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parità di genere La parità di genere nel nuovo Codice degli appalti

C’è ancora spazio per le “quote rosa” nel mondo degli appalti pubblici?

L’interrogativo nasce leggendo la bozza del nuovo Codice degli appalti e cercando un qualche riferimento alla certificazione per la parità di genere.

Il mondo degli appalti coincide con il mondo del lavoro e dunque ci saremmo aspettati che il legislatore continuasse sul solco già tracciato dal PNRR missione 5 e dal Nuovo Codice sulle pari opportunità e che venissero introdotti – finalmente - criteri predefiniti certi ed inequivocabili sulla premialità dell’occupazione femminile e sulla priorità dell’equità di genere nel mondo del lavoro.

Un’indicazione interessante si rinviene nel 4 comma dell’art.3 del Libro I: “Le stazioni appaltanti e gli enti concedenti adottano ogni misura tecnica e organizzativa atta a garantire che siano rettificati i fattori che comportano inesattezze dei dati e sia minimizzato il rischio di errori, nonché a impedire effetti discriminatori nei confronti di persone fisiche sulla base della nazionalità, dell’origine etnica, delle opinioni politiche, della religione, delle convinzioni personali, dell’appartenenza sindacale, dei caratteri somatici, dello status genetico, dello stato di salute, del genere o dell’orientamento sessuale”, in cui il Legislatore dopo aver introdotto il principio di non discriminazione algoritmica sentendo il bisogno di ribadire un principio costituzionale nella sua applicazione alle nuove tecnologie digitali, traduce il criterio dell’imparzialità della pubblica amministrazione nell’approccio agli operatori economici.

Indicazioni programmatiche a cui fanno seguito non l’obbligo, come sarebbe stato auspicabile, ma la mera possibilità per le stazioni appaltanti di inserire nei bandi pubblici i meccanismi necessari per promuovere una generica parità di genere, quasi equiparando le donne ad altre categorie svantaggiate meritevoli di tutela e non sostenendo la necessità della certificazione di genere tra i requisiti generali di accesso alle gare pubbliche o, meglio ancora sarebbe stato, tra i requisiti che consentono la riduzione della cauzione provvisoria, al pari della certificazione di qualità.

Il nuovo Codice apre la possibilità alle stazioni appaltanti di inserire la clausola di previsione che richieda agli operatori economici il mero impegno a garantire le pari opportunità sia di genere che generazionali ma senza indicare attraverso quali certificazioni, atteso che ve ne sono diverse.

A fronte dunque di un concreto approccio da parte del PNRR, che riconosce sostanziosi sgravi contributivi alle imprese virtuose che si sono dotate di certificazioni di genere e dal quale stava nascendo un’ottica nella quale dalle primitive buone prassi o sporadiche iniziative si navigava verso una struttura che a lungo termine servisse a sostenere la gestione della maternità, l’attenzione ai cargivers familiari, la leadership al femminile, il nuovo Codice sembra aprire uno scenario incerto che indebolisce il percorso avviato.

Non si tengono in debito conto due spinte verso l’alto che registra la società attuale: la carica delle occupazioni femminili verso le carriere STEM - le professioni espresse in ambito scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico, da sempre considerati di esclusivo appannaggio maschile e il capitale umano costituito dalle donne che lavorano nel settore dei servizi (ristorazione collettiva, assistenza agli anziani, ausiliarato, pulizie e sanificazione, lavanolo).

Ci si sarebbe aspettati che il bollino rosa venisse reso obbligatorio quale requisito di premialità per gli operatori economici in continuità con quanto ormai codificato nel Codice per le pari opportunità e nel PNRR, soprattutto nell’ottica della valorizzazione delle carriere femminili all’interno delle imprese private e in coerenza con il principio di imparzialità e non discriminazione ribaditi nel Libro I, nel quale la parità di trattamento, la non discriminazione, la trasparenza e la proporzionalità dovrebbero essere intesi come funzionali a ridurre il divario di genere sociale ed economico che ancora affligge il nostro paese.

Appartenendo al mondo della sanità pubblica non posso non osservare che se le rilevazioni statistiche ci dicono che il futuro dell’occupazione è legato ai settori tecnico-scientifici e che l’iscrizione delle studentesse è particolarmente bassa nei settori delle ICT (3%), delle scienze naturali, della matematica e della statistica (5%) e dell’ingegneria delle costruzioni (8%). oltre che pubblicate meno, pagate meno per le loro ricerche e meno avvantaggiate nella loro carriera rispetto ai colleghi uomini, bisogna supportare la loro avanzata in ogni maniera, in quanto più donne lavorano in questi campi, più la diversità nella ricerca introdurrà nuove prospettive, talenti e creatività, sottolineando e ricordando che le donne e le ragazze svolgono un ruolo fondamentale nelle comunità scientifiche e tecnologiche, e che la loro partecipazione deve essere stimolata, valorizzata, rafforzata con ogni strategia, compresi i criteri premiali per le imprese che partecipano agli appalti pubblici.

L’intelligenza artificiale (A.I.) viene definita come la scienza in grado di creare ed ingegnerizzare programmi informatici e macchine intelligenti per comprendere l’intelligenza umana, non limitandosi solo a metodi che possono essere biologicamente osservabili. (McCarthy, 2007)

Principalmente se ne possono individuare di due tipi: l’A.I. debole, più comunemente usata, viene anche detta Narrow AI o Artificial Narrow Intelligence (ANI) e si tratta di un’intelligenza artificiale addestrata per svolgere compiti specifici, mentre l’A.I. forte è costituita dall’Artificial General Intelligence (AGI) in cui la macchina dovrebbe avere un’intelligenza pari a quella umana, con una coscienza autoconsapevole che può risolvere problemi, apprendere e programmare piani per il futuro. (Ferilli et al., 2021)

Inoltre, nella letteratura vengono descritti quattro tipi di intelligenza artificiale: macchine reattive, a memoria limitata, theory of mind e consapevolezza di sé. Le macchine reattive (reactive machines) sono in grado di usare l’intelligenza solo per percepire e reagire, non hanno memoria e possono offrire un certo livello di complessità e affidabilità per portare a termine compiti ripetitivi. L’intelligenza artificiale a memoria limitata (limited memory) ha l’abilità di immagazzinare informazioni e previsioni precedenti e viene impiegata per addestrare e rinnovare automaticamente alcuni modelli come il machine learning. Esso è utile per fare previsioni più accurate attraverso un processo di tentativi ed errori, per aiutare a predire il prossimo passo in una sequenza classificando i dati più recenti come più importanti ed infine per esplorare percorsi basati su esperienze pregresse, utilizzando simulazioni e statistiche per predire i risultati. La theory of mind si basa sulla premessa psicologica di comprendere altri esseri viventi con pensieri ed emozioni che influiscono sul loro comportamento con lo scopo di prendere decisioni autonomamente tramite una riflessione. Il passo successivo sarebbe la consapevolezza di sé (self-awareness) nella quale i ricercatori raggiungono la capacità di comprendere la coscienza per replicarla, così da costruirla nelle macchine. (www.cc-ti.ch)

In merito a ciò, il machine learning rappresenta una delle principali tecniche di apprendimento automatico e supera il concetto di programmazione, avvalendosi di una grande quantità di algoritmi che permettono alla macchina di imparare dai dati per migliorare, descriverli e fare delle previsioni sui risultati. (www. intelligenzaartificiale.it) Le tecniche utilizzate nel machine learning per permettere l’apprendimento sono: l’apprendimento supervisionato e non supervisionato, l’apprendimento per rinforzo e il deep learning. L’apprendimento supervisionato ha l’obiettivo di trovare dei modelli nei dati che possono essere applicati ai processi analitici; l’apprendimento non supervisionato si basa su un processo in cui i dati vengono analizzati senza l’intervento dell’uomo; l’apprendimento per rinforzo, attraverso un feedback, permette all’algoritmo di guidare l’utente verso il risultato migliore; il deep learning è caratterizzato da una rete neurale attraverso cui vengono processati i dati. Ad oggi, il deep learning è in progressiva diffusione applicandosi sempre più alla realtà sanitaria come, ad esempio, nella radiodiagnostica, nella farmacologia, nella neurochirurgia e nella genetica.

L’intelligenza artificiale nel contesto sanitario, dunque, può permettere di raccogliere dati ed usarli per creare un profilo personale molto dettagliato che può aiutare sia ad offrire un’assistenza personalizzata sia a predire i rischi per la salute o l’efficacia di una terapia. (Bohr et al., 2020) Essa può anche essere applicata in tre tipi di analisi: clinica, operativa e comportamentale. La prima approfondisce e migliora il trattamento dei dati e i risultati (previsione del percorso clinico o della malattia o punteggio predittivo del rischio sanitario), la seconda aumenta l’efficienza e l’efficacia dei sistemi che forniscono e gestiscono i processi di assistenza, mentre la terza studia i comportamenti della popolazione permettendo di sviluppare l’erogazione di assistenza sanitaria. All’interno del nursing, l’A.I. si può applicare in diversi contesti: nell’analisi e nel monitoraggio dei risultati clinici o organizzativi, nel supporto decisionale in realtà di cura complesse o in attività considerate “a distanza” dal paziente, favorendo l’innovazione e risparmiando complessivamente sui costi ed ottimizzando i processi. (Maalouf et al., 2018)

Lo scopo del presente studio è stato quello di ricercare in letteratura le principali metodologie di apprendimento automatico applicate al contesto sanitario, in particolare quello socio-assistenziale, al fine di dimostrare la loro efficacia ed efficienza nel miglioramento della qualità di vita dei pazienti e nell’organizzazione ospedaliera-territoriale.

Materiali E Metodi

È stata eseguita una revisione narrativa della letteratura nel periodo 2021/2022.

Risultati

Dalla revisione della letteratura effettuata è emerso che i campi di applicazione in ambiente ospedaliero dell’intelligenza artificiale sono vari.

Nella radiologia, ad esempio, attraverso l’uso di diverse modalità di acquisizione delle immagini, è possibile addestrare la macchina al fine di individuare e diagnosticare più facilmente le malattie e poter poi monitorare il follow-up. La tecnica utilizzata per realizzare questo tipo di deep learning è il transfer learning, attraverso cui si può impiegare delle reti neurali profonde per rendere più efficace la classificazione delle immagini mediche. Nel campo della dermatologia, fondamentale nella diagnosi è l’ispezione; infatti, molte lesioni della pelle hanno delle caratteristiche che possono essere individuate grazie all’osservazione e, attraverso quest’ultima, è possibile distinguere i nevi maligni da quelli benigni. Di recente, molti ricercatori hanno sviluppato dei sistemi di diagnostica automatici in grado di stabilire da una foto se una lesione sia maligna o benigna, grazie alle reti neurali allenate su migliaia di immagini fino a raggiungere ottimi livelli di accuratezza nella diagnosi.

Nell’oftalmologia, un team composto da informatici e clinici ha addestrato con varie migliaia di immagini una rete neurale in grado di identificare la retinopatia diabetica e l’edema maculare diabetico. Questi metodi di machine learning, oltre ad essere accurati, riescono ad individuare precocemente le associazioni che precedentemente non venivano riconosciute come l’età, il sesso, la pressione sanguigna, fattori di rischio come il fumo e gravi eventi cardiaci precedenti.

Nella patologia clinica, in particolare nel campo della genetica, dell’oncologia e della virologia, l’uso del deep learning permette di fare diagnosi, di segnalare le variazioni patogene genetiche e rilevare alterazioni del DNA, di trovare i biomarcatori identificando le correlazioni tra migliaia di fenotipi ed infine di predire lo stato di numerose malattie tra cui tumori, malattie infettive e rischio per la trisomia 21.

I metodi di apprendimento automatico in sala operatoria permettono di assistere e a volte anche sostituire i professionisti sanitari. Il Da Vinci è uno dei robot più impiegati negli interventi; esso permette ai chirurghi di operare attraverso una console, traducendo i loro movimenti negli strumenti che sono all’interno del paziente. In questo caso la macchina non è autonoma, mentre esistono dei sistemi automatici, come quello progettato per effettuare le suture, in grado di suturare le ferite chirurgiche autonomamente; tale metodica ha ottenuto risultati migliori rispetto all’uomo, sia in termini di qualità della sutura stessa sia in termini di riduzione di eventuali errori. (Yu et al., 2018) Nella professione infermieristica la tecnologia è sempre stata presente attraverso gli apparecchi elettromedicali essenziali per le attività. All’interno della letteratura, il progresso tecnologico è stato spesso descritto negativamente pensando che esso tolga l’empatia e spersonalizzi l’assistenza, aspetti sempre visti come fondamentali. Le evidenze, però, dimostrano che il personale non riesce più ad occuparsi adeguatamente dei bisogni psico-sociali ed assistenziali dei pazienti a causa di altre molteplici attività di cui occuparsi come quelle amministrative. (Archibald et al, 2017) A ciò, ci aggiunge il fatto che la popolazione mondiale sta subendo un importante cambiamento demografico con un progressivo invecchiamento, associato contemporaneamente ad una diminuzione proporzionale del numero di operatori sociali e sanitari.

(Abdi et al., 2018)

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