AMANAGEMENT SSET
9 € | N°5 | Luglio - Agosto 2018
LA RIVISTA DEL RISPARMIO GESTITO
IL BRUSCO RISVEGLIO DEI MERCATI Il responsabile investimenti di Pimco avverte che si sta aprendo una nuova fase nella finanza internazionale dominata dall’incertezza. Che avvia nuovi trend per il business
Prima immissione 03 / 08 / 2018
Andrew Balls
MIFID II
PRODOTTI
SONDAGGIO
L’impatto su gestione, consulenza finanziaria e distribuzione
Soluzioni innovative tra investimenti sostenibili, tematici e piani di risparmio
Wealth management: il fintech in Italia è pronto al grande salto
I PREMIATI DELL’EDIZIONE DI GIUGNO
EDITORIALE
La sfida si sposta su valore e ruolo della consulenza finanziaria Angela Maria Scullica @AngelaScullica
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ifid 2 e l’avvio lo scorso 2 luglio, dopo lunga gestazione, delle prime attività del nuovo Albo dei consulenti finanziari costringono l’industria a riflettere su alcuni punti chiave. Il primo riguarda il valore che essa genera per il cliente finale. È chiaro infatti che il prezzo della consulenza sarà pagato dal cliente sulla base del valore riconosciuto da quest’ultimo. Il secondo punto importante, strettamente connesso al primo, è relativo alla necessità di affermare un ruolo, quello del consulente finanziario che in Italia, paese bancocentrico per eccellenza, non è mai stato distinto e percepito come tale. La disciplina sostanzialmente distingue tra due grandi tipologie di consulenza: indipendente e non indipendente. Le banche e le reti, sulle quali in Italia sinora si è concentrata la quasi totalità del mercato del risparmio amministrato e gestito, agiscono sulla base di quest’ultima. Oggi tutto ruota attorno al prodotto. Quest’ultimo, nel momento del suo collocamento, prevede il pagamento da parte del risparmiatore acquirente di una commissione alla società di gestione che viene retrocessa all’intermediario. Costo che con la Mifid 2 le banche dovranno chiarire al cliente. Nel caso di un ex promotore finanziario il sistema è analogo, solo che è diverso l’incentivo. Mentre infatti il dipendente bancario non ha un collegamento diretto tra prodotto e reddito percepito, nel caso del consulente finanziario ex promotore esiste una relazione più stretta. Quest’ultimo riceve una parte della commissione retrocessa all’intermediario e a sua volta devoluta da quest’ultimo al consulente finanziario. Ancora una volta il processo ruota tutto attorno alla remunerazione che deriva dalla vendita del prodotto. Qui in pratica la consulenza diventa possibile, cioè sta in piedi dal
punto vista economico, solo se il prodotto fa sì che ci sia una retrocessione. Ora con l’avvio dell’Albo occorrerà identificare il ruolo del consulente finanziario che può essere svolto da soggetti che hanno diversi modelli di business. Il modello di business della banca con il consulente che è un dipendente bancario, quello delle reti con un consulente finanziario che è un professionista pagato dalla mandante attraverso le retrocessioni e infine quello nuovo, della consulenza indipendente (o autonoma) a parcella. In questo caso il consulente potrà usare qualsivoglia prodotto perché la sua remunerazione non dipenderà da esso. Il successo e l’affermazione dell’uno o dell’altro modello dipenderà dal mercato, dalla concorrenza e dalla capacità di creare valore e dare forza al proprio ruolo. Non sarà tanto il modello ad alimentare il business, quanto l’insieme di tutti quei fattori che faranno prevalere nella clientela la percezione di valore. I giochi quindi sono tutti aperti e premieranno coloro che, indipendentemente dai modelli di business, saranno in grado di offrire il servizio migliore facendone percepire il valore al mercato. Obiettivo il cui raggiungimento dipenderà da un’organizzazione efficace, un’offerta di qualità, un livello elevato di competenza e preparazione degli operatori, dalla fiducia e dalla reputazione conquistata nel tempo, da un’innovazione tecnologica continua. Ma anche dalla capacità di segmentare il target, capire i bisogni, venire incontro con soluzioni appropriate e adeguate. E fare comprendere l’indispensabilità del proprio ruolo nella corretta gestione del risparmio nel tempo anche in un’ottica di welfare e benessere sociale, famigliare e individuale.
Luglio / Agosto 2018 Asset Management
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EDITORE
SOMMARIO
Le Fonti S.r.l. Via Dante, 4, 20121, Milano DIRETTORE RESPONSABILE Angela Maria Scullica angela.scullica@lefonti.it REDAZIONE Federica Chiezzi federica.chiezzi@lefonti.it REDAZIONE GRAFICA Valentina Russotti SEGRETERIA DI REDAZIONE segreteria@lefonti.it COLLABORATORI Vanessa D’Agostino, Giulia Andreoli, Filippo Fattore, Gianenrico Levaggi, Duilio Lui, Guido Sirtoli, Nino Sunseri, Paolo Tomasini, Gloria Valdonio, Gabriele Ventura COMUNICAZIONE E RELAZIONI ESTERNE Claudia Chiari COORDINAMENTO INTERNAZIONALE ( New York, Dubai, Hong Kong, Londra, Singapore) Alessia Liparoti alessia.liparoti@lefonti.it PROGETTI SPECIALI Alessia Rosa alessia.rosa@lefonti.it INNOVAZIONE E DIGITAL MARKETING Simona Vantaggiato simona.vantaggiato@lefonti.it REDAZIONE E STUDI TELEVISIVI Via Dante 4, 20121 Milano - tel. 02 87386306 Per comunicati stampa inviare a: press@lefonti.it
SCENARI 6
Il mercato si raffredda e i Pir flettono
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Il settore si concentra
PROTAGONISTI 12
Pimco: «La festa è finita»
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Mifid 2: l’impatto su distribuzione e consulenza finanziaria
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Gestioni passive e attive a confronto
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Tra investimenti sostenibili, tematici e piani di risparmio
MERCATI E BUSINESS
FINTECH
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Le regole d’oro per diversificare
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Chi è pronto ad affrontare la digital distruption?
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Ma quali sono gli investimenti sostenibili?
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La finanza digitale è pronta al grande salto
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L’Italia in fondo alla classifica (dopo gli Usa)
EDITORIAL OFFICES Londra - Milano - New York - Singapore Dubai - Hong Kong TIPOGRAFIA Grafica Novarese Snc Via Marelli 2, San Pietro Mosezzo
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Il social trading cavalca le criptovalute
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Asset Management Luglio / Agosto 2018
LA RIVISTA
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LA RIVISTA N°1 DEGLI AVVOCATI
comitato scientifico le fonti (in ordine alfabetico)
SCENARI RISPARMIO
IL MERCATO SI RAFFREDDA E I PIR FLETTONO Malgrado il ritorno di un’elevata propensione all’investimento finanziario, gli italiani hanno rallentato il trasferimento di risorse a fondi e Sgr. L’immobiliare vola, ma l’incertezza politica si è fatta sentire sui nuovi Piani individuali di risparmio che, nel primo trimestre, pur mantenendo un andamento positivo, hanno registrato la prima frenata dal loro debutto. Qualcuno già parla di bolla, ma i colossi del settore sono ottimisti Filippo Fattore
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l momento per l’industria del risparmio gestito dovrebbe essere positivo. Secondo una recente indagine sulle scelte fi nanziarie degli italiani, presentata a Torino da Intesa Sanpaolo e dal Centro Einaudi, la percentuale delle famiglie in grado di risparmiare è salita dal 43,4% del 2017 al 47%. Principale motivazione è far fronte agli imprevisti (43%), ma si mettono da parte soldi anche per il futuro dei figli (21%), per la vecchiaia (19,7%) e per la casa (14%). La percentuale di intervistati che dichiara di avere un reddito sufficiente o più che sufficiente passa dal 60,8 al 63,6%.Ben il 92% provvede autonomamente, senza ricorrere ad aiuti, al bilancio della famiglia, mentre si dimezza dal 40 al 20% la quota di capifamiglia, non indipendenti fi nanziariamen-
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Asset Management Luglio / Agosto 2018
te, che afferma che il suo stato è causato dalla crisi. Tutto questo si traduce in una netta contrazione del numero di famiglie che non hanno messo da parte nulla nei dodici mesi precedenti il sondaggio: dal 61,3% di un anno fa, massimo storico, la quota sul totale scende al 52,7%. Ma dove fi nisce il denaro che gli italiani accantonano per far fronte agli imprevisti o per le esigenze famigliari? La luna di miele dei risparmiatori con le obbligazioni è terminata: le detiene in portafoglio solo il 19% degli intervistati a fronte del 29% del 2007 e, per chi le possiede, rappresentano ormai solo il 24% dell’attivo (era il 36% nel 2015). Ai bond si preferisce la liquidità, favorita dal tasso di inflazione all’1% e il risparmio gestito (21,4%).
Raccolta a picco. Lo scenario apparentemente favorevole, almeno in termini di propensione, non ha, però, ancora trovato riscontro nei dati del mercato. Anzi. A maggio, in un mese contraddistinto dall’instabilità delle Borse, dalle incertezze politiche in Italia e dalla crescente complessità dello scenario internazionale, la raccolta netta è stata negativa per ben 6,9 miliardi di euro, dopo i già tiepidi +2,9 miliardi di aprile, e il patrimonio gestito è calato a 2.065 miliardi dai precedenti 2.091. Come risulta dalla mappa mensile di Assogestioni, i deflussi hanno colpito sia le gestioni collettive (-2,6 miliardi dopo +2,7 di aprile), sia, in misura ancora maggiore, le gestioni di portafoglio (-4,3 miliardi dopo +249 milioni). Una
consistente parte dei movimenti deriva da spostamenti infragruppo, come nel caso di Generali e, soprattutto, del Credem e quindi non da effettivi riscatti. Ciò non toglie che la raccolta netta nei primi cinque mesi dell’anno del settore ammonti a 9,9 miliardi, che di fatto equivale al dato del solo mese di gennaio. I fondi aperti a maggio hanno accusato un saldo netto dei flussi pari a -2,4 miliardi, dopo +2,7 miliardi di aprile e il bilancio dei primi cinque mesi del 2018 si ferma a +9 miliardi. Per i fondi chiusi la raccolta netta è pari a -207 milioni, dopo -15 milioni, per un totale di +585 milioni da inizio anno. Il calo degli istituzionali. Nelle gestioni di portafoglio, le istituzionali chiudono maggio con
RADDOPPIO Tommaso Corcos, presidente di Assogestioni e amministratore delegato di Eurizon, dice che «il patrimonio gestito della nostra industria ha registrato una crescita di oltre il 100% in 6 anni»
deflussi netti pari a -3,5 miliardi dopo +448 milioni in aprile, riducendo a +869 milioni il saldo di raccolta di questa parte dell’anno. Segno meno anche per le retail (-872 milioni dopo -199 milioni), che nei primi cinque mesi hanno registrato un bilancio netto dei flussi di -577 milioni. Tra i fondi aperti i più colpiti dai riscatti sono ancora una volta gli obbligazionari con -3,6 miliardi, che seguono i -862 milioni in aprile. Un dato che ha affossato ancora di più il saldo negativo dei flussi da inizio anno (-9,2 miliardi). Resistono i bilanciati, con +1 miliardo dopo la crescita di 1,3 miliardi in aprile. Il saldo dei cinque mesi è comunque positivo per 6,7 miliardi. Perdono smalto i flessibili, fi nora i preferiti dai risparmiatori, con +392 milioni a maggio dopo +1,63 miliardi ad aprile. Il totale da inizio anno è comunque a quota +11,3 miliardi. Scivola, invece, in territorio negativo la raccolta netta degli azionari (-157 milioni dopo +693 milioni di aprile), portando il saldo del 2018 a +3,4 miliardi. Riscatti anche per i monetari (-55 milioni dopo -201), a conferma dell’andamento negativo dell’anno (-3,4 miliardi fi no a ora). Per i fondi di diritto italiano la raccolta netta complessiva di maggio è di -1,3 miliardi, dopo +573 milioni in aprile. Il totale nei cinque mesi è di +2,2 miliardi. Per i fondi esteri, infi ne, il mese si è chiuso a -1,04 miliardi, dopo +2,1 miliardi nel precedente e +6,8 miliardi da inizio anno. Malgrado la brusca frenata registrata dalla raccolta, il quadro generale non desta ancora troppe preoccupazioni. Allargando lo sguardo, i risultati del risparmio gestito restano abbastanza
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positivi. «Il mercato italiano, compresa l’industria dell’asset management, è da anni fortemente impegnato nel migliorare la cultura e l’attività di corporate governance aziendale», dice il presidente di Assogestioni e ad di Eurizon, Tommaso Corcos, «e il patrimonio gestito della nostra industria ha registrato una crescita di oltre il 100% in 6 anni». Un balzo che ha portato il valore degli asset al 50% della ricchezza finanziaria del paese, al 122% del prodotto interno lordo del 2017 e al 93% del totale debito pubblico italiano. Il record dell’immobiliare. Il 2017, del resto, è stato l’anno dei record. A partire dall’immobiliare, che, trainato da un andamento mondiale del mercato in fortissima espansione, ha registrato performance incredibili anche a livello nazionale. Il patrimonio delle diverse forme di fondi immobiliari (quotati, non quotati, Reit) alla fine dell’anno ha rag-
giunto complessivamente 2.830 miliardi di euro, in aumento dell’8% sul 2016, con il secondo miglior risultato di sempre. E l’Italia non è stata da meno, con un patrimonio di 58 miliardi di euro, aumentato dell’8,4% sull’anno precedente, mentre il Nav, in base
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L’indebitamento del sistema fondi è in calo a 24 miliardi di euro con un’incidenza del 41,3% sul patrimonio
alla chiusura die bilanci, è aumentato del 10,4% a 53 miliardi. «Per i fondi europei è stato l’anno migliore del secolo (+16,5% Nav)», spiega Mario Breglia presidente di Scenari Immobiliari. «Per l’Italia, il secondo migliore del secolo». L’indebitamento del sistema fondi, inoltre, è in calo a 24 miliardi di euro con una incidenza del 41,3% sul pa-
IMMOBILIARE DA RECORD Mario Breglia, presidente di Scenari Immobiliari, a sinistra, dice che «per i fondi immobiliari europei è stato l’anno migliore del secolo (+16,5% Nav)», per l’Italia, il secondo migliore del secolo». Francesca Zirnstein, direttore generale dell’Istituto indipendente di studi e ricerche, ne spiega i motivi: «Consolidamento della crescita economica, consistente liquidità circolante e sostanziale stabilità dei tassi, che hanno contribuito a confermare più appetibile l’investimento immobiliare rispetto a quello obbligazionario»
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trimonio (era del 57% nel 2010). E per il 2018 si stima un’ulteriore crescita, con un incremento del Nav a 55 miliardi e del patrimonio direttamente detenuto a 61 miliardi. «Nel 2017», commenta Francesca Zirnstein, direttore generale
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di Scenari Immobiliari, «l’attività dei fondi in Europa è stata importante. Vendite e acquisizioni di patrimoni, oltre alla costruzione di nuovi veicoli, sono state sostenute da risultati positivi del settore immobiliare e da un clima di rinnovato ottimismo dovuti al consolidamento della crescita economica, alla consistente liquidità circolante e alla sostanziale stabilità dei tassi che hanno contribuito a confermare più appetibile l’investimento immobiliare rispetto a quello obbligazionario». Le previsioni raccolte per il 2018 tra gli operatori europei «sono di una crescita del patrimonio di oltre il 5%. Anche il numero di fondi è previsto in aumento e l’andamento del primo quadrimestre 2018 conferma il quadro previsivo», ha aggiunto. Sicuramente positiva è anche, come detto, l’aumentata propensione all’investimento. Il numero complessivo di sottoscrittori a fine 2017 si è attestato a 7,2 milioni, oltre 500mila in più rispetto all’anno precedente. Aumento che ha fatto salire il tasso di partecipazione complessiva: l’inci-
denza del numero degli investitori sul totale della popolazione italiana raggiunge ora il 12%, con metà dei risparmiatori che detiene fondi per più di 14.400 euro. Il ruolo dei Pir. A fare la differenza, secondo Alessandro Rota, direttore dell’ufficio studi di Assogestioni, sono stati i Piani individuali di risparmio, lanciati proprio nel 2017 e, con l’ultima legge di Stabilità, estesi anche ai fondi immobiliari. «L’aumento dei sottoscrittori», dice Rota, «è da ricondurre principalmente al successo registrato dai Pir nell’anno del loro debutto sul mercato. Secondo le nostre analisi, infatti, gli italiani che investono in fondi domestici Pir compliant sono più di 690mila, circa 800mila includendo i fondi esteri. Per la metà si tratta di investitori che si affidano per la prima volta ai prodotti di gestione collettiva. Questi numeri superano di parecchio le previsioni governative e testimoniano il notevole successo che questo prodotto ha riscosso presso un’importante fetta di investitori». Qualcuno, in realtà, pensa che il successo sia stato anche eccessivo. E che i prodotti d’investimento fiscalmente scontati potrebbero presto rivelarsi l’ennesima bolla. A dubitare delle potenzialità degli strumenti messi in campo dal governo Gentiloni ci sono in prima fila i protagonisti del settore immobiliare, che nelle prime settimane di applicazione della nuova normativa erano invece volati in Borsa sull’onda dell’entusiasmo. Oggi, a qualche mese di distanza, un’indagine ha rivelato che l’allargamento dei Pir non porterà un reale supporto alla ripresa del settore. Questa è
EFFETTO PIR Alessandro Rota di Assogestioni calcola che «gli italiani che investono in Pir sono più di 690mila, per la metà si tratta di investitori che si affidano per la prima volta ai prodotti di gestione collettiva»
l’attesa degli operatori raccolta da Scenari immobiliari. Un sondaggio effettuato presso le Sgr ha messo, infatti, in evidenza che gli addetti ai lavori sono piuttosto neutri rispetto al ruolo che possono avere i Piani individuali di risparmio e solo il 13% pronostica un effetto positivo sul settore. Le ragioni di scarso appeal sono ritenute le elevate commissioni delle banche sottoscriventi e il timore di una bolla della raccolta oltre alla prospettiva a 5 anni dell’investimento in Pir, anche se il limite principale è individuato nella bassa cultura finanziaria rispetto al prodotto finanziario. Battuta d’arresto. Quale che sia il motivo, qualche piccola crepa inizia già a vedersi. In controtendenza rispetto alle stime di una costante e rapida progressione, nel primo trimestre dell’anno i Pir hanno per la prima volta invertito la tendenza, segnando una piccola ma sorprendente battu-
ta di arresto. I piani individuali di risparmio hanno archiviato il primo trimestre dell’anno con un saldo rimasto positivo a 2 miliardi di euro. Ma il livello di crescita è ben diverso dall’anno precedente, quando nei primi tre mesi erano stati incassati 3,4 miliardi. Il calo ha coinvolto tutte le categorie di prodotti. La frenata più consistente è quella che riguarda gli azionari, scesi dagli 876 milioni del primo trimestre 2017 ai 193 di fine marzo. Secondo le rilevazioni di Assogestioni gran parte della raccolta è stata canalizzata dai 43 nuovi fondi, mentre quelli preesistenti (25) hanno segnato il passo. Il confronto riporta 1,8 miliardi contro 234 milioni. Il patrimonio complessivo dei Pir resta robusto e superiore alle attese iniziali, con 17,5 miliardi. Ma l’entusiasmo dello scorso anno, quando sono stati raccolti 11 miliardi, sembra lontano. I grandi operatore del settore, comunque, non sono pessimisti. L’accoglienza più tiepida in questi mesi verso il nuovo strumento agevolato fiscalmente, sostengono, è dovuto principalmente alla fase di incertezza politica che ha scosso tutti i mercati. Quello dei Pir, in particolare, nato da poco ed evidentemente legato a un’iniziativa legislativa che potrebbe anche prendere direzioni diverse con il cambio della guardia a Palazzo Chigi, ha risentito particolarmente della fine del governo a guida Pd. Ma tutti sono pronti a scommettere sull’onda lunga dei Pir. Soprattutto chi, come Mediolanum e Intesa Sanpaolo, che detengono rispettivamente un patrimonio di 3,8 e 3,3 miliardi, hanno investito tanto sui nuovi fondi.
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Maggio - Giugno 2018 | N°4 |
ISSN 2532-9669
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L’amministratore delegato di Banca Finnat, Arturo Nattino, illustra le strategie e gli obiettivi del piano industriale dell’istituto romano fondato dalla sua famiglia. Che mira a raddoppiare entro il 2020 i private banker e le masse gestite
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Quanto spazio ancora per i Pir?
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