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Marco Lavit

La cura del dettaglio architettonico e la capacità di leggere il territorio sono solo due caratteristiche che ritroviamo nei lavori dell’architetto Marco Lavit che nel suo Atelier di Parigi propone un uso innovativo del legno in architettura dando vita a progetti sostenibili e rispettosi del contesto, nei quali i materiali parlano del progetto in un continuo dialogo tra qualità, funzionalità ed estetica. L’architetto Lavit racconta la sua esperienza a cavallo tra architettura e design, in cui il legno è protagonista indiscusso.

HUT, Ethimo (2020)

I grandi spazi outdoor sono stati rielaborati da Marco Lavit ed Ethimo con Hut, un nido mobile, adattabile e senza necessità di fissaggio al suolo. La struttura, costituita da una serie di lunghi ‘steli’ in larice disposti a forma di wigwam (abitazione a forma di cupola usata un tempo da alcune tribù native americane) con inserti e dettagli in metallo a racchiudere generose sedute circolari, è alta 320 cm e ha un diametro di 300 cm.

Dopo gli studi in architettura all’Ecole Speciale d’Architecture di Parigi, dove si è laureato nel 2011 con una tesi sul design sostenibile delle cantine, e al Royal Melbourne Institute of Technology, Marco Lavit ha fondato il suo studio di architettura e design, Atelier LAVIT, a Parigi nel 2014. Da allora, è attivo in Francia e in Italia con progetti che nascono dal dialogo con gli artigiani e il loro savoir-faire, soprattutto Made in Italy. Un approccio che si traduce in una produzione estemporanea, in cui la forza delle materie prime parla per gli stessi disegni.

Chi è Marco Lavit architetto?

Siamo uno studio di architettura che lavora in tutta Europa e ci occupiamo prevalentemente di architettura privata residenziale e di hôtellerie. Lavoriamo molto con il legno, con l’architettura leggera, con architetture situate in posti insoliti, come ad esempio siti naturali di non facile accesso. Quello che ci appassiona di più è progettare e pertanto ci interessa spaziare dall’architettura fino al design dell’oggetto, sia da collezione sia industriale.

Il suo studio si chiama Atelier LAVIT e la parola “atelier” richiama la sartorialità, il fatto su misura, il taylor-made. Perché ha scelto questo nome?

Perché la volontà dello studio è proprio quella di occuparsi dei progetti dalla A alla Z e di poter lavorare su una scala taylor-made, che inizia dal processo architettonico e arriva sino a quello finale degli arredi, con il disegno degli arredi stessi. Il concetto non è semplicemente dar vita a un’idea esecutiva – definiamola pure taylor-made - ma è proprio instaurare un

LILELO, Graziano Badoglio – Cuneo (2022)

Un eco-hotel immerso in un paesaggio di vigneti e aree boschive; la struttura comprende un villaggio di quattro capanne indipendenti in legno e vetro il cui design è stato ispirato dall’immagine dei tradizionali pagliai. Tre di esse ospitano le suite, mentre la quarta è uno spazio comune.

GCP wood cabins Hotel, Lac de La Lionne - Châteauneuf-du-Pape (2017-2020) rapporto con la clientela. Lavoriamo con una committenza privata, a stretto contatto con i nostri clienti e con le loro esigenze, i loro desideri, le loro fantasie. L’idea dell’Atelier è di costruire su misura non solo il progetto ma anche la dinamica progettuale.

Situati in una riserva di pesca vicino ad Avignone in Francia gli eco-lodge dei Grands Cépages sorgono con le loro strutture in legno lungo il lago. Semplici ma sofisticati, ricordando le costruzioni primitive in canne lacustri: galleggianti sull’acqua come zattere, su pilotis lungo le sponde come vere e proprie palafitte o sotterranee, come un’abitazione in una caverna preservando sempre la privacy degli abitanti.

Lei è italiano, ha studiato architettura in Francia e in Australia e vive e lavora a Parigi; come coniuga nelle sue architetture l’animo e lo spirito italiano e francese, che per molti versi sono simili ma per altrettanti motivi sono completamente differenti? Sono in Francia ormai da 18 anni, con esperienze di studio in Australia, Giappone, Cina e quindi c’è anche un po’ di Oriente nella mia formazione e nell’approccio al progetto. A mio avviso, la differenza tra il modo di pensare all’architettura in Francia e in Italia, almeno per quanto riguarda la scala a cui noi lavoriamo che è quella dell’architettura privata, è la stessa che io noto anche nella cucina. Mi spiego meglio: in Francia il ruolo dell’architetto, soprattutto quando si parla di privato, si mescola spesso con quello del decoratore o del designer d’interni o comunque richiama una cultura che ricorda il periodo dell’Illuminismo o la corte di Versailles. C’è una logica del celare, del sovrapporre nella cultura francese, anche architettonica, o dell’ornamento, che secondo me è molto meno pre- sente nella cultura italiana, sia dal punto di vista della pura architettura sia del design; e questo si ritrova nella cucina italiana che è un assemblare la materia prima senza nascondere la qualità o reinterpretarla, mentre la cucina francese tende a trasformare il prodotto e a presentare qualcosa che è celato e che è meno riconoscibile.

La scelta del legno, che in molti suoi lavori troviamo nella struttura, nelle finiture e anche negli arredi, è solo un richiamo all’ambiente dove questi progetti sono realizzati o c’è qualche ulteriore aspetto che lega architettura, legno e natura?

Ci sono sicuramente molti aspetti. Nell’immaginario collettivo della nostra clientela e di chi abita queste realizzazioni, il pensare a un’architettura nella natura porta facilmente ad associare la sua costruzione al legno. In realtà, da un punto di vista più architettonico e tecnico, nel progetto non c’è solo il legno come materiale ma tutta la filiera del legno e questo è un processo estremamente interessante e virtuoso. Il legno è un materiale che permette di creare un continuum progettuale, di passare, ad esempio, da una struttura principale di sostegno a pilastri all’appoggio a terra, alla copertura, al rivestimento interno, fino all’oggetto di arredo, e in questo percorso dobbiamo essere ca- paci non soltanto di esaltare il materiale ma anche la sua essenza, sino a definire tutto ciò di cui abbiamo bisogno.

Cosa pensa della prefabbricazione con strutture in legno? Anche in un discorso di prefabbricazione e di adattabilità sul sito il legno è molto interessante. La prefabbricazione ovviamente permette di avere il minore impatto possibile sul luogo di costruzione in termini di ingombro e in termini di tempo ed è strettamente connessa a una progettazione accurata che consente di fabbricare gli elementi in laboratorio per poi trasportarli in cantiere e montarli con precisione. È anche vero che in caso di imprevisti, gli stessi elementi prefabbricati possono essere sapientemente adattati in situ da abili carpentieri, riuscendo a effettuare modifiche in maniera molto pulita rispetto ad altri materiali.

Quale suo progetto rappresenta l’architettura di Atelier LAVIT? Questa rivista ha pubblicato alcuni suoi lavori (n.d.r. ORIGIN Tree House – Legnoarchitettura 31; GCP wood cabins Hotel – Legnoarchitettura 33; LILELO – Legnoarchitettura 47), costruiti in legno e fortemente connessi al contesto naturale in cui sorgono...

Devo dire che sono piuttosto legato a tutta una serie di progetti che ci sono stati commissionati, perché ogni volta abbiamo avuto l’opportunità di raccogliere una sfida che ci ha permesso di esplorare la tecnicità di un progetto – come costruire su un albero, come far galleggiare una struttura su un lago o come costruire su un terreno in declivio –, di plasmare lo spazio, ricreando ogni volta un luogo intimo – per resa materica, dimensioni e affacci –, e di analizzare il rapporto col paesaggio esterno. Vogliamo sempre creare posti accoglienti, che siano nidi e ripari nella natura. Sono particolarmente legato all’ultimo progetto realizzato in Monferrato, anche se a una scala molto piccola, perché la committenza era molto entusiasta e perché è stato costruito in Italia; in un territorio dove le norme non sono facili da interpretare abbiamo portato il linguaggio architettonico dello studio. L’idea di fondo era rileggere una forma piuttosto semplice, quale quella della capanna o di un rifugio, per raccontare un’esperienza, utilizzando elementi che, come le falde che proteggono dalle intemperie, sono al tempo stesso architettonici e strutturali.

Il suo studio si occupa anche di design; avete realizzato qualche oggetto con il legno?

L’uso del legno nel design non si è sviluppato allo stesso modo e alla stessa velocità dei nostri progetti

GCP wood cabins Hotel, Lac de La Lionne - Châteauneuf-du-Pape (2017-2020)

L’architettura degli eco-lodges dialoga con il canneto lacustre, riprendendone lo slancio verticale verso l’alto e razionalizzandone la disposizione, più geometrica, regolare e ripetitiva. La capanna è nascosta da un filtro ligneo che, oltre a costituire la struttura dei parapetti e del pergolato, filtra la vista diretta sui terrazzi di ogni loggia. Questi schermi verticali sono di densità differenziata e riparano dal sole e dal vento.

ORIGIN Tree House – Château de Raray (2017) architettonici. Ultimamente, in un progetto abbiamo scelto il legno perché è un materiale che utilizziamo tantissimo in architettura e volevamo provare a impiegarlo anche nel design e il risultato è TRIO, è una lampada pensata quasi come un elemento giocoso, mettendo assieme le forme solide del cono, del cilindro e della sfera, tre elementi realizzati in legno massello di ebano. Riprendendo l’idea della carrucola, abbiamo creato un oggetto sospeso che può essere regolato a più altezze e dove il cilindro cela al suo interno il cono; nel cilindro, inoltre, c’è un ingranaggio che permette di spostare i cavi e questo stesso sistema è presente anche nella sfera. Il cavo di alimentazione elettrica è il medesimo cavo che è presente negli ingranaggi e che serve per estrarre la lampada inserita nel cono. Ciò che è stato più complesso da ingegnerizzare è il cavo di arrivo a soffitto che doveva essere in asse con la sfera e anche con l’uscita della lampada, così da ottenere un disegno estremamente pulito. Il sistema di ingranaggi in ottone all’interno della lampada, come pure le parti in legno, sono tornite a mano. TRIO è a tutti gli effetti una lampada taylor-made.

In questa pagina e in alto alla pagina successiva due fotografie di ORIGIN Tree House, un progetto unico e su misura: una camera d’albergo funzionale e confortevole, fedele alla prima ispirazione del progetto, un nido d’uccello. Alla cabin, che sorge attorno e su una quercia centenaria, si accede da una passerella in legno, a dieci metri da terra, che porta nel cuore del nido.

Concludendo, qual è la sua personale definizione del “legno”?

Il legno per me è sia il punto di partenza sia il punto di arrivo, nel senso che la maggior parte dei nostri progetti inizia con una riflessione che ci spinge verso questo materiale; successivamente l’idea è interpretata, dimensionata, quantificata e messa in opera, per giungere ancora al legno, a una nuova lettura del materiale. Quindi per me lavorare con questo materiale comporta una sorta di dialogo che spinge a trasformarlo continuamente per metterlo in luce in maniera nuova e, alla fine, per poterne fare il miglior uso possibile.

Per approfondimenti: www.atelier-lavit.com

TRIO, lampada in legno – Galleria Nilufar Milano (2019) Nella pagina accanto in basso, alcune immagini di TRIO, lampada realizzata in legno massello di ebano e ottone. I tre solidi che la compongono - la sfera, il cilindro e il cono - si articolano nello spazio modificandone la luminosità in un equilibrio, semplice e giocoso, che nasconde la grande tecnicità del progetto.

La cabina con il pergolato e il deck esterno che prolungano l’area living all’aperto.

Ubicazione: Solenzara, Corsica (FR)

Committente: Privato

Progetto architettonico: Atelier LAVIT, Parigi (F)

Data realizzazione: 2022

Superficie cabina: 12 m2

Superficie pergola: 7 m2

Turismo sostenibile

Nei pressi di Solenzara, villaggio pieno di fascino con il suo bel porticciolo lontano dalle più frequentate Porto-Vecchio e Bonifacio nella Corsica del Sud, si trova una piccola cabina che incarna un nuovo modo di villeggiare e di essere turisti in completa armonia con la natura circostante. O’Casella – questo il nome dell’edificio – è un sistema modulare di cabine prefabbricate in legno che trova origine dai due elementi distinti che la compongono: il modulo abitativo e il pergolato. Il primo volume permette di accogliere tutti gli spazi tecnici, come i servizi e la cucina, e di ospitare la zona giorno e quella notte che con le loro aperture vetrate incorniciano le vedute sul paesaggio limitrofo. Il secondo corpo, il pergolato, è un elemento ventilato e ombreggiato che prolunga l’area living interna e crea uno spazio esterno di contemplazione, lettura e riposo. Quest’area è inoltre dotata di una doccia esterna che consente una full immersion nell’incontaminato ambiente di questa parte dell’Isola. Questa prima cabina modulare è stata realizzata con una struttura in legno a telaio, prefabbricata e montata in laboratorio e poi trasportata su un camion fino al sito dove è stata installata. Tale processo permette dunque al fabbricato di assumere una connotazione di temporaneità e di essere spostato in vari siti, grazie alla facilità di movimentazione, senza impattare sul terreno sul quale è sistemata e sulla natura. Il legno utilizzato per la struttura e per i rivestimenti esterni è ‘laricciu’ locale – una sottospecie di Pinus nigra diffusa in Corsica –, ottimo per la sua durabilità e per il suo interessante peso specifico che consente di mantenere leggera l’intera struttura; all’interno pareti e soffitto della sala sono rivestiti in legno MDF. Il tratto distintivo della facciata è un binario in acciaio che marca l’orizzontalità dell’intero volume e che assume un duplice ruolo: fungere da grondaia per l’acqua piovana e da guida per lo scorrimento del pannello-persiana di facciata. Il pannello è concepito come una ‘mashrabiya’, tradizionalmente utilizzata nell’architettura dei Paesi arabi per catturare il vento al fine di raffrescare passivamente; qui è impiegato per proteggere la pergola e gli spazi delle cabina dal sole e per oscurare la stanza di notte.

Un confronto tra le due immagini evidenzia la chiusura dell’ampia vetrata mediante il pannello-persiana che oscura l’area giorno.

Pianta, prospetto e sezioni della cabina. L’impianto compositivo è semplice e razionale per sfruttare in modo adeguato lo spazio e per creare una cabin dove interno ed esterno siano connessi all’ambiente circostante senza impattare su di esso.

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