N°3 | Giugno 2016 |
WORLD EXCELLENCE www.editricelefonti.it
FINANZA, ASSICURAZIONI E IMPRESE NELLA SFIDA GLOBALE
3 GIUGNO 2016
5 € | UK 6.00£ Mensile
Giorgio Merletti, presidente di Confartigianato, illustra l’evoluzione della categoria, che mostra una grande vitalità con 300 nuove imprese al giorno.
Giorgio Merletti
LA MANIFATTURA
ITALIANA
WORLD EXCELLENCE
NELLA SFIDA INTERNAZIONALE ASSET MANAGEMENT
NOZZE POPOLARI
ASSET MANAGEMENT WORLD EXCELLENCE
IL PESO DEGLI ETF NEI PORTAFOGLI Nonostante la volatilità, i fondi a replica passiva hanno generato buone performance nel nostro Paese segnando un incremento del + 17% rispetto allo stesso periodo del 2015.
Marcello Chelli
www.worldexcellence.it
VOLATILITÀ E INVESTIMENTI
Le strategie per conquistare i «Btp people»
Alberto Crespi
Paolo Proli
Salvatore Graziano
Elena Bossola
FUSIONI BANCARIE
Marco De Micheli
Dall’unione tra Bpm e Banco Popolarenasceunodeiprimi gruppi creditizi italiani. Ecco comesiègiuntialmatrimonio, quale sarà l’assetto e chi avrà in mano le redini.
TRADING ONLINE
Un settore in competizione
WORLD EXCELLENCE
DIRETTORE RESPONSABILE Angela Maria Scullica angela.scullica@lefonti.it REDAZIONE Federica Chiezzi (federica.chiezzi@lefonti.it), Melania Mauri (redazione@lefonti.it) REDAZIONE GRAFICA Valentina Russotti SEGRETERIA DI REDAZIONE segreteria@lefonti.it COLLABORATORI Andrea Salvadori, Salvatore Bruno, Sergio Cuti, Chiara Osnago Gadda, Filippo Cucuccio, Gloria Valdonio, Filippo Fattore, Mario Lombardo, Luigi Dell’ Olio, Matteo Mauri, Achille Perego, Guido Sirtoli, Fabio Sgroi, Donatella Zucca RESPONSABILE COMUNICAZIONE E RELAZIONI ESTERNE Claudia Chiari
SCENARI 8
Il mondo avanza a passi incerti
12
Addio al rischio zero. Bot e Btp peseranno sui bilanci
16
L’ultima spiaggia degli elicotteri
PRIMO PIANO 22
La manifattura italiana di fronte alla sfida internazionale
MERCATI E IMPRESE
COORDINAMENTO INTERNAZIONALE ( New York, Dubai, Hong Kong, Londra, Singapore...) Alessia Liparoti alessia.liparoti@lefonti.it
26
PROGETTI SPECIALI Alessia Rosa alessia.rosa@lefonti.it
INTERNAZIONALIZZAZIONE
REDAZIONE E STUDI TELEVISIVI Via Dante 4, 20121 Milano - tel. 02 8738.6306 Per comunicati stampa inviare a: press@lefonti.it
Il noleggio preme sull’acceleratore
34
Per l’India è il momento di volare più in alto
38
Gli ostacoli che frenano il Made in Italy all’estero
EDITORE
FINANCE Editrice Le Fonti S.r.l. Via Dante, 4, 20121 Milano STAMPA Arti Grafiche Fiorin - AGFiorin CONCESSIONARIA PER LA PUBBLICITÀ Opq s.r.l. Via G.B. Pirelli, 30- 20141 Milano tel. 02 6699.2511 | info@opq.it | www.opq.it DISTRIBUZIONE PER L’ITALIA MePe - Distribuzione Editoriale Via Ettore Bugatti, 15 - 20142 Milano
ASSICURAZIONI
44
Nozze popolari
48
Le sfide di un settore in competizione
TECNOLOGIA
54
Non è facile in Italia liberarsi dall’abbraccio bancocentrico
66
60
Quale futuro per l’intermediario assicurativo?
La mobile economy si fa largo in Italia
LAVORO 74
CAMBIO INDIRIZZO Si prega di comunicarci entro il 20 del mese precedente il nuovo indirizzo via mail a: abbonamenti@editricelefonti.it
World Excellence Giugno 2016
Mondo Nuovo News Luxury Carriere Top Executive Lifestyle Arte e Design Trend
Le banche non devono fallire
SERVIZIO ABBONAMENTI Telefono 02 8738 6306 o inviare una mail a: abbonamenti@editricelefonti.it
4
6 21 32 72 73 95 96 98
40
DISTRIBUZIONE ESTERO Johnsons International News Italia srl via valparaiso, 4 - 20144 milano
GARANZIA DI RISERVATEZZA PER GLI ABBONAMENTI Editrice le Fonti garantisce la massima riservatezza dei dati forniti dagli abbonati e la possibilità di richiederne gratuitamente la rettifica o la cancellazione ai sensi dell’art. 7 del D. leg. 196/2003 scrivendo a abbonamenti@editricelefonti.it Pubblicazione mensile registrata presso il Tribunale di Milano il 4 Dicembre 2015, numero 342. La testata World Excellence è di proprietà di Le Fonti. Direttore responsabile Angela Maria Scullica Prezzo di copertina € 5,00 UK 6.00£
RUBRICHE
Come cambia la formazione
ASSET MANAGEMENT
74
COME CAMBIA LA FORMAZIONE
Innovazione, tecnologia, apertura dei mercati, aggiornamento richiedono nuove strategie e organizzazioni.
80
Tutti all’assalto dei Btp people
86
Il peso degli Etf nei portafogli
88
Le nuove strategie di marketing
EDITORIALE
La profondità del cambiamento richiede un forte impegno di comprensione Angela Maria Scullica
L’
ingresso nell’era tecnologica che il mondo sta vivendo apre nuovi scenari sino a poco tempo fa inimmaginabili che alimentano l’ansia e l’incertezza del futuro perché spesso non compresi, non conosciuti e non valutati a fondo nelle loro potenzialità e opportunità di sviluppo. Nello stesso tempo solleva reazioni contrarie al cambiamento che nei casi estremi diventano violente e drammatiche. Il terrorismo con tutta la sua carica ideologica e religiosa di rifiuto del progresso è una dimostrazione lampante della volontà di tornare alle origini di una società arcaica, primitiva, ordinata e priva di libertà. Più la tecnologia avanza collegando nazioni, culture, persone ecc. più si gonfia la paura, l’incomprensione, l’odio per le diversità, lo sconcerto per il futuro e si fa largo la nostalgia del passato. In fondo fa parte dell’animo umano cercare di crearsi certezze e di immaginarsi un percorso di vita lineare dove a ogni azione ne consegue un’altra come naturale evoluzione. Ebbene oggi non è più così. Stanno saltando i parametri e gli equilibri che hanno retto per tanti anni l’economia e la finanza basati sull’industria e su una organizzazione del lavoro con un gran numero di occupati. Il mondo è tutto un cantiere e non c’è più nulla di scontato. Si parla di distruzione dei paletti, di schemi mentali e di sistemi conosciuti e di ricostruzione di qualcosa di totalmente e profondamentente innovativo in tutti i campi, a partire da quello lavorativo per arrivare alla sfera più personale delle relazioni, delle amicizie, del pensiero. Quattro sono forse le parole chiave più adatte a descrivere il fenomeno: innovazione, creatività, flessibilità e apertura. Ma più queste parole diventano concetti intrinseci della rivoluzione in atto, più le forze e le élite del passato si ribellano e sollevano barriere per difendere privilegi, rendite, potere. Il risultato è palpabile ed è sotto gli occhi di tutti: dappertutto estremismi, populismo e tentativi di innalzamento di muri si rafforzano, si moltiplicano alimentati anche dagli inevitabili errori che in tutte le epoche accompagnano i grandi cambiamenti. In questo, il progresso tecnologico che non richiede più, ed anzi emargina, la forza lavoro tradizionale, statica e impiegatizia, non aiuta affatto. Molti, anzi troppi, si sentono esclusi, abbandonati ed emarginati perché non riescono ad
affrontare i notevoli sforzi di adattamento e di formazione richiesti dal cambiamento in corso. Con la conseguenza che l’ansia e la paura del futuro spesso prevaricano negli animi offuscando la capacità di vedere e di cogliere le opportunità che inevitabilmente si aprono in tutte le grandi trasformazioni. Guardiamo per esempio al settore bancario, certamente uno di quelli (se non quello) maggiormente colpiti dalla combinazione micidiale di innovazione tecnologica, sofferenze e politica monetaria dei tassi a zero che ne ha ridotto notevolmente la redditività. Il Governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco, lo ha detto chiaramente lo scorso 31 maggio durante l’assemblea dell’organo di Vigilanza « Sono necessari, per ridurre al massimo i rischi di crisi, azioni rapide, mutamenti strutturali, profonde revisioni organizzative, attenzione costante alla qualità dell’alta dirigenza». In altre parole strutture più snelle, flessibili e tecnologiche nelle quali una gran parte del personale impiegato negli anni passati dovrà rinnovarsi o rimettersi sul mercato. Tutto ciò in un Paese, come l’Italia, dove le banche sino a pochi anni fa hanno rappresentato l’ossatura sulla quale si è basata tutta l’architettura finanziaria di sostegno all’economia e alle imprese. Ora si sta andando, a livello internazionale, europeo, e quindi, di conseguenza, anche italiano, verso un sistema molto meno bancocentrico che, se confina la tradizionale attività bancaria, in spazi più ristretti rispetto al passato, nello stesso tempo spalanca le porte a società e strumenti finanziari come fondi di private debt e cartolarizzazioni. Con la tecnologia e la crisi lo scenario è mutato anche nel numero e nella tipologia dei protagonisti e i canali di finanziamento dell’economia alternativi a quello bancario, sebbene aperti in ritardo rispetto ai mercati dei capitali maggiormente evoluti, hanno cominciato anche in Italia un percorso irreversibile di sviluppo. È bene che tutti cominciamo a comprenderlo bene nei suoi molteplici aspetti positivi e negativi, in modo da evitare che siano le solite élite e i soliti “pochi” a impossessarsene e a servirsene a proprio vantaggio personale. Opporsi al cambiamento è uno sforzo inutile e improduttivo. L’evoluzione va invece compresa e affrontata in modo costruttivo con l’obiettivo di creare un vero e diffuso benessere sostenibile. Giugno 2016 World Excellence
5
MONDO NUOVO
La visione di diversificazione economica dell’ Arabia Saudita Mohamed A. El-Erian
Capo consigliere economico di Allianz e membro del Comitato Esecutivo Internazionale, è il presidente del Consiglio per lo sviluppo globale di Barack Obama.
L’
Arabia Saudita ha catturato l’attenzione del mondo con l’annuncio di un ambiguo programma dal nome Vision 2030, finalizzato a rivedere la struttura della sua economia. Il piano dovrebbe ridurre la storica e massiccia dipendenza dal petrolio trasformando le modalità con cui il regno saudita genera reddito e con cui spende e gestisce le sue vaste risorse. Trova sostegno in dettagliati piani di azione, la cui iniziale implementazione ha già previsto cambiamenti istituzionali che fanno notizia, in un Paese da sempre noto per la prudenza e il gradualismo. Se l’immediato catalizzatore per una ristrutturazione economica è l’impatto di un drastico calo dei prezzi internazionali del petrolio, la logica alla base di tali riforme era chiara già da tempo. Con le vendite petrolifere che generano la quota maggiore del gettito statale, e con un settore pubblico che dà parecchio lavoro, le autorità saudite da tempo temono che la mancanza di diversità economica del regno Saudita possa mettere a rischio la propria sicurezza finanziaria a lungo termine. Il dimezzamento dei prezzi petroliferi registrato negli ultimi 18 mesi è stato accompagnato da un importante cambiamento nella modalità di funzionamento del mercato petrolifero. Con l’aumento delle fonti di energia non tradizionali, soprattutto la “rivoluzione dello shale”, che ha quasi raddoppiato la produzione americana, con quasi dieci milioni di barile al giorno, in appena quattro anni, il cartello petrolifero dell’Opec guidato dall’Arabia saudita diventa meno influente sui prezzi del mercato. Inoltre, alcuni membri dell’Opec, sempre guidati dall’Arabia Saudita, sono ora meno disposti a moderare le fluttuazioni del prezzo del petrolio, perché riconoscono giustamente che chi produce oscillazioni rischia perdite durevoli nella quota di mercato. È per questo che Vision 2030 è così importante. Tentando di riguadagnare il controllo del proprio destino economico e finanziario, il regno ha progettato un ambizioso piano di ristrutturazione economica, favorito dal risoluto vice principe ereditario Mohammed bin Salman Al Saud. Vision 2030 si focalizza su tre aree principali, e si impegna al contempo a proteggere le fasce più vulnerabili della popolazione. La prima: il piano tenta di potenziare la generazione di entrate non derivanti dal petrolio, aumentando tariffe e oneri sui servizi pubblici, espandendo gradualmente la base imponibile (anche 6
World Excellence Giugno 2016
con l’introduzione di una tassa sul valore aggiunto) e aumentando il reddito derivante da un crescente numero di visitatori nel regno. La seconda: le autorità intendono ridurre la spesa abbassando i sussidi, razionalizzando il massiccio programma di investimenti pubblici del Paese e deviando la spesa sull’esercito dagli acquisti esteri. La terza: il regno tenta di diversificare la propria ricchezza nazionale e di incrementare le attuali entrate da investimenti. Ad esempio, il piano dovrebbe aumentare i fondi attraverso l’Ipo di una piccola parte (fino al 5%) di Saudi-Aramco, il colosso petrolifero, e investire i proventi in una serie di attività in tutto il mondo. Quest’audace visione economica non è esente da rischi. Le transizioni economiche sono difficili per natura, soprattutto se di tali dimensioni e portata. I primi successi servono spesso a consolidare il consenso dei principali elettori, soprattutto di quelli che per natura potrebbero opporsi inizialmente ai cambiamenti (in particolare ai cambiamenti che eliminano alcuni tradizionali diritti finanziari nel passare da un familiare, seppur meno sicuro, presente a un futuro ora ben poco familiare). Per implementare Vision 2030 sono necessarie maggiori risorse operative e amministrative: è tempo che il regno non solo si occupi di una diminuzione dei profitti da petrolio e utilizzi le sue ampie riserve, ma affermi sempre più il proprio ruolo nella regione, anche in Siria e Yemen. A fronte di questa situazione è incoraggiante che l’annuncio di Vision 2030 sia stato rapidamente seguito dall’implementazione di alcuni passi iniziali fondamentali. Sostenere questo slancio in modo tale da mantenere una comunicazione consistente con i principali stakeholder nazionali si rivelerà cruciale nel determinare il successo del piano stesso. Ad osservare come i sauditi procedano con questa importante ristrutturazione economica ci pensa l’occhio attento degli altri cinque membri del Consiglio per la cooperazione del Golfo e anche di molti altri Paesi. Che Vision 2030 abbia catturato l’attenzione non sorprende. Il piano, dopotutto, riguarda molto più di una serie di riforme economiche. Se l’Arabia Saudita riuscirà a trasformare la propria economia, riformando le istituzioni e ristrutturando gli incentivi economici, altri Paesi di fronte a simili sfide, nella regione e non solo, si sentiranno ispirati a seguire l’esempio.
PER RIUNIRE IL MEGLIO DEI MERCATI SERVE VERA COMPETENZA. IN UN MONDO CHE CAMBIA,
L’OFFERTA FONDI DI PARVEST® Con 106 fondi, registrati in 33 paesi, Parvest propone soluzioni di investimento adatte a vostri obiettivi e servizi per cogliere le opportunità, nel modo più semplice possibile. Non cercare oltre: #Parvest
L’asset manager per un mondo che cambia Il valore dell’investimento e il reddito da esso generato può diminuire oltre che aumentare, e può essere che gli investitori non recuperino il capitale inizialmente investito. La performance storica non è indicativa di risultati futuri. Parvest è una Sicav di diritto lussemburghese conforme alla direttiva 2009/65/CE. Il presente avviso ha natura pubblicitaria e viene diffuso con finalità promozionali, è redatto a mero titolo informativo, non costituisce una consulenza d’investimento, non può essere considerato un’offerta di vendita, di sottoscrizione o di acquisto di strumenti finanziari di qualsiasi natura e non costituirà la base di un qualsivoglia contratto o impegno. E’ redatto e pubblicato da BNP Paribas Asset Management S.A.S. (BNPP AM)*, membro di BNP Paribas Investment Partners (BNPP IP)**. Prima di sottoscrivere questi strumenti finanziari, occorre leggere l’ultima versione dei Prospetti e/o delle Informazioni Chiave per gli Investitori (KIID) disponibili presso il vostro rappresentante locale di BNPP IP. Le opinioni espresse nel presente avviso rappresentano il parere di BNPP AM alla data di pubblicazione e sono quindi soggette a modifiche senza preavviso. *BNPP AM è una SGP (Società di Gestione di Patrimoni) autorizzata dall’AMF con il n. GP 96002, sede sociale: boulevard Haussmann 1, 75009 Parigi, Francia, RCS Parigi 319 378 832. **BNPP IP è il marchio mondiale dei servizi di gestione patrimoniale del gruppo BNP Paribas. Per ulteriori informazioni rivolgetevi al corrispondente locale autorizzato o al vostro consulente finanziario. TBWA\CORPORATE - © Jasse Kyttanen
SCENARI
VENTI DI PROTEZIONISMO
IL MONDO AVANZA A PASSI INCERTI Le economie sono strettamente interconnesse ma gli Stati alzano nuove barriere contro la globalizzazione. Con il rischio sul lungo periodo di deprimere il mercato senza allargare il fronte del lavoro
Mario Lombardo
NAZIONALISMO
Le politiche commerciali sembrano orientarsi al nazionalismo, rigettando in pratica la globalizzazione, al contrario di quanto avviene sui mercati ďŹ nanziari
8
World Excellence Giugno 2016
L
e barriere si moltiplicano. Anche in Europa il protezionismo alza i muri come negli Stati Uniti e anche qui nel mirino ci sono soprattutto i cinesi. Colpevoli di vendere l’acciaio in dumping, grazie alle sovvenzioni statali, mettendo a rischio fallimento le produzioni locali. Così l’assemblea legislativa europea, con una specie di plebiscito, si è schierata contro la concessione dello status di economia di mercato alla Cina. Vero che la decisione finale sarà ratificata solo in dicembre, ma sembra difficile che una maggioranza tanto ampia possa cambiare opinione in pochi mesi. È a rischio anche il Transatlantic trade and investment partnership (Ttip), presentato come l’accordo economico globale in cui le tariffe sarebbero state abbattute perché con le normative legali uniformate Europa e America sarebbero diventate una sola, gigantesca, area di libero scambio. Invece adesso tutto è fermo: da una parte perché gli Usa rifiutano di accettare alcune richieste europee, dall’altra perché in Francia opinione pubblica e governo si mostrano ostili al Ttip. Le politiche commerciali sembrano orientarsi sul nazionalismo, rigettando in pratica la globalizzazione, al contrario di quanto avviene sui mercati finanziari. Dove proprio la Cina, per esempio, in febbraio ha deciso di aprire agli investitori istituzionali esteri, mettendo a disposizione dalla fine di giugno un mercato costituito da 9 mila obbligazioni. Che potrebbero rendere bene, soprattutto se confrontate con i nostri Btp, che offrono lo 0,37% mentre un titolo del Tesoro cinese a cinque anni promette il 2,5%. L’incognita è costituita dallo yen, che in gennaio ha perso circa il 30% del suo valore e rischia ancora, se il dollaro dovesse rivalutarsi. Segnali positivi vengono però dal fatto che, anno dopo anno, la Cina produce costantemente lo stesso volume di ricchezza, in termini nominali. Ed è rassi-
curante anche l’aumento del 10% nelle vendite effettive dei centri commerciali, che arriva addirittura al 28,7% nell’ecommerce. Secondo Footfall, società di ricerche che ogni anno con il Global shopper trend report pubblica i dati sul traffico dei consumatori nei centri commerciali del mondo, nei primi tre mesi del 2016 gli acquirenti cinesi sono cresciuti del 2,7%. Nell’Estremo Oriente poi, secondo gli analisti, ci sarebbe da rivalutare il Giappone. Perché il paese sembra sul punto di uscire dalla deflazione: i prezzi al consumo segnano una crescita, anche se molto contenuta mentre la liquidità delle aziende giapponesi è cinque volte superiore a quella delle omologhe americane. È quindi logico ipotizzare che presto possano arrivare nuovi investimenti, fusioni e acquisizioni tra imprese. Due grandi case automobilistiche locali, tra l’altro, hanno appena firmato un accordo di alleanza strategica. Dopo che Mitsubishi ha operato un aumento del capitale, la partecipazione azionaria di Nissan è salita al 34% per un valore di 237 miliardi di yen, vale a dire circa 1,91 miliardi di euro. Come ha dichiarato il presidente di Nissan, Carlos Ghosn, nel periodo che va dall’aprile 2015 al marzo 2016 (un anno fiscale) il bilancio dell’azienda ha segnato un utile netto di 4,21 miliar-
SORVEGLIANZAANNUALE Hillary Clinton, candidata democratica alla presidenza, propone una sorveglianza annuale delle banche da parte del Government accountability office
SOTTO OSSERVAZIONE Negli Stati Uniti sono finite sotto osservazione le banche, a cominciare dalla Fed, la Federal Reserve guidata da Janet Yellen (sopra), che rischia di perdere la propria indipendenza.
di di euro e per quest’anno si prevedono vendite in crescita, fino a raggiungere la quota del 6,3% sul mercato mondiale. Insomma buone prospettive per l’economia. Senza dimenticare che, per quanto riguarda il mercato azionario, il listino giapponese continua a restare quello con i prezzi più bassi tra i paesi sviluppati. Non altrettanto buone sono le notizie che vengono dal Vicino Oriente perché il petrolio, che da sempre costituisce la fonte di ricchezza della regione, registra un’eccedenza quotidiana che oscilla tra 600 mila e 1,5 milioni di barili. Il prezzo del greggio è calato al punto che alcuni paesi produttori hanno iniziato a ridurre i costi, tagliando le spese del welfare, o rimandando al paese di origine i lavoratori stranieri. E Mohammed bin Salman, principe dell’Arabia Saudita, ha annunciato che quello che veniva chiamato l’oro nero e che vale tuttora l’80% del Pil saudita, in futuro conterà sempre di meno nel paese. Dove a capo del dicastero del Petrolio, che cambia nome e diventa dell’Energia, dopo 22 anni non c’è più Ali al Naimi. L’ex potentissimo ministro, 80 anni, ha dovuto lasciare il posto al più giovane Al Falih, che sta già rivedendo la scelta di mantenere sempre gli stessi livelli pro-
Giugno 2016 World Excellence
9
INVESTITORI ESTERI La Cina ha deciso di aprire agli investitori istituzionali esteri, mettendo a disposizione dalla fine di giugno un mercato costituito da 9 mila obbligazioni. Sopra, un’immagine di Shanghai.
duttivi, non soltanto in Arabia Saudita ma in tutti i paesi dell’Opec e anche in caso di calo dei prezzi. Gli Emirati erano contrari a questa politica, come la Russia e il Venezuela, ma non c’è stato verso di far cambiare idea a al Naimi, che così ha perso l’incarico. Ora il bilancio del regno saudita è in rosso per 86 miliardi di dollari, nonostante la quotazione del greggio stia salendo di nuovo, e per risollevare l’economia si devono trovare nuove soluzioni. Così
CRESCITA Dall’aprile 2015 al marzo 2016 il bilancio dell’azienda ha segnato un utile netto di 4,21 miliardi di euro e si prevede una crescita», afferma Carlos Ghosn, presidente di Nissan
10
World Excellence Giugno 2016
l’Arabia Saudita sta dando il via alla nascita di un fondo sovrano che vale 2.000 miliardi di dollari, mentre lavora al progetto Vision 2030 con cui vorrebbe sganciarsi da quel petrolio che fino a pochi mesi fa ha garantito il benessere del paese, dal sistema di occupazione al welfare, ai sussidi per i cittadini bisognosi. Negli Stati Uniti invece sono finite sotto osservazione le banche, a cominciare dalla Fed, la Federal Reserve guidata da Janet Yellen, che rischia di perdere la propria indipendenza. Donald Trump, candidato repubblicano alla presidenza, ha già detto che ogni azione della banca centrale, se sarà lui a vincere le elezioni, dovrà essere sottoposta alla rendicontazione (audit) del Congresso. Hillary Clinton, candidata democratica, è invece orientata a proporre una sorveglianza annuale da parte del Government accountability office (Gao), e quindi sempre del Congresso. Anche in questo caso, sarebbe comunque un giudizio politico a vincolare ogni decisione del Federal open market committee (Fomc), la divisione operativa della banca centrale. Per le altre banche americane, a distanza di otto anni, sembra diventi finalmente operativa la legge (“disciplina”,
la chiamano negli States) Dodd-Frank, approvata nel 2008 quando si trattava di salvare, a spese del denaro pubblico, gli istituti che stavano per fallire. Uno degli obblighi (“testamento”, per gli americani) proposti dalla Dodd-Frank, conseguenza della sindrome too big to fail, è che proprio le banche maggiori devono presentare un piano realistico che preveda un “ordinato smembramento e vendita in liquidazione” nel caso di fallimento. Secondo Federal Reserve e Federal deposit insurance corporation, le due maggiori autorità di vigilanza americane, cinque banche hanno invece presentato piani che rischiano di destabilizzare il sistema: quindi devono presentare un altro piano entro ottobre e intanto rischiano pesanti sanzioni. La Dodd-Frank minaccia anche la ricchezza dei banchieri, perché prevede la disciplina dei loro emolumenti. A monte c’è il principio che, se è il denaro pubblico che garantisce i top manager, questi devono rendere conto al contribuente dei loro guadagni. Le regole quindi impongono di congelare per quattro anni buona parte dei bonus ricevuti, e se in quell’arco di tempo il bilancio degli istituti è in perdita, la quota trattenuta non verrà più assegnata. Poi, e per altri tre anni, si può imporre ai banchieri la restituzione dei bonus se dovesse emergere la loro responsabilità nelle perdite subite dagli istituti per eccesso di speculazione. In Europa invece si sta ancora discutendo della quantitative easing e delle altre misure varate dalla Banca centrale europea, mentre il mercato resta in attesa. Perché sono due i grandi rischi che incombono, uno riguarda la Gran Bretagna e l’altro la Grecia, con effetti che potrebbero essere devastanti per l’intera Unione europea. La permanenza del Regno Unito nella Ue è legata agli esiti del referendum del 23 giugno ma la Brexit, com’è chiamata l’eventuale uscita dei britannici dal mercato europeo, secondo l’Organizzazione