14 minute read

FOOD | Speciale

Next Article
News International

News International

PIZZA LOVERS,

A OGNUNO LA SUA CATENA

Il piatto tipico italiano si declina in tante varianti e brand, che “lievitano” e si espandono velocemente, anche all’estero. Con un fatturato, solo in Italia, stimato in 15 miliardi di euro

diPaola Oriunno

Il lockdown ci ha trasformati in pizzaioli professionisti, o quasi. Oggi (per fortuna) siamo tornati a mangiare fuori e a ordinare “cartoni” sulle app, ma con qualche novità: più scelta, impasti alternativi, nuovi format. Alta, bassa, in teglia, napoletana, contemporanea, americana, romana, “a portafoglio”. Il cibo italiano più amato al mondo oggi si declina in tante varianti quante sono le regioni, i gusti, le farciture e i momenti della giornata. Sì, perché una cosa è certa: la tonda del pranzo non può essere la stessa della cena. Così, lievitano pizze a tutte le ore e nascono mille rivisitazioni di un piatto che, è proprio vero, non stanca mai. Ne sono convinti anche i ristoratori e gli imprenditori del food che continuano a crederci, ad aprire locali in Italia e all’estero e a investire nel settore con start up innovative e format originali. Il settore non conosce crisi e i dati più recenti parlano di 8 milioni di pizze al giorno sfornate in tutta la Penisola, per un totale di quasi 3 miliardi in un anno, e di un giro d’affari di 15 miliardi di euro (fonte: CNA Agroalimentare) .

In Italia vince la tonda

La preferita? È sempre lei, la tonda tradizionale e cotta a legna, che continua a essere la più ricercata e apprezzata, con un occhio anche all’innovazione. Secondo la ricerca “Abitudini di consumo della pizza” realizzata da Doxa per Eataly è la versione preferita dagli italiani. Ma all’ora di cena più di un terzo decide al momento e sperimenta gusti diversi e proposte nuove, soprattutto nella fascia di età 18-44 anni. E l’offerta si adegua, o meglio, ci prova. Dalle grandi città ai centri urbani medi, fino ai centri commerciali, è un fiorire di teglie, di forni e di locali diversi. Chi ha voglia di pizza, insomma, cerca sempre qualcosa di più: di più buono, di più digeribile, originale, veloce (nella consegna), modaiolo, tradizionale. E la sfida tra le catene è aperta.

La napoletana di Pizzium e il progetto O’Shop

“Abbiamo in programma di aprire 20 nuove pizzerie, di rafforzare la presenza nelle aree in cui abbiamo già dei punti vendita e portare il marchio anche in nuove città” dice Stefano Saturnino, amministratore delegato e fondatore di Pizzium insieme a Nanni Arbellini, maestro pizzaiolo. Oggi la catena conta 27 ristoranti, di cui 7 a Milano, e un piano di sviluppo che coinvolge tutto il Paese. Le aperture più recenti sono a Salerno (il primo Pizzium al Sud) e a Genova nell’ex Mercato di Corso Sardegna dove, insieme al ristorante, sarà disponibile anche l’offerta O’Shop, un piccolo alimentari di quartiere con una selezione di prodotti regionali Igp e Dop al dettaglio, acquistabili anche online. Lievitano i locali di Pizzium e cresce anche il capitale: il marchio ha comunicato di aver chiuso il 2021 con un giro d’affari in crescita del 25% sul 2020 e un margine operativo lordo del 20%. Inoltre, lo scorso settembre la società di private equity Equinox è entrata nella compagine investendo su una quota del 40%, con un’operazione che ha visto un mix di aumento di capitale inscindibile pari a 6 milioni di euro e acquisto di azioni dai precedenti azionisti.

Lievità, la gourmet che si finanzia con il crowdfunding

Raffinata e gourmet è la versione che i più esigenti apprezzano la sera, magari abbinata a un calice di bollicine. È la pizza della tradizione napoletana con farciture d’autore e ingredienti selezionati proposta dall’insegna Lievità, fondata nel 2015 da cinque soci - i fratelli Andrea e Gianmaria D’Angelo, Giorgio Caruso, Giovanni Grossi e Lorenzo Santin. Il marchio ha da pochi mesi concluso con successo la campagna di equity crowdfunding su Mamacrowd. L’obiettivo di 500mila euro è stato raggiunto all’inizio di ottobre in sole 48 ore e nel giro di due mesi l’operazione ha raggiunto il tetto massimo di un milione di euro. Lievità investirà le risorse in un piano di crescita previsto nei prossimi tre anni: consolidare la presenza su Milano, dove

conta già quattro ristoranti, ed espandersi nel Nord Italia, aprire un’Academy di formazione e diventare la prima catena sostenibile di pizzerie in Italia. Il business plan prevede di superare i 10 milioni di euro di ricavi nel 2024 e di aprire 10 nuovi locali, con l’obiettivo di consolidare la presenza su Milano, in zone residenziali ad elevato traffico pedonale, e di avviare l’espansione in altri capoluoghi di provincia del Nord Italia adatti a ospitare un format pizza di fascia premium.

Il pizzaiolo robot di Pizza Hut

Una volta in pizzeria c’era un forno caldo e un pizzaiolo con le mani in pasta pronto ad accogliere i clienti. Oggi c’è un robot. In collaborazione con Hyoer-Robotics, la catena americana Pizza Hut ha realizzato in Israele un punto vendita completamente robotizzato nel parcheggio del centro commerciale Drorim Mall, nella città di Bnei Dror. Il locale permette ai clienti di ordinare direttamente da un touchscreen o dall’app. Una volta che la pizza è pronta e inscatolata, un dipendente (umano) la prende da un vassoio e la consegna direttamente al cliente. La catena non è nuova a questo genere di esperimenti: già nel 2021, sempre in Israele, il colosso americano aveva testato le consegne di pizza con i droni. Adesso tenta la strada del ristorante automatizzato. Paese che vai, pizza che trovi. E anche in Italia, come negli Stati Uniti, la “Pepperoni Passion” di Domino’s (guai a confonderli con i peperoni, è salame piccante…) ha i suoi numerosi estimatori. Domino’s Pizza, il marchio nato negli anni 60 nel Michigan che nel mondo conta oltre 18.000 pizzerie distribuite in più di 90 Paesi e con un fatturato annuo globale di 14,3 miliardi di dollari (nel 2019), è sbarcato in Italia nel 2015 e da allora ha aperto 34 punti vendita. La catena è gestita attraverso un contratto di master franchising da EPizza. Nonostante il Covid, il marchio ha portato avanti i suoi piani di sviluppo nel nostro Paese aprendo nuovi punti vendita nel Nord e Centro Italia. Ma fuori dai confini italiani, a dire il vero, le cose per Domino’s non vanno a gonfie vele: nell’ottobre del 2019 la società ha annunciato la chiusura di oltre 100 locali in Svizzera, Islanda, Svezia e Norvegia perché non producevano profitti sufficienti. E anche il sistema di consegna proprietario inizia a scricchiolare: negli Usa, infatti, non si trovano rider intenzionati a lavorare nel delivery, e così Domino’s decide di pagare i clienti disposti a ritirare autonomamente i propri ordini. In realtà, non si tratta di un vero e proprio compenso, ma di un credito di 3 dollari applicabile agli ordini futuri. Una temporanea soluzione alla carenza di personale.

Il trancio di Spontini vola in Qatar (e non solo)

Anche Milano ha la sua pizza “tradizionale”. Prima di storcere il naso, è meglio dare un’occhiata ai numeri di Spontini. Grazie all’accordo di franchising siglato con Hospitality Development Company (HDC), società titolare di vari marchi di ristorazione con base nella Penisola arabica, la celebre insegna milanese di pizza al trancio è volata persino in Qatar. L’accordo prevede l’apertura di vari locali in più step: il primo consiste nell’opening di tre pizzerie entro l’inizio dei Mondiali FIFA di calcio che si terranno dal 22 novembre al 18 dicembre 2022. Il Qatar andrà a unirsi agli altri Paesi in cui il brand della “pizza alla milanese” è presente, Giappone e Corea del Sud, dove, intanto, è in cantiere la settima apertura in appena 18 mesi.

Lievita anche il prezzo

DELIVERY: DIFFERENZE DEL 40%

Il costo medio di una pizza a domicilio nelle varie città

Fonte: Food Trend Report 2021 di JustEat

C’è anche quella “inclusiva”. E fa il bis

Attorno alla pizza (per fortuna) si sviluppano anche attività che stanno a metà tra il business e la solidarietà. Dopo il locale a Cassina de’ Pecchi gestito da 10 ragazzi, PizzAut raddoppia in Brianza e potrebbe diventare il primo franchise al mondo gestito da persone autistiche. “Faremo un sopralluogo – dice Nico Acampora, fondatore e presidente dell’omonima onlus che gestisce il ristorante ed è a sua volta padre di un ragazzo autistico, “abbiamo già firmato il contratto d’affitto per la location. Grazie all’imprenditore Gianmaria Bellazzi saremo inseriti in un progetto di riqualificazione della ex sede Philips: ricaveranno per noi un’area di 1.100 metri quadri”. A marzo la firma del contratto per la sede, ora la ricerca dei fondi per realizzare il sogno del nuovo locale che darebbe lavoro ad altre persone con autismo. Serve tutto: arredi, finiture, costo stimato mezzo milione. “Bastano 100 imprenditori per 5mila euro a testa”, fa sapere il fondatore. Chi ci sta?

Rossopomodoro: nuovo AD e avanti con Grandi Stazioni e Eataly

Con circa 60 ristoranti in Italia e alcuni all’estero (fra Regno Unito, Danimarca, Malta, Islanda e alcuni negli Stati Uniti, posti all’interno di Eataly) Rossopomodoro è una delle catene di ristorazione più diffuse che fanno della pizza, e in generale della cucina italiana e napoletana, il suo fiore all’occhiello. Il brand appartiene al gruppo Sebeto, che sviluppa anche i marchi Rossosapore e Anema&Cozze, a sua volta controllato dal 2018 dal fondo di private equity OpCapita, con sede nel Regno Unito. Dopo l’acquisizione, per quattro anni il timone dell’azienda è stato in mano a Roberto Colombo, che ricopriva la carica di amministratore delegato e proveniva da una lunga esperienza in Autogrill. Poi a febbraio, l’azionista ha deciso un cambio di rotta. Dal primo febbraio di quest’anno, il nuovo ceo è Nicola Saraceno, che fino a quel momento ricopriva l’incarico di ad di Stroili Group e in precedenza aveva lavorato per varie multinazionali tra cui Luxottica e Sky. Rossopomodoro presidia tutti i canali di vendita: strade, centri commerciali e travel. Già dalla precedente gestione, erano stati sottoscritti alcuni accordi importanti. Uno riguarda la partnership con Grandi Stazioni Retail, che prosegue da undici anni ma di recente è stata rafforzata. L’insegna ha preso posto nella rinnovata galleria “food” di Torino Porta Nuova. Poi, c’è stato il rinnovamento del locale all’interno della Stazione Centrale di Milano, dove adesso Rossopomodoro gode di un ristorante con balconata trasparente che dà direttamente sulla Galleria dei Mosaici. Il brand è presente anche a Venezia Santa Lucia, a Bologna e arriverà anche Roma Termini. Negli Stati Uniti, la crescita del brand è legata all’accordo con Eataly. Lo scorso anno lo stesso Oscar Farinetti aveva annunciato l’estensione della partnership per altri 9 anni. È attesa l’apertura di un ristorante a San Josè, in California. L’accordo risale al 2010, quando Farinetti e Franco Manna (fondatore di Rossopomodoro) diedero l’avvio.

Nicola Saraceno AD di Rossopomodoro Berberè & Miscusi, sinergie food

Nonostante sia un grande classico della ristorazione mondiale, la pizza rimane ancora una buona idea di business, anche per la possibilità di creare sinergie. Lo ha capito anche Miscusi, la catena controllata da Mip (Milano Investment Partners) che ha deciso di investire nel capitale della catena Berberè. Per ora l’insegna ha acquisito il 23,5% del capitale. La gestione e la maggioranza di Berberè restano in mano ai due fondatori, Matteo e Salvatore Aloe, con l’amministratore delegato di Miscusi, Alberto Cartasegna, che entra nel cda. Attualmente, i due brand contano su circa 30 punti vendita, equamente divisi, concentrati per lo più nel nord Italia, con Milano in prevalenza. A fine anno, il fatturato aggregato dovrebbe toccare i 40 milioni di euro, ma

dopo quest’operazione inizierà un’attività di fundraising sul mercato per crescere ancora. Miscusi a giugno aprirà il secondo ristorante a Londra e il terzo a Torino. “Abbiamo investito in Berberè per far nascere un gruppo che mette a sistema prima di tutto tecnologia e filiera, i due asset che reputiamo più importanti” spiega Alberto Cartasegna. Entrambi i marchi sono impegnati sul tema della sostenibilità ambientale. Miscusi è già certificata BCrop e Berberè lo diventerà prossimamente.

La pinsa che piace al travel

Non chiamatela “pizza”, qualcuno a Roma potrebbe offendersi. La pinsa è un lievitato ispirato a un’antica ricetta del Centro Italia che sta velocemente conquistando la penisola grazie anche a Caio, insegna del gruppo Chef Express (Gruppo Cremonini) specializzata nell’antica specialità romana. Dopo diverse aperture in città e nei centri commerciali (tra cui Verona, Milano Rogoredo, Oriocenter) da pochi mesi il brand sta puntando con forza sul canale travel. Tra i nuovi punti vendita ci sono le stazioni ferroviarie di Pisa e Mestre, lo scalo di Fiumicino, le aree di sosta autostradali di Arno Ovest, La Pioppa Est, Lucignano Est, San Giacomo Sud e Nord. Caio è entrata a far parte dell’orbita di Chef Express nel novembre 2019, in seguito all’accordo concluso con Percassi, con cui Chef Express aveva rilevato il 60% della Percassi Food&Beverage, poi rinominata C&P Srl, soggetto che al momento includeva alcuni punti ristorazione con i marchi Casa Maioli, Caio Antica Pizza Romana, Wagamama, mentre restava fuori dall’accordo Starbucks, che Percassi sviluppa da solo.

Johnny Take Ue’, dall’Apecar ai ristoranti

Giovanni Khan Della Corte, napoletano doc, è noto nel mondo della ristorazione per aver ideato e brevettato il forno a legna su Apecar, a bordo del quale ha cotto e servito fino a 1.200 pizze in pala e “a portafoglio” al giorno. Oggi il fondatore, insieme all’amministratore Francesco Esposito, si è spostato dallo street food a una tipologia di ristoranti più stanziali avviando oltre 10 locali a marchio Johnny Take a Uè e una catena in franchising in tutta Italia che ha già ricevuto diverse affiliazioni. Tra le ultime aperture si segnalano i ristoranti a Padova, al centro commerciale Il Noce a Benevento e al Cospea Village di Terni. Il viaggio della pizza a “a portafoglio” continua.

Intanto nella GDO tedesca…

Nata da una provocazione sui social e diventata virale, in Germania è in vendita dal primo aprile nei supermercati una nuova pizza da “brivido”, non solo per il fatto che è surgelata, ma perché è farcita con bastoncini di pesce fritti, una novità che ha fatto discutere i pizza lovers nostrani e che ha suscitato non poche polemiche. La nuova tonda è prodotta dalla Dr.Oetker (Cameo) in collaborazione con Capitan Iglo (Findus), è inserita nella popolare linea di pizze surgelate Ristorante e presenterà sulla confezione la specifica “pizza bastoncini di pesce” ed “edizione limitata” in italiano.

“London calling” per Vasinikò

Il network di pizzerie Vasinikò, nato nel 2013, inaugurerà a breve un nuovo locale a Modena. Ma soprattutto, darà il via alla sua prima esperienza fuori Italia, nel noto quartiere londinese di Covent Garden, in Burleigh Street. Accanto alle nuove aperture, la società ha messo in campo un rebranding che riguarda sia il logo, sia il format e l’arredamento dei ristoranti (operazione curata dall’agenzia napoletana Wstaff Dabliu). Il brand, ora, si chiama Vasinikò Accento Napoletano, un’aggiunta decisa per sottolineare la provenienza e l’anima dell’impresa, che nasce con l’obiettivo di esportare la vera pizza napoletana, con ingredienti che arrivano dalla Campania, a un giusto prezzo. La novità del nuovo brand andrà a modificare tutti gli aspetti quali insegne, packaging, divise. Il format interno dei ristoranti, invece, punta a coniugare la provenienza mediterranea con le linee e le ambientazioni più in voga oggi, quasi in stile Ikea. Dunque, ampio uso del legno, del verde e di un design minimal ma dall’aria sostenibile. La catena della famiglia Guido è già presente a presente a Milano, Bergamo, Lodi, Bologna e Cremona.

La “pazza” di Briatore arriva a Milano e Roma

Crazy Pizza, l’ultima nata tra le insegne dell’imprenditore dell’intrattenimento internazionale Flavio Briatore sbarca a Roma e a Milano. All’interno di location esclusive con design di alto livello, la pizza di Briatore si potrà assaporare anche nelle due grandi città. Lanciato nel 2019 nel cuore di Marylebone a Londra, oggi Crazy Pizza annovera tra i suoi indirizzi anche Montecarlo e un secondo locale londinese a Knightsbridge, davanti a Harrods. La prima apertura in Italia è avvenuta nel luglio del 2021, a Porto Cervo, in Costa Smeralda. Per il nuovo locale di Roma, l’imprenditore ha scelto la centralissima Via Veneto, mentre per Milano i palazzi storici di Brera, a due passi da piazza Gae Aulenti. Crazy Pizza fa parte del gruppo di ristorazione di lusso e intrattenimento Majestas.

This article is from: