L’anno che volge al suo tramonto è stato per la nostra fabbrica non soltanto un anno di intenso lavoro, ma un anno di raccoglimento e di preparazione, poiché la vita economica in un’industria sembra dovere essere una corsa continua, un incessante lavoro verso un progresso e verso una espansione che non può arrestarsi senza la decadenza, quella decadenza che per l’operaio è disoccupazione e miseria. Rinnovati una gran parte dei suoi modelli, stabilizzata la produzione della Lexikon 80 a un livello mai raggiunto prima, la fabbrica ha esteso nel 1949 il suo carattere di industria internazionale. Basterà ricordarsi che in questo anno la nostra Società ha aperto in quattro luoghi importanti, su tre continenti, delle nuove sedi, dei nuovi uffici,
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delle nuove società: a Johannesburg, nel Transvaal, la Olivetti Africa ltd; a Vienna la Austro Olivetti; a New York un ufficio di rappresentanza; a Città del Messico la Olivetti Mexicana. In questi paesi, in queste città, per la prima volta nella sua storia la nostra fabbrica vede illuminarsi le sue insegne. Migliorati i traffici con l’Australia, con la Francia, con l’Argentina, la fabbrica ha potuto affrontare mediante la riduzione dei costi e la contemporanea espansione commerciale le pericolose battaglie della svalutazione della sterlina e della concorrenza internazionale. La nostra posizione sei mesi or sono si presentava infatti pericolosa e difficile, poiché il prezzo di esportazione doveva essere su quasi tutti i mercati drasticamente ridotto. Io debbo, di fronte a voi, un ringraziamento particolarissimo ai tre direttori generali, ing. Beccio, ing. Enriques, dr. Pero, che ciascuno nella sfera della propria competenza sono stati gli artefici e i vincitori di questa battaglia. E la battaglia continua perché la lotta non è finita.
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Altre industrie, ad esempio quelle tessili, non avendo saputo o non avendo potuto vincere in un’analoga lotta di concorrenza rinnovando gli impianti e riducendo i costi, lavorano da tempo tre soli giorni alla settimana. Per la nostra espansione commerciale in questa lotta contro la concorrenza non abbiamo esitato a investire somme ingenti come l’intero ammontare del prestito obbligazionario di 1200 milioni spesi per assicurare alla nostra fabbrica una continuità di lavoro e un progresso lento, ma sicuro. Nel campo interno tutti i settori hanno lavorato ciascuno nella propria misura al compimento graduale della fabbrica. Quattromila metri quadrati di nuovo spazio costituiscono questo complemento, il più ampio nella nostra storia. Centonovantasette operai sono addetti ai cantieri e lavorano alacremente alle case di Canton Vesco e a quelle del Piano Fanfani. Nel corso dell’anno è stata rimessa in servizio l’infermeria migliorata e ingrandita, sono stati comprati terreni per una colonia montana a Brusson, a Ma-
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rina di Massa un nuovo edificio per quella colonia sta sorgendo, altre iniziative sono in progetto; tra queste la più importante è il complesso sforzo che abbiamo intrapreso per risolvere il problema delle abitazioni. L’anno venturo verrà dato inizio al lavoro su altre case Fanfani pari a 133 milioni, più 70 milioni dell’Istituto Autonomo Case Popolari che costruisce a Ivrea per il nostro concorso e per il nostro invito, e questo ancora non basterà perché il bisogno è immenso. Per affrontare questi problemi e studiare progressivamente soluzioni urbanistiche migliori è stato necessario ingrandire e perfezionare il nostro Ufficio Fabbricati, la cui capacità tecnica e artistica è in continuo progresso. Il personale direttivo di questi uffici è stato negli ultimi mesi perciò raddoppiato e gli effetti di questa maggior attrezzatura si sentiranno durante l’anno 1950. È stato recentemente reso noto che mio fratello, l’ing. Dino, ha rinunciato a prender possesso del Convento conferitogli dall’eredità paterna; così per suo desiderio la vecchia abitazione dell’ing.
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Camillo, i prati, il bosco, saranno destinati ad attività sociali e sportive e ricreative. L’Istituto Industriale ha ripreso a funzionare, il Centro Formazione meccanici sta apprestandosi ad avere una sede unita più degna e più confortevole, il numero degli allievi è stato aumentato e nuove macchine ne arricchiranno l’attrezzatura. La fonderia è stata dotata di un nuovo laboratorio scientifico. Un anno quindi di intenso lavoro, sebbene i risultati non siano ancora tutti appariscenti e ancora tutti tangibili. Il trasferimento ad Apuania della fabbricazione degli schedari Synthesis, avvenuto lo scorso settembre, fu un provvedimento spiacevole e doloroso che ci è stato imposto da una situazione che non eravamo in grado di controllare. A nessuno sfuggirà il gesto di solidarietà per il contributo che noi porteremo alla diminuzione della disoccupazione in un’altra terra dove essa appare ancora più disastrosa che nel nostro Canavese. Non possiamo tuttavia nascondere un sentimento di sofferenza e di angustia, perché intorno a noi nella città vi è an-
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cora tanta disoccupazione, che in tutto il Canavese opprime le città e i paesi e le centinaia di famiglie che si trovano in uno stato di indigenza e di scoraggiamento. Parecchie centinaia di giovani intelligenti e di buona volontà non riescono a occuparsi. È motivo di compiacimento l’aver dato, negli anni scorsi, il massimo contributo alla soluzione dei problemi di lavoro della nostra città e dei paesi che ci attorniano, ma dobbiamo ricordarci che esistono dei doveri di riconoscenza anche verso tutti coloro che da anni contribuiscono al nostro sforzo direttamente qui nella fabbrica, e pertanto nello sviluppo che non dovrebbe ancora mancare al nostro progresso, non dimenticheremo di tutelare insieme ai figli delle altre famiglie i figli della nostra famiglia, perché taluni di essi ormai attendono da anni di entrare nella fabbrica ove i loro padri lavorano. Nel settembre di quest’anno ho avuto il privilegio di entrare nei ranghi delle Spille d’Oro: 1° settembre 1924 - 1° settembre 1949: 25 anni in gran parte spesi nell’indimenticabile collaborazione
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con mio padre, anni densi di ricordi, di lotte e di alterne vicende per tutti noi. E, iersera, i rappresentanti delle Spille d’Oro, della Commissione Interna, del Consiglio di Gestione mi hanno recato il vostro ricordo e le vostre firme. Io vi esprimo ora la mia profonda gratitudine, poiché l’oggetto che mi avete donato e i vostri nomi rimarranno sempre con me a testimonianza degli invisibili fili spirituali che a voi mi avvolgono poiché, permettetemi di dire, una parte di protezione dei vostri destini mi è stata consegnata dal mio destino. Amici operai, io volevo con queste parole fare soltanto un breve giro di orizzonte sul nostro lavoro nell’anno che sta per finire, volevo confortarvi della nostra fiducia per il nostro avvenire indissolubilmente legato a quello del nostro paese; formuliamo perciò l’augurio che dopo tanti anni di tristi e dolorose vicende, di inenarrabili sacrifici, quella gran parte della popolazione che ancora soffre della miseria e della disoccupazione sia sollevata in breve tempo verso una vita più civile, più
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degna, più umana, perché la nostra situazione di relativa tranquillità non sarebbe motivo di letizia se ancora tanta parte della popolazione non raggiungesse quel livello di vita cui umanamente potrebbe aspirare, e se addirittura una parte di essa continuasse a stentare, come stenta, a procurarsi il pane attraverso il lavoro. Perciò la nostra fabbrica si è associata agli sforzi per la redenzione del Mezzogiorno, contribuendo in vari modi al sorgere di iniziative per lo studio di quei problemi, poiché non possiamo vivere isolati: il progresso di tutto il paese è condizione del nostro progresso. Debbo una calda parola di ringraziamento a voi tutti non solo per il vostro lavoro, ma perché uno spirito di comprensione, di tolleranza, di concordia ha aleggiato in questo stabilimento anche nei momenti più difficili. Noi abbiamo raccomandato e pregato affinché uno spirito di rispetto e di dignità delle altrui persone, delle altrui opinioni, delle altrui ragioni, fosse continuamente presente.
Questo discorso è stato pronunciato il 24 dicembre 1949 davanti alle maestranze riunite del salone dei Duemila, a Ivrea. È successivamente apparso sul numero di dicembre/gennaio 1949/50 del «Giornale di Fabbrica Olivetti»
Opere di Adriano Olivetti
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Adriano Olivetti, Discorsi per il Natale © Fondazione Adriano Olivetti © 2017 Comunità Editrice ISBN 978-88-98220-41-0 www.edizionidicomunita.it www.fondazioneadrianolivetti.it
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