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COMPRESSE
• Indicato per il trattamento delle problematiche connesse all’acidità quali reflusso gastro-esofageo, gastrite e difficoltà di digestione • Contrasta rapidamente bruciore, dolore e senso di pesantezza con un’azione protettiva su stomaco ed esofago che non altera le fisiologiche funzioni digestive IN FARMACIA, PARAFARMACIA ED ERBORISTERIA SONO DISPOSITIVI MEDICI
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BUSTINE GRANULARI
ANCHE IN GRAVIDANZA E ALLATTAMENTO
EDITORIALE
La sfida si sposta sul rapporto uomo-robot Angela Maria Scullica @AngelaScullica
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iamo appena agli albori della quarta rivoluzione industriale, cosiddetta industria 4.0, termine coniato circa un decennio fa dal governo tedesco, che già si percepiscono e si vivono sulla nostra pelle i primi importanti e rivoluzionari cambiamenti. Innanzitutto nel modo di comunicare, di parlare, di relazionarsi con gli altri; il mondo reale si sta allargando e compenetra quello virtuale amplificando le connessioni e la diffusione di messaggi, idee ecc. Poi, ovviamente, nel lavoro, dove macchine sempre più intelligenti stanno sostituendo o affiancando gli uomini in un processo inarrestabile di crescita di peso e ruolo sia nella produzione sia nei servizi. Tutto ciò porterà a una automazione crescente basata sull’elaborazione, interpretazione e valorizzazione di un numero illimitato di informazioni e dati. Nella vita di tutti i giorni l’utilizzo sempre più pervasivo di una tecnologia in forte evoluzione sta inoltre profondamente cambiando valori, comportamenti, atteggiamenti, e culture aggregando e, nello stesso tempo, dividendo gli individui per idee condivisibili, aree di interesse comuni dai confini incerti, flessibili e velocemente modificabili in quella che il filosofo Zygmunt Bauman ha felicemente definito come una società liquida. In questo magma in evoluzione, scatenato dalla crescita dell’Internet of Thinks, dell’intelligenza artificiale e dell’automazione avanzata, che caratterizza la quarta rivoluzione industriale che stiamo vivendo, si fanno pressanti gli interrogativi sul nostro futuro prossimo. Come in tutte le fasi di profonde mutazioni, questi interrogativi se non
vengono affrontati con positività e apertura mentale, si traducono in paure, ansie, frustrazioni che possono generare recessioni. A questo proposito uno tra gli interrogativi esistenziali più insistenti riguarda il rapporto uomo-robot. Quale ruolo e quale preparazione dovrà avere l’uomo quando avrà realizzato robot dotati di una enorme capacità di apprendimento, immagazzinamento ed elaborazione di informazioni? Già oggi parte della disoccupazione attuale è conseguenza dell’innovazione tecnologica e di una decisa automazione dei processi produttivi e dei servizi. Nei paesi tecnologicamente più avanzati come Cina e Giappone, sono comparsi i primi robot con sembianze umane che rispondono e parlano in modo naturale assolutamente simile all’uomo. In Giappone addirittura è stato realizzato un albergo interamente gestito da robot che fa riflettere fin d’ora. Se la si vede così questa realtà in evoluzione potrebbe anche apparire angosciante ma se si entra più in profondità del fenomeno si può facilmente intuire come anche questa quarta rivoluzione industriale, così come le altre che l’hanno preceduta, spalanca le porte su un mondo diverso che richiede nuove competenze, conoscenze, curiosità, flessibilità e grande apertura mentale. Un mondo in continua evoluzione che va compreso, seguito e capito costantemente per riuscire a cogliere tutte le numerose opportunità che dischiude. Diventa quindi fondamentale l’impegno sociale e individuale per promuovere una profonda rivoluzione culturale in linea con la nuova era.
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DIRETTORE RESPONSABILE Angela Maria Scullica angela.scullica@lefonti.it
SCENARI
ASSICURAZIONI
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Europa pronta a viaggiare su più binari
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Corsa a ostacoli a metà del guado
ASSET MANAGEMENT
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Segnali contrastanti dall’Eurozona
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Pir: passato l’effetto moda si punta su welfare e qualità
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Mercati in attesa di un fisco leggero
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Finanziare le Pmi con un fondo sulla supply chain
COORDINAMENTO INTERNAZIONALE ( New York, Dubai, Hong Kong, Londra, Singapore...) Alessia Liparoti alessia.liparoti@lefonti.it
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Verso un nuovo ordine globale
TECNOLOGIA
PROGETTI SPECIALI Alessia Rosa alessia.rosa@lefonti.it
PRIMO PIANO
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Le Fonti S.r.l. Via Dante, 4, 20121, Milano
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Broker: le strade per restare sul mercato
Lamborghini: il Toro va all’attacco
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CYBER SECURITY
FERMARE L’HACKER PRIMA CHE SIATARDI
MERCATI E IMPRESE 28
La grande distribuzione si riorganizza
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L’auto aziendale continua a correre
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I ricatti dei malware e le strategie di difesa
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FINANCE
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Sulla bad bank l’Europa non ha fretta
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Lasciate stare le banche popolari
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Quanti nodi da risolvere per l’Unione bancaria
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RUBRICHE 6 16 38 39 82
Mondo Nuovo News Carriere Top Executive Trend
MONDO NUOVO
Il regalo di Trump alla Cina Kaushik Basu
professore di Economia alla Cornell University, è stato capo economista della Banca Mondiale
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e minacce protezionistiche del presidente americano Donald Trump nei confronti della Cina hanno suscitato grande preoccupazione. Se darà seguito alle sue promesse di etichettare ufficialmente la Cina come manipolatore valutario o d’imporre dazi più elevati sulle importazioni, le conseguenze a breve termine, tra cui una guerra commerciale, potrebbero essere gravi. Nel lungo termine, però, una svolta protezionistica da parte degli Stati Uniti potrebbe rivelarsi una benedizione per la Cina. Che la Cina stia attraversando una fase difficile del suo sviluppo è fuor di dubbio. Dopo tre decadi di crescita del Pil a due cifre, il ritmo di espansione ha registrato un notevole rallentamento. La combinazione tra l’aumento dei costi del lavoro e l’indebolimento della domanda di esportazioni cinesi ha fatto scendere la crescita del Pil cinese al 6,9% nel 2015 e al 6,7% lo scorso anno. Il governo cinese ha ora ridimensionato il proprio obiettivo per il periodo 2016-2020 portandolo al 6,5-7%. Si tratta pur sempre di un tasso di tutto rispetto, ma non il meglio che la Cina possa fare. Come Justin Yifu Lin e Wing Thye Woo hanno osservato, nel 1951, quando il reddito pro capite del Giappone rispetto a quello degli Stati Uniti era lo stesso della Cina oggi, il Giappone vantava una crescita sostenuta pari al 9,2%. Uno degli ostacoli che impedisce alla Cina una crescita del genere è un pesante indebitamento. Un’analisi di stress test realizzata dal McKinsey Global Institute ha riscontrato che se la Cina continuasse a perseguire il suo modello di crescita basato sul debito e sugli investimenti, la proporzione di prestiti non performanti potrebbe passare dall’odierno 1,7% (secondo dati ufficiali) al 15% in appena due anni. Detto ciò, il rischio di prestiti non performanti non è una novità per la Banca popolare cinese che, come indicano i fatti, adotterà misure per mitigarlo. Purtroppo, il debito non è l’unico problema della Cina. La sua supremazia in termini di esportazioni globali è diminuita, tanto che l’anno scorso il rapporto del commercio sul Pil dell’India ha sorpassato quello della Cina. E pur essendo in costante aumento, la produttività del lavoro in Cina continua a essere meno del 30% dei livelli dei paesi avanzati. Date queste sfide, può sembrare strano affermare che ora la Cina potrebbe stare per raggiungere un nuovo livello d’influenza globale. Ma, grazie alle strategie politiche di Trump, la Cina ha una nuova e importante opportunità di riuscirvi. Se è vero che i flussi commerciali e di capitali vanno regolamentati, l’apertura, a conti fatti, è molto più positiva che negativa. Le politiche “neoprotezionistiche” di Trump, che mirano a limitare il flusso di beni, servizi e persone verso gli Stati Uniti, affondano le radici in nient’altro
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che una miope xenofobia, che finirà per isolare gli Usa molto più della Cina o del Messico. La storia lo conferma. Alla vigilia della Prima guerra mondiale, l’Argentina era tra i paesi più ricchi del mondo, dietro gli Stati Uniti ma davanti alla Germania. Da allora, l’economia argentina si è notevolmente deteriorata per due ragioni: scarsi investimenti nell’istruzione e un protezionismo esasperato. L’ascesa del nazionalismo negli anni Venti culminò nel 1930, quando forze di estrema destra rovesciarono il governo argentino. Il nuovo governo, che era fortemente contrario al liberalismo, per non parlare degli stranieri, aumentò vertiginosamente i dazi. In media, aumentarono dal 16,7% nel 1930 al 28,7% nel 1933. I posti di lavoro nei settori tradizionali vennero risparmiati, ma la produttività diminuì. Oggi l’Argentina non figura neppure tra le prime 50 economie a livello mondiale. Dunque, la strategia politica di Trump rischia di danneggiare gravemente l’economia statunitense e di avere pesanti ripercussioni a livello globale. Ma un isolamento economico autoimposto, unito a un approccio isolazionista in politica estera, offrirà anche un margine ad altri paesi, tra cui Cina, India e Messico, per aumentare il proprio prestigio internazionale. Prendiamo il ritiro di Trump dal Partenariato Trans-Pacifico (Tpp), l’accordo commerciale regionale che comprende 12 paesi nella regione Asia-Pacifico, ma non la Cina. Il Tpp aveva certamente i suoi difetti, non da ultimo quello di conferire vantaggi esagerati e ingiusti alle grandi aziende, ma dall’altro lato aveva anche molti pregi ed era celebrato in paesi come la Malesia e il Vietnam per l’accesso che poteva offrire al mercato statunitense. Ora che a questi paesi è venuto a mancare il terreno sotto i piedi, la Cina può tendere loro una mano. Intanto, ha già rilanciato i suoi investimenti regionali mediante l’iniziativa Obor (One belt, one road). Ed è probabile che diventi la più grande fonte di investimenti diretti all’estero per i paesi dell’Asean. Allo stesso modo, la Cina ha colto l’opportunità offerta dal progetto di Trump di costruire un muro al confine con il Messico per avvicinarsi al vicino meridionale dell’America. Dopo soltanto un mese dall’elezione di Trump, il consigliere di Stato cinese Yang Jiechi ha avuto un incontro con il ministro degli Esteri messicano Claudia Ruiz Massieu, nel quale si è impegnato a rafforzare i rapporti diplomatici e aumentare i collegamenti aerei e gli scambi tra i due paesi. La Cina è già il principale partner commerciale del Brasile, e ora può aspirare allo stesso ruolo in Messico. La Cina ha ora l’opportunità non solo di realizzare un altro ciclo di espansione economica, ma anche di assicurarsi un ruolo molto più influente nei processi decisionali e nelle politiche globali.
SCENARI
A EUROPA PRONTA EFFETTO TRUMP
A VIAGGIARE SU PIÙ BINARI
Con i 60 anni dei Trattati di Roma, i leader di Germania, Francia, Italia e Spagna si dicono convinti che lo status quo dell’Unione debba velocemente cambiare. E puntano su cooperazioni rafforzate e geometrie variabili Mario Lombardo
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Roma il 25 marzo si è celebrato il 60° anniversario dei Trattati da cui è nata l’Unione europea, si è parlato di verifiche e di programmi, si sono firmati documenti ma i discorsi ufficiali hanno trascurato il fatto che si è perso per strada uno dei Paesi più autorevoli. Il 29 marzo la premier britannica Theresa May, a nove mesi di distanza dal referendum che ha segnato la vittoria della Brexit, ha fatto recapitare al Consiglio europeo la lettera che attiva l’art. 50 del Trattato di Lisbona, che regola la secessione di uno Stato membro dalla Ue. Il negoziato inizierà a maggio e, secondo il calendario previsto, nel 2018 una bozza d’accordo verrà sottoposta al Parlamento britannico, al Consiglio d’Europa e al Parlamento europeo poi, nel marzo 2019, la Gran Bretagna uscirà formalmente dalla Ue. Dai capi di Stato e di governo riuniti a Roma è stata quindi rilasciata una Dichiarazione che nelle intenzioni dei leader europei dovrebbe dotare l’Unione a 27 di un programma per i prossimi dieci anni, un documento frutto di una difficile trattativa in quanto alcuni paesi, Grecia e Polonia in testa anche se con diverse motivazioni, hanno resistito a lungo prima di decidersi a firmare quelle che saranno le linee guida del futuro. E le divergenze iniziali non sono totalmente superate tanto che il pericolo di frattura con alcuni paesi dell’Est resta una minaccia incombente, anche se nel documento si afferma: «Renderemo l’Unione europea più forte e più resiliente, attraverso un’unità e una solidarietà ancora maggiore tra noi e nel rispetto delle regole comuni». La Dichiarazione, poi, spiega quale sia il progetto e come si intende portarlo avanti: «Agiremo congiuntamente a ritmi e con intensità diver-
si, se necessario, ma sempre procedendo nella stessa direzione come abbiamo fatto in passato, in linea con i trattati. L’Unione è indivisa e indivisibile». Belle parole, promesse importanti, ma la premier polacca Beata Szydlo subito dopo il vertice ha gelidamente commentato. «Tra dieci anni sapremo se questo è stato davvero un primo passo sul percorso giusto per rinnovare la Ue, per renderla più vicina ai suoi cittadini. Oppure se è stata soltanto una bella giornata a Roma, un’occasione cerimoniale, una bella festa per l’Europa che però non ha dato frutti».
sione, e una moneta stabile e più forte creino opportunità di crescita, coesione, competitività, innovazione e scambio». La Dichiarazione naturalmente non trascura di affrontare i problemi sociali, così come quelli che si riferiscono alla difesa comune e alla globalizzazione. Quindi prima dipinge «un’Unione che, sulla base della crescita sostenibile, favorisca il progresso economico e sociale, nonché la coesione e la convergenza difendendo al contempo l’integrità del mercato interno», per poi arrivare a promettere: «Un’Unione che sviluppi ulteriormente i partenariati esistenti e al tempo stesso ne crei di nuovi, impegnata a rafforzare la propria sicurezza e difesa comuni, che promuova un commercio libero ed equo». E per quanto riguarda gli stati membri: «Dialogheremo con i Parlamenti nazionali. Lasceremo ai diversi livelli decisionali sufficiente margine di manovra per rafforzare il potenziale di innovazione e crescita dell’Europa». Il documento finale è stato firmato da tutti, anche dai rappresentati dei paesi dell’Est, i più difficili da convincere. La Ue voleva l’unanimità ed è riuscita a ottenerla a prezzo di grandi sforzi diplomatici e parole soppesate una a una, anche se in realtà le questioni importanti erano già state poste sul tappeto da tempo, a partire da quando, agli inizi dello
scorso febbraio i paesi del Benelux (Belgio, Lussemburgo, Olanda) in un summit dei capi di Stato e di governo a Malta hanno presentato un documento in cui suggerivano «diverse strade da percorrere per realizzare una maggiore integrazione e collaborazione» nella Ue. Poi è toccato al Parlamento europeo, dove il 19 febbraio sono state approvate a grande maggioranza tre risoluzioni coordinate sul futuro dell’Unione.
Velocità differenti. Dal vertice di Versailles, a inizio marzo, dove erano presenti i leader di Francia, Germania, Italia e Spagna e dal ConIl termine cittadini è citato cinsiglio d’Europa, riunito da 9 al 10 que volte nella Dichiarazione ed è marzo a Bruxelles, sono poi venuutilizzato per indicare tutti i popoli te altre indicazioni. «Siamo i paesi europei, con l’intento di smussare più importanti, tocca a noi dire che i nazionalismi che stanno risorgencosa vogliamo fare con altri», avedo insieme agli egoismi dei singoli va sostenuto il presidente francese stati. Tra gli argomenti salienti delFrançois Hollande prima del verla Dichiarazione risaltano anche la tice, aggiungendo che «unità non sicurezza e la stabilità monetaria. significa uniformità». Così le paroPer la prima infatti si sostiene: «Ci le-chiave dell’incontro sono state impegneremo ad adoperarci per re«cooperazioni rafforzate», o «cerchi alizzare un’Unione in cui tutti i citconcentrici», e ancora «livelli di intadini si sentano sicuri di spostarsi tegrazione», per anticipare la nascita liberamente, in cui le frontiere esterdi un’Europa a due (o più) velocità ne siano protette, con una politica perché, come ha spiegato Angela migratoria efficace, responsabile e Merkel: «Dobbiamo avere il coragsostenibile», mentre per la moneta si gio di far avanzare alcuni paesi più promette «un’Unione che generi crerapidamente di altri». Poi, insieme a scita e occupazione in cui un mercaPaolo Gentiloni e Mariano Rajoy, to unico forte, connesso e in espanHollande e Merkel hanno ribadito l’impegno per un piano di difesa comune. Bisogna far fronte ai pericoli legati alla Brexit e ai populismi dilaganti, mentre altre minacce possono venire dall’amministrazione di Donald Trump negli Stati Uniti e dal nuovo imperialismo di Vladimir COOPERAZIONI RAFFORZATE Putin in Russia, che sono A Roma il 25 marzo si è celebrato il 60° dei Trattati, ma per l’Europa le novità erano venute guardati con timore e difben prima: dal vertice a quattro di Versailles, a inizio marzo, dove erano presenti i leader di Francia, Germania, Italia e Spagna e dal Consiglio d’Europa riunito da 9 al 10 marzo a Bruxelles fidenza in quanto dichia-
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