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CASTIGLIONE
Passeggiando sugli argini del Savio a Castiglione, come in volo sul profilo dei tetti e dei campanili svettanti oltre la mole turrita di palazzo Grossi, si ha la plastica sensazione di quanto artificiale sia l’equilibrio idrogeologico costruito nel corso dei secoli nelle nostre pianure. Quello che normalmente veniva considerato un dato di fatto quasi scontato, è tornato drammaticamente d’attualità con la disastrosa alluvione di maggio. In quel caso, la grande barriera di terra ha tenuto duro, salvando il paese dalla furia delle acque. Purtroppo, non altrettanto si può dire per la sponda cervese più a valle, il cui cedimento ha provocato l’allagamento della campagna e delle saline, fino ai primi quartieri della città. Da questo episodio è risultata evidente anche un’altra realtà, e cioè quella del fiume come entità che, al contempo, divide e unisce. In un viaggio a ritroso di circa 2200 anni, possiamo immaginare i guerrieri baffuti calcare le nostre stesse orme sulla sponda ravennate, estremo avamposto del mondo celtico, e su quella opposta fare capolino i pennacchi dei legionari. Per qualche decennio, infatti, la prima espansione dei romani nella pianura padana a partire da Rimini, testimoniata dall’imponente griglia della centuriazione ancora ben riconoscibile nella campagna cesenate da Pisignano e Cannuzzo in giù, trovò proprio qui un temporaneo limite. Forse nacque allora il carattere del Savio come il più importante confine interno della Romagna, così evidente, ad esempio, nella divaricazione fra le diverse inflessioni del dialetto, diviso nelle due varianti al di qua e al di là del fiume. Al tempo stesso, però, i tetti e i campanili delle due Castiglione, di Ravenna e di Cervia, ci dicono che una linea di divisione vuole anche un punto di contatto, e attorno ad esso due mondi relativamente diversi possono coagularsi in un’unica realtà. A differenza degli altri fiumi romagnoli – e a dispetto delle alluvioni – il Savio non ha sostanzialmente mutato il suo corso rispetto ai secoli dell’antichità. Di quell’epoca, però, abbiamo ben poche vestigia, al di là di qualche sporadico affioramento archeologico. Per avere la prima attestazione dell’esistenza di un centro abitato, dobbiamo varcare abbondantemente la soglia dell’anno Mille, fino al 1108, anche se non è chiaro a quale lato del fiume tale testimonianza faccia riferimento. Lo stesso toponimo indicava infatti già allora un’unica località divisa fra le due sponde.
Su quella ravennate, nel XII secolo esisteva la chiesa di S. Giovanni in Castillione, mentre due mulini e un guado erano sotto il controllo del maggiore possidente della zona, la casata ravennate degli Onesti, sostituita poi, nel corso del Trecento, dai Polentani. Proprio a questo periodo (la prima attestazione è del 1288) risale il manufatto più antico oggi esistente nella località, la torre detta appunto “polentana”, accanto alla quale fu costruita dai Lovatelli, probabilmente nel XVII secolo, la villa gentilizia passata poi nelle mani di diversi proprietari.
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Più a valle, un punto focale del territorio castiglionese era il passo di S. Gervasio, all’incirca nel sito dell’odierna Savio, dove un ponte esisteva già nel Medioevo. Qui un ‘ospizio’ accoglieva i pellegrini romei che attraversavano il fiume percorrendo la Car- rara Ravignana, la strada costiera che era il corrispondente dell’odierna statale. In questa zona ormai a ridosso della costa il paesaggio si faceva via via più selvaggio, in un ambiente di boschi e paludi sul quale esercitavano il loro controllo alcune delle grandi abbazie ravennati. Appunto da gazo (bosco) trae probabilmente il nome la località della Ragazzena, la grande tenuta a sud del fiume di proprietà del monastero di Classe. Oggi il palazzo e la cappella annessa sopravvivono in suggestivo e malinconico abbandono, nel solitario panorama della ‘larga’ a ridosso dell’argine. Sull’altra sponda, più verso il mare, si estendeva invece la pineta del monastero di S. Giovanni Evangelista, in pratica la propaggine meridionale di quella di Classe: sfortunatamente però, a differenza di quest’ultima, destinata a non sopravvivere all’accetta della frenesia ‘bonificatoria’ della fine del XIX secolo.
Risalendo a monte, c’erano invece zone in cui la presenza umana era ben più antica e consistente, come Mensa o Cannuzzo: località, questa, pure divisa in due dal fiume, e la cui parte ravennate prese la denominazione di Matellica quando, alla fine del Medioevo, ne assunse il feudo la casata padrona dell’omonima città marchigiana. Passata in seguito a diverse famiglie principesche (gli Aldobrandini, i Doria-Pamphili), Matellica era caratterizzata soprattutto dalla presenza di un importante mulino e del ponte sul Savio, teatro di feroci combattimenti fra murattiani e austriaci nel 1815.
Sospesa fra la zona selvaggia a nord-est e quella agricola a sud-ovest, per molti secoli l’attuale Castiglione, ravennate o cervese che fosse, restò una località semi-spopolata. Ne è prova il fatto che sul lato cervese non
LA VERA PRESENZA ICONICA DI CASTIGLIONE DI RAVENNA È PALAZZO
GROSSI, LA VILLAFORTEZZA DALLA
MOLE IMPONENTE EDIFICATA
DALL’OMONIMA vi sia notizia di un edificio di culto prima del Cinquecento, quando probabilmente fu edificata la chiesa di S. Antonio Abate, poi ricostruita nel sito attuale all’inizio del secolo scorso. Sul lato ravennate, come abbiamo visto, un oratorio dedicato a san Giovanni esisteva già in epoca medievale: non sappiamo però che rapporto intercorra fra questo e il tempio consacrato a san Pantaleone, che compare solo dal 1411, a sua volta ricostruito all’inizio dell’Ottocento.
FAMIGLIA RAVENNATE ALLA METÀ DEL CINQUECENTO.
La vera presenza iconica di Castiglione di Ravenna è però palazzo Grossi, la villa-fortezza edificata dall’omonima famiglia ravennate alla metà del Cinquecento. La sua mole imponente ricorda i tempi in cui le residenze signorili avevano ancora un aspetto militaresco, prima di ingentilirsi in forme più consone allo stile di vita di un’aristocrazia ormai ‘civilizzata’. Di queste c’è un esempio, quasi a contraltare della sponda ravennate, su quella cervese nel settecentesco palazzo Guazzi. Ma a fare da contrappunto a palazzo Grossi, a pochi metri di distanza, sorge anche l’altrettanto maestosa presenza dei magazzini del tabacco, testimonianza di un’epoca in cui le delizie delle villeggiature aristocratiche erano state sostituite dalla modernità dell’agricoltura industriale. Fu allora, alla fine dell’Ottocento, che l’irruzione sulla scena delle masse popolari, dei mezzadri repubblicani e dei braccianti anarchici e socialisti, conferì a questa borgata una particolare natura socio-politica, del resto comune a gran parte della Romagna. Echi di una storia a sua volta ormai chiusa insieme al Novecento, e che ha avuto come testimoni almeno due nomi che è doveroso ricordare: Tolmino Baldassari, il poeta bracciante, e Umberto Foschi, alla cui memoria è dedicata l’associazione culturale che ne perpetua l’opera indefessa nello studio della storia e del folklore romagnolo.
La Catena Di Profumerie
RAVENNATE
FONDATA NEL 1953
HA FESTEGGIATO
IL SUCCESSO
DELL’ATTIVITÀ: TRE
GENERAZIONI, VENTI PUNTI VENDITA E UN NUOVO, GRANDE PROGETTO DI ESPANSIONE.
Advertorial Sabbioni
Una Storia Lunga 70 Anni
Una storia lunga settant’anni è quella della catena di profumerie Sabbioni, fondata nel 1953. Un traguardo aziendale importante che è stato celebrato con una grande festa, nella serata dello scorso 27 aprile al Mercato Coperto di Ravenna, insieme a dipendenti, fornitori e stampa. Non a caso, come titolo dell’evento è stato scelto Sabbioni 70, e come leit motiv il rapporto tra passato e futuro, alternando momenti nostalgici, fra aneddoti e ricordi, e momenti carichi di entusiasmo per il futuro pieno di progetti e novità. A fare gli onori di casa con grande orgoglio, durante la serata di gala, il direttore Maurizio Sabbioni, insieme alla sorella Maria Rosa Sabbioni, che hanno accolto tutti gli invitati. Il lungo percorso inizia negli anni Cinquanta quando Loredana Pagani spinge il marito, Enrico Sabbioni, a iniziare l’attività di venditore ambulante di prodotti professionali per barbieri, parrucchieri ed estetiste. Visitano i loro clienti in tutta la Provincia di Ravenna e in quella di Forlì a bordo di una Fiat 1100 e di una vecchia Topolino, rielaborata internamente con cassetti e scomparti per ordinare e presentare spazzole, bigodini e altri prodotti. Nel 1958 aprono il primo negozio in via Guidone a Ravenna. A gestirlo fino al 1990 è Loredana, prima come Profumeria La Rosa e poi con l’insegna Profumerie Sabbioni, che da allora identifica tutti i punti vendita dell’azienda. Sino alla fine degli anni Novanta, rimane l’unico negozio della catena insieme a quello di via Faentina.
Un tassello fondamentale è l’ingresso in azienda, nel 1982, del figlio Maurizio Sabbioni, fresco di studi e pieno d’entusiasmo, ad affiancare Maria Rosa, che già da anni lavorava con i genitori. A lui si deve la vera e propria espansione sul territorio nel corso degli anni Novanta. Un’apertura strategica è quella del negozio nel centro storico di Ravenna, in via IV Novembre. Poi ne sono seguite altre, una dietro l’altra. Oggi la catena conta 20 punti vendita in Emilia-Romagna, dalle grandi città ai piccoli centri, dai
L’ATTIVITÀ È STATA AVVIATA DA ENRICO SABBIONI E DALLA MOGLIE LOREDANA
PAGANI E POI PORTATA
AVANTI DA MAURIZIO E MARIA ROSA SABBIONI, LA SECONDA GENERAZIONE. DAL 2021 ENTRANO IN AZIENDA MATTEO centri storici ai centri commerciali, dalle località turistiche di mare ai nuovi modelli di outlet, sempre con un solo obiettivo: offrire il miglior servizio possibile alla clientela in termini di qualità, professionalità e cortesia. Nei prossimi anni, sono in programma altri nuove aperture.
SABBIONI E GIULIA ZOLI, LA TERZA.
Un’altra tappa importante è nel 2012, con l’avvio dell’ e-commerce che segna l’inizio di una nuova era, culminata nel 2021 con l’inaugurazione della nuova sede direzionale e del nuovo polo logistico. E sempre due anni fa, da segnalare l’entrata in azienda della terza generazione con Matteo Sabbioni e Giulia Zoli , destinati a continuare l’attività e a portare avanti i già numerosi progetti in corso.
Nei prossimi cinque anni è attesa una crescita aziendale di rilievo grazie al processo di rinnovamento strategico e di espansione iniziato nel 2020. Il progetto di estensione commerciale, con l’apertura di nuovi negozi e rinnovamento del layout, è stato presentato proprio nel corso della serata. Sviluppo della rete logistica e della sede direzionale, re-branding e nuove assunzioni, sono solo alcune delle aree su cui l’azienda ravennate sta operando. Nei negozi del gruppo stanno arrivando nuovi brand a rinnova- re l’offerta e l’assortimento, con l’obiettivo di conquistare fasce di clientela sempre più eterogenee, che vogliono trovare nei marchi che acquistano tutte le caratteristiche che desiderano. Un salto nel futuro senza mai dimenticare le origini e l’attenzione alle persone, tassello cardine della filosofia aziendale di Sabbioni, che vanta un bassissimo turnover del personale, con dipendenti che lavorano per l’azienda da più di trent’anni.
“Ringraziamo tutti i dipendenti che in questi settant’anni di attività sono rimasti al fianco dell’azienda, i clienti che ogni giorno scelgono l’insegna per i loro acquisti e i fornitori che continuano a porre fiducia nel consolidato rapporto commerciale,” concludono con emozione Maurizio e Maria Rosa Sabbioni.