MATTEO CAVEZZALI
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IL TEMPO DELLA SCRITTURA
RAVIPLAST
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EDITORIALE
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04 / PILLOLE NOTIZIE DALLA PROVINCIA
08 26 / STORIA IL BACIO AL GUIDARELLO
In questo momento di forte tensione per tutti, speriamo che questo numero vi porti un po’ di leggerezza con le sue tante storie dedicate alla cultura, all’arte e all’impresa. Abbiamo incontrato Matteo Cavezzali, in copertina, direttore artistico di festival letterari, scrittore, autore, e la cooperativa Raviplast, rilanciata dai lavoratori diventati proprietari e soci. Parliamo di teatro e diversità con Mauro Lupinelli, vincitore del Premio UBU 2021, e delle fotografie per i quarant’anni di Kate Middleton firmate da Paolo Roversi. Raccontiamo la storia del monumento di Guidarello Guidarelli, della casa-museo Biagetti e dell’opera di Rondinelli, tornata a Ravenna all’interno del MAR. Incontriamo Federico Blanc, fondatore di PianoterRA, il sitting volley di Ravenna, e infine l’artista Mauro Malafronte. Buona lettura! DI ANDREA MASOTTI
32 / DESIGN
08 / PROFILI
CASA-MUSEO BIAGETTI
MATTEO CAVEZZALI
14 / IMPRENDITORIA RAVIPLAST RINASCERE IMPRENDITORI
40 / ARTE RONDINELLI L’OPERA TORNA A CASA
43 / SPORT
18 / TEATRO MAURIZIO LUPINELLI L’UMANITÀ DELL’ATTORE
FEDERICO BLANC SITTING VOLLEY
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22 / FOTOGRAFIA Edizioni IN Magazine s.r.l. Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì | T. 0543.798463 www.inmagazine.it | info@inmagazine.it Anno XXI N. 1 marzo/aprile Reg. di Tribunale di Forlì il 16/01/2002 n.1 Direttore Responsabile: Andrea Masotti Redazione centrale: Clarissa Costa, Beatrice Loddo Coordinamento di redazione: Roberta Bezzi Artwork e impaginazione: Francesca Fantini Ufficio commerciale: Roberto Amadori, Gianluca Braga Stampa: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN) Chiuso per la stampa il 24/03/2022 Collaboratori: Alessandra Albarello, Chiara Bissi, Andrea Casadio, Anna De Lutiis, Massimo Montanari, Serena Onofri, Aldo Savini Fotografi: Lidia Bagnara, Massimo Fiorentini, Paolo Roversi.
Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e citando la fonte. In ottemperanza a quanto stabilito dal Regolamento UE 2016/679 (GDPR) sulla privacy, se non vuoi più ricevere questa rivista in formato elettronico e/o cartaceo puoi chiedere la cancellazione del tuo nominativo dal nostro database scrivendo a privacy@inmagazine.it
PAOLO ROVERSI SCATTI MAESTOSI
22 48 / PITTURA MAURO MALAFRONTE VORTICE DI EMOZIONI
PILLOLE
RAVENNA JAZZ 2022 RAVENNA | Si svolgerà dal 4 al 13 maggio la 49a edizione di Ravenna Jazz, che ritorna dopo le ultime due annate alterate dai lockdown. A salire sul palco del Teatro Alighieri saranno noti artisti come Pat Metheny e Sarah Jane Morris e Nick The Nightfly, mentre all’interno del format Ravenna 49° Jazz Club, caratterizzato da ambientazioni in piccoli teatri e club, sono previste le proposte attuali e stimolanti di Paula Morelenbaum, Lionel Loueke, Shai Maestro, Salvador Sobral, i 75 Dollar Bill, il Khalab Live Quartet, Alessandro Scala insieme a Fabrizio Bosso. In programma anche il gran finale dell’iniziativa didattica Pazzi di Jazz, con un vasto organico di baby musicisti in compagnia di Enrico Rava, Mauro Ottolini, Alien Dee e Tommaso Vittorini.
RAVENNA FESTIVAL DEDICATO A PASOLINI RAVENNA | In programma dall’1 giugno al 21 luglio, l’edizione 2022 del Ravenna Festival è dedicata a Pier Paolo Pasolini, a cent’anni dalla nascita, con il sottotitolo Tra la carne e il cielo. Prevista un’anteprima il 25 maggio con il concerto di Ludovico Einaudi che presenterà il primo album in solo degli ultimi vent’anni: Underwater. Il concerto inaugurale sarà con Daniel Harding e la Mahler Chamber Orchestra, poi seguiranno 120 eventi da favola con oltre mille artisti, tra cui Gidon Kremer, Christoph Eschenbach, Jordi Savall, i 100 Cellos di Giovanni Sollima ed Enrico Melozzi, PFM; Diana Krall, La Rappresentante di Lista. Riccardo Muti guiderà la sua Orchestra Cherubini nel progetto Le vie dell’Amicizia e nel concerto finale.
PH MASSIMO FIORENTINI
TYRA IN DANIMARCA RAVENNA | È partita il 16 marzo dal porto di Ravenna verso la Danimarca la grande piattaforma Tyra, del peso di 5.400 tonnellate e alta più di 55 metri, realizzata da Rosetti Marino. Si tratta di un modulo alloggi che raggiungerà il Nord Europa trainato da un rimorchiatore. Dopo tre mesi dalla sua collocazione in mare, la piattaforma inizierà a essere abitata dai lavoratori dell’impianto di trivellazione del gas di Total Energies. Con questo impianto la Danimarca si rende indipendente dalle importazioni di gas naturale dall’estero, “obiettivo sul quale,” secondo l’amministratore delegato della Rosetti Marino, Oscar Guerra, “sarebbe utile anche per l’Italia avviare una seria riflessione.”
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PILLOLE
JOVA BEACH PARTY MARINA DI RAVENNA | Quest’anno il Jova Beach Party di Jovanotti farà tappa anche sul lungomare di Marina di Ravenna, l’8 e 9 luglio. Durante la presentazione della festa live, l’artista ha ricordato la sua prima volta nella località. “Avevo 15 anni e un mio amico aveva una fidanzatina che stava passando l’estate a Marina di Ravenna. Una sera andammo fino al campeggio di lei, in due in sella a un Si Piaggio. Impiegammo 10 ore e al nostro arrivo non la trovammo, così facemmo il bagno e dormimmo in spiaggia.”
INAUGURA ONDINA MARINA DI RAVENNA | La nuova sfida degli imprenditori ravennati Mascia Ferri e Cristiano Ricciardelli si chiama Ondina, stabilimento balneare che ha inaugurato a fine marzo a Marina di Ravenna al posto dell’ex bagno dell’Esercito. La ristorazione di qualità sarà il punto di forza della struttura che consentirà di mangiare immersi nella duna. Progettato da Nuovostudio, il bagno ha uno stile innovativo e al contempo minimale, quasi totalmente in legno, con grandi vetrate d’impatto e un immenso terrazzo prendisole. Salvate 5.000 piantine della duna che saranno presto collocate nel giardino formato da anelli di sabbia.
PH LIDIA BAGNARA
ALEXANDER IN IDENTITÀ GOLOSE RAVENNA | Il ristorante Alexander con il suo chef Mattia Borroni è l’unico ristorante di Ravenna inserito nella 15a edizione della Guida Identità Golose ideata da Paolo Marchi e Claudio Ceroni, curata da Gabriele Zanatta. Da quasi vent’anni il locale è gestito da Sante Milandri e Pia Casu. Borroni è già stato premiato nel 2014 come miglior chef emergente.
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PROFILI
MATTEO CAVEZZALI DIRETTORE ARTISTICO DI FESTIVAL LETTERARI, SCRITTORE, AUTORE
DI ANNA DE LUTIIS
Matteo Cavezzali ha ancora l’espressione sorniona di quando frequentava il liceo scientifico Alfredo Oriani di Ravenna, dove negli intervalli vagava per i corridoi sempre circondato da un gruppo di compagni – forse, già group leader? Direttore artistico, scrittore e drammaturgo, Cavezzali risponde alle domande sul suo percorso con una semplicità disarmante: come è arrivato a diventare conduttore di importanti incontri e autore di libri che gli hanno già procurato notevole successo? “Dopo il liceo,” ricorda, “ho frequentato Scienze della Comunicazione dove ricordo in modo particolare le lezioni di Umberto Eco. Volevo comunicare, scrivere storie, anche inventate, a volte partendo da personaggi che mi avevano particolarmente colpito. Ci fu un primo approccio con il teatro quando ero ancora al liceo e partecipai a I Polacchi, lo spettacolo di Marco Martinelli ed Ermanna Montanari. In seguito ho scritto anche dei testi teatrali per Onnivoro, un teatro fatto
FOTO LIDIA BAGNARA
soprattutto da giovani. Più tardi cominciai la collaborazione con alcuni giornali. Fu invece casuale, mentre ero in spiaggia al bagno Fandango, incontrare Pino Cacucci, il già notissimo scrittore, sceneggiatore e traduttore: avevo letto tutti i suoi libri e di lui mi colpiva il fatto di essere sempre portato a mettere in risalto personaggi storici non vincitori, sommersi e nascosti dalla Storia ufficiale. Gli chiesi se fosse interessato a presentare i suoi libri in quel contesto estivo fatto di serate in tutto relax. Fu per me la prima occasione per condurre incontri letterari.” La cosa che sorprende in Matteo Cavezzali è la sua spontaneità nel raccontare anche momenti importanti come questo, che ha segnato un percorso che oggi ha acquistato grande importanza con Il Tempo Ritrovato, la rassegna di incontri con autori e autrici del panorama letterario, di cui è da anni conduttore. “Ho delle idee, le butto lì… e aspetto che accada qualcosa. Miracolosamente molte si sono realizzate.” La casualità 9
PROFILI
IN QUESTE PAGINE, MATTEO CAVEZZALI, IN ALTO E NELLA PAGINA SEGUENTE SUL PALCO DEI FESTIVAL LETTERARI.
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è solo una delle componenti che ha portato Matteo ad affermarsi, poi ci vogliono anche coraggio e intuito e il suo percorso dimostra che non mancano. “Leggendo Marcel Proust, Alla Ricerca del tempo perduto,” continua, “ho pensato al titolo di una rassegna letteraria, Il Tempo Ritrovato, quello che rappresenta una pausa per ascoltare, leggere e riflettere sulla vita, sulla società. Un campo molto vasto che mi ha permesso di invitare a Ravenna scrittori italiani e non solo, autori di libri che affrontano le più varie problematiche. Oggi gli incontri avvengono alla Sala Muratori della Biblioteca Classense, ogni mercoledì alle 18. Inoltre ci sono appuntamenti anche a Lugo, Bagnacavallo, Fusignano, Cotignola, Alfonsine e Gambettola.” Il pubblico che segue gli incontri è eterogeneo ma c’è anche una notevole componente di giovani, essen-
zialmente studenti di scuola superiore e universitari. Intanto, parallelamente è nato il Festival Scrittura, che dura alcuni giorni, in cui vengono affrontate tante tematiche con diversi autori che si alternano al tavolo, approfondendo gli argomenti da diversi punti di vista. Il Festival Scrittura ha da tempo raggiunto altre regioni: in Trentino-Alto Adige, Cavezzali cura Scrittura sulle Dolomiti e in Campania è co-direttore di Salerno Letteratura. Gli incontri letterari hanno rappresentato per lui anche l’opportunità di confrontarsi con autori importanti e pian piano l’hanno portato a scrivere romanzi. Uno dei personaggi che l’ha maggiormente colpito è Luis Sepulveda, uno scrittore acuto e accattivante, non solo per i suoi romanzi di successo ma anche per la sua vita, così frastagliata,
PROFILI
ricca di eventi, così piena di colpi di scena. La passione che Matteo mette nel raccontare è la stessa con cui ha affrontato una scrittura più impegnativa come il romanzo. Il primo, Icarus. Ascesa e caduta di Raul Gardini, fu pubblicato in primis da Minimum Fax e successivamente da Mondadori. “Avevo scritto questo primo romanzo e l’avevo inviato a più case editrici. Infine è stato pubblicato. Molto di Gardini era già stato scritto ma mancava ancora la verità sull’accaduto, e c’era ancora molto da scoprire. L’ho presentato in molte città. Durante la presentazione a Milano, a fine incontro si avvicinò Alberto Rollo, editor della Mondadori, e mi chiese
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“NON PROGRAMMARE TROPPO E VEDERE COSA SUCCEDE È DIVENTATA LA MIA FILOSOFIA.” COSÌ SONO NATE LE IDEE DE IL TEMPO RITROVATO, POI DI FESTIVAL SCRITTURA E DEI SUOI TRE LIBRI, UNO DIVERSO DALL’ALTRO.
se avevo qualcosa nel cassetto. Io avevo già scritto il mio secondo romanzo, Nero d’inferno, glielo mandai subito dopo e nel giro di una settimana avevo il contratto.” Ecco, come spesso gli è capitato, lui aveva scritto e aspettava. Il protagonista del romanzo è Mario Buda, romagnolo, immigrato, in America diventa Mike Boda, l’uomo che fece saltare Wall Street negli anni Venti. “Avevo trovato il suo nome su un vecchio giornale americano che raccontava di un terrorista anarchico che cercava di contrastare l’ingiustizia sociale, certo Boda’s Bomb.” Un romanzo che parte da elementi reali, da un personaggio vero, mentre le vicissitudini vengono spesso ricreate grazie alla fantasia dell’autore. Per il libro su Gardini, Cavezzali ha vinto il Premio Comisso e il Premio Volponi Opera Prima. Supercamper. Un viaggio nella saggezza del mondo è il suo terzo libro pubblicato da Laterza. “È un libro nato durante il lockdown,” spiega, “quando non si poteva viaggiare. Ho sentito la mancanza di quella libertà di raggiungere altri paesi, come avevo fatto prima, a partire dai primissimi viaggi che facevo con la mia famiglia. Sono stato stimolato dai ricordi, quando si partiva in camper, una Volkswagen riadattata, senza una meta precisa che cambiava inevitabilmente durante il viaggio.” Se nei due precedenti romanzi erano protagonisti Raul Gardini e Mike Boda, qui è lui con tutti i suoi ricordi che spesso rivede e rielabora nella sua fantasia. “Non programmare troppo e vedere cosa succede è diventata la mia filosofia,” precisa sorridendo. Lo scorso dicembre è inoltre nato il primo podcast, prodotto da Rai Play Sound, realizzato e scritto da Matteo Cavezzali e Gianni Gozzoli: sei puntate per raccontare Bruno Neri, il calciatore faentino che sfidò il Duce rifiutando di fare il saluto fascista, trattando anche la Resistenza in Romagna. Ad aprile, Cavezzali porterà nei teatri un adattamento di questa storia. A maggio, il suo prossimo libro… “È già pronto ma non posso dire nulla, nemmeno il titolo. Anticipo solo che sarà ambientato nel Parco del Delta del Po.”
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IMPRENDITORIA
RINASCERE IMPRENDITORI LA COOPERATIVA RAVIPLAST RIFIORISCE DALLE CENERI DELLA NUOVA PANSAC
DI CHIARA BISSI
La storia di Raviplast è di quelle belle, che vale sempre la pena di raccontare, perché mai come in questo caso l’intuizione e la perseveranza di pochi hanno dato i frutti sperati, diventando l’orgoglio di molti. La società, nata nel 2013, risorge dalle ceneri della Nuova Pansac, perlomeno dal ramo produttivo di imballaggi industriali presente a Ravenna, in Darsena, sul canale. Ma per rinascere ha bisogno di una trasformazione e così prende la forma di una cooperativa, grazie a uno dei primi e più fortunati esempi in Italia di workers buyout, cioè l’operazione di acquisto fatta dai lavoratori che da dipendenti si trasformano in proprietari e in soci cooperatori. Dietro al coraggio di 25 persone, private del loro lavoro, pronte a mettersi in gioco, c’è una città che non si gira dall’altra parte e un mondo economico che risponde alla richiesta di aiuto. La legge Marcora è lo strumento usato, ma è la determinazione dei lavoratori che permette di impiegare gli ammortizzatori a cui hanno diritto per 14
FOTO MASSIMO FIORENTINI
creare il capitale necessario e che convince alcuni fondi cooperativi a raddoppiarlo. “Raviplast,” racconta il presidente Alessandro Micelli, “nasce dal fallimento della Nuova Pansac, gruppo con 5 stabilimenti e due sedi di imballaggio in Italia, mille persone impiegate, 300 milioni di fatturato. Dopo un paio d’anni di crisi è subentrato il fallimento con la gestione straordinaria. Il commissario tentò di vendere i siti produttivi, tutti aperti. Il proprietario aveva anche provato a vendere il terreno per fare un’operazione immobiliare. Devo ringraziare il Comune e l’allora sindaco Matteucci per aver mantenuto la destinazione d’uso dell’area ad attività produttiva e aver frenato spinte speculative. Decidemmo quindi di procedere con uno studio di fattibilità per capire se c’era margini per tentare. Nessuno di noi veniva dalla cooperazione, era un mondo sconosciuto. Nell’agosto del 2013, grazie al sostegno delle tre centrali cooperative, Legacoop, Agci e Confcooperative, facemmo un’offerta per il
IN ALTO, IL PRESIDENTE DI RAVIPLAST ALESSANDRO MICELLI. NELLA PAGINA SEGUENTE, LA SEDE DELL’AZIENDA NELLA DARSENA RAVENNATE.
ramo d’azienda.” Nella Nuova Pansac in via D’Alaggio lavoravano 90-100 persone, e in quel frangente molti trovarono altre occupazioni. Ripartita con 25 soci lavoratori, Raviplast nel 2014 contava 5 milioni di euro di fatturato. Con 29-30 persone il 2021 si è chiuso con un fatturato di circa 7 milioni di euro. Anni, questi, di bilanci positivi, ricorda Micelli: “Le banche ci hanno sempre dato fiducia, abbiamo un ottimo rating e non abbiamo trovato difficoltà negli investimenti. Nel 2013 rilevammo solo l’attività produttiva, macchinari e l’attività commerciale. Nel 2020 siamo riusciti ad acquisire il sito produttivo. Un passaggio davvero importante per la cooperativa. Avere la proprietà dello stabilimento dona tranquillità per il futuro.” Da quasi un secolo esiste in Darsena la produzione di imballaggi industriali: allora le attività portuali si svolgevano anche in città, a pochi passi dalla stazione ferroviaria. Dalla carta alla juta, alla plastica, per arrivare alle bioplastiche e alle plastiche rigenerate. “Sia-
mo bene integrati nel tessuto cittadino, tanto che da quando la Darsena di città è diventata un’area di passeggio capita che turisti o ravennati entrino nel nostro piazzale, senza accorgersi che qui esiste una fabbrica. Abbiamo cercato sempre di essere poco invasivi. Per noi il passaggio da dipendenti a soci non è stato facile; una figura esterna come l’attuale amministratore delegato, Carlo Occhiali ci ha aiutato nel nuovo corso. A livello tecnico eravamo indipendenti, ma abbiamo dovuto imparare cos’è un consiglio di amministrazione, a decidere gli investimenti e a votare in assemblea.” Un percorso faticoso, partito con un portafoglio clienti assottigliato e la fiducia dei fornitori da riconquistare. Oggi Raviplast è un’azienda in salute, che compete sul mercato, nonostante gli aumenti spropositati delle materie prime e del costo dell’energia elettrica. “La nostra materia prima nell’agosto del 2020 era sotto l’euro al chilo, oggi è a due euro al chilo. Produciamo imballaggi plastici industriali: grandi sacchi 15
IMPRENDITORIA
per il contenimento utilizzati nella mangimistica, per i concimi, l’agricoltura, l’edilizia e nella florovivaistica. Dalla nascita siamo inoltre attenti alla sostenibilità, ampliando la nostra visione verso la plastica rigenerata e il recupero del materiale. Siamo a rifiuto plastico zero, non mandiamo nulla in discarica perché lo scarto viene riutilizzato nelle produzioni o venduto. Nel 2020 abbiamo ottenuto la certificazione Plastica Seconda Vita, il primo marchio europeo dedicato ai materiali e manufatti nella cui produzione è utilizzata plastica da riciclo, con la garanzia di un contenuto minimo del 30% di rigenerato e tracciabilità del rifiuto plastico.” Presente sul mercato italiano, Raviplast è riusci-
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UNO DEI PRIMI E PIÙ FORTUNATI ESEMPI IN ITALIA DI WORKERS BUYOUT, CIOÈ L’OPERAZIONE DI ACQUISTO FATTA DAI LAVORATORI CHE DA DIPENDENTI SI TRASFORMANO IN PROPRIETARI E IN SOCI COOPERATORI.
ta a imporsi con prodotti particolari anche all’estero. Intanto cresce lo sviluppo di prodotti come la bioplastica, utilizzati nel settore agricolo, grazie alla collaborazione con alcune realtà cooperative e con Novamont. Un progetto in corso, ad esempio, prevede la produzione di teli biodegradabili da applicare nei campi per la pacciamatura delle piantine. La produzione del materiale in agricoltura sarà un investimento per il futuro. “Con la pandemia non ci siamo mai fermati, abbiamo solo rallentato. Nei momenti di difficoltà c’è stata grandissima disponibilità a coprire i reparti, anche nei turni di notte. Noi viviamo in simbiosi e condividiamo le responsabilità.”
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TEATRO
L’UMANITÀ DELL’ATTORE IL PREMIO UBU 2021 MAURIZIO LUPINELLI, TRA TEATRO E DIVERSITÀ
DI SERENA ONOFRI
Il regista e attore ravennate Maurizio Lupinelli è tra i vincitori dei Premi Ubu 2021, considerati gli Oscar del teatro, nella categoria Miglior spettacolo di danza insieme alla compagnia trentina Abbondanza/Bertoni che la scorsa estate ha diretto lo spettacolo Doppelgänger. Classe 1959, l’artista cresce a Ravenna dove incontra il teatro alle scuole medie grazie a un’insegnante di italiano che propone lezioni animate. Da quelle prime osservazioni, sente di avere una dote. Tra il 1985 e 1986, frequenta quelle che tutti conoscevano come Casa Arevalos, seguita da giovani artisti del territorio e non solo. Comincia poi a costruire azioni teatrali, via via sempre più strutturate. Già in quella fase gli è chiaro di voler fare teatro, così si iscrive a una scuola di Firenze, la Bottega di Gassman. Quasi subito però si accorge che la tecnica non gli basta. “Cercavo l’espressione dell’anima, una spontaneità che venisse da dentro.” Lupinelli, come ha trovato la sua strada? “Nel 1986 mi sono trasferito a Parigi per fre-
FOTO MASSIMO FIORENTINI
quentare la scuola di Marcel Marceau. Costava molto e per sostenermi mi esibivo come artista di strada davanti al Centre Pompidou. Parigi mi ha catturato subito, grazie anche al lavoro di molte compagnie d’avanguardia che passavano in città. Un grande nutrimento per me. Poi mi hanno ispirato Danio Manfredini e Leo de Berardinis, così come il Teatro delle Albe. Marco Martinelli ed Eugenio Sideri mi hanno aiutato a mettere in scena Opinione di un Clown al Festival di Santarcangelo nel 1989. Quello spettacolo è stato il mio esordio che è piaciuto molto all’allora direttore artistico Antonio Attisani.” L’esperienza al Teatro delle Albe: quali i ricordi degli anni al Rasi? “La mia collaborazione con Martinelli sul fronte dei laboratori per le scuole inizia grosso modo nello stesso periodo in cui l’allora assessore e poi presidente di Ravenna Festival, Mario Salvagiani, coraggiosamente assegna la direzione del Rasi al Teatro delle Albe. Iniziamo nel 1991/92 e in pochi anni 19
TEATRO
la Non-scuola è stata accolta da tutte le scuole di Ravenna. Qui comincia il mio approccio alla diversità: nel 1997, allo Zodiaco di Ravenna, ho iniziato a lavorare con persone diversamente abili. Era un primo esperimento, insieme a Renato Bandoli e con il Teatro delle Albe. Poi ho proseguito a La Spezia con l’associazione Le Pleiadi.” Come nasce Nerval Teatro? “Dall’incontro, nel 2006, con l’attrice Elisa Pol (sotto, nella foto), che sarebbe poi diventata mia moglie oltre che compagna di lavoro. Il nome proviene dalla mia mania per Gerard de Nerval, scrittore francese. In quel momento il fondatore di Armunia a Castiglion-
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PORTARE IN SCENA MARAT/SADE DI PETER WEISS, CON 40 ATTORI DIVERSAMENTE ABILI E 20 ATTORI GIOVANI NORMO DOTATI, È STATA LA REALIZZAZIONE DI UN SOGNO. “VOGLIO CREARE UNA RETE CON ALTRE CITTÀ.”
cello mi chiamò per portare da loro il nostro teatro. Ho avuto la libertà di creare un progetto dedicato a persone diversamente abili.” Qual è la caratteristica del vostro teatro? “Un lavoro che coniuga l’esperienza della diversità con la scelta di lavorare su autori particolari della drammaturgia tedesca, tra cui Fassbinder e Weiss. Portare in scena Marat/ Sade di Peter Weiss, con 40 attori diversamente abili e 20 attori giovani normo dotati, è stata la realizzazione di un sogno. Inoltre, il nostro teatro è per tutti, in quanto considera la diversità come una fonte di ricchezza legata all’opera d’arte, una possibilità di creare un ascolto e di occuparsi concretamente di alcune situazioni e della condizione umana.” Com’è la vostra realtà a Ravenna? “Dal 2019, insieme al Comune e in particolare con l’assessorato ai Servizi sociali, abbiamo creato un progetto di laboratorio teatrale rivolto alle persone diversamente abili di Ravenna. Collaboriamo con le cooperative San Vitale, La Pieve e il Consorzio Selenia. Nel 2010 abbiamo messo in scena di Appassionatamente con 6 attori, di cui 3 diversamente abili. Nicastro, uno dei direttori artistici di Ravenna Festival, dopo aver visto lo spettacolo lo mette in programma in città. Poi nel 2018, ancora grazie a Nicastro e al Festival, abbiamo presentato Sinfonia Beckettiana.” Premio Ubu 2021: come è nato lo spettacolo vincente? “Dall’incontro tra gli attori dei miei laboratori e artisti da tutta Italia. È una pratica che abbiamo chiamato attraversamenti: invitiamo alcuni artisti a condurre una sessione di laboratorio, certi che l’incontro con pratiche ed energie diverse sia un fondamentale fattore di stimolo. Per Doppelgänger è stato decisivo l’incontro tra Francesco Mastrocinque, storico partecipante del Laboratorio Permanente di Castiglioncello, il danzatore Filippo Porro e la compagnia di danza Abbondanza/Bertoni.” Un sogno nel cassetto? “Mi piacerebbe allargare i nostri progetti sulla diversità, creando una rete che coinvolga altre città e altre realtà.”
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FOTOGRAFIA
SCATTI MAESTOSI PAOLO ROVERSI RITRAE LA DUCHESSA KATE MIDDLETON
DI ROBERTA BEZZI
Nuovo capolavoro del fotografo ravennate Paolo Roversi, noto a livello internazionale per aver immortalato top model e celebrità del calibro di Kate Moss, Naomi Campbell, Madonna, Sting, Rihanna ed Ezra Pound. Questa volta protagonista del suo mirino è stata Kate Middleton, la duchessa di Cambridge e moglie del principe William, futuro re d’Inghilterra. Nei mesi scorsi, infatti, è stato chiamato dalla duchessa stessa per realizzare un servizio fotografico reale per celebrare i quarant’anni, l’8 gennaio. Tutto è iniziato tramite una video call, a cui è poi seguito l’incontro di persona a Kensington Palace a novembre. Location d’eccezione per il servizio fotografico la serra dei giardini di Kew Gardens a Londra. La seduta ha richiesto circa quattro ore di lavoro, anche per l’emozione di Kate abituata a essere fotografata, ma non a posare per un solo fotografo. Il risultato? Tre
UN SERVIZIO FOTOGRAFICO PER CELEBRARE I QUARANT’ANNI DELLA DUCHESSA: UNA KATE COSÌ CONTEMPORANEA IN FOTO NON SI ERA MAI VISTA. I TRE RITRATTI SCELTI SONO ENTRATI A FAR PARTE DELLA COLLEZIONE PERMANENTE DELLA NATIONAL PORTRAIT GALLERY DI LONDRA.
ritratti in cui Kate appare incredibilmente contemporanea, come mai prima. Si stenta quasi a riconoscerla negli scatti, due in bianco e nero e uno a colori. La futura regina d’Inghilterra si mostra diversa dal consueto, con i capelli sciolti e naturali,
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un luminoso sorriso e un filo di trucco che ne evidenzia lo sguardo intenso, e non più formale e austera, nell’outfit e nell’acconciatura, con il make-up sobrio elegante per ogni occasione. Nella foto in bianco e nero e di profilo, romantica ed eterea, per alcuni ricorda la Principessa Sissi, per altri un po’ Angelica del Gattopardo di Visconti. Nella seconda foto in bianco e nero, appare poi più regale con un abito di organza, quasi da ballerina. Nella terza a colori, dove indossa un bell’abito rosso, Kate è un’esplosione di forza e coraggio. E proprio quest’ultima è la foto più apprezzata dal marito William e dai figli. I tre ritratti sono entrati a far parte della collezione permanente della National Portrait Gallery di Londra, della quale la duchessa di Cambridge è madrina ufficiale. Sono frutto di un’accurata selezione fra 250 scatti, quasi tutti in bianco e nero, che dopo una prima scrematura di Roversi sono diventati settanta. 23
FOTOGRAFIA
LA FUTURA REGINA D’INGHILTERRA SI MOSTRA DIVERSA DAL CONSUETO, CON I CAPELLI SCIOLTI E NATURALI. NELLA FOTO IN BIANCO E NERO È ROMANTICA ED ETEREA, IN QUELLA A COLORI, DOVE INDOSSA UN BELL’ABITO ROSSO, KATE È UN’ESPLOSIONE DI FORZA E CORAGGIO. È PROPRIO QUESTA LA FOTO PIÙ APPREZZATA DAL MARITO WILLIAM E DAI FIGLI.
IN APERTURA, KATE MIDDLETON FOTOGRAFATA DA PAOLO ROVERSI. IN QUESTA PAGINA, IL FOTOGRAFO RAVENNATE E, SOTTO, UNO DEI TRE RITRATTI DELLA DUCHESSA.
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Poi è stata Kate a scegliere le sue dieci preferite, per arrivare infine alle tre prescelte. “Realizzare gli scatti ufficiali per i 40 anni della duchessa è stato un vero onore per me, un momento di pura gioia e un’esperienza ricca e profonda che non dimenticherò mai,” ha affermato lo stesso Roversi che ha aggiunto un altro importante tassello alla sua già blasonatissima carriera. Considerato uno dei più celebri fotografi di moda dallo stile più personale e facilmente riconoscibile, il 74 enne ravennate – che vive a Parigi dal 1973 – ha collaborato con celebri case di moda, da Valentino a Christian Dior, da Yves Saint-Laurent a Comme des Garçons, da Romeo Gigli a Yohji Yamamoto, da Giorgio Armani a Givenchy, da Alberta Ferretti a Hermes, realizzando numerose copertine di prestigio fra cui Vogue, Marie Claire ed Elle. Tra i più prestigiosi progetti, rientrano anche il calendario Pirelli 2020 e Zara Atelier. Sotto il profilo tecnico, è stato il primo fotografo a usare la Polaroid formato 20x25, dando il La a nuove sperimentazioni caratterizzate dall’uso di una luce intensa e incisiva, di grande impatto espressivo. Ravenna, sua città natale, gli ha dedicato la mostra personale Studio Luce allestita nel 2020 al Mar – Museo d’arte della città e, nei mesi scorsi, Nudi, la mostra dei suoi più celebri nudi all’interno della Cappella di Palazzo Baronio, a cura di Maison Random.
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STORIA
IL BACIO AL GUIDARELLO IN MEMORIA DEL CAVALIERE UCCISO IN UNA ZUFFA PER UNA CAMICIA
DI ANDREA CASADIO
Ravenna, Guidarello Guidarelli / dorme supino con le man conserte / su la spada sua grande. Al volto inerte / ferro, morte, dolor furon suggelli. Fra i tanti che, negli ultimi due secoli, sono rimasti affascinati dalla figura di Guidarello eternata dal monumento funebre, non poteva certo mancare Gabriele D’Annunzio, che nel 1903 omaggiò con questi versi la memoria del guerriero morente contribuendo a sua volta ad alimentarne il culto. Del resto, gli ingredienti del mito romantico-decadente c’erano tutti: una fosca vicenda ambientata in un secolo di ferro, il sofferto patetismo del volto del cavaliere, l’oscuro sodalizio di Amore e Morte emanante dal gelido calore del marmo sepolcrale. Ingredienti che a loro volta rispecchiavano le tre componenti sul cui intreccio il mito si era forgiato: la concreta vicenda biografica del protagonista, il valore artistico della scultura, l’immaginario erotico
IL MITO DI GUIDARELLO? SI BASAVA SULLA LEGGENDA CHE IL BACIO AL VISO DEL CAVALIERE AVREBBE ASSICURATO ALLA DONNA IL MATRIMONIO ENTRO L’ANNO O, SE GIÀ SPOSATA, LA NASCITA DI UN FIGLIO ALTRETTANTO BELLO.
che col tempo venne a coagularsi attorno a essa, decretandone il successo popolare in Italia e all’estero. Cominciamo dal primo punto. Chi era Guidarello Guidarelli? Purtroppo, le frammentarie informazioni che abbiamo su di lui riescono a fornire una risposta solo parziale. Nato verso il 145060, non era senza dubbio uno
FOTO MASSIMO FIORENTINI
sconosciuto nella Ravenna del suo tempo. Figlio di un notaio, e consacrato cavaliere dall’imperatore Federico III durante il suo passaggio in città nel 1468, aveva abbracciato la vita militare, come tanti altri rampolli dell’aristocrazia romagnola della sua epoca, offrendo il suo servizio ai diversi eserciti allora in competizione per la supremazia nell’Italia settentrionale. Si sa che nel 1498-99 combatté per Venezia, ma nel 1500 era al soldo di Cesare Borgia, il Valentino, allora in procinto di lanciarsi nella sua effimera conquista della Romagna. Fu durante la sosta nella campagna militare, mentre l’esercito era acquartierato a Imola durante il carnevale del 1501, che avvenne l’episodio destinato a portarlo alla morte. Non un fatto d’arme, ma un banale litigio con un altro soldato, tale Virgilio Romano, che si era rifiutato di restituirgli una camicia “a la spagnola belissima de lavori d’oro” che Guidarello gli aveva 27
STORIA
NEGLI ANNI NOVANTA, STUDIOSI CON ZERI E SGARBI HANNO SOSTENUTO L’IPOTESI CHE IL MONUMENTO FUNEBRE SIA IN REALTÀ UN FALSO OTTOCENTESCO E NON IL CAPOLAVORO CINQUECENTESCO DI TULLIO LOMBARDO.
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prestato “per farsi mascara”. Il fatto che il duca punisse il colpevole con il taglio della testa fu per la vittima una ben magra consolazione. Gravemente ferito, Guidarello spirò infatti dopo pochi giorni d’agonia, non senza avere avuto il tempo di dettare al notaio Giovanni Cecchi, appositamente accorso da Ravenna, il proprio testamento, datato 6 marzo 1501 e tuttora conservato all’Archivio di Stato. Fra le altre disposizioni, il cavaliere ordinava alla moglie Benedetta Del Sale di fargli realizzare da un artista veneziano o fiorentino un monumento funebre e di collocarlo nella cappella di famiglia nella chiesa di S. Francesco, dedicata a S. Liberio, destinando a tal fine la notevole somma di
600 ducati. Una richiesta cui gli eredi effettivamente adempirono, anche se non subito: risale infatti al 1525 una quietanza di pagamento a favore del noto scultore veneziano Tullio Lombardo per lavori di ampliamento della cappella, e che è comunemente considerata anche come la prova della contemporanea realizzazione del monumento funebre. Da quel momento Guidarello dormì il suo sonno nella cappella, la prima a destra per chi entra nella chiesa, fino al 1650, quando la statua del “guerriero morto, disteso sul letto funebre, vestito di corazza” fu trasferita nel vicino oratorio di Braccioforte, a pochi passi dalla tomba di Dante. Qui rimase fino
al 1827, quando i Rasponi Del Sale, ai quali era giunta nel frattempo in proprietà per via ereditaria, la collocarono nella sede della neoistituita Accademia di Belle Arti, nell’attuale via Baccarini. Fu in quel frangente che cominciò la seconda vita di Guidarello. Uno dei primi a rimanere folgorato dalla scultura fu l’intellettuale fiorentino Gino Capponi, che nel 1837, dopo un viaggio a Ravenna, ne chiese all’Accademia una riproduzione in gesso. In effetti, in quel suo patetico ritrarre la vita della morte (così scriveva Capponi) essa si rivelava straordinariamente efficace nel toccare le corde più profonde della nuova sensibilità romantica dell’Ottocento. Nel corso del secolo la sua fama si
propagò come una febbre, varcando anche i confini nazionali, tanto che copie del monumento furono acquisite da importanti musei in ogni parte del mondo. I dirigenti dell’Accademia arrivarono perfino a introdurre un apposito modulo per le richieste di copie in gesso, con tanto di tariffa standard per gli acquirenti. Ad accrescere il fascino della scultura era anche l’aura di mistero che nei secoli si era addensata attorno ad essa. Ignote le vicende biografiche del protagonista, ignoto anche l’autore, che a lungo venne riconosciuto in un nome altrimenti oscuro, tale Giacomello Baldini. Fu Corrado Ricci, alla fine dell’Ottocento, ad attribuirne la paternità al ben più importante Tullio Lombardo, già sostenuta in passato da altri studiosi e da allora generalmente accettata (con l’eccezione che si vedrà in seguito), mentre nuove scoperte d’archivio contribuirono a illuminare almeno parzialmente la figura di Guidarello e le circostanze della sua morte. Nel frattempo, il culto verso il monumento iniziava anche a dilatarsi oltre il contesto storico-erudito per assumere le forme di quello che oggi definiremmo come un vero e proprio mito pop. Quando, nel 1935, il marmo tornò da una mostra a Parigi, il direttore dell’Accademia decise di sospenderne l’esposizione al pubblico per ripulire il volto dalle tracce di rossetto lasciate – a suo dire – dalle ammiratrici d’oltralpe. Vera o falsa che fosse la notizia, era la prima manifestazione di un fenomeno destinato a deflagrare nel dopoguerra, quello del Guidarello come fonte di attrazione mistico-erotica per l’universo femminile. Alimentato dalla stampa popolare (fra gli articoli pubblicati sui
rotocalchi si annovera anche quello di una giovane Oriana Fallaci, per Epoca, nel 1952), il mito si basava sulla leggenda che il bacio al viso del cavaliere avrebbe assicurato alla donna il matrimonio entro l’anno o, se già sposata, la nascita di un figlio altrettanto bello. Lunghe file di ammiratrici cominciarono dunque ad assieparsi al cospetto della statua, e migliaia di lettere ad affluire colme di passione da ogni parte del mondo, tanto che l’ente del turismo di Ravenna dovette aprire un ufficio appositamente destinato a smaltire la corrispondenza. Nel 1970 – anno in cui fu trasferito nella nuova sede dell’Accademia a S. Maria in Porto, dove si trova tuttora – Guidarello fu immortalato anche dal cinema, nel film La ragazza di latta del regista Giorgio Aliprandi, con l’attrice americana Sydne Rome a porre le sue labbra sul celeberrimo volto. Negli ultimi anni, anche in seguito al nuovo allestimento che
impedisce il contatto diretto con la scultura, il rito del bacio è scomparso. Essa, però, è tornata alla ribalta del dibattito pubblico negli anni ‘90, quando due storici dell’arte hanno sostenuto la clamorosa tesi che si tratti non di un’opera cinquecentesca, ma di un manufatto del XIX secolo ispirato al gusto neomedievale dell’epoca. Sostenuta anche da studiosi come Federico Zeri e Vittorio Sgarbi, l’ipotesi non manca di aspetti plausibili, ma non risponde a una domanda fondamentale: se il nostro Guidarello è un falso ottocentesco, l’originale dove si trova? L’onere della prova, in questi casi, spetta a chi nega una lunga tradizione di attribuzione storica, e tale prova non è stata ancora fornita. Fino a quel momento, il Guidarello di Ravenna resterà il capolavoro con cui Tullio Lombardo, all’alba del Cinquecento, eternò la memoria del cavaliere ucciso in una banale zuffa per una camicia ricamata d’oro.
IN QUESTE PAGINE, LA SCULTURA CHE RITRAE GUIDARELLO GUIDARELLI GIACENTE SULLA LASTRA TOMBALE, OGGI CONSERVATA AL MAR DI RAVENNA.
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STUDIO LORENZO CAVALLUCCI ODONTOIATRIA A 360 GRADI IN UN AMBIENTE INNOVATIVO
IL CHIRURGO ODONTOIATRA RAVENNATE LORENZO CAVALLUCCI HA CONSEGUITO IL DIPLOMA POST LAUREA IN IMPLANTOLOGY AND ORAL REHABILITATION PRESSO IL NEW YORK UNIVERSITY COLLEGE OF DENTISTRY.
Servizi di qualità in grado di coprire l’odontoiatria nel suo complesso, grazie a professionisti altamente competenti che lavorano in un ambiente all’avanguardia in materia di igiene e sicurezza e sempre aggiornato sul piano della pratica clinica. Dal 2010, Studio Cavallucci è un punto di riferimento per l’odontoiatria, e un riconosciuto centro di eccellenza per quanto riguarda l’implantologia e la chirurgia. A occuparsi di protesi e impianti è il titolare Lorenzo Cavallucci – specialista molto richiesto anche in altri stu-
di del territorio – che vanta una ricca esperienza sia nazionale che internazionale. Dopo la laurea in Odontoiatria e Protesi dentaria ha da subito scelto di proseguire la propria formazione con uno sguardo aperto al mondo. Al corso post laurea in Implantology and Oral Rehabilitation presso il New York University College of Dentristry CDE, ha affiancato ricerca e volontariato, dal Brasile alla Romania. Ancora oggi, oltre all’aver assunto il ruolo di tutor nel programma NYU Tutor Project in Italy della NYU College of Dentistry CDE Italian Graduate Association 2021/2022, continua a frequentare corsi e congressi in ambito nazionale e internazionale. “L’esperienza a New York,” ricorda il dottor Cavallucci, “è stata molto gratificante perché mi ha permesso di conoscere di persona i grandi autori dei libri su cui studiavo. Cosa ci differenzia dagli Usa? Oltre oceano la cura dei denti è maniacale, si fa molto più ricorso alla chirurgia anche grazie alle assicurazioni che coprono gli alti costi. L’Italia, però, è più avanti sul fronte estetico perché nessuno come noi è capace di realizzare veri e propri manufatti protesici dipinti a mano, che donano al sorriso il massimo della naturalezza.” Studio Cavallucci si avvale anche della collaborazione di altri professionisti: due ortodontisti per i bambini e per l’ortodonzia in generale e due igienisti dentali, oltre che da due assistenti alla poltrona e al personale dedicato al contatto col paziente. Dopo undici anni di attività, nel settembre 2021, si è realizzato il sogno di trasferire l’attività in una realtà più performante in via Anastagi 19 a Ravenna, in grado di offrire
un servizio migliore alla clientela. “Avendo lavorato a lungo in uno studio in centro storico,” racconta, “ero alla ricerca di locali comodi per i miei clienti e facili da raggiungere anche in auto. Questa è una zona molto ben servita in cui mancava solo il dentista, da affiancarsi alla farmacia e agli ambulatori dei medici di base, in modo da completare l’offerta in termini di salute e benessere. Avendo interamente ristrutturato i locali, ho potuto progettarli in linea con i più moderni standard del settore.” Al primo ingresso si viene accolti in un ambiente confortevole e pulito, e colpisce la suddivisione razionale degli spazi. Un altro elemento distintivo è la grande attenzione per i dettagli non solo di tipo tecnico ma anche estetico, che regalano un bel senso di accoglienza. Il che è fondamentale come tiene a ricordare Cavallucci. La tecnologia la fa da padrone ovunque. Qualche esempio? Ognuno dei tre ambulatori ha un trattamento d’aria privato e torrette filtranti, l’aria è sterilizzata tramite il sistema plasma freddo. L’acqua arriva filtrata grazie a un processo osmotico, poi con un macchinario specifico viene diluita con perossido di idrogeno affinché sia disinfettata da ogni possibile contaminazione. All’interno di ogni ambulatorio è stata poi scelta una luce solare, per riprodurre l’esatto colore originale del dente naturale; lavandini, sportelli e accessori vari sono fatti per ridurre al minimo il contatto e, al contempo, garantire il miglior grado di pulizia. Impossibile poi non restare colpiti dalla modernissima sala di sterilizzazione a vista, poiché ben visibile dal corridoio grazie
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alla vetrata. Progettata sin nei minimi dettagli, prevede un vero e proprio percorso che anche il paziente può apprezzare perché aiutato dalle luci come se fossero un semaforo: dal rosso della zona infetta, in cui inizia il ciclo di pulizia con la lava-ferri, si passa al giallo dove i ferri vengono imbustati, sino al verde della zona sterile, dove gli strumenti
escono sterili, imbustati, pronti all’uso. Studio Cavallucci è dotato inoltre di una moderna Tac dentale 3D che riduce al minimo l’esposizione del paziente e permette di avere il dettaglio tridimensionale della bocca, utile per le diagnosi nei casi più complessi o per la progettazione di casi di implantologia avanzata. Studio Cavallucci propone una gamma
completa di servizi per salute e la cura della bocca, dall’igiene orale ai trattamenti estetici come lo sbiancamento professionale, fino a protesi fisse e mobili, ponti, implantologia. “Bisogna iniziare sin da piccoli a prendersi cura della bocca,” evidenzia il dottor Cavallucci, “perché niente è come il dente naturale, anche se oggi esisto-
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no infinite soluzione di implantologia. Grande attenzione va riposta anche alla prevenzione e alla salute gengivale con screening periodici e costanti quali il sondaggio paradontale che permette di realizzare una scheda paradontale per ogni paziente in modo da individuare e controllare nel tempo le situazioni più o meno critiche”.
DESIGN
CASA-MUSEO BIAGETTI
UN LUOGO IN CUI IL DESIGN È DECLINATO IN OGNI SUA FORMA
DI ALESSANDRA ALBARELLO
FOTO MASSIMO FIORENTINI
Anche se non c’è più la cucina rosso Ferrari dedicata a sua moglie Paola e ideata da Gualtiero Marchesi, Casa Biagetti a Ravenna respira la stessa atmosfera di quando Raffaello viveva qui con la sua famiglia. Una cuoca eccezionale, la Paola, proprio da Formula Uno, al punto che prima di venire a cena Ettore Sottsass si assicurava sempre che ci fossero le frittelle di fiori di zucca. Ed era proprio in cucina, oppure attorno al lungo tavolo sotto il portico, che accadeva tutto. Tutto, per Raffaello Biagetti, si riassumeva in un’unica parola: il design, declinato in ogni sua forma. Come del resto lui l’aveva sempre pensato, contaminandolo con l’arte, i sentimenti, i sogni e con quella sorta di pragmatismo e ironia tipici romagnoli. In quella casa ci era andato ad abitare nel 1974, appena costruita dall’architetto Danilo Naglia che per il progetto aveva seguito la sua vocazione wrightiana. D’altra parte la modernità passava allora anche attraverso la ruvidezza del cemento, gli spigoli al vivo e una pulizia di linee, fedeli 32
a quel motto di Mies van der Rohe Less is more. 500 metri quadri di superficie suddivisa su due piani e affacciata su un parco di 2 ettari, un vero privilegio nel cuore di Ravenna. Rimasta chiusa per oltre 10 anni dopo la morte di Raffaello, è stata poi riaperta nel 2019, riscrivendo gli spazi di un’intimità famigliare per restituirli a nuovi sguardi, a nuove sensibilità. Una sorta di casa-museo che è diventata subito ispirazione per designer e architetti, grazie a un sapiente mix di pezzi unici e rari di archivio integrati con collezioni, arredi e opere d’arte già esistenti, a ricreare così una straordinaria scenografia domestica. Con ogni singolo dettaglio a raccontare la storia unica di una grande passione non solo per l’arredo, ma anche per la vita. La voce narrante di questa avventura così singolare e totalizzante nel design è Alberto Biagetti, figlio maggiore di Raffaello, che ci ha guidato in un percorso attraverso quegli spazi a lui così famigliari, indirizzando il nostro sguardo verso i pezzi più iconici. Anche se altrove,
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DESIGN
IN QUESTE PAGINE, LA CASA-MUSEO BIAGETTI A RAVENNA. IN BASSO, RAFFAELLO BIAGETTI.
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lui ha seguito le tracce di quel padre straordinario, autodidatta, che sentiva nelle mani e nel cuore il richiamo della materia, così forte da fargli bruciare i legni africani per realizzare mobili, o da spingerlo a recuperare sulle spiagge di Casalborsetti giganteschi tronchi d’albero per trasformarli nei Mostrilli, pezzi unici come tavoli grezzi integrati da una struttura in ferro. L’imperfezione diventava quindi perfezione, attraverso gesti epici che lanciavano inconsapevoli sfide ai canoni estetici del design, assimilabili alle influenze dell’arte povera. Nato nel 1940 a Sant’Arcangelo di Romagna, Raffaello Biagetti aveva solo un diploma di terza media e nessuna voglia di studiare, ma un grande talento per la pittura. È stato quando è andato a lavorare nel negozio di mobili di famiglia che ha riconosciuto il suo destino, la sua strada. E poi, nel 1988, un anno prima del Vitra Museum, quell’idea utopistica di realizzare proprio a Ravenna un Museo che, attraverso 150 pezzi iconici, raccontasse 100 anni di design. Attorno,
assieme a Giovanni Klaus Koenig, Filippo Alison e Giuseppe Chigiotti, ci ha costruito una narrazione poetica, racchiudendo quell’inestimabile patrimonio in un vero e proprio tempio creato da Ettore Sottsass. Negli anni Novanta Raffaello era stato poi artefice con Alessandro Guerriero di Futurarium, un progetto visionario che aveva portato a Ravenna, lontano dalle solite mete del design, Gaetano Pesce, Ron Arad e Sottsass a lavorare con un gruppo di studenti arrivati da tutto il mondo. Gli amici di una vita che si ritrovano ora nei pezzi contemporanei che arredano questa casa, integrandosi ad altri di epoche diverse, come quadri e specchi ottocenteschi o l’antico tappeto persiano del salotto. Amava descriverlo come “un lago dove sono caduti dei petali di fiori” perché il blu e il rosso erano i suoi colori preferiti. “Andava spesso in Iran e ogni volta ci rimaneva un mese. Dopo un po’ arrivavano bilici carichi di tappeti…” ci dice Alberto. Sempre in salotto, le sedie in pelle e mogano Kentucky di Carlo Scarpa circondano il tavolo e uno
BIAGETTI FU PROMOTORE DI ALCUNI PROGETTI VISIONARI COME IL MUSEO DEL DESIGN A RAVENNA NEL 1988 E FUTURARIUM, NEGLI ANNI NOVANTA. IL FIGLIO ALBERTO SEGUE LE TRACCE DEL PADRE COME DESIGNER.
specchio di Gaudí è accostato alla seduta antropomorfa in bronzo Fausto, disegnata da Novello Finotti per Gavina negli anni Settanta. Fa da contraltare un’accumulazione di Arman con i violini e la panca intarsiata Archena di Joe Tilson per Zanotta, mentre sulla libreria è esposta la rara collezione di miniature Woka degli anni Settanta. Dappertutto, le fragili cromie dei vetri di Borek Sipek si alternano alle collezioni realizzate da artisti per Meta Memphis, o ai pezzi unici di Gaetano Pesce. Alcuni oggetti sono numerati e fanno parte di edizioni limitate, altri sono preziose riedizioni come la vetrinetta Bauhaus della cucina che contiene un piatto di Pierre Alechinski degli anni Venti. Una casa che è una sedimentazione di storie, crocevia di incontri tra persone, tra arte e design. L’ampia scala che conduce al piano superiore culmina con una parete su cui campeggia un enorme dipinto di Mattia Moreni, grande amico di Raffaello. Qui, le camere da letto si affacciano tutte su un unico lato di un lungo corridoio che si trasforma in galleria, speculare a quello del pianterreno. Anche nelle stanze sono inseriti alcuni arredi iconici della storia del design, mescolati a opere d’arte: una scultura di Enrica Borghi, un’opera di Sandro Chia, le surreali lampade Cajones e Muletas di Salvador Dalí, la Superleggera di Gio Ponti, l’appendiabiti Hang It All di Charles & Ray Eames, solo per citarne alcuni. In quella che era la camera di Alberto Biagetti, dell’arredo originale è rimasto solo il lampadario Venini degli anni Sessanta ed è lui a spiegarci il motivo: “È l’unica stanza di cui ho voluto cambiare la disposizione dei mobili, perché mi faceva un certo effetto rivederla. In realtà però quando ritorno qui, mi sento di nuovo a casa mia.” 35
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LA FORZA DI FIDEURAM FILIPPO BIONDI ALLA GUIDA DELLO STORICO GRUPPO RAVENNATE
CON PIÙ DI 10 MILA FONDI, FIDEURAM DI RAVENNA, GUIDATA DAL REGIONAL MANAGER FILIPPO BIONDI, COSTRUISCE PRODOTTI FINANZIARI SU MISURA DEL CLIENTE.
Affidabilità, velocità di intervento, risposta e un’ampia gamma di prodotti finanziari, molti dei quali costruiti ad hoc in base alle esigenze della clientela, sono alcuni dei principali pregi di Fideuram Intesa Sanpaolo Private Banking. A Ravenna, la banca può contare su un gruppo storico importante caratterizzato da nuovi ingressi di professionisti seri, accanto alla cosiddetta vecchia guardia. Un gruppo così significativo che fa area da solo, in virtù del rilevante portafoglio a livello di clienti e patrimonio, e che comprende ben 16 private banker iscritti all’albo a Ravenna di cui due a San Pietro in Vincoli e due a Cervia, a cui si aggiungono due impiegate che seguono lo sportello di Ravenna a supporto dei clienti e
sei collaboratrici per il disbrigo delle pratiche burocratiche del classico lavoro di back-office. “Il 2021 è stato un anno da record,” afferma il Regional Manager di Fideuram Filippo Biondi, che guida la zona di Ravenna, “malgrado le difficoltà del periodo a causa della pandemia da Covid-19, a cui si è aggiunta ora la guerra in Ucraina. Al mio arrivo nel 2020 ho avuto la fortuna di trovare un bel clima di unione e collaborazione, unitamente a una sana competizione interna tra i vari consulenti finanziari. Per cui, anche se fra i miei compiti vi è il problem solving, in realtà mi sono limitato a fare da supporto e da ulteriore collante. Non è stato necessario altro. Ciò che ci accomuna è la passione per ciò che
facciamo, svegliarsi la mattina ed essere felici di quello che andremo a fare, ha portato a risultati brillanti oltre le più rosee aspettative.” Biondi – classe 1975, una laurea in Economia e commercio e 24 anni di esperienza nel settore, dal 2006 in Banca Fideuram ora Fideuram Spa – ci tiene particolarmente a parlare di mestiere, perché è così che preferisce definire quello che fa. “In latino lavoro, labor, significa fatica,” spiega, “mentre la parola mestiere, che anch’essa deriva dal latino ministerium e significa servigio, officio, rimanda molto alla manualità, all’artigianalità del lavoro. Più ci si esercita, infatti, e più si migliora e nasce una professionalità che ci si può divertire a svolgere. Il vero
“QUELLO DEL CONSULENTE FINANZIARIO È UN MESTIERE STIMOLANTE, FATTO DI COMPETENZE E CREATIVITÀ, E CHE IN UN MONDO CHE CAMBIA VELOCEMENTE RICHIEDE UNA GRANDE CAPACITÀ DI ASCOLTO DEL CLIENTE E DEI SUOI BISOGNI.”
A LATO, FILIPPO BIONDI, REGIONAL MANAGER DI FIDEURAM. IN ALTO, LO STAFF DELLA SEDE RAVENNATE.
insegnamento avviene sul campo e non solo dai corsi di formazione, peraltro necessari. Quello del consulente finanziario è un mestiere stimolante, che richiede competenze e creatività, e che in un mondo che cambia velocemente comporta una grande capacità di ascolto del cliente e dei suoi bisogni. Questo è ciò che oggi fa la differenza e che porta a individuare lo strumento finanziario migliore per i vari tipi di portafoglio.” In tal senso, il lavoro di Fideuram è diverso da quello delle banche tradizionali che spesso si limitano a collocare prodotti standardizzati. “Per quanto ci riguarda,” aggiunge Biondi, “abbiamo più di 10.000 fondi e persino una SGR interna che può arrivare a fare prodotti ad hoc per i clienti e questo è per noi un vantaggio molto competitivo sul mercato. D’altra parte, in un mercato fortemente dinamico, spesso sono
proprio le esigenze dei clienti a suggerirci gli strumenti e noi sappiamo come supportarli. Va poi ricordata la flessibilità di Fideuram che può contare su una struttura snella e ben oliata, un fattore non trascurabile visto che comporta una velocità di intervento e risposta per ogni necessità dei Private Banker e dei suoi clienti. Un valore aggiunto, infine, è quello di essere sotto l’ombrello di Intesa Sanpaolo che ha investito in modo significativo su di noi, visto che ha trasferito il suo private banking, da sempre fiore all’occhiello, e l’ha inserito nell’organigramma di Fideuram. Tutta la gestione ora spetta a noi e lentamente ci stiamo integrando. Una sfida importante anche per noi consulenti che possiamo contare su incentivi di rilievo per premi annuali e triennali, viaggi premio e altri tipi di benefit, ormai rari nel settore. D’altra parte il budget di raccolta netta che
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era fissato a 8,5 miliardi di euro è in realtà stato di 12 miliardi. Oggi, considerando il periodo che stiamo vivendo, ci siamo fissati come obiettivo per il 2022, 10 miliardi di euro.” Date queste premesse, non c’è da stupirsi che il marchio Fideuram, molto diverso rispetto al passato, sia considerato una realtà consolidata in grado di attirare sia piccoli che grandi patrimoni fino ad arrivare a grossi personaggi del mondo dello sport e della moda. Mi piacerebbe concludere con un aspetto già trattato, non vorrei essere ripetitivo ma è una caratteristica di Fideuram a cui tengo molto, che il Private Banker nella nostra realtà è assieme al proprio cliente il centro del business e pertanto sia la struttura manageriale sia la struttura di rete che quella di prodotti collabora per portare idee e supportare tutto ciò per continuare a crescere e rimanere leader del settore.
ARTE
L’OPERA TORNA A CASA LA PALA DI RONDINELLI, DAL MUSEO DI BRERA AL NAZIONALE
DI CHIARA BISSI
Ci sono opere d’arte che hanno destini tortuosi: commissionate per abbellire un luogo, vengono a volte strappate dal contesto originale e costrette a nuove vite, fatte, nei casi peggiori, di marginalità e dimenticanza. Anche a Ravenna la grande storia ha mutato la fortuna di opere di raro pregio, trafugate, vendute, requisite. Grazie al progetto 100 opere tornano a casa, promosso dal ministero della Cultura e dal ministro Dario Franceschini, opere custodite nei depositi di 14 tra i musei statali più importanti d’Italia sono tornate nei territori di provenienza, dove sono stati ripensati gli spazi museali per accoglierle al meglio. Fra i primi 100 capolavori è arrivato al Museo Nazionale, dal museo di Brera, un capolavoro della pittura rinascimentale di fine Quattrocento: la pala ad olio di Nicolò Rondinelli San Giovanni Evangelista appare a Galla Placidia. Un tempo collocata all’interno della basilica 40
FOTO MASSIMO FIORENTINI
GRAZIE AL PROGETTO 100 OPERE TORNANO A CASA, PROMOSSO DAL MINISTERO DELLA CULTURA, I RAVENNATI TORNANO AD AMMIRARE LA PALA A OLIO SAN GIOVANNI EVANGELISTA APPARE A GALLA PLACIDIA.
di San Giovanni Evangelista, l’opera per volontà dell’autorità napoleoniche lasciò la città nel 1809 per andare ad abbellire le numerose collezioni della nascente Pinacoteca di Brera. E fino al 2018 la pala è stata esposta assieme ad altri capolavori del pittore ravennate. Di formazione veneziana, Rondinelli lavorò nella bottega del maestro
Giovanni Bellini. Ad accogliere e presentare il progetto di restituzione sono stati la direttrice del museo Nazionale Emanuela Fiori, il direttore del polo museale regionale, già Soprintendente a Ravenna, Giorgio Cozzolino e il sindaco Michele De Pascale. Il dipinto racconta con vivacità espressiva l’episodio del sogno dell’imperatrice Galla Placidia avvenuto dopo la costruzione della basilica di San Giovanni evangelista. L’imperatrice colta da una tempesta insieme al figlio Valentiniano III nel viaggio di ritorno da Bisanzio a Ravenna, in mezzo ai flutti invocò la protezione del santo e fece voto di erigergli una basilica. Il dipinto descrive la celebre leggenda del sandalo, o della Visione di Galla Placidia tra un gruppo di Angeli: prima della consacrazione della basilica, l’imperatrice, assistita dal confessore san Barbaziano, veglia davanti all’altare; le appare san Giovanni Evangelista in vesti di vescovo, che incensa la
basilica con il turibolo. Prima di scomparire, lascia all’imperatrice il sandalo pontificale come sua reliquia, per la consacrazione. La tavola nel nuovo allestimento, trova posto al primo piano del complesso monastico di San Vitale, dove sono esposte altre opere provenienti dalla chiesa di San Giovanni Evangelista, tra cui le lunette cinquecentesche con le Storie di Galla Placidia, affrescate da Francesco Longhi. Dopo la caduta del dominio napoleonico le autorità civili ed ecclesiastiche ravennati chiesero, come quelle della Romagna e di altri territori, la restituzione delle opere prelevate e destinate a Brera e ad altre sedi, ma senza successo. Anche se Corrado Ricci decenni dopo non mancò di polemizzare sulla presunta scarsa risolutezza delle autorità: “E gran torto ebbe allora Ravenna di non farsi viva a domandare il suo! Ora essa avrebbe, oltre ai principali dipinti de’ suoi pittori come il Rondinelli, il Cotignola,
il Longhi, anche il Martirio di San Vitale del Barocci e quell’insigne capolavoro dell’arte ferrarese che è la Pala Portuense di Ercole Roberti!” Pienamente soddisfatto è apparso invece il direttore del polo museale regionale Giorgio Cozzolino che spiega: “È emozionante sentirsi partecipe di una lunga storia, al di là del grande valore artistico delle opere. L’operazione di recupero ha interessato tutt’Italia. Rondinelli torna a Ravenna e torna a instaurare un dialogo con il territorio e la cultura che lo aveva commissionato. Napoleone considerò l’esportazione di opere d’arte una cessione a titolo di risarcimento di danni di guerra, questo portò difficoltà diplomatiche in sede di recupero. Nel 1815 iniziarono gli interessamenti per le restituzioni. Molto tempo dopo l’intervento di Corrado Ricci permise anche il ritrovamento di alcuni capolavori romagnoli dispersi nelle parrocchie lombarde.”
IN ALTO, L’OPERA DI NICOLÒ RONDINELLI SAN GIOVANNI EVANGELISTA APPARE A GALLA PLACIDIA ESPOSTA AL MUSEO NAZIONALE DI RAVENNA.
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DI MASSIMO MONTANARI
FOTO MASSIMO FIORENTINI
Si avvia felice verso i suoi 70 anni il sitting volley, ovvero la pallavolo adattata e inclusiva, aperta agli atleti con disabilità fisiche affiancati da normodotati. Al 1967 risalgono le prime gare internazionali, al 1980 l’ingresso nel novero degli sport paralimpici, al 2015 l’avvio in Italia, al 2017 lo sbarco a Ravenna, tra le prime piazze italiane a conoscere questa disciplina. E il merito è di un piemontese, Federico Blanc, doppia laurea in ingegneria edile e architettura e un impiego nel campo delle grandi opere, che gli vale l’assunzione alla Cmc e in seguito il trasferimento a Ravenna. In quell’anno Blanc dà l’impulso per la nascita in città della PianoterRA, il progetto inserito nell’alveo dell’attività dell’attuale Porto Robur Costa 2030. “A chi mi chiede qual è il segreto di questo sport,” rivela Federico, “dico sempre: è il suo essere portatore di un messaggio esplosivo, di educazione all’uguaglianza e all’inclusione. Per me ha rappresentato un cambio di marcia nella mia vita dopo l’incidente che ho patito e le conseguenze che mi ha lasciato.” Nel 2007, mentre è nello Swaziland, Blanc cade col parapendio e si frattu-
ra entrambe le gambe. Mentre, dopo molti interventi chirurgici, la sinistra riprende funzionalità, la gamba destra continua a dare problemi, fino a contrarre un’infezione che metterà Blanc di fronte alla scelta estrema: scegliere l’amputazione dell’arto per riprendere il controllo della propria vita. “Dopo quell’intervento ho cambiato continente, tipo di
lavoro e casa.” racconta. “Da una cosa tanto brutta ho ricevuto una carica tanto forte da darmi l’energia per affrontare un anno intero di sfide e cambiamenti.” Blanc si tessera per il Volley Club Cesena, che al suo interno ha appena accolto una neonata squadra di sitting, e pochi mesi dopo entra in nazionale per partecipare all’esordio italiano ai 43
SPORT
“NON CAMBIEREI IL MIO PASSATO. OGNI GIORNO LA VITA CI OFFRE PICCOLI INSEGNAMENTI, CONTINUARE A IMPARARE E A STUPIRSI È IL MIO PICCOLO SEGRETO PER VIVERE E NON SOPRAVVIVERE SOLTANTO.”
IN APERTURA, IL FONDATORE DI PIANOTERRA, FEDERICO BLANC, NEL CORSO DI UNA PARTITA DI SITTING VOLLEY. A LATO, BLANC INSIEME ALLA GIOVANE PROMESSA DELLA PALLAVOLO DAVIDE DALPANE.
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campionati Europei a Warendorf (Germania), di cui diventa capitano. Getta poi le basi per la diffusione e promozione della disciplina, coinvolgendo in questa passione ravennati doc come Stefano Margutti, Paolo Badiali, Marco Bonitta e Michela Guerra. Oggi la PianoterRA è una bella realtà con una ventina di atleti tesserati, “attiva sul territorio con esibizioni, tornei, campionati,” aggiunge Blanc, “ed eventi di promozione e diffusione. Siamo entrati nelle scuole, nelle parrocchie, abbiamo portato questo sport nelle piazze romagnole e all’interno dei gruppi scout e abbiamo contribuito alla nascita e allo sviluppo di nuove realtà in tutta Italia.” La PianoterRA è diventata anche protagonista di un progetto europeo organizzato l’estate scorsa e coordinato dalle Università di Siviglia e di Helsinki, dal titolo Promuovere l’inclusione attraverso lo sport. Nel frattempo il club bizantino ha potuto festeggiare una doppia lieta ricorrenza: Federico Blanc ha ritrovato a gennaio la nazionale azzurra, partecipando a un collegiale “con 18 atleti con cui riprendere i lavori di crescita e selezione dopo gli Europei in Turchia, che l’Italia ha chiuso al 13° posto. Ho avuto modo di conoscere le nuove leve e di riabbracciare vecchie conoscenze.” E l’ultimo arrivato, Davide Dalpane, 18 anni, giovane promessa della pallavolo targata Porto Robur Costa che, dopo aver per-
so un braccio a causa di un incidente in moto, è ripartito proprio grazie alla PianoterRA ed è diventato il secondo ravennate a indossare la maglia azzurra. “Davide è una forza della natura. Ha un’energia e una positività contagiosa,” dice di lui Blanc. “È stato un piacere poterlo aiutare a tornare in campo dopo l’incidente. Per me è stato un successo che mi ha stimolato a riprendere ad allenarmi con ancora più impegno.” La nuova stagione sta per cominciare e vedrà la PianoterRA impegnata nel campionato italiano e nella Coppa Rotary, un evento regionale che quest’anno diventa Campionato di promozione nazionale con una formula mista
che prevede la presenza di almeno 2 donne e 3 disabili sempre in campo. E ovviamente tutti i giovedì sera, dalle 20 alle 22, ci si trova in palestra alla Montanari, “le cui porte sono sempre aperte per tutti coloro che vogliono provare le emozioni del sitting volley. A me ha dato tanto. Sto per superare i 45 anni, e non cambierei il mio passato, l’incidente, l’infezione e tutto il resto. Penso che forse avrei potuto avere maggiori soddisfazioni, ma so che posso dare e fare ancora tanto e non mi fermo. Ogni giorno la vita ci offre piccoli insegnamenti, continuare a imparare e a stupirsi è il mio piccolo segreto per vivere e non sopravvivere soltanto.”
ADVERTORIAL
PASTICCERIA AL DUOMO LA DOLCISSIMA SICUREZZA DELLA QUALITÀ
CAMBIO GENERAZIONALE ALLA PASTICCERIA AL DUOMO, IN VIALE DELLA LIRICA 13: IL TESTIMONE PASSA A MARCO MACCALLI, “FIGLIO D’ARTE”, PRONTO A PORTARE LA TRADIZIONE DI FAMIGLIA AL LIVELLO SUCCESSIVO.
Punto di incontro per i momenti più dolci della giornata, la pasticceria Al Duomo di viale della Lirica vive con serenità il cambio generazionale nella gestione, con Marco Maccalli, 37 anni, che subentra ai genitori, pronti a compiere un passo di lato, dopo aver scelto Ravenna nel 2001, provenienti da Milano. Una decisione attesa, che solo la pandemia ha rallentato e che vede Marco alla guida di 15 dipendenti con l’obiettivo prossimo di crescere di numero. “I clienti apprezzano lo staff giovane, l’ambiente sorridente e sereno. Non abbiamo certo abbandonato la tradizione, ma guardiamo all’innovazione, curando particolarmente l’estetica e la freschezza nella fase di costruzione dei prodotti, e poi il servizio e il packaging. Abbiamo investito in macchinari nuovi, specie nella catena del freddo, che ci permettono di mantene-
re un’ampia gamma di prodotti sempre pronti. In questo modo applichiamo tecnologie di tipo industriale all’alta qualità artigia-
nale. Offriamo torte di tutte le dimensioni, sempre fresche, così il cliente giornalmente sceglie la propria trovando il massimo della qualità e artigianalità.” All’interno della pasticceria, l’allestimento dai toni chiari accoglie con eleganza e sobrietà i clienti, e a primeggiare è l’ampio bancone con tutta la produzione: i mignon, 40 tipi ad alta rotazione, dalle forme e linee estremamente curate; le praline e cioccolatini, i macaron, e poi torte, biscotti, brioche e croissant; e ancora il settore dei salati, che permette di accontentare tutti dalla colazione fino all’ora dell’aperitivo. “Fra i tanti prodotti in vendita tutto l’anno,” racconta Maccalli, “abbiamo le creme spalmabili, lo zabaione e i babà in vasocottura fatti da noi, utilizzando materie di prima qualità come
“FRA I TANTI PRODOTTI IN VENDITA TUTTO L’ANNO,” RACCONTA MACCALLI, “ABBIAMO LE CREME SPALMABILI, LO ZABAIONE E I BABÀ IN VASOCOTTURA, UTILIZZANDO MATERIE DI PRIMA QUALITÀ. ORA SIAMO IMPEGNATI NELLA PRODUZIONE DELLE COLOMBE PASQUALI CON LIEVITO MADRE.”
il pistacchio siciliano e la nocciola del Piemonte Igp. E per quanto riguarda il bar, abbiamo ottenuto la certificazione dall’Istituto nazionale Espresso Italiano. Per i lievitati da colazione usiamo burro e non più margarina e poi il lievito madre, che curiamo da 40 anni. Da quando sono subentrato, ho aumentato la produzione del salato, pizza al taglio, panini particolari nella prospettiva di fare piccola ristorazione nella pausa pranzo. Ora siamo impegnati nella produzione delle colombe pasquali con lievito madre, burro francese, canditi di arance italiane, vaniglia del Madagascar. Usiamo farine tipo 1 macinate a pietra, facilmente digeribili. Mentre a Natale arriviamo a realizzare mille panettoni, il tutto grazie a un grande laboratorio ben organizzato e a tanta passione.” Torte richiestissime dai clienti, esteticamente perfette fanno bella mostra accanto a prodotti dalle linee moderne. Vicino alle intramontabili Saint Honoré, alle Sacher ai Tiramisù appaiono torte, come la bellissima Pistacchio e lampone, i Tre cioccolati o la
Crema e frutti di bosco, a consistenze diverse. Non mancano, a disposizione degli appassionati, su ordinazione, tutti i classici come la Meringata e il Millefoglie. “Con l’arrivo della primavera aggiorneremo le proposte con gusti più freschi: per esempio, la Mousse al cioccolato fondente al 70% lascerà il posto ad altro. In estate avremo la Cheesecake al Mojito, ricotta, menta lime e rum; e ancora la torta al cocco e mango e fino a settembre il gelato nei gusti classici di nostra produzione.” Di passaggio, abituale, oppure affezionata dai tempi in cui la pasticceria aveva la sede in centro storico, la clientela della pasticceria Al Duomo ha sempre premiato la famiglia Maccalli, che ha triplicato il fatturato dopo lo spostamento dell’attività, avvenuto nel raggio di 1 km, scegliendo convintamente la zona direzionale che gravita attorno alla rotonda Lussemburgo. “Ciò che muove il nostro lavoro è la passione e la voglia di crescere, al nostro interno abbiamo responsabili di settore dal laboratorio alla vendita. Punto molto
sulla formazione del personale, specie per la parte della caffetteria che ha il rapporto diretto con i clienti. Compilo piani di crescita individuali, con obiettivi e tempistiche per motivare tutto il personale. E nel futuro c’è la prospettiva di aprire altri negozi e un laboratorio più grande in un sito dedicato.”
Via della Lirica, 13 Ravenna | T. 0544 408842 | www.alduomoravenna.it FB: @alduomopasticceria | IG: @pasticceriaalduomo
IN QUESTE PAGINE ALCUNI PRODOTTI DELLA PASTICCERIA AL DUOMO. IN BASSO A SINISTRA, IL NUOVO TITOLARE MARCO MACCALLI.
PITTURA
VORTICE DI EMOZIONI MAURO MALAFRONTE, IL COLORE E LA GIUSTA MODALITÀ ESPRESSIVA
DI ALDO SAVINI
Nato a Finale Emilia di Modena nel 1966, Mauro Malafronte, che attualmente vive a Lavezzola, si trasferisce in Romagna nel 1976 quando il padre diventa socio di un salumificio locale. Tramite il padre, collezionista di opere di artisti della pop art italiana tra cui Mario Schifano e Tano Festa, si appassiona all’arte e inizia così la sua avventura artistica nel corso degli anni Novanta, da autodidatta, guardando all’Espressionismo astratto americano e all’Action painting. Dopo le prime esperienze da dilettante, Malafronte ha avuto la fortuna di incontrare artisti che lo hanno incoraggiato, tra cui Alessandro Liotta, Filippo Zoli e Giuseppe Bedeschi, e in particolare ha avuto quel supporto necessario per chi è all’inizio dall’astrattista Silvio Formichetti, portato poi alla Biennale di Venezia da Vittorio Sgarbi, dal quale ha appreso la tecnica e ha compreso che nell’astratto devono entrare l’intimo sentire e il 48
NELLA SUA RICERCA È RIUSCITO A REALIZZARE UNA MACCHIA PERFETTA DI COLORE, CATCH THE MOMENT. AMA LAVORARE A TERRA PER GIRARE ATTORNO AL QUADRO E IMMERGERSI NELL’IMMAGINE DALL’ALTO.
mondo interiore dell’artista con le sue tensioni, i suoi tormenti, le sue esaltazioni. I suoi quadri gestuali degli esordi nascono da un’esigenza espressiva e comunicativa, dal bisogno di trovare uno sfogo liberatorio che potesse alleggerire l’impegno nel lavoro. “All’inizio è stato quasi un gioco,” dice. “Poi, strada facendo, è diventato una parte importante
FOTO MASSIMO FIORENTINI
della mia vita perché, quando entri in questo mondo, qualsiasi cosa vedi la colleghi subito a un quadro, entri mentalmente nell’opera che farai e che pertanto è già interiorizzata prima dell’esecuzione, a cui non ti puoi sottrarre.” Per Malafronte l’emozione si fa gesto e trova nel colore la modalità espressiva adeguata. Per i quadri astratti, che non ha mai abbandonato, parte da un fondo bianco e poi con il nero dà la base dell’immagine per la quale usa colori primari come il blu, il rosso e il giallo, distribuiti molto velocemente per lasciare l’impronta del vortice delle emozioni, a volte anche violenta, col tempo un po’ addolcita. Ha sempre lavorato a terra perché, come diceva Pollock, si deve girare attorno al quadro per immergersi dall’alto nell’immagine, e anche perché per questo tipo di pittura ci vuole una base resistente per un gesto abbastanza potente, non sopportato dalla
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PITTURA
HA SEMPRE LAVORATO A TERRA PERCHÉ, COME DICEVA POLLOCK, SI DEVE GIRARE ATTORNO AL QUADRO PER IMMERGERSI DALL’ALTO NELL’IMMAGINE, E ANCHE PERCHÉ PER QUESTO TIPO DI PITTURA CI VUOLE UN GESTO POTENTE.
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tela su cavalletto. Nella sua ricerca è arrivato a realizzare una macchia perfetta di colore che ha chiamato Catch the moment: dopo vari esperimenti ha scoperto che solo con una sfera di vetro contenente colore, lanciata da una certa altezza sulla tela pulita, riesce a ottenere una macchia perfetta. Il percorso creativo dell’artista ravennate ha avuto un andamento inverso rispetto al solito, cioè il passaggio dall’informale astratto alla figurazione, passando dalla serie dei cardinali a quella degli alberi. I dipinti
recenti, sempre di grandi dimensioni, sono da un lato densi di azione e dall’altro pieni di riferimenti simbolici e allusivi. La figura del Cardinale è misteriosa e simbolica, col viso nero per dare il senso del mistero che racchiude il concetto del potere. Infine l’albero, un albero strano che ha una chioma molto grande con un tronco sottile, colorato o in bianco nero, non è reale ma d’immaginazione; statico o come mosso dal vento esprime il senso della vita sia nei momenti di gioia e felicità che di turbamento e tormento.
IN QUESTE PAGINE, L’ARTISTA MAURO MALAFRONTE POSA INSIEME AI SUOI QUADRI.
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Ravenna - Imola - Cesena, www.destefani.net