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UN CAMPIONE

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DI NATURA

DI NATURA

A ottobre proverà a suonare l’ottava meraviglia, cioè l’ottavo oro nei Mondiali Master, ma intanto comincia a pensare a cosa farà da grande. Sì, perché Domenico Piccinini, lottatore ravennate forgiato nella grande scuola dei Portuali, alla fine del prossimo anno, alle soglie dei 60 anni, sarà costretto a interrompere l’attività agonistica per i limiti d’età imposti dalla Federazione.

“Mi piace ancora tanto gareggiare,” ammette Domenico, “e mi sento ancora atleta a tutti gli effetti. Molto probabilmente rimarrò nell’ambiente: con quale veste lo valuterò quando arriverà quel momento, ma difficilmente con il ruolo di coach.”

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Un ambiente, come spesso succede nelle storie sportive dei grandi campioni, scoperto per caso dopo avere prima provato altri sport. Piccinini non sfugge a questa regola. “Giocavo a calcio poi a un certo punto, vedendo le mie caratteristiche, mi suggerirono di provare la lotta. Andai ai

“LA LOTTA NON È SOLO ESPRESSIONE DI FORZA FISICA, QUELLA INCIDE AL 30%. LA LOTTA È ESTRO, DINAMISMO, COORDINAZIONE, TECNICA, MA È ANCHE ESPRESSIONE

DI UNO SPIRITO DI GRUPPO, DI CAPACITÀ DI RELAZIONARSI, DI CONDIVISIONE DEL SACRIFICIO.”

Portuali dove trovai il maestro Carlo Bezzi, un secondo padre. Per me, ma non solo per me.” Era il 1976 e mai consiglio fu più giusto. L’anno dopo, a 13 anni, Piccinini vince subito i Giochi della Gioventù, i campionati italiani Esordienti e i campionati italiani Juniores, contro avversa- ri più grandi di età. Nel 1980 arriva la prima convocazione con la nazionale: “Ottenni subito il quinto posto nel mondiale Cadetti di Stoccolma,” ricorda, bissato dal sesto posto a Colorado Springs nel 1982 nella categoria Juniores. E intanto in patria stava già scalando le vette della specialità: da Senior inanella cinque titoli italiani campionati assoluti e sei trionfi in Coppa Italia. C’è un’autostrada spianata per le Olimpiadi. Piccinini lo sa e la percorre. Non va a destinazione ma nemmeno deraglia. “Stavo lavorando perché già allora come adesso la lotta non era certo uno sport ricco,” spiega, “e per tentare la scalata alle Olimpiadi di Barcellona mi licenziai e mi dedicai interamente alla lotta. In Italia vincevo nella categoria 74 kg, nelle competizioni internazionali ero obbligato a scendere nella 68. Passai un intero anno ad allenarmi per le Olimpiadi poi qualcosa andò storto e non fui convoca- to. La reazione più immediata alla frustrazione che provavo fu quella di passare all’attività Master.” Sempre con i Portuali, dopo una parentesi di 5 anni con il Gruppo Sportivo della Forestale, corpo per il quale lavora tuttora. Scrivendo altre gloriose pagine di storia di questo sport, dal momento che è sempre salito sul podio in tutte le edizioni dei campionati mondiali master, nelle varie fasce anagrafiche, sempre nella 70 kg: nell’ottobre scorso in Bulgaria ha vinto la settima medaglia d’oro. “Non ci sono segreti particolari,” spiega Piccinini, “e potrei dire le stesse cose che direbbe uno sportivo ad alto livello. Diciamo che essere Master costringe a tenere sempre il motore caldo, la mac- china ben oliata e il telaio ben controllato perché entrambe le specialità della lotta richiedono un’adeguata preparazione, che adesso si è anche esasperata. La greco-romana è più muscolare e dinamica. Non puoi toccare le gambe dell’avversario, le tecniche e i colpi di esecuzione sono diversi, più di grande ampiezza, e l’impostazione è più alta. Nella libera fai presa sulle gambe e puoi prendere tutte le parti del corpo nel rispetto delle regole, ma cambiano tutta l’impostazione e le tecniche. Tuttavia non si deve pensare che la lotta sia solo espressione di forza fisica, quella incide al 30%. La lotta è estro, dinamismo, coordinazione, tecnica, ma è anche espressione di uno spirito di gruppo, di capacità di relazionarsi, di condivisione del sacrificio.”

Loutraki in Grecia (nelle vicinanze di Corinto), a ottobre, per il Mondiale – “Lì ho già vinto nel 2021,” ricorda – e una gara Master in Polonia nel calen- dario agonistico del 2023, poi sguardo al 2024, con un pensiero amaro che affiora. “Il prossimo anno sarò costretto a smettere e questo mi dispiace. Non entro nel merito della decisione della Federazione internazionale, peraltro dettata sia dalla tragedia della morte di un lottatore americano sia dalla necessità di fermare la tendenza di alcuni a prendere scorciatoie non lecite per allungarsi la carriera. Però non capisco per quale motivo se un quarantenne è più forte e competitivo di un ventenne non debba vincere. Io sono per dare spazio ai giovani, ma la gloria se la devono guadagnare.”

E a proposito di giovani, l’erede designato di Piccinini i Portuali ce l’hanno già in casa: è Leon Rivalta. “Farà una bella carriera,” assicura Piccinini, “perché lo vedo molto motivato e ha grandi capacità tecniche e doti fisiche. Ha vinto gli Assoluti da diciannovenne bruciando le tappe. Ed è un aspetto da non trascurare. Oggi la lotta continua a essere uno sport minore e poco attrattivo per i ragazzi. È uno sport di grande fatica e molti mollano. Quando arrivi a 19 anni o sei già nel giro della nazionale o tesserato per un centro sportivo, oppure fai fatica e se cominci a conciliarlo con il lavoro diventa più difficile. Se non vogliamo disperdere un patrimonio di agonisti e di potenziali talenti sarebbe ne- cessario un cambio di passo nelle politiche sportive e di promozione perché comunque la lotta è una disciplina molto bella. In Italia ci sono piccole realtà puntiformi che vanno avanti con appassionati, autofinanziandosi, e che hanno creato un sistema lotta che funziona.”

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