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Basta plastica

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C arta stampata

C arta stampata

IIl Programma per l’ambiente delle Nazioni Unite (UNEP), lo scorso 16 maggio ha pubblicato il rapporto Chiudere il rubinetto: Come il mondo può eliminare l’inquinamento da plastica e creare un’economia circolare. Tale rapporto propone un cambiamento di sistema per affrontare le cause dell’inquinamento da plastica, combinando la riduzione dell’uso problematico e non necessario della plastica con una trasformazione del mercato verso la circolarità del suo impiego.

Ciò può essere ottenuto accelerando tre cambiamenti chiave: riutilizzare, riciclare, riorientare e diversificare.

Il riutilizzo si riferisce alla trasformazione dell’”economia usa e getta” in una “società del riuso” in cui il riutilizzo dei prodotti in plastica ha più senso economico che gettarli via.

Il rapporto sottolinea l’importanza di accelerare il mercato del riciclaggio della plastica facendolo diventare un’impresa più redditizia.

Riorientare e diversificare si riferisce allo spostamento del mercato verso alternative plastiche sostenibili, che richiederà un cambiamento nella domanda dei consumatori, nei quadri normativi e nei costi.

Il rapporto sottolinea che queste soluzioni sono ora disponibili e che un cambiamento dei sistemi, sostenuto dagli strumenti normativi necessari, comporterà una serie di benefici economici e ridurrà i danni alla salute umana, all’ambiente e al clima.

Secondo le stime contenute nel rapporto, per raggiungere l’obiettivo di ridurre dell’80% l’inquinamento da plastica sarebbe necessario un investimento di 65 miliardi di dollari l’anno.

Una cifra importante, ma che è solo la metà di quanto viene investito nell’industria della plastica e ben poco rispetto a quanto si potrebbe risparmiare evitando i danni a salute, clima e ambiente e i costi legali associati all’inquinamento stimati in 3 trilioni di dollari.

Le microplastiche nel rapporto Fao

La contaminazione dell’ambiente con materie plastiche intere o parti di esse (micro e nanoplastiche) è oggetto di ampie discussioni nel mondo scientifico e nei media.

La Fao (Food and Agricolture Organization of the United Nations) nel rapporto “Micro- plastics in Food Commodities. A Food Safety Review on Human Exposure through Dietary Sources” ha pubblicato una revisione della letteratura scientifica sull’esposizione umana da microplastiche attraverso le fonti dietetiche.

Oltre alle matrici ambientali sono state, infatti, rilevate micro e nanoplastiche nei prodotti della pesca e in altri importanti prodotti alimentari fonti di preoccupazione per il loro impatto sulla salute umana.

Il consumo di cibo è considerato una delle vie più significative di esposizione umana a queste piccole particelle di plastica, reperite anche nel sangue, nelle feci, nella placenta, nel latte materno.

La presenza di microplastiche è stata evidenziata in diversi alimenti alcuni dei quali di largo consumo.

Si tratta di prodotti della pesca ma anche sale, zucchero, acqua in bottiglia. Il report Fao riporta anche uno studio curato da un gruppo di ricerca dell’Università di Catania (Oliveri Conti, Ferrante et al. 2020) che ha evidenziato microplastiche anche nella frutta (mele: 195 500 MP/g; pere: 189 550 MP/g) e negli ortaggi (broccoli: 126 150 MP/grammo; carote: 101 950 MP/g; lattuga: 50 550 MP/g) assorbite dal terreno attraverso le radici. Gli autori riferiscono che non è stata evidenziata differenza fra prodotti in base alla sede di acquisto (GDO, mercati rionali) nè fra prodotti convenzionali o biologici.

Molti ricercatori hanno riportato lo stress ossidativo e l’immunotossicità tra le principali conseguenze dell’esposizione a particelle vergini micro e nanoplastiche. Inoltre, molti studi hanno anche riportato informazioni sulla tossicità individuale di molti additivi e componenti plastici (ad esempio ritardanti di fiamma, plastificanti, monomeri), oltre ai possibili effetti avversi suscitati dagli inquinan- ti ambientali assorbiti dalle microplastiche.

Il rapporto UNEP rileva che: “Sebbene i livelli riportati dei pericoli e i relativi livelli di esposizione siano generalmente bassi restano problemi significativi come la scarsità di dati e le conoscenze sulla tossicità della micro e nanoplastiche insieme alla mancanza di metodi analitici standardizzati non consentono la formulazione di conclusioni definitive sul significato per la salute pubblica di queste particelle”. Raccomanda, pertanto, la messa a punto e l’armonizzazione delle tecniche analitiche per le (micro)plastiche negli alimenti, ulteriori indagini sulla presen- za e la tossicità di tali sostanze nelle catene alimentari e la valutazione delle esposizioni acute e croniche alle componenti di microplastiche in vari alimenti.

Il rapporto prevede anche soluzioni dedicate alla riduzione delle microplastiche, la cui produzione in prospettiva potrebbe essere dimezzata.

Occhio al packaging

Nell’ultimo mezzo secolo, il volume di materie plastiche prodotte ogni anno è costantemente aumentato.

L’uso più comune della plastica è nel packaging (circa il 40 percento). Come conseguenza del loro smaltimento inadeguato e degli effetti delle attività umane e della natura, le materie plastiche possono essere suddivise in particelle più piccole che sono generalmente classificate per dimensioni come macro- (> 25 mm), meso- (25 mm-5 mm), micro- (da 5000 a 0,1 µm) e nanoplastiche (da 0,001 a 0,1 µm).

Di queste categorie di dimensioni, le microplastiche e, in misura minore, le nanoplastiche hanno ricevuto una notevole attenzione nelle discussioni sulla sicurezza alimentare: ciò è dovuto al loro potenziale trasferimento lungo la catena alimentare e al loro probabile impatto sulla salute umana.

Nel frattempo appare urgente iniziare a ridurre l’uso della plastica a cominciare dal consumo dell’acqua in bottiglie di plastica fonte significativa di microplastiche, consumo peraltro non giustificato da un’effettiva necessità considerato che il nostro Paese può generalmente contare su un acqua potabile di buona qualità.

L’Italia, vale la pena ricordarlo, è uno dei paesi in cui si consuma più acqua in bottiglia: 200 litri all’anno pro capite ed otto miliardi l’anno di bottiglie di plastica con impatto ambientale rilevante.

Fa ben sperare la notizia di sempre nuove attività di ristorazione che servono acqua del rubinetto, una prassi che insieme all’utilizzo di stoviglie riutilizzabili sta riprendendo piede anche nella ristorazione collettiva scolastica dopo l’emergenza pandemica che ha comportato un massiccio e non sempre giustificato ricorso a materiali plastici a perdere.

Plastic Tax di rinvio in rinvio

La Legge di Bilancio 2023 ha posticipato al 1° gennaio 2024 l’efficacia della normativa impositiva per i manufatti di plastica con singolo impiego i cosiddetti MACSI.

La Plastic Tax parte dalle prescrizioni della nota Direttiva SUP (Single Use Plastic Directive), formalmente conosciuta come Direttiva 2019/904/UE del giugno del 2019, che ha come obiettivo la riduzione di specifici prodotti di plastica monouso, per tutelare l’ambiente e preservare la salute umana.

La Direttiva, entrata in vigore nel luglio del 2019, prescrive agli stati membri europei un obbligo di transizione verso un modello di economia circolare, attraverso l’adozione di determinate misure che riescano a ridurre la produzione di plastica in particolare alcuni prodotti di plastica monouso tra i quali posate, piatti, cannucce, agitatori per bevande, bastoncini di cotone.

Nella medesima Direttiva SUP viene stabilito l’obbligo, per gli stati membri, di adottare specifiche misure, finalizzate a ridurre il consumo di determinati prodotti in plastica, nocivi alla salute e all’ambiente. Per realizzare questi obiettivi è stata prevista l’imposizione di una tassa, favorendo una modalità di contribuzione responsabile. Le risorse derivanti dall’imposizione, infatti serviranno a coprire i necessari costi di gestione e di rimozione dei rifiuti, ma anche le spese per tutte quelle misure volte alla sensibilizzazione, alla prevenzione e alla riduzione di tali rifiuti.

Nella Legge di Bilancio per il 2020, si inizia a parlare, per la prima volta, di tassa sul consumo dei MACSI, nota come Plastic Tax. Per l’attuazione, si attendeva un provvedimento del direttore dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli – che sarebbe dovuto arrivare entro maggio 2020. Con l’arrivo della pandemia di Covid19 sono iniziati i rinvii con la Legge di Bilancio 2021, il DL Sostegni bis, la Legge di Bilancio 2022 fino alla Legge di Bilancio 2023 che sposta la scadenza al 1 gennaio 2024.

La Plastic Tax si applica a quei prodotti (manufatti) che fungo- no da contenitori, protezioni, manipolazioni o consegna di merci o prodotti alimentari, realizzati con materie plastiche – costituite da polimeri organici di origine sintetica, anche nella forma di fogli, pellicole o strisce – con un ciclo di vita unico, cioè non riutilizzabili o soggetti a più trasferimenti. Sono esclusi i manufatti compostabili, i dispositivi medici e i MACSI che contengono o proteggono i medicinali. Un rinvio visto con favore dalle associazioni dell’industria delle materie plastiche e degli imballaggi Unionplast-Federazione Gomma Plastica, che ne chiedono l’abolizione. Assolutamente contrari i movimenti ambientalisti, Greenpeace in testa che vedono nel rinvio e nella possibile abolizione un grave danno a per le persone e il Pianeta.

Plastiche monouso: il Regno

Unito segue l’UE

Il Regno Unito, pur fuori dall’UE, si allinea alle disposizioni della Direttiva europea SUP (Single Use Plastic), con la quale l’Europa unita metteva al bando prodotti monouso per ridurre il consumo di plastica, limitandone la dispersione nell’ambiente e negli oceani e bandirà le plastiche monouso inquinanti (piatti, vassoi, ciotole, posate, bastoncini per palloncini in plastica, contenitori per alimenti in polistirolo e alcuni tipi di bicchieri. Dal prossimo ottobre non sarà più possibile acquistare questi prodotti, che non verranno neppure utilizzati nell’industria dell’ospitalità o in quella della ristorazione.

La misura è stata accolta con il favore della maggioranza dei partecipanti alla consultazione pubblica, indetta appositamente per la questione: le motivazioni che sottendono tale scelta sono note.

Il divieto delle plastiche monouso, da ottobre 2023, dovrebbe quindi avere un impatto significativo sulla riduzione dei rifiuti di plastica britannici (2,7 miliardi annui di posate monouso e 721 milioni di piatti della stessa tipologia, con un riciclo del solo 20%).

La restrizione, tuttavia, non colpirà il packaging utilizzato per i prodotti alimentari (piatti, vassoi, ciotole) venduti nei supermercati e in ambiti simili.

Ai produttori verrà comunque richiesto di utilizzare imballaggi facilmente riciclabili, per raggiungere gli obiettivi ambientali.

Dal 1° aprile 2022 nel Regno Unito è in vigore la Plastic Packaging Tax (PPT), un’imposta di 200 sterline per ogni tonnellata di imballaggi in plastica, fabbricati o importati nel Regno Unito, qualora questi non contengano almeno il 30% di plastica riciclata.

La PPT interessa circa 20mila imprese britanniche e si stima che nel primo biennio di impo- sizione dovrebbe far aumentare, di circa 40 punti, l’utilizzo di plastica riciclata rispetto ai livelli iniziali del 2022, con un risparmio di CO2 di quasi 200mila tonnellate, grazie a uso ridotto di plastica vergine.

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