Se l’impossibile diventa possibile, di Franco Basaglia (estratto)

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Franco Basaglia Se l’impossibile diventa possibile Per dirsi civile la nostra società dovrebbe accettare la follia così come accetta la ragione

Edizioni di Comunità


Ognuno può suonare senza timore e senza esitazione la nostra campana. Essa ha voce soltanto per un mondo libero, materialmente più fascinoso e spiritualmente più elevato. Suona soltanto per la parte migliore di noi stessi, vibra ogni qualvolta è in gioco il diritto contro la violenza, il debole contro il potente, l’intelligenza contro la forza, il coraggio contro la rassegnazione, la povertà contro l’egoismo, la saggezza e la sapienza contro la fretta e l’improvvisazione, la verità contro l’errore, l’amore contro l’indifferenza.


Indice Se l’impossibile diventa possibile

Libertà e oppressione

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Aprire l’istituzione non è aprire le porte

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Nota biografica

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LibertĂ e oppressione


[San Paolo, 18 giugno 1979] È molto difficile stabilire una differenza, una divisione bizantina, fra libertà e oppressione, ed è difficile dire se la psichiatria sia di per sé strumento di liberazione o di oppressione. Tendenzialmente la psichiatria è sempre oppressiva, è un modo di porsi del controllo sociale, ma è nata come elemento di liberazione dell’uomo, e sotto questo punto di vista la questione diventa più complessa. Se partiamo dall’origine della psichiatria vediamo emergere nomi di grandi psichiatri, mentre del malato di mente esistono solo denominazioni, etichette: iste-


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ria, schizofrenia, mania, astenia, ecc. La storia della psichiatria è storia degli psichiatri, non storia dei malati. Comincia così il calvario del folle e la grande fortuna dello psichiatra. Fin dal Settecento il malato è sempre stato indissolubilmente legato al suo medico, creando una condizione di dipendenza dalla quale non è mai riuscito a liberarsi. Direi che la psichiatria non è mai stata altro che una brutta copia della medicina, una copia nella quale il malato appare sempre totalmente dipendente dal medico che lo cura: l’importante è che non sia mai in una posizione critica nei confronti del medico. Quando il popolo, nel secolo scorso, cominciò a ribellarsi all’autorità dello Stato, si capì che voleva una parte nella gestione del potere e soprattutto che il popolo non era un animale che poteva essere dominato facilmente. Così emerse nettamente, nel secolo scorso, l’esistenza di due classi: la classe dei lavoratori, che non vuole più essere dominata e vuol essere partecipe del potere, e la classe dominante, che vuole continuare a dominare senza cedere spazio a chi vuole spartire il suo potere. La storia è chiara: sono più di cento anni di lotte, di sangue,


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di guerre civili. La classe lavoratrice ha conquistato uno spazio di rilievo nei nostri paesi e io penso che sia fondamentale che il medico e lo psichiatra che curano i malati sappiano queste cose. Il medico che assiste una comunità deve infatti sapere che in questa sono presenti come minimo due classi, una che vuole dominare e l’altra che non vuole lasciarsi dominare. Quando lo psichiatra entra in manicomio incontra una società ben definita: da un lato i “folli poveri”, dall’altro i ricchi, la classe dominante che dispone dei mezzi per il trattamento dei poveri folli. Sotto questa angolazione, come possiamo pensare che la psichiatria possa essere liberatrice? Lo psichiatra sarà sempre in una posizione di privilegio, di dominio nei confronti del malato. Anche questo fa parte di ciò che la storia della psichiatria fa capire. Essa è storia dei potenti, dei medici, e mai dei malati. Da questo punto di vista, la psichiatria è fin dalla nascita una tecnica altamente repressiva, che lo Stato ha sempre usato per opprimere i malati poveri, cioè la classe lavoratrice che non produce. Tuttavia, qualcosa di nuovo è accaduto in questa seconda metà del secolo, qualcosa di speciale che


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ha dato alla scienza in generale, e in particolare ad alcuni aspetti della medicina e della psichiatria, elementi di liberazione e non di oppressione. Dopo la seconda guerra mondiale il popolo e alcuni tecnici hanno cominciato a mettere in discussione le istituzioni dello Stato. Negli anni Sessanta abbiamo visto, come in una grande fiammata, la gioventù del mondo intero ribellarsi. In questa rivolta noi tecnici della repressione psichiatrica eravamo presenti e abbiamo dato il nostro appoggio a questa ribellione. Poi, mentre la rivolta del Sessantotto si perdeva in varie direzioni e veniva recuperata in una sorta di nuova oppressione e restaurazione, c’è stata una serie di situazioni abbastanza interessanti che hanno legato le lotte nelle istituzioni alle lotte dei lavoratori. I grandi movimenti di questi ultimi vent’anni sono stati la rivolta degli studenti, i grandi scioperi operai che hanno preso in mano alcune delle lotte degli studenti, la lotta nelle istituzioni psichiatriche e, infine, una delle più importanti, la lotta dei movimenti comunisti. Questo momento ha fatto sperare che il mondo potesse essere diverso. Ci sono state illusioni, ma anche una serie di certezze. Abbia-


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mo visto, per esempio, che quando il movimento operaio prende nelle sue mani lotte rivendicative, di liberazione, antistituzionali, questa illusione diventa realtà. In Italia per esempio, dopo il 1968 ci sono stati grandi scioperi, durante i quali gli operai rivendicarono il diritto alla salute, cioè portarono a livello delle istituzioni pubbliche le loro lotte. Parallelamente alcuni tecnici dimostrarono che il manicomio era un luogo di oppressione e di dolore, non di cura. Infine, in quegli anni e nei seguenti, le donne dimostrarono che l’oppressione del maschio e della famiglia impediva loro di avere una propria soggettività. In altre parole, tutti questi movimenti e queste lotte hanno evidenziato che, oltre alla lotta del movimento operaio che rivendicava il cambiamento della condizione di vita e la partecipazione alla gestione del potere, c’era anche un’altra lotta fondamentale: la volontà di affermarsi non tanto come oggettività, ma come soggettività. Questa è una fase molto importante, poiché è la fase che stiamo vivendo, ed è una sfida a ciò che siamo, al rapporto tra la nostra vita privata e la nostra vita come uomini pubblici e politici.


Ringraziamenti L’editore desidera ringraziare Alberta ed Enrico Basaglia per aver generosamente concesso l’utilizzo dei testi pubblicati in questo volume e la Fondazione Franca e Franco Basaglia per la disponibilità dimostrata, oltre che per il lavoro di tutela e valorizzazione che svolge. In particolare, ringrazia Maria Grazia Giannichedda per la sua indispensabile collaborazione alla selezione dei testi e alla redazione dell’opera. Un ringraziamento è rivolto anche a Silvia Jop per aver compreso lo spirito di questo volume e averne agevolato la pubblicazione. Infine, l’editore ringrazia Raffaello Cortina Editore per aver concesso, senza nulla chiedere, la pubblicazione del testo Libertà e oppressione nei termini di cui si dà conto nella nota al testo.


Franco Basaglia, Se l’impossibile diventa possibile © Comunità Editrice 2018 © Eredi di Franco Basaglia Per il testo Libertà e oppressione © 2000, 2018 Raffaello Cortina Editore ISBN 978-88-98220-93-9 Redazione: Angela Ricci, Andrea Crisanti de Ascentiis Impaginazione e ebook: Studio Akhu Progetto grafico: BeccoGiallo

Edizioni di Comunità è un’iniziativa in collaborazione con la Fondazione Adriano Olivetti www.fondazioneadrianolivetti.it Direzione editoriale: Beniamino de’ Liguori Carino facebook.com/edizionidicomunita twitter.com/edcomunita www.edizionidicomunita.it info@edizionidicomunita.it


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