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l’offerta anomala
from TEME 1/2 2021
by edicomsrl
Federico Fidanza - Studio legale Fidanza
L’esclusione automatica dalla gara, tra matematica e diritto
Il presente saggio prosegue nel percorso iniziato con che presentano una percentuale di ribasso pari o superiore i lettori di Teme nel numero di settembre/ottobre alla soglia di anomalia individuata ai sensi dell’articolo 2020 con l’articolo dal titolo “L’offerta anomala, tra 97, commi 2, 2-bis e 2-ter, del decreto legislativo n. 50 del decreto semplificazioni e questione del blocco unitario”. 2016, anche qualora il numero delle offerte ammesse sia In tale pubblicazione sono state esaminate alcune proble- pari o superiore a cinque” (art. 1, comma 3). matiche legate all’offerta anomala, prendendo in esame Tale disposizione va coordinata con quelle già presenti in particolare uno dei due procedimenti attraverso il nel codice dei contratti e, in particolare, relativamente quale essa viene individuata, quello descritto dal legisla- agli appalti sotto soglia europea, con il comma 8 dell’art. tore all’art. 97, comma 2 bis, del D.Lgs. n. 50 del 2016 e 97, secondo il quale relativo alla situazione di gara nella quale siano ammessi “Per lavori, servizi e forniture, quando il criterio di aggiusino a 15 operatori economici. dicazione è quello del prezzo più basso e comunque per In questo scritto ci occuperemo dell’altro procedimen- importi inferiori alle soglie di cui all’articolo 35, e che non to, e cioè quello che concerne la situazione nella quale presentano carattere transfrontaliero, la stazione appaltante le ditte ammesse alla gara sono più di 15, disciplina- prevede nel bando l’esclusione automatica dalla gara delle to dall’art. 97, comma 2, del offerte che presentano una percodice dei contratti pubblici. centuale di ribasso pari o supeTale procedimento ha generato incertezze nella sua applicazio- La questione riore alla soglia di anomalia individuata ai sensi del comma ne e dunque, dopo averlo illu- dell’esclusione automatica 2 e dei commi 2-bis e 2-ter. strato attraverso degli esempi, richiameremo le diverse inter- delle offerte anomale è In tal caso non si applicano i commi 4, 5 e 6. Comunque l’epretazioni che la giurisprudenza ne ha fornito, segnalando diventata assai rilevante sclusione automatica non opera quando il numero delle offerte quella che risulta essere ormai a seguito di una nuova ammesse è inferiore a dieci”. consolidata. Giova altresì ricordare, come disposizione introdotta A poco tempo fa risalgono le prime sentenze sul punto, già nel precedente saggio, il dal cd. Decreto le quali hanno evidenziato contesto di riferimento nel come tale normativa si appliquale oggi ci muoviamo. semplificazioni per chi a prescindere da espresse La questione dell’esclusione automatica delle offerte ano- gli appalti sotto soglia previsioni della lex specialis, e fra l’altro per ogni settore male è diventata assai rile- europea economico: “l’applicazione vante a seguito di una nuova della disciplina emergenziale disposizione introdotta dal cd. non è correlata nel testo di legge Decreto semplificazioni per gli appalti sotto soglia euro- alle gare strettamente connesse all’emergenza sanitaria pea (D.L. 16 luglio 2020, n. 76 “Misure urgenti per la (distinzione che, per altro, rischierebbe di indurre ulteriori semplificazione e l’innovazione digitale”, convertito con complicazioni e contenziosi volti a “perimetrare” cosa si modificazioni con la L. 11 settembre 2020, n. 120). intenda per gare “connesse all’emergenza sanitaria”) ma più Con previsione in deroga al codice dei contratti, tale genericamente all’emergenza economica indotta dall’emerdecreto ha infatti stabilito che “Nel caso di aggiudicazione genza sanitaria, quindi senza distinzione di settori” (Tar con il criterio del prezzo più basso, le stazioni appaltanti Piemonte, n. 736 del 17/11/2020). procedono all’esclusione automatica dalla gara delle offerte Ciò richiamato, per esaminare la problematica in que-
stione può essere utile anzitutto illustrare con un esempio l’applicazione del comma 2 dell’art. 97 del codice dei contratti, che, come sopra accennato, concerne la situazione nella quale sono state ammesse almeno 15 ditte. Si richiama innanzitutto la norma in questione:“ 2. Quando il criterio di aggiudicazione è quello del prezzo più basso e il numero delle offerte ammesse è pari o superiore a 15, la congruità delle offerte è valutata sulle offerte che presentano un ribasso pari o superiore ad una soglia di anomalia determinata; al fine di non rendere predeterminabili dagli offerenti i parametri di riferimento per il calcolo della soglia di anomalia, il RUP o la commissione giudicatrice procedono come segue: a) calcolo della somma e della media aritmetica dei ribassi percentuali di tutte le offerte ammesse, con esclusione del dieci per cento, arrotondato all’unità superiore, rispettivamente delle offerte di maggior ribasso e quelle di minor ribasso; le offerte aventi un uguale valore di ribasso sono prese in considerazione distintamente nei loro singoli valori; qualora, nell’effettuare il calcolo del dieci per cento, siano presenti una o più offerte di eguale valore rispetto alle offerte da accantonare, dette offerte sono altresì da accantonare; b) calcolo dello scarto medio aritmetico dei ribassi percentuali che superano la media calcolata ai sensi della lettera a); c) calcolo della soglia come somma della media aritmetica e dello scarto medio aritmetico dei ribassi di cui alla lettera b); d) la soglia calcolata alla lettera c) viene decrementata di un valore percentuale pari al prodotto delle prime due cifre dopo la virgola della somma dei ribassi di cui alla lettera a) applicato allo scarto medio aritmetico di cui alla lettera b).” Di seguito si espone un’applicazione pratica dello sviluppo di tali passaggi. Si prendano a titolo esemplificativo i seguenti ribassi offerti da 15 partecipanti alla gara: A=1%, B = 3%, C = 4%, D= 6,50%, E= 7,20%, F= 7,90%, G= 8,10%, H= 8,20%, I= 8,30%, J= 8,40%, K = 10%, L= 11,50%, M= 12,85%, N= 13%, O= 16%. Lo sviluppo è il seguente: Operazione di cui alla lettera a), c.d. “taglio delle ali”. Si eliminano (tagliano) temporaneamente le offerte A e B, in quanto di minor ribasso, e N e O, in quanto di maggior ribasso. Infatti, il 10% va calcolato sul numero dei partecipanti; i partecipanti sono 15 e dunque il 10% di 15 è 1,5, che arrotondato all’unità superiore è 2; si tagliano dunque le due offerte di maggior ribasso e le due di minor ribasso. A titolo di esempio, invece, se le offerte fossero state 27 si sarebbero messe da parte, con il taglio delle ali, 3 offerte di minor ribasso e 3 di maggior ribasso. Si calcola poi la somma dei ribassi di tutte le offerte ammesse (eccetto quelle tolte a seguito del “taglio delle ali”) che sono 11, per cui abbiamo (4+6,5+7,2+7,9+8,1 +8,2+8,3+8,4+10+11,5+12,85)= 92,95 (“92,95” è pertanto la “somma dei ribassi dopo il taglio delle ali”). Inoltre calcoliamo la media dei ribassi percentuali (sempre delle stesse 11 offerte ammesse, anche in questo caso senza considerare quelle tolte a seguito del taglio delle ali), per cui abbiamo (4+6,5+7,2+7,9+8,1+8,2+8,3+8, 4+10+11,5+12,85) : 11 = (92,95:11) = 8,45 (“8,45” è pertanto la “media dei ribassi dopo il taglio delle ali”). Operazione di cui alla lettera b). Si calcola lo scarto medio percentuale dei ribassi che superano la predetta media (n.b.: 10, 11,5 e 12,85 sono i ribassi che superano la media di 8,45) nelle modalità che seguono. Innanzitutto troviamo i singoli scarti: 10-8,45=1,55 (“1,55” è cioè il primo scarto che otteniamo); 11,5-8,45=3,05 (“3,05” è il secondo scarto); 12,85-8,45=4,40 (“4,40” è il terzo scarto). Calcolando la media di tali scarti otteniamo il valore 3, dal momento che (1,55+3,05+4,40):3= 3 (“3” è pertanto lo “scarto medio percentuale dei ribassi che superano la predetta media”).
Quanto precede può essere formulato anche in termini più concisi: [(10-8,45=1,55) + (11,5-8,45=3,05) + (12,858,45=4,40)] : 3 = (1,55+3,05+4,40) : 3 = 9 : 3 = 3. Attenzione: anche qui non si considerano le offerte che erano state tagliate a seguito del taglio delle ali.
3) Operazione di cui alla lettera c). Si calcola una prima soglia, come somma della media aritmetica e dello scarto medio aritmetico dei ribassi che abbiamo trovato con i passaggi di cui alla lettera a) e alla lettera b), per cui: 8,45 (media aritmetica) + 3 (scarto medio) = 11,45 (11,45 è quindi la prima soglia che calcoliamo). In tal modo otteniamo una sorta di “soglia provvisoria” che, come vedremo nel passaggio successivo, dovrà essere decrementata per poter arrivare alla soglia di anomalia “definitiva” vera e propria.
4) Operazione di cui alla lettera d). Va calcolato ora, come appena anticipato, il valore di decremento della soglia “provvisoria” ottenuta alla lettera c); dobbiamo, in altre parole, decrementare la soglia provvisoria utilizzando un valore ancora da individuare. Non è questo un passaggio di immediata comprensione, dal momento che la lett. d) prevede un’operazione piuttosto complessa che, come vedremo, ha determinato un problema di interpretazione anche da parte della giurisprudenza amministrativa. Per agevolare la lettura, evitando al nostro lettore l’effetto ping pong, richiamia-
mo ciò che scrive il legislatore nella lettera d): “la soglia calcolata alla lettera c) viene decrementata di un valore percentuale pari al prodotto delle prime due cifre dopo la virgola della somma dei ribassi di cui alla lettera a) applicato allo scarto medio aritmetico di cui alla lettera b”). Orbene, avevamo trovato la “somma dei ribassi”, ottenendo il valore 92,95. Le prime due cifre dopo la virgola di tale somma sono dunque 9 e 5. Dobbiamo quindi calcolare il prodotto di tali due cifre, pari a 9x5=45. Dunque la “percentuale di decremento” è 45%. Tale valore di 45% (“valore percentuale di decremento”) va applicato allo scarto medio aritmetico (cioè 3) ricavato in precedenza, ottenendo 1,35% (dal momento che il 45% di 3 è appunto 1,35); 1,35% rappresenta il “valore percentuale” di cui alla lettera d), da utilizzare per passare dalla soglia di anomalia che abbiamo chiamato “provvisoria” a quella “definitiva”. Non ci rimane dunque che calcolare la soglia di anomalia “definitiva”. Tale passaggio è molto semplice, dal momento che non dobbiamo fare altro che sottrarre il valore che abbiamo appena ottenuto (cioè 1,35) dalla soglia “provvisoria” calcolata alla lettera c) (cioè 11,45), per cui 11,45 – 1,35 = 10,10.
Pertanto la soglia di anomalia definitiva è pari a 10,10%, e sono quindi anomale le offerte L (11,5%), M (12,85%), N (13%) ed O (16%). Precisiamo che le offerte N (13%) e O (16%) erano state tagliate in modo soltanto “fittizio” con il cd. “taglio delle ali”, ma non erano state escluse in tale occasione dalla gara. In conclusione, nel caso di esclusione automatica dalla gara sono escluse, in quanto anomale, le offerte L, M, N ed O poiché superano la soglia di anomalia del 10,10%.
Affrontiamo ora in particolare il problema interpretativo che si è presentato in giurisprudenza, aiutandoci nuovamente con lo stesso esempio concreto. In particolare la questione si è posta in riguardo all’operazione di cui alla lettera d), che ricordiamo ancora una volta per chiarezza espositiva:“d) la soglia calcolata alla lettera c) viene
decrementata di un valore percentuale pari al prodotto delle prime due cifre dopo la virgola della somma dei ribassi di cui alla lettera a) applicato allo scarto medio aritmetico di cui alla lettera b)”. Riassumendo, nell’esempio precedente abbiamo trovato che la media dei ribassi (lettera a)) è pari a 8,45%, lo scarto medio aritmetico (lettera b)) a 3%, e infine la prima soglia “provvisoria” (lettera c)) è uguale a 11,45%. Per quanto riguarda la lettera d), la norma parla di “decremento di un valore percentuale”. Ma esattamente ciò cosa significa? Posto che, come mostrato prima, il valore di decremento è 1,35%, è necessario “decrementare” la prima soglia di tale valore percentuale. Ma in che senso? Per fare un esempio, “decrementare 90 del 10%” significa calcolare il 10% di 90 e sottrarre tale valore a 90; in altre parole, 90-9=81. Nel nostro caso, quindi, una possibilità potrebbe essere quella di decrementare 11,45% (la prima soglia) dell’1,35% allo stesso modo: dunque considerando che l’1,35% di 11,45 è pari a 0,15, si otterrebbe 11,45-0,15 = 11,30%. Si noti che però questa non è l’unica strada. Si supponga infatti di aver a che fare con due numeri assoluti (i.e. non percentuali), ad esempio 90 e 10. Trattandosi entrambi di valori assoluti un calcolo piuttosto naturale è il seguente: 90-10 = 80. E questo è esattamente il calcolo eseguito in precedenza: abbiamo direttamente sottratto ad 11,45% il valore 1,35%, ottenendo così 11,45-1,35 = 10,10%. Riassumendo, seguendo una strada abbiamo ottenuto 11,30%, seguendo l’altra il 10,10%: una differenza certamente non enorme, ma che, come evidente agli operatori del settore, in gare particolarmente partecipate può provocare grandi differenze di graduatorie (e prevedibili ricorsi). Riassumendo, vi sono due possibilità interpretative: considerare il valore da sottrarre come percentuale, come nell’esempio del 10% di 90=81, ossia sottrarre ad 11,45% l’1,35% di 11,45%: per cui abbiamo 11,450,15; considerare il valore da sottrarre come assoluto, come nell’esempio di 90-10=80, e quindi sottrarre ad 11,45% l’1,35%: per cui 11,45-1,35. Esposta la problematica, resta ora da indagarne a fondo la soluzione.
Una soluzione consolidata della questione si è peraltro delineata solo negli ultimi mesi, a seguito di alcune decisive e fra loro concordi sentenze del Consiglio di Stato. Per fugare ogni dubbio, però, si ritiene necessario svelare anticipatamente che la strada ritenuta corretta è quella percorsa nell’esempio concreto svolto per esteso in precedenza: semplice sottrazione di un valore dall’altro. Fra le appena citate sentenze decisive si può sicuramente annoverare la n. 2856/2020 del Consiglio di Stato, per la riforma della sentenza n. 82/2020 del TAR Marche. La principale quaestio iuris cui il Collegio doveva rispondere era la seguente: “se il valore ottenuto applicando allo scarto medio aritmetico il prodotto delle prime due cifre dopo la virgola della somma dei ribassi sia o meno «un valore percentuale», ai sensi dell’art. 97, comma 2, lett. d), del codice dei contrati pubblici.” In particolare, per la sentenza di primo grado così non era: il valore sarebbe “un valore assoluto, che va pertanto ulteriormente convertito in percentuale”; ma per il Consiglio di Stato “la tesi affermata nella sentenza di primo grado è errata. Essa trascura infatti che il valore […] ottenuto nella fattispecie applicando allo scarto medio aritmetico […] il prodotto delle prime due cifre dopo la virgola della somma dei ribassi […] è già «un valore percentuale», come previsto dalla lettera d). [Esso] è infatti una percentuale dello scarto medio aritmetico ai sensi della lettera b), il quale a sua volta esprime la media dei differenziali dei ribassi percentuali sulla base d’asta superiori alla media precedentemente ottenuta dopo il taglio delle ali. Tutti i valori ottenuti attraverso le operazioni previste dall’art. 97, comma 2, del codice dei contratti pubblici consistono del resto in percentuali rispetto alla base d’asta: - a partire dalla media dei ribassi percentuali prevista dalla lettera a); - per proseguire con lo scarto medio aritmetico dei medesimi ribassi di cui alla lettera b), pari al differenziale medio di quelli superiori alla media; - quindi, evidentemente, la somma della media dei ribassi con lo scarto medio aritmetico ai sensi della lettera c); - e per finire al valore ottenuto, secondo quanto dispone la lettera d), applicando il prodotto delle prime due cifre della somma dei ribassi allo scarto medio aritmetico, ovvero ad un valore già espresso in percentuale, di cui deve essere decrementata la somma della media dei ribassi con lo scarto medio aritmetico. […] La tesi dell’originaria ricorrente […], cui la sentenza di primo grado ha aderito, […] è invece priva di base legale, nella misura in cui finisce per introdurre un’ulteriore operazione di calcolo non prevista dall’art. 97, comma 2, del codice dei contratti pubblici. Tanto meno è un’operazione necessaria, in considerazione del carattere percentuale del valore ottenuto in pedissequa applicazione della medesima lettera d)”. Nel caso specifico, la stazione appaltante aveva considerato il numero come assoluto; numericamente, per decrementare 26,555% dello 0,195% aveva semplicemente ottenuto il risultato dalla seguente sottrazione: 26,555-0,195=26,359% (sul modello del nostro esempio “90-10=80”). Al contrario il TAR, insieme all’originaria ricorrente, ha sostenuto l’erroneità di tale procedimento, in quanto l’operazione corretta sarebbe stata quella effettuabile calcolando prima lo 0,195% di 26,555, ossia 0,052, e poi sottraendo da 26,555 il valore così ricavato: 26,555%-0,052%=26,503% (sul modello del nostro esempio “decremento del 10% di 90=81”). Come affermato in precedenza la questione fino a pochi mesi fa non era però assolutamente pacifica: per citare un esempio importante la prima Sezione del TAR Marche era fra i fautori dell’interpretazione non prevalente, e ciò ha portato ad una serie di sentenze (la n. 622/2019, la n 82/2020, la n. 93/2020) puntualmente riformate in appello (rispettivamente: sentenza n. 5229/2020, n. 2856/2020, appena esaminata, e n. 4502/2020). Il TAR Marche infatti, nella prima delle sentenze citate, argomentava che “da una esegesi della let. d) del comma 2 del novellato art. 97 Codice appalti che tenga debitamente conto delle nozioni e dei concetti propri della matematica, si desume che: - “decrementare” un numero di un “valore percentuale” significa calcolare il valore assoluto a cui corrisponde quella determinata percentuale e sottrarre tale valore al numero di partenza (ad esempio, decrementare 100 del “valore percentuale” 20% significa calcolare a quanto corrisponde il 20% di 100 e poi sottrarre tale numero a 100); - la “prima soglia di anomalia” che viene calcolata ai sensi della let. c), seppure graficamente espressa come se fosse una percentuale (il che si giustifica per il fatto che essa è la media di ribassi percentuali sui prezzi a base di gara incrementata dello scarto medio aritmetico dei ribassi ed è dunque graficamente connotata dal simbolo ”%”) in questo senso va intesa come un numero assoluto, rispetto al quale va operato il “decremento”; - nella specie, per decrementare la “prima soglia di anomalia” calcolata dalla commissione di gara del “valore percentuale” ottenuto con le modalità di calcolo di cui alla let. d) occorreva calcolare lo 0,405% di 27,161 e sottrarre il valore così ottenuto da tale valore-soglia. E poiché lo 0,405% di 27,161 è pari a 0,11, la soglia di anomalia finale è pari a 27,051 (ossia 27,161-0,11). Laddove il legislatore avesse inteso effettivamente disporre quanto sostiene la ricorrente, allora avrebbe dovuto utilizzare un lessico più consono e inequivoco.”
Sempre lo stesso Tar ha successivamente affermato, nella sentenza n. 82/2020, che “in assenza di una modifica normativa o dell’adozione di una disposizione di interpretazione autentica, non vi sono ragioni che giustifichino le tesi contrarie sinora affermatesi in giurisprudenza”. Infine, nell’ultima delle sentenze citate, la n. 93/2020, i giudici di primo grado hanno ritenuto che ad entrambe le interpretazioni vada riconosciuto “il medesimo valore scientifico (non potendosi sostenere che una delle due sia palesemente inattendibile dal punto di vista aritmetico e/o logico), per cui ai fini che qui rilevano va data preminenza alla formulazione letterale della disposizione. Il Tribunale, per le ragioni illustrate nei citati precedenti conformi, ha ritenuto di ricostruire la volontà del legislatore nel senso patrocinato dalla odierna ricorrente”. In definitiva, però, dopo i citati interventi del Consiglio di Stato il TAR Marche ha ritenuto di doversi adeguare. Si potrebbe dire, con una punta di ironia, che è stato
costretto ad una galileiana (e, infatti, non convinta) abiura delle proprie tesi. Si cita volentieri il seguente passaggio dalla sentenza n. 318/2020 del Tar Marche, che segna la definitiva resa dell’”eroico” tribunale e che ci fornisce anche un quadro riassuntivo della vexata quaestio: “Come è noto, a fronte della non perspicua formulazione della norma, si sono formati a partire dagli ultimi mesi del 2019 due orientamenti giurisprudenziali contrapposti. 2.1. Il primo di tali orientamenti (prevalente) si appoggia, oltre che su argomenti testuali, alla prassi amministrativa maggioritaria accreditata da alcune circolari del Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, nonché da un pronunciamento dell’ANAC. A questo orientamento si potevano ascrivere fino alle ultime settimane un ormai cospicuo numero di pronunce di merito e cautelari di primo grado (ex multis, T.A.R. Lombardia Brescia, sentenze n. 968 e n. 1007 del 2019; T.A.R. Sicilia Catania, I, sentenza n. 2119/2019; T.A.R. Calabria Catanzaro, ordinanza n. 363/2019; T.A.R. Lombardia Milano, ordinanza n. 937/2019), nonché una pronuncia cautelare del Consiglio di Stato (ordinanza della Sez. V n. 6345/2019). Come è noto, secondo quest’orientamento la norma de qua si interpreta nel senso che il “valore percentuale” di cui alla let. d) corrisponde al valore assoluto che si ottiene applicando allo scarto medio aritmetico di cui alla let. b) il valore corrispondente al prodotto delle prime due cifre dopo la virgola della somma dei ribassi di cui alla lettera a). Questo “valore percentuale” va poi detratto dalla “prima soglia di anomalia”, calcolata secondo quanto dispone la let. c), consentendo così di determinare la soglia di anomalia finale. […] 2.2. L’altro orientamento, minoritario, è stato inaugurato dalla sentenza di questo Tribunale n. 622/2019, a cui hanno fatto seguito altre due pronunce conformi (n. 82 e n. 93 del 2020), ed ha trovato conferma in sede cautelare davanti al giudice di secondo grado (ordinanza della Sez. V. n. 6294/2019). In queste decisioni si è affermato che l’art. 97, comma 2, let. d), del Codice dei contratti va interpretato nel senso che il valore che si ottiene applicando allo scarto medio aritmetico di cui alla let. b) il valore corrispondente al prodotto delle prime due cifre dopo la virgola della somma dei ribassi di cui alla lettera a) non è un “valore percentuale”. Pertanto, l’operazione di cui alla let. d) implica un ulteriore passaggio, ossia è necessario moltiplicare la “prima soglia di anomalia” per il valore ottenuto effettuando la moltiplicazione prevista dalla let. d), sottraendo poi il valore così ottenuto dalla prima soglia di anomalia. […] 3. Tuttavia, con la recentissima sentenza n. 2856/2020, la Sez. V del Consiglio di Stato ha riformato la sentenza di questo T.A.R. n. 82/2020, il che non può non incidere sulla presente decisione. In effetti, nel caso di specie il problema risiede nel fatto che, a ben guardare, entrambi i criteri seguiti dalla giurisprudenza consentono di pervenire al risultato sostanziale di impedire ai concorrenti di conoscere ex ante la soglia di anomalia. Ma al giudice non è consentito pronunciare un sostanziale non liquet, visto che la scelta di un criterio interpretativo in luogo dell’altro implica un risultato finale diverso, ossia cambia l’aggiudicatario. Pertanto, pur rimanendo irrisolta la questione di fondo (ossia la infelice formulazione della norma), il Tribunale ritiene di doversi adeguare alla prima decisione di merito che il Consiglio di Stato ha adottato sulla res controversa, pur non essendo la stessa vincolante per il giudice di primo grado e pur dovendosi ritenere che nella specie sarebbe stato forse opportuno quantomeno un intervento dell’Adunanza Plenaria (visto che, come detto, in sede cautelare la medesima Sezione semplice del Consiglio di Stato era pervenuta a pronunce di segno opposto). 4. In questo senso, le pur pertinenti argomentazioni dell’amministrazione e della controinteressata non sono dirimenti e ciò proprio alla luce di quanto detto al paragrafo precedente. In effetti, il caso in esame è peculiare proprio per il fatto che, non potendosi rinvenire né nel testo attuale dell’art. 97 né nei c.d. lavori preparatori elementi utili a ricostruire la reale intenzione del legislatore ed essendo l’obiettivo perseguito dalla disposizione attingibile quale che sia l’interpretazione corretta della norma, la necessità di indicare agli operatori del settore (stazioni appaltanti e imprese) un modus operandi univoco non può che implicare l’adesione del giudice di primo grado ad una pronuncia “nomofilattica” di merito del giudice amministrativo di secondo grado. Né l’odierno Collegio ritiene di poter fondare la conferma dell’orientamento seguito dal Tribunale nelle citate sentenze del 2019 e del 2020 su profili ulteriori e diversi rispetto a quelli esposti nelle sentenze medesime (i quali non sono stati evidentemente ritenuti condivisibili dal Consiglio di Stato)”. Tale adeguamento, probabilmente avvenuto a malincuore, consente di ritenere che la questione sia ormai sufficientemente pacifica. A parere di chi scrive va riconosciuta in ogni caso piena dignità all’interpretazione minoritaria, constatato il fatto che non esistono elementi davvero determinanti in favore dell’una o dell’altra interpretazione. In ogni caso l’orientamento dominante è senza dubbio quello fatto proprio dal Consiglio di Stato, anche considerando che tale lettura è stata avallata in più circolari e pareri pubblicati dal MIT, come, ad esempio, la circolare
del 24 ottobre 2019 (citata anche nell’estratto di sentenza appena riportato). In tale documento viene esposta minuziosamente la metodologia di calcolo dell’art. 97 comma 2 con un complesso esempio a 20 offerte, riportando anche una formula generale:
dove: S a è la soglia di anomalia definitiva di cui alla lettera d); M è la media dei ribassi percentuali di cui alla lettera a); S c è lo scarto medio aritmetico dei ribassi che superano la media sopra calcolata, di cui alla lettera b); C1 e C2 sono la prima e la seconda cifra dopo la virgola della somma dei ribassi percentuali di cui alla lettera a).
A titolo di esempio, si osservi che, volendo utilizzare l’altra interpretazione, quella del TAR Marche, la formula sarebbe ben diversa:
Dove si sono usate le stesse convenzioni. In conclusione, al momento appare consigliabile che il responsabile del procedimento scelga, tra le opzioni a disposizione, quella che appare consolidata dai citati arresti giurisprudenziali, che consiste nella semplice sottrazione della percentuale minore da quella maggiore (nel nostro esempio, 11,45-1,35). Più in generale, la questione appena esposta mostra chiaramente come nel tradurre in parole una formula matematica vi sia sempre il rischio di ambiguità, che ha origine nel profondo abisso esistente fra l’univocità del linguaggio matematico e l’infinità di sfumature proprie della lingua parlata. Rischio non meramente teorico, come dimostra l’abbondanza di circolari, pareri, atti interpretativi e sentenze spesso discordanti che precedono l’eventuale consolidarsi di un orientamento giurisprudenziale. Non è questo il momento adatto per elaborate disquisizioni dottrinali, ma è noto come ormai tale incertezza del linguaggio abbia acquisito piena cittadinanza nelle moderne teorie dell’interpretazione: è ormai acclarata l’enorme difficoltà (o persino impossibilità) di scrivere disposizioni dal significato univoco e, potremmo dire, logico-matematico. Per citare un’opera, invero non giuridica, che nel 2021 compie il proprio centesimo anno, “il linguaggio traveste il pensiero in modo tale che dalla forma esteriore dell’abito non si può inferire la forma del pensiero rivestito, perché la forma esteriore dell’abito è formata a ben altri fini che al fine di far riconoscere la forma del corpo. Le tacite intese per la comprensione del linguaggio comune sono enormemente complicate.” (L. Wittgenstein, Tractatus logico-philosophicus, proposizione 4.002). Incertezza e complessità sono luogo fecondo per il proliferare di molteplici interpretazioni. Ma il fatto, probabilmente vero, che un ordinamento giuridico non possa essere interamente tradotto in linguaggio logico-matematico non implica che ciò non possa avvenire almeno in parte, quando possibile. Anzi: se tale possibilità vi è, ad essa deve corrispondere un dovere di eliminare per quanto possibile le ambiguità. Infatti, come sarebbe certamente arduo tradurre nel linguaggio della logica formale norme che concernono azioni pur sempre troppo umane, allo stesso modo è inutilmente complesso tradurre acrobaticamente in linguaggio parlato algoritmi e formule che nascono in fin dei conti come oggetti matematici. Per finire, la proposta (provocazione?) che si lancia è la seguente: in un settore profondamente matematico come quello dei criteri di aggiudicazione e di esclusione, perché non scrivere, nelle disposizioni di legge, vere e proprie formule matematiche come quelle riportate sopra? Si può obiettare che le formule possono essere (come nel caso esaminato supra) pubblicate successivamente tramite circolari, pareri e altri atti non legislativi, ma così si rischia di dare un valore eccessivo a fonti caduche che, come ribadito dalla sentenza del TAR Marche n. 622/2019, non hanno sicuramente rango legislativo: “ad ogni buon conto, il Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti non può comunque “legiferare” in tema di appalti di servizi e di forniture”. E ciò in ultima analisi aumenta la già notevole incertezza dei traffici giuridici che contraddistingue i periodi immediatamente successivi alla produzione di nuove norme. Ma soprattutto, la vera domanda è: perché no? Probabilmente le due risposte più diffuse sarebbero le seguenti: “Per tradizione”, e “Perché le formule sono troppo complesse per i più”. Non molto convincenti. Si provino a confrontare le due formule appena esposte: non occorre certamente essere portati in matematica per riconoscere che una differenza vi è, e che non è semplicemente possibile confondere l’una con l’altra1 .
1 Nota matematica per i più esigenti: si potrebbe osservare che utilizzare nelle formule “C1 e C2 può comunque portare ad interpretazioni divergenti. Ad esempio, si consideri nel nostro esempio il valore 92,95%: bisogna considerarlo, a stretto rigore, come 0,9295 (e quindi C1=9 e C2=2), o, come si fa normalmente, come 92,95? Il modo per eliminare tale ambiguità però c’è ed è piuttosto semplice: è sufficiente definire
C1 e C2 in termini di S tot (dopo aver adeguatamente definito quest’ultimo valore e soprattutto il range cui può appartenere), utilizzando, ad esempio ma non necessariamente, l’aritmetica modulare o la funzione parte intera, senza bisogno di ambigui riferimenti a parole proprie del linguaggio parlato come “virgola”.