EDITORIALE
Priorità uno: crescere in sicurezza Angela Maria Scullica
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all’inferno dell’11 settembre del 2001 provocato dal tragico attentato terroristico alle torri gemelle di New York ad oggi, l’escalation di violenza e di terrorismo nel mondo non si è più fermata in una concatenazione di azioni e reazioni inimmaginabili solo 15 anni fa. Il progresso tecnologico che ha strettamente connesso e interrelato dal duemila in poi le economie di tutto il mondo e la vita di intere popolazioni, ha amplificato in modo esponenziale gli effetti e le ricadute di decisioni politiche prese nei singoli Stati sulll’economia reale mondiale di tutti gli altri. Ed oggi viviamo in una situazione nella quale gli equilibri raggiunti sono continuamente messi in discussione. L’esempio lampante è la Brexit, il voto sull’uscita dall’Europa sancito dal referendum inglese. È bastato solo l’annuncio del risultato che in Italia è scattato l’allarme sulla solidità delle banche con tutte le problematiche che un’economia in fragile ripresa come la nostra può subire in termini di rallentamento e recessione. Secondo un’analisi della Commissione Europea «Il settore bancario, in particolare in Italia, è finito sotto pressione significativa in quanto il risultato nel Regno Unito ha aggravato le vulnerabilità già esistenti, inducendo i mercati finanziari a mettere in discussione la capacità di queste banche di risanare i propri bilanci». Lo stesso processo di integrazione europea è stato posto in discussione. Il voto inglese cambierà molto probabilmente anche il volto dell’Europa che, se vuole sopravvivere, dovrà essere in grado di consolidare l’unità dei suoi Stati verso la creazione di un vero e condiviso benessere. Una scommessa, allo stato attuale, non impossibile ma molto complessa e difficile da vincere. Ma le conseguenze non si fermano all’Italia e all’Europa, vanno ben oltre e incidono sui rapporti internazionali, l’immigrazione, il terrorismo aumentando il clima di incertezza e di instabilità in cui viviamo. La stessa cosa si può dire del fallito golpe in Turchia e della violenta reazione del Governo Erdogan che potrebbe portare ad una dittatura in
un Paese che stava per entrare in Europa. Anche qui, c’è da domandarsi, cosa succede ora? Quale sarà l’impatto sul già provato Medioriente e sulle relazioni tra Russia, America, Cina? La risposta oggi non è facile darla, la si vedrà più avanti ma anche in questo caso le ripercussioni saranno generali su tutti i Paesi. Per il momento una cosa è certa. Europa, e Italia, per parlare di noi, devono concentrarsi sulla sicurezza. Occorre che questa diventi un diritto per tutti e un dovere per chi governa di garantirla nel proprio Paese e a livello internazionale. Non si può pensare di passeggiare a Nizza per assistere a uno spettacolo di fuochi di artificio in una tranquilla sera d’estate e vedersi arrivare addosso un camion che semina terrore e morte. O di recarsi in un centro commerciale, come è successo a Monaco di Baviera, e perdere la vita per opera di un ragazzo la cui fragilità emotiva è rimasta fortemente suggestionata dal clamore suscitato da questi atti e dall’eco riportato dai mezzi di informazione. Le aree a rischio vanno assolutamente circoscritte e limitate, così come le zone d’ombra di internet. Ma anche la paura va combattuta alla stessa stregua dedicando particolare attenzione alle modalità di comunicazione che non devono esaltare le menti malate. Non può esserci crescita economica se alla base non c’è un senso diffuso di sicurezza. Lo stesso vale anche per l’Europa dove fiducia e sicurezza tecnica e psicologica in tutti gli Stati membri vanno perseguite con assoluta determinazione come elemento fondamentale per ottenere consenso. Solo se le fondamenta sono sicure si può infatti costruire. Ciò è tanto più importante quanto più aumenta il progredire della tecnologia che, nel suo lato oscuro e negativo, rende possibili attacchi hacker di grande portata. In un mondo tutto collegato occorre innanzitutto pensare a proteggersi contro terrorismo e delinquenza di ogni genere stando attenti anche al sistema di comunicazione. Un obiettivo che va perseguito con priorità a tutti i livelli dai più locali a quelli internazionali.
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WORLD EXCELLENCE
DIRETTORE RESPONSABILE Angela Maria Scullica angela.scullica@lefonti.it REDAZIONE Federica Chiezzi (federica.chiezzi@lefonti.it), Melania Mauri (redazione@lefonti.it)
SCENARI 8
Terremoto Brexit
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E ora a tenere in sospeso i mercati è la corsa alla Casa Bianca
REDAZIONE GRAFICA Valentina Russotti
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LEGAL IL MENSILE DEL MERCATO LEGALE
Anno I / N°1 / Giugno 2016 / € 20
BANKING & FINANCE LA DIFFICILE GESTIONE DEI CREDITI DETERIORATI
PENALE E FISCO IL NUOVO FALSO IN BILANCIO TRA DUBBI E CERTEZZE
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L’apertura dei mercati e il progresso tecnologico richiedono partnership e propongono nuovi modelli di business
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RESPONSABILE COMUNICAZIONE E RELAZIONI ESTERNE Claudia Chiari
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Leader mondiali, ma in pochi lo sanno
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Draghi ricarica il bazooka, ma le Pmi restano a secco
Il piano industriale di Unipol
Made in Italy: un enorme giacimento ancora da sfruttare
TECNOLOGIA
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LE BANCHE DAVANTI ALLA SFIDA DEL DIGITALE
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MONDO NUOVO
La promessa di “Regrexit” George Soros
Presidente del Soros Fund Management e della Open Society Foundations
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ino a quando il popolo del Regno Unito non ha votato per lasciare l’Unione Europea, la crisi dei rifugiati costituiva la questione più grave affrontata dall’Europa. In effetti, quella crisi ha avuto un ruolo fondamentale nel determinare la sciagura peggiore rappresentata da Brexit. Il voto per Brexit è stato un grande shock; la mattina dopo il voto, la disintegrazione dell’Unione Europea sembrava praticamente inevitabile. Ma, con lo svanire dello shock iniziale molti elettori britannici hanno iniziato a provare un certo grado di “rimorso del compratore” dal momento che l’obiettivo ipotetico si sta realizzando. La sterlina è precipitata. Un altro referendum scozzese è diventato altamente probabile. I precedenti leader della campagna leave sono intenti in un bizzarro scontro di auto-distruzione intestina, ed alcuni dei loro seguaci hanno iniziato ad intravedere il futuro tetro che si trova di fronte al paese e a ciascuno di loro. Un segno del cambiamento dell’opinione pubblica è stata la campagna per presentare una petizione al Parlamento affinché venga indetto un secondo referendum. Proprio come Brexit è stata una sorpresa negativa, la reazione spontanea sorprende positivamente. Si sono mobilitate persone appartenenti ad entrambi i fronti della causa, soprattutto, coloro che non hanno neppure votato (in particolare i giovani sotto i 35 anni). Questo è il tipo di coinvolgimento dal basso che l’Ue non è mai stata in grado di suscitare. Il clamore del postreferendum ha evidenziato ai cittadini britannici ciò che davvero rischiano di perdere lasciando l’Ue. Se questo sentimento si diffondesse al resto d’Europa, quella che sembrava l’inevitabile disintegrazione dell’Ue potrebbe invece generare uno slancio positivo per un’Europa più forte e migliore. Considerato che le conseguenze di Brexit si dispiegheranno nei mesi a venire, sono convinto che sempre più persone saranno ansiose di aderire a questo movimento. Quello che l’Ue non deve fare è penalizzare gli elettori britannici, ignorando le loro legittime preoccupazioni circa le carenze dell’Unione. I leader europei dovrebbero riconoscere i propri errori ed ammettere il deficit democratico nelle attuali disposizioni istituzionali. Piuttosto che trattare Brexit come la negoziazione di un divorzio, si dovrebbe cogliere l’opportunità di reinventare l’Unione Europea, rendendola quel tipo di associazione a cui il Regno Unito e gli altri paesi a rischio di uscita vorrebbero aderire. Se gli elettori scontenti di Francia, Germania, Svezia, Italia, Polonia e di tutti gli altri paesi vedranno che l’Ue può portare dei benefici alla loro vita, essa riemergerà più forte. In caso contrario, cadrà a pezzi più velocemente di quanto i leader e i cittadini attualmente realizzano. Il prossimo 6
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focolaio di crisi è l’Italia, che si trova ad affrontare una crisi bancaria e, nel mese di ottobre, un referendum. Il primo ministro Matteo Renzi è stretto in una situazione tipo paradosso “Comma 22”: se non riuscirà a risolvere la crisi bancaria in tempo, perderà il referendum. Questo potrebbe portare al potere il Movimento Cinque Stelle, uno dei partner al Parlamento europeo del britannico Independence Party pro-Brexit. Per trovare una soluzione, Renzi ha bisogno dell’assistenza delle autorità europee, ma queste sono troppo lente e poco flessibili. I leader europei devono riconoscere che l’Unione Europea è sull’orlo del collasso. Invece di darsi la colpa l’un l’altro, dovrebbero riunirsi in uno spirito collaborativo ed adottare misure eccezionali. In primo luogo, si deve tracciare una chiara distinzione tra l’adesione all’Ue e quella alla zona euro. Quei paesi fortunati che non sono membri della zona euro non dovrebbero subire discriminazioni. Se la zona euro vuole essere più fortemente integrata, come dovrebbe essere, è necessario che abbia una propria tesoreria ed un proprio bilancio, per servire da autorità fiscale al fianco della sua autorità monetaria, la Banca Centrale Europea. In secondo luogo, l’Ue dovrebbe mettere in funzione il suo eccellente credito in gran parte inutilizzato. I leader agirebbero in modo irresponsabile se non riuscissero ad impiegare la capacità di prestito dell’Ue quando la sua stessa esistenza è in gioco. In terzo luogo, l’Unione Europea deve rafforzare le sue difese per proteggersi dai nemici esterni, che tendono a trarre vantaggio dalla sua attuale debolezza. La risorsa più importante dell’Unione Europea è l’Ucraina, i cui cittadini sono disposti a morire in difesa del proprio paese. Difendendo se stessi, difendono anche l’Ue, cosa rara in Europa al giorno d’oggi. L’Ucraina ha la fortuna di avere un nuovo governo più determinato e con maggiori probabilità di realizzare le riforme che i cittadini ed i sostenitori esterni hanno sempre reclamato. Ma l’Ue ed i suoi Stati membri al momento non assicurano il sostegno che l’Ucraina merita (gli Stati Uniti offrono un supporto molto maggiore). In quarto luogo, è necessario che i piani dell’Unione Europea per affrontare la crisi dei rifugiati siano accuratamente rivisti. Essi sono pieni di idee sbagliate e incoerenze che li rendono inefficaci. Sono tristemente sotto finanziati. Inoltre usano misure coercitive che generano resistenze. Ho proposto una soluzione dettagliata per questi problemi altrove. Se l’Ue riuscirà a compiere dei progressi in questo senso, diventerà un’organizzazione a cui la gente vorrà appartenere. Ora più che mai, i difensori della Ue devono trovare il modo di farsi valere.
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SCENARI
EUROPA ALLE STRETTE
Terremoto Brexit L’esito del referendum inglese ha scosso il mondo economico finanziario e politico europeo dalle fondamenta. Ora ci si interroga sugli effetti a medio lungo termine che potrebbero propagarsi dovunque. Con miliardi di ricchezza distrutti. E per ricostruire... Mario Lombardo
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risi sistemica. Chi ha sbagliato? Oggi pare che nessuno prevedesse che sarebbe andata così, e dopo che sono finiti in fumo centinaia di miliardi di euro, dollari, sterline, yen e altro ancora, si vuole trovare un colpevole. In Gran Bretagna ha vinto il partito del leave, al contrario di quanto avevano creduto la finanza, gli analisti e i politologi: il risultato, per ora, è stato il crollo verticale delle borse, dovunque, e una pesantissima svalutazione della
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ACCUSE David Cameron, ex Primo ministro inglese, a sinistra, è accusato di aver innescato il referendum per un calcolo elettorale, mentre Nigel Farage, ex capo dell’United Kingdom Indipendence Party (Ukip), al centro, ha pilotato lo scontento fino a arrivare alla Brexit. A Jeremy Corbin, segretario del Labour, a destra, imputano di non aver spiegato ai lavoratori che l’uscita dalla Ue non avrebbe portato all’eliminazione della concorrenza degli immigrati. È stato sfiduciato dai deputati del suo partito.
sterlina. L’economia mondiale ha subito una scossa di cui non si riescono a valutare le conseguenze e lo shock è stato così forte e improvviso da scongiurare che, al contrario di quanto è sempre avvenuto prima di questa specie di terremoto, i soliti mass mediologi dipingano i loro avventati scenari futuri. Ha ragione chi parla di disastro, soprattutto per quanto riguarda il Regno Unito, dove la moneta ha perso larga parte del proprio valore, mentre i conservatori al governo e i laburisti
all’opposizione sono sotto accusa. A David Cameron, che subito dopo il risultato ha presentato le dimissioni ed è stato prontamente sostituito da Theresa May, si imputa di aver innescato il referendum per un meschino calcolo elettorale, senza averne valutato il potenziale pericolo e, soprattutto, senza poi esser stato capace di convincere gli elettori che la loro scelta comportava grandi rischi. A Jeremy Corbin, segretario del Labour sfiduciato dai deputati del suo partito, di non aver spiegato
della Bbc, la tv di stato, promettendo agli elettori un benessere che non avranno, una libertà “dalle grinfie europee” che non segnerà il ritorno “ai tempi dell’impero” ma costi maggiori per tutti, mentre non andranno al servizio sanitario nazionale neanche le sterline non più versate alla Ue. Nonostante questo Farage, fischiato dalla maggioranza dei deputati presenti, insieme agli italiani del M5S e della Lega, ha votato contro la richiesta all’Uk di presentare al più presto le pratiche per lasciare l’Unione. In Gran Bretagna dicono che non erano informati e di aver capito solo ora che cosa rappresenterà, nei fatti, la Brexit. C’è chi raccoglie firme (sono già milioni) per indire un nuovo referendum, che abroghi il precedente; la premier scozzese Nicola Sturgeon cerca di aprire un dialogo con Bruxelles rifiutando di accettare il risultato delle votazioni “inglesi” dal momento che in Scozia la grande maggioranza ha votato remain; l’Irlanda del Sud è tentata dalla possibilità di un’unione con quella del Nord…
ai lavoratori, soprattutto in Galles e nelle regioni industriali, che l’uscita dalla Ue non avrebbe portato all’eliminazione della concorrenza degli immigrati ma in compenso avrebbe aumentato il pericolo di licenziamento perché sarebbero calate le commesse e quindi la produzione. Anche Nigel Farage, ex capo dell’United Kingdom Indipendence Party (Ukip) che, da destra, ha pilotato lo scontento fino a arrivare alla Brexit, è finito nel mirino. Ha mentito, come ha dovuto ammettere ai microfoni
a definire la Brexit una “tristezza”, forse per non aggravare il panico dei mercati, ma poi a Bruxelles, davanti ai capi di stato e di governo riuniti per il Consiglio europeo, ha sostenuto che nei prossimi tre o quattro anni tutta la zona euro potrebbe subire una caduta dello 0,5%. Chi invece in Portogallo si è esposto fino a dichiarare: «La Brexit è uno shock molto forte e bisogna fare attenzione che non si trasformi in una crisi sistemica» è stato Ignazio Visco, il governatore di Bankitalia che ha parlato anche di «erraticità dei mercati», spiegando che le cadute e i rimbalzi delle borse, che si sono succeduti in questi giorni, «fanno capire che ci sono rischi di contagio» anche se dovunque nel mondo «i problemi si stanno affrontando». C’è più di un dubbio sul come e quando. Nouriel Roubini, un bocconiano che insegna alla Stern school of business della New York University, capace di prevedere con largo anticipo il crack del 2008 (come Larry Summers, l’ex segretario del Tesoro Usa), da anni ammoniva che sarebbe stato difficile uscire dalla C’è una gran concongiuntura prima del fusione sotto il cielo 2020. Ora spiega che britannico, ma anche quella data potrebbero nell’Europa dei 27, essere superata, perché: dove Cechia, Polonia, «La crescita resta deboSlovacchia e Ungheria, le in Europa e rallenta in paesi euroscettici, chieAmerica, come testimodono le dimissioni di nia lo stillicidio dei dati Jean Claude Juncker, deludenti di questi giorpresidente della Comni, che vanno dall’attimissione Europea, dività manifatturiera alle fensore di regole troppo NUOVO PREMIER vendite al dettaglio. In severe mentre a Sintra, Theresa May, sopra, ha Europa inoltre c’è l’agDavid Cameron, in Portogallo, i banchieri sostituito gravante della Brexit, dimessosi subito dopo il centrali e gli economisti risultato del referendum, alla della confusa situazioeuropei riuniti a fine giu- guida del Paese. ne politica in Spagna, gno per il loro simposio delle persistenti tensioannuale, hanno evitato scrupolosani nell’area euro anche se la morsa mente di fare riferimento alla Brexit. dell’austerity sembra allentata. SenA Sintra Mario Draghi si è limitato za dimenticare le tensioni geopoliti-
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che e il terrorismo che ne è il derisonale sia per quella del paese, così vato. Ancora una volta la chiave per come per le prospettive di risparmio tamponare gli effetti economici delle e per l’occupazione. C’è da aggiuncrisi politiche risiede in prima battuta gere che (dati Esi) anche le nostre nelle banche centrali». imprese sono molto preoccupate Gli indici del lavoro negli Stati Uniti per il futuro: se la media di quelle a maggio sono risultati tra i più bassi dell’Eurozona aumenta dello 0,9 le degli ultimi sei anni (solo italiane al contrario per38 mila posti in più) e dono circa due punti pernello stesso mese l’Inché il loro indice scende vestor confidence Index dal 103 di maggio al di State Street Global 101,2 di giugno. Exchange, che ha sede a Un clima depresso, priBoston ma opera in 29 ma ancora di risentire paesi, Italia compresa, ridello tsunami britannispetto ad aprile è sceso di co. Quando sono state due gradini a livello gloelaborate queste statibale, attestandosi a 106,6 stiche, sul morale degli RIFIUTO BREXIT punti. Una perdita di fi- Nicola Sturgeon, primo italiani pesavano da un ducia che secondo la so- ministro della Scozia ha lato il pessimismo delle cietà finanziaria è legato cercato di aprire un famiglie, che si sentono dialogo con Bruxelles alla contrazione dell’in- rifiutando di accettare più povere e rimandano dice nordamericano, il risultato delle gli acquisti importanti; sceso da 114 a 109 pun- votazioni inglesi dall’altro la sensazione ti. Secondo Jessica Donohue, vice che, per quanto riguarda il lavoro, le presidente e Cio (chief innovation aspettative di un futuro migliore debofficer) di State Street: «Nel mese di bano essere accantonate. L’indice maggio abbiamo avuto un continuo Esi più allarmante (prima della Brecalo nel sentiment degli investitori xit) è tuttavia quello che si riferisce a livello globale e in particolare nel al “clima futuro”, vale a dire a come Nord America, dovuto alla debolezgli italiani vedevano la situazione za degli utili negli Stati Uniti, alla personale insieme a quella del paese: rinnovata aggressività della Fed e i punti persi rispetto alla rilevazione all’incertezza associata alle prossime precedente sono cinque, perché si elezioni presidenziali americane». passa da 117,6 a 112,9 punti, il livello più basso dal gennaio 2015, più di Sulle prospettive future in Italia un anno e mezzo fa. c’è grande perplessità. La Commissione Europea elabora ogni mese Secondo Prometeia la crescita del un indicatore del clima economico 2016 avrebbe già dovuto essere in(Esi) e a giugno l’indice dell’Italia feriore a quella dell’anno scorso e ha segnato un –3,6 punti, il più basso passare dal 3% del 2015 al 2,7%. La della zona euro dove la variazione è società di ricerca bolognese non è dello 0,2 in meno mentre per quanto sola nell’indicare percentuali in conriguarda l’Ue è addirittura del +0,1. trazione: un preoccupato messaggio Questi dati, raccolti prima della Bresul futuro dell’economia e della fixit, confermano le valutazioni Istat nanza è venuto anche dal G20, nel che davano in calo per il terzo mese cui documento finale, i ministri delle consecutivo la fiducia degli italiani, Finanze e i banchieri centrali riuniti sia per la situazione economica pera Shangai, dopo aver ammesso che
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i provvedimenti presi contro la crisi non hanno prodotto i risultati sperati. hanno riconosciuto che: «La politica monetaria da sola non riesce a promuovere una crescita bilanciata» di fronte a «eccesso di volatilità, movimenti disordinati sui mercati dei cambi, pesante caduta nei prezzi delle commodity, accresciute tensioni geopolitiche, rischi di revisione al ribasso delle aspettative economiche globali», e quindi che occorre un programma che preveda «l’uso flessibile della politica fiscale per rafforzare la crescita, l’occupazione e la fiducia». Belle parole, ma vuote di contenuti. Come capita spesso al termine di queste grandi riunioni strategiche, non si va al di là degli enunciati perché non si indicano i rimedi, gli strumenti con cui intervenire per frenare la discesa. Ancora una volta mancano progetti reali per far fronte all’emergenza. Sembra che i governi non sappiano elaborare (tanto meno scegliere) strategie chiare contro la crisi e si muovono in modo confuso e scoordinato, ciascuno per proprio conto. Intanto l’Economist intelligence unit (Eiu), il gruppo degli analisti riunito da l’Economist per studiare la situazione parla apertamente di rischio di una possibile crisi fatale: sia a causa della Brexit, sia perché in estate scade il pagamento della rata di debito pubblico che alcuni paesi faranno fatica a affrontare, sia perché nello stesso periodo si registrerà il picco massimo dei flussi migratori. Non tutto è negativo, per fortuna. Vero che nel primo trimestre 2016 la crescita europea è stata dello 0,5%, con un aumento rispetto al dato 2015 che dipende più dalla domanda interna che da quella estera, e negli Stati Uniti, punto di riferimento per l’economia occidentale, nello stesso periodo la crescita è stata analoga (0,5%) a quella europea. Ma in Cina