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Nuovo codice dei contratti pubblici
from TEME 3-4/2023
by edicomsrl
Come e perché scegliere il Contratto Collettivo Nazionale di lavoro applicabile ai lavoratori. Ne va anche della qualità dei servizi.
Introduzione
Il 31 marzo 2023 è stato pubblicato in Gazzetta il D.Lgs. n. 36, recante il “nuovo codice degli appalti”, adottato secondo i criteri direttivi contenuti nella Legge delega n. 78 del 21 giugno 2022.
Il D.Lgs. n. 36/2023 entrerà acquisterà efficacia il 1° luglio 2023 (art. 229, comma 2, D.Lgs. n. 36/2023) , giorno in cui verrà abrogato l’attuale D.Lgs. n. 50/2016 (art. 226, comma 1, D.Lgs. n. 36/2023).
Tra le tante novità del nuovo codice, si segnala la prima parte, dedicata ai principi: non il classico articolo 1 delle leggi più importanti, dove sono “genericamente” indicati i principi a cui si ispira la legge, ma ben 18 articoli, i primi dei quali (art. 1 –“principio del risultato” - e art. 2 “principio della fisucia”) dei veri pilastri della riforma.
Trai principi fondamentali del D.Lgs. 26/2016, ci si occuperà in questo lavoro dell’ art. 11, che introduce novità interessanti in relazione alle concrete modalità di applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di categoria ai lavoratori impiegati nelle commesse pubbliche. Tale norma costituisce diretta applicazione del criterio di cui all’art. 1, comma 2, lett. h), n. 2 della Legge Delega, secondo cui il codice avrebbe dovuto “ garantire l’applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore, tenendo conto, in relazione all’oggetto dell’appalto e alle prestazioni da eseguire anche in maniera prevalente, di quelli stipulati dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale, nonché garantire le stesse tutele economiche e normative per i lavoratori in subap- palto rispetto ai dipendenti dell’appaltatore e contro il lavoro irregolare”.
L’art. 11 del D.Lgs. 36/2023 (rubricato “Principio di applicazione dei contratti collettivi nazionali di settore. Inadempienze contributive e ritardo nei pagamenti”) mira a garantire la stabilità occupazionale e a rafforzare la tutela dei lavoratori impiegati nelle commesse pubbliche. Ciò trova espressa conferma nella relazione illustrativa redatta dal Consiglio di Stato – e concepita come strumento interpretativo del nuovo Codice – secondo la quale, con la succitata norma, “si è inteso dare un senso effettivo ad alcune parole chiave, spesso utilizzate in tema di contratti pubblici: (…) la tutela, dando piena attuazione alla delega a protezione dei lavoratori (tramite clausole sociali, valorizzazione dei CCNL e lotta ai “contratti pirata”) e delle imprese (per esempio, in tema di rinegoziazione e revisione prezzi, o di suddivisione in lotti)”.
Prima di procedere nell’analisi della nuova disciplina, occorre precisare chel’art. 11 detta principi strettamente connessi agli altri “principi generali” contenuti nella prima parte del Codice, pertanto esso deve essere letto anche alla luce degli stessi, con particolare riferimento ai citati principi i) del risultato, secondo cui le Stazioni appaltanti perseguono il risultato dell’affidamento e dell’esecuzione del contratto con la massima tempestività e il miglior rapporto qualità-prezzo possibile e ii) della reciproca fiducia tra Amministrazioni pubbliche e operatori economici (art. 2); nonché al principio iii) dell’accesso al mercato (art. 3), che impone alle Stazioni appaltanti di favorire l’ingresso al mercato degli operatori economici.
Letta in questa prospettiva, l’art. 11 del Codice ha certamente l’ulteriore scopo di garantire l’interesse delle Stazioni appaltanti alla proficua riuscita della commessa pubblica la quale passa certamente attraverso la tutela dei lavoratori ivi impiegati, evitando forme di competizione salariale al ribasso, destinate a riflettersi sulla qualità dell’esecuzione.
Disciplina
Il comma 1 dell’art. 11 riprende il contenuto dell’art. 30, comma 4 dell’attuale Codice, prevedendo che “al personale impiegato nei lavori, servizi e forniture oggetto di appalti pubblici e concessioni è applicato il contratto collettivo nazionale e territoriale in vigore per il settore e per la zona nella quale si eseguono le prestazioni di lavoro, stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale e quello il cui ambito di applicazione sia strettamente connesso con l’attività oggetto dell’appalto o della concessione svolta dall’impresa anche in maniera prevalente”.
Come emerge dalla lettera della norma, l’oggetto dell’appalto rimane il criterio di scelta del CCNL applicabile, non assumendo a tal fine rilevanza l’attività prevalente esercitata dall’impresa.
Ampliando notevolmente la disciplina contenuta nell’anzidetto art. 30, il comma 2 dell’art. 11 prevede poi l’onere in capo alle Stazioni appaltanti di indicare nel bando di gara, o nell’invito, il Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro applicabile ai lavoratori.
Fermo quanto si dirà dopo, detta previsione segna un punto di svolta rispetto ai principi giurisprudenziali formatisi sulla disciplina vigente: le pronunce del Giudice amministrativo, infatti, hanno a più riprese ribadito che l’imposizione agli operatori economici di un determinato contratto collettivo fosse in contrasto con il principio euro-unitario e costituzionale della “libertà economico-organizzativa” dell’imprenditore; in questo senso la giurisprudenza ha inteso salvaguardare maggiormente la libertà imprenditoriale dell’operatore economico di individuare il contratto collettivo nazionale di lavoro più conveniente, purché coerente con l’oggetto dell’appalto.
Ma lo stesso art. 11, proprio nell’ottica di temperare la tutela dei lavoratori con quella della libera iniziativa economica, prevede al successivo comma 3 la possibilità per gli operatori economici di indicare nella propria offerta un differente Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro, “purché garantisca ai dipendenti le stesse tutele di quello indicato dalla stazione appaltante o dall’ente concedente”.
Per consentire l’accertamento dell’identità di tutele – che è, evidentemente, la condicio sine qua non dell’applicazione di un CCNL diverso da quello indicato nel bando di gara – il comma 4 dell’art. 11 subordina l’affidamento o l’aggiudicazione all’acquisizione, da parte della Stazione appaltante, di una dichiarazione rilasciata dall’operatore economico da cui risulti: a) l’impegno ad applicare, per l’intera durata del contratto o della concessione, il contratto collettivo individuato; b) la garanzia di riconoscere ai lavoratori tutele equivalenti a quelle assicurate dal Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro stipulato dalle associazioni dei datori e dei prestatori di lavoro comparativamente più rappresentative sul piano nazionale.
Quanto sopra, ai sensi del comma 5, vale altresì per i lavoratori in subappalto ai quali devono essere garantite le medesime tutele normative ed economiche.
Così declinato, l’obbligo di previsione, all’interno del bando di gara, di un determinato CCNL non si pone in contrasto né con l’art. 39 della Costituzione – che limita l’efficacia obbligatoria dei contratti collettivi di lavoro agli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce – atteso che l’art. 11 non estende l’efficacia del contratto collettivo erga omnes, né con il successivo art. 41 Cost. –che tutela la libera iniziativa economica – dal momento che si consente all’operatore economico, ferme le cautele di cui sopra, di scegliere il CCNL applicabile.
Criticità
L’applicazione dell’art. 11 potrebbe, tuttavia, dar luogo a talune criticità applicative.
Come si legge anche nella Relazione illustrativa, rimane aperta la questione della possibile sovrapposizione tra settori di attività e conseguente applicabilità di più contratti collettivi conformi all’oggetto dell’appalto, che potrebbe rendere difficoltosa l’individuazione della disciplina contrattuale applicabile.
Inoltre, permangono incertezze relative al concetto di identità di tutele di cui ai commi 3 e 4 dell’art. 11. Quanto al termine “tutele”, è ragionevole attribuire ad esso il significato generale e ampio – raccordato con l’art. 11, comma 5 – di “medesime tutele normative ed economiche”. Rispetto al giudizio di identità che deve operare la Stazione appaltante, secondo un’interpretazione letterale dell’art. 11, comma 3, non è richiesto un giudizio di complessiva equivalenza tra differenti contratti collettivi, ma una perfetta coincidenza tra gli stessi; in tal senso, l’operatore economico dovrebbe garantire, con riferimento a ciascun istituto inerente al contratto di lavoro, almeno il trattamento stabilito dalla disciplina contrattuale individuata nel bando di gara.
Tutto ciò detto, l’introduzione della descritta disciplina, come anticipato, costituisce senz’altro un passo in avanti nel complessivo percorso volto alla definitiva valorizzazione delle tutele sociali, di genere e generazionali quali elementi cardine del complessivo processo di acquisto in ambito pubblico, a partire dalla fase di pianificazione e fino a quella di esecuzione.