n. 425 - anno 39
artigiani del tempo libero
i t e PER RESTAURARE r g e s i UN TAVOLO D’EPOCA
EDIBRICO - Sped. abb. post. DL 353/03 (conv. in L. 27/02/04 - N. 46) art.1 c.1 - DCB/AL
MENSILE - ANNO 39 - N. 425 - APRILE 2013/04 - EURO 4,00
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VIDEOSORVEGLIANZA: UN FACILE PROGETTO UN DIVANO LETTO CHE VIAGGIA SU RUOTE
ZATTERA ECOLOGICA DI BOTTIGLIE DI PLASTICA VIAGGIO ALLA SCOPERTA DEGLI UTENSILI MANUALI
www.edibrico.it
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Pensiero FAR DA SÉ di Emanuele Bottino
Come si misura l’entusiamo? Una prima sessione di attività, riguardanti i corsi di avvicinamento al FAI DA TE in seno al progetto “Manualità, un gioco da ragazzi”, si è conclusa da poco nel laboratorio di Gavi. È stata una sorta di progetto pilota, una prova sul campo fatta impegnando la nuova struttura allestita appositamente dalla nostra casa editrice per sostenere un’iniziativa assolutamente gratuita ed aperta a tutti i ragazzi. Il progetto è in divenire, ma al termine della tornata di appuntamenti con i ragazzi delle scuole di Gavi e poi con quelli delle iscrizioni “libere”, possiamo fare un primo resoconto dei fatti. Innanzi tutto, la disponibilità e l’interesse degli insegnanti e della dirigenza scolastica sono già un risultato importante, che dimostra la grande sensibilità ad un argomento che, solo apparentemente, ha poco a che vedere con le teorie studiate in classe. L’approccio pratico al lavoro, impone di insegnare innanzi tutto a fare un piccolo progetto, con necessità di misurare, dividere segmenti, considerare angoli, ortogonalità e parallelismi, tutto condito da un rigore e una precisione che i ragazzi hanno innati e che portano ai massimi livelli quando trovano una corrispondenza materiale con questo esercizio. Altro che quaderni sgualciti e brutta scrittura. Il loro entusiasmo, poi, è una cosa superlativa. Il dato più rimarchevole (ve lo dico io, che ero con loro) è stato vedere come fosse autentico e come ognuno lo esprimesse per motivazioni del tutto diverse da altri. Voglia di provare e sana curiosità per i più piccoli, grande orgoglio per quelli che a casa hanno già aiutato il loro papà o il nonno in qualche costruzione e si sentono di elargire qualche consiglio agli altri, le ragazze che non ci stanno a essere “seconde” rispetto ai maschietti in questo genere di attività. Ma non è tutto. L’entusiasmo si amplifica quando viene pervaso dalla soddisfazione che cresce via via. Se ne ha la manifestazione praticamente dall’inizio, dopo le prime prove pratiche, non appena i ragazzi scoprono di poter “dominare” senza difficoltà le pinze, il cacciavite, il martello e persino la sega. Aumenta quando percepiscono lo sviluppo del progetto, quando riescono per far collimare l’idea astratta iniziale, la teoria geometrica del progetto con la fisicità della costruzione. Raggiunge l’apice quando si giunge a completamento del lavoro e improvvisamente il ragazzo scopre di essere stato protagonista nella “storia” di quell’oggetto, il suo “creatore”. La misura di questa soddisfazione? Ognuno riconosce al volo la propria costruzione, anche quando è insieme ad altre 15 sul tavolo e... guai a sostituirla con quella di un altro. Forse per noi grandi, ma solo per età, questo è banale e risaputo, ma per i giovani è un modo per comprendere che lo sforzo e la perseveranza profusi possono avere una finalità concreta e immediata. È come arrivare sulla vetta di un picco alpino dopo aver effettuato una scalata impegnativa, non con l’elicottero.
FAR DA SÉ
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SOMMARIO
aprile 2013 - FAR DA SÉ n° 425
MERCATO FAR DA SÉ LA VETRINA DEL MESE Uno sguardo alle novità nel mondo del bricolage..........6
VASTA GAMMA DI STAZIONARIE PER LEGNO Nei 53 negozi OBI della rete nazionale è grande la disponibilità di macchine da banco e da pavimento, per la lavorazione del legno.................8
LINEA BLU SAYERLACK Soluzioni per esterno per proteggere e nobiltare il legno.......................................................12
PROGETTI FAR DA SÉ RESTAURARE IL TAVOLO TONDO
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Un tavolo tondo in noce e un ingegnoso sistema di guide scorrevoli a coda di rondine sono i protagonisti del riuscito restauro. . . . . . . . . . . 16
SPAZI ESTERNI BEN SORVEGLIATI Vediamo come e dove collocare le telecamere e come metterle in comunicazione con il videoregistratore digitale . . . . . . . . . . . . . . . . . 26
DIVANO-LETTO SU RUOTE Sempre a disposizione per gli amici dei figli che si fermano per la notte o per un pisolino pomeridiano, il divano multifunzione si sposta agevolmente sulle sue ruote pivotanti . . . . . . . . . . . . 30
TAGLIERE DI BUON LEGNO Fatto partendo dal taglio del tronco, arrivando sino alla finitura, con bordi e superfici lisce lisce . . . . 34
ALZATA DI CARTA Piatti di plastica e tovagliolini sono la materia prima per realizzare complementi da tavola con una tecnica simile alla cartapesta . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 38
BELLEZZA ETERNA PER IL MURO BRUTTO
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Ecco come impreziosire il giardino quando è contornato da una recinzione di muratura . . . . . . . . 42
ZATTERA DI BOTTIGLIE Circa 600 bottiglie di plastica, leggere e a tenuta stagna, vengono unite per fare i galleggianti di un’insolita imbarcazione da fiume . . . . . . . . . . . . . 46
RAGAZZI FAR DA SÉ LA TORRE DI HANOI Prima ci si diverte costruendo il gioco, tutto di legno, poi giocando: i ragazzi afferrano al volo la dinamica degli spostamenti con cui si deve ricostruire, da un estremo all’altro, la piramide di dischi . . . . . . . 50
ORE LIETE... E CONCRETE Una serie di lezioni “pilota”, per trovare il giusto metodo nei corsi organizzati nel laboratorio di “Manualità, un gioco da ragazzi” di Gavi . . . . . . . . 54
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FAR DA SÉ www.edibrico.it ATTREZZATURE 100% REPAIR GEL L’adesivo Henkel cresce qualitativamente e diviene più potente in tutti i campi di applicazione . . . . . . . . 58
PREZIOSI MANUALI Gli utensili manuali sono sempre pronti, leggeri e funzionano ovunque. Vediamo i più diffusi e quali segreti nascondono dietro l’apparente semplicità . . . 60
il fondatore Massimo Casolaro
direttore editoriale e responsabile Nicla de Carolis
ROTORBITALE EINHELL Semplice ed efficace, per levigare e lucidare . . . . . . . 64
TRABATTELLO 2 SCALE Non solo nelle imbiancature e nella manutenzione esterna della casa è utile lavorare su piattaforme stabili, il trabattello è utile anche in giardino . . . . . . . 66
LETTORI ALLA RIBALTA LAMPADE E TANTO ALTRO Inventiva, recupero degli oggetti più disparati e riutilizzo di rimanenze di altri progetti, sono gli ingredienti di questa serie di lavori . . . . . . . 72
CAVALLO A DONDOLO Corpo, testa, coda e gambe del cavallo si ritagliano da pannelli fatti unendo alcune tavole. Le giunzioni sono attuate con colla vinilica e spine di legno . . . . . 76
direttore esecutivo Carlo De Benedetti
redattore capo Emanuele Bottino
in redazione: Mauro Balbi, Ilaria Beretta, Claudia Cazzulo, Giampaolo Ferraro, Valerio Poggi segretaria di redazione: Patrizia Ferrari fotografi: Carlo Cichero, Dino Ferretti realizzazioni: - DEMODUE nei laboratori-studi di posa di Gavi (AL) - contributo fotografico Selber-machen disegni: Pier Giorgio Magrassi
PORTICO A TUTTA FACCIATA Sostenuto da due pali a sezione quadrata, si sviluppa con un’orditura a doppio intreccio di travi. La copertura è di tavolato d’abete e guaina catramata . . . . . . . . . . 80
AFFILATRICE MULTIUSO Costruzione di una macchina stazionaria, partendo da materiali già in possesso o recuperati da apprecchiature dismesse . . . . . . . . . . 82
SOLIDITÀ ALLA SEDIA
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Eliminate definitivamente le “schiodature” degli incastri che, dopo aver preso lasco, si rilasciano del tutto rendendo le sedie inutilizzabili . . . . . . . . . . . . . . . . . . 86
SCARPIERA CAPIENTE Ridimensionamento di un armadio per trasformarlo in scarpiera divisa in due vani con ripiani. . . . . . . . . . 88
TRENINI PER I NIPOTINI Dopo la costruzione di un primo trenino merci di legno, eccone un altro con il vagone passeggeri; la caldaia è una lattina di pelati, il fumaiolo un pezzo di lamiera arrotolata . . . . . . . . . 90
...E ANCORA TANTE VOSTRE REALIZZAZIONI Idee grandi e piccole da cui prendere spunto. . . . . . . 92
pubblicità direttore vendite: Marco Carlini tel. 0143 645037 335 7106139 marcocarlini@edibrico.it editore EDIBRICO srl 20135 Milano - via Carlo Botta, 7 tel 0143 645037 - fax 0143 645049 registrazione tribunale di Milano n. 557 del 14-10-2002 distribuzione esclusiva per l’Italia: SO.DI.P s.p.a. 20092 Cinisello Balsamo (MI) via Bettola, 18 stampa: Rotolito Lombarda - Seggiano (MI)
SERVIZIO LETTORI 8,30-12,30
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tel. 0143 644814 fax 0143 645049 fardase@edibrico.it una copia Italia euro 4,00 fascicoli arretrati Italia il doppio. spedizione abbonamento postale pubblicità inferiore al 45%. abbonamenti: 12 numeri euro 40. Estero Europa: euro 65. Africa, America, Asia: euro 81. conto corrente postale n.13844469 intestato a: EDIBRICO via Vallemme, 21 - 15066 Gavi (AL) Tutti i diritti di proprietà letterari ed artistici riservati. I manoscritti e le fotografie anche se non pubblicate non si restituiscono. I nomi, le ditte e i prezzi, eventualmente pubblicati, sono citati senza responsabilità della rivista FAR DA SÉ, a puro titolo informativo per rendere un servizio ai lettori. La rivista non si assume alcuna responsabilità circa la conformità alle vigenti leggi sulle norme di sicurezza delle realizzazioni.
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vetrina FAR DA SÉ
FARSI LA BIRRA IN CASA Bionda, rossa, scura, più o meno corposa: qualunque sia il tipo di birra preferito, è possibile produrla a casa propria per il consumo personale tramite un kit di fermentazione completo che permette di ottenere 23 litri di birra da ogni confezione di malto. Si versa il contenuto del barattolo in acqua bollente, lo si travasa nel contenitore aggiungendo acqua fredda fino ad arrivare a 23 litri e si fa partire la fermentazione rispettando le temperature prescritte (tra 20 e 28 °C). Occorrono da 5 a 10 giorni affinché la birra sia pronta per essere versata, insieme allo zucchero, nelle bottiglie sterilizzate che si possono chiudere con le speciali capsulatrici (opzionali), in versione manuale o pneumatica. Dopo altri 5-6 giorni di riposo la birra può essere consumata; il kit costa euro 90,00. Ferrari Group (43022 Basilicagoiano - PR - via Europa, 11 - tel. 0521 687125 www.ferrarigroup.com) Nostro parere: si può scegliere tra 11 tipi di birra diversi, in confezioni da 1,5 o 1,7 kg di malto.
NUOVI KIT PER LUCERNARI A breve saranno disponibili tre nuovi kit per facilitare l’installazione di finestre per tetti: la cornice isolante BDX, sagoma per il dimensionamento del foro allo scopo di isolare telaio e controtelaio, ridurre i ponti termici ed eliminare errori; il collare impermeabilizzante BFX, per una perferta tenuta all’acqua dall’esterno all’interno, mantenendo traspirabilità in senso contrario; l’imbotte di finitura interna con barriera vapore LSC-LSG per impedire all’aria umida interna di passare attraverso la struttura del tetto, evitando formazioni di condensa. Velux (37030 Colognola ai Colli - VR - via Strà, 152 tel. 045 6173666 - www.velux.it) Nostro parere: isolamento e durata migliorano.
LEVIGATRICE A DISCO E NASTRO La levigatrice combinata F31-462 adotta un nastro da 100x914 mm ed un disco Ø 150 mm: il primo ha una velocità di 500 m/min, il secondo di 2850 rpm.Il piano di lavoro 158x225 mm è inclinabile in basso di 45° ed è provvisto di goniometro, le uscite di aspirazione sono separate, la posizione del nastro è regolabile da 0 a 90° ed il tensionamento è automatico con comando di posizionamento. Alimentata da un motore da 500 W, costa euro 172,00. Fox/Femi (40024 Castel S. Pietro Terme BO - via N. Salieri, 33-35 - tel. 051 6946469 www.foxmachines.com) Nostro parere: compatta e versatile, per tutte le operazioni di finitura di legno o altro materiale, tenero e duro.
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COPERTURE DI VETRORESINA
I laminati Elyplast si prestano a svariate applicazioni per risolvere l’illuminazione diurna degli interni. Elylux raggruppa lastre protette con uno speciale film su entrambe le superfici, resistenti e non soggette a ingiallire; Elyonda comprende lastre opache, ondulate e grecate di resina poliestere rinforzata con fibra di vetro e caricate con allumina, leggere, resistenti e durature. Brianza Plastica (20048 Carate B.za - MB - via Riviera, 50 tel. 0362 91601 www.elyplast.brianzaplastica.it) Nostro parere: per tutti i tipi di coperture, ottima trasmissione luminosa.
PRESTAZIONI E DESIGN NEL NUOVO PANNELLO SOLARE Logasol SNK 4.0 è un robusto pannello solare con telaio in polimero di fibra di vetro, resistente a raggi UV ed agenti atmosferici, con vetro di sicurezza in lastra unica spesso 3,2 mm. Agli angoli, fori di aerazione impediscono formazioni di umidità e, al contempo, l’ingresso di polveri ed insetti per la massima efficienza; l’assorbitore di alluminio incorpora un circuito a 11 tubi di rame ad arpa, saldati ad ultrasuoni; le connessioni idrauliche sono ad innesto rapido con tubo flessibile. Pesa meno di 40 kg, misura 2017x1175x87 mm, dispone di maniglie integrate a scomparsa per favorire il posizionamento, può essere montato orizzontale o verticale ed ha un rendimento del 77%. A partire da euro 780,00. Buderus-Bosch (20149 Milano - via M. A. Colonna, 35 - tel 02 4886111 - www.buderus.it) Nostro parere: veloce da installare, alte prestazioni e bello da vedere, ha vinto l’IF product design awards 2012 per sottigliezza ed eleganza.
SISTEMA CONTRO LE MUFFE Eliminazione e prevenzione delle muffe in due prodotti pronti all’uso: FilaActive1 (euro 9,90) si spruzza sulle superfici aggredite dalle muffe (escluse piante, tessuti e metalli) e si lascia agire per 15 minuti, quindi si risciacqua con una spugna umida. Ma eliminare la muffa non basta, le spore disperse possono ripresentare il problema: per questo c’è FilaActive2 (euro 9,00), il protettivo che ostacola la colonizzazione delle muffe, da applicare su superfici asciutte e pulite con le stesse modalità, ma senza risciacquo. Il prodotto può essere utilizzato anche come fondo prima di tinteggiare. Flaconi 500 ml. Fila Industria Chimica (35018 S. Martino di Lupari - PD via Garibaldi, 58 - tel. 049 9467300 - www.filachim.com) Nostro parere: usati in coppia risultano efficaci a lungo.
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Vasta gamma di stazionarie per legno
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Nei 53 negozi OBI della rete nazionale è grande la disponibilità di macchine da banco e da pavimento, per la lavorazione del legno
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L
e macchine stazionarie sono quelle che lavorano in posizione fissa mentre è il pezzo di legno che va portato ad incontrare la parte attiva dell’utensile per essere modificato. Esistono stazionarie da pavimento e da banco, fisse nel vero senso della parola oppure trasportabili. Solitamente sono le macchine più potenti per la lavorazione del legno, per questo le loro dimensioni possono essere anche piuttosto generose, in virtù di motori adeguati al lavoro richiesto. In molti casi peso e dimensioni sono importanti anche per la necessità di offrire supporto e stabilità ai grossi pezzi in lavorazione. l Le stazionarie da banco sono solitamente quelle che offrono anche il privilegio di una buona trasportabilità per essere portate direttamente “in cantiere”: ad esempio per la costruzione di un gazebo in giardino, per montare la boiserie nella tavernetta, per stendere un parquet nella stanza all’ultimo piano. l Di solito la prima macchina stazionaria che si acquista è la circolare oppure la troncatrice col pianetto, che ne fa in parte le veci. Poi si passa alla pialla a filo e spessore che permette di rendere perfettamente lisce le assi grezze e di recupero, nonché di pareggiarle per averle tutte di identica larghezza e spessore. La meta agognata per ogni far da sé è la combinata, con la quale si può realizzare pressoché qualsiasi cosa... parlando di legno, ovviamente! n
1. La toupie lavora con un alberino che può montare una serie quasi infinita di frese dal diverso profilo. Passando il legno sui suoi taglienti, questo viene modanato in modo speculare rispetto al profilo della fresa. 2. La pialla a filo rende piana e liscia una faccia del legno. Lavora con lame collocate su un tamburo che ruota velocissimo: la lunghezza del tamburo determina la massima larghezza del pezzo da piallare. 3. Lo stesso tamburo serve anche per la pialla spessore, in cui, però, il pezzo segue un diverso percorso. Il percorso è obbligato e i pezzi che vi passano diventano tutti alti uguali. 4. La mortasatrice apre scassi calibrati nello spessore del legno per poter fare robuste giunzioni a tenone e mortasa. 5. La sega circolare è affiancata da guide, bracci mobili e da un “carro” che permettono di squadrare con precisione i pannelli.
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TRONCATRICE con pianetto, potenza 1.800 W, velocità 5.000 giri/min, lama Ø 254 mm, capacità max di taglio 35 x 60 mm a 45°, 70 x 100 mm a 90°, dimensione piano lavoro 298 x 430 mm.
MACCHINA COMBINATA per legno, 6 lavorazioni (pialla a filo e a spessore, sega circolare, squadratrice, toupie, mortasatrice), motore a induzione potenza 1.000 W: piallatura a filo e a spessore larghezza 154 mm, piallatura a spessore altezza 100 mm, sega circolare con lama Ø 200 x 30 mm, carrello a squadrare 740 x 120 mm, corsa 500 mm, mortasatrice con mandrino per codoli sino a Ø 13 mm, toupie con albero Ø 12 mm, corsa albero 42 mm.
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Il Fai da te non è mai stato cosÏ semplice c
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e con la Famiglia InCOLLAtutto! Una pioggia di iniziative ci accompagnerà nel corso dell’anno ed avrà come protagonisti i tre marchi più conosciuti nel mercato delle colle, per apprenderne tutte le potenzialità e la versatilità d’impiego; consigli, idee creative e ricchi premi per tutti!
Arriva la Famiglia Incollatutto per imparare a riparare e creare, riscoprendo il piacere del riciclo! La Famiglia Incollatutto sceglie e consiglia i prodotti di Loctite Super Attak, Pritt e Pattex, i tre marchi leader di Henkel nel mercato delle colle con un’inedita Campagna Multibrand su tutto il territorio nazionale. Tra aprile e dicembre 2013, in 16 centri commerciali selezionati, sarà presente un’area che riprodurrà diverse stanze della casa, in ciascuna delle quali sarà protagonista uno dei 3 marchi. Un team di esperti darà spiegazioni e informazioni sull’applicazione dei vari prodotti e, se abbiamo in casa un oggetto che non sappiamo come riparare, possiamo portarlo con noi e chiedere un consiglio pratico. Ci sarà anche Mr. Pritt, il mega stick a misura d’uomo che intratterrà i più piccoli con diverse idee creative; inoltre premi e buoni sconto da vincere subito nei punti vendita, più un grande concorso. Per informazioni sulla Campagna, i concorsi e il circuito dei Centri Commerciali coinvolti nell’iniziativa visita il sito: www.lafamigliaincollatutto.it
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LINEA BLU SAYERLACK: vernici professionali al servizio dell’hobbista È una gamma di prodotti vernicianti ad alto contenuto tecnologico per la protezione e la decorazione del legno, affidabili, di facile applicazione ed in grado di risolvere in modo efficace ogni specifica esigenza di natura applicativa.
Soluzioni per esterno per proteggere e nobilitare il legno
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prodotti all’acqua della Linea Blu Sayerlack permettono di proteggere il legno, migliorandone le proprietà di idrorepellenza. I manufatti così trattati sono idonei a resistere: all’azione disgregatrice degli agenti atmosferici più estremi ed all’attacco dei principali agenti di degradazione del legno. l Queste specifiche altamente performanti sono dovute alle speciali cere contenute nella formulazione e alle proprietà di filtro anti UV. La superficie del legno si mantiene idrorepellente, vellutata al tatto e non ingrigisce, anzi le venature vengono ravvivate. l I prodotti della Linea Blu Sayerlack possono essere applicati tal quali o diluiti con acqua. Si possono applicare sia all’esterno che all’interno anche su superfici trattate in precedenza con vernici sintetiche, perché inodori. Vantano la certificazione Ecolabel e sono conn formi alla Direttiva Decopaint.
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Impregnante Effetto Cera, codice HI 22xx, va scelto se si desidera una finitura naturale migliorando la morbidezza al tatto del manufatto trattato, ottenendo così un effetto vellutato. Con Impregnante Effetto Cera si ottiene, con un solo prodotto, una specifica barriera idrorepellente e non si corre il rischio che sfogli nel tempo. Il successivo ciclo di manutenzione potrà essere ripetuto a distanza di 1-2 anni e sarà molto semplice.
I prodotti di Linea Blu, oltre a garantire migliori prestazioni, contribuiscono a salvaguardare l’ambiente. Per Sayerlack questa è una vera “mission”.
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Questa combinazione di prodotti, Impregnante Effetto Cera (codice HI 22xx) e la Finitura Effetto Cera (codice HI 231x), si utilizza per avere un alto grado di protezione dalle intemperie più estreme, conferire al manufatto un aspetto estetico di pregio, lasciare sul legno un film di vernice che non sfoglia. Con questo ciclo si ottiene una protezione “totale” ad effetto barriera, sia in superficie che in profondità. È ideale per proteggere il legno quando le condizioni ambientali e climatiche sono particolarmente critiche.
FAR DA SÉ 12 04-2013
Sherwin-Williams Italy S.r.l. - con unico socio Via del Fiffo 12 - 40065 Pianoro (BO) – Italia Servizio clienti: tel +39 051-770770 - fax +39 051 770521 servizioclienti@lineabluvernici.it - www.lineabluvernici.it
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casa
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progetti FAR DA SÉ
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Restaurare il tavolo tondo Un tavolo tondo in noce molto vecchio e un ingegnoso sistema di guide scorrevoli a coda di rondine sono i protagonisti del riuscito restauro di un pezzo storico
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2 1. Mario Fossati al lavoro su questo pregevole tavolo tondo in noce. Molti dei mobili apparentemente irrecuperabili che passano attraverso il suo laboratorio acquistano nuova vita e ritornano all’originale bellezza. 2. Il tavolo, perfettamente recuperato, manteneva il dispositivo di apertura, ma aveva perso il piano della prolunga. Per ripristinare l’originale versatilità, Mario ha costruito un nuovo piano copiando il profilo del margine con una serie di frese. La stabilità del posizionamento è assicurata da una serie di spine a lamella disposte sulla costa delle tavole.
hissà quante volte Mario Fossati, il falegname esperto di Vignole Borbera che ha accettato di rivelarci i suoi segreti, avrà visto entrare nel suo laboratorio mobili malridotti che potevano essere buoni soltanto per il caminetto. Eppure il mobile antico, anche se degradato dal tarlo, dall’umidità e dall’incuria, merita sempre di essere recuperato per conservare l’impulso creativo del maestro che lo ha ideato e costruito. l Un buon esempio è rappresentato da questo tavolo di noce, ben realizzato ed ancora sostanzialmente integro, separato in due metà ed allungabile con un robusto sistema di guide a coda di rondine. Il legno del piano era ancora in discrete condizioni, ma alcune parti laterali delle tavole, dove era rimasta una striscia di alburno, risultavano attaccate dal tarlo, così come le belle gambe tornite e le guide delle prolunghe. Il primo lavoro da affrontare è lo smontaggio delle varie parti per rimuovere le riparazioni messe in atto nel corso degli anni e sostituire il legno irrecuperabile. l Le parti dismesse si ricostruiscono ex novo con legno stagionato rilevando le misure e le forme dei pezzi originali. In particolare le guide a coda di rondine in tre parti, frutto di una brillante idea, sono un’interessante sfida per l’ebanista, dato che la precisione e la regolarità dei pezzi devono essere tanto elevate da garantire la fluidità di scorrimento unita all’assenza di gioco tra le parti. l Le tavole del piano non richiedono una sostituzione, ma solo una piallatura laterale per eliminare parte dell’alburno tarlato. Le parti mancanti si rimpiazzano con sottili tavolette o cunei di legno nuovo per conservare la perfetta rotondità del tavolo. l Alcune parti, come le gambe tornite, non possono essere sostituite malgrado siano intaccate profondamente dai parassiti. Fortunatamente le moderne tecnologie mettono a disposizione del restauratore un ampio ventaglio di materiali avanzati con i quali conservare ciò che non può essere ripristinato altrimenti: esistono molti prodotti consolidanti a base di resine acriliche o alifatiche, da diluire in solventi “facili” come etanolo o acetone, con i quali inzuppare le parti del legno che hanno perso coesione a causa dei tarli o della marcescenza. n
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SMONTARE LA VECCHIA PROLUNGA
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1. Il tavolo circolare è diviso in due metà unite da una coppia di robuste guide scorrevoli che ne permettono l’apertura e l’ampliamento con l’interposizione di un pannello centrale. 2. I tre travetti che formano le guide sono collegati da un ingegnoso sistema a coda di rondine con il quale si può estendere la dimensione del tavolo di circa un metro senza diminuirne la solidità e senza usare nessuna parte metallica. Le condizioni del legno delle guide originali sono pessime sia per l’estesa tarlatura e la conseguente scheggiatura di alcune parti, sia per l’usura dei piani di scorrimento che rendono il tavolo traballante. 3. Con la massima cautela si asportano gli appoggi laterali aggiunti nel tempo per rinforzare le guide. Molta della robustezza del collegamento è affidata ad uno strato di colla animale, assai tenace, e si corre il rischio di strappare via le parti più degradate del piano del tavolo quando si tenta di staccare le guide. 4. Un largo scalpello piatto è l’ideale per insinuarsi tra la tavola e il rinforzo tagliando lo strato di colla. Bisogna fare attenzione ai numerosi chiodi aggiunti sui blocchetti di legno ed evitare che rovinino il filo della lama.
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FARE NUOVE PROLUNGHE
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1. L’accuratezza nella costruzione delle guide è fondamentale per assicurare uno scorrimento uniforme e senza inceppamenti, per cui la lavorazione è affidata a macchine molto precise: prima si squadrano le cavità con gli utensili della toupie, poi, con una fresa conica, si lavorano i fianchi inclinati degli incastri, sia maschi sia femmine, per ottenere lo stesso angolo. 2. La dimensione delle code di rondine deve essere regolata alla perfezione per evitare che le guide scorrano con difficoltà oppure abbiano un gioco eccessivo con ripercussioni sulla stabilità del tavolo quando è completamente aperto. È necessaria quindi una fase di aggiustamento adattando gli incastri tra loro con passate molto leggere di fresa. 3. L’ingegnoso sistema a tre guide rende stabile il tavolo anche alla massima apertura grazie all’ampia porzione di code di rondine impegnate tra loro. 4. Si nota la massiccia struttura delle guide che potrebbero senza fatica estendersi ancora senza diminuire la stabilità del tavolo. L’unione con il piano del tavolo è realizzata con travetti triangolari collegati su un lato alle guide e sull’altro alle tavole con viti autofilettanti e colla.
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IL FASCIONE CURVO 1. Il fascione che forma la base del tavolo era in molti punti staccato dalle tavole del piano. Per il suo restauro è necessario asportare tutta la vecchia colla e le chiodature aggiunte nel tempo nel tentativo di consolidare il piano. 2. Dopo una sverniciatura chimica si riporta il legno al vivo con carta abrasiva fine per eliminare tutte le macchie e parte delle ammaccature.
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3. Si stende un generoso strato di colla lungo tutta la superficie di contatto e nei giunti danneggiati che uniscono le sezioni di ciascuna metĂ . 4. I fascioni si riposizionano al loro posto dopo aver ripulito il piano da chiodi e vecchi strati di colla. 5. Con i morsetti si mantiene pressato il fascione sulle tavole. A sinistra si notano due blocchetti avvitati temporaneamente per serrare un giunto verticale.
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INCASTRO A CODA DI RONDINE
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FASCIONE
LE GAMBE 1. Anche le gambe sono ancorate saldamente al fascione con incastri a coda di rondine. 2. Le gambe, rese traballanti dalle sollecitazioni e dal ritiro del legno, sono estratte dalla loro sede e contrassegnate. 3. Dopo la sverniciatura si isolano i punti piĂš attaccati dal tarlo con nastro adesivo lasciando una finestra nel punto con piĂš fori.
4. Usando una pipetta sottile si inietta la soluzione consolidante nelle tarlature. Molte delle cavitĂ sono collegate per cui in breve tempo tutta la zona isolata con il nastro adesivo si impregna del trattamento. 5-6. Le gambe sono rimesse al loro posto. Grazie alla rastrematura della coda di rondine si riesce a incastrare solidamente la gamba senza fare uso di spessori aggiuntivi.
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IL BORDO SMUSSATO 1. In alcuni punti le tavole sono talmente degradate che si rende necessario un “trapianto” con legno integro. Il pezzetto tarlato sul bordo viene asportato con una sega a pettine e sostituito con un cuneo di noce ben stagionato. Infine si sistema un morsetto sui fianchi della tavola per tenere chiusa la crepa longitudinale mentre la colla asciuga. 2. Anche la profonda scheggiatura comparsa in corrispondenza della crepa viene ripulita con una sgorbia lasciando una cavità di forma elissoidale. 3. Con la stessa sgorbia si intaglia dal pezzo di noce nuovo una scaglia con l’identico profilo della cavità incisa sul piano del tavolo. Un’abbondante pennellata di colla riempie tutte le fessure attorno alla riparazione. 4. Dopo qualche aggiustamento si inserisce la scheggia nel piano e la si preme con un listello foderato di nastro adesivo (per impedire che aderisca alla colla) serrato da un morsetto. Altri morsetti sono posti lateralmente per richiudere le crepe. 5. Dopo un tempo di essiccamento adeguato si rimuove la colla in eccesso con uno speciale raschietto munito di una lama triangolare molto affilata. 6. La rifinitura del piano si esegue con il bordo affilato di un vetro appena spezzato rimuovendo un sottilissimo strato di legno e uniformando il vecchio noce con il nuovo innesto. 7. La parte di cuneo che sporge ancora oltre il bordo della tavola viene pareggiata con uno scalpello battendo delicatamente verso l’esterno in modo da tagliare le fibre del legno ed evitare scheggiature. 8. Si leviga la parte arrotondata con carta abrasiva fine per togliere le ultime residue sporgenze e preparare la superficie per la verniciatura.
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LA SVERNICIATURA DEL PIANO
1 1. La vecchia vernice è rovinata irrimediabilmente e non c’è altro da fare che rimuoverla con appositi prodotti. Gli sverniciatori professionali sono liquidi contenenti potenti solventi mescolati con gel che ne frenano l’evaporazione. 2. Si versa una piccola quantità di sverniciatore sul tavolo spalmandolo su tutta la superficie da trattare con una spatola.
OCCHIO ALLA PIALLA!
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Il materiale è molto aggressivo, per cui bisogna indossare guanti di gomma e operare in un luogo ben ventilato. 3. Dopo alcuni minuti la vernice rigonfia e si stacca dal supporto da cui può essere rimossa usando una spatola. I residui rimasti nelle scanalature e nei punti meno accessibili si rimuovono con una spazzola a setole rigide.
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1. Ciascuna tavola del piano viene rimossa per essere ripulita da residui di colla, vernice e sporco insinuatisi lungo la costa, che impediscono ai piani di riaccostarsi perfettamente. 2. L’asportazione del materiale avvenuta durante la piallatura ha ridotto la larghezza delle tavole, per cui le curvature dei margini non collimano più. Bisogna rimpiazzare il legno perduto con una sottile striscia di noce di spessore appropriato per ripristinare la circolarità del margine.
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IL PIANO ROTONDO
1. In una sottile tavola di noce si segna la zona da tagliare scegliendola in base al colore, alla tessitura e all’assenza di difetti, anche cromatici. La striscia deve risultare leggermente abbondante rispetto allo spessore del tavolo. 2. Quando tutte le parti sono pronte si stende un velo di colla uniforme sulla costa delle tavole. 3. A colla asciutta si livella l’aggiunta con passate di pialla molto leggere in modo da non intaccare il legno vecchio. L’operazione è necessaria per poter controllare senza intralci l’allineamento delle varie sezioni del tavolo quando si accostano per l’incollaggio definitivo. 4. Le parti eccedenti del listello si eliminano con una sega a dentatura fine. Il lavoro necessita di molta delicatezza e si esegue stringendo con la mano il listello in corrispondenza del margine della tavola per evitare distacchi. 5. Il listello si pareggia con uno scalpello, lavorando sempre verso l’esterno in modo da non propagare scheggiature. Anche qui è importante non intaccare il legno vecchio: meglio lasciare una piccola sporgenza da livellare con la rifinitura successiva. 6. Con una lima si uniformano le superfici in corrispondenza degli spigoli e dei sottosquadri lavorando sempre nella direzione della vena per non alzare il “pelo” del legno. 7. Alcune tavole presentano vistose crepe da richiudere. Con un sottilissimo cuneo si aprono quel tanto da poterle ripulire e preparare per l’incollatura. 8. Aiutandosi con un pezzetto di piallaccio flessibile si spalma la colla nelle fessure. Nei punti più larghi si affonda anche la
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lamina nella crepa in modo da distribuire l’adesivo su tutta la superficie interna. 9. Si trattano tutte le crepe aperte con abbondante colla premendo ripetutamente con la nostra “spatola” di legno per farla penetrare il più possibile anche nelle cavillature più sottili. 10. Si serra la tavola con alcuni morsetti facendo attenzione che la tavola resti planare: infatti potrebbe incurvarsi in modo imprevedibile sotto la distribuzione ineguale del carico causata dalle crepe. Una soluzione potrebbe essere un travetto posto di traverso e serrato sul piano sottostante. 11. Sotto la pressione dei morsetti tutta la colla in eccesso è spremuta fuori dalle crepe e può essere rimossa facilmente con una spugna bagnata. È un’operazione da eseguire prima che il collante abbia il tempo di penetrare nel legno e macchiarlo. 12. Un velo di colla su tutte le superfici a contatto e la prima metà del tavolo può essere assemblata. Si pongono due spesse tavole da usare come piano d’appoggio sul banco, quindi si avvicinano le sezioni del tavolo allineando perfettamente le interruzioni del semicerchio. Infine si serra un primo morsetto centrale e altri due sul primo, interponendo tasselli intagliati per non rovinare il bordo. 13. Quando entrambe le metà sono incollate si riempiono con stucco tinto con qualche goccia di mordente tutte le imperfezioni del piano e si leviga la superficie con carta abrasiva fine. La finitura consiste nel tingere accuratamente le parti più chiare del legno con rolla di noce diluita e termina con una mano di turapori seguita da vernice trasparente opaca.
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Spazi esterni ben sorvegliati Un numero di telecamere sufficiente a coprire i punti sensibili del giardino e della casa, più un dispositivo di registrazione digitale, permettono di tenere tutto sotto controllo anche se siamo in vacanza o al lavoro
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a videosorveglianza della propria abitazione, piuttosto che di un ufficio o un magazzino, è realizzata da un numero variabile di telecamere distribuite nell’area da controllare, i cui segnali video convergono in dispositivi capaci di raccoglierli tutti (i Digital Video Recorder), rendendone fruibile la visione da un’unica postazione, mediante uno schermo TV, oltre, ovviamente, a registrarli per una consultazione differita. l I DVR utilizzano come supporto i dischi rigidi, né più né meno quelli dei computer, “salvando” i dati in formato digitale. Le telecamere possono essere per interni o per esterni a seconda del grado di protezione IP del loro contenitore, possono avere ottica fissa o variabile (zoom), ma tutte hanno un CCD che converte l’immagine ripresa dall’obiettivo. Nella maggior parte dei casi il segnale video in uscita è composito per poter essere trasferito al DVR mediante un comune cavo coassiale RG 58; in alternativa la telecamera ha a bordo un’interfaccia di rete con un proprio indirizzo IP e si interfaccia con un DVR idoneo tramite cavo ethernet, oppure wi-fi (senza fili). l La tecnologia wi-fi applicata alla videosorveglianza risulta molto comoda, anche se più onerosa (al momento), poiché permette di risparmiare la stesura di lunghe tratte di cavi fra queste e il DVR. Tuttavia ogni telecamera necessita di una sua alimentazione e di questo va comunque tenuto conto nella progettazione e nella stesura dell’impianto. n
I PUNTI DI RIPRESA 1. Il tubo di discesa del pluviale rappresenta un buon punto di attacco per fissare la telecamera, se non si è ancora certi della sistemazione definitiva. Due fascette che abbracciano il tubo restano facilmente amovibili, pur garantendo il sostegno del dispositivo per giorni, anche in presenza di forte vento. 2. Nel fissaggio definitivo, soprattutto se la telecamera è esposta, conviene utilizzare tasselli robusti. Il braccio snodabile permette di direzionare l’obiettivo a piacere, dall’alto come dal basso, diritto ad angolo, in asse o inclinato. 3. Ottima è la sistemazione sotto la falda del tetto, dove oltre a essere riparata dalle intemperie, la telecamera, in presenza di tavolati e travetti di legno, può essere fissata nella posizione ideale, senza fare buchi nella muratura, utilizzando comuni staffe di ferro e viti da legno.
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VISUALIZZAZIONE E COLLEGAMENTI 1. Con la diffusione degli smartphone è divenuta semplice e tutto sommato alla portata di molti la possibilità di controllare la propria abitazione anche quando si è in ufficio o in vacanza. Il DVR, o in alternativa il server di rete, ammesso che non siano troppo datati, permettono di essere raggiunti tramite la rete internet e mettono a disposizione sia il segnale ricevuto dalle telecamere (quindi ciò che sta accadendo in quel momento), sia il materiale registrato sino ad allora, e si può anche scegliere quale inquadratura vedere. 2. Naturalmente il DVR ha un’uscita video compatibile con qualsiasi televisore in modo che, collocandone uno nei suoi pressi, si possa monitorare l’esterno della casa anche quando si è all’interno e si avvertono rumori sospetti. 3. Il DVR ha un certo numero di ingressi: partendo da un minimo di 4 (quindi 4 telecamere) si arriva senza costi elevati sino a 8 - 12 - 16. Quello che rende onerosa la realizzazione dell’impianto sono piuttosto le telecamere, il cui costo dipende direttamente dalla qualità di ripresa (risoluzione), dalla versatilità delle ottiche e dalla luminosità dei led infrarossi. Ovviamente il costo complessivo sale dovendo moltiplicare l’importo di una telecamera per quante ne sono state previste nell’impianto.
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MESSA IN OPERA
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1. Una buona telecamera per esterni deve avere grado di protezione IP 66; il valore si riferisce ovviamente all’involucro che la contiene, tutto di alluminio, con guarnizioni di tenuta o-ring e parti assemblate a vite. La staffa di fissaggio, anch’essa di alluminio, ha uno snodo che permette il facile orientamento dell’obiettivo, ma si tenga contro che, per la massima versatilità, la staffa può essere attaccata al contenitore in diversi punti. 2. Nella scelta della telecamera va considerata la necessità di utilizzo anche di notte, in mancanza di illuminazione. In tal caso va scelto un modello dotato di led all’infrarosso; questi entrano in funzione al crepuscolo, contemporaneamente ad un filtro che permette al CCD di rilevarne gli effetti. 3. Il cavo della telecamera, se presente, solitamente è molto corto e termina biforcandosi: da un lato c’è lo spinotto per l’alimentazione (da innestare all’alimentatore in dotazione), dall’altro la connessione video, in questo caso un connettore BNC per il collegamento di un cavo coassiale RG 59. 4. Dato che il cavo di un alimentatore non è mai lungo, in prossimità di ogni telecamera, ad esempio dentro una scatola di derivazione, va portata l’alimentazione 220 V cui collegare l’alimentatore. Anche il cavo coassiale entra ed esce dalla scatola proseguendo verso la telecamera, mentre all’interno si colloca una presa 220 V volante, cui innestare l’alimentatore. 5. La scatola di derivazione deve essere grande abbastanza da contenere presa, alimentatore e ciò che cresce del cavo d’alimentazione; potrebbe essere necessario raccogliere al suo interno anche un po’ di abbondanza (un paio di giri) di cavo coassiale, per future evenienze. 6-7.Dopo aver fissato la staffa e montato su questa la telecamera, si innestano gli spinotti e si tirano indietro (all’interno della scatola di derivazione) i cavi per lasciarne scoperta la minor quantità possibile. Ora si può chiudere il coperchio. 8. Alcune telecamere hanno spazio sufficiente al loro interno da contenere la morsettiera per il collegamento diretto dei cavi di alimentazione e di segnale. In tal caso la tratta di guaina corrugata o rigida che separa la telecamera dalla scatola di derivazione può essere molto più lunga. Potrebbe anzi non esserci neppure la scatola di derivazione e la guaina entrare direttamente nello spessore della parete per raggiungere una scatola collocata all’interno della costruzione.
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Divano-letto su ruote 1,6 metri quadrati di comodità a disposizione degli ospiti che capitano all’improvviso, agli amici dei figli che si fermano per la notte o anche per un pisolino pomeridiano. Il divano multifunzione è sempre pronto a correre sulle sue sei ruote pivotanti in soccorso di chi ha bisogno di riposo
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ratico, facile da costruire, con tanto spazio a disposizione e, perché no, anche comodo e accogliente. A differenza dei divani letto industriali il nostro non ha meccanismi di sorta per la trasformazione, ma semplici sportelli per contenere cuscini, coperte e piumoni. Tutto il legname è in misure standard e si trova già pronto nei brico o in segheria; ci vuole anche una buona troncatrice per realizzare delle intestature davvero precise se desideriamo ottenere unioni perfettamente ortogonali. Naturalmente serve anche un trapano con punte da legno da 6 e da 8 mm più una fresa Forstner da 30 mm per i fori degli sportelli, poi un cacciavite e un punteruolo per segnare i fori delle viti, marcatori a cappellotto per i fori delle spinature, quattro cerniere e due chiusure magnetiche per gli sportelli più uno spezzone di catenella e 32 viti da 6x100 mm. Per la mobilità del divano cerchiamo sei rotelle pivotanti da 100 mm con battistrada morbido. Le misure del piano sono quelle di un letto ad una piazza, per cui si può usare comodamente un comune materasso oppure comperare un pezzo di gommapiuma da 2000x800 mm e rivestirlo con un tessuto colorato adatto all’arredamento. In questo caso è consigliabile cucire le fettucce sulla fodera per poterla bloccare alle doghe ed evitare che si muova. n
COSA OCCORRE
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1. Per il telaio servono circa 16 metri lineari di travetti di abete da 57x57 mm piallati e smussati, 2,8 mq di compensato da 15 mm, 11,8 metri di listelli da 30x30 mm e 11 tavole da 117x684x15 mm. 2. La manovrabilità del divano è assicurata da sei ruotine pivotanti fissate sotto la struttura. Tre ruote, quelle frontali, sono anche provviste di dispositivo di bloccaggio; inoltre la plastica è del tipo morbido che non rovina il parquet.
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LA STRUTTURA DI LISTELLI SPINATI 1. Durante la fase preparatoria si tagliano a misura tutti i pezzi di listello da 57x57 mm e si levigano accuratamente le superfici smussando con la levigatrice orbitale tutti gli spigoli, compresi quelli delle teste. 2. Le connessioni della struttura sono affidate a spine di faggio e viti: si preparano due fori da 6 mm ortogonali per le viti e uno da 8 mm leggermente disassato per la spina. 3. Con il marcatore inserito nel foro della spina si sovrappone, ben allineata, la testa del montante sul traverso e con una martellata si ottiene l’incisione necessaria per centrare il foro della spinatura. Si ripete l’operazione per tutte le giunzioni della struttura. 4. Quando tutti i fori sono incisi si calzano i montanti sulle spine allineando bene i lati prima della successiva fase.
5. Si inseriscono le grosse viti da 6x100 mm con filettatura parziale serrando fino a che la testa piana non è affondata leggermente nel legno lasciando in superficie solo la parte bombata. 6. La doppia foratura e la spinatura si ripetono per tutti i punti. La struttura completa del divano letto diventa molto robusta senza superare il peso di 25 kg. 7. Per offrire un sostegno al piano di appoggio del materasso e a tutte le pareti si preparano dei listelli da 30x30 mm forandoli con una punta da 3 mm a distanze regolari. 8. I listelli del piano si incollano a 15 mm dal bordo dei travetti, in modo da poter incassare le tavole, senza che sporgano oltre il telaio; una vite ogni 300 mm blocca i pezzi in attesa che la colla asciughi completamente.
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TAVOLE, PANNELLI E ANTE 1.Il piano che sorregge il materasso è formato da 11 tavolette da 684x117x15 mm spaziate di 50 mm e ancorate con una vite ad ogni estremità. 2. Si fissano i listelli da 30x30 mm per tutti i pannelli di chiusura laterali con colla e viti, lasciando uno scalino da 15 per poter incassare il multistrato da 10 mm. In questo modo la pannellatura risulta incassata di 5 mm con un gradevole effetto decorativo. Soltanto i vani frontali non hanno bisogno di questa battuta dato che sono a giorno o chiusi da sportelli incernierati. 3. Con altra colla e qualche morsetto si fissano al loro posto tutti i pannelli laterali. Le stesse operazioni si ripetono per i pannelli inferiori lasciando, in questo caso, il multistrato a filo interno della struttura di sostegno per ottenere un piano unico.
4. Al centro dei due pannelli mobili si praticano, con una fresa Forstner da 30 mm, i fori da usare al posto delle maniglie. 5. Si attrezzano i due sportelli con due cerniere d’ottone da 20 mm posizionandole sul bordo dei pannelli e lasciando sporgere il perno verso l’esterno. 6. Le cerniere si fissano in basso con viti d’ottone in modo che il pannello risulti incassato rispetto al telaio quanto i pannelli laterali. Si completa lo sportello con una chiusura magnetica e una catenella di arresto. 7. Il trattamento superficiale del legno consiste in un’ultima passata con carta abrasiva, un’accurata spolverata e una passata con vernice bianca all’acqua. 8. Per ultime si montano le sei ruote pivottanti sotto ciascun montante fissando le tre munite di bloccaggio sul lato frontale.
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1. Per l’unione dei travetti usiamo viti da 6x100 mm in grado di assicurare un’eccellente resistenza. I fori per le spinature si eseguono con punta da 8 mm munita di limitatore di profondità. 2. I due sportelli racchiudono il necessario per la trasformazione da divano a letto e viceversa. Il vano a giorno invece ha la funzione di comodino e permette di riporre libri, riviste e tutto quello che serve per la notte. 3. Con le ruote pivotanti si può portare il divano letto dove è più necessario e il battistrada morbido non lascia segni sul parquet.
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Tagliere di buon legno In uno scarto di segheria c’è ancora abbastanza legno buono per ricavare qualche utile accessorio per la cucina: se siamo già abbastanza forniti di palette, mestoli e forchettoni possiamo provare a foggiare un bel tagliere per salumi e formaggi
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uando si taglia il legname da lavoro ci si deve armare di molta pazienza perché servono diversi anni prima che il legno passi da circa il 70% di contenuto d’acqua di quando è fresco di taglio, al 15% dei tronchi stagionati, soglia che permette di tagliare e lavorare le tavole senza che si deformino con il tempo. l Dopo un primo passaggio in segheria le tavole larghe e senza difetti passano ancora molto tempo ben impilate e all’asciutto prima di essere usate, mentre per le altre non ci sono speranze di utilizzo per mobili o anche solo per carpenteria. Per le nostre piccole realizzazioni invece possono andare benissimo: hanno il pregio di essere ricche di venature e soprattutto spesso sono gratuite. l Vicino alla corteccia c’è la parte viva dell’albero, quella attraverso cui scorre la linfa e si compiono le funzioni vitali della crescita.
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È chiara e tenera e fa gola a numerosi parassiti del legno che se ne cibano anche quando il legno è già diventato un pezzo di mobile. Purtroppo le tavole laterali costituiscono la parte più abbondante e bisogna cercare di scartarla il più possibile. Il legno più interno, invece, non è più vitale e ha una funzione essenzialmente strutturale per l’albero, conferendo robustezza e resistenza alle sollecitazioni. Il colore è scuro, la durezza decisamente superiore e la resistenza ai parassiti è notevole. l Il tronco da cui abbiamo tratto la nostra materia prima ha alle spalle una lunga stagionatura ed è già pronto per la successiva lavorazione. Infatti il ciliegio, un legno rosso e compatto che regge molto bene al filo dei coltelli e delle mezzelune, tende a “muoversi” durante l’essiccamento e non può essere usato immediatamente dopo il taglio. n
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1. Sulla nostra tavoletta di scarto si notano molto bene gli strati più scuri del durame e quelli più chiari dell’alburno, meno duro e resistente. Anche se entrambi sono sufficientemente robusti per le sollecitazioni a cui è sottoposto un tagliere, cerchiamo di eliminare il più possibile la parte bianca seguendo con la matita il naturale andamento delle venature. 2. Scontorniamo la tavoletta con una sega a nastro o con il seghetto alternativo fino ad ottenre la forma desiderata. Non è necessaria una perfetta simmetricità, anzi, le forme irregolarmente curve danno un tocco artistico al tagliere. Sempre con la sega a nastro si assottiglia l’impugnatura togliendone uno strato dalla faccia inferiore per facilitarne la presa. 3. Con la levigatrice a nastro o quella orbitale spianiamo la tavoletta togliendo tutti i segni lasciati dalla sega o dalla pialla. Appoggiamo la tavola sul nastro con le fibre orientate lungo la direzione di lavoro se vogliamo ottenere una superficie più fine, oppure di traverso se vogliamo asportare più materiale. In questo momento emerge la bellezza della venatura e del colore del ciliegio. 4. Anche la costa deve essere rifinita a dovere e, in questa fase, lasciamo un po’ correre l’estro, arrotondando con curve fluide il tagliere. Una volta completata la cornice si smussano gli spigoli fino ad ottenere la forma definitiva. Una passata con carta vetrata fine a mano elimina le ultime irregolarità in vista del trattamento di lucidatura. 5. La tavoletta, liscia e ben spolverata, deve subire un trattamento di impregnatura con sostanze compatibili con l’uso alimentare che metta in risalto la venatura del legno. Si possono usare oli vegetali, come quello di girasole, oppure cera d’api stesa a caldo e fatta penetrare con l’aiuto del phon. Una volta raffreddata si lucida con una spazzola e poi con uno straccio di lana. Realizzazione di Erminio Scortelagna.
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DAL TRONCO ALLA TAVOLA 1. Questo bel tronco di ciliegio ha aspettato pazientemente per anni che venisse il suo turno per essere ridotto in tavole. Per eliminare i danni dell’umidità si intesta il tronco eliminando una decina di centimetri di legno. 2. Una dopo l’altra si staccano le tavole dal tronco appoggiando le facce già tagliate alla guida in squadra. Si può usare sia il disco della combinata, per tronchi più piccoli, sia la sega a nastro per quelli di dimensioni maggiori. 3. Con la scure si ripuliscono le tavole dalla corteccia e dal libro che coprono il legno, insieme alle parti ammalorate. 4. La pialla toglie gli strati più grezzi mettendo bene in vista le venature del legno in modo da poter scegliere il pezzo che più ci ineressa. 5. Recuperiamo dalle tavole più esterne ed irregolari del tronco il legno ancora utilizzabile con un colpo di sega a nastro. 6. Dal tronco si ricavano tre spesse tavole di larghezza uniforme più due scarti di forma irregolare dai quali abbiamo preso il legno per realizzare il nostro tagliere.
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progetti FAR DA SÉ
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Alzata di carta Altro che “usa e getta”: i piatti di plastica ed altri materiali destinati al macero sono la materia prima per realizzare complementi da tavola con una tecnica simile alla cartapesta, da arricchire a piacere con decorazioni di vario tipo
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er suscitare stupore e provare soddisfazione non c’è bisogno di avventurarsi in costruzioni laboriose e semiprofessionali: basta osservare questo centrotavola per rendersi conto di quanto si possa fare con poco, per se stessi o per fare una sorpresa agli amici. l Per rivestire questa struttura sono stati utilizzati tovaglioli di carta bianchi: le increspature la fanno assomigliare ad una lavorazione a stucco ed esaltano i colori dei diversi tipi di frutta, potrebbe sembrare una natura morta, ma al contrario è ricca di vivacità. l La vera tecnica della cartapesta è un poco diversa, le strutture vengono ricoperte con strisce di carta da giornale incollate sovrapposte ed incrociate, in più strati, fino ad ottenere una consistenza rigida. Lo stesso sistema è applicabile anche a questa elaborazione: come si è detto, qui si è deciso per il colore bianco e l’uso dei tovaglioli non ha richesto ulteriori finiture, ma se l’oggetto dev’essere colorato la carta stampata va benissimo e costa meno.n
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APPLICARE LA CARTA
COSA OCCORRE Materiali: piatti e vassoi di cartoncino e plastica, di dimensione crescente; tovaglioli di carta; tubi di cartone recuperati da rotoli da cucina; foglie di edera; colla vinilica e termocolla; vernice trasparente Attrezzi: pistola incollatrice; forbici; cutter; pennelli.
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1. In un piatto di plastica diluiamo colla vinilica ed acqua in rapporto di 1:1. Immergiamovi un tovagliolo di carta in modo che possa assorbire la miscela. 2. Iniziamo a rivestire il vassoio circolare che costituisce la base, inzuppando un tovagliolo per volta e lasciando la carta un poco raggrinzita. Sovrapponiamo i tovaglioli e premiamo bene, avvolgendo completamente il vassoio. 3. Da un tubo di cartone tagliamo due spezzoni, uno da 15 cm ed uno da 12 cm. Rivestiamo quello più lungo con alcuni tovaglioli di carta, quindi poniamolo al centro del vassoio con qualche goccia di colla a caldo.
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Alzata di carta 1
CRESCE IL CENTROTAVOLA
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1. Ripetiamo l’incollaggio dei tovaglioli su tutto il piatto intermedio, lasciamo asciugare la colla ed individuiamo il centro su entrambi i lati. Fissiamolo al tubo con colla a caldo, poi allo stesso modo incolliamo l’altro spezzone di tubo ed il piatto più piccolo. 2. Se non abbiamo a disposizione foglie di edera “autentiche” possiamo utilizzare quelle sintetiche, l’importante è che siano complete di gambo. Strappiamo a pezzi i tovaglioli prima di inzupparli di colla, per poter rivestire le foglie con maggior precisione; mentre avanziamo, cerchiamo di dar loro una forma in modo che non risultino piatte. 3. Se occorre, rifiniamo con un ulteriore strato di tovaglioli le zone che presentano un rivestimento irregolare. 4. Arricchiamo la composizione distribuendo alcune foglie lungo i tubi e sui bordi esterni dei piatti, come se fossero ricadenti. È sufficiente una goccia di colla a caldo alla base del gambo. 5. Terminata la composizione possiamo scegliere se colorarla o lasciarla al naturale. Quando tutto è ben asciutto dobbiamo stendere almeno tre mani di vernice trasparente per découpage, che ha un effetto vetrificante e rende impermeabile e pulibile più facilmente l’oggetto realizzato.
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NON FACCIAMOCI DIVORARE DALLA TV...
UN’ORA IN MENO ALLA TV, UN’ORA IN PIÙ AL BRICOLAGE
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progetti FAR DA SÉ
Bellezza eterna per il muro brutto Guardando il risultato finale, chi potrebbe affermare con certezza che si tratta di un rivestimento con “piastrelle” di pietra tecnica piuttosto che della costruzione di un autentico muro massiccio, con pazienza e fatica nella conformazione dei pezzi? FAR DA SÉ 42 04-2013
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ttenere in un sol colpo il risanamento delle superfici e un notevole miglioramento dal punto di vista estetico non è cosa da poco: le facce interne di questo muro perimetrale esterno si presentavano degradate esteticamente, non strutturalmente, dall’umidità e con un aspetto più “carcerario” che protettivo. l Con una spesa ragionevole ed un lavoro portato a termine con relative rapidità e facilità è stato possibile migliorarne l’aspetto e risolvere l’eventualità di un futuro ripresentarsi dell’inconveniente. Non è stata neppure necessaria una grande precisione, anzi: la casualità della posa è un punto di forza dei rivestimenti di finta pietra e ne esalta la naturalità, con il vantaggio che si procede come con una piastrellatura, con limitata possibilità di sporco e senza produzione di detriti. l Le “fette” di pietra ricostruita hanno spessori compresi tra 3,5 e 5 centimetri e la faccia posteriore è piuttosto liscia; si possono applicare all’interno e all’esterno su superfici grezze abbastanza uniformi, su cartongesso, su cappotti e su qualsiasi tipo di malta. Ci sono anche pezzi speciali per rivestire la sommità del muro. n
LA PIETRA RICOSTRUITA La selezione di materiali e forme consente di riprodurre sassi naturali, mattoni, pietre ed il rivestimento è ignifugo, isolante e traspirante, costituito da componenti cementizi colorati in massa, non solo superficialmente, tramite ossidi naturali addizionati all’impasto. La gamma Easy Stone racchiude 8 differenti tipi di rivestimento per un totale di 26 possibilità di colorazione; si possono acquistare solo le pietre ad un prezzo intorno agli 80 euro/mq. Includendo anche il collante, lo stucco ed il trattamento consolidante ed idrofobizzante si arriva a circa 120 euro/mq. In questo caso è stata rivestita una superficie di 13,5 mq impiegando circa una trentina di ore di lavoro. Palazzetti (www.palazzetti.it) Per approfondimenti sul materiale e le tecniche utilizzate vai su www.bricoportale.it/Muro-risanato-con-rivestimento-di-pietra-tecnica_11_4.php
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LA POSA È A COLLA Le pietre sono di almeno 6 formati ed è consigliabile, prima di preparare il collante, aprire le scatole che le contengono e suddividerle a gruppi di forma e dimensioni simili, in modo da poterne prelevare ogni volta una diversa e posarle con un effetto più realistico. Lungo il muro e nella zona di preparazione della colla è bene stendere un telo di nylon o alcuni cartoni per preservare il pavimento. 1-2. La colla in polvere va rovesciata in un secchio nel quale è già stata messa la quantità d’acqua necessaria e miscelata con una frusta azionata dal trapano fino a raggiungere una consistenza cremosa ed omogenea. 3-4-5. Il collante si preleva con la cazzuola per caricare la manara dentata e stenderne uno strato uniforme su una porzione di muro di 1-1,5 mq. Uno strato sottile può essere steso anche sul retro delle mattonelle prima di collocarle sulla parete. 6. Ad una ad una le pietre si accostano il più possibile a quelle già posate, correggendone la posizione in base alle irregolarità e assestandole poi con qualche colpo dato con il manico della mazzetta. Negli angoli bisogna evitare di ritrovarsi con una linea verticale troppo netta, mentre per gli spigoli esistono pezzi speciali.
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RIFINIRE LE FUGHE 1. Trascorse 48 ore dalla posa, si può procedere con la stuccatura delle fughe. Insieme allo stucco è fornita una sacca di nylon conica alla quale, prima di riempirla, va tagliata la punta. 2. Con la cazzuola si introduce lo stucco, preparato sempre miscelando la polvere in acqua con l’aiuto della frusta. 3. La sacca va riempita per circa 2/3, in modo da poter ritorcere l’apertura superiore e spremere lo stucco all’interno degli interstizi. La fessura tra parete e pavimento non dev’essere stuccata. 4. Le stuccature devono risultare sottomesse rispetto al filo esterno delle pietre, per cui le eccedenze vanno rimosse senza attendere che lo stucco asciughi; procedendo quindi per porzioni di muro, le fughe vengono grossolanamente uniformate e picchettate con un pennello per conferire un aspetto rustico. Si attende la completa asciugatura e si ripuliscono le pietre dai residui con una spazzola di saggina o di plastica. 5. Quando ci sono particolari architettonici che interferiscono con la posa, come il lavatoio di questa situazione, conviene iniziare il rivestimento della parete dal loro perimetro, effettuando poi la sfalsatura delle pietre in zone diverse del muro.
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Zattera di bottiglie Riuso e non solo riciclo: ecco come sfruttare per un sano divertimento la leggerezza e la tenuta stagna di un numero rilevante di bottiglie destinate, nella migliore delle ipotesi, ad essere triturate e rifuse
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na randonnèe sul fiume Po organizzata dall’Agesci di Valenza e dalla Soms di Mugarone ha fornito l’occasione per riunire circa 120 appassionati su trentacinque tra barche, gommoni, canoe e piroghe, tre delle quali realizzate con bottiglie dell’acqua minerale. Gli scout del reparto Valenza 1, coordinati da Ettore Scaglione, si sono spesi nella costruzione di queste ultime imbarcazioni, leggere e artigianali, ma anche solide e capaci di tenere l’acqua senza problemi per tutti i 10 chilometri della discesa fluviale da Valenza a Mugarone. l Affinché le imbarcazioni pneumatiche siano sicure è necessario usare solo galleggianti stagni e robusti, meglio se multipli: le bottiglie riciclate dell’acqua minerale sono l’ideale dato che il poliestere con il quale sono fatte è molto resistente e i tappi resistono senza problemi a pressioni oltre gli 8 bar. Poi l’alto numero di elementi, quasi 600 per ogni zattera, garantisce il galleggiamento anche in caso di urti o danni. l Riunite in gruppi di 19 con nastro da pacchi, le bottiglie sono inserite su tre listelli per mantenere un buon allineamento, ma la solidità è affidata a un rivestimento di rete per recinzioni che mantiene la coesione tra i singoli elementi. La struttura di sostegno, che permette di imbarcare l’equipaggio, è costituita da lunghe travi in legno e tavole trasversali. n
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Zattera di bottiglie 1
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BOTTIGLIE, RETE E NASTRO 1. Ciascun elemento base usato per costruire i galleggianti è formato da 19 bottiglie dell’acqua minerale da 1,5 litri, legate in una matrice esagonale con un cavetto. Le bottiglie devono essere in buono stato e con il tappo serrato a fondo. 2. Usando nastro da pacchi si avvolgono le bottiglie alle due estremità dell’elemento, tirando forte e abbondando con gli strati. 3. Gli elementi sono tutti uguali tranne che quello di poppa, foderato con un sacco di plastica per “chiudere” il galleggiante, e quello di prua, nel quale le bottiglie sono scalate su due livelli in modo da formare una punta che possa fendere meglio l’acqua. 4. I galleggianti si formano infilzando dieci elementi su tre lunghi listelli che li attraversano sfruttando gli spazi tra le bottiglie. 5. Quando gli elementi sono nella giusta posizione si fasciano con rete metallica plastificata per recinzioni che assicura una buona coesione dell’insieme. I lembi della rete si uniscono con una nutrita serie di fascette da elettricisti. 6. Ogni imbarcazione è costituita da tre galleggianti uniti da tavole trasversali e da travi longitudinali posti lungo ciascun galleggiante. In perfetto stile “scout”, le travi di rinforzo sono unitetra loro con cime anziché da chiodature che nell’acqua sarebbero attaccate dalla ruggine. 7. Il trimarano è completato legando strettamente le travi ai galleggianti con altre cime: in totale l’imbarcazione è formata da quasi 600 bottiglie per un volume totale di 850 litri, sufficienti per imbarcare in sicurezza un equipaggio di sei coraggiosi ragazzi.
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RAGAZZI FAR DA SÉ
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La torre di Hanoi Un gioco banale solo in apparenza, ma che è un vero rompicapo: bisogna spostare i dischi uno alla volta e ricostruire la torre sull’altra colonnina laterale, ma senza che un disco vada sopra uno più piccolo...
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rima ci si diverte nella costruzione, poi il divertimento continua dando prova di abilità, mentale e pratica, con il gioco: nel frattempo si impara a tracciare, tagliare, forare, levigare e incollare, utilizzando qualche pezzo di scarto del laboratorio di papà. l Bisogna preparare un certo numero di dischetti di dimensioni decrescenti e forati al centro, in modo che possano inserirsi su tre tondini di legno, incastrati e incollati nei fori praticati sulla superficie di una tavoletta a distanze calcolate. l Il gioco inizia con la serie di dischi inseriti a cono in un tondino ad un’estremità e consiste nel formare un identico cono sul tondino all’altra estremità, sfruttando la presenza di quello centrale. Ovviamente bison gna spostare un disco per volta.
DISCO FORATO AL CENTRO
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PREPARIAMO LA BASE 1. Questo rompicapo fu ideato nella seconda metà dell’800 da Edouard Lucas, uno studioso della teoria dei numeri. Per costruirne un modello identico a quello raffigurato abbiamo bisogno di una tavoletta di legno massello da 190x70x20 mm che costituisce la base, 3 pezzi di tondino Ø 6x80 mm ed un pezzo di compensato (o una tavoletta) spesso 10 mm da cui ricavare 5 dischi diametro 60-50-40-30-20 mm; servono anche colla Millechiodi, carta vetrata (o levigatrice). Gli attrezzi necessari sono: metro a stecche, matita, squadra a cappello, guida tagliacornici con sega a dorso, trapano a colonna con punta da legno Ø 6,5-7 mm e un set di seghe a tazza, pistola per colla a caldo. 2-3. Su un listello 70x20 mm tracciamo la linea di taglio a 190 mm da un’estremità; effettuiamo il taglio con la sega a dorso e la cassetta tagliacornici tenendo la lama esterna alla tracciatura. 4. Eliminiamo le scheggiature prodotte dal taglio con una levigatrice palmare o con una striscia di carta vetrata avvolta su un tacchetto di legno. Approfittiamone per smussare anche gli spigoli degli altri lati. 5. Ora dobbiamo tracciare con esattezza i punti da forare per l’inserimento delle colonnine. Bisogna prima marcare il centro della tavoletta, tracciando una linea mediana sulla lunghezza ed una sulla larghezza: la squadra a cappello, in battuta sui bordi, ci garantisce la massima precisione. Marcata la posizione della colonnina centrale, segniamo le due laterali a 60 mm da questa sulla linea mediana più lunga, a sinistra e a destra.
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COMPLETIAMO... 1. Pratichiamo i fori con il trapano a colonna, limitando la profondità di foratura, in modo che la punta affondi nel legno per 15 mm. 2. Riprendiamo la sega a dorso e la cassetta tagliacornici per tagliare le tre colonnine; anche in questo caso levighiamo dopo il taglio. 3. Applichiamo un poco di colla nei fori della tavoletta ed inseriamovi le colonnine che devono entrare senza gioco.
Ripuliamo i residuui di colla con un pezzetto di carta. 4. Dalla tavoletta di compensato bisogna tagliare i dischetti: questo è un lavoro più impegnativo che spetta ad un adulto, poi bisogna levigare i bordi e, se occorre, allargare il foro lasciato dalla punta di centraggio. Per dare una finitura allegra al gioco possiamo stendere un impregnante sulla tavoletta e colorare i dischetti con smalti di tonalità differenti, utilizzando prodotti all’acqua.
LA FORMULA MATEMATICA Il numero minimo di mosse per portare a termine il gioco segue una formula matematica: 2n-1, dove a “n” corrisponde il numero dei dischi. La nostra torre di Hanoi è a 5 dischi per cui il gioco può essere completato con 31 mosse (2x2x2x2x2 = 32), ma lo si può complicare ulteriormente aumentando il numero dei dischi: la sequenza delle mosse da ripetere è sempre la stessa. Un piccolo aiuto: su Wikipedia, alla voce “Torre di Hanoi”, c’è una simpatica animazione che mostra come risolvere il gioco con 4 dischi, ovvero con 15 mosse.
www.manualitaragazzi.it
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Ore liete... e concrete Una serie di lezioni “pilota”, studiate a tavolino, per trovare il giusto metodo nei corsi di avvicinamento alla manualità organizzati nel laboratorio di “Manualità, un gioco da ragazzi” di Gavi
SI ARRIVA, SI IMPARA, SI FESTEGGIA, SI FA MERENDA 1. I ragazzi arrivano con il pulmino della scuola, accompagnati dall’insegnante che partecipa alla lezione dando un supporto prezioso, soprattutto nei primi incontri, quando non si conoscono ancora gli alunni; in seguito si instaura una collaborazione molto fruttuosa, quasi una complicità, ora con l’istruttore, ora con i ragazzi: in pratica si forma un vero e proprio team. 2. Non c’è momento che non venga affrontato con entusiamo e passione. La conclusione di ogni singola fase segna il raggiungimento di un traguardo. 3. Anche qui siamo a scuola, quindi la lezione ad un certo punto si interrompe per una decina di minuti di ristoro.
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SOTTO L’OCCHIO VIGILE...
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ell’ambito delle iniziative di “Manualità, un gioco da ragazzi” rientrano anche alcune attività pilota svolte nel laboratorio di Gavi, che la nostra casa editrice ha espressamente dedicato allo scopo. La prima fase di queste attività, conclusasi da poco, era volta a trovare la formula più efficace per trasmettere ai giovani i rudimenti della manualità, in modo da creare una sorta di protocollo standardizzato e condivisibile, tale da garantire continuità all’iniziativa e, nel contempo, agevolare il lavoro degli animatori dei laboratori distribuiti sul territorio nazionale, oggi 60, ma in continuo aumento di numero. l Gli approcci possibili sono molti, forse tutti efficaci a loro modo, ma vanno tenuti in considerazione tanti parametri. Per una partenza “soft”, ma che nello stesso tempo permettesse di fare qualcosa di concreto subito, è stato trovato un coordinamento con le istituzioni locali riuscendo a organizzare una serie di incontri con i ragazzi delle scuole, nell’ambito dell’orario delle lezioni. I ragazzi delle scuole elementari sono stati raccolti per fasce di età, mettendo insieme le varie sezioni di ogni anno scolastico, a partire dalle seconde, per arrivare alle quinte. Una seconda tornata di incontri ha visto impegnata, questa volta al di fuori dell’impegno scolastico, un’altra nutrita schiera di giovani, ma con tre fasce di età, arrivando fino ai 15 anni di alcuni di loro. n
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UN PROGRAMMA ELEMENTARE Sarebbe stato più giusto, pensando alle teorie pedagogiche classiche, approcciare la formazione di questi giovani, soprattutto dei più piccoli, con un bel po’ di teoria. In effetti è sempre utile fare chiarezza sin dall’inizio sui termini che descrivono meglio gli utensili da utilizzare, sui legni e le tecniche per la loro lavorazione. Le tempistiche strettamente definite, imposte da questa prima fase di incontri, ci ha convinti a percorrere una strada leggermente diversa. Siamo così partiti scegliendo dei progetti mirati per ogni gruppo; i progetti dovevano essere portati a compimento, completando una piccola costruzione. Ogni progetto doveva contemplare una serie specifica di operazioni, che fossero adeguate all’età dei partecipanti. In molti casi, nella scelta, sono state utili le insegnanti che hanno suggerito alcune tematiche che i ragazzi stavano affrontando nelle lezioni di scienze (la casetta dei pipistrelli), oppure la scoperta delle ore (l’orologio di legno) ecc. La parte teorica delle lezioni, seppure molto condensata, c’è stata lo stesso, ma frazionata, somministrandola in “pillole”sintetiche ogni qualvolta si iniziava una nuova lavorazione.
I ragazzi sono esuberanti, ma quasi sempre percepiscono da soli quali sono le fasi in cui esprimersi più liberamente (1) e quali, invece, quelle in cui è opportuno seguire le indicazioni per lavorare in tutta sicurezza (2). Sono molto attenti durante le spiegazioni, ma anche nel guardare cosa fanno gli altri (e imparare) in una fase più impegnativa del lavoro (3). Il morsetto fermapezzo del trapano a colonna (4) rende completamente sicura l’operazione di foratura.
“Manualità, un gioco da ragazzi”, un progetto Edibrico, sostenuto da
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1. È indicato anche per incollare parti esposte a fonti di calore, resiste fino a 110 °C: anche la riparazione del vetro della plafoniera non è un problema. 2. La formulazione in gel permette di distribuire il prodotto in modo preciso e senza colature, per incollaggi invisibili in zone difficili. 3. 100% Repair Gel è compatibile ed efficace con tutte le materie plastiche, ad eccezione di PE, PP, e PTFE. 4. La forte tenuta si apprezza anche su parti sottoposte a tensione, come il fermaglio della maschera da sub.
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5. Grazie al suo potere riempitivo ed alla resistenza all’acqua anche lo schermo della maschera si ripara senza rischio di infiltrazioni, unendo tenacemente la guarnizione di gomma e lo schermo di plastica. 6-7. Nel traffico cittadino non è raro causare qualche piccolo guaio ad auto e moto, ma la sostituzione di un fanalino o di uno specchietto può essere onerosa: la resistenza ad urti e vibrazioni di 100% Repair Gel garantisce una riparazione efficace, con un bel risparmio. 8. La colla si può stendere anche con una spugnetta.
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Gli utensili manuali sono stati inventati molto prima dell’elettricità e hanno molti vantaggi: sono sempre pronti, leggeri, non hanno fili e funzionano ovunque. Vediamo quali sono i più diffusi e quali segreti nascondono dietro l’apparente semplicità
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LEGENDA 1. Martello da meccanico da 200 g a bocca quadra e penna trasversale 2. Pialla da legno con impugnatura frontale 3. Raspa da legno mezzatonda con manico di plastica 4. Squadra a cappello da falegname 5. Strettoio o morsetto (sergente) scorrevole a vite 6. Scalpello piano per il legno 7. Pinza universale a becchi corti con tronchese 8. Cacciavite con punta a croce 9. Flessometro, metro a nastro metallico con avvolgimento a molla 10. Sega a pettine per corniciai 11. Doppio metro di legno 12. Mazzuolo di gomma 13. Pennellessa di setole naturali e manico in plastica 14. Martello da carpentiere a bocca tonda 15. Segaccio trapezoidale con impugnatura a pistola 16. Ascia monopenna da spacco
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1. Martello da meccanico: di uso generale, la testa pesa da 100 a 500 g, la bocca (la parte piana che colpisce) e la penna sono temprate per resistere meglio all’usura. Il manico è tradizionalmente di legno, ma ormai, nei martelli di uso professionale, è sostituito da resina con impugnatura in gomma. 2. Pialla: serve per spianare il legno mediante un’affilatissima lama che sporge di qualche decimo di millimetro oltre la suola. La regolazione della profondità avviene colpendo il dorso della lama con il martello. 3. Raspa: è una barra di acciaio indurito di forma varia, in genere con un lato piatto e uno tondo, su cui sono ricavati denti molto grossolani e spaziati per impedire l’accumulo di trucioli. È adatta alla sgrossatura di legno e materie plastiche, ma non di acciaio e metalli duri. 4. Squadra a cappello: strumento che serve per tracciare linee in squadra rispetto ad uno spigolo, generalmente una tavola, grazie ad una base sporgente rispetto al righello graduato. La graduazione ha due origini per misurare le distanze dell’interno o dall’esterno della base. 5. Strettoio o morsetto: usato per serrare insieme due parti, ha una notevole forza di compressione dovuta al meccanismo con il quale si avvicinano gli appoggi. In genere è fatto di metallo con un’asta che termina con un appoggio sporgente fisso da una parte e dall’altra uno spingitore, a vite, ad eccentrico o molla, con il quale si regola la distanza tra le ganasce. I morsetti moderni sono muniti di un’impugnatura a pistola e si manovrano con una sola mano. 6. Scalpello per legno: hanno un manico robusto che può essere di legno o di materiale sintetico e di una lama di varia larghezza e spessore che termina con uno spigolo vivo, in modo da poter penetrare facilmente nelle fibre del legno. Lo scalpello può essere azionato a mano oppure con un mazzuolo di legno per fare ad esempio incisioni, tagli e altre sagomature. 7. Pinza: ci sono infinità di forme diverse adattate ai vari mestieri. In quelle universali i becchi sono formati da una parte piana e zigrinata, una parte concava dentata per afferrare dadi e barre tonde e una cesoia per tagliare fili metallici. I manici sono ricoperti di materiale isolante e antiscivolo per evitare pericoli di folgorazione quando si lavora su oggetti posti sotto tensione A causa degli intensi sforzi a cui devono resistere sono realizzate con acciai al cromo vanadio. 8. Cacciavite: realizzato con un’impugnatura di plastica (una volta di legno) nella quale è inserita un’asta di varia lunghezza e diametro con puntali adatti alle impronte più diffuse nelle teste delle viti (croce Phillips e Pozidriv, taglio, torx, esagonali ecc).
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9. Flessometro: contiene un nastro di acciaio verniciato su cui è riportata la scala graduata, a volte su entrambe le facce. Al centro del rocchetto c’è una molla che si carica durante l’estrazione del nastro e aiuta il riavvolgimento. Il nastro, specie nelle lunghezze maggiori, non è piatto, ma curvo, in modo da poter rimanere rigido anche con sbalzi maggiori di un metro. 10. Sega a pettine: si chiama così a causa della nervatura che la rende rigida malgrado la lama sia molto sottile. È usata dai corniciai in combinazione con un telaio munito di guide per tagliare secondo precise angolazioni. 11. Doppio metro: fatto di stecche di faggio lunghe 200 mm articolate su snodi metallici, è particolarmente pratico per muratori e falegnami e non è stato ancora soppiantato dai metri a nastro. Sulla graduazione a volte è riportata anche una scala per formare un angolo a 90° piegando le stecche a triangolo. 12. Mazzuolo di gomma: variamente utilizzato quando si tratta di distribuire il carico della martellata su un’area più ampia, come nel montaggio dei rivestimenti ceramici, oppure per non ammaccare i metalli. La testa può essere di gomma elastica o plastica più dura e all’interno può essere contenuto un contrappeso mobile che aumenta la forza dell’impatto. 13. Pennellessa: costruita con setole naturali montate in un alloggiamento metallico e trattenute da un letto di resina. Usata per la vernicitura di superfici molto ampie, è ancora preferita da molti nel confronto con il rullo di lana d’agnello anche se la velocità di applicazione è inferiore. 14. Martello da carpentiere: costituito da un lungo manico, fino a 600 mm, di legno o resina, una testa con bocca quadrata o tonda e una penna biforcuta che serve per l’estrazione dei chiodi. Sulla testa sono presenti anche due incisioni nelle quali alloggiare il chiodo per piantarlo senza doverlo tenere con l’altra mano. 15. Segaccio: la lama trapezoidale è molto larga alla base per sostenere la spinta del taglio. La dentatura è in genere fine e con una ampia stradatura per offrire poca resistenza allo scorrimento. Rispetto ai seghetti ad arco ha il vantaggio di poter tagliare le assi nel senso della lunghezza. 16. Ascia: molto efficace nello spaccare i ciocchi di legna, taglia anche in modo efficace se diretta in senso diagonale rispetto alle fibre. La massiccia testa opposta alla penna serve per battere con la mazza o per il “secondo colpo” rovescio quando la lama si incastra nel ceppo da spaccare.
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Per approfondimenti sugli utensili per il laboratorio vai su www.bricoportale.it/sottocategoria.php?cat=32
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Rotorbitale Einhell Per chi si abbona a FAR DA SÉ la possibilità di acquistare questo pratico elettroutensile di marca ad un prezzo vantaggioso. Puoi vedere a pagina 56 di questa rivista come fare per dotare il tuo laboratorio della levigatrice rotorbitale Einhell BT-RS 420E
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a rotorbitale si utilizza su medie e grandi superfici e permette di ottenere una levigatura molto uniforme, grazie alla contemporaneità dei movimenti rotativo ed orbitale del platorello. Utilizzandola con spugne e cuffie d’agnello su superfici verniciate, come le carrozzerie, si ha una lucidatura a specchio priva di aloni, di ottima qualità. l La macchina in questione appartiene alla Linea Blu di Einhell, la gamma dedicata agli hobbisti emergenti che hanno bisogno di “prendere confidenza” con gli elettroutensili prima di passare, se occorre, a modelli più sofisticati. La fascia di prezzo economica non comporta, tuttavia, un compromesso in fatto di prestazioni: questa levigatrice dispone di regolazione elettronica della velocità, per adeguare l’azione della macchina in base al materiale su cui si opera ed al tipo di abrasivo in uso, facilmente sostituibile grazie al fissaggio a velcro; entrambe le impugnature sono rivestite di materiale morbido ed antiscivolo. Insomma, ha tutti i requisiti per farsi apprezzare e per essere utilizzata in più occasioni, con soddisfazione. n
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1. In dotazione con la macchina c’è un solo foglio di abrasivo, quanto basta per iniziare ad usarla. Sta all’operatore, in base alle proprie esigenze d’uso, procurarsi un assortimento di fogli di ricambio, diversi per grana e composizione. 2. Per eseguire la lucidatura della carrozzeria occorre procurarsi una cuffia d’agnello, in questo caso più che cuffia è un disco, perché anche per questo accessorio il fissaggio dev’essere a velcro e non come le cuffie da assicurare ai platorelli da montare sul trapano che sono contornate da elastici o lacci per la legatura. 3. Con l’applicazione di una buona crema abrasiva è anche possibile eliminare i graffi superficiali: la macchina va azionata ad una velocità media e fatta scivolare sulla superficie con una pressione molto leggera. È importante che il disco d’agnello abbia un diametro sufficiente a coprire quello del platorello, in modo che quest’ultimo non vada a contatto con la carrozzeria. 4. Nelle operazioni di lucidatura il sacchetto raccoglipolvere è solo d’ingombro e può essere rimosso facendolo ruotare per liberare l’incastro a baionetta. Al suo posto, per le operazioni di levigatura, può essere innestato il terminale dell’aspiratore per smaltire più efficacemente le polveri. 5. Gli otto fori presenti sul foglio abrasivo devono collimare esattamente con quelli del platorello: azionando la macchina entra in funzione anche una piccola ma efficace ventola che aspira le polveri e le convoglia nel sacchetto. 6. La rotella per la regolazione della velocità è posta sul nasello dell’impugnatura secondaria: è regolabile in continuo da 1 a 5, oltre questo valore compare la scritta MAX e si avverte un piccolo scatto che blocca la rotazione alla velocità massima.
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Trabattello 2 scale Riparazioni, imbiancature, giardinaggio, quante volte si svolgono attività in equilibrio precario su una scala: ci vorrebbe un’attrezzatura più stabile. Ecco, possiamo usare un trabattello!
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rricchire il nostro laboratorio con un trabattello ci consente di allargare di molto i nostri orizzonti, e non solo perché si può salire più in alto. Esistono trabattelli, o ponteggi mobili, di ogni misura, dai modelli professionali in acciaio zincato fino a quelli piccoli e leggeri per imbiancare casa. Qualsiasi modello si scelga, è importante tenere presente la facilità di montaggio, la massima altezza raggiungibile, la dimensione e il peso dei pezzi smontati per consentire un eventuale trasporto con auto o furgoni. Un giusto equilibrio tra tutte queste caratteristiche lo abbiamo trovato nel trabattello Target della Svelt (www.svelt.it). l Target è un ponteggio mobile per lavori a bassa quota in alluminio, costituito da una geniale combinazione tra due scale trasformabili e una serie di traverse che rendono la struttura rigida e stabile anche alla completa estensione. Target può essere usato a diverse altezze ed ogni componen-
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te è utilizzabile a sé. Con un solo prodotto si ottengono numerose possibilità di utilizzo ideali per lavori di imbiancatura e manutenzione fino ad un’altezza di lavoro di 4,15 metri. l La struttura principale è costruita in leggerissimo profilo di alluminio da 75x25 mm irrigidito da traverse e parapetti in acciaio verniciato con polveri epossidiche. Una struttura composta da pochi componenti che lo rendono leggero, poco ingombrante da trasportare e facile da montare in pochi minuti senza bisogno di attrezzi. La base occupa uno spazio di 1600x1000 mm grazie alle traverse stabilizzatrici con piedi in gomma. l Per facilitare gli spostamenti, alla base di una delle scale sono fissate due rotelle da 100 mm. Sollevando un lato del ponteggio, Target può essere comodamente spostato, mentre quando è in opera le ruote non toccano il terreno e i tamponi ne rendono stabile l’appoggio. n
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VERSATILE E SICURO 1. L’altezza del ponteggio alla massima estensione raggiunge i 3,15 m; ciò permette di lavorare in sicurezza fino a 4,15 m. 2. Con le due scale ritratte il trabattello occupa un’altezza di 2 metri, configurazione ideale per i lavori in appartamento. 3. Togliendo i traversi e il piano restano due normali scale trasformabili che possono essere usate singolarmente. 4. Il piano di calpestio può essere agganciato anche alle due scale separate per essere usato come piano di lavoro (ma non per salirci sopra).
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MONTARLO IN SICUREZZA 1. Salita e discesa dal piano di lavoro avvengono in sicurezza all’interno della struttura risalendo la scala fino alla botola incernierata che fa parte del piano di calpestio. 2. I pioli con superficie di appoggio di 30 mm vengono fissati ai montanti tramite ribordatura. Sono zigrinati e antisdrucciolo per una solida presa di mani e piedi. Un gancio di sicurezza impedisce lo sfilo accidentale dell’ultimo tronco. 3. Le traverse di irrigidimento sono costruite in robusto acciaio verniciato in due lunghezze, una per gli incroci e una per il parapetto e la base: in tutto sei corte e quattro lunghe. 4. Il piano di calpestio è costituito da un telaio di alluminio che sorregge un piano sdoppiato in multistrato marino verniciato e irruvidito. 5. Dai profilati d’alluminio sporgono robusti appoggi in acciaio provvisti di ganci di sicurezza antivento che impediscono al piano di sollevarsi. Lo scalino rosso è il più alto al quale è consentito agganciare il piano di calpestio. 6. Il fermapiedi a montaggio rapido in multistrato marino è alto 100 mm e pesa 2,6 kg. Molto utile per non metere i piedi in fallo e impedire la caduta di utensili e detriti. 7. I tiranti si fissano tramite pomelli di nylon e acciaio avvitati ai filetti inseriti nei profilati d’alluminio.
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COME PARTECIPARE ALLA PROVA DI ABILITÀ DEI LETTORI
Mandateci le vostre realizzazioni con buone foto che documentino le fasi del lavoro. Ogni mese ne pubblicheremo e premieremo sette:
2 IMPORTANTI, 2 INGEGNOSE, 2 BRICÒ e 1 SUPER scelte per difficoltà, ingegnosità, capacità di riciclo e, non ultima, la necessaria qualità delle immagini. UN PREMIO PER TUTTI Tutti i lettori che ci invieranno la loro realizzazione correttamente documentata, riceveranno comunque questa ricca confezione regalo contenente ben 9 diversi prodotti Henkel!
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ETÀ
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Cosa mandare: descrizione e disegni della realizzazione l fotografie digitali massima risoluzione non compresse o stampe fotografiche l il tagliando a fianco compilato e firmato
TITOLO DELLA REALIZZAZIONE
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VIA O LOCALITA’
CITTA’ E PROVINCIA
CAP
TELEFONO
Dichiaro che la realizzazione presentata è mia autentica creazione e non è mai stata pubblicata prima d’ora. Ne autorizzo la stampa parziale o totale (con foto, disegni e testo) da parte di EDIBRICO. Data
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PROVA DI ABILITÀ DEI LETTORI
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Dove inviare: EDIBRICO 15066 GAVI (AL)
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I PREMI DI APRILE 2013 per i 2 progetti IMPORTANTI BOSCH Seghetto alternativo PST 900 PEL Rientra nella categoria EXPERT della Compact Generation di casa Bosch. Ha una potenza di 620 W, possibilità di preselezionare con una rotella la velocità della lama sino a 3100 corse al minuto, regolazione elettronica dei giri motore, profondità di taglio 90-15-8 mm (legno, alluminio, metallo), oscillazione della lama su 4 posizioni, sistema soffiatrucioli, attacco della lama SDS per una rapida e sicura sostituzione. Peso 2,2 kg.
per i 2 progetti INGEGNOSI RYOBI Misuratore laser RP 4010 Misurazione rapida su grandi distanze (distanza massima 60 m), distanza minima 16 cm, precisione elevatissima; funzione di addizione/sottrazione, funzione di memoria (10 risultati), calcolo lunghezze, aree e volumi. Livella a bordo, per allineamento orizzontale, batteria 4V ioni di litio, caricabatteria. Peso 200 g.
per i 2 progetti BRICÒ
per il progetto SUPER
EUROEQUIPE Elettroinsetticida Big Pac-Zan e Elettroemanatore Insect Killer Big Pac-Zan è un elettroinsetticida ad aspirazione per ambienti esterni in cui gli insetti, attirati dalle luci led, vengono risucchiati da una ventola e muoiono in breve tempo per disidratazione. Insect Killer è un elettroemanatore a 5 funzioni: elettro-evaporatore per liquido, fornelletto per piastrine, attrattivo e fulmina insetti, luce di cortesia notturna.
FEIN Multimaster Top Plus Sistema universale per lavori di ristrutturazione e rinnovo, allestimento d’interni, riparazioni piastrelle, finestre, porte, per il bricolage, la manutenzione, la costruzione e il montaggio in generale. Si basa sul movimento oscillante dell’albero secondario che aziona una nutrita serie di accessori con cui si può tagliare, levigare, affilare, intagliare materiali come legno, metalli, plastiche e piastrelle.
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Lampade e tanto altro Inventiva, recupero degli oggetti più disparati e riutilizzo di rimanenze di altri progetti, sono gli ingredienti di questa serie di lavori; tutto si conclude con l’integrazione di acquisti di poco conto, grazie alla propensione a trovare soluzioni con ciò che si ha a disposizione
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ebastiano Fanciulli ci ha inviato la documentazione di alcuni suoi lavori. Nel primo utilizza un pezzo di tubo di rame e due vasetti di coccio per fare una lampada da comodino a forma di fiore in vaso; il lavoro è completato da alcuni pezzi di filo di ferro, per fare le foglioline stilizzate attaccate al gambo, e da una colata di gesso per appesantire la base e bloccare il tubo di rame in posizione eretta. l Anche il secondo è un abat-jour, in cui vengono utilizzati rete metallica, iuta, spago sottile e più spesso, legno e due barre filettate. L’insieme è rifinito da sedici strisce di pelle nera. l Con un altro lavoro forza la mano al concetto di recupero, quasi una sfida, con cui Sebastiano dimostra che persino un’antenna televisiva da smaltire può essere ancora utile e offrire spunti per accendere la creatività. Con un altro ancora, al contrario, ci propone una costruzione più impegnativa: un piccola ma ricca bacheca in stile, con ripiani, rifinita in modo classico, con cui sembra voler ricordare che, a seconda dei casi, un buon far da sé sa tenere “passi” diversi. n
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MARGHERITA DI LUCE 1. Il punto di uscita del cavo di alimentazione della lampada. Dal vaso si vede fuoriuscire anche un tratto di tubo di rame, non filettato e quindi non trattenuto da dado e controdado, bensì dalla colata di gesso, fatta all’interno. 2. Essenziali e graziose le foglioline fatte con filo di ferro ripiegato su se stesso e fissate allo stelo con una goccia di adesivo bicomponente per metalli. Stelo e foglie sono colorati di verde con una bomboletta spray prima dell’assemblaggio definitivo della lampada con la colata di gesso.
SUPERPREMIO Sebastiano Fanciulli di Siracusa vince un premio offerto da FEIN Multimaster Top Plus
PREMIO NUOVO 2013
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FIORI STRUTTURALI E DECORATIVI 1. Rovesciato con il fondo in alto, si reperisce il centro della base d’appoggio del vasetto con i petali. Si fora nel centro con una punta di piccole dimensioni, ovviamente senza usare la percussione, per non rischiare di frantumarlo. 2. Il foro serve per instradare l’apertura di un foro centrale ben più grande, da effettuare con una sega a tazza di diametro 30 mm. Trattandosi di coccio tenero, si può utilizzare una sega a tazza per cartongesso. 3. L’apertura è calibrata per l’inserimento di un portalampada per lampadine E14, solitamente di proporzioni più indicate per gli abat-jour di piccole dimensioni; l’insieme si consolida stringendo la ghiera. 4. Lo stelo del fiore è fatto con un tubetto di rame di diametro 10 mm. Il tubo va filettato ad un’estremità per l’abbinamento con il foro posteriore del portalampada; in seguito va curvato in modo morbido e progressivo. Questa operazione può essere fatta abbastanza agevolmente usando un banchetto da lavoro da falegname, forzando il tubo fra due perni e spessorando con un tacco di legno. 5. Al termine ne risulta una forma a punto interrogativo con la parte bassa anomala, in quanto curva seccamente di lato. Questo è richiesto per guidare il filo contenuto all’interno del tubetto al di fuori del vaso in prossimità del piano d’appoggio. 6. Le foglie sono fatte piegando in due degli spezzoni di filo di ferro; poi, tenendo momentaneamente bloccata l’estremità piegata in una morsa, si distanziano i due segmenti allargandoli al centro, realizzando la forma lanceolata. Ciascuna foglia viene fissata ad un’estremità allo stelo deponendo una goccia di colla per metalli bicomponente. 7. Sulla base di una bozza fatta per individuare le proporzioni migliori, si realizza una maschera ritagliando una margherita stilizzata in un foglio di acetato. 8. Sia il vasetto sia il diffusore della lampada vanno colorati con pittura murale. Una volta asciutta si effettuano le decorazioni con colore bianco, usando la maschera di acetato tenuta, volta per volta, in posizione con due piccole pinze a molla. Al termine si fissa il tutto con una mano di vernice trasparente. 9. Aperto il foro di misura nella parte bassa del fianco del vasetto si inserisce lo stelo del fiore, avvolgendolo con qualche giro di nastro di carta nel punto di passaggio verso l’esterno. Per fare in modo che stia in posizione lo si spessora con un pezzetto di legno, mentre il foro di drenaggio del vaso va chiuso con il nastro maschera. 10. La colata di gesso all’interno del vasetto ha il duplice scopo di bloccare definitivamente lo stelo del fiore, ma anche quello di appesantire la base della lampada rendendola molto più stabile. La base d’appoggio del vaso, infatti, è tutt’altro che ampia. Per evitare che il materiale duro e le imperfezioni possano rigare i mobili, sotto la base si applica un feltro adesivo ritagliato a misura.
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Lampade e tanto altro
RUSTICA DI CORDA E RETE 1. La struttura portante del paralume è formata da un pezzo di rete metallica zincata, piegata uniformemente con l’aiuto di un tubo di PVC da 120 mm di diametro. 2. Su questo si avvolge, tenendolo nel mezzo, uno spezzone di tessuto di iuta che viene fissato cucendone tutto il contorno con spago sottile. 3. Proseguendo con gli strati, si stendono in diagonale sedici striscioline di pelle da circa 10 mm di larghezza (otto in un senso ed otto in senso inverso), ricavate da una vecchia giacca da buttare via. Le estremità vanno ripiegate ed incollate all’interno del cilindro, sfalsandole di tre riquadri l’una dall’altra. Altre due strisce di pelle larghe 50 mm coprono il punto in cui si incrociano quelle strette e i bordi superiore ed inferiore del cilindro. Tutti i pezzi sono uniti con mastice per pelle-cuoio. 4. La base è formata da due pezzi di lamellare di abete, incollati uno di fianco all’altro; dall’insieme si ricava un tondo da 190 mm con la fresatrice. Sul disco così ottenuto si praticano quattro fori da mm 8,5 di diametro, equidistanti dal centro. Nella parte inferiore, quattro pezzi di legno fungono da piedi; dopo averli incollati, con una fresa per rifilare se ne pareggia il bordo esterno. Con una fresa che bisella a 45° si smussa il bordo superiore del disco. 5. Nei fori fatti alla base si inseriscono, avvitandoli, quattro spezzoni di barra filettata da 10 mm lunghi 220 mm e se ne ricoprono circa 15 mm con spago, partendo dal basso. La parte elettrica si monta sostenendo il portalampada fra le barre filettate, poi si infila il paralume in modo che resti rialzato rispetto alla base, lasciando scoperta la parte delle barre rivestite dallo spago. 6. Il disco di base di rifinisce con impregnante teak e cera per mobili; i piedini si rivestono avvolgendoli con spago da imballaggio, fissato con Attak.
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BACHECA IN STILE 1. La bacheca è realizzata in legno di pino. Le dimensioni totali sono 600x980x160 mm compresa la cimasa e la bordura inferiore. Lo spessore di tutti i pezzi è 20 mm. Tutte le varie parti sono giuntate tra loro con colla vinilica e spine di faggio. 2. I profili sono modanati con una fresa a mezzotondo. Il retro è formato da un pannello di multistrato spesso 4 mm cui va fissato un foglio di gommapiuma da 10 mm, poi rivestito con raso porpora. Il tutto è fissato con graffette all’interno di una battuta. 3. Come finitura si danno due mani di mordente all’alcol noce antico e due di vernice effetto cera. I fregi sono di legno pressato verniciati con uno spray oro su cui si passa il colore ad olio scuro, diluito con acquaragia, asportandone l’eccesso con un panno, in modo da invecchiare un po’ l’aspetto. Dopo aver montato il pannello posteriore, si inseriscono le mensole che poggiano su sostegni di ottone e che formano riquadri di 230 mm circa, infine si fissano i fregi con colla vinilica rapida.
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ALBERELLO LOGARITMICO 1. Per questa realizzazione viene usata una vecchia antenna televisiva rottamata. Si taglia l’antenna a metà nel senso della lunghezza e poi nell’altro senso per poter unire con acciaio liquido i quattro pezzi in modo che formino la sagoma dell’albero. I tondini trasversali vanni “potati” con il seghetto da ferro in modo da rendere le lunghezze dei rami simili ad una conifera. 2. Con due tondini avanzati si fanno prolunghe per mettere l’alberello dentro di un vaso alla giusta altezza, con lo scopo di bloccarlo con una gettata di cemento rapido. 3-4. Le decorazioni si fanno usando la calza del cavo d’antenna. Tagliandone un pezzo e spingendo da un’estremità verso il centro, si ottengono delle forme tondeggianti più o meno allungate. Fissate le estremità legandole con lo spago, vanno dorate per contrastare l’argento dell’albero. Il puntale è sostenuto da un tondo di legno forato al centro, rivestito con un pezzo di rete sagomata, fermandola con spago. Il puntale va fissato all’alberello con adesivo bicomponente.
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Cavallo a dondolo Le tavole unite in pannelli servono per ritagliare le parti con cui comporre corpo, testa, coda e gambe del cavallo. Le giunzioni sono fatte con colla vinilica e spine di legno
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er la realizzazione di questo cavallo a dondolo, Giacomo Lombardi ha utilizzato tavole grezze, ricavate da una pianta tagliata ed essiccata in proprio. La prima operazione, quindi, dopo averle scortecciate, è quella di piallarle per squadrarne i lati e poterle accoppiare per fare pannelli grandi a sufficienza per la costruzione. l Le parti vanno levigate per rimuovere completamente gli spigoli vivi e le asperità della superficie che, dopo numerose passate, diventa perfettamente liscia al tatto. L’operazione è necessaria per preservate la tenera cute dei bimbi, evitando che si possano ferire con le schegge di legno.
l La finitura è affidata a un protettivo impregnante per legno all’acqua, dato in diverse mani, ognuna intercalata da una passata di carta vetrata sempre più fine. l La parte del dondolo è studiata molto attentamente per poter garantire l’equilibrio laterale e longitudinale. Una curvatura sbagliata, come anche una posizione troppo avanzata o arretrata del cavallo, danno come risultato l’impossibilità di utilizzo del giocattolo, che rimane sbilanciato, soprattutto quando il bimbo monta in sella. n
progetti IMPORTANTI Giacomo Lombardi di La Spezia vince un premio offerto da BOSCH
Seghetto alternativo PST 900 PEL
PREMIO NUOVO
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IL CORPO DELL’EQUINO 1. Le tavole di legno stagionato, ma ancora grezzo, vanno piallate per renderne perfettamente lisce, piane e squadrate le superfici, preparandole ad essere unite con colla e strettoi per formare pannelli di dimensioni sufficientemente grandi. 2. Dopo aver disegnato a matita le parti del cavallo su un foglio di cartoncino, si ritagliano le sagome e se ne cerca l’accoppiamento sui pannelli realizzati precedentemente, facendo attenzione che il senso della fibratura del legno rimanga orientato in modo corretto sotto il profilo estetico. 3. Tracciati i contorni delle sagome sulle tavole, si possono praticare i tagli. Per seguire le curvature, considerato il notevole spessore delle tavole stesse, va utilizzata una sega a nastro, anche se un buon seghetto alternativo riesce ugualmente nell’intento, senza grossi problemi.
4. Il corpo del cavallo è vuoto all’interno e aperto nella parte sottostante, ovvero è formato da 5 pannelli sagomati ad hoc (gli unici uguali sono i fianchi) per essere uniti con la colla e messi in forma con strettoi sino ad essiccatura avvenuta. 5. I pannelli frontale e posteriore si passano con la sega a nastro per far prendere loro la curvatura dei fianchi, facendo assumere al corpo del cavallo la giusta conformazione. 6-7. Gli spigoli sui fianchi, ma solo nella zona centrale, vanno arrotondati in modo che il cavallerizzo sia agevolato nello stare in groppa. Il lavoro grosso si fa con la levigatrice usando carta abrasiva a grana grossa, mentre la rifinitura è affidata ad una spugna, carta vetrata fine e “olio di gomito”. 8. I particolari come le narici vengono realizzati montando una fresa a raspa sul mandrino del trapano.
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TESTA, CODA E ZAMPE 1. Dopo aver sagomato i pannelli di legno, ricavando la testa, le zampe e la coda del cavallo, questi vanno passati con una fresatrice a tuffo in modo che il bordo esterno sia perfettamente arrotondato e liscio. 2. La coda deve essere modellata per farle prendere la forma del fondoschiena del cavallo. Ci si aiuta facendo sul momento un’ulteriore sagoma di cartone. 3. La coda viene fissata con una spina di faggio più due tirafondi messi dall’interno: sistemata la spina, si praticano nel corpo i due fori di passaggio dei tirafondi, quindi la si mette in sede provvisoriamente per marcare da sotto la posizione precisa dei prefori d’avvitatura.
4. Applicata la coda, dopo aver spalmato di colla la spina e la superficie di contatto col corpo del cavallo, si inseriscono i tirafondi da sotto e si tirano a dovere. 5. Lo stesso va fatto per la testa del cavallo che include collo e criniera. La spina anche in questo caso va posizionata adeguatamente, per rendere possibile l’inserimento con il perfetto accoppiamento delle curve. 6. Le gambe si affiancano al corpo del cavallo in una zona del tutto piana, quindi si possono mettere più spine di faggio senza problemi. Se ne mettono 4 per ognuna, in modo da garantire la massima robustezza della giunzione; al loro centro, dall’interno, si mette un tirafondo.
LE DUE IMPUGNATURE 1
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1. Ogni impugnatura è realizzata lavorando al tornio un travetto di legno massello. Una prima passata per renderlo cilindrico, successivamente con uno scalpello si praticano gli intagli a distanze regolari che aumentano il grip. 2. Centrato e perfettamente in asse, va praticato un foro all’estremità di ognuna delle due impugnature, per poter inserire un bussolotto a vite da legno sull’esterno e internamente filettato a passo metrico. 3. Un analogo bussolotto va messo nei due fori ciechi praticati in posizione speculare, ai lati della testa del cavallo. 4. Avvitato a mano uno spezzone di barra filettata nel bussolotto dell’impugnatura, l’insieme si inserisce e avvita nel bussolotto della testa, stringendo a mano, sino ad ottenere una buona solidità, senza esagerare.
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I DONDOLI 1. Anche per la realizzazione delle due barre a dondolo è necessario fare una sagoma di cartone con la quale ricavare due longheroni identici. 2. I tagli vanno eseguiti con la sega a nastro. Per evitare “sbandieramenti” della lama, che arrecano molta imprecisione, bisogna abbassare più possibile il guidalama superiore. 3. Per bene che si porti il pezzo sulla lama, non si ottiene mai una superficie regolare del tutto. Montando un tamburo cilindrico con carta abrasiva sull’albero della toupie si ottiene una levigatura perfetta perché le passate avvengono con i legni che scorrono in piano.
4. I due pattini vanno resi solidali con traversi che si fissano con giunzione a tenone e mortasa. La mortasa si prepara con la cavatrice della combinata, aprendo un’asola cieca con le estremità arrotondate. 5. La stessa forma va data ai tenoni che devono trovare incastro con la mortasa. Dopo aver marcato la profondità del tenone, l’estremità del traverso va tagliata per ottenere la larghezza dell’asola e poi con la raspa si arrotondano i bordi. 6. Realizzati tutti i traversi, dopo una prova in bianco per verificare l’accoppiamento dei pezzi, si spalmano di colla i tenoni e si assembla definitivamente il tutto.
L’OCCHIO 1. Scelta una biglia di vetro per la realizzazione del bulbo oculare, se ne misura il diametro per fare un foro cieco su ogni lato della testa. Alla grossa punta da legno si mette un giro di nastro adesivo per calibrare meglio la profondità. 2. L’ideale è che la biglia si inserisca in profondità per due terzi nel foro; in questo va tenuto conto dello spazio aggiuntivo, lasciato dal foro di centratura della punta da legno. Solo per questioni estetiche il foro va leggermente ovalizzato usando una piccola fresa montata nel mandrino di un minitrapano da modellismo. 3-4. Con il minitrapano si incidono i bordi delle palpebre e le ciglia, che in seguito si mettono in maggiore evidenza ritoccandole a pennello con un po’ di mordente. La biglia si fissa infine con colla di montaggio, messa sul fondo del foro.
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Portico a tutta facciata Sostenuto da due pali a sezione quadrata, si sviluppa con un’orditura a doppio intreccio di travi di misura decrescente. La copertura è costituita da tavolato d’abete e guaina catramata
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er la costruzione dell’ampia tettoia addossata alla casa, Samuele Mantovan è riuscito a reperire un bel po’ di travi di varie misure da 120x120 mm, 150x75 mm e 80x80 mm smontate da un’altra costruzione da demolire. Quello che ha dovuto acquistare sono le tavole di abete e la guaina catramata per la copertura. l La tettoia da un lato si regge su due pali 120x120 mm, mentre dall’altro si appoggia a una trave orizzontale, fissata alla parete della casa. L’orditura si sviluppa prima fra la traversa distale e quella contro muro, poi in posizione ortogonale, con le travi di sezione inferiore. l Anche la grondaia di metallo verniciato è di recupero, mentre il pluviale è fatto con tubo di PVC per gli scarichi, abbinando tratti diritti e curve a 45°, poi carteggiato per irruvidire la superficie e far aderire meglio lo smalto marrone come quello della grondaia. n
progetti IMPORTANTI Samuele Mantovan di Rovigo vince un premio offerto da BOSCH
Seghetto alternativo PST 900 PEL
PREMIO NUOVO
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LAMELLARE DI ABETE
TAVOLATO DI ABETE
GUAINA BITUMINOSA ARDESIATA SUPPORTO A MURO
FIANCO DECORATIVO STAFFA PORTA GRONDA
GRONDAIA IN LAMIERA PREVERNICIATA TRAVE IN LAMELLARE
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PILASTRO DI ABETE
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FISSAGGI E LEVIGATURA 1. L’immobilizzazione a terra dei pali di legno è affidata a robuste staffe che si fissano al pavimento con tasselli chimici. I dadi autoserranti vanno tirati a fondo, avvitandoli sulle barre filettate, solo quando queste sono consolidate del tutto dall’adesivo chimico. 2. I pali, controllando che restino perfettamente a piombo sulle staffe, si immobilizzano con i tirafondi inseriti attraverso i tre fori per parte, presenti sul fianco delle staffe stesse. 3. Dopo la piallatura delle travi, passate prima su due facce limitrofe con la pialla a filo e poi sulle altre due con quella a spessore, si levigano gli spigoli per ammorbidirne il profilo, arrotondandoli leggermente. 4. I terminali delle travi vanno sagomati: dopo la sgrossatura con sega a mano, si accompagna il passaggio dalla faccia inferiore a quella di testa smussando gli spigoli, arrotondandoli con un cilindro abrasivo montato sul trapano. 5. La giunzione fra la trave e i pali di legno viene fatta con lunghe e robuste viti d’acciaio applicate da sopra. L’avvitatura deve avvenire con il perfetto allineamento dei due componenti: un aiuto per controllare che nulla si muova, in questa fase, è fondamentale. 6. Il trattamento dei legni con un paio di mani di impregnante all’acqua va fatto prima dell’installazione.
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Affilatrice multiuso Questa realizzazione di grande difficoltà è eseguita nel più autentico spirito far da sé, ovvero partendo da materiali già in possesso, avanzati da altri lavori o recuperati da apprecchiature dismesse. Il risultato è eccellente
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n redazione siamo tutti sempre entusiasti dei lavori che i lettori ci propongono, anche di quelli più semplici, perché da tutti si traggono magnifiche idee e spunti per altri progetti. Poi arrivano lavori come questo, per i quali non possiamo fare altro che dire: “tanto di cappello!”. l Conscio del fatto che certi taglienti non si possono proprio rinnovare a occhio nudo e a mano libera, Gian Carlo Franz si è costruito una macchina per affilare le lame della sega circolare, i cui denti necessitano di molta precisione in diversi parametri. Il lavoro, complicato già dal momento della progettazione, lo diventa ancora di più per la scelta di servirsi di elementi di base come tubi, barre, piatti e lamiere, da tagliare, molare, tornire, filettare e saldare, quasi tutti di recupero. Di recupero anche il motore da 2 cavalli, la pompa della lavatrice per il liquido refrigerante, la manovella della vite senza fine ecc. l Notevole la competenza dimostrata anche nel realizzare alcuni aggiuntivi per montare e affilare tipi di lame di natura diversa. n
progetti INGEGNOSI Gian Carlo Franz di Udine vince un premio offerto da RYOBI Misuratore laser di distanza RP4010
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1 BARRA FILETTATA
TUBI DI SCORRIMENTO ALBERO PORTA MOLA
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CINGHIA TRAPEZOIDALE
SLITTA SCORREVOLE PORTA UTENSILE DA AFFILARE
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STRUTTURA IN FERRO
VASCA DI RACCOLTA MOTORE
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1. Seguendo il disegno del progetto, si preparano le varie parti tagliando tubi, lamiere, tondini e barre d’acciaio; di queste la maggior parte va poi unita con saldatura ad arco: in questo caso si stanno unendo alcune sezioni di tubo per fare l’albero portamola. 2. Il tornio si rivela utilissimo in costruzioni come questa perché permette di ricavare molti pezzi calibrandone le dimensioni con precisione. Nella foto, ad esempio, si sta alesando il tubo per fare la sede per il cuscinetto dell’albero. 3. Il taglio dei vari pezzi, in questo caso un profilato a sezione rettangolare di recupero, viene eseguito con una sega a nastro da ferro che garantisce un’ottima precisione anche nei tagli angolati. 4. Costruendo in proprio praticamente tutti i pezzi, sia del basamento di sostegno, sia delle strutture mobili, capita di dover forare e filettare numerose parti, fra cui le piastrine per le barre trafilate che fanno parte della slitta per la guida portamola. Oltre agli elementi uniti con saldatura, infatti, ce ne sono tanti altri che si accoppiano con bulloni.
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Affilatrice multiuso 1
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PARTICOLARI COSTRUTTIVI
LA MACCHINA CRESCE
1. La vasca che raccoglie il liquido di raffreddamento è costituita da una lamiera di acciaio inox tagliata e sagomata per trovare posto nel punto nodale dell’azione di affilatura. Un’unica lamiera viene tagliata ai 4 angoli per poter separare i fianchi fra loro, ripiegarli verso l’alto e saldarne i lembi per sigillarne gli spigoli; nessuna saldatura verso il fondo, quindi. 2. Il liquido di raffreddamento è contenuto in una tanichetta da 3 litri ed è mosso da una pompa da lavatrice. 3. Il carrello si muove su 4 ruote con canale a V di quelle per cancelli scorrevoli; sono dotate di cuscinetti a sfere. 4. I vari accessori autocostruiti che permettono di effettuare le varie affilature: mandrino con divisore, morsa per utensili, fermo per circolari con denti riportati.
1. Parecchie sono state le prove di montaggio in bianco, per verificare i corretti allineamenti fra le parti e le tolleranze risicate oppure eccessive, prima di procedere con i fissaggi definitivi. In questo caso si controlla l’accoppiamento fra le guide trafilate e il corpo del carrello portamotore. 2. Il montaggio procede: pur essendo ancora abbastanza nuda, la macchina mostra già allestite le protezioni con gli interruttori elettrici per l’erogazione del liquido di raffreddamento e l’albero portamola. 3. La vista posteriore della macchina ultimata mostra la finitura artigianale e una costruzione estremamente precisa e rigorosa, che fa pensare a una macchina solida, priva di laschi e versatile: basti guardare l’escursione utile del carrello portamotore.
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Solidità alla sedia Intervento risolutivo per eliminare definitivamente le “schiodature” degli incastri delle sedie che, dopo aver preso lasco, si rilasciano del tutto rendendole inutilizzabili
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DOPO
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na famiglia numerosa: moglie, marito, nonno e i quattro ragazzi dai 12 ai 23 anni, pieni energia, possono essere davvero troppo per le sedie della sala da pranzo, soprattutto se hanno l’abitudine di dondolarsi all’indietro o sul fianco, su due sole gambe di queste. l Stufo dei molteplici tentativi di riparazione con colla vinilica, tutti rivelatisi poco durevoli, Romeo Bolzonella ha deciso di passare ad un piano di riparazione “drastico”, che dopo un bel po’ di tempo di sperimentazione sta confermando la sua totale efficacia. l La decisione è quella di mettere due barre filettate di piccola sezione (bastano 5 o 6 mm di diametro), incrociate in modo da tener legate le due gambe opposte della sedia. La posizione migliore, per non essere viste è appena sotto la seduta. Tutto ciò che serve per ogni sedia sono: 1 metro di barra filettata, 2 dadi autoserranti e 2 rondelle di acciaio inox. Gli utensili: trapano, mecchia larga un paio di millimetri più delle rondelle, punta da legno di 1 mm di diametro più ampia rispetto alla barra filettata, 2 chiavi a tubo di misura con i dadi, calibro. l L’operazione determinante è la foratura che, rispetto alla gamba controlaterale, deve essere precisa in altezza, ma anche centrata e perfettamente orientata, in modo che la barra non vada in tiro curvandosi. Prima si fora con la mecchia, facendo un foro cieco di profondità identica sulle 4 gambe. Poi, usufruendo del foro guida lasciato dalla mecchia, si completa l’apertura da parte a parte nella gamba usando l’altra punta. Ora non resta che tagliare di misura la barra e, messa un po’ di colla vinilica negli incastri della sedia, montarla stringendo a dovere i due dadi e frapponendo una rondella per parte. n
progetti INGEGNOSI Romeo Bolzonella di Como vince un premio offerto da RYOBI Misuratore laser di distanza RP4010
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LEONARDO TELESCA totalizza con il suo video
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Scarpiera capiente
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uando i ragazzi crescono, le camerette “evolvono” con loro e spesso non si sa cosa fare degli armadi che si tolgono e non si adattano facilmente a essere collocati altrove. Claudio Pioli aveva bisogno di una scarpiera, ma quell’armadio dei ragazzi, seppur non di grosse dimensioni, non si adattava per nulla allo scopo. Così è scattato il progetto di una modifica sostanziale. l Valutato lo spazio a disposizione nella futura sede del mobile, è stata decisa la riduzione delle dimensioni in profondità e in altezza. Pertanto, dopo aver smontato completamente l’armadio, è stato necessario tagliarne i fianchi nei due sensi (quello della profondità e quello dell’altezza), le
ante solo nel senso dell’altezza, base e top solo nel senso della profondità. La riduzione in profondità dei fianchi è stata drastica, in quanto sono stati tagliati quasi a metà. Questo fatto è stato sfruttato per usare come setto verticale intermedio uno dei due pezzi d’avanzo, aggiungendogli frontalmente un listello di legno. l Avendo accorciato in altezza le ante, che con il sistema portascarpe diventano anche più pesanti, è stata anche tagliata via una cerniera; oltre a rimpiazzare quella mancante all’estremità superiore di ogni anta, se ne può prevedere anche una seconda, di rinforzo, immediatamente affiancata a quella precedente. n
progetti BRICÒ Claudio Pioli di Terni vince un premio offerto da EUROEQUIPE Elettroinsetticida Big Pac-Zan ed Elettroemanatore Insect Killer
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Il ridimensionamento di un armadio per trasformarlo in scarpiera divisa verticalmente in due vani con ripiani; alle ante si applicano rastrelliere costruite su misura
LISTELLO DI COMPLETAMENTO
CERNIERA DOPPIA
STRUTTURA MODIFICATA
ANTA IN BILAMINATO
POMOLO
RIDOTTE DUE DIMENSIONI 1. La scarpiera terminata mostra una divisione interna, utile a sostenere i ripiani da una parte e dall’altra; i ripiani appoggiano su listelli avvitati sui fianchi e sul divisorio stesso. 2. Dopo il taglio dei pannelli, per rifinirne bene il profilo si fa una passata di fresatrice a tuffo con fresa cilindrica. Si notino le prolunghe autocostruite, che consentono di lavorare su un pannello di tale larghezza. 3. Tutti i pannelli si uniscono con spine e colla vinilica, dopo aver praticato una serie di nuovi fori necessari avendo modificato le misure. 4. Assemblati i fianchi con la base e il top si immobilizza il tutto con strettoi a cinghia sino all’essiccamento dell’adesivo. 5. Le sedi per le nuove cerniere si fanno con punte Forstner. 6. Per il taglio dei sostegni delle scarpe, da fissare sulle ante, si usa il seghetto alternativo montato su un banchetto.
RIPIANI
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FIANCO SAGOMATO PORTASCARPE TONDINO IN LEGNO ZOCCOLO
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Trenini per i nipotini
progetti BRICĂ’ Giovanni Croce di Trapani vince un premio offerto da EUROEQUIPE Elettroinsetticida Big Pac-Zan ed Elettroemanatore Insect Killer
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Dopo la costruzione di un primo trenino merci di legno per un nipotino, eccone un secondo fatto per la nipotina, con il vagone passeggeri; la caldaia è una lattina di pelati, il fumaiolo un pezzo di lamiera arrotolata
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iovanni Croce, nostro affezionato lettore, da più di trent’anni colleziona tutti i numeri di Far da Sé e più volte ha visto pubblicati i suoi progetti. In questo caso la documentazione era accompagnata da una bellissima lettera, che abbiamo gradito molto, con cui dà merito alla rivista per i consigli e gli spunti di cui ha potuto fare tesoro in tutti questi anni. l Tanti sono stati i progetti messi in cantiere e portati a compimento, tanti gli amici e i parenti che si sono avvalsi della sua manualità e della sua perizia. Ed ora a chiedergli servigi sono i nipotini, che possono contare su un mastro giocattolaio di prim’ordine. Per una sorta di “par condicio”, dopo aver costruito un trenino con i vagoni merci per il maschietto, ha avuto richiesta di costruirne uno per la femminuccia, questa volta con i vagoni passeggeri. l Sceso in laboratorio, ha attinto alle rimanenze di altri progetti, mettendo insieme in breve tempo tutto il materiale necessario: multistrato da 9 mm per le parti principali di locomotiva e vagone e per ricavare, tagliandole con la sega a tazza, 4 ruote di Ø 60 mm e altre 4 da 50 mm; faesite da 5 mm per i tetti; compensato da 5 mm per le porte di locomotiva e vagone; una lattina vuota di pelati; 4 pezzi di barra filettata da Ø 6 mm lunghi 160 mm; 8 dadi; 16 rondelle; 4 tubetti d’alluminio lunghi 120 mm, con diametro interno appena superiore alla barra filettata; un pezzetto di latta per fare il fumaiolo. n
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VITI, COLLA E SMALTO 1. Il multistrato si taglia con il seghetto alternativo per seguire al meglio i tratti curvi e per aprire senza problemi le finestrature, partendo da un foro fatto con una punta da 10 mm di diametro. 2. Il tetto della locomotiva e del vagone sono fatti sagomando pezzi di faesite da 5 mm e fissandoli con viti nello spessore delle pareti sottostanti. Sulla caldaia costituita da una lattina di pelati, c’è il fumaiolo fatto con un triangolo di latta arrotolato e fissato con rivetti. 3. Le ruote della locomotiva, più grandi, e quelle del vagone, più piccole, sono distanziate dal tubetto di alluminio e tenute insieme tramite la barra filettata; provvisoriamente si vedono dei galletti, ma al termine del montaggio, dopo aver verniciato i dischi di legno di nero, al posto dei galletti si mettono dadi autoserranti, non stretti del tutto, in modo che le ruote siano libere di girare. 4. Prima di concludere il montaggio si colorano i pezzi: all’esterno del vagone e della cabina della locomotiva viene dato smalto all’acqua blu, nero ai pianali, al tetto e alle ruote, rosso alla caldaia e bianco ad altri particolari. Le panchette del vagone vengono rivestite di tessuto, un velluto a coste bordeaux.
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...E ANCORA TANTE VOSTRE REALIZZAZIONI
VALIGIA PORTATTREZZI
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uesta realizzazione nasce dal fatto che non riuscivo mai a trovare gli attrezzi nel disordine del laboratorio quando c’era un lavoro da fare. Così ho deciso di riunire tutto quel che mi serve di più in una valigetta d’alluminio inutilizzata. l Ho liberato lo spazio interno dal precedente contenuto per articolarlo su tre livelli: cominciando dal basso, con del multistrato di scarto, ho costruito due contenitori che fanno anche da divisori e da supporti; lì c’è posto per viti, chiodi, corde, spaghi e pinze. Il livello 2 è costituito da una cassettina di legno a due scomparti nella quale sono alloggiati cacciaviti e martelli. Nei fori di alleggerimento ho fatto passare due spaghi per facilitare l’estrazione ed il trasporto. Il terzo livello è costituito da una cassetta, uguale a quella inferiore, con in più l’inserimento di due maniglie. Qui trovano posto gli attrezzi di uso più frequente. Paolo Bommartini (Trento)
TAVOLI DA PIZZERIA
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l piccolo ristorante di famiglia dove lavoro è stato distrutto dall’alluvione di Monterosso del 25 ottobre e, data la difficile congiuntura, ho deciso di ripristinare da solo l’arredo del dehor. Il disegno dei tavoli è stato concepito per richiamare la coperta delle navi. l Con compensato marino ho costruito i piani e con la fresatrice ho intagliato una scanalatura
che è stata riempita con silicone nero; la rifinitura è costituita da una cornice di okumè. Le gambe sono fatte di tavole di larice unite con incastro a tenone e mortasa per assicurare una più lunga durata. La finitura è fatta con un impregnante color noce, diluito per risultare più chiaro, e vernice all’acqua stesa a spruzzo. Lorenzo Corciulo (La Spezia)
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LA CASETTA DEGLI UCCELLINI
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n giardino vedo spesso svolazzare gli uccellini in cerca di un posto dove ripararsi, così ho pensato di costruire una casetta dove ospitarli. Per la realizzazione ho usato del multistrato, colla e qualche chiodino. l Dopo aver disegnato sul multistrato le varie parti della casetta le ho tagliate con il seghetto alternativo. Una volta levigati, ho incollato tutti i pezzi unendoli con dei chiodini.
Il tettuccio è realizzato in modo da permettere l’ispezione dell’interno: una delle due falde è mobile e ruota su di una cerniera posizionata all’interno in corrispondenza del colmo. Con la sega a tazza ho aperto un foro per accedere all’interno e ho messo una spina di faggio come posatoio. Per agganciare il nido ho collocato una staffa sul retro della casetta fissata con due viti. Francesco Calotti (Mantova)
LAMPADA DA GIARDINO
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ovevo installare alcune lampade da giardino, ma i prezzi erano troppo alti così ho deciso di autocostruirle. Con malta di cemento gettata in una bacinella ho realizzato i quattro basamenti forati al centro per il passaggio del tubo di sostegno e dei fili elettrici. l Le plafoniere sono ricavate da botti-
glie di plastica trasparente fissate su anelli di legno d’abete spessi 15 mm ritagliati con una piccola sega a nastro. L’asta di supporto è un tubo in PVC nero Ø 63 mm. La parte elettrica è rappresentata da quattro portalampade con codolo a vite e quattro lampade a fluorescenza. Ettore Torrieri (Roma)
un omaggio a tutti Le foto sono puramente indicative del contenuto del pacco.
Gli autori dei lavori pubblicati in queste pagine riceverannoALMANACCO una confezione FAR DA SÉ XX-2013 FAR DA SE’ di tasselli fischer e una dotazione di prodotti per il giardinaggio. 2013
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...E ANCORA TANTE VOSTRE REALIZZAZIONI
PANCHINA DESIGN
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opo aver osservato molte soluzioni esistenti per costruire una panchina ho ideato una forma simmetrica che è possibile ruotare di 180° mantenendo la stessa funzionalità. l Tutto il materiale proviene dallo smontaggio di un vecchio portone di abete; lo schienale e i poggiabraccia sono formati da 31 sagome tutte uguali alte 800 mm e spesse 30 mm con un lato inclinato di 12° mentre la seduta è fatta con lo stesso legname tagliato in tavole da 1160x100x30 mm. l Seguendo alcune sagome di cartone ho tagliato le tavole con un seghetto alternativo e le ho rifinite arrotondando gli spigoli ed eliminando tutte le imperfezioni. Con il trapano ho forato i pezzi per consentire il montaggio delle barre filettate che serrano i lati e lo schienale. Con dei dadi ciechi ho poi chiuso le barre su tutti i lati. Ho preferito lasciare il legno a vista per sottolineare l’uso di legno riciclato. Domenico Gruttadauria (Palermo)
LETTO SOPPALCO
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’elemento che mi ha spinto ad iniziare questo progetto è stata una rete a molle molto comoda. Per utilizzarla ho fatto una robusta cornice con due coppie di travetti di pino da 80x80 mm lunghe 880 e 1980 mm, poi con altri quattro travetti da 80x80 mm alti 1700 mm ho costruito le gambe. l Ho unito i travetti con incastri a mezzo legno e con due tavole da 20x240 mm ho collegato le gambe in alto. Con altre tavole 20x200 mm ho rinforzato la struttura sui tre lati appoggiati alle pareti. La parte anteriore è stata lasciata libera per facilitare l’accesso alla sona sottostante il letto. Qui, con i travetti e le tavole avanzate, ho costruito una postazione di lavoro per i miei piccoli lavoretti di scultura. L’accesso al letto è agevolato da una scaletta costruita con due travetti di castagno da 50x50x1950 mm collegati da cinque listelli 20x40x500 mm, su cui appoggia il gradino vero e proprio, fatto con una tavoletta da 20x70x450 mm. Il letto è tinto con un impregnate color noce. Matteo Pastorini (Firenze)
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CIRCOLARE MODIFICATA
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o comprato una circolare “economica” per affiancarla a quella di marca che possedevo già ma alcuni particolari non mi convincevano: potevo migliorarli? Le parti verniciate che si scrostavano facilmente sono state zincate, ho sostituito tutte le viti di acciaio scadente con brugole più robuste, ho modificato la posizione del coltello separatore e ho rinforzato il coprilama per montare lame fino a 170 mm senza sacrificare la sicurezza. Ho smontato e ingrassato il riduttore per ridurre la rumorosità. Gianni Siena (Genova)
BANDIERA DI COPPI
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n occasione del Campionato Europeo di Calcio ho pensato, oltre a sventolare la bandiera nazionale, di incrementare l’incitamento per la squadra italiana con l’uso di tre coppi di terracotta colorati di verde, bianco e rosso. l Ho trovato tre coppi di laterizio dalla superficie liscia e li ho forati sul lato stretto con una punta di widia da 5 mm senza usare la percussione per non danneggiarli. Con bombolette di vernice spray li ho tinti con i colori della bandiera, poi ho fatto passare un pezzo di spago nei fori annodandolo per formare un’asola. I coppi sono stati appesi all’esterno della casa con tasselli ad espansione con la vite a gancio. Considerando l’esito degli Europei mi resta la consolazione di poterli riutilizzare per i Mondiali. Giuseppe Costa (Salerno)
TRAPPOLA ELETTRICA
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er contrastare l’invasione dei roditori ho costruito una trappola per topi tecnologica con i materiali che avevo a portata di mano, cioè una cassetta di legno, un motorino a batteria di una moto giocattolo e due staffe reggimensola. La cassetta è tenuta aperta da una catenina agganciata ad un perno del riduttore. L’esca è appoggiata su un microinterruttore: appena il topo la muove il motorino si avvia rilasciando la cassetta. Nella parte posteriore ho posto una saracinesca per liberare il topo in campagna. Armando Sabot (Udine)
CESOIA TAGLIARAMI
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e more sono molto buone, ma crescono sui rami più alti di folti roveti ed è difficile raggiungerle senza graffiarsi. Così ho pensato di costruire una cesioa a ghigliottina corredata di una morsa che stringa il ramo al momento del taglio e permetta di portarlo a terra senza perdere le more. l Ho usato uno scatolato di alluminio rettangolare per costruire il telaio e l’ho fissato su di un tubo, sempre d’alluminio, lungo 1800 mm, poi ho inserito la parte mobile con lame e ganasce, azionabile con una leva agganciata al cursore che scorre alla base dell’asta. Guido Ricci (Forlì-Cesena)
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SCALA STABILE PER PULIRE LA GRONDAIA
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algo spesso sul tetto per rimuovere i residui dal canale di raccolta dell’acqua, ma poggiare la scaletta sulle tegole del tetto sottostante è un po’ pericoloso se non si è in due. Così ho realizzato una scala ad hoc di ferro, l’ho fatta zincare e l’ho fissata al muro. l Ho tagliato i pezzi con la smerigliatrice angolare: montanti di tubolare Ø 34x3 mm e scalini di scatolato 25x25x2 mm, questi ultimi sagomati
alle estremità per adattarli al profilo curvo dei montanti. l Ho assemblato il tutto con precisione tramite morsetti ed ho provveduto alla saldatura delle parti; dopo la zincatura, scelta per non incorrere in continue riverniciature, ho fissato la scala al muro con ancorante chimico e barre Ø 12 mm serrate con dadi. Ora sul tetto ci vado da solo, in totale sicurezza. Gianluca Di Fede (Benevento)
CHI VESPA MANGIA LE...PERE
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o realizzato questo modellino di Vespa GS utilizzando esclusivamente legno recuperato dallo smontaggio di alcune cassette di pere. l Per ottenere lo scudo anteriore curvo ho immerso il legno in acqua per 12 ore, così da poterlo sagomare senza che si verificassero rotture; poi l’ho incollato al telaio. Con calma ed attenzione per rispettare le misure in scala ho disegnato le sagome degli altri pezzi che ho ritagliato con un seghetto da traforo. l Il supporto per lo specchietto retrovisore ed i profili poggiapiedi della pedana li ho fatti con alcuni stuzzicadenti; le ruote sono state sagomate con il tornio. Lo sterzo è funzionante, imperniato su una barra filettata da 4 mm; il pedale del freno posteriore ha una molla di ritorno, ci sono anche la pedalina per la messa in moto ed il gancio appenditutto. Ho rifinito la Vespa con vernice trasparente, le scritte sono fatte con il pirografo. Luigi Pastorino (Genova)
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