Legal N°3- Settembre

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LEGAL IL MENSILE DEL MERCATO LEGALE

Anno I / N°4 / Settembre 2016 / € 20

DOPO BREXIT

AL VIA LA CAMPAGNA D’AUTUNNO Gli studi legali sono pronti a riorganizzare il business nel Regno Unito per cogliere le nuove opportunità MERCATO IMMOBILIARE LITIGATION CONTENZIOSO CIVILE E SOLUZIONI ALTERNATIVE A CONFRONTO

INNOVAZIONE I PROFESSIONISTI INVESTONO UN MILIARDO IN NUOVE TECNOLOGIE

L’INCERTEZA NORMATIVA FRENA LO SVILUPPO



EDITORIALE

La velocità complessiva del sistema a misura dell’efficacia delle riforme ANGELA MARIA SCULLICA

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a tempo si dice che il sistema della giustizia italiano va riformato e reso più efficiente. Da più parti sono stati evidenziati tempi lunghi dei processi, burocrazia eccessiva, cumulo di cause in attesa di soluzione, mancanza di certezza del diritto, scarsa informatizzazione e via dicendo. Uno stato complessivo di insoddisfazione che ha inevitabilmente riflessi sui rapporti economici tra le imprese a livello nazionale e internazionale, sul lavoro, sulla sicurezza, sugli individui e sulla fiducia in generale. Negli ultimi anni numerosi sono stati i provvedimenti presi per migliorare la situazione che hanno portato anche a risultati positivi. Nei tribunali per esempio si è assistito a un forte incremento delle sezioni specializzate dove, grazie ad una gestione sicuramente più efficiente rispetto alle sezioni ordinarie, i tempi di definizione di un giudizio di primo grado si sono praticamente dimezzati passando da una media di circa 4 anni ad una di due che si avvicina a quella europea di 500 giorni. Ma, nonostante ciò, resta sempre diffusa la sensazione che i problemi più che risolti siano stati aggirati senza affrontarli in modo diretto e risolutivo. Prendiamo per esempio i provvedimenti che hanno introdotto il processo telematico e le Adr (Alternative Dispute Resolution) nelle due forme di mediazione e arbitrato come risoluzioni alternative delle controversie al metodo statale. Come è noto essi stabiliscono la presenza di un conciliatore, e cioè una figura che cerchi di convincere le parti a trovare una soluzione amichevole, con l’indubbio vantaggio di abbattere i costi e di accelerare i tempi. Provvedimenti senz’altro positivi in quanto permettono alla giustizia civile di non appesantirsi con casi potenzialmente risolvibili al di fuori dei tribunali. Nella pratica però vengono spesso utilizzati anche da soggetti che, sotto l’apparenza di un interesse al componimento amichevole, discutono e chiedono continui aggiornamenti senza mai arrivare a una soluzione transattiva perché non hanno una reale volontà in tal senso. Nate quindi per accelerare i tempi della giustizia, le Adr possono finire invece con il fornire un valido strumento dilazionatorio ai vari elementi che prosperano nell’inefficienza del sistema. Per quanto attiene all’arbitrato, va inoltre ricordato che si tratta di una soluzione molto costosa per cui alla fine vi fanno ricorso solo soggetti e società, soprattutto multinazionali, che dispongono di mezzi per affrontare questo tipo di procedimento. Va comunque sottolineato che, in entrambi i casi, si tratta di procedure alternative che non escludono il ricorso alla giustizia ordinaria in caso di mancato raggiungimento dell’accordo, i cui tempi verrebbero a sommarsi a quelli impiegati nei vari tentativi precedenti. Ciò potrebbe spingere una delle due parti interessate a procrastinare il più possibile la ricerca di una risoluzione in modo da rimandare il giudizio più in là nel tempo. L’efficacia delle Adr risulta quindi strettamente condizionata da quella della giustizia ordinaria. E oggi, nonostante la buona volontà del Governo, è diffusa l’impressione che le dispute si possano trascinare a lungo senza avere la certezza che il reo venga punito e la parte offesa sia adeguatamente riconosciuta e risarcita. L’idea che ne rimane alla fine è quindi quella che ci si sia avviati sulla via di una ricerca di provvedimenti specifici piuttosto che su quella che possa portare ad una profonda e globale revisione delle procedure di base, rimandando nel tempo la reale soluzione del problema. 

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IL MENSILE DEL MERCATO LEGALE

Sommario

SCENARI

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I grandi studi legali pronti a cavalcare Brexit

Così la voluntary disclosure ha inciso nei rapporti col fisco

DI FILIPPO FATTORE

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Come cambierà il mercato del lavoro

Un modello vincente negli Usa

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DI MELANIA MAURI

38

Innovazione e sostenibilità per crescere DI ALESSIA LIPAROTI

44

Strategie di sviluppo per l’Italia DI FEDERICA CHIEZZI

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BANKING & FINANCE

Contenzioso civile e soluzioni alternative a confronto L’incertezza normativa frena lo sviluppo

LEGAL n. 4 - Settembre 2016 EDITORE

Editrice Le Fonti S.r.l. Via Dante, 4, 20121 Milano DIRETTORE RESPONSABILE Angela Maria Scullica (angela.scullica@lefonti.it)

Un successo che va consolidato

6

Per le law-firm inglesi scatta il piano B DI LUIGI DELL’OLIO

46

75

Luxury

Lifestyle

76

Mondo Legale

78

IMPRESE E LAVORO Promosso, ma con riserve

68

Ict: i professionisti investono un miliardo

72

DI ALESSIA LIPAROTI

L’innovazione come modo di essere

73

DI ALESSIA LIPAROTI

Arte e Design

RESPONSABILE COMUNICAZIONE E RELAZIONI ESTERNE Claudia Chiari

DISTRIBUZIONE PER L’ITALIA MePe - Distribuzione Editoriale Via Ettore Bugatti, 15 - 20142 Milano

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Carriere

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DI FILIPPO CUCUCCIO

PROFESSIONE AVVOCATO

RUBRICHE

REDAZIONE Federica Chiezzi (federica.chiezzi@lefonti.it)

LEGAL

64

DI LUIGI DELL’OLIO

Porta aperta sull’America DI ALESSIA LIPAROTI

58

DI FILIPPO CUCUCCIO

MERCATI E BUSINESS

DI FEDERICA CHIEZZI

50

DI LAURA COLNAGHI

DI ANDREA SALVADORI

20

PENALE E FISCO

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SCENARI

NUOVE STRATEGIE

Per le law-firm inglesi scatta il piano B Nei mesi scorsi le law firm inglesi hanno attivato studi sulla revisione delle proprie strategie in caso di Brexit. Ipotesi che poi si è materializzata, dando il via a progetti di cambiamento DI LUIGI DELL’OLIO

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robabilmente sono stati tra i pochi a preparare un piano B. Mentre sia a livello politico, che di istituzioni economiche e finanziarie si sottovalutava la possibilità di uscita dalla Gran Bretagna dall’Ue, le law-firm londinesi hanno attivato nei mesi scorsi progetti di studio su come rivedere le proprie strategie in caso di Brexit. Un’ipotesi che ora si è materializzata, dando il via ai progetti di cambiamento. Mentre le incognite restano diffuse tra gli studi italiani che negli ultimi tempi hanno aperto a Londra e ora sono chiamati a riconsiderare la presenza nella City. Rotta su Dublino Legal Week, settimanale di riferimento per gli avvocati d’affari al lavoro a Londra, aveva già esplorato il tema alla vigilia del referendum, spiegando che diversi professionisti di grandi studi come Allen & Overy, Freshfields e Slaughter & May erano pronti a registrarsi presso la Law Society of Ireland per assicurare la stabilità delle loro practice in Unione Europea, nel caso in cui il risultato del referendum del prossimo 23 giugno avesse portato all’uscita della Gran Bretagna dall’Europa. Del resto proprio le law-firm sono stati tra i soggetti che maggiormente si sono battuti presso l’opinione pubblica per supportare le ragioni del “remain”. Considerato che il distacco dall’Ue avverrà non prima di due anni e su basi ancora tutte la definire, è presto per tirare delle conclusioni, ma di certo c’è la consapevolezza diffusa tra gli avvocati d’affari che la Brexit renda la vita più difficile ai professionisti abituati a seguire operazioni internazionali non registrati in un paese Ue.

CAMBIO DI ROTTA

Gli investitori istituzionali che finora hanno scelto Londra come headquarter europeo, potrebbero rivedere le proprie strategie e spostarsi altrove.

La centralità perduta di Londra Hogan Lovells si era mossa anche prima promuovendo “The Brexit Effect”, una mappa a supporto non solo dei professionisti, ma di tutti gli interessati a capire le implicazioni legali di un possibile sì del Regno Unito al refe-

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rendum. Una guida che tra le altre cose spiega come già la pronuncia referendaria comporta un elemento di rottura rispetto all’automatismo nell’applicazione di alcune norme. A cominciare dall’ambito finanziario, tra i più interessati negli ultimi anni dal processo di convergenza a livello comunitario. Importanti ricadute, aggiunge la mappa, sono attese sul fronte dei media (il mercato unico digitale si avvicina), della proprietà intellettuale (con sistemi di tutela a livello comunitario che favoriscono gli automatismi nel riconoscimento delle iscrizioni tra tutti i Paesi membri) e nel pharma (tra i comportati più regolamentati dalle autorità europee). Inoltre va considerato che nella legislazione inglese si fa un uso ricorrente per i contratti internazionali e il Foro di Londra è spesso scelto come sede arbitrale. Studi italiani, quale futuro? A questo punto è facile immaginare che gli operatori economici faranno da qui in avanti scelte diverse, limitando la domanda di servizi legali che implicano il ricorso alla giurisdizione e ai fori arbitrali inglesi. Nelle prossime settimane si avvierà

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anche la fase di riflessione per gli studi italiani che negli ultimi tempi hanno aperto una sede a Londra, mossi soprattutto dalla volontà di intercettare gli investimenti in arrivo nel nostro Paese, presentandosi così in concorrenza con le law-firm britanniche. L’ultimo in ordine di tempo, proprio alla vigilia di Brexit, è stato Grande Stevens e poco prima era toccato a Lms e Gattai Minoli Agostinelli. A questo punto si apre la fase di audit per capire se è ancora utile mantenere un’antenna nella capitale britannica, anche alla luce dei costi che ne conseguono.

CONTRATTI INTERNAZIONALI Nella legislazione inglese si fa un uso ricorrente per i contratti internazionali e il Foro di Londra è spesso scelto come sede arbitrale

Verso nuove opportunità Difficilmente, comunque, si procederà con chiusure immediate, sia perché vi sono le operazioni in corso da condurre in porto e potrebbero volerci diversi mesi, sia perché l’eventuale abbandono londinese da parte di aziende e istituzioni finanziarie italiane richiederà un’assistenza continua da parte dei consulenti legali. Che dunque nei prossimi mesi potrebbero fare i conti con un’impennata dei mandati di questo tipo. Per altro, gli investitori internazionali che finora hanno scelto Londra come headquarter europeo, grazie al combinato disposto tra la vicinanza al resto del Vecchio Continente e alla presenza di una legislazione favorevole alle imprese, ora potrebbero rivedere le proprie strategie. In particolare, venendo meno il principio della libera prestazione dei servizi, gli istituti di credito inglesi potrebbero operare in Europa solo con specifica autorizzazione, che non sarebbe banale ottenere se ci si basa sull’esperienza di questi anni con gli istituti di credito americani senza filiale europea. Uno scenario che verosimilmente spingerà a spostare la base europea altrove, con Dublino, Francoforte, Parigi e Milano che stanno lanciando in queste settimane le rispettive reti di contatti con l’obiettivo di intercettare flussi in uscita dalla City. Anche questa è un’attività nella quale gli studi legali possono giocare un ruolo importante. 


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