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Priorità alle scadenze del Pnrr N
from Ristorando 7_8 2023
by Edifis
Nei luna-park che sfavillano in tante città del mondo, capita di trovarsi davanti al “padiglione degli specchi”. Una volta varcata la soglia dell’edificio, il visitatore s’imbatte nella propria immagine deformata: scopre di essere alto ma anche basso; grasso e, un attimo dopo, magro; con il volto paffuto o con l’aspetto del reduce da un lungo digiuno. L’esperienza può riuscire divertente perché tutti sanno che si tratta di innocua illusione ottica.
Ma se, invece, le stesse sensazioni si avvertono quando si cerca di capire qualcosa sulle tendenze dell’economia, allora l’effetto non è gradevole. Le troppe incertezze che caratterizzano la fase attuale generano ansia e disagio. L’unica scelta sensata è: procedere con cautela. Del resto in campo economico un identico fenomeno si presenta con molte facce: è prudente quindi “girarci attorno” senza farsi ingannare dalla prima impressione. Accorgimento consigliabile soprattutto quando si affronta il tema della globalizzazione.
Al Festival internazionale dell’economia (Torino, giugno) Mario Deaglio ha presentato un rapporto su questo argomento che contiene due messaggi: la globalizzazione si è rotta (“spaccata”, precisa l’economista) ed è stata “consegnata alla storia”. Ma come si è spaccata la globalizzazione? “Nuove tecnologie e nuovi modi di lavorare hanno provocato fratture sociali” sempre più difficili da sanare e bloccato l’ascensore sociale, spiega Deaglio. Si sono anche rotte “le catene globali del valore”, mentre le grandi aree geopolitiche “tendono a chiudersi in sé stesse e a ridurre gli scambi tra loro”. Ma le cose stanno proprio così? Sembrerebbe di no, stando all’analisi del Governatore della Banca d’Italia. Illustrando (Roma, 31 maggio) le “Considerazioni finali” svolte a conclusione del suo mandato, Ignazio Visco ha ricordato che l’apertura dei mercati ha dato, negli ultimi 30 anni, un contributo fondamentale al benessere di una cospicua parte della popolazione mondiale. Le persone in condizioni di povertà estrema, che erano quasi 2,5 miliardi, ora sono meno di 700 milioni; nello stesso periodo la lotta alla fame ha vinto molte battaglie ed è aumentata l’alfabetizzazione; e la speranza di vita è aumentata, in media, di oltre 10 anni.
Tutto merito della crescente integrazione dei mercati. “La globalizzazione e l’innovazione tecnologica che l’ha sostenuta sono stati dunque una straordinaria occasione di sviluppo”, ha ricordato Visco.
Il Governatore non trascura i risvolti negativi che pure la globalizzazione presenta e che saranno, pochi giorni dopo, denunciati da Deaglio. Sottolinea, anzi, che essi hanno contribuito “a diffondere nell’opinione pubblica atteggiamenti critici nei confronti dei processi di apertura internazionale”.
Ma questo non scalfisce la convinzione di Visco secondo la quale “sarebbe un errore sottovalutare i benefici dell’integrazione dei mercati, in particolare in un’economia aperta come quella italiana”.
Quindi il senso del suo messaggio, in grande sintesi, è che bisogna frenare il negativo che c’è nella globalizzazione ma questa è ancora indispensabile. Non possiamo dimenticare che le grandi sfide di oggi (dalla lotta al cambiamento climatico al contrasto delle pandemie, dalla riduzione della povertà alla gestione delle pressioni migratorie) hanno natura globale: per cercare di risolverle, sono necessarie azioni globali. D’altra parte, sono proprio tali sfide che impongono oggi, a tutto il mondo, di impegnarsi per realizzare uno sviluppo più forte. L’anno scorso, sotto questo profilo, i risultati non sono stati esaltanti: la crescita mondiale, ha ricordato Visco, è rimasta al di sotto del 3,5 per cento, un punto meno di quanto ci si attendeva prima dell’invasione russa dell’Ucraina. Quest’anno, secondo il Fondo monetario internazionale, andrà peggio. Un giudizio analogo è formulato anche dall’Outlook di recente diffuso (Parigi,10 giugno) dall’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico. Il documento prevede che anche il 2023 sarà segnato da una congiuntura complessivamente fragile sotto l’effetto congiunto di una forte presenza dell’inflazione, degli elevati tassi del denaro e dei riflessi della tensione bellica. Il Pil mondiale, secondo l’Ocse, registrerà, a fine anno, un avaro +2,7% per poi progredire di poco nel 2024 (+2,9 per cento).
Si può trarre una conclusione da questi elementi: le tensioni geopolitiche dell’attuale fase spingono verso una maggiore tutela della sicurezza nazionale. Quindi è legittimo diversificare i flussi di approvvigionamento delle materie prime e dei beni intermedi essenziali. Ma questo obiettivo va perseguito – avverte il Governatore della Banca d’Italia - senza scalzare le fondamenta di un ordine internazionale basato su regole condivise e aperto ai movimenti di beni, servizi, capitali e idee. Un ricorso indiscriminato a politiche protezionistiche generalizzate, oltre a creare distorsioni nella concorrenza, potrebbe solo alimentare altre tensioni. Una prospettiva assai pericolosa anche per il nostro Paese.
L’anno in corso ha mostrato un’Italia che tiene bene per vari motivi. Hanno di certo pesato positivamente: a) le ristrutturazioni realizzate nelle aziende esportatrici; b) il miglioramento della produttività del manifatturiero; c) una netta ripresa dei flussi turistici che traina un vasto indotto nei servizi. Questi risultati, migliori di quelli conseguiti da Francia e Germania, hanno diffuso una sensazione un po’ euforica.
Ma un accurato rapporto dell’Osservatorio dei conti pubblici dell’Università Cattolica (10 giugno) serve a far scudo contro facili entusiasmi: i dati sulla crescita italiana tra il 2019 e il 2022 sono indubbiamente positivi, ma mostrano anche che c’è ancora una distanza (circa un punto percentuale) rispetto alla media dell’Eurozona.
Inoltre, da inizio anno la produzione industriale ha registrato il quarto e pesante (-7,2%) calo consecutivo mentre la capacità di risparmio di imprese e famiglie negli ultimi 15 mesi ha subito una riduzione stimata (fonte Fabi) a oltre 60 miliardi di euro. Dunque, avverte l’Ocp, è presto per affermare che sia in atto una duratura inversione di tendenza rispetto ai deludenti risultati del passato. Non lasciamoci, insomma, abbacinare da richiami ingannevoli tipo ”Padiglione degli specchi”. Le scorciatoie miracolose non esistono; per conquistare una condizione di sviluppo davvero solida vanno conclusi gli sforzi di riforma già avviati e, al tempo stesso, fare di tutto per arrivare puntuali alle scadenze fissate dal Pnrr.
Antonio Duva