione, fu organizzato un banchetto per 24 persone!
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Foto José-Manuel Benito Álvarez (it.wikipedia.org)
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LA CERA LASCIA IL POSTO AL METALLO 1. Si parte da un modello originale eseguito solitamente in creta. 2. Il modello viene utilizzato per ottenere il calco in negativo da dividere in due guance (a). L’interno delle guance è di materiale siliconico (b) in modo che possa essere rimosso anche in presenza di sottosquadri. Con il calco si produce il modello di gesso a perdere (c). 3. Si stende sul modello di gesso uno strato di cera che deve risultare dello stesso spessore del pezzo finito in metallo.
4. A questo vanno aggiunti alcuni elementi di cera (ramificazioni e altri elementi di comunicazione con l’esterno) per l’evacuazione della cera e l’ingresso del metallo, entrambi fusi. La foto mostra i canali di cera (d) e il modello parzialmente avvolti dal materiale refrattario (e). 5. Dopo la colata, a metallo ormai freddo, si rimuove il materiale refrattario; il manufatto presenta ancora le parti superfue, ovvero i canali (f) e gli sbocchi (g) che vanno rimossi prima della finitura finale.
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PREPARAZIONE E COTTURA DEL CALCO 1-2. Il prodotto da stendere sul modello da riprodurre (in gesso, argilla, resina ecc) dev’essere molto malleabile per poter aderire al soggetto e riprodurne i minimi particolari; al tempo stesso l’adesione non dev’essere permanente, il calco deve potersi staccare con facilità dal modello. In genere si utilizzano gomme siliconiche da impastare a mano e da miscelare con un catalizzatore affinché induriscano. 3. Lo strato viene applicato secondo il metodo manuale “pollice per pollice”; occorre attenzione a non lasciare bolle d’aria. 4. Quando il soggetto è completamente rivestito si passa alla ricopertura con gesso, inizialmente applicato in forma abbastanza liquida utilizzando un pennello. 5. Poi si passa all’ingessatura vera e propria: la tecnica è simile alla cartapesta, si inzuppano nel gesso teli di iuta o simili e si riveste interamente il soggetto con strati sovrapposti, per ottenere uno spessore piuttosto consistente. La realizzazione di questa controforma richiede altresì l’inserimento di un’armatura in tondino o tubo metallico e la suddivisione in due o più parti (tasselli), a seconda delle dimensioni, che permettano la scomposizione della controforma. 6-7. Quando l’ingessatura ha fatto presa si apre la controforma, seguendo le linee dei tasselli determinati in precedenza, e si inizia a liberare il modello dalle gomme, ottenendo un calco in negativo. 8. La gomma di ciascun tassello va dapprima spennellata in modo uniforme con cera liquida, formando uno strato di alcuni millimetri. Prima di unire i tasselli a formare la cavità bisogna ripulire i bordi dai depositi di cera, asportandola con un coltello o un raschietto e facendo attenzione a non rovinare i bordi.
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I tasselli vengono quindi ricomposti a formare la copertura iniziale, facendoli combaciare perfettamente e legandoli con cinghie. 9. Si completa quindi con l’inserimento della cera fusa per colata, fino a raggiungere lo spessore desiderato, ovvero quello che dovrà avere la riproduzione in bronzo. La cera in eccesso va poi eliminata per svuotamento, ossia sollevando il calco e rovesciandola in altro contenitore. La cera solidifica rapidamente e i tasselli ottenuti vanno liberati dalle gomme dopo la riapertura del calco. Con ferri caldi si procede alla rifinitura delle imperfezioni e ad eventuali stuccature con cera, quindi si ricompone il soggetto, intero o in parti a seconda di forma e dimensioni. 10. L’impasto (loto) per realizzare il contenitore di colata è costituito per la maggior parte da materiale refrattario (sabbia, polvere di mattoni), con una modesta aggiunta di gesso. 11-12. Al modello in cera si applicano le “colate”, un sistema di tubicini attraverso i quali il bronzo fuso raggiungerà ogni punto della statua, più gli sfiati e l’imbuto in cui versare il bronzo. Alla base si applica anche un altro tubo, quello per consentire l’uscita della cera che lascerà l’intercapedine destinata al bronzo. La cera viene ricoperta con uno strato di loto più liquido, poi il tutto si riveste con strati di loto armato; al termine una parte di loto più liquido viene colata all’interno, in modo che il soggetto sia completamente avvolto dall’impasto. Il contenitore ottenuto va posto in forno, dove verrà riscaldato lentamente fino a 750 °C e fatto raffreddare: si arriva a 100 °C dopo 36 ore, a 350 °C dopo 3 giorni, poi i 750 °C vanno raggiunti in altri 2 giorni e mantenuti ancora per due. In tutto il processo dura circa 10-11 giorni.
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FUSIONE DELLA STATUA E SUA RIFINITURA 1-2. Al termine del processo di cottura la cera si è fusa senza lasciare residui; i contenitori estratti dal forno vengono “seppelliti” con terra fortemente pressata all’interno di un cilindro in lamiera. Il bronzo viene liquefatto portandolo a circa 1300 °C e versato in un crogiolo, quindi trasportato fino alle forme e versato attraverso l’imbuto. 3. Devono passare circa 24 ore per completare il raffreddamento e poter demolire i contenitori, liberando la forma di bronzo: si inizia la demolizione con un piccone, poi, quando si arriva vicino al soggetto, si procede con maggior cautela e con strumenti meno aggressivi. 4. La rimozione del materiale più vicino alla superficie di bronzo si completa con il potente getto di un’idropulitrice, sia all’esterno sia all’interno della statua ove siano presenti cavità. 5. Con una smerigliatrice si tagliano via tutti i tubicini di colata e di sfiato e altre parti eventualmente utilizzate per l’irrigidimento; solitamente, dopo questa operazione, viene operata una sabbiatura per eliminare anche le più piccole tracce. 6. Viene ora la delicata fase di rifinitura, che inizia con l’asportazione delle creste di bronzo in eccesso con scalpelli e lisciando le protuberanze con dischi da sbavo; per le statue complesse e di grandi dimensioni, che vengono realizzate in più parti, si procede al montaggio, collegandole con perni d’acciaio e operando la saldatura sul profilo esterno. La saldatura permette di chiudere anche eventuali fori rimasti sul soggetto; le zone vengono raccordate e lisciate a colpi di lima o con mole, seguite da carte abrasive e cesello. L’ultima fase è quella della patinatura, che permette di conferire alla statua tonalità differenti in base agli acidi utilizzati e alla loro reazione a contatto con il bronzo; le sostanze vanno stese a pennello sulla superficie dopo averla riscaldata con la fiamma di un cannello. Un successivo lavaggio elimina le tracce di acido in eccesso, quindi si applica uno strato di cera per proteggere l’opera e conferirle brillantezza.
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David Re imondo
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Fusione a cera persa che magia! CONOSCIAMO IL BRONZO Il bronzo è una lega che nasce dalla fusione di rame e stagno, anche se normalmente contiene altri elementi come fosforo, piombo, zinco e berillio a seconda che si voglia avere un’azione disossidante, un aumento della durezza, una migliore lavorabilità. In genere la percentuale di stagno è inferiore al 10%; quando il materiale deve resistere a sollecitazioni e all’attrito, come nel caso dei cuscinetti o delle campane, la percentuale può superare il 20%, ma oltre il 30% la lega diventa fragile. Dai primi del ‘900, tuttavia, il silicio ha preso il posto dello stagno nella produzione del bronzo per utilizzi artistici e industriali. I suoi primi utilizzi risalgono a periodi remoti ed erano talmente diffusi
da dare il nome al periodo storico conosciuto come l’Età del Bronzo (2300-700 a.C.), compreso tra quella del Rame e quella del Ferro; probabilmente la sua nascita la si deve a un errore nella metallurgia primordiale, durante l’aggiunta di minerali diversi nei forni di fusione. Inizialmente era utilizzato per la fabbricazione di utensili, vasi, decorazioni, ma soprattutto armi e corazze, con aggiunta di arsenico per aumentare la durezza. Poi, intorno al 1200-1000 a.C., il commercio dello stagno diventò difficoltoso per via delle migrazioni, il prezzo salì vertiginosamente e l’uso del bronzo venne limitato ai manufatti di pregio, cedendo il posto al ferro dolce per utilizzi comuni. Il bronzo resiste molto bene alla corrosione, ha buone caratteristiche meccaniche e può essere forgiato, laminato, stampato e trafilato. Universalmente noti i “Bronzi” di Riace, di provenienza greca o magnogreca, databili al V secolo a.C., pervenuti in eccezionale stato di conservazione.
LE FONDERIE Gran parte delle informazioni riportate in questo articolo sono tratte da alcune tra le più prestigiose fonderie italiane, che lavorano da generazioni a stretto contatto con artisti di fama internazionale. La fonderia Battaglia ha sede a Milano, quella Versiliese a Pietrasanta (LU) e la Fonderia Marinelli a Firenze; merita di essere ricordata citata un’altra fonderia, la “Pontificia Fonderia Marinelli” di Agnone (IS) che risulta essere la più antica fonderia italiana e tra le più antiche al mondo, con un’attività di ben 1000 anni; è specializzata nella produzione di campane.
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a Fonderi se Versilie
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Arnaldo P omodoro
CAPOLAVORI SOTTO GLI OCCHI DI TUTTI
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1. Il “Grande Disco” (o Sole), realizzato negli anni ‘80, poggia su un piano rialzato in un’aiuola di Piazza Meda a Milano; tramite un percorso pedonale è possibile avvicinarsi e apprezzarlo nei particolari. Si tratta di un doppio cerchio di bronzo dorato posto su una struttura rotante, costituito da diverse forme geometriche unite per saldatura, e si presenta come una contrapposizione del rigore dato dalle linee rette e la morbidezza di quelle curve. 2. La “Sfera Grande” adagiata sulla superficie dell’acqua di una fontana sul lungomare di Pesaro, è la fusione in bronzo realizzata nel 1998 dallo scultore Arnaldo Pomodoro sul modello in poliestere ideato nel 1967 per l’Expo di Montreal e giunto a Pesaro nel 1971. L’opera originale si trova oggi a Roma davanti alla Farnesina, sede del Ministero degli Esteri.
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Navigare sui bidoni La “Re Boat Race” si svolgerà il 12 e 13 settembre a Roma, al Parco Centrale del Lago dell’EUR, e sarà l’evento più pazzo e colorato di fine estate: una regata di imbarcazioni costruite con materiale di recupero e riuso in un’ottica di riciclo e di ecosostenibilità
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ella passata edizione di questa manifestazione, che è unica nel suo genere, si sono iscritte 24 recycled boat (barche riciclate), ma solo 18 hanno superato la prova di galleggiamento e concluso la regata; 8 sono state premiate e tutte smaltite correttamente. Alla loro costruzione hanno partecipato circa 300 persone e l’iniziativa ha riscosso l’interesse di moltissime persone dal vivo e sul web. Cosa succederà quest’anno con la sesta edizione e con il grande spazio cantiere allestito in preparazione? l Alla base del progetto c’è la volontà di dare consapevolezza ai giovani e a tutti, partecipanti o spettatori, che ci sono percorsi virtuosi per “rendere risorsa” e riportare a nuova vita il legno, la plastica, la carta e il cartone. l Ovvia la sensibilità di FAR DA SÉ a questi temi e il sostegno a simili iniziative: siamo andati a rivedere la nostra quarantennale storia di rivista leader del bricolage italiano per riscoprire due momenti importanti in cui abbiamo raccontato e documentato ai nostri lettori proprio la costruzione di imbarcazioni con materiale riciclato. n
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STRUTTURA IN LEGNO, BIDONI E VETRORESINA Difficile comprendere che tipo di barca sia, ma galleggia bene e regge anche un motore fuoribordo! La sua costruzione si basa su otto fusti cilindrici di plastica, recuperati con tappo a vite a chiusura ermetica, e inseriti nelle fiancate di una struttura di listelli e compensato da imballaggio; struttura lignea e bidoni di galleggiamento vengono strettamente vincolati da un rivestimento in vetroresina che irrobustisce e impermeabilizza il battello. La lavorazione della resina e del feltro di vetro richiede esperienza e qualche precauzione. Lo scafo, costituito da carena, paratie, gavone di prua ed elementi di raccordo, viene realizzato in legno e i vari pezzi sono uniti da incastri e spine sempre rinforzati con lastrine e squadrette metalliche. La particolare sagomatura delle quattro paratie accoglie i fusti cilindrici (tre per lato, gli ultimi due disposti in modo inclinato formano la prua). Il progetto è stato pubblicato su FAR DA SÉ nel lontano giugno 1993.
LA ZATTERA DI BOTTIGLIE DI PLASTICA
Circa 600 bottiglie riciclate dell’acqua minerale compongono ogni zattera con cui l’Agesci di Valenza e la Soms di Mugarone hanno costruito queste imbarcazioni per una divertente ed ecologica gita sul fiume Po. Il poliestere con cui sono fatte le bottiglie e i tappi che le chiudono sono molto resistenti (fino a 8 bar di pressione). Riunite in gruppi da 19 con nastro da pacchi, le bottiglie sono inserite su tre listelli per mantenere un buon allineamento, ma la solidità è affidata a un rivestimento di rete per recinzione che mantiene la coesione tra i singoli elementi. All’insegna del riuso di un materiale destinato, nella migliore delle ipotesi, a essere triturato e rifuso, questo trimarano che FAR DA SÉ ha pubblicato nell’aprile 2013.
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“RISTRUTTURARE SENZA DEMOLIRE” la novità editoriale gratis per chi si abbona Le soluzioni innovative e “pulite” per intervenire sugli impianti, sulle pavimentazioni, sui rivestimenti, sui serramenti di casa senza demolire. 96 pagine sui principali interventi, spiegati passo-passo con foto, testi e disegni, per una casa più bella e confortevole. Prezzo di copertina euro 11
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progetti far da sé
Supporti per elettronica Siamo abituati a disperdere per casa computer, telefonini e i vari dispositivi elettronici con cui dividiamo la nostra giornata, ma possiamo con facilità costruire dei supporti che li contengano (magari in carica!) in bella e ordinata evidenza
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Quante prese servono per alimentare tutti i dispositivi elettronici di cui ormai non possiamo fare a meno? Il groviglio di fili diventa inevitabile a meno di concentrare l’alimentazione di tutti in una sola ciabatta, con almeno sei posti, che montiamo in maniera fissa su un lato del tavolino su cui solitamente teniamo computer e altre apparecchiature. Per evitare al massimo i fili volanti facciamo passare quello che alimenta la ciabatta dentro una gamba del tavolino in cui pratichiamo un lungo foro. Tre soluzioni per fornire basi di sostegno ai nostri lettori MP3 o ai cellulari quando non li usiamo in versione mobile: piccole variazioni le rendono su misura dei nostri dispositivi. Per iPod classic o iPhone: struttura ad “L” autoportante con incavi un cui far passare il cavo di alimentazione e l’attacco al dispositivo.
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Per MP3: supporto costituito da tre elementi, due dei quali uniti a formare una “L” rovesciata, mentre il terzo, perpendicolare alla base, funge da sostegno per i dispositivi. Per mini MP3: una base di MDF e un sostegno verticale realizzato con plexiglas trasparente sono la soluzione per i modelli più piccoli. Semplici e lineari mensole con una sottile spondina anticaduta raccolgono in colorata esposizione le copertine dei film, delle raccolte musicali, dei giochi che ci piace avere sempre sotto gli occhi. Le mensole, ottenute da un listello di legno largo solo 35 mm (è più che sufficiente visto l’esiguo spessore degli oggetti che vogliamo esporre), possono essere a tutta parete o riempire piccoli spazi inutilizzati. Se la parete è pitturata con una tinta unica e piuttosto forte, le nostre cover avranno il giusto risalto. n
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TAVOLINO CIABATTA
Il computer c’è, l’hard disk esterno, il router e l’hub pure... non resta che collegare il tutto alla corrente, ma la presa è lontana alcuni metri per cui si forma la solita matassa di cavi. La soluzione a questo problema c’è: consiste nell’installare una multipresa (la cosiddetta ciabatta) direttamente nella struttura del tavolo, in modo da poter collegare tutti gli utilizzatori con il minimo sviluppo di cavi elettrici. L’intervento principale consiste nel realizzare la sede per l’installazione della ciabatta: nel caso proposto si è utilizzata la sega a tazza azionata dal trapano, per aprire un foro iniziale nella traversa corta sotto il piano, e il seghetto alternativo per sagomare e ampliare l’apertura, in funzione della forma della presa. Per togliere di mezzo anche il cavo di alimentazione della ciabatta si realizza un lungo foro all’interno della gamba più vicina utilizzando una punta per legno di adeguata lunghezza. A lavoro ultimato, il tavolino presenta, lungo un bordo, una serie di prese di corrente (sei in questo caso), in cui possiamo inserire le spine di alimentazione di vari apparecchi.
Cosa occorre. Tavolino di recupero; multipresa componibile e relativo cavo di alimentazione con spina; primer universale; smalto acrilico; viti autofilettanti; rullo e vaschetta per pittura; trapano con sega a tazza, molette e punte diverse; raspa.
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PIANO SUPERIORE
VITE DA LEGNO
INCAVO SUL LATO DEL TAVOLINO
CIABATTA
FORO NELLA GAMBA FORO OBLIQUO PER APRIRE USCITA LATERALE FILO ELETTRICO SPINA DI FAGGIO FORO NELLA GAMBA SPINA ALIMENTAZIONE ALIMENTAZIONE
PREPARARE LA SEDE PER LA PRESA E RIFINIRE IL TAVOLINO 1. Utilizzando la ciabatta come dima, tracciamo sul bordo del tavolino una sagoma di riferimento utile per eseguire il taglio che ci consentirà di realizzare la sede della presa multipla. 2. Pratichiamo un foro in corrispondenza della parte curva della traccia. Per quest’operazione utilizziamo il trapano munito di sega a tazza di diametro opportuno. 3. Completiamo l’apertura della sede con il seghetto alternativo, asportando per intero la parte interna. 4. Rifiniamo imperfezioni e sbavature utilizzando una raspa per legno. Cerchiamo di lisciare i bordi senza allargare la sede. 5. Realizziamo una scanalatura, in prossimità della zona curvilinea della sede, che permetterà il corretto posizionamento del cavo di alimentazione della presa multipla. Utilizziamo il trapano munito di fresa cilindrica.
6. Per inserire il cavo di alimentazione della presa multipla all’interno di una gamba del tavolino, dobbiamo praticare un foro longitudinale, utilizzando una punta per legno molto lunga. 7. L’uscita del cavo sotto il piano si ottiene forando la gamba in diagonale, dall’esterno, intercettando il foro fatto prima. 8. Stendiamo, su tutte le superfici, il primer universale e lasciamo asciugare per almeno 24 ore. 9. Tappiamo, occultandola alla vista, l’entrata del foro esterno (serve solo l’uscita interna) inserendo, solo per alcuni mm, una spina di legno. A colla vinilica asciutta asportiamo l’eccedenza della spina, passando la sega a filo superficie. 10. Rifiniamo la zona in cui abbiamo inserito la spina con uno strato di stucco per legno, utilizzando una spatola. 11. Coloriamo con il rullo il tavolino con uno smalto acrilico.
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ASSEMBLARE LA PRESA E INSERIRE IL CAVO
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1. Le prese multiple assemblabili presenti in commercio possono essere di varie tipologie: scegliamone una che sia abbastanza sottile e poco ingombrante, ma con un bel numero di spazi. 2. Utilizzando la pinza spellafili, asportiamo un pezzo di guaina dai cavi interni, portando in evidenza i conduttori di rame; li stringiamo attorcigliandoli in modo che formino un conduttore unico. 3. Fissiamo i fili nell’apposita sede all’ingresso nella ciabatta e serriamo saldamente le viti di bloccaggio. 4. Per smaltare il coperchio della ciabatta con lo stesso prodotto che abbiamo dato al tavolino, è meglio predisporre la plastica a ricevere il colore con un primer spray. 5. Inseriamo, all’interno del foro praticato longitudinalmente nella gamba, una sonda per cavi elettrici. 6. Colleghiamo alla testa della sonda i tre fili del cavo di alimentazione, inserendoli nell’apposito foro. 7. Blocchiamo momentaneamente in posizione i fili alla testa della sonda con alcuni giri di nastro isolante affinché non si sfilino durante il passaggio dentro la gamba. 8. Tiriamo la sonda in modo da far penetrare e stendere il cavo di alimentazione lungo il foro interno. 9. Inseriamo, dall’interno, la ciabatta nella sede e chiudiamola avvitando le viti di bloccaggio. 10. Colleghiamo il cavo di alimentazione alla spina tripolare che verrà inserita in una presa a muro collegata con la rete di alimentazione.
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PER CELLULARI O LETTORI CLASSICI
1. Da una tavoletta di MDF (o multistrato, dello spessore massimo 8 mm) ricaviamo due pezzi da 150x250 mm, che trattiamo con primer e smaltiamo. 2. Le due tavolette si incastrano una nell’altra grazie a due sottili aperture effettuate partendo da un profilo laterale. Tracciamo le linee per il taglio su pezzi di nastro per mascheratura che eviterà altresì che il legno si sfibri sotto l’azione della punta o al momento del taglio. 3. Le aperture degli incavi per il passaggio del cavo di alimentazione e dell’attacco al dispositivo sono realizzate in una tavoletta, con un’apertura a semicerchio; nell’altra con un’asola. 4. Con il cutter asportiamo le porzioni di multistrato delimitate dalle tracce e dai fori, in modo da ottenere le aperture necessarie.
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PER LETTORI MP3 DI MEDIE DIMENSIONI
1. Da una tavoletta di legno abbastanza duro (per esempio faggio) spessa 10 mm, ricaviamo 3 pezzi: due da 150x50 mm e uno da 30x50 mm. Utilizziamo una guida di taglio per effettuare un lavoro preciso con la sega a dorso. 2. Nell’elemento che costituisce la base del supporto ricaviamo un’apertura per il passaggio del cavo di alimentazione del dispositivo (dimensionato per iPod e iPhone). Pratichiamo due fori, che fungono da aperture per l’intaglio dell’asola. Per un lavoro preciso montiamo il trapano sul supporto a colonna. 3. Con il seghetto per traforo asportiamo l’eccedenza di legno presente tra i due fori, in modo da ottenere la giusta apertura. 4. Assembliamo i tre elementi utilizzando colla vinilica o adesivo di montaggio. Per un solido fissaggio manteniamoli in morsa per almeno ventiquattro ore.
PER LETTORI MP3 B3 DI PICCOLE DIMENSIONI 1. Da un listello di faggio ricaviamo due pezzi 10x20x40 mm utilizzando una guida di taglio e una sega a dorso. Eventualmente possiamo smaltarli con una tinta a piacimento; in questo caso ricordiamoci di pretrattare il legno con un primer all’acqua. 2. Il supporto di plexiglas è racchiuso dai due parallelepipedi di legno, uniti tra loro mediante un bullone Ø 8 mm con testa a brugola. A questo scopo realizziamo i fori passanti nel legno utilizzando il trapano montato su supporto a colonna. 3. Il pannello di plexiglas da 1,5 mm è facilmente sagomabile utilizzando un cutter. Ricaviamone una porzione rettangolare da 40x120 mm. 4. Dopo aver forato anche il rettangolo di plexiglas, racchiudiamolo tra le due porzioni di legno e serriamo il bullone a brugola, stringendo il dado.
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MENSOLE PER CD E DVD
Le custodie dei film e delle raccolte dei nostri artisti preferiti riportano immagini che meritano di essere esposte, piuttosto che rinchiuderle nei cassetti dei mobili: possiamo accoppiare due listelli a L in modo che, fissandoli a parete, risulti una scanalatura posteriore con funzione di battuta per le custodie. L’unica difficoltà consiste nel marcare i fori da praticare nel muro perfettamente in linea: in base alla lunghezza dei listelli può essere utile l’aiuto di una seconda persona.
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1. Nel retro del listello da 35x10 mm piantiamo alcuni chiodini che servono come rinforzo al fissaggio del listello da 10x15 mm: ai chiodini asportiamo la testa e schiacciamo un poco l’estremità sporgente, in modo che possano far presa nel legno. 2. Sempre sul retro del listello stendiamo un filo continuo di colla vinilica su tutta la superficie di contatto. 3. Appoggiamo il listello più sottile sui chiodini, ben centrato, e battiamolo con delicatezza fino a realizzare l’unione. La colla che fuoriesce va subito rimossa con un panno inumidito. 4. Al centro del listello sottile apriamo una serie di fori Ø 6 mm, disanziati di circa 600 mm, badando di non intercettare i chiodini piantati in precedenza. Affondiamo la punta per 7-8 mm, spalmiamo di colla le spine di legno e piantiamole nei fori. 5. Pratichiamo sulla parete i fori corrispondenti per i tasselli, il cui diametro interno è uguale a quello delle spine: serve una punta da muro Ø 10 mm e i fori si marcano utilizzando i listelli preaccoppiati come dima, mantenendoli perfettamente in bolla. 6. Spalmiamo un poco di adesivo di montaggio sulla parte sporgente delle spine e inseriamole nei tasselli, battendo delicatamente con un mazzuolo di gomma fino a contatto con la parete.
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Bagno a nuovo: impianti e cartongesso Un bagno di fine anni ‘70 totalmente ridisegnato, ampliato in altezza con aggiunta di nuove finestre, doccia, riscaldamento a pavimento e altri accessori realizzati con sistemi a secco
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al punto di vista della funzionalità, in questo vecchio bagno non mancava nulla, se non una finestra (il ricambio d’aria era affidato a un sistema a ventilazione forzata); anche se ben illuminato artificialmente risultava però un po’ cupo e, dopo più di 30 anni, necessitava di un rinnovo totale. La presenza di un sottotetto basso, sfruttabile a malapena come ripostiglio, è stata la chiave di questa trasformazione, che ha coinvolto diversi professionisti per essere portata a termine: in primis un ingegnere strutturale, che ha coordinato la parziale demolizione del solaio per estendere i volumi fino al tetto, dove sono state installate due finestre motorizzate. l Nonostante il locale misuri poco più di 5 mq è stato possibile aggiungere anche una doccia indipendente, mentre prima c’era solo la vascadoccia: il massetto è stato in parte demolito per far passare i nuovi impianti e installare il riscaldamento a pavimento, oltre a uno scaldasalviette; l’utilizzo delle strutture di cartongesso, rigorosamente del tipo per locali umidi, ha permesso di definire nuove geometrie esaltando la luminosità. l Mentre per impianti e modifiche strutturali è indispensabile rivolgersi a professionisti, in quanto devono certificare le modifiche, molti lavori (in particolare le strutture complementari e i rivestimenti) possono essere svolti da sé, in base alle proprie capacità. n
PRIMA E DOPO: I PERMESSI Il solaio è stato in parte demolito per sfruttare l’altezza fino alla falda del tetto, dove sono state installate due finestre a comando motorizzato; una soluzione che ha comportato un costo aggiuntivo rilevante, ma che si è rivelata vincente nell’evitare ristagni di umidità e per rendere più arioso e luminoso il bagno. Per l’inserimento di una finestra per tetti nella copertura è solitamente necessario presentare una SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) al proprio comune di residenza e, a fine lavori, una relazione tecnica redatta da un professionista. Si consiglia comunque di verificare eventuali limiti o vincoli, in base al regolamento edilizio comunale, presso l’ufficio tecnico del proprio comune. Per tutti i nuovi impianti va depositata a fine lavori copia del certificato di conformità presso gli uffici comunali. Il numero dei vani rimane invariato, quindi non occorre alcuna variazione catastale. Le spese possono essere detratte dall’Irpef nella misura del 50% in 10 rate annuali fino al 31/12/2015 (dal 1° gennaio 2016 si tornerà al 36%).
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Bagno a nuovo: impianti e cartongesso LUCE DAL TETTO
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1. Dall’interno, per realizzare l’apertura delle finestre, è stato necessario rimuovere in parte gli strati isolanti: una pellicola riflettente di fogli d’alluminio, i materassini di isolante e la pellicola a tenuta d’aria. Il tutto va ripristinato con cura attorno alle finestre prima di procedere al rivestimento. La posizione delle finestre da tetto va stabilita unicamente evitando di interferire con la struttura del tetto; in un sottotetto completamente libero e abitabile bisognerebbe tenere conto anche dell’inclinazione della falda e dell’orientamento, al fine di determinare l’altezza d’installazione e la posizione in base al percorso del sole. 2. Il lavoro inizia con la rimozione delle tegole in base all’ingombro delle finestre. 3. Secondo le dimensioni del telaio si tagliano i listelli trasversali portategole a filo della luce. 4. Le due finestre sono uguali ed è importante che ne venga curato l’allineamento. I telai non sono preassemblati e, oltre la squadratura, vanno controllate le diagonali in fase di fissaggio; ai lati va rimossa una fila in più di tegole per le scossaline. 5. Bisogna fare molta attenzione, soprattutto alle connessioni che devono garantire l’impermeabilità. Per questo il lavoro va eseguito da professionisti: la garanzia può perdere di validità in caso di infiltrazioni o altri difetti riconducibili a errori in fase d’installazione. Nella parte superiore della finestra c’è un risvolto che incanala l’acqua piovana proveniente dalle tegole superiori verso due canali laterali ricoperti, per farla defluire alla base della finestra verso il canale di gronda. 6. Dal lato interno, sulla cornice, è presente una scanalatura: è la sede per la striscia isolante a corredo. 7. La dima in dotazione permette di posizionare la finestra con i corretti allineamenti.
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GLI IMPIANTI 1. Con il martello demolitore si rimuove, piastrella dopo piastrella, la vecchia pavimentazione e il sottostante massetto per fare posto alle tubazioni che dovranno correre a pavimento. 2-3. La nuova disposizione dei sanitari richiede di intervenire anche nella piastrellatura e nello strato di materiale isolante scavando con seghetto e scalpello la sede per tubi e valvole. 4. Sulla parete messa a nudo si fanno correre tutti i tubi di mandata e di ritorno per l’acqua calda e fredda: non è particolarmente importante essere precisi in quanto tutto verrà nascosto dietro la controparete sporgente realizzata per reggere i sanitari. 5. Queste intelaiature sono in grado di reggere carichi fino a 150 kg e, prima di rivestire la struttura metallica con lastre di cartongesso e poi con le piastrelle, occorre registrare le mensole che supportano i sanitari e controllare tutti gli incastri dei vari componenti. Piedini regolabili e distanziatori permettono di collocare i sanitari all’altezza e alla profondità desiderate. In primo piano la struttura del muretto che isola WC e bidet nell’angolo in fondo al locale. 6. Per non dover ricorrre a pesanti lavori di demolizione, se la situazione lo consente, i tubi di scarico attraversano la soletta del pavimento e corrono nel locale sottostante a ridosso del soffitto bloccati da apposite fascette a scatto. 7. Sul lato lungo opposto trovano sistemazione la vasca e la doccia: le stutture di sostegno di queste vanno posizionate con grande attenzione all’orizzontalità o alla lievissima pendenza che devono avere (una lunga staggia con bolla permette di fare tutti gli opportuni controlli).
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Servono: Knauf Idrolastre®; profilati metallici a U e a C per orditura; profili angolari paraspigoli; stucco di colore verde come le lastre; fissativo per finiture; fondo di preparazione per piastrellatura su lastre; viti brunite per cartongesso; nastro di rete di fibra di vetro. Knauf (www.knauf.it)
CARTONGESSO IN PANNELLI E ORDITURE METALLICHE 1. Il telaio metallico portante della controparete che fa spazio ai sanitari appesi è composto da una cornice e da montanti interni. Il profilato a U può essere fissato a pavimento, alla giusta distanza dalla parete, con un nastro biadesivo molto potente, ma in questo caso, dovendo reggere i sanitari, meglio segnare i punti dove forare il massetto di cemento e installare tasselli a espansione. 2. Qui tutta la stanza è stata rivestita di pannelli di cartongesso e, quindi, a questa vengono fissati i profilati orizzontali che si tagliano quando serve con un paio di cesoie. 3. Una striscia di cartongesso aiuta a fissare con tasselli il profilato orizzontale nella giusta posizione. 4. Se nel pannello di cartongesso devono essere montati faretti o
scatole di derivazione per l’impianto elettrico, segnata l’esatta posizione il pannello viene forato a terra con una sega a tazza del diametro opportuno e, solo dopo, viene montato in posizione. 5. Le giunzioni tra un pannello e l’altro o le sedi delle viti vengono stuccate con una larga spatola cercando di riempire al meglio. 6. Sullo stucco ancora fresco si stende la rete microforata aiutandosi con la spatole per garantirne la perfetta aderenza (è l’unico sistema per impedire che lungo quelle linee si formino piccole crepe); un secondo passaggio di stucco rende la parete liscia e pronta alla finitura. Se realizzata con un rivestimento di piastrelle, questo coprirà ogni imperfezione delle giunzioni e delle stuccature; se finita a idropittura occorrerà essere più precisi con lo stucco.
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IL CARTONGESSO Chi ha capacità, può procedere da solo senza l’intervento di un professionista, con notevole risparmio, nella costruzione delle strutture e nel rivestimento complessivo con lastre di cartongesso. Dopo aver predisposto gli impianti elettrico e idraulico si possono preparare le strutture complementari: la cornice superiore per l’alloggiamento dei faretti, il muretto che separa i sanitari dal lavabo, le superfici di contorno per le tubazioni e lo scaffale che sovrasta la vasca. Sotto quest’ultimo, un piccolo muretto profondo quanto lo scaffale, contro cui andrà installata la vasca, funge da mensola ed evita che lo sbalzo dello scaffale interferisca con il bacino della vasca. Le strutture sono realizzate con profilati metallici fissati alla muratura e al pavimento, rivestite con lastre di cartongesso antiumidità stuccate nei giunti e nelle viti. Il rivestimento delle pareti si completa in seguito. Nel prossimo fascicolo di FAR DA SE’ seguiremo passo passo la realizzazione dell’impianto di riscaldamento a pavimento, la piastrellatura e la posa del piatto doccia.
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Tavolino da salotto con una tavola di frassino Un progetto dalla semplicitĂ disarmante, sia sotto il profilo estetico, con il design dalle linee elementari e pulite, sia sotto quello esecutivo, in cui domina il legno come materiale costruttivo e le giunzioni con lamelli e con spine di faggio
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a semplicità paga sempre, soprattutto se viene applicata come concetto nelle scelte estetiche. Ma si sa, un conto è scegliere un oggetto fra quelli esposti in un ventaglio di proposte, un conto è “partorire” l’idea e le fattezze per realizzarne uno ex novo. Questa seconda situazione è quanto capita con elevata frequenza a noi far da sé, con l’aggravante (ma in fondo è una sfida divertente) che non solo dobbiamo rendere conto al nostro personale gusto, ma spesso siamo affiancati da giudici spietati come la moglie, i figli, gli amici ecc coinvolti nella nostra costruzione, se non destinatari e committenti della stessa. l Sta di fatto che, se dopo aver girato a lungo alla ricerca di un complemento d’arredo, non si è trovato nulla di convincente, non resta che armarsi di matita e... di semplicità. Un tavolino da salotto può essere insieme realizzazione facile, di rapida esecuzione, ma portatrice di grande soddisfazione. In queste pagine ne diamo dimostrazione, grazie al lavoro eseguito dal nostro lettore Fabrizio Uliana, che ha saputo interpretare benissimo i desideri del cognato, insoddisfatto delle proposte commerciali. l Ma non solo; un secondo obiettivo l’ha centrato consentendo un risparmio quasi totale, visto che, come materia prima, ha usato una tavola di frassino avanzata da precedenti lavori, che ha tagliato e unito in costa per fare il top, mentre per le gambe ne ha dimezzato la larghezza, ricavando tutti gli 8 pezzi necessari per comporle. Tutto sommato, minimale anche l’attrezzatura, visto che si è servito di una semplice sega a mano per effettuare i tagli, di un pialletto per eliminare alcuni risalti del legno, di una fresatrice per lamelli, di un trapano per le spinature e di alcuni immancabili strettoi. n
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GIUNZIONI CON LAMELLI 1. Prima di tagliare i pezzi per fare il top, la tavola va piallata sui bordi perché i lati da unire devono essere perfettamente rettilinei e uniformi. Inoltre, guardando la fibratura si stabilisce quale parte della tavola è meglio utilizzare, essendo il top la parte più importante esteticamente. Anche l’orientamento delle tavole deve essere giusto; per non confondere il verso, una volta stabilito tutto e fatti i tagli, si usano due pezzetti di nastro. 2. Per la giunzione in costa si usano i lamelli, realizzando le sedi con l’apposita fresatrice o con un aggiuntivo da montare sulla smerigliatrice angolare. 3. Messi i lamelli, usando colla ureica come adesivo, spalmata anche sui bordi di contatto, si uniscono le due tavole e si mettono in pressione con strettoi. Per non rovinare il legno bisogna mettere tra bordo e strettoio dei pezzetti di legno di scarto; per evitare che le tavole si inclinino sulla linea di giunzione, per effetto della pressione degli strettoi, se ne mettono altri, trasversalmente, a premere su due coppie di listelli. 4. Solo quando l’adesivo è completamente essiccato, si libera il legno dagli strettoi; si ottiene così un’ampia tavola, adeguata a costituire il top del tavolino, che pare tutta d’un pezzo.
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Tavolino da salotto con una tavola di frassino 2
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DUE PEZZI PER GAMBA 1.Decisa l’altezza del tavolo, si tagliano dalla tavola di frassino quattro segmenti di tale misura. Ogni segmento va poi diviso in due in senso longitudinale per ricavare gli 8 pezzi che servono per realizzare le gambe. 2. Il taglio longitudinale va fatto a 45°, in modo da ottenere due pezzi con un lato bisellato. 3. Il bordo bisellato a 45° è quello in cui si aprono le sedi per i lamelli; se ne fanno tre per ogni lato, si mette la colla e poi i biscottini, prima applicandoli su un lato. 4. Spalmate di adesivo anche le superfici di contatto, ovvero i bordi bisellati, ogni coppia di pezzi va unita e messa in pressione con strettoi, assicurandosi che sia mantenuto l’angolo di 90° fra loro, usando una squadretta di metallo. 5. Le quattro gambe realizzate in questo modo risultano molto robuste, sia per il tipo di giunzione utilizzato, sia per lo spessore delle tavole che le compongono. Gli elementi sono molto ben proporzionati rispetto al top.
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L’ASSEMBLAGGIO 1. Una lievissima passata di pialla a mano, oltre a eliminare le eventuali piccole imperfezioni di allineamento fra le tavole giuntate, uniforma la superficie del legno “tirandola” a lucido e predisponendola a qualsiasi trattamento di finitura. 2. Le gambe vanno fissate al piano del tavolo con spine di faggio. Per essere sicuri di fare i fori nei punti giusti, certi di poterli replicare nelle medesime posizioni per ogni gamba, bisogna costruire una speciale maschera di foratura unendo pochi pezzi di scarto di multistrato. I pezzi si uniscono con la colla e si tengono in posizione sino all’essiccazione dell’adesivo. 3. La maschera è fatta in modo da poterla calzare su ogni lato dell’estremità superiore delle gambe; il foro passante con bussola di metallo indica inequivocabilmente la posizione del foro da praticare. La bussola ha diametro interno di misura per il passaggio di una punta da legno (Ø 8 mm) che corrisponde a quello delle spine di faggio. 4. Nei fori praticati in testa alle gambe (due per ognuna) si inseriscono i marcatori di rame, che hanno ovviamente diametro pari alle spine. 5. Messo il piano del tavolo sul bancone, girato con la parte inferiore all’insù, si appoggiano le gambe con inseriti i marcatori agli angoli e, dopo aver controllato che l’allineamento sia perfetto, si batte un colpo secco sulla gamba con un martello di gomma. Restano sul legno i segni dei centri dei fori da praticare; si procede con un trapano usando un aggiuntivo che aiuti a mantenere la necessaria verticalità. 6. Si spalmano di colla le teste delle gambe e le spine di faggio che si possono inserire prima proprio su queste; poi si attua la giunzione con il piano del tavolo. Quattro lunghi strettoi si mettono per comprimere le gambe sul piano, mentre con tavole e altri strettoi si impone loro la corretta geometria.
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progetti far da sé
Realizzazione di Cinzia Zavanone
Orecchino-bracci Un oggetto di bigiotteria fai da te che può essere utilizzato in due modi, eventualmente variando il diametro dell’anello; ma allo stesso modo si può realizzare un girocollo e la parure è ancor più completa
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ltre che varia bigiotteria, Cinzia Zavanone realizza cornici, contenitori decorati, borse, oggettistica varia. Lo fa per hobby, ma partecipa anche a diversi mercatini tra Liguria e basso Piemonte; fa anche i “pizzi pazzi”, una tecnica che consiste nel decorare oggetti con pizzi irrigiditi con gesso e antichizzati con poco bitume. Sembra facile, ma in realtà ci sono diversi passaggi. l Realizzare monili, se non si hanno esigenze stravaganti, è meno complesso: ci vuole un po’ di pazienza, ma si può imparare semplicemente attraverso foto e didascalie. Bisogna farsi un’idea a monte di come disporre i diversi componenti affinché l’oggetto risulti aggraziato; come braccialetto ne basta uno, per gli orecchini ne servono un paio... ma con le mode attuali non è detto, gli orecchini possono essere diversi. n
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COSA OCCORRE E DOVE SI TROVA
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ccialetto 1. Carta riso/fibra di seta, 10 fogli, 10 colori assortiti, peso 25 g/mq, misure 230x320 mm. Euro 3,50 2. Filo metallico di ottone, Ø 0,25 mm, lunghezza 50 m, in rocchetto. Euro 2,35. 3. Colla per découpage Potch, opaca, a base acqua, 150 ml, alta resistenza alla fiamma. Euro 6,40. 4. Perline metalliche, color oro, diametro 6 mm, foro Ø 1 mm, confezione 35 pezzi. Euro 1,65. 5. Glitter, colore argento, quantità 8 g. Euro 2,10. 6. Collante per bigiotteria, 31 ml, ideale per fissare pietrine, catenine e nastri nelle chiusure. Euro 3,85. 7. Perline sfaccettate di vetro, misure 6x4 mm circa, foro Ø 1 mm, colore blu medio, confezione 30 pezzi. Euro 2,85.
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OPITEC (www.opitec.it)
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Orecchino-braccialetto 1
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FIORI FORMATI A CALDO E PERLINE A PIACERE 1. Con un pennellino piatto si stende uno strato uniforme di colla per tovagliolini (ma si può usare la comune vinilica) sulla pellicola termoformabile. 2. Si appoggia la carta di riso sullo strato di colla, si preme bene evitando grinze e si lascia asciugare. 3. A colla asciutta, si disegnano sulla carta di riso alcuni dischetti nelle dimensioni necessarie; si ritagliano i soggetti con le forbicine. 4. Per ottenere i petali, bisogna dividere il dischetto a spicchi, alternando grandi e piccoli: i lati di quelli grandi, i petali veri e propri, vanno incisi senza arrivare al centro, per renderli mobili; quelli piccoli, a triangolo, vanno asportati per formare la corolla. 5. Si accende la candelina e si avvicina la faccia posteriore del soggetto alla fiamma (non troppo), tenendolo: il calore ammorbidisce il supporto termoformabile e lo rende modellabile. 6. Utilizzando un tappetino in lattice come base d’appoggio, ci si aiuta con il bulino per premere al centro, questa volta sulla faccia anteriore, e far sì che il fiore mantenga la sua forma raffreddandosi. L’operazione si completa in più riprese, rialzando i petali con le dita e riavvicinando il fiore alla fiamma. 7. Dopo aver riscaldato la punta di un ago, lo si utilizza per praticare due fori in linea al centro della corolla, sempre dalla faccia posteriore. Poi si passa la vernice trasparente e si lascia asciugare; volendo, prima dell’asciugatura, si può far aderire alla vernice una spolverata di glitter. 8. Si può cominciare a inserire sul filo metallico varie perline di metallo e vetro, alternandole ai fiori, secondo i propri gusti. Prima di continuare, si lega un capo del filo metallico all’orecchino (o bracciale). 9-10. I fiori vanno inseriti facendo passare il filo in uno dei due fori, poi si inserisce una perlina e si passa il filo nel secondo foro; una goccia di colla stabilizza la perlina al centro. Mentre si avanza, si attorciglia il filo all’anello, mantenendolo ben aderente e ravvicinando i soggetti, bloccando ogni particolare al filo con una goccia di colla all’inizio e alla fine dell’infilata.
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Foto Delfino Sisto Legnani (www.delfinosl.it)
progetti far da sé
ChaiseLounge fatta... al computer Ciò che è complesso, con le macchine a controllo numerico, diventa semplice e fattibile: basta un solo foglio di multistrato da un metro e mezzo per 2, spesso 10 mm, per fare il basamento, tenuto insieme con bulloni e dadi, e la seduta, fatta di tessere unite con fascette FAR DA SÉ 44 09-2015
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uesto è un altro esempio molto significativo di come si aprano nuove prospettive nella realizzazione in proprio di oggetti e complementi d’arredo, come abbiamo già avuto modo di sottolineare in altri articoli su queste pagine. Il merito di aver aperto questa “nuova strada” va ai Makers, ragazzi che hanno mentalità e competenze informatiche, più tanta, tanta creatività. Hanno saputo concretizzare risultati mettendo insieme il disegno tecnico con il personal computer e il lavoro delle macchine a controllo numerico, che recentemente trovano diffusione grazie a costi sempre più accessibili. l La poltrona che proponiamo è la ChaiseLounge disegnata e realizzata da Pietro Leoni; il suo design è il risultato di una combinazione di due fondamentali componenti: una struttura rigida e robusta, formata da elementi fissati fra loro con viti e bulloni, e una flessibile formata da tessere unite con fascette autoserranti. A parte viti, dadi e fascette, tutti i restanti componenti necessari alla realizzazione sono ricavati dal taglio di un unico foglio di legno multistrato, spesso 10 mm, dimensioni 2000x1550 mm, eseguito con una fresatrice a tre assi o, in alternativa, con una taglierina laser. Il progetto è open source, distribuito con licenza Creative Commons e scaricabile direttamente dal sito dell’autore. n
BRACCIO DEL SUPPORTO
INCASTRO TENONE E MORTASA
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SEDE DEL DADO
DADO M8
INCASTRO TENONE E MORTASA
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DISTANZIALE IN COSTA
1. Tutte le parti vengono ritagliate da un unico foglio di legno multistrato. Una studiata distribuzione dei singoli pezzi permette di ottimizzare la superficie necessaria, rimanendo nella misura del foglio di 2000x1550 mm. Nel calcolo si tiene conto del diametro della fresa, che ovviamente erode all’esterno della sagoma di ogni pezzo, più un certo margine di legno che deve rimanere fra un pezzo e l’altro per garantire la rigidità dell’intero foglio sino al termine della lavorazione. 2. Il basamento della poltrona è costituito da tre doppi supporti che sostengono lateralmente e posteriormente la seduta. Ogni elemento che compone quelli laterali è un pezzo intero che scende obliquo da un lato, fa da appoggio a terra e sale obliquo sull’altro lato. Per raggiungere la robustezza necessaria, ogni elemento è costituito da due pezzi affiancati, uniti solo con viti M8 lunghe 40 mm e relativi dadi.
4 Al centro del basamento i supporti laterali e posteriori si incrociano unendosi con incastro a mezzo legno; a irrobustire il tutto e mantenere la perfetta geometria, si applica nel mezzo un pezzo quadrato, unito ai fianchi con viti e dadi. Poi, ancora, sul lato esterno altri due rinforzi. 3. Il sistema di fissaggio con viti e dadi è semplice e funzionale: il braccio presenta tre fori passanti per le viti e in mezzo una mortasa (anche questa passante) per ricevere il tenone del distanziale messo in costa; quest’ultimo, oltre ai fori sagomati che fanno da sede per i dadi, ha anche due mortase in cui si inseriscono i tenoni del terzo pezzo distanziale, messo di piatto. 4. I terminali alti dei supporti hanno una conformazione che agevola l’aggancio e la messa in leggera tensione della seduta, che così resta praticamente appesa in sei punti e non va a toccare i supporti in nessun punto.
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Chaise longue fatta ... al computer
CULLATI DA TESSERE A FORMA TRIANGOLARE Le tessere che compongono la seduta della poltrona hanno tutte forma triangolare, con angoli smussati, ma non sono tutte uguali. La fresatrice a controllo numerico, non solo le ritaglia una a una, ma pratica agli angoli anche i fori passanti, necessari per il montaggio con le fascette autoserranti. I fori devono essere sufficientemente larghi per il passaggio delle fascette, ma collocati in modo che rimanga un buon margine di legno verso l’estremità, fondamentale per la necessaria robustezza, in un punto soggetto a notevoli sollecitazioni. Nei punti in cui convergono i vertici di più tessere, le fascette vanno messe in modo da collegare le due vicine; quindi nei fori devono poter passare anche due fascette insieme. In più, su una faccia di ogni tessera, la macchina incide l’ordine di appartenenza, in modo da potersi districare nel montaggio, anche quando i pezzi sono tutti raccolti dentro una scatola, come se fosse un puzzle.
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TUTTI I COMPONENTI RITAGLIATI NEL FOGLIO DI MULTISTRATO Per la realizzazione di una ChaiseLounge vanno fatte in tutto 53 tessere, divise in 7 ordini (a, b, c, d, e, f, g). Questo perché, essendo tutte assolutamente piatte, va attribuita loro una ben determinata forma e uno specifico orientamento nel modo di accoppiarsi, necessari per ottenere la forma a cucchiaio della seduta, al fine di renderla comoda e praticabile. I distanziali che servono per il montaggio del basamento sono tutti lunghi uguali, ma sono di due tipi: uno più largo (6a), che accoglie due viti per ogni estremità e quindi ha in tutto 4 sedi di tenuta per i dadi; uno più stretto (6b), che accoglie una sola vite e ha la sede di tenuta per un solo dado. Il pezzo di forma quadrata (5) è utile per imporre al basamento una geometria regolare e rigida, impedendo le deformazioni rese possibili dal gioco degli incastri a mezzo legno dei supporti. Non ci si lasci ingannare dal fatto che la serie di supporti laterali del basamento (3a, 3b, 4a, 4b) e quella del supporto posteriore
(1a, 1b, 2a, 2b) mostrano ognuna 4 elementi: avendo ricavato tutti i pezzi della ChaiseLounge da un unico pannello di multistrato con spessore di 10 mm, ottimo per la seduta, per ottenere una potenza strutturale sufficiente nel basamento è stato deciso di accoppiare due pezzi identici per fare ogni singolo supporto. Ognuno di questi, così composto, lavora in parallelo con il suo omologo, resi solidali dalla serie di distanziali, posizionati con incastro a tenone-mortasa e bloccati con viti e dadi. Una volta montata, considerandone forma e funzionalità, la ChaiseLounge è assimilabile al concetto di poltrona. La larghezza è di 1120 mm, inclusi i supporti laterali; la profondità di 970 mm e l’altezza di 780 mm sono tali da mantenere centrale il baricentro, anche se i supporti sono proiettati verso l’esterno della base d’appoggio. La maglia tridimensionale che si estende tra i bracci di sostegno forma seduta, schienale e appoggiabraccia della poltrona.
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SEQUENZA DI MONTAGGIO 1. L’ordine di montaggio prevede che si uniscano prima i due bracci paralleli posteriori. I pezzi da utilizzare sono 4 montanti, (2 da accoppiare per ogni braccio), più gli elementi distanziali che sono 3 larghi, 3 stretti e l’unico quadrato. Si possono fissare subito con viti e dadi, come previsto. 2. Sull’insieme di sostegno posteriore si inserisce quello laterale. Fatto l’accoppiamento dei pezzi 4a e 4b, si inserisce l’elemento così formato nell’incastro a mezzo legno. Come si può notare, il pezzo quadrato (5), che resta in posizione centrale, manca del tenone proprio sul lato posteriore; il motivo è che il braccio appena inserito può entrare solo dall’alto, quindi non sarebbe possibile attuare un incastro al traverso. L’altro braccio, invece, quello formato dai pezzi 3a e 3b, si inserisce frontalmente, quindi può essere incastrato sul tenone dell’elemento 5. Prima di applicarlo vanno inseriti gli elementi distanziali, fissandoli dapprima sul braccio già inserito. 3. La seduta si allestisce applicando le fascette autoserranti, senza tirarle a fondo, anzi, lasciandole leggermente lasche. Durante l’assemblaggio l’insieme inizia a prendere la curvatura desiderata: sin dall’inizio, però, bisogna badare che sia orientata correttamente, ovvero con la sigla sulle tessere nella parte sotto. 4. Una volta completa, la seduta si appende ai fori predisposti nei terminali dei bracci del basamento.
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Pietro Leoni (pietroleoni.com) è designer e maker: “...come designer trovo nel mondo dei makers un’allettante scorciatoia per giungere alla produzione di oggetti, con tutti i suoi limiti”. Il progetto ChaiseLounge è stato sviluppato in FabLab Torino (fablabtorino.org) come open source ed è stato riprodotto in Aalto FabLab per Helsinki World Design Capital 2012. È stato uno dei progetti vincitori del concorso Autoprogettazione 2.0 indetto dalla rivista Domus per realizzare una collezione di arredamento opensource e user generated content. Dal 2014, ChaiseLounge è inserita nella raccolta permanente del Centre National des Art Plastiques di Parigi.
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ABC DEL FAR DA SÉ
Aver cura della FERRAMENTA
L
e parti metalliche sono una costante in innumerevoli manufatti, anche se realizzati principalmente in tutt’altro materiale. Nei mobili, per esempio, le cerniere, molto spesso le maniglie e gli angolari di protezione, sono fatti di metallo per poter resistere all’usura, essendo parti soggette a continuo uso. Ovviamente anche il metallo finisce per usurarsi o rompersi, a seguito delle sollecitazioni cui è sottoposto nel tempo oppure per un evento imprevisto; altro motivo di deterioramento può essere anche l’ossidazione a cui, in varia misura, a seconda della loro natura, i metalli vanno incontro. Va sottolineato, tuttavia, che ogni grado di alterazione della parte metallica, in qualche misura, si ripercuote sui materiali più teneri con cui è a contatto. Questo avviene per esempio nel legno, nei punti in cui sono avvitate le maniglie di ferro, i cardini di un’anta, la serratura di una porta o di un cassetto; tutte parti che risentono indirettamente degli insulti meccanici e del contatto con elementi ossidati. Per la tendenza all’ossidazione della ferramenta applicata a manufatti di varia natura, va fatto un discorso a parte , in quanto spesso sono utilizzati metalli che
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non hanno tendenza all’ossidazione oppure, pur essendo ossidabili, hanno un alto tenore di carbonio che ne limita moltissimo l’incremento. Anche il ferro battuto, per esempio, oggi è realizzato con tecniche per le quali, alla stregua della ghisa e al contrario dell’acciaio, ha un alto tenore di carbonio; inoltre solitamente queste parti sono ulteriormente trattate per aumentarne la concentrazione superficiale di carbonio, ottenendo l’effetto di una forte resistenza all’ossidazione anche del metallo apparentemente nudo. A parte la natura intrinseca del metallo che compone la ferramenta di un manufatto, è doveroso valutarne anche il valore storico e stilistico: meccaniche e cerniere attuali possono essere lucide e luccicanti ma, nel rustico e nell’antico, pur dovendo rimuovere per quanto possibile l’ossido che aggredisce il metallo e impedisce il normale funzionamento della parte, è fondamentale mantenere l’aspetto vissuto e datato dell’accessorio. Se necessario, all’atto della rimozione della ferramenta per effettuare qualsiasi trattamento, bisogna avere molta cura anche nella rimozione dei vecchi chiodi o viti che fissano la parte al manufatto, in modo da operare il recupero anche di questi elementi, per quanto possibile, oppure provvedere alla ricerca di analoghi nei mercatini o in alcuni negozi di ferramenta molto forniti, che potrebbero avere anche i corrispettivi antichizzati.
1.
Nel restauro di un mobile, la rimozione delle maniglie dei cassetti e delle ante è inevitabile anche perché, di solito, proprio in corrispondenza di questi elementi il legno assume una colorazione differente e presenta evidenti segni di usura. Spesso accade anche che le viti di tenuta della ferramenta prendano lasco nelle loro sedi; in questo caso, senza risanare in modo drastico il foro, si può rinvigorire il fissaggio con sottili schegge di legno tenero, oppure sostituire le viti con altre di maggior lunghezza e diametro, oppure mettere viti passanti a passo metrico con rondelle e dadi di tenuta.
2.
Quando la vite di fissaggio è tutt’uno con la ferramenta, bisogna valutare se la sede della vite è molto rovinata o meno; nel primo caso va risanato il legno facendo un foro cieco da chiudere con inserto cilindrico della stessa essenza, nel secondo si può tentare l’inserimento di un paio di sottili schegge di legno all’interno del foro prima di avvitare nuovamente la ferramenta.
3.
Le cerniere vanno smontate, ripulite dell’eventuale ossido in distacco e trattate con un convertitore di ruggine, ma solo nella parte esterna; al perno e alla sede del perno il convertitore non va dato perché farebbe spessore rendendo difficoltoso il movimento.
4.
Le mascherine di serrature che presentano lavorazioni in rilievo vanno trattate con maggiore cautela per non rovinarle; spesso, per ripulirle dall’ossido, è sufficiente applicare qualche goccia d’olio e poi passare con un batuffolo di paglietta, con molta delicatezza.
4.
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5.
Serrature antiche. Il trattamento di rimozione della ruggine in una serratura di questo tipo va fatta con cautela, in modo da conservare l’aspetto della piastra frontale, eliminando l’ossido senza tirarla a lucido. Per la pulizia del meccanismo la cosa migliore è l’immersione nel bagno di petrolio, usando poi una spazzola e un sottile raschietto. Non va utilizzato il convertitore di ruggine, perché può impedire lo scorrimento degli elementi mobili, mentre per il fissaggio bisogna recuperare e usare i vecchi chiodi o le viti, seppure mal ridotti.
6.
7. 5.
Per ricostruire una toppa si provvede alla sagomatura del foro passante iniziale con una lima tonda e una sgorbia; si procede con molta cautela sino a che la forma corrisponda esattamente con quella della chiave, con l’aggiunta di una tolleranza di passaggio.
6.
Talvolta la toppa è costituita da un inserto di metallo (ottone) incastrato nel legno. La ricostruzione non è difficile, ma questione di pazienza. Si taglia una fetta di adeguato spessore da un tondino di ottone, si fa un foro passante del diametro sufficiente al passaggio del gambo della chiave nella posizione corretta e uno verticalmente al di sotto; con la lima si uniscono i due fori e poi si continua a sagomare l’apertura toppa. Terminata questa, si lima il contorno per adeguarlo alla conformazione degli altri cassetti o antine con chiusura. L’inserto deve entrare di stretta misura nella sua sede di legno, in cui va fissato con adesivo.
7.
Una volta rimossa dal manufatto, la piccola ferramenta da pulire dall’ossido, soprattutto se si tratta di antica fattura, può essere immersa nel petrolio caldo per 6-12 ore e poi ripulita a dovere.
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Se non ci sono di mezzo pezzi antichi e si vuole tentare un recupero più drastico si possono usare acidi decapanti che svolgono un’azione molto aggressiva sugli ossidi.
9.
Un espediente antico, ma ancora efficace, per rendere meno ossidabili gli accessori fatti in ferro battuto è arroventarli su un fuoco di carbonella e stracci unti.
8.
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ABC DEL FAR DA SÉ
Cosa c’è da sapere... Spazzola in acciaio inox per smerigliatrice angolare
Sempre più efficaci. Sono tantissimi i prodotti e gli utensili manuali che si possono usare per rimuovere l’ossido dalle superfici. Molte volte sono vere e proprie metodiche tramandate nei tempi: l’uso del petrolio, della spazzola di ferro, del fuoco di carbonella ne sono solo alcuni esempi. La tecnologia, oltre a proporre nuovi sistemi, ha in parte modificato questi che si rivelano sempre validi, migliorandone in alcuni casi la fruibilità e l’efficacia: per esempio le spazzole da applicare al trapano o alla smerigliatrice, che di per sé portano l’innegabile vantaggio di poter svolgere il lavoro molto più velocemente, sono state sviluppate in varianti che usano materiali speciali. Le spazzole si possono reperire in nylon di diverso tipo, in ottone, in acciaio e in acciaio inox caratterizzate da crescente potere abrasivo; quelle in nylon agiscono molto bene sulla ruggine e sulle vernici, intaccando in misura molto lieve il metallo sottostante.
Spazzole in nylon per trapano
Convertitori. Si può fermare l’espansione della ruggine già formata trattandola con un convertitore di ruggine chimico che, reagendo con il supporto ferroso, forma un film protettivo di colore nero il quale impedisce ulteriori formazioni di ossido. Si trovano anche vernici colorate contenenti convertitori di ruggine da stendere a pennello o in bomboletta spray, che permettono di eseguire una verniciatura e una protezione del metallo arrugginito in una sola passata.
Cos’è la ruggine La ruggine è un composto spontaneo di colore bruno-rossiccio che origina un fenomeno di corrosione dei materiali ferrosi; è favorita dalla presenza di ossigeno e acqua, elementi fondamentali per le reazioni chimiche coinvolte. Il comportamento del ferro è, rispetto a questo fenomeno, notevolmente diverso da quello di altri metalli, quali l’alluminio, il nichel, il cromo, lo stagno, che si passivano, cioè si ricoprono di uno strato di ossido protettivo. Il meccanismo di formazione della ruggine coinvolge reazioni chimiche con il biossido di carbonio, l’umidità, l’ossigeno dell’aria e l’anidride solforosa: il processo avviene tanto più rapidamente quanto più la superficie è esposta all’aria e se la superficie non è liscia.
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laboratorio far da sé
Aspiratore di barattoli Con latte vuote di diluente e altre di piselli si realizza la canalizzazione dell’aria e la cappa aspirante; con una lamiera d’acciaio si fa la camera di filtrazione che include un filtro per auto e un sistema d’abbattimento ad acqua. In questo modo i fumi di saldatura e di lavorazione del ferro vengono catturati e l’ambiente di lavoro resta salubre FAR DA SÉ 56 09-2015
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hi svolge frequentemente lavori di saldatura o in genere ha a che fare con costruzioni con materiali ferrosi, deve fare i conti con una certa produzione di fumi e polveri non proprio gradevoli e salutari. Fondamentale, quindi, è poter lavorare in zona ben arieggiata, cosa purtroppo non sempre possibile: d’estate, per esempio, tenere tutto aperto fa entrare il caldo,mentre d’inverno entra il freddo. l Il nostro Leonardo (di nome... e di fatto) Telesca ha risolto con grande efficacia, nonché soddisfazione, al punto che nella descrizione allegata alle fotografie del lavoro esclama con enfasi “...non so perché non lo abbia fatto prima!”. In pratica ha usato un aspiratore, estrapolato da una lavasciuga in disuso, per costruire un sistema di aspirazione canalizzato, con tanto di scatola di filtrazione con filtro a secco e recupero in acqua delle particelle sopra una certa granulometria. l Per la canalizzazione si usano comuni barattoli di diluente (nitro e acquaragia), raccolti nell’arco di tre anni circa, tutti di pari sezione e lunghezza, più alcuni barattoli di piselli, molto utili in questo caso perché leggermente conici verso il fondo, quindi adatti per fare gli innesti. Considerando che anche per il filtro utilizzato si tratta di un’azione di recupero, essendo rimanenza dei ricambi per un’auto venduta anni or sono, il costo dell’operazione è stato di pochi euro per l’acquisto dello stagno, servito per unire i segmenti delle tubazioni (in tutto quasi 10 metri lineari di saldatura). n
LE CONDUTTURE 1. È evidente che per la realizzazione serva un buon numero di barattoli; la loro quantità è direttamente proporzionale con lo sviluppo della canalizzazione. Per il resto non sono necessari molti elementi: basta un aspiratore, un filtro piano per auto, un pezzo di lamiera (in questo caso inox). Come attrezzatura è fondamentale il saldatore a stagno da lattoniere, forbici per lamiera, pinze varie, carta vetrata e spazzola di ferro (anche da montare sul trapano). 2. All’attrezzatura appena elencata va aggiunto un buon apriscatole, necessario per fare presto a rimuovere i coperchi e i fondi di ogni barattolo. 3. Per effettuare le saldature di giunzione fra un barattolo e l’altro è necessario spazzolare a fondo le linee di contatto in quanto gli ossidi non permettono allo stagno di legarsi al metallo. Bisogna anche spalmare abbondante pasta salda, in modo da sgrassare le superfici. 4. I barattoli si uniscono coprendo prima tutte le tratte rettilinee del percorso calcolato. Poi si pensa alle curve, fatte sempre con i medesimi barattoli, tagliandone le estremità a 45° o come meglio si crede, per realizzare il cambio di direzione voluto. Prima del montaggio definitivo, si colorano le condutture con vernice grigio chiaro, in bomboletta spray.
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Aspiratore di barattoli 1
UNA PICCOLA CAPPA
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1. Per realizzare l’imbuto della cappa si utilizza una latta di vernice da 2 litri e mezzo. Tagliato via il fondo, rimane un cilindro che si taglia longitudinalmente ottenendo un foglio di lamiera rettangolare. Lo si spiana bene su un piano di lavoro. 2. Il foglio di lamiera va tagliato opportunamente per fare in modo che, una volta arrotolato, prenda la forma del tronco di cono. Si prova prima con un foglio di carta che poi si usa come dima per ritagliare la lamiera nel modo corretto. 3. Il foglio di lamiera si arrotola su se stesso un po’ più del dovuto in modo che il tronco di cono così ottenuto si possa inserire nel condotto di aspirazione; rilasciandolo, la naturale tendenza della lamiera ad allargarsi permette alla cappa di rimanere bloccata nel tubo di aspirazione. Con la cappa inserita provvisoriamente nel condotto, si marca la linea di sovrapposizione con una punta per tracciare; rimosso il foglio si può provvedere alla pulizia della zona di saldatura per effettuare la giunzione con stagnatura.
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LA CAMERA DI FILTRAZIONE 1. Per fare il contenitore della camera di filtrazione si parte da una lamiera inox che va tagliata nel contorno prevedendone le estensioni laterali e longitudinali, da piegare per ricavare una grossa scatola. I bordi più esterni vanno ripiegati per primi; delle restanti parti bisogna marcare le linee di piega e tenerne conto per tracciare anche i due punti in cui si devono innestare le tubazioni di ingresso e uscita; per aprire queste sedi si fa una serie di fori ravvicinati lungo le circonferenze tracciate. 2. Usando uno scalpello da ferro si tagliano, uno per volta, i sottili istmi fra un foro e l’altro rimuovendo ciò che di metallo
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rimane ancora da questi. 3. I fori nella lamiera sono stati ricavati abbastanza rapidamente e nelle loro precise posizioni ma, dato il sistema usato per praticarli, i bordi risultano fortemente irregolari. Prima di procedere con il fissaggio dei tubi di raccordo è necessario regolarizzare i lembi di contatto. 4. Regolarizzando i bordi si bada che i barattoli entrino di misura; il fissaggio, infatti, in questo caso viene fatto con adesivo Millechiodi che fornisce un’ottima tenuta solo se gli elementi restano bene in contatto, senza che ci siano eccessivi laschi.
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LA TUBAZIONE PEZZO PER PEZZO 1. Il collegamento con l’aspiratore richiede la realizzazione di una flangia che ha due peculiarità: il fissaggio del tubo alla carrozzeria avviene mediante 4 alette con fori che corrispondono a quelli filettati sull’aspiratore; inoltre, per fare tenuta, il terminale del tubo deve essere sagomato con un ingrossamento, in modo che la flangia possa fare presa su un rilievo, tenendo in posizione il condotto, ma lasciandolo ruotare su se stesso. Questo serve per poter orientare verso l’alto il braccio terminale con la cappa, in modo che non ingombri sul bancone quando l’aspiratore non è utilizzato. 2. Sul lato opposto dell’attacco della flangia si trova il motore elettrico dell’aspiratore che, tolto dalla lavasciuga, non ha più una sua protezione. Per metterlo in sicurezza, in modo che non sia possibile toccarlo inavvertitamente e sia un minimo riparato dalla polvere, si taglia a metà un barattolo con coperchio a vite; si apre una finestra nel coperchio in modo che possa passarvi il motore, poi si fissa il coperchio alla carrozzeria dell’aspiratore. Il coperchio deve rimanere girato con la parte filettata verso l’esterno, così ci si avvita il barattolo, o meglio, metà.
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3. Il barattolo non viene lasciato intero perché il motore ha bisogno di aria per non surriscaldarsi durante l’uso. Sul lato che rimane aperto, sempre per questioni di sicurezza, conviene mettere una protezione: in questo caso va benissimo una rete metallica a maglie medie, romboidali. 4. L’uscita dall’aspiratore ha sezione quadra; il raccordo verso il tubo tondo che prosegue è sempre fatto con un barattolo che in questo caso va sagomato opportunamente su quel lato. Da lì il condotto fatto di barattoli sale a soffitto, curva e si trasferisce verso l’angolo più lontano del laboratorio. 5. A un certo punto del suo tragitto, il condotto viene intercettato dalla scatola di filtrazione. L’aria spinta dalla ventola impatta contro il filtro e viene forzata a passare oltre. 6. Mentre le particelle più piccole restano imbrigliate nelle maglie del filtro (per un po’ di volte si può pulire soffiando con aria nel senso inverso, poi va sostituito), quelle maggiori rimbalzano e cadono nella latta piena d’acqua. 7. La cappa aspirante viene girata verso l’alto, per non dare ingombro sul bancone, quando non è utilizzata l’aspirazione.
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laboratorio far da sé
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Tutta la v e del multi f Nato alla fine degli anni ‘60 per il settore medicale è rimasto per anni strumento appannaggio del versatilità, le doti di sicurezza e maneggevolez
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ultifunzione è un attributo diventato identificativo di un elettroutensile che non si può definire altrimenti perché non svolge una specifica azione, ma ne compie diverse, tutte importanti, utili e fatte a dovere. Che sia strumento importante è dimostrato dal fatto che ormai fa parte della dotazione standard di far da sé e professionisti; che sia “un’arma vincente” lo dimostra il numero di marchi che da una decina d’anni a questa parte, ne hanno inserito anche più di un esemplare in gamma. l Il principio di funzionamento del multifunzione è basato sull’oscillazione dell’albero secondario, quello a cui vanno applicati gli elementi attivi. Proprio la rapidità con cui si sostituisce l’utensile applicato, è uno dei punti di forza del multifunzione; un vero trasformista che in pochi secondi diventa sega da metallo, plastica, legno, muratura, oppure levigatrice, raschietto, affilalame, rimuovifughe ecc. Con il sistema oscillante non ci sono lame in rotazione, quindi è anche assicurata una notevole sicurezza d’uso, che lo rende strumento docile e amato dai neofiti. l Il modello Einhell RT-MG 200 E ha controllo elettronico della velocità che garantisce un avviamento progressivo e permette di adattare la potenza al materiale da lavorare. Grazie all’impugnatura antiscivolo è maneggevole e facile da impugnare. Il dispositivo di aspirazione montabile è efficace anche quando viene prodotta molta polvere. Il portautensile è regolabile su 12 posizioni, per lavorare sempre nella posizione più confortevole. n
v ersatilità i funzione dicale (per rimuovere i gessi nei reparti ortopedici) gio del settore professionale; alla fine la grande evolezza l’hanno imposto anche fra i bricoleur
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Tutta la versatilità del multifunzione
www.kwb.eu
LAME PER QUALSIASI MULTIFUNZIONE Gli utensili multifunzione delle varie marche, pur avendo in comune il principio di funzionamento ed essendo persino assimilabili per forma, sia delle macchine sia degli utensili attivi, non condividono i sistemi di attacco all’albero secondario. Le differenze per fortuna non sono abissali, pertanto una ditta come KWB è riuscita a produrre utensili per multifunzione a caratteristiche universali, potendo essere montati sui principali marchi: Aldi, Alpha Tools, Batavia, Black+Decker, Bosch, Craftsman, Dremel, Einhell, Ergotools, Fein Multimaster, Mac Alister, Makita, Mastercraft, Meister Basic, Milwaukee, Parkside, Rigid, Ryobi, Skil, Westfalia, Worx.
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La valigetta KWB (foto sopra) contiene 7 diverse lame universali, per affrontare le principali situazioni di taglio sui materiali come legno laminato e non, plastica, metallo. 1. In questo caso abbiamo rimosso la vite e la rondella di tenuta, per mostrare l’attacco per intero, ma l’apertura laterale della lama consente l’inserimento anche solo allentando la vite. 2-3. Oltre alla maggiore rapidità di inserimento e bloccaggio, rispetto ai sistemi a vite, i multifunzione come il Fein Multimaster offrono un sistema d’attacco molto efficace e resistente per sopportare le oscillazioni di ben 3,4° con una frequenza regolabile da 10.000 a 19.500 al minuto.
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IMPIEGO UNIVERSALE PER LEGNO, PLASTICA E METALLO 1. Con una misura in larghezza di 34 mm e di 44 mm come profondità di taglio, la lama è adatta a lavorare legno laminato e non, PVC, cartongesso. 2. Stesse caratteristiche della precedente, ma con misure di 22 mm di larghezza e 28 mm di profondità di taglio. 3. La lama a immersione con dentatura giapponese permette di lavorare legno duro e morbido, cartongesso, laminato, parquet, plastica ecc. Ha larghezza di 34 mm e profondità di taglio 48 mm. È caratterizzata da denti particolarmente lunghi e affilati. 4. La lama a linea di taglio conformata permette di lavorare il Tutte le lame della valigetta KWB hanno scanalature per trucioli brevettate per una prestazione di lavoro più elevata e veloce. Grandissima la versatilità di utilizzo data dalla conformazione dei diversi utensili: si possono tagliare parquet, laminati, pannelli anticalpestio, con accorciamenti precisi a filo telaio porta; sulle soglie si taglia perfettamente a filo anche la guida di giunzione in alluminio. A filo si possono tagliare anche i chiodi sporgenti dai legni o le tubature di rame dalla parete. Si affrontano con molta facilità i tagli a immersione nei piani di lavoro della cucina per feritoie di ventilazione, negli armadi o nei pannelli di cartongesso per l’applicazione delle scatole elettriche. Scegliendo gli utensili giusti, con lama tonda o sagomata, si rimuove il vecchio mastice dai telai delle finestre. Si possono infine tagliare anche lamiere sottili e metalli non ferrosi. Le lame hanno serigrafate sul lato superiore le indicazioni d’uso circa il materiale lavorabile; quelle rettilinee hanno anche una scala millimetrata e una in pollici per avere riferimento di quanto si stia andando a fondo con il taglio. Il kit costa euro 49,95.
legno massello modellandolo quasi come se fosse uno scalpello; si insinua nei punti difficili per tagliare e asportare mastici e stucchi, è utilissima per aperture sagomate nei pannelli. 5. Con larghezza 10 mm e profondità di taglio 28 mm, questa lama adatta a legno duro e morbido, PVC e cartongesso, agisce con molta precisione per aggiustamenti e apertura di fori di dimensioni molto ridotte. 6. La lama bimetallica può essere utilizzata con legno laminato e non, PVC, rame, alluminio, lamiere sottili. Misura 22x28 mm. 7. Bimetallica, ma con forma semicircolare con Ø 87 mm.
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2 lame, meglio di una! Una nuovissima sega “a gattuccio” che si avvale di un innovativo sistema di taglio a doppia lama: mentre una va avanti, l’altra scorre all’indietro in modo sincrono. Molti i vantaggi: grande bilanciamento della macchina durante l’uso, maggiore rapidità d’azione, possibilità di iniziare il taglio all’interno del pannello, nessuna vibrazione anche con i materiali sottili
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fronte di una nutrita serie di pregi e utilità, la sega elettrica a gattuccio, come l’abbiamo conosciuta sino a oggi, presenta alcuni elementi di criticità, noti a tutti quelli che l’abbiano utilizzata qualche volta. Strike, con il modello TwinCut 1440, ha voluto spazzarli via con un colpo si spugna (o due). L’idea è semplice: se una lama, nella sua azione nello spessore del legno, tende a ripercuotere un po’ di forza sull’impugnatura, mettendone due che si muovono avanti e indietro alternativamente, il problema automaticamente sparisce. l Con questo spariscono anche quasi tutti gli altri problemi. Se per esempio con una sola lama è impossibile iniziare un taglio al centro di un pannello per realizzare una finestrella, con due si riesce perfettamente; con due lame è anche possibile tagliare sottili fogli di compensato da 3 mm, messi anche in verticale, senza tener fermo il bordo di attacco: le lame entrano senza sobbalzi permettendo un taglio netto e senza alcuna sbavatura. l La Strike TwinCut 1440 ha anche prestazioni di grande levatura: il motore ha una potenza di assorbimento di 1400 W, il numero di movimenti delle lame va da 0 a 2400/min e ci sono 2 possibilità di scelta sull’entità di escursione: 20 oppure 30 mm. Il prezzo di listino è euro 310,00 lame universali incluse. n
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www.stellabianca.net/strike-twincut-1440 guarda il video dimostrativo
SOFISTICATI COMANDI
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1. In testa al corpo macchina, di fianco alle lame, ci sono due led che in caso di necessità illuminano la zona di lavoro; sono alimentati da 3 batterie (incluse nella confezione), da inserire nell’apposita sede, chiusa con uno sportello fermato da una vite. 2. Sopra il pulsante per accendere il led c’è l’importante regolazione dell’escursione delle lame, con possibilità di scelta fra 20 mm e 30 mm. 3. Il pulsante d’accensione ha controllo elettronico per gestire la velocità del motore, in più c’è anche una rotella con cui si può imporre un regime massimo. 4. L’impugnatura posteriore ha possibilità di essere sbloccata per ruotare rispetto al corpo macchina; così si ha sempre la migliore presa in tutte le posizioni di taglio. SPORTELLO ACCESSO CAMBIO RAPIDO LAMA
PIASTRA D’APPOGGIO
SBLOCCO ROTAZIONE IMPUGNATURA
CAMBIO ESCURSIONE DELLE LAME
REGOLAZIONE VELOCITÀ MASSIMA
CAMBIO LAMA E REGOLAZIONE PIEDE 5. Nonostante ci siano due lame, la sostituzione è rapida; i due elementi attivi sono vincolati da un perno laterale e si inseriscono affiancati come se fossero uno solo, dopo aver sollevato la sicurezza rossa e ribaltato due levette di blocco (una per ogni lama) predisponendo la sede alla ricezione degli attacchi. 6. Quando le lame sono completamente inserite nella loro sede, si chiudono le due levette di blocco. Provando a estrarle si verifica che siano tenute saldamente. 7. Il piede d’appoggio non solo è inclinabile, ma ha la possibilità di essere regolato nella sua estensione, in modo da accorciare, in caso di necessità, lo sbalzo esterno delle lame; questo può servire, per esempio, per aumentare al massimo la loro rigidità rispetto a materiali da tagliare eccessivamente flessibili.
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Ryobi misura con lo smartphone I più evoluti telefoni cellulari, dopo aver rivoluzionato il nostro modo di comunicare, stanno diventando utili compagni di lavoro. Ora tutti, dal professionista nel campo dell’edilizia, carpenteria, falegnameria e meccanica, sino al far da sé evoluto, possono contare su strumenti di misura e rilevazione che si integrano con lo smartphone
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on la nuovissima gamma Ryobi Phone Works™ si combinano le funzionalità degli strumenti di misura più avanzati con la tecnologia degli smartphone iPhone e Android. La gamma comprende diversi dispositivi di rilevamento, fra cui un misuratore laser di distanza, una livella a 2 raggi con funzione squadro, un termometro a infrarossi, un rilevatore di umidità, una telecamera da ispezione e un rilevatore di legno e metalli per cartongesso. l Utilizzando lo schermo touch del telefono, oltre all’ottima visualizzazione, è possibile creare progetti, personalizzarli e condividerli grazie alle funzioni dell’App Phone Works™; ma soprattutto si possono scattare foto e registrare video sui quali sovrapporre le rilevazioni. Non sarà più necessario, quindi, fare disegni e prendere nota dei dati, perché ogni tipo di rilevazione può essere salvata e organizzata in una piattaforma di semplice accesso e utilizzo. Ogni apparecchio Phone Works™ è dotato di una clip di supporto che si applica allo smartphone per trasformarlo nello strumento di misura desiderato. n L’App Ryobi Phone Works™ permette di utilizzare ogni strumento della gamma e di gestire i progetti salvati, il tutto con un’interfaccia estremamente semplice e intuitiva. L’App è gratuita e scaricabile per le piattaforme Android e iOS, grazie a essa è possibile accedere a funzionalità ben più avanzate rispetto a quelle dei tradizionali misuratori. Ogni informazione è sempre a portata di mano nella memoria dello smartphone; per esempio nel caso di acquisti in un punto vendita, le foto e i video potranno essere mostrati o addirittura inviati a elettricisti, tecnici o idraulici. Grazie alle potenzialità di comunicazione, sarà possibile tenersi aggiornati sullo stato dei lavori. Dall’App è inoltre possibile accedere ai video di istruzioni d’uso e ai tutorial dei singoli strumenti per scoprire tutte le potenzialità che il programma Phone Works™ offre.
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laboratorio far da sé
Flash-Line per tagliare piastrelle di grandissime dimensioni L
e modernissime piastrelle di grande formato, che molte case produttrici hanno messo a catalogo, richiedono sistemi altrettanto innovativi per essere tagliate; con Flash-Line, Montolit ha trovato una risposta alla necessità di molti installatori e far da sé che vogliono approfittare dei vantaggi di questi formati, realizzando un sistema di taglio completo, versatile, comodo da portare in cantiere e utile anche per i più frequenti tagli di piastrelle in formati standard. l Flash-Line è un sistema completo di taglio piastrelle, coperto da brevetto internazionale; è costituito da un binario guida in tre pezzi componibili, un carrello incisore e una pinza per spacco. Taglia piastrelle di grès porcellanato lunghe sino a 3400 mm (3,4 metri!) e spesse sino a 15 mm. La guida, essendo formata da segmenti componibili, può essere usata senza limitazioni anche per i tagli di piastrelle di piccolo formato e risulta molto agevole da trasportare dove si lavora. Costa euro 363,50. n
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Un sistema completo di incisione e spacco, ideale per il taglio di piastrelle di medie e grandi dimensioni, con spessori sino a 15 mm; copre formati sino a 3,4 metri, ma si trasporta comodamente in qualsiasi luogo
www.montolit.com
La sacca di trasporto è robusta e studiata bene perchÊ permette di tenerla in spalla senza difficoltà ; tenendola a tracolla si possono avere le mani libere e portare altri utensili e materiali. Le tre barre della guida sono sistemate ognuna in un alloggiamento separato, in modo da non danneggiarsi a vicenda durante il trasporto e mentre si inseriscono o si rimuovono dalla borsa. In una tasca a parte, anche in questo caso separati da una divisione, trovano posto il carrello incisore e la pinza da spacco.
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DETTAGLI GUIDA E CARRELLO INCISORE 1. Le barre che compongono la guida sono fatte di un profilato d’alluminio che si distingue per robustezza e precisione costruttiva. I rilievi servono per guidare il carrello incisore, i bordi laterali, perfettamente rettilinei e regolari, permettono risultati senza compromessi qualitativi. 2. Sulla faccia piatta d’appoggio sono annegati, in senso longitudinale, tre tondini di gomma che debordano dalla superficie quel tanto che basta per impedire lo scivolamento della guida sulla piastrella. 3. L’incastro fra due pezzi è precisissimo, grazie ai perni bilaterali di centraggio che impongono l’allineamento dei segmenti. 4. Le due mollette di ritegno hanno un rilievo che deve incastrarsi nell’apposita feritoia: per essere sicuri che non avvengano sganci involontari, ci si deve assicurare che questi siano ben inseriti nelle sedi, facendo pressione all’apice delle mollette. 5. Per lo sgancio bastano due dita che tengano sollevate le mollette, mentre con l’altra mano si tira una delle barre per allontanarla dall’altra. 6. Il carrello incisore corre sui binari mediante ruote in teflon;
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il meccanismo che porta la rotella al carburo di tungsteno resta a sbalzo lateralmente. La rotella passa esattamente a 10 mm dal bordo della guida Flash-Line; una cifra tonda che semplifica molto quando si prendono le misure per effettuare i tagli. 7. Le rotelline per incisione hanno una durata elevatissima; la sostituzione non è quasi mai necessaria ma, nel caso si dovesse effettuarla, come in tutte le taglierine Montolit, il procedimento è rapidissimo: si fa ruotare il fermo laterale e si estrae il pernetto che fa da asse alla rotella. 8. Un minuscola goccia di WD-40 sul pernetto garantisce la corretta lubrificazione e lunga vita alla rotella incisore. La fialetta con il prodotto lubrificante è in dotazione. 9. Visto nella parte sotto, il carrello incisore mostra la sua struttura: 4 rotelle di teflon su due assi. Dei due uno solo è fisso, mentre l’altro è tenuto in una posizione di riposo da una molla, ma ha possibilità di escursione verso l’alto, facendo perno su un terzo asse, mediante una piastrina che li rende solidali. Questo permette di appoggiare il carrello sui binari liberamente e iniziare l’incisione solo quando lo si preme verso il basso.
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TAGLIO E SPACCO DI PRECISIONE 1. La piastrella da tagliare va messa su un piano rigido e piatto, di dimensioni maggiori del pezzo stesso. Si posiziona la guida di taglio Flash-Line direttamente sulla piastrella, si piazza il flessometro aperto alla misura necessaria più 10 mm (quelli che si mangia la sporgenza dell’incisore) e si usa come riferimento per mettere il bordo esterno della guida esattamente alla misura data, rispetto al bordo della piastrella. Per essere sicuri che la guida sia messa parallela al bordo laterale della piastrella, la misurazione va fatta all’inizio e alla fine della guida, un paio di volte. 2. Si posiziona il carrello incisore sulla guida Flash-Line all’inizio della piastrella e si verifica (per sicurezza) che fra la rotellina e il bordo laterale della piastrella ci sia la misura corretta. 3. Se non sono necessari aggiustamenti, si parte con l’incisione premendo l’impugnatura del carrello con entrambe le mani, in modo da fare il peso necessario a incidere la superficie della ceramica. 4. La pinza di spacco va regolata nell’escursione per adeguarla allo spessore della piastrella. L’operazione è rapida e intuitiva, perché tenendo in pugno la pinza ci si rende subito conto del minimo gioco che va lasciato. 5. La pinza è semplicissima: di sopra ha due tamponi e sotto il perno regolabile a vite; quest’ultimo fa pressione al centro, esattamente sotto la linea d’incisione, mentre i tamponi la fanno di lato, provocando lo spacco preciso. Il posizionamento della pinza è facilitato da una tacca superiore che va allineata con la linea d’incisione; in questo modo si è sicuri che, sotto, il perno a vite preme nel punto giusto.
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Vetrina far da sé IDROFOBICO EFFETTO NATURALE Impermeabilizza il legno e i materiali porosi, forma una barriera invisibile contro i danni della pioggia, dona al legno un aspetto naturale grazie alla sua elevata trasparenza, assorbe i raggi UV, permette la traspirazione: questi i vantaggi del nuovo prodotto Linea Blu Sayerlack, disponibile in confezione spray da 500 ml (euro 12,90). Ideale per manufatti in legno esposti all’esterno con legno a vista (gazebo, perlinature, staccionate, mobili da giardino) e per rivestimenti in pietra o muratura verticali o inclinati, la sua speciale formulazione dà elevata idrorepellenza e alta resistenza all’umidità. Dopo aver carteggiato e pulito la superficie di legno si spruzza e si applica a pennello in 2-4 mani fino a completa impregnazione del supporto; è completamente asciutto dopo 24 ore, non è sovraverniciabile con altri prodotti. Sayerlack (40065 Pianoro - BO - via del Fiffo, 12 - tel. 0561 770511 www.sayerlack.it)
SONO NUOVI GLI SVITAVVITA B+D Leggerezza e prestazioni costanti completano i plus della batteria al litio rendendo totalmente rinnovati, sia nel design sia nelle caratteristiche tecniche, i tre nuovi svitavvita Black+Decker. La batteria al litio, grazie alla lenta autoscarica, consente di impiegare l’utensile senza doverlo ricaricare tutte le volte. L’assenza di effetto memoria permette di ricaricarlo anche se la batteria non ha ancora raggiunto la scarica completa. Disponibile con impugnatura orientabile a pistola o in linea (euro 49,95), con testa ad angolo per lavorare nei punti di più difficile accesso (euro 39,95) e in forma compatta con impugnatura gommata a pistola (euro 29,95), tutti con batteria ricaricabile da 3,6 volt litio. Black+Decker (28071 Vimercate - MB - via Monza,. 7/A Energypark - tel. 039 23871 - www.blackanddecker.it)
PETALO PROFUMATORE PER AMBIENTI Diffonde fragranze di vaniglia, lavanda, passion flower, himalaya flower, te orientale, mediterraneo (a seconda della cialda inserita nel profumatore) con una discreta emissione ogni 10 minuti nell’ambiente in cui è posto. Funziona a batterie (non incluse) o collegato con il cavo USB (incluso) a una presa dedicata: si chiama Petalo il profumatore d’ambiente dall’essenziale forma di fiore, dotato di pratico pulsante on-off e disponibile nei colori bianco, tortora, Tiffany, fucsia, orange. Costa euro 19,90. Euroequipe (40056 Valsamoggia - loc. Crespellano via del Lavoro, 3 - tel. 051 734808 www.bijoumaison.com)
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XXXXX FOX 6 IN 1 LEVIGATRICE MULTIFUNZIONE Xxxxxxxdifferenzia dall’ormaidiverse nota Piletta Basket È come avere tre macchine con una sola: contenuta in una perché è installabile su lavelliFox da(modello cucina inox, sintepratica borsa la levigatrice 7226AC, euro 99,95) svolge tici e in ceramica con foro scarico da 6 cm (2”). tre funzioni diverse grazie a tre diversi profili che la trasformano in È levigatrice dotata di tappo griglia asportabile che raccoglie i orbitale, rotorbitale e a delta, rendendola così efficace residui del lavaggio delle stoviglie; la parte metallica anche per lavorare su persiane, profili stretti e curvi. della piletta è realizzata interamente in stainless In dotazione una nutrita serie di carte abrasive di ogni formato e steel 18/10 ed è disponibile in grana per eseguire con facilità una vasta gamma di colori con tanti lavori (persino levigare finitura lucida, satinata, perlaprofili tondi!). Potente motore ta.da 250 W per eseguire tutti i Basket è stata progettata lavoriMini di levigatura in modo anche nella versione rapido ed efficiente,“salvaspadue velozio”, un’altezza di soli 87 citàcon impostabili. mm regalare maggior spaSkilper (20149 Milano zio alla zona sotto il lavello. via Marcantonio Colonna, 35 Come tutti i prodotti Lira, rigotel. 02 36961 rosamente “made in Italy”, è www.skil.com) molto alto lo standard xxxx.
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COME PARTECIPARE ALLA PROVA DI ABILITÀ DEI LETTORI
Mandateci le vostre realizzazioni con buone foto che documentino le fasi del lavoro. Ogni mese ne pubblicheremo e premieremo sei, divise a seconda del materiale lavorato e scelte per difficoltà, ingegno, capacità di riciclo, con particolare attenzione alla documentazione fornita e alla qualità delle immagini.
UN PREMIO PER TUTTI Tutti i lettori che ci invieranno la loro realizzazione correttamente documentata, riceveranno comunque una ricca confezione regalo contenente prodotti assortiti Sandokan. La foto è puramente indicativa del contenuto del pacco.
COGNOME
ETÀ
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Cosa mandare: l descrizione e disegni della realizzazione l fotografie digitali a massima risoluzione non compresse o stampe fotografiche l il tagliando a fianco compilato e firmato
TITOLO DELLA REALIZZAZIONE
VIA O LOCALITA’
CITTA’ E PROVINCIA
CAP
Dove inviare: EDIBRICO 15066 GAVI (AL)
TELEFONO
MANDACI ANCHE FOTO E FILMATI BELLI E CURIOSI DEL TUO FAR DA SÉ
Dichiaro che la realizzazione presentata è mia autentica creazione e non è mai stata pubblicata prima d’ora. Ne autorizzo la stampa parziale o totale (con foto, disegni e testo) da parte di EDIBRICO. Data
Firma
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PROVA DI ABILITÀ DEI LETTORI
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SARANNO PUBBLICATI ON-LINE SUL SITO www.edibrico.it E SU www.bricoportale.it
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I PREMI DI SETTEMBRE 2015 per i progetti
LEGNO
EINHELL miscelatore elettrico TC-MX 1400 E. Alimentazione 230 V, potenza assorbita 1400 W, numero di giri 0-750 al minuto, attacco frusta M14, peso 3,8 kg. Interruttore ON/OFF con regolazione elettronica; blocco pulsante per funzionamento in continuo; impugnature ergonomiche e scatola porta ingranaggi molto robusta. Frusta in dotazione.
per i progetti
METALLO
WOLFCRAFT colonna per trapano + morsa. Barra con ingranaggio a cremagliera, tutto d’acciaio; basamento e torretta mobile in fusione di lega con piano rettificato. La torretta ha un collare di diametro standard per immobilizzare i trapani con attacco cilindrico dopo il mandrino. Regolazione finecorsa. La morsa permette di bloccare e centrare il pezzo in lavorazione.
per i progetti
MATERIALI VARI
EINHELL traforo oscillante TH-SS 405 E. Alimentazione 230 V, potenza assorbita 120 W, numero di giri 400-1600 al minuto. La lunghezza della lama è 127 mm, l’escursione di oscillazione di 21 mm, la massima altezza di taglio 57 mm con posizionamento della lama sul piano a 90°. Il piano di taglio è inclinabile da 0 a 45°, un sistema soffiante tiene pulita e perfettamente visibile la linea di taglio. FAR DA SÉ
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Tettoia riparo per arredi giardino L’appoggio su un unico montante lascia la totale libertà di movimento e minimizza l’impatto visivo della struttura, sotto la quale trova posto stabilmente un salottino, ma anche tavolo e sedie pieghevoli per allestire una zona pranzo all’aperto Gustavo Ledda di Cagliari con il suo progetto categoria LEGNO vince il miscelatore TC-MX 1400 E offerto da EINHELL
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a cosa nasce cosa, si inizia con una miglioria per la propria abitazione e, quasi di conseguenza, se ne accodano altre. Ma se uno queste cose sa farsele in proprio non si spaventa, anzi, agisce con entusiasmo. l Tempo fa Gustavo Ledda aveva costruito un barbecue in muratura in una zona esterna adiacente all’abitazione e parzialmente riparata da un terrazzo, all’angolo opposto della situazione illustrata in queste pagine. Per il rivestimento aveva utilizzato sottili lastre di pietra di Trani avute in regalo, ma ne aveva ancora molte, così ha pensato di estendere il rivestimento fino all’angolo opposto. Poi, con legno lamellare e perline, ha progettato questa copertura da 3,30x2 metri per avere una zona relax all’aperto. l Ma non è tutto: con gli avanzi delle travi ha costruito una piccola panca, con quelli delle perline ha realizzato tre ante per chiudere il ripostiglio delle bombole del gas e, con gli ultimi avanzi, piccoli contenitori a giorno per il bagno. n
1. Per il fissaggio a terra del montante (160x120 mm) si utilizzano due staffe metalliche a U tassellate al pavimento, affinché la base rimanga sollevata da terra di circa 10 mm e risulti “ventilata” e protetta dall’umidità. 2-3. Le estremità a vista delle travi, per vezzo estetico, vanno sagomate prendendo spunto da elementi costruttivi simili visti in giro: si disegna il profilo su un foglio e lo si riporta su una delle facce laterali con carta carbone, avendo cura di prolungare la tracciatura sulle facce adiacenti con due linee rette. 4-5. La lama del seghetto alternativo ha un’escursione di 100 mm, insufficiente ad attraversare le travi principali da parte a parte: la sagoma va infatti riportata anche sulla faccia opposta per completare il taglio capovolgendo la trave. La sega a nastro permetterebbe di effettuare il taglio in un’unica passata, ma il lavoro non è fattibile per la lunghezza delle travi, impossibili da maneggiare per seguire la sagomatura. 6. Per facilitare l’avanzamento della lama si fanno saltare alcune parti penetrando il legno con la lama di uno scalpello. 7. Completato il taglio, si regolarizza il profilo con una levigatrice orbitale e con carta vetrata a mano nelle curve più strette. 8-9. Le travi secondarie vanno semplicemente stondate nella parte inferiore dell’estremità a vista, tracciando direttamente sul legno un quarto di cerchio con il compasso. Anche qui, dopo il taglio, si impone l’uso della levigatrice per regolarizzare il profilo.
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LE FASI DI MONTAGGIO
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1. La trave di sostegno a muro va preforata passante in più punti e utilizzata come dima per marcare i fori da eseguire nella muratura. Per il fissaggio si utilizzano barrette filettate Ø 10 mm che, dopo l’espansione dei tasselli (o l’inserimento tramite tassello chimico) sporgano dalla muratura 20 mm in più rispetto allo spessore della trave, tagliando via eventuali eccedenze. La trave si calza sulle barrette e si blocca con due dadi, dei quali quello esterno a cupola. 2. Per il fissaggio della traversa esterna si pratica uno scasso nella muratura in cui un’estremità possa essere annegata per alcuni centimetri. L’altra estremità poggia sul montante. 3. Come si nota, tutti gli elementi sono stati trattati con impregnante prima della posa in opera. La porzione di traversa da annegare nella muratura va inoltre rivestita con più mani di guaina liquida, per proteggerla dall’umidità, e provvista di zanche. 4. In corrispondenza di tutti i punti di appoggio di una trave sull’altra va praticato uno scasso di profondità minima per ottenere una maggiore stabilità data dall’incastro. Il montante si mette in posizione senza serrare a fondo le viti che lo vincolano alla staffa; si appoggia la traversa su di esso dopo averla inserita nella parete, senza murarla, e si mette a piombo e in bolla. La traversa si fissa alla sommità del montante con 3 viti lunghe 250 mm; si stabilizza la struttura e si montano le travi secondarie di sezione 80x100 mm. 5. Le perline per la copertura si tagliano da liste da 5000x150x20 mm reperite a un prezzo vantaggioso; si fissano con coppie di viti in corrispondenza delle travi secondarie. 6. Il tavolato si riveste successivamente con una guaina bituminosa ardesiata applicata a caldo. 7. Per completare il lavoro si installa un canale di raccolta delle acque piovane con relativo tubo di discesa parallelo alla muratura che confluisce in un pozzetto di scarico.
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NON FACCIAMOCI DIVORARE DALLA TV...
UN’ORA IN MENO ALLA TV, UN’ORA IN PIÙ AL BRICOLAGE
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C’È ANCHE IL BARBECUE Di lato, su uno sbalzo realizzato durante la preparazione del basamento, si completa l’angolo cottura con un barbecue: sulla gettata si posizionano le tavelle refrattarie per il piano di fuoco, si sale con muretti laterali e di fondo (inserendo tra il primo e il secondo corso un mattone sporgente, come appoggio per la griglia) e si chiude con una cappa sempre in mattoni refrattari, da accompagnare al tubo di evacuazione dei fumi. Il tutto si chiude con un tavellone centrale tagliato a misura e si rifinisce esternamente con malta rinforzata con rete in fibra di vetro.
Giacomo Mannuccia di Verona con il suo progetto categoria MATERIALI VARI vince il traforo oscillante TH-SS 405 E offerto da EINHELL
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Forno in muratura Un angolo di cottura completo in muratura allestito nel locale sottostante l’abitazione, ancora al grezzo, per rigustare con parenti e amici i vecchi sapori: quattro mesi di lavoro nel tempo libero, ma l’opera non è ancora finita...
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ella foto di apertura la costruzione di Giacomo Mannuccia ci appare completa, tant’è che ha già sfornato diversi manicaretti; tuttavia ci confida che ha ancora in mente alcune idee per abbellirla e renderla più funzionale. l Lo stesso barbecue laterale non rientrava nel progetto iniziale, è frutto di un’aggiunta in corso d’opera visto che si potevano convogliare i fumi dei due focolari in una singola canna fumaria che si sviluppa fino al tetto (grazie a un piccolo ponteggio noleggiato), da utilizzare alternativamente per l’una o l’altra cottura. l Per avere un’idea delle dimensioni, il basamento del solo forno, realizzato su un sottofondo già esistente di 10 cm di calcestruzzo, misura 170 cm in larghezza e 180 in profondità: anche tenendo conto della riduzione di spazio che comporta lo spessore dei mattoni e il corretto isolamento del focolare, il vano interno di cottura ha un diametro di 90 cm, ideale per far cuocere contemporaneamente tre grandi pizze. n
1. Sul sottofondo di calcestruzzo si applica una membrana catramata da 4 mm per bloccare eventuali risalite di umidità che potrebbero intaccare l’intera struttura. 2-3. I muretti sono fatti di blocchi di calcestruzzo 400x200x200 mm; agli angoli, nel sottofondo, questi blocchi vengono forati per inserire tondini di ferro da 12 mm e dare stabilità alla struttura. I blocchetti sono disposti a correre in modo sfalsato da una fila all’altra. 4. Sulla muratura si predispone il basamento del forno in tavelloni alternati a travetti di laterocemento su cui si sovrappone la rete elettrosaldata, rinforzata da due tondini zigrinati di diametro maggiore messi in diagonale. Sul lato esterno si arma con tavole e tondino di ferro una sporgenza di circa 800 mm che costituirà il piano del barbecue; il tutto viene chiuso perimetralmente con un cassero di tavole di legno... 5. ... che ha lo scopo di contenere la gettata di ghiaia e cemento. A destra, lungo il muro, si predispone la zona per preparare gli impasti da forno: si tirano su due muretti e vi si posa sopra una lastra di granito, in questo caso di recupero.
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GETTATA DOPO GETTATA 1. A maturazione avvenuta del calcestruzzo, sul basamento si stende uno strato di 100 mm di argilla espansa (per contenere le dispersioni di calore verso il calcestruzzo) mescolata con poco cemento e acqua. Una volta asciutta, si procede con un’ulteriore gettata di sabbia e cemento rinforzata con rete elettrosaldata zincata; su questa si colloca il forno in refrattario prefabbricato, costituito da basamento (3 pezzi) e volta (4 pezzi) da assemblare a secco, collegando i vari elementi con ferri a U. 2. Il perimetro del barbecue si delimita con mattoni forati e si realizza una finitura estetica attorno al forno con mattoni in stile antico e una soglia di marmo botticino. Si monta la canna fumaria costituita da un tubo di acciaio inox Ø 200 mm. 3. Esternamente la cupola va coibentata con strati di lana di roccia, ricoperti con una rete metallica per polli per poi completare con una gettata di malta di calce. Sopra, un’ulteriore strato di argilla espansa e cemento. La bocca del forno si realizza con mattoni e cemento refrattari, avvalendosi di una dima curva e lasciando uno spazio minimo tra forno e bocca per assorbire le dilatazioni dovute al calore, quindi si completa la parte frontale con malta e un tavellone fissato alla parete esistente e al muretto che delimita il barbecue. 4. Attorno alla bocca si riveste l’area con vecchi mattoni tagliati a metà profondità per contenere l’ingombro; la parte superiore si riveste con pietra di Trani spessa 10-20 mm fissata con colla Kerakoll. Un raccordo di acciaio a T lungo la canna fumaria permette di evacuare alternativamente (per motivi di tiraggio e sicurezza) i fumi del forno o quelli del barbecue. 5. Si completa il rivestimento nella parte bassa con un archetto di mattoni e pietra di Trani e si realizza una tettoia con 5 travi e perline di abete, ricoperta con tegole avanzate.
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hi s o per c ar da sé a a F re Cas a a Rif
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lettori far da sé
Lampada a strati Fantasia e creatività sono denominatore comune della maggior parte delle costruzioni dei far da sé, ma talvolta finiscono per essere la vera essenza del progetto che si basa esclusivamente sull’idea e sul gusto personale, espressi liberamente sin dall’inizio del lavoro, senza alcun disegno prestabilito
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metà fra una scultura e un complemento d’arredo, Bruno Nicolo ci propone una sua interpretazione di lampada da tavolo. È una di quelle realizzazioni che nascono “da dentro” e non seguendo uno specifico progetto. Prendono corpo cammin facendo dal momento in cui si sceglie il pezzo da lavorare e pian piano gli si attribuisce una forma, assecondandone le naturali irregolarità e imperfezioni, trasformandole in pregi e peculiarità estetiche. Al contrario della grande produzione, ogni oggetto così costruito risulta pezzo unico e irripetibile. l L’idea è quella di prendere una sezione di tronco di legno e dargli una forma arrotondata e monolitica, ma con la base piatta in modo che possa stare in piedi. All’apparenza deve assomigliare a un ciottolo di fiume, grosso e bislungo. Invece di usare un tale elemento come supporto per un paralume, come succede spesso, lo si lavora tagliandolo a fette per fare in modo che questo stesso diventi base d’appoggio e diffusore di una luce inserita all’interno. l La luce diffusa in questo modo non è certo quella che può illuminare una stanza, ma l’effetto scenico che si ottiene e le proiezioni di luce sulle pareti sono decisamente suggestivi. n
Bruno Nicolo di Biella con il suo progetto categoria LEGNO vince il miscelatore TC-MX 1400 E offerto da EINHELL
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FETTE BEN CENTRATE
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1. Il pezzo di legno va bloccato al banco di lavoro per poterlo sgrossare con la motosega, in questo caso elettrica in modo da poter lavorare al chiuso. Quello che si deve fare in questa fase è dare al ceppo la forma voluta; non deve essere un lavoro preciso, ma è necessario asportare il grosso del materiale superfluo. 2.Le grosse seghettature che lascia la lama della sega a catena si rimuovono utilizzando una smerigliatrice angolare con disco abrasivo al carburo; la superficie poi si uniforma ulteriormente con una passata leggera di levigatrice a nastro. 3. Tagliato il blocco alla base, in modo che questa risulti ortogonale all’estensione del legno, lo si fissa a un pannello di multistrato per procedere ai successivi tagli, quelli per farlo “a fette”. La prima, più spessa, comprende l’apice del pezzo e deve essere alta almeno una decina di centimetri. Per le fette successive si regola la guida laterale in modo da ottenere spessori di 20 mm. Quel che resta, lo si lascia per fare la base. 4. Facendo una serie di diagonali, si trova il centro del primo disco da 20 mm di spessore, lo si centra con quello immediatamente successivo e si mettono insieme sotto il trapano a colonna per forarli con una sega a tazza da 80 mm di diametro. Passato di poco con la sega il primo disco dei due ci si ferma e lo si rimuove; si mette sotto a quello restante un’altro disco, allineandolo perfettamente, e si procede con la foratura nella sede già iniziata. Si procede così sino alla fine perché non sarebbe possibile praticare il foro in un’unica soluzione. 5. Con i pezzi perfettamente allineati si praticano due fori di diametro 10 mm per tutto lo spessore dei pezzi usando una punta da legno molto lunga oppure lo stesso stratagemma usato per il foro centrale. 6. I fori laterali servono per legare i dischi uno all’altro mediante due bacchette di faggio per fare spine di giunzione. I dischi si inseriscono dall’alto e si spessorano con pezzetti di multistrato in modo che restino equidistanti. 7. Le imperfezioni assiali, dovute al non perfetto allineamento dei fori delle spine, si eliminano con una passata di levigatrice a nastro, prima di provvedere al montaggio, da sotto, della parte elettrica.
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Piccolo tavolo allungabile Le due ali superiori si ribaltano all’esterno e appoggiano su listelli estraibili nascosti sotto il piano e muniti di finecorsa: in questo modo si può raddoppiare all’occorrenza il numero dei commensali
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nche una casa non molto grande può risultare più che sufficiente, nella quotidianità, per la vita di una famiglia, ma se lo spazio è misurato l’arrivo di qualche ospite porta un po’ di scompiglio, perché bisogna quanto meno raddoppiare i posti a sedere. l I tavoli allungabili sono l’icona dei mobili salvaspazio, esistono in diverse versioni e ce ne sono per tutte le tasche. Ma la figlia di Franco Pantalei ha potuto contare su un modello esclusivo, grazie all’abilità del padre nel progettare il tavolo come lei lo voleva e di realizzarlo nel suo laboratorio. l Bontà sua, prima di mettersi all’opera, Franco ha sottoposto il suo progetto alla nostra redazione chiedendo un parere su come aveva concepito la
costruzione del mobile e la sua trasformabilità; ovviamente gli è stato chiesto di fotografare le fasi realizzative e di farci avere le immagini, che abbiamo ricevuto insieme a una dettagliata descrizione e alcuni disegni esplicativi. l La costruzione ha avuto inizio dal legname grezzo, con i piani ottenuti da tavole piallate e portate a misura e incollate a venatura contraria con inserimento di tasselli. Stesso procedimento per le gambe: non avendo a disposizione travetti di sezione 70x70 mm sono state utilizzate tavole da 80x40 mm, incollate a coppie e poi piallate per portarle alla necessaria sezione. Spesa: 160 euro per il legno, 8 euro per le cerniere, 13 euro per la vernice e 9 euro di altri materiali. n
Franco Pantalei di Genova con il suo progetto categoria LEGNO vince il miscelatore TC-MX 1400 E offerto da EINHELL
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L’articolazione dei piani avviene tramite 4 cerniere di tipo antichizzato, ciascuna fissata con 6 viti Ø 3x25 mm. Per farle risultare sotto filo piano è stato necessario realizzare gli incavi con un paziente lavoro di sgorbia e scalpello, data la loro sagomatura.
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I DETTAGLI 1. In versione chiusa il tavolo misura 1000x700xh810 mm; ribaltando il piano la lunghezza raddoppia e l’altezza si riduce a 780 mm, essendo i piani spessi 30 mm. 2. I listelli di prolunga scorrono sotto il piano del tavolo all’interno di staffe metalliche a omega ricavate da piattina di ferro sezione 20x2 mm, fissate con coppie di viti Ø 2,4x16 mm; da evidenziare che, affinché i listelli possano scorrere uno accanto all’altro, le feritoie di una tavola devono essere sfalsate rispetto a quella opposta. L’escursione di ciascun listello è limitata da una spina di legno Ø 6 mm conficcata a 170 mm dall’estremità interna. 3-4. La limitazione permette ai listelli di fuoriuscire per 450 mm, fornendo un ottimo appoggio ai piani superiori ribaltati. Nelle tavole del telaio viene effettuata una sagomatura centrale ad arco che ne riduce progressivamente la larghezza fino a 45 mm nel punto più stretto.
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UNIONI SOLIDE DEI PEZZI NUMERATI 1. Da tavole di noce nazionale si ricavano le tavolette che costituiscono i piani, da unire con 25 tasselli di legno duro 45x30x10 mm, le gambe da 750x70x70 mm, 2+2 parti di telaio 580/920x90x22 mm. Servono inoltre 4 listelli 780x30x20 mm per sostenere il piano e 6 tasselli di legno sagomati a L coricata per fissare il piano inferiore del tavolo all’interno del telaio. 2. I 3 fori che formano una Y servono per unire telaio e gambe con spine Ø 10 mm; ovviamente su ciascuna gamba i fori vanno praticati su due facce ortogonali, per cui occorrono 24 spine. É stato necessario costruire una dima con i fori campione utilizzando una piastrina di alluminio, da posizionare prima sulla gamba e poi, capovolta, sulla tavola corrispondente, per riprodurre le forature con precisione. Sulle tavole che compongono il telaio si notano le scanalature per il passaggio dei listelli di prolunga e le mortase in cui devono far presa i tasselli di collegamento al piano. Indispensabile, per mantenere la corrispondenza in fase di montaggio, contrassegnare ciascun pezzo con numeri e tracciature di allineamento. 3. Lo spessore delle gambe va ridotto, nella parte centrale e per una lunghezza di 520 mm, da 70 a 60 mm, ossia asportando
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5 mm di legno da ogni faccia partendo a 70 mm dall’estremità inferiore (piede). Si utilizza la sega radiale. 4. Lo sguscio di raccordo tra i diversi spessori si effettua con la fresatrice utilizzata a mo’ di toupie, qui grazie a un supporto autocostruito dal nostro lettore. 5. Una levigatura su tutte le facce uniforma la superficie dopo il taglio e la fresatura. 6.Utilizzando distanziali calibrati e altri spessori, si unisce una tavola corta a una coppia di gambe, tramite spine e colla vinilica; si fa lo stesso per l’altra coppia di gambe e, a colla asciutta, si collegano i due elementi tramite le tavole lunghe. 7. Nello spessore delle tavole che costituiscono il piano si praticano le mortase (3 su ognuna del piano inferiore) per l’inserimento dei tasselli d’unione con abbondante colla vinilica: il tutto va poi messo in pressa. 8-9. Il blocco gambe-telaio si poggia capovolto sul piano inferiore ben centrato, quindi si uniscono i due pezzi tramite i tasselli inseriti nelle mortase (due sulle tavole lunghe del telaio e una al centro di quelle corte) con colla vinilica, poi si avvitano al piano con viti Ø 4x40 mm e si incernierano i due semipiani.
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uella che Maurizio Bologna ci propone è una tipica costruzione per la quale si deve essere esperti far da sé, sia per realizzarla sia per utilizzarla. Non che l’una e l’altra fase siano particolarmente difficoltose, ma entrambe richiedono una certa abilità in possesso solo di chi ha un po’ di “mestiere”. l La macchina, uno spaccalegna idraulico, in questo caso è un accessorio, in quanto da solo non funziona; ha bisogno di usare la potenza espressa da un altro dispositivo, per esempio un trattore oppure, come in questo caso, un motore elettrico collegato a una pompa idraulica. l La competenza richiesta è quella necessaria per la scelta dei pezzi, opportunamente calibrati: il pistone idraulico lungo 530 mm, con stelo da 25 mm di diametro, la piattina e il tubolare d’acciaio di spessore adeguato per il carico di lavoro. l Quella richiesta per l’utilizzo è motivata dalla mancanza dei classici sistemi di sicurezza che contraddistinguono gli accessori di questo genere, in particolar modo le due ganasce di ferro che sostengono il pezzo, durante la lavorazione. n LARGHEZZA 270 MM TRAVERSA SUPERIORE TUBOLARE 40X30X5 MM CAMERA PISTONE MM 500 ALTEZZA 950 MM
TRAVERSA INFERIORE PISTONE: USCITA 420 MM DIAMETRO 25 MM
LAMA INOX BASE 300X300 MM
Spaccalegna idraulico Una macchina efficace e robusta, fatta da un vero esperto far da sé, abile nello scegliere gli elementi costruttivi e nel metterli insieme con tutti i rinforzi del caso. L’abilità è necessaria anche nel successivo utilizzo sul campo, vista la mancanza di ogni sorta di sicurezza e protezione per l’operatore Maurizio Bologna di Verona con il suo progetto categoria METALLO vince la colonna per trapano + morsa offerti da WOLFCRAFT
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1. Il pistone idraulico è recuperato presso un demolitore; sulla base della sua altezza e della sua escursione si dimensionano i montanti di tubo quadro 40x30x5 mm. La base d’appoggio è fatta con una lamiera spessa 5 mm, mentre per le traverse che reggono il pistone sopra e sotto si usano due pezzi pieni. 2. Si rimuovono gli attacchi idraulici fissi del pistone per mettere due attacchi a innesto rapido, comodissimi per collegare il dispositivo alla pompa elettrica o al trattore. All’apice dello stantuffo del pistone si fissa una spessa piastra d’acciaio inox il cui profilo inferiore, quello attivo, è conformato a V. 3. Il tutto è unito con saldatura ad arco e poi rifinito con smalto nero e rosso. Nella foto l’accessorio è al lavoro su un ciocco di legno collegato con la pompa idraulica a motore elettrico costruita dallo stesso autore.
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lettori far da sé
Tanti tubi portaoggetti Ecco un altro oggetto utile, facile da realizzare e a costo zero, in quanto si ottiene da avanzi di altri lavori: l’occorrente per disegnare e decorare è conservato ben suddiviso e quello che serve è facilmente individuabile a colpo d’occhio
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ulla scrivania di chi ama disegnare non può mancare un portamatite, ma se poi i disegni vanno colorati un solo contenitore non basta: bisogna avere a portata di mano matite in più colori, pennarelli, gomme, temperamatite, magari altri complementi per la decorazione... se si vuole avere tutto a disposizione senza occupare buona parte del piano di lavoro bisogna inventarsi qualcosa, senza ricorrere a cassetti (dove poi le cose finiscono sparpagliate) o a mensole. l Con molta semplicità, Juri Zani ha pensato di disporre i contenitori in verticale anziché in orizzontale: l’ingombro sul piano rimane contenuto
e individuare quello che occorre, mantenendo ordine, è molto più semplice e immediato. l Per ottenere ciò che gli serviva ha utilizzato spezzoni di tubo di PVC (quelli per edilizia) avanzati da altri lavori, di vario diametro, che ha tagliato in elementi cilindrici di altezza adeguata allo scopo; ha chiuso il fondo con dischetti di compensato e li ha incollati tra se stessi e a una base di legno, facendoli rimanere un poco inclinati all’indietro grazie a un rialzo applicato sulla faccia superiore della base, in posizione avanzata; ha colorato il tutto con spray in tonalità vivace e... finalmente un po’ di ordine! n
Juri Zani di Brescia con il suo progetto categoria MATERIALI VARI vince il traforo oscillante TH-SS 405 E offerto da EINHELL
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STRUTTURA ASIMMETRICA 1. Per tagliare i tubi alla lunghezza desiderata si può utilizzare un comune seghetto da ferro, ma il multicutter è più comodo. 2. Man mano che si tagliano i pezzi, si cerca di trovare una composizione variegata, ma raccolta, fino al raggiungimento del numero di elementi ritenuti necessari. 3. Da scarti di compensato si ricavano i dischi di legno per chiudere il fondo dei cilindri: uno ad uno si appoggiano i tubi in verticale per tracciare la circonferenza, cercando di non sprecare materiale, poi si taglia con l’alternativo tenendo la lama poco al di fuori della tracciatura. 4. Si levigano i bordi e si incollano i dischi ai cilindri con un filo di colla vinilica. 5. La base per il portaoggetti misura 200x20x30 mm e si ricava da una tavoletta di faggio lamellare; per un taglio perfettamente squadrato è indispensabile disporre di una guida per la sega circolare o per il seghetto alternativo. 6. La levigatura va effettuata sui bordi, ma può essere necessario rimuovere la patina di sporco anche sulla faccia a vista. 7. Sempre da uno scarto di legno di buono spessore si ritaglia il supporto su cui deve appoggiare il primo barattolo per rimanere inclinato all’indietro, da incollare in posizione avanzata. 8. I contenitori vanno verniciati con colori spray in tonalità vivaci spruzzati sia all’esterno sia all’interno, mantenendosi a una distanza di 15-20 cm e senza indugiare in uno stesso punto per evitare colature. 9. A vernice asciutta si stende un filo di silicone sul supporto e si posiziona il primo barattolo. 10. Seguendo uno schema prestabilito si compone la struttura incollando, con lo stesso silicone, ogni barattolo a quelli adiacenti, mantenendoli bloccati con morsetti.
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... e ancora lettori far da sé UN CESTO RINFORZATO PER LIZ
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he fare dei cesti pieni di leccornie che ci regalano a Natale quando sono vuoti del loro contenuto? Portariviste, contenitori per frutta o per biancheria? Io ho pensato di ricavare una comoda cuccia per accogliere la mia bassottina, una cagnolina di nome Liz che in casa è trattata come una regina. l Il cesto è robusto di per sé, ma due assicelle di legno sottile, tagliate di misura, infilate nei vimini intrecciati della base e incollate gli danno una robustezza a tutta prova quando si voglia spostare cesto con inquilino al suo interno. l L’interno del cesto deve essere foderato con uno spesso strato di gommapiuma e foderato con una stoffa colorata; questa, per poterla lavare, deve essere rimovibile e può essere legata ai vimini con qualche fettuccia opportunamente distanziata. Una cordicella, fatta passare dentro una coulisse cucita sul bordo della stoffa e annodata in un solo punto approfittando della svasatura del cesto, ottiene lo stesso risultato. Francesco Rucci (Foggia)
IL TAVOLO SI FA BIANCO
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olto spesso, su queste pagine, si vedono mobili che nel corso degli anni sono stati pitturati con diversi strati di smalto e che vengono sverniciati per essere riportati a legno: io ho fatto il procedimento inverso. l Questo tavolino non antico in tinta legno lucida non mi piaceva e mi sembrava che legasse male con il resto dell’arredamento, così l’ho carteggiato leggermente (sui fascioni, sui bordi e sulle gambe fittamente decorati non è stato possibile fare molto) e gli ho dato una mano di cementite: a seguire due mani di pittura bianca all’acqua per renderne meno pretenzioso l’aspetto. Giorgio Montanari (Ravenna)
SCALA RESTAURATA
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rima era una scala con alzata in muratura e pedata in beola grezza; i fianchi erano intonacati e il tempo aveva lasciato ben evidenti i segni del degrado. Si imponevano lavori di ripristino e miglioramento e per questi ho scelto una beola scura e levigata con spessore in pedata di 4 cm; per l’alzata ho scelto invece la lavorazione “con scuretto” (detto anche dentello o quadretto, una fresatura lineare a sezione quadrata praticata per evidenziare il giunto con la pedata o per minimizzare le imperfezioni di contatto). l Ho rimosso la vecchia scala, ho preparato la superficie degli scalini facendo i ritocchi necessari con malta di cemento, ho posato pedate e alzate a regola d’arte. Mentre c’ero ho rivestito con la stessa pietra, in lastre larghe come le pedate, anche le pareti del corpo scala. l La ringhiera in ferro era relativamente nuova ed è rimasta al suo posto senza disturbare la ristrutturazione. Francesco Scialfa (Milano)
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LANTERNA CON OTTAGONI
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a uso come portavasi sospeso, ma la sua forma è quella di una lampada che una lunga catena fa pendere dal soffitto; alla base della sua costruzione c’è un tavola in abete spessa 14 mm con dimensioni 250x1000 mm da cui si ricavano i nove ottagoni che la compongono. l Tracciare il primo ottagono è facilissimo: basta disegnare su carta (o direttamente sul legno) un quadrato di 70 mm di lato, dividere ogni lato in tre parti (20+30+20) e tagliare via i triangoli che si determinano sui quattro vertici del quadrato. Con un listello appoggiato ai lati del primo ottagono, e via via agli altri, si disegnano gli ottagoni a scalare che si incollano l’uno sull’altro a formare la cuspide. Otto tondini collegano la cuspide alla base (ma l’incollaggio di questa si può fare solo dopo aver messo all’interno il vaso o l’oggetto a cui si vuole dare risalto!), il piede di un armadio e un pomolo fresati a ottagono concludono la costruzione in alto e a essi si aggancia la catena di sospensione. Fabrizio Marni (Pavia)
PORTADOCUMENTI IN ACCIAIO
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asta documenti e bollette sparsi per casa! Serviva un contenitore da appendere al muro che li conservasse in ordine e in evidenza. Per costruirlo ho usato acciaio spesso 2,5 mm da cui ho ritagliato il pezzo nelle misure desiderate di 240x150 mm. l Su questo ho praticato quattro fori diametro 8 mm a circa 30 mm dai vertici del rettangolo; con la smerigliatrice ho tagliato tre lati da foro a foro (resta integro solo un lato lungo per poter piegare verso l’esterno il rettangolo più piccolo così determinato). Con un disco abrasivo lamellare ho rifinito la superficie passandovi sopra la smerigliatrice con movimenti circolari; con due tasselli a gancio l’ho fissato alla parete. Monica Barbieri (Brescia)
LO SPREMIMELOGRANO MANUALE
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l succo di melograno fa bene alla salute e l’albero del mio giardino produce frutti in abbondanza, troppi da mangiare, per questo ho ideato e costruito questo spremitore manuale di melograni perché l’utilizzo allo scopo degli elettrodomestici in commercio non ha dato esiti soddisfacenti. Da un piedistallo di legno si innalza un tubo quadro da 500x40x40 mm su cui si articola il supporto che regge il piattello Ø 100 con tanti fori per la fuoriuscita del succo e la lunga leva che abbassa il piattello in plastica dura Ø 80 mm che comprime il frutto maturo. Angelo Ghirimoldi (Varese)
UN OMAGGIO A TUTTI Gli autori dei lavori pubblicati in queste pagine riceveranno una confezione contenente un assortimento di utensili scelti fra quelli a fianco raffigurati e altri presenti nella gamma PG. La foto è puramente indicativa del contenuto del pacco.
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... e ancora lettori far da sé PORTACAPPELLI DA PARETE
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ollezionare cappelli è una passione ingombrante e i cassetti non sono il luogo ideale in cui conservarli. Una parete vuota dietro la porta (perché non ci sta nessun mobile) può essere il posto giusto per appendere uno steccato portacappelli e dare così a coppole, baschi e berretti una giusta collocazione. l Per la costruzione impiego lamellare di abete su cui traccio (usando come dima il piatto del microonde) il profilo a più curve del supporto centrale. Le dieci costole, con un’estremità arrotondata, vengono incollate e fissate con strisce di compensato nei punti più rigonfi del supporto centrale. Stuccate le imperfezioni, stese due mani di cementite, tagliati tanti pernetti da tondino Ø 14 mm e inseriti nelle costole in modo alternato (43-4-3-4), non resta che completare il portacappelli con due mani di smalto bianco e appenderlo alla parete con due tasselli. Marco Rigoli (Varese)
IL TAMBURO IN MINIATURA
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ono un avvocato con la passione del far da sé e del Medioevo: associato al gruppo di sbandieratori della mia città nel ruolo di tamburino, ho avuto l’idea di riprodurre in miniatura e con materiale di recupero il mio strumento musicale. l Ho recuperato un barattolo con la forma idonea, due tappi per simulare le pelli superiore e inferiore; ho rivestito con tappezzeria a tinta lignea la superficie esterna del barattolo e con una corda ho riprodotto le strisce di canapa incrociata che ci sono sullo strumento reale; con una camera d’aria ho realizzato la minitracolla con tanto di reggibacchette (due chiodi a cui ho tolto la punta e che ho pitturato di bianco). l Ho realizzato anche il basamento, con tanto di logo del nostro gruppo di sbandieratori. In conclusione il recupero di una vecchia campana di vetro, sotto cui alloggiava un orologio rotto, mi ha consentito di dare alla miniatura un posto di tutto rispetto. Domenico Fasano (Caserta)
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A EXPO 2015 torna Pangea (la Terra prima della deriva dei continenti) e sono tanti tavoli a incastro di legno pregiato
anteprima FAR DA SÉ ottobre 2015
Farsi l’ufficio in casa: alcune intelligenti soluzioni utilizzando moduli, pensili e supporti a cremagliera Nastro e disco per levigature perfette in una sola macchina da banco Per Halloween prepariamo un’enorme zucca tutta di polistirolo! Bagno a nuovo (2a puntata): riscaldamento a pavimento, installazione della doccia e pavimentazione Modelliamo filo e lamiera di rame per farne fiori e lampadari di grande effetto Guardiamo dentro una pistola utile per incollare da professionisti Piove e il tergicristallo non fa più bene il suo lavoro: sostituiamolo interamente o solo la spazzola
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marcovitidesign
by Della Fiore La linea m’amo comprende doccette, minikit, saliscendi, colonne e accessori per il bagno. Qualunque prodotto della linea è caratterizzato dall’ottima qualità dei materiali, dall’attenzione al design di ultima tendenza e, non ultimo, da un rapporto qualità/prezzo eccezionale. Tutti gli articoli sono facilissimi da montare, anche senza l’aiuto di un esperto del settore, e coperti da garanzia pluriannuale.
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