Ravenna IN Magazine 03/2023

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FABRIZIO GALAVOTTI

n.3 2023 www.inmagazine.it ravenna
IN LIBERTÀ
SAN VITALE
SUCCI VISIONI DIGITALI
L’EROE DELL’ALLUVIONE CAVALLI
PINETA
MATTEO

Per questo numero estivo di Ravenna IN Magazine, la copertina è di Fabrizio Galavotti, il presidente di Cab Terra, l’uomo che probabilmente ha salvato il centro storico di Ravenna dall’alluvione. Si fa cenno a questa tragedia anche nel racconto della celebre diversione dei Fiumi Uniti e in quello dell’artista Laura Medici che, come altri, ha avuto danni nel suo studio di Lugo. Spazio poi ad alcune eccellenze del territorio con la storia della nascita dell’allevamento di cavalli nella pineta di San Vitale, voluto da Sante Cuffiani, e dei giovani talenti di calcio, vicecampioni del mondo Under 20. Si va poi alla scoperta di tante novità: il nuovo atelier dello stilista Mr Beto, le opere digitali di Matteo Succi, i prodotti sostenibili del mercato cooperativo Stadera, il gelato al gusto ‘Selen’ inventato da Jessica Galletti e Luce Caponegro. Buona lettura!

Edizioni IN Magazine s.r.l.

Via Napoleone Bonaparte, 50 - 47122 Forlì | T. 0543.798463 www.inmagazine.it | info@inmagazine.it

Anno XXII N. 3

luglio/agosto/settembre

Reg. di Tribunale di Forlì il 16/01/2002 n.1

Direttore Responsabile: Andrea Masotti

Redazione centrale: Clarissa Costa

Coordinamento di redazione: Roberta Bezzi

Artwork e impaginazione: Francesca Fantini

Ufficio commerciale: Roberto Amadori, Gianluca Braga

Stampa: La Pieve Poligrafica Villa Verucchio (RN)

Chiuso per la stampa il 18/07/2023

Collaboratori: Alessandra Albarello, Chiara Bissi, Andrea Casadio, Anna De Lutiis, Massimo Montanari, Serena Onofri, Aldo Savini.

Fotografi: Lidia Bagnara, Massimo Fiorentini, Ufficio stampa FIGC.

Tutti i diritti sono riservati. Foto e articoli possono essere riprodotti solo con l’autorizzazione dell’editore e citando la fonte. In ottemperanza a quanto stabilito dal Regolamento UE 2016/679 (GDPR) sulla privacy, se non vuoi più ricevere questa rivista in formato elettronico e/o cartaceo puoi chiedere la cancellazione del tuo nominativo dal nostro database scrivendo a privacy@inmagazine.it

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EDITORIALE
DI ANDREA MASOTTI
30 08 PROFILI FABRIZIO GALAVOTTI 06 45 24
NATURA CAVALLI IN LIBERTÀ
FASHION LO STILE DI MR BETO
CREAZIONI VISIONI DIGITALI 30 TERRITORIO IL CORSO DELLA STORIA 36 COOPERATIVA LA SPESA SI FA ETICA 40 SPORT TALENTI DI CASA 45 ARTE LAURA MEDICI
FOOD GUSTO SELEN 04 PILLOLE NOTIZIE DALLA PROVINCIA
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PILLOLE

IL POST TORNA CON IL SUO TALK

FAENZA | Il Talk de Il Post torna anche quest’anno a Faenza dal 22 al 24 settembre: tre giorni di incontri per ragionare e capire meglio le cose del presente, quello che succede nel mondo. All’iniziativa del giornale online Il Post, diretto da Luca Sofri, sono attesi ospiti prestigiosi fra cui il giornalista e scrittore Roberto Saviano, la sociolinguista Vera Gheno con un incontro a partire dal suo podcast Amare parole, il giornalista Marino Sinibaldi con Timbuctu e la presentazione dell’ultimo numero della rivista Sotto il vulcano, con Valeria Parrella.Tanti anche gli scrittori: i premi Strega Francesco Piccolo e Niccolò Ammaniti, Elena Stancanelli, Paolo Nori e Antonio Manzini che festeggia i dieci anni del suo personaggio Rocco Schiavone.

FESTIVAL AMMUTINAMENTI

RAVENNA | Dall’8 al 16 settembre, ritorna Ammutinamenti - Festival di danza urbana e d’autore che festeggia i sui 25 anni continuando ad affermarsi come spazio della sperimentazione e dell’innovazione dei linguaggi scenici contemporanei della danza, nonché come strumento di rigenerazione e riscoperta di luoghi di Ravenna, in particolare della Darsena. Anche quest’anno il Festival accoglierà la parte più giovane e innovativa delle arti performative e della danza contemporanea, spaziando tra videoarte, performing art, danza e arte visiva. Tornerà anche la sezione ‘Sguardi e pratiche intorno alla danza d’autore’, al suo terzo anno: un calendario trasversale alla programmazione composto da laboratori gratuiti legati al gesto e al movimento, dedicati alla comunità del territorio.

IL RITORNO DELLE DISCO

MILANO MARITTIMA | L’estate è sinonimo di divertimento e di vita notturna. Finalmente una buona notizia per Milano Marittima e per gli amanti del ballo e del ‘tirar tardi’, con la riapertura delle storiche discoteche Vip Pineta e del Woodpecker. La prima si chiama ora JPineta ed è entrata nella galassia del noto gruppo di imprenditori con ventennale esperienza al Just Cavalli di Milano, ora ribattezzato Just Me, che negli ultimi anni ha sviluppato il suo brand anche nei luoghi più noti d’Italia, tra cui Porto Cervo e La Versilia. La seconda, nota per la sua iconica cupola a 23 spicchi, aveva vissuto un’epoca gloriosa alla fine degli anni Sessanta, e ora punta a diventare un nuovo Hub di riferimento per il mondo dei Club.

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PILLOLE

LA CRESCITA DI FOCACCIA GROUP

CERVIA | Focaccia Group aggiunge un nuovo capitolo al suo percorso di crescita e consolidamento, acquisendo lo stabilimento di NTC - Nuova Carrozzeria Torinese, ex fabbrica Lancia e Abarth. Per l’azienda di Cervia, attiva nel settore automotive da 70 anni e leader nel comparto degli allestimenti per veicoli accessibili, delle Forze dell’ordine e mezzi speciali, si tratta di una precisa scelta strategica verso l’obiettivo della crescita continua. “Abbiamo investito molto in ricerca e sviluppo. La nostra ambizione,” afferma il presidente del gruppo, Riccardo Focaccia,“è di diventare un punto di riferimento a 360 gradi del mercato in cui operiamo da quando mio padre Licio trasferì, negli anni Sessanta a Cervia, l’attività fondata da mio nonno.”

ADDIO A WALTER DELLA MONICA

RAVENNA | Un lutto per il mondo della cultura. All’età di 96 anni, è scomparso di recente Walter Della Monica, che ha portato avanti con successo tante imprese culturali. Iniziò con il Trebbo Poetico, nato dalla sua passione per la poesia e l’amicizia con l’attore Toni Comello; un modo di sensibilizzare il pubblico comune ai poeti del Novecento. Poi si inventò il Centro Relazioni Culturali che, negli anni, ha portato a Ravenna i più grandi scrittori italiani, e ancora il Premio Guidarello per il giornalismo d’autore. Forse l’impresa che lo ha visto più coinvolto è stata dedicata a Dante: prima la lettura integrale della Divina Commedia, protagonista Vittorio Sermonti, nella Basilica di San Francesco, infine La Divina Commedia nel Mondo con traduttori provenienti da tutti i continenti. (ADL)

CARO-MUTUI:

LA PROPOSTA DI PATUELLI

RAVENNA | “Allungare i mutui a chi è in regola con i pagamenti o realizzare surroghe.” Queste le parole del ravennate Antonio Patuelli, presidente dell’Abi, all’assemblea annuale dell’associazione bancaria italiana, per ribadire l’importanza di un cambio delle regole per venire incontro alle famiglie in difficoltà. Il rialzo dei tassi della Banca Centrale Europea nell’ultimo anno, infatti, ha fatto lievitare le rate dei mutui variabili. Patuelli ha inoltre ricordato che la lotta all’inflazione non può dipendere esclusivamente dalle politiche monetarie: “Occorrono strategie rigorose contro ogni evasione fiscale, per la riduzione del debito pubblico in rapporto al Pil e in cifra assoluta, e contro la spirale di crescita dei prezzi.”

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FABRIZIO

IL PRESIDENTE DI CAB TERRA È L’EROE RAVENNATE

Mai si sarebbe aspettato Fabrizio Galavotti, presidente di Cab Terra, di conquistare improvvisamente la ribalta nazionale come ‘eroe dell’alluvione’. Una definizione che in realtà lo infastidisce più che inorgoglisce perché è convinto che, nei suoi panni, tutti avrebbero preso la sua stessa decisione, in quanto doverosa moralmente. È bello pensarla così anche se qualche dubbio è lecito. La decisione fatidica? Dire sì, in meno di 5 minuti e senza condizioni, all’allagamento di 200 ettari di terreno, in grado di rendere 2.500 euro all’ettaro, con una perdita netta di 500.000 euro di introiti, per salvare Ravenna. Lo ha fatto restando fedele allo spirito di quei ravennati che 140 anni fa hanno creato la prima Cooperativa braccianti d’Italia. Nel rispetto dei principi di mutualità, solidarietà e lavoro che sono ancora alla base della cooperativa che presiede e di tante altre. Galavotti, cominciando dall’attualità: com’è oggi la situazione di Cab Terra?

“Come ce l’aspettavamo. Ora che non c’è più

la coltre d’acqua, stiamo valutando la portata dei danni e non è facile. Le colture nei campi dove l’acqua ha coperto le piante sono compromesse. Forse sarà possibile salvare il 2030% di quelle colture dove l’acqua è arrivata a coprire solo parzialmente. Nel complesso, abbiamo avuto 600 ettari di terreno alluvionati, con mancati ricavi per circa 1,5 milioni a cui si aggiungono le spese di 300-400.000 euro per i ripristini delle reti di scolo e dei terreni.”

Per quest’anno, ormai, è andata così. Cosa si prospetta per il prossimo futuro? State effettuando degli studi ad hoc?

“In realtà non sappiamo ancora cosa accadrà ai terreni nei prossimi anni, se saranno in grado di rendere al 50-70%. Le due alluvioni di maggio sono state eccezionali, per cui non abbiamo un’esperienza pregressa a cui fare riferimento. Negli ultimi anni, qualche alluvione di entità minore c’era già stata ma in genere nei mesi di gennaio e febbraio, mai a un mese dalla raccolta. Abbiamo contatta-

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PROFILI
DELL’ALLUVIONE GALAVOTTI
DI ROBERTA BEZZI FOTO MASSIMO FIORENTINI

to un professore universitario di Parma, un fine conoscitore del terreno e di tutte le sue caratteristiche che era già stato interpellato tempo fa nel Polesine, e ci ha consigliato di fare qualche lavoro. Cerchiamo di essere fiduciosi.”

Cab Terra, con i suoi 140 anni appena festeggiati, è la cooperativa agricola più vecchia della storia. Eppure qualcosa di simile non si era mai visto prima…

“Siamo nati nel 1883 su terreni paludosi che sono stati bonificati. La terra, in questo lembo di Romagna, era così per natura e i braccianti che avevano bisogno di lavorare si sono dati da fare, andando persino a Ostia a

È STATO LUI A DIRE SÌ, IN MENO DI 5 MINUTI E SENZA CONDIZIONI, ALL’ALLAGAMENTO DI 200 ETTARI DI TERRENO PER SALVARE RAVENNA. “NON C’ERA PIÙ TEMPO DA PERDERE. ERA LA COSA GIUSTA DA FARE, CERTI DELLA SOLIDARIETÀ DEI SOCI.”

bonificare l’Agro Pontino. Nei giorni dell’alluvione sembrava di essere tornati indietro nel tempo. Ricordo un’altra alluvione il 6 febbraio 2016 ma in quel caso l’acqua se ne andò via in breve tempo. Nel maggio scorso siamo rimasti inondati per venti giorni a causa dell’esondazione di ben 20 fiumi. Una situazione completamente diversa.”

La seconda alluvione è iniziata il 16 maggio. Come avete vissuto quelle prima drammatiche giornate?

“La situazione peggiorava di ora in ora: in due giorni sono stati sommersi naturalmente 400 ettari di terreno, in varie località, con produzioni di cereali (grano), barbabietole da seme, erba medica, ravanelli e coriandolo. La sera del 18 maggio la criticità maggiore si è sviluppata a ovest della città, a Fornace Zarattini, mentre poche ore dopo a suscitare apprensione è stata la zona Bassette a nord, a causa della pressione dello scolo Canala. Ricordiamo tutti quella notte con grande apprensione.”

Poi alle ore 14 del 19 maggio è arrivata la fatidica telefonata di Cicchetti del Consorzio di Bonifica, seduto al tavolo con il prefetto, che le ha chiesto di poter tagliare l’argine e scaricare l’acqua nei vostri terreni… “Sì, ormai non c’era più tempo da perdere. La Canala stava crescendo a vista d’occhio, con il rischio che l’acqua andasse a intaccare i quadri delle pompe elettriche delle idrovore, il che sarebbe stato una tragedia. Non ci è stata data una scadenza per decidere, ma era chiara l’urgenza. Accanto a me avevo il direttore e il vicepresidente. Abbiamo detto sì subito semplicemente perché era la cosa giusta da fare, e poi abbiamo informato il consiglio d’amministrazione, certi della solidarietà dei soci.”

E così altri 200 ettari di coltivazioni di cereali, barbabietole da zucchero, mais, coriandolo, sono andati sott’acqua. Tornando indietro lo rifarebbe?

“Certamente. Sono certo che senza quella decisione sarebbe andata peggio, l’acqua poteva raggiungere il centro storico… Non

10 PROFILI

“SPERIAMO

RIPETA L’ESEMPIO VIRTUOSO DELL’EMILIA

DOVE SI È RICOSTRUITO

TUTTO A CINQUE ANNI

DAL TERREMOTO.

NOI SIAMO PRONTI, ABBIAMO SOLO

BISOGNO DI AIUTI CHE

POI DAREMO INDIETRO

CON GLI INTERESSI.”

è stata una decisione facile da prendere perché i terreni non sono i miei ovviamente, ma delle cooperative che però sono nate al servizio del bene comune, a scopo mutualistico, come ricordato anche all’articolo 1 del nostro statuto.”

Dopo la nomina del generale Figliuolo come commissario straordinario, avete ricevuto notizie su ristori?

“Non ancora. Speriamo di poterli avere insieme alle altre 5.000 aziende agricole del territorio in ginocchio. Purtroppo si è già perso molto tempo e, per risollevarci, servono risposte chiare e veloci. Noi abbiamo le spalle larghe ma alcune piccole realtà rischiano di chiudere. Se non si rimette in sesto la Romagna è un danno per tutto il Paese, per la qualità e la capacità dei nostri agricoltori.”

Le sue parole trasudano un certo cauto ottimismo.

“Dopo quello che è successo, se vogliamo farcela, dobbiamo per forza esserlo. L’agricoltura romagnola non può essere lasciata indietro.

Speriamo che si ripeta l’esempio virtuoso dell’Emilia dove si è ricostruito tutto a cinque anni dal terremoto. Noi siamo pronti a fare il miracolo, abbiamo solo bisogno di aiuti che poi daremo indietro con gli interessi visto che siamo tra le regioni che trainano l’economia italiana.”

Quando si pensa a Cab Terra, anche se non tutti lo sanno, la mente va subito anche al Teatro Socjale di Piangipane, un luogo simbolo dei valori della cooperazione…

“Sì, la struttura ha una storia straordinaria, perché è stata costruita nel 1920 grazie ai sacrifici dei braccianti che sognavano di avere un luogo di svago per la sera, dopo il lavoro. La proprietà è nostra ma abbiamo dato il comodato gratuito alla Fondazione Teatro Socjale che si occupa della programmazione di eventi di vario genere sempre molto apprezzati. Altri forse avrebbero costruito appartamenti al posto del teatro, noi abbiamo deciso di mantenere la vocazione di questo bellissimo luogo di cultura.”

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SOTTO E NELLE PAGINE PRECEDENTI, FABRIZIO GALAVOTTI. IN BASSO A DESTRA, IL MOMENTO DI ROTTURA DELL’ARGINE LO SCORSO 19 MAGGIO.
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CAVALLI

SANTE CUFFIANI E LA STORIA DELL’ALLEVAMENTO NELLA PINETA SAN VITALE

IN LIBERTÀ

Chi ama la pineta San Vitale lo sa, chi l’attraversa per sport in bicicletta o a piedi li ha visti più e più volte. Le cronache storiche ne parlano da secoli, ma l’incontro con i cavalli oggi allevati in libertà dai soci di Saires - Società allevatori razze equine italiane sella, è un’emozione senza pari. In una radura, lungo un sentiero, si possono incontrare esemplari allo stato brado dal manto lucente, occhi vivaci, in salute, in tutto poco meno di 30 cavalli in gruppi composti da femmine con puledri. Si nutrono delle erbe dei prati, si riparano nel fitto della vegetazione, vivono in perfetta simbiosi con l’ambiente naturale, con le stagioni e ricevono di frequente la visita di Sante Cuffiani, personaggio simbolo della rinascita dell’allevamento in pineta. Socio fondatore Saires, tecnico Fise - Federazione italiana sport equestre di 2° livello, guida Ante - Associazione nazionale turismo equestre, storico cavaliere, allevatore per passione, con un passato da marinaio, da musicista, da edicolante, a 87 anni Sante ri-

corda la nascita del progetto, lucida memoria degli allevatori ravennati. Insieme ad altri è infatti l’ispiratore della ripresa dell’allevamento dei cavalli in libertà

Le cronache riportano la loro presenza già nel 1400, ma c’è da credere che fossero presenti anche prima, allevati dalle abbazie cittadine, in primis quella di San Vitale. La pineta voluta dai romani per lungo tempo sfamò gli abitanti della zona che conservarono per secoli il diritto di legnatico e di raccolta delle pigne e dei prodotti del sottobosco, funghi e asparagi. Si narra di 500 cavalli turchi importati da monaci missionari nel Cinquecento. Nel 1774 il naturalista Francesco Ginanni, nel suo studio Istoria civile e naturale delle pinete ravennati, scrisse che si estendevano ininterrottamente per 7.500 ettari dal fiume Lamone fino a Cervia. Oggi la superficie si è ridotta e la sola pineta San Vitale è un bosco di oltre 1.000 ettari di superficie, largo circa 1.200-1.500 metri, che si estende per circa 11 km in direzione nord a partire

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NATURA
DI CHIARA BISSI FOTO MASSIMO FIORENTINI
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dalla zona industriale e portuale di Ravenna. Oggi al limitare della pineta è attivo il Circolo Ippico Ravennate. La tradizione dell’allevamento è proseguita nei secoli, prova ne sia la storia della Cavallina storna immortalata da Pascoli, che sembra essere nata nella pineta San Vitale. All’inizio del Novecento è presente una popolazione di esemplari ‘italo-arabi’ che, nel corso del secolo, vengono lasciati in abbandono fino all’estinzione. Nel 1940 erano 150 fattrici di 50 proprietari. Ma grazie alla tenacia e determinazione di un gruppo di appassionati nei decenni successivi viene recuperata la pratica ravennate e ora i soci sono 25. “Nel 1979,” racconta Cuffiani, “registrammo con atto notarile l’associazione in accordo con gli uffici comunali. Erano una settantina i cittadini coinvolti, ma quel giorno davanti al notaio dovevamo essere

in 11 a firmare: ci ritrovammo in sei, così coinvolgemmo moglie e fidanzate per partire con un’associazione che non ha eguali in Italia. Fu necessario delimitare il perimetro dell’ampia area adibita al pascolo dei cavalli all’interno della pineta San Vitale di proprietà comunale e da allora vengono fatte manutenzioni.”

Persa la memoria diretta dell’allevamento in natura, i primi anni e i primi tentativi non furono facili, poi con il tempo e l’esperienza sono arrivate le prime soddisfazioni con animali sani, senza patologie alle vie respiratorie, malattie degli arti e alto tasso di fertilità. I soci proprietari si preoccupano della gestione sanitaria e delle necessità dei propri animali mentre Saires gestisce i rapporti con il Comune e con il Parco del Delta del Po. Nel periodo invernale, quando la vege-

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NATURA
IN ALTO, I CAVALLI IN LIBERTÀ NELLA PINETA SAN VITALE. NELLE ALTRE PAGINE, SANTE CUFFIANI CON I SUOI AMATI ANIMALI.

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tazione scarseggia, viene portato il fieno per integrare e sostenere l’alimentazione dei cavalli al pascolo, animali vaccinati e più volte sverminati durante l’anno. Con orgoglio Cuffiani racconta la storia di una rinascita, con amore guarda i propri animali in libertà come la cavalla Apalosa che partorirà in settembre in un ambiente protetto, prima di tornare con il puledrino in natura, le altre fattrici che popolano le radure gustando le margherite del prato: il loro è un legame fatto di pochi gesti dell’allevatore esperto e di fiducia reciproca. Per ogni animale tanti i ricordi e gli aneddoti, come la cavalla Itaca che, acquistata da un centro ippico del centro Italia vent’anni fa, fu scelta da Camilla,

NATURA

CON ORGOGLIO CUFFIANI RACCONTA LA STORIA DI UNA RINASCITA, CON AMORE GUARDA I PROPRI ANIMALI. TANTI GLI ANEDDOTI, COME LA CAVALLA ITACA CHE FU SCELTA DA CAMILLA, MOGLIE DI RE CARLO III, PER UN’ESCURSIONE.

moglie di re Carlo III, per un’escursione di una settimana. “Cavalli al pascolo così in salute non si trovano in nessun altro posto in Italia, qui vivono più di 30 anni,” conclude Cuffiani. “Non ho mai allevato cavalli con una logica economica, sono un allevatore ma per vivere ho fatto molto altro. E vorrei che altri conoscessero questa realtà e praticassero l’allevamento al pascolo.” Ultimi arrivati in ordine di tempo, i cavalli di una piccola scuderia di Boncellino travolta dalla recente alluvione. Dopo un salvataggio eroico con l’acqua oltre il metro di altezza, ora cavalle e puledri ristabiliti dopo la grande paura vivono liberi con la pineta di San Vitale come casa.

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LO STILE

IL NUOVO ATELIER DI MODA

DAL SAPORE VINTAGE E INGLESE

DI MR BETO

Per scoprirlo, bisogna addentrarsi in una delle stradine che si diramano dal cuore della città. Si accede poi direttamente al negozio con una luce che, al suo interno, libera lo sguardo rivelando un’estensione inaspettata, impossibile da cogliere dall’esterno. Ecco, ci siamo. Inizia appena varcata la soglia il sorprendente mondo di Mr Beto, alias Roberto Milano. Originario del quartiere di Ponte Nuovo a Ravenna, prima di aprire questo spazio in via Girolamo Rossi 26/A, Roberto Milano ha vissuto per molti anni a Londra, una significativa esperienza nella moda e nell’abbigliamento (da qui il ‘Mr’, mentre ‘Beto’ è il nomignolo datogli dai suoi nipotini che non riuscivano a pronunciare bene il suo nome). Poi è stata la volta di Casoli, un minuscolo e incantevole paesino medievale della Toscana dove, con alcuni soci, ha creato una specie di idilliaco albergo diffuso. Ma poiché nel nome c’è anche un destino (nomen omen)

ISPIRANDOSI A GALLA PLACIDIA E ALLA DOMUS DEI TAPPETI

DI PIETRA DI RAVENNA HA DISEGNATO UN TESSUTO ESCLUSIVO CHE UTILIZZA PER I SUOI CAPI DI ABBIGLIAMENTO, UN TRIBUTO “A UNA DELLE CITTÀ CHE MI HA AIUTATO.”

è in seguito approdato a Milano, aprendo nel 2020 un atelier di moda in zona Città Studi. Dopo due stagioni estive a Cervia con un temporary store è arrivato quindi il momento di ‘ritornare’

a Ravenna: “Ravenna è sempre stata presente nella mappa dei miei luoghi preferiti, in cui volevo e dovevo ‘esserci’, perché il

mio legame con questa città non si è mai interrotto. Penso che la sua arte sia unica al mondo, ogni volta che la guardi rivela nuovi dettagli inaspettati. Personalmente, mi emoziona sempre Galla Placidia,” dice Roberto. E proprio ispirandosi a Galla Placidia e alla Domus dei Tappeti di Pietra di Ravenna ha disegnato un tessuto esclusivo che utilizza per i suoi capi di abbigliamento, un tributo “a una delle città che mi ha aiutato.” Si respira un’aria un po’ da Swinging London o da Camden Town in questo luogo che si estende su una superficie di 100 mq. L’atmosfera è vintage e le scelte cromatiche coraggiose. Pareti viola (viola e rosso sono colori irrinunciabili per Mr Beto) e carta da parati, poltroncine anni Venti e Quaranta, sedie anni Cinquanta rivestite da un tappezziere di Milano con stoffe particolari che Roberto trova in giro per l’Italia. “Questo spazio così ampio mi ha ispirato scelte diverse dal negozio di

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DI ALESSANDRA ALBARELLO FOTO LIDIA BAGNARA

Milano, decisamente più piccolo. Avendo una passione per l’antiquariato, ho inserito pezzi di arredamento vintage e, oltre all’uomo e alla donna, propongo ora anche abbigliamento per bambini dai 9 ai 24 mesi.” E poi ci sono gli accessori, occhiali e bigiotteria, ma anche tovaglie, copriletti, tovaglioli e articoli per la casa, tra cui una riproduzione di bicchieri anni Settanta, tutto perfettamente coerente con lo spirito di Roberto Milano. “La mia filosofia è di avere la capacità di essere sempre se stessi e di far star bene chi porta i miei capi senza tempo. Li puoi indossare oggi, come tra dieci

anni. Tutti gli accessori e gli oggetti che poi scegliamo devono far parte di ciò che siamo.” Oltre all’antiquariato, la sua grande passione è la musica: “Colleziono vinili da quando avevo 15 anni, ascolto tutti i generi, perché penso che la musica sia soprattutto uno stato d’animo.

Il negozio di dischi Jean Music Room, di fronte a Mr Beto, è infatti la mia rovina perché ci vado sempre a curiosare…”

Gli abiti disegnati da Roberto Milano vengono realizzati artigianalmente da un team di sarte e magliaie, in edizioni limitate: “Ad esempio, non oltre 11 pezzi per la giacca classica a

due bottoni da donna. Cerco poi di rendere ogni capo unico aggiungendo sempre qualche dettaglio in più,” spiega Roberto. I dettagli, appunto. Per Mr Beto sono importantissimi, anzi fondamentali, tanto che ha curato personalmente sia l’arredamento dello spazio, sia la brand identity che passa anche attraverso il logo vagamente gotico, con un effetto di ‘gocciolatura’, creato da lui. E sono proprio i dettagli, su cui si sofferma continuamente lo sguardo, a catturare, a trattenere in questo negozio dove Roberto Milano ha ‘messo a terra’ tutti gli insegnamenti preziosi dei suoi ‘mentori’ inglesi. “Da loro ho imparato a tenere sempre gli occhi aperti su quello che si fa e a guardare gli altri,” dice Roberto. Ma anche a guardare lontano, a progetti futuri (ancora segreti), mentre i sogni vengono relegati esclusivamente alla notte. “I sogni ce li abbiamo tutti, però, quando ci si sveglia, bisogna mettere i piedi per terra,” precisa. Uno stile così di nicchia è forse destinato solo a una clientela particolare? “Siamo tutti particolari,” risponde laconico Roberto Milano. Anzi, Mr Beto.

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VISIONI

L’ARTE DI MATTEO SUCCI ISPIRATA

ALLA CORRENTE VAPORWAVE

DIGITALI

Il ravennate Matteo Succi ha soli 25 anni ma fa già parlare di sé anche oltre i confini. Quanto basta per suscitare una certa curiosità. Un viso sorridente, sembra un ragazzino ma ci si accorge presto, parlando con lui, che ha una mente molto attiva, velocissima, piena di progetti per un futuro che sente a portata di mano. Di recente è stato invitato a Londra dove ha portato le sue opere d’arte digitali in un grande spazio espositivo in Oxford Street nel cuore di Londra, in compagnia di grandi artisti del calibro di Koons e LaChapelle. Uno show immersivo digitale dal titolo Svccy (il nome d’arte che ha scelto) Dystopian Costructions, con 36 pannelli a led installati al posto delle finestre dei primi tre piani del palazzo Flagship Store di Flannes. Poi ha partecipato, con due sue opere, alla mostra Dear Mother Earth negli spazi di Ninfa Labs a Milano, anche in quell’occasione insieme ad altri artisti ec-

A LONDRA È STATO INVITATO A REALIZZARE UNO SHOW IMMERSIVO DIGITALE DAL TITOLO SVCCY, IL SUO NOME D’ARTE, E HA ESPOSTO A MILANO, TOKYO E NEW YORK. AL RAVENNA FESTIVAL 2023 HA PROPOSTO LA SUA INTERPRETAZIONE DEL TEMA LE CITTÀ INVISIBILI

cezionali. Oltre che a Ravenna, ha partecipato a mostre a New York, Tokyo, Firenze e Roma. Anche il Ravenna Festival lo ha notato, incaricandolo di dare una interpretazione del tema di questa edizione Le Città Invisibili, e Matteo è partito da un mosaico

in San Vitale per creare un video introduttivo che è stato proiettato durante la presentazione del programma dell’edizione 2023. Queste sono le ultime imprese di Matteo Succi, ma come è iniziato il suo percorso? “Ho frequentato il liceo scientifico Oriani a Ravenna,” racconta, “ma, essendo innamorato della musica, nasco infatti come clarinettista, ho iniziato a 12 anni il Conservatorio e ho finito gli studi abbastanza giovane. Ho conseguito la laurea triennale nel 2017 con il massimo dei voti e la lode, all’Istituto Verdi di Ravenna, dove ho anche frequentato il biennio accademico di Discipline interpretative terminato a ottobre 2019 con il conseguimento del diploma accademico di secondo livello o laurea magistrale. A 22 anni mi sono diplomato in clarinetto. Appena terminato questo percorso, quando avevo in mente di fare tante cose, è arrivato il Covid e c’è stata una pausa forzata di circa due anni.” Il lungo

24 CREAZIONI
DI ANNA DE LUTIIS FOTO MASSIMO FIORENTINI

periodo non è trascorso in una inutile attesa della normalità perché Matteo, già appassionato di arte e di computer, ha impiegato il suo tempo avvicinandosi all’arte digitale. “Ho iniziato molto prima, quando avevo 17

anni,” spiega, “facendo esperimenti con Photoshop: prendevo una foto come base e facevo collage fotografici digitali. Questa passione, da autodidatta, serviva anche a interrompere il mio studio di clarinetto, anche per-

ché lo strumento richiede molta fatica… bisognava prendere delle pause e durante il Covid di tempo ne avevo!” Ed è stato allora che Matteo ha iniziato a lavorare in 3D. Ha comprato programmi che gli permettevano di creare l’immagine da zero e di fare animazione. Si è avvicinato così all’arte digitale e alla corrente vaporwave. Matteo spiega in cosa consiste: “Questa corrente di origine anglosassone è nata proprio su internet intorno al 2011-2012. Nasce in ambito musicale e poi successivamente attorno al 2015-2016 coinvolge anche il settore visuale, quindi musica più arte visuale. Infatti all’inizio, quando avevo 18-19 anni, oltre a fare i primi esperimenti con Photoshop e con tutti gli altri programmi, avevo anche iniziato a comporre musica elettronica. Ero andato anche a Milano a fare un dj set con altri ragazzi che seguivano questa corrente musicale, che purtroppo non è mai decollata in Italia.”

25 IN ALTO, IL DIGITAL ARTIST MATTEO SUCCI.

MATTEO SI È

SPECIALIZZATO

SULL’ARTE DIGITALE VAPORWAVE/ESTETICA, CARATTERIZZATA

DALL’USO DI TEMI NOSTALGICI DEGLI ANNI OTTANTA E NOVANTA, COME COMPUTER E VIDEOGIOCHI, E DELLA CULTURA GIAPPONESE.

Erano 5 o 6 ragazzi del centro e nord Italia e insieme hanno fatto delle belle serate. Ma è stata solo una esperienza isolata. Matteo si è specializzato proprio sull’arte digitale vaporwave/estetica, caratterizzata dall’uso di temi

nostalgici degli anni Ottanta e Novanta, di sistemi operativi per computer e consolle per videogiochi, busti romani, centri commerciali abbandonati, elementi della cultura giapponese, tutti conditi con l’uso di

sfumature sulle tonalità del viola e del rosa. Le opportunità che si presentano ogni giorno a Matteo sono davvero tante e lui è sempre pronto a coglierle e a svilupparle con successo grazie alla sua genialità.

26 IN
QUESTA PAGINA, ALCUNE DELLE SORPRENDENTI OPERE DIGITALI IN MOSTRA A LONDRA DEL GIOVANE RAVENNATE MATTEO SUCCI.
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TERRITORIO IL CORSO IL RACCONTO DELLA DIVERSIONE DEI FIUMI RONCO E MONTONE DELLA STORIA DI ANDREA
CASADIO FOTO MASSIMO FIORENTINI

La primavera scorsa, i drammatici eventi dell’alluvione hanno portato i ravennati a riprendere coscienza di una realtà la cui consapevolezza era sopravvissuta da tempo solo nella cognizione di pochi storici e addetti ai lavori: il territorio nel quale viviamo è un ambiente sostanzialmente ‘costruito’, frutto dell’interazione fra elementi naturali (la terra e l’acqua) e intervento umano. La ricerca di un fragile e mai risolutivo equilibrio fra queste componenti è la falsariga su cui si potrebbe leggere l’intera storia della città. In questo contesto, l’episodio più importante, e che non a caso è stato richiamato anche nei giorni dell’alluvione, è quello che, nella prima metà del Settecento, portò alla modifica del tracciato del Ronco e del Montone, con la nascita dei moderni Fiumi Uniti e con

il conseguente riassetto complessivo del sistema idrografico ravennate. Il punto di partenza era allora quello della sistemazione effettuata a sua volta nel XIII secolo, quando il Montone e il Ronco erano stati condotti artificialmente ad abbracciare a nord e a sud il centro urbano: il primo lungo la direttrice ancor oggi testimoniata da via Fiume Abbandonato (appunto) e dalla circonvallazione S. Gaetanino, e poi oltre la Rocca Brancaleone; il secondo in un percorso parallelo alla Ravegnana, fin quasi a sbattere nelle mura del borgo S. Rocco per poi deviare verso il mare e confluire col Montone nella zona dell’attuale quartiere Darsena. Il risultato di tale unione fu un antecedente dei Fiumi Uniti, che inizialmente si dirigeva verso Porto Fuori e poi fu portato a sfociare in mare più

a nord, con un estuario di cui è rimasta memoria nel nome di Punta Marina.

I motivi che avevano indotto gli uomini del Medioevo a tale sistemazione erano diversi: l’approvvigionamento idrico, la fornitura di forza motrice per i mulini, l’alimentazione dei lavatoi e dell’ancora vitale sistema di canali interni alla città e, ovviamente, la difesa della stessa. Tuttavia, già dopo pochi secoli il rapporto costi-benefici di quell’assetto si era ormai invertito. Col tempo, infatti, l’alveo dei fiumi si era progressivamente innalzato, contestualmente a un abbassamento per subsidenza naturale del livello del centro urbano; unita alla deleteria presenza delle chiuse dei mulini, e agli effetti del piovoso regime climatico della ‘piccola era glaciale’, tale situazione esponeva la città a inondazioni sempre più frequenti, fra le quali la più devastante fu quella del maggio 1636. Già dal Cinquecento avevano dunque cominciato a susseguirsi diversi progetti predisposti da tecnici e autorità al fine di risolvere il problema. Nel complesso, l’idea di base era quella di liberare la città dall’‘abbraccio mortale’ dei fiumi, portando il Montone a immettersi nel Ronco a sud del centro urbano. Tale operazione si scontrava però contro interessi consolidati (in particolare quelli dei proprietari dei terreni e dei mulini) e con problemi tecnici ed economici. A complicare le cose ci fu poi, alla metà del Seicento, la realizzazione del canale Panfilio, che collegava la città con il porto Candiano, a sud, e dunque nell’area che avrebbe dovuto essere interessata dalla diversione dei fiumi. Solo nel nuovo clima politico e culturale dell’inizio del Settecento, il ‘secolo riformato-

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TERRITORIO
INONDAZIONI
PIÙ
GIÀ NEL MEDIOEVO SI TENTÒ UNA SISTEMAZIONE DEI FIUMI. LA CITTÀ ERA ESPOSTA A
SEMPRE
FREQUENTI, FRA LE QUALI LA PIÙ DEVASTANTE FU QUELLA DEL MAGGIO 1636.
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re’, la vicenda ebbe finalmente una svolta in seguito all’elezione, nel 1730, del papa Clemente XII (Lorenzo Corsini) e alla conseguente nomina di un nuovo legato di Romagna nella persona di Bartolomeo Massei. Questi nel 1731 affidò lo studio della questione ai due ‘primari matematici’ Eustachio Manfredi e Bernardino Zendrini, professori rispettivamente a Bologna e a Padova. Dopo avere esaminato i progetti precedenti, essi elaborarono un piano che prevedeva la deviazione del Montone nel punto in cui si sarebbe costruita la chiusa di S. Marco, e il suo congiungimento con il Ronco circa due chilometri a sud di Porta Sisi. Da qui sarebbe stato scavato l’alveo dei nuovi Fiumi Uniti, che avrebbe raggiunto il mare sfruttando in parte quello del dismesso Panfilio, mentre il nuovo portocanale sarebbe sta-

to realizzato sfruttando la traccia dei Fiumi Uniti precedenti. Vinte le ultime resistenze e perplessità, il 16 marzo 1733 una solenne funzione nella basilica di Classe diede il via ai lavori di escavo, mentre nell’ottobre seguente fu posta la prima pietra della chiusa.

Nonostante l’insorgere di alcuni problemi tecnici, i lavori erano in corso quando, nel febbraio del 1735, Massei lasciò la città per essere sostituito alla guida della Legazione da uno dei protagonisti assoluti della storia ravennate di quel secolo, il cardinale Giulio Alberoni. Questi prese immediatamente in carico la prosecuzione del progetto, senza mancare però di lasciarvi la sua impronta personale. Il riassetto complessivo del sistema fluviale comportava infatti la costruzione di tre nuovi ponti, uno sul Ronco per la via Cella,

uno sul Montone per la Ravegnana (ponte Assi) e il terzo sui Fiumi Uniti per la Romea. Realizzato in muratura su progetto del fusignanese Giovanni Antonio Zane, riutilizzando i mattoni prelevati dalla Rocca Brancaleone, il Ponte Nuovo fu un’opera all’avanguardia per l’epoca, e fu oggetto della speciale attenzione del cardinale. Fu grazie alla sua autorità che vennero arruolati – scriveva la Gazzetta di Ravenna – “tanti vagabondi e scioperati, che marcivano nell’ozio in questa, e nell’altre città e luoghi vicini,” che lavorarono di giorno e di notte riuscendo a terminare l’opera già alla fine del 1736. Due anni dopo, il 14 dicembre 1738, il Ronco venne immesso nel nuovo alveo, alla presenza di una folla entusiasta e al suono corale delle campane della città. Finalmente, nel dicembre del ‘39, anche il Montone fu unito al Ronco, ponendo termine dopo quasi un decennio alla grande impresa della diversione, e con essa all’incubo delle alluvioni della città. In effetti, il progetto originario di Manfredi e Zendrini era stato modificato in una parte sostanziale, perché Alberoni era intervenuto anche sul nuovo porto, da lui spostato nel tracciato che è quello del Candiano attuale. Questa, si sarebbe tentati di dire con banale formula di chiusura, ‘è un’altra storia’, ma non sarebbe corretto: era la seconda parte di un’unica grande storia, che nel giro di un quindicennio modificò alla radice l’assetto infrastrutturale ravennate nelle forme che, dopo tre secoli, sono ancora quelle di oggi.

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SOPRA, I FIUMI UNITI CHE FANNO CAPOLINO IN MEZZO ALLA FOLTA VEGETAZIONE A RAVENNA. NELLA PAGINA PRECEDENTE, LA CHIUSA DI SAN MARCO.
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ADVERTORIAL OROGEL UN MONDO FATTO DI SEMPLICI MERAVIGLIE

DAL 1978, L’IMPEGNO DI OROGEL È

UNA PROMESSA

MANTENUTA

OGNI GIORNO:

PORTARE SULLA

TAVOLA PRODOTTI

MERAVIGLIOSI, CON

UN GUSTO GENUINO, BUONO, CHE STUPISCE AL PRIMO ASSAGGIO.

È il 1967 quando undici appassionati produttori ortofrutticoli del cesenate, per valorizzare al massimo le produzioni del territorio, decidono di associarsi costituendo la prima cooperativa del gruppo. In poco tempo altri operatori locali seguono l’esempio, dando vita ad altre cooperative che nel 1969 si uniscono creando il Consorzio Fruttadoro di Romagna. Un consorzio di secondo livello che investe, da subito, nello studio dei processi di conservazione degli alimenti, e in particolare nella surgelazione, per risolvere il problema delle eccedenze di produzione dei soci e per innovare l’offerta orticola, fornendo sul mercato prodotti freschi anche fuori stagione. Dopo la posa della prima pietra dello stabilimento di sur-

gelati nel 1975, tre anni dopo, nel 1978 viene fondata Orogel Nel tempo, con passione e innovazione, Orogel è diventata il primo gruppo italiano nella produzione di vegetali freschi surgelati. Tutto senza mai perdere di vista l’attenzione verso la qualità, i valori, le tradizioni del territorio e il rispetto per la natura. Per fare un prodotto eccellente servono due elementi: materie prime di ottima qualità e un processo produttivo all’avanguardia. I soci agricoltori di Orogel coltivano a pieno campo, rispettando i cicli stagionali e raccogliendo gli ortaggi nel momento di maggiore concentrazione di vitamine e minerali. L’irrigazione avviene sfruttando per quanto possibile le precipitazioni e le risorse naturali. Per ridurre l’impatto dell’irri-

gazione vengono usati strumenti di precisione, anche con l’aiuto di riprese satellitari. La difesa fitosanitaria è importante: l’utilizzo di fitofarmaci può essere ridotto grazie all’utilizzo di modelli previsionali, all’applicazione di rigidi disciplinari di coltivazione e all’uso di mezzi di difesa alternativi. Questa visione di agricoltura sostenibile è alla base della qualità dei prodotti

Dopo essere stati selezionati, lavati, tagliati e scottati pochi secondi a vapore o in acqua bollente, gli ortaggi vengono surgelati. Grazie alla surgelazione il cuore del prodotto raggiunge velocemente una temperatura di -18°C. Durante il processo di raffreddamento, l’acqua contenuta nel prodotto si solidifica in micro-cristalli talmente piccoli

L’AMORE PER LA TRADIZIONE, LA CURA DI OGNI PRODOTTO, LA RICERCA E L’ATTENZIONE VERSO LA NATURA E LE PERSONE, SONO I PRINCIPI CHE FANNO DI OROGEL IL PRIMO GRUPPO ITALIANO DI ECCELLENZA NELLA

PRODUZIONE DI VEGETALI FRESCHI E SURGELATI.

da non danneggiare la struttura delle cellule. Pertanto, le caratteristiche nutrizionali e organolettiche degli alimenti si conservano intatte per lungo tempo, anche in fase di scongelamento. Da sempre, alla base c’è la ricerca dell’eccellenza: Orogel è riconosciuta, dal mondo della distribuzione e da un numero sempre maggiore di consumatori, come l’azienda specialista nel settore dei vegetali surgelati e di piatti e contorni a base di verdura. Lo spirito fortemente innovatore ha portato l’azienda ad ampliare il proprio orizzonte, arricchendo

la propria offerta di anno in anno, andando sempre a intercettare i bisogni e i gusti dei consumatori. La Cucina Salute e Benessere Orogel è il luogo d’elezione per lo studio, la ricerca e lo sviluppo di nuovi prodotti.

Quella di Orogel è una storia nata oltre cinquant’anni fa e basata sui valori sanciti nella Dichiarazione d’identità cooperativa: democrazia, eguaglianza, equità, solidarietà, onestà, trasparenza, responsabilità sociale, attenzione verso gli altri, aiuto reciproco. Questi valori, propri della tradizione coope -

rativa , unitamente a un forte legame con la base sociale e il territorio, a una profonda conoscenza della filiera produttiva e a una costante attenzione al prodotto in termini di innovazione, sicurezza e qualità, hanno contribuito all’affermazione di Orogel. I principi della cooperazione e della mutualità sono alla base di ogni azione che Orogel porta avanti non solo all’interno del proprio sistema, ma anche verso il territorio in cui opera. Per questo Orogel ha contribuito alla nascita e fondazione del Consorzio Romagna Iniziative ,

per valorizzare l’attività sportiva e progetti artistico-culturali rivolti ai giovani, e la Fondazione Romagna Solidale, che riunisce 70 aziende del territorio cesenate impegnate a sostenere realtà del no-profit che operano in diversi settori: dalla tutela della salute alle disabilità, dall’assistenza agli anziani alla formazione dei giovani.

Nel 2017, a 50 anni dall’avvio della propria attività di surgelazione, Orogel ha dato vista alla propria fondazione F.OR, che opera negli ambiti dell’impegno sociale, della solidarietà e della cultura.

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LA SPESA

STADERA, IL MERCATO CON PRODOTTI SOSTENIBILI AL SERVIZIO DELLA CITTÀ

SI FA ETICA

Prodotti km zero, sfusi, bio ed eco, con un occhio al packaging sostenibile. Questi sono i punti cardini di Stadera, il mercato cooperativo a Ravenna. Entrando in negozio, Silvia Pressello mostra le oltre settanta referenze di prodotti sfusi: dal caffè in chicchi, alle varie granole per la colazione, il riso, i cereali. Il banco della frutta e della verdura freschi, la pasta dai diversi tipi di grano, prodotti per la colazione, snack, prodotti da frigo, surgelati, formaggi, carne. Prodotti per l’igiene della casa e della persona. Ci sono anche i beni di largo consumo per dare la possibilità alle persone di fare una spesa completa.

Stadera nasce ufficialmente il 15 febbraio 2020, poco prima che scoppiasse la pandemia Covid, da ventuno soci fondatori, ma il percorso nasce diversi mesi prima da un gruppo di amici che si sono ispirati alla food coop Bees di Bruxelles, di cui uno, Enrico De Sanso, è stato a sua volta fon-

STADERA NASCE IL 15 FEBBRAIO 2020 DA UN GRUPPO DI VENTUNO SOCI FONDATORI CHE SI SONO ISPIRATI ALLA FOOD COOP BEES DI BRUXELLES.

“PER IL BENESSERE COLLETTIVO, DELLA SOCIETÀ E PER LA SOSTENIBILITÀ.”

datore nonché primo presidente di Stadera.

La cooperativa ha aperto prima in via Veneto, poi da settembre 2022 si è trasferita in via Cesari 73. “Tutto parte da un’esigenza,” racconta Riccardo Ricci Petitoni, uno dei soci, “da una necessità, un’urgenza a cambiare il nostro modo di fare la spesa, di consumare. Tutti andiamo al

supermercato pensando di essere liberi nelle nostre scelte, ma non è completamente così: la nostra scelta è vincolata alla gamma, alla qualità, alla natura dei prodotti che qualcun altro seleziona per noi. Il consumatore deve riappropriarsi del proprio potere di acquisto che è enorme e capace di indirizzare le scelte di produzione, i trend di consumo: lo deve fare per se stesso, per il proprio benessere e la sua salute, ma anche per il benessere collettivo, della società e per la sostenibilità ambientale. Viviamo nel pieno di emergenze sociali e ambientali e, attraverso il nostro modo di consumare, abbiamo la possibilità di cambiare.” Lo scopo di Stadera è di ripartire dal basso per costruire un nuovo modello di consumo, un’alternativa alla grande distribuzione organizzata. Non è però solo uno scopo ideale, ma anzi è molto pratico: nelle food coop, e quindi anche in Stadera, il socio è proprietario, gestore, organizzatore della

38 COOPERATIVA
DI SERENA ONOFRI FOTO MASSIMO FIORENTINI

cooperativa, oltre che consumatore. Il socio, volontariamente, può quindi aiutare a gestire concretamente il negozio, abbassando il costo del personale. Questo significa costi di gestione più bassi, e permette di accedere a prodotti di alta qualità, etici, biologici, a prezzi competitivi e accessibili a tutti. “Il nostro non è un progetto di nicchia, è un’esperienza per chiunque voglia accedere a prodotti di qualità, che contribuisce a scegliere, a prezzi equi.”

Per far parte della comunità di Stadera, e quindi fare la spesa, basta diventare socio, con una quota minima una tantum di almeno 25 euro, senza necessariamente dedicare del proprio tempo nella gestione della cooperativa. Chi invece volesse può prestare servizio in negozio 2 ore e mezza al mese, in cambio di prezzi agevolati sui prodotti. “In futuro,” prosegue Ricci Petitoni, “ci piacerebbe poter incrementare ancora le dimen-

sioni del punto vendita, offrire molteplici servizi come un vero e proprio supermercato di comunità. Per questo stiamo lavorando a un ‘supermercato diffuso’, che lavori su un’alleanza alimentare cooperativa fra i cittadini. Abbiamo anche un nuovo progetto, Ce ne facciamo Cargo: si tratta di un servizio di ritiro delle eccedenze alimentari da destinare a usi solidali, attraverso l’ausi-

lio di una cargo bike a pedalata assistita.” Durante l’emergenza alluvione, da subito Stadera ha pensato di dar valore alla partecipazione dei soci puntando sui propri valori. Per questo sono state organizzate squadre di volontari perché insieme si può essere più utili che singolarmente. E così si continua a fare, supportando anche ora che l’emergenza è passata.

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NELLE FOTO, STADERA, IL MERCATO COOPERATIVO IN VIA CESARI 73. SOTTO, L’AMPIA SCELTA DI PRODOTTI SFUSI.

TALENTI

GIOVANE, CASADEI E PRATI VICECAMPIONI DEL MONDO UNDER 20 DI CASA

DI MASSIMO MONTANARI FOTO UFFICIO STAMPA FIGC
SPORT

Sono cresciuti insieme e insieme hanno accarezzato un sogno – il titolo mondiale Under 20 – svanito all’ultima curva. E insieme ora sono pronti a lasciare un segno importante nel mondo del calcio, visto che i loro nomi sono nelle agende di numerosi direttori sportivi. Loro sono Samuel Giovane, Cesare Casadei e Matteo Prati: in comune l’anno di nascita, il 2003, un talento da predestinati e una nascita in terra ravennate. Mai come adesso Ravenna ha espresso così tanti talenti tutti in una volta e soprattutto mai ha avuto tre giocatori del territorio contemporaneamente impegnati in un Mondiale: luci fulgide in un cielo calcistico un po’ grigio adesso da queste parti. Trafila nel Cesena fin da bambini, poi le strade si separano – Giovane sbarca all’Atalanta e da lì all’Ascoli, Casadei all’Inter, dove lo nota il Chelsea che lo ingaggia e lo presta al Reading, e Prati al Ravenna, trampolino di lancio

NEI MONDIALI IN ARGENTINA, SAMUEL GIOVANE È STATO IL CAPITANO MENTRE

CESARE CASADEI HA CHIUSO CON IL TITOLO DI CAPOCANNONIERE E MATTEO PRATI È STATO TRA I MIGLIORI CENTROCAMPISTI VISTI ALL’OPERA. “UN SECONDO POSTO

CHE CI RENDE TUTTI ORGOGLIOSI.”

per la Spal – ma restano i contatti e l’amicizia e poi si ritrovano in azzurro, per disputare il Mondiale in Argentina. Che finisce con la sconfitta in finale contro l’Uruguay.

“È stata un’esperienza bellissima,” ammette Giovane, rintrac-

ciato prima della partenza per le sue vacanze, “nella quale ci siamo confrontati con nazionali veramente importanti e di grande valore e con giocatori molto forti. Siamo contenti di avere raggiunto un grande traguardo che nessuno si aspettava grazie alla qualità del gioco e con l’unione del gruppo. Finita la partita con l’Uruguay eravamo molto delusi perché perdere una finale mondiale fa male ma, a mente fredda, so e sappiamo di avere fatto qualcosa che nessuno aveva fatto prima. Abbiamo portato a casa un secondo posto che ci rende tutti orgogliosi.”

Ai Mondiali, Giovane – figlio e nipote d’arte visto che sia il papà, fermato da un infortunio, che il nonno, una parte di carriera nel Russi, hanno giocato a calcio – è stato il capitano (ma lo era stato anche agli Europei l’anno scorso), mentre Casadei ha chiuso con il titolo di capocannoniere e Prati è stato tra i migliori centrocampisti visti

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PER ALESSANDRO ZAULI, ALLENATORE CON ABILITAZIONE UEFA A, “TANTA ABBONDANZA DALLE NOSTRE PARTI NON C’È MAI STATA. QUESTO È LA CONFERMA DELLA BONTÀ DEL LAVORO DEL CESENA CHE HA CRESCIUTO IN CASA QUESTI RAGAZZI.”

all’opera. “Sicuramente quella fascia ti carica di grande responsabilità,” ammette, “ma mi sento come tutti gli altri compagni di squadra. Cerco di essere da esempio, e se un compagno ha bisogno ci sono sempre. Fa parte di me del mio carattere. Forse anche e soprattutto per questo che il mister Nunziata mi ha affidato la fascia: un ruolo che cerco di onorare al meglio.”

Il talento dei tre non è ovviamente sfuggito ad Alessandro Zauli, allenatore con abilitazione Uefa A, osservatore, numerose esperienze in panchina nelle giovanili di vari club, oggi istruttore tecnico alla Compagnia dell’Albero e scrittore di apprezzati libri di allenamento tecnico-tattico. “Tanta abbondanza dalle nostre parti non c’è mai stata,” sottolinea, “e questo ha una duplice chiave di lettura: da un lato è la conferma della bontà del lavoro del Cesena, che ha cresciuto in casa questi ragazzi e poi ha dovuto salutarli con il fallimento e le varie vicissitudini, dall’altro fa risaltare i pochi meriti di una città, come Ravenna, che non riesce a coltivare in casa propria ragazzi di questo livello.

Ma è inutile parlarne: quella dei giovani che vanno a giocare a Cesena è una storia talmente vecchia che non è neanche più il caso di tirarla fuori.” Dall’analisi di Zauli emerge chiaramente l’oro puro setacciato in città. “Giovane è un ragazzo molto maturo e molto professionale,” spiega Zauli, “è già grande da questo

punto di vista. Deve trovare una sua collocazione chiara in un ruolo: finora ha fatto il terzino, la mezzala, il giocatore davanti alla difesa. Nella scelta in fase di possesso può migliorare tanto. Da mediano deve imparare a giocare con meno tocchi perché, essendo bravo, gli piace giocare molto la palla.” Casadei ha incantato tutti e messo in fila tutti i bomber del mondiale chiudendo con 7 centri. “Lui è un giocatore moderno, dotato di buona fisicità, che va a cercarsi la posizione in campo a seconda dei momenti della partita,” dice di lui Zauli, “così te lo trovi in varie zone del campo e lo vedi andare a prendersi la palla dove ci sono spazi. Proprio in questa capacità e nella lettura delle varie fasi della gara ha la sua forza. L’Inter ha fatto una plusvalenza di 20

milioni da un ragazzo arrivato da un fallimento del Cesena.” Prati in Argentina ha segnato il gol nella partita d’esordio dell’Italia contro il Brasile. “Prati è il classico esempio di ragazzino bravissimo tecnicamente ma ancora un po’ indietro fisicamente. Nel Ravenna in D non era titolare poi, grazie alla sua bravura nel proporsi e grazie alla tenacia e alla visione di Dossena, si è conquistato un posto da titolare, che gli è valso il salto alla Spal. E anche qui, partito per disputare la Primavera ha saputo guadagnarsi la fiducia di De Rossi e di Oddo, debuttando in B. È un ragazzo di forte personalità, che non ha paura di farsi dare la palla. Il suo percorso è un esempio per tutti i ragazzi che fanno sport: con l’abnegazione, l’impegno, la serietà si può arrivare lontano.”

42 SPORT A
DESTRA, ALESSANDRO ZAULI, ALLENATORE CON ABILITAZIONE UEFA A. NELLE PAGINE PRECEDENTI, MATTEO PRATI (NUMERO 4), IL CAPITANO SAMUEL GIOVANE (NUMERO 6) E CESARE CASADEI (NUMERO 8).

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Bagnara

DIPINGERE

LA PITTURA URLATA DI LAURA MEDICI ISPIRATA ALL’ESPRESSIONISMO

LA POESIA

Gli eventi alluvionali del mese di maggio hanno provocato in Romagna danni all’ambiente naturale, a edifici pubblici, abitazioni private e non sono stati risparmiati gli studi degli artisti situati sempre al piano terra. Solo per citarne alcuni, a Faenza si è allagato il laboratorio di produzione e archivio della Bottega Gatti, a Castel Bolognese l’atelier dello scultore Alberto Mingotti, a Solarolo il capannone di lavoro di Roberto Salvatori e a Lugo lo studio annesso all’abitazione di Laura Medici che custodiva la storia della vicenda creativa di una vita, andata perduta. Da sempre animata da passioni letterarie e poetiche, la ricerca artistica di Laura Medici trae ispirazione dalla letteratura e dalla poesia, tanto che la pittura confluisce nella scrittura, e viceversa. Lettrice accanita fin da bambina, ha compiuto studi artistici, prima il Liceo artistico a Ravenna e poi l’Accademia di Belle Arti a Bologna dove la sua formazione è stata influenzata in particolare dai docenti Adriano Baccilieri e Giulio Cortenova che riuscivano ad appassionare, a suscitare ricerche “spingendo il martelletto dell’interesse del pianoforte interiore.” Fin dalla

prima media sapeva che voleva fare l’insegnante. Aspirazione realizzata: dopo aver insegnato discipline artistiche negli Istituti superiori della Provincia, dal 2000 è di ruolo nella scuola media. Nell’operatività artistica il segno-disegno si intreccia strettamente al segno-scrittura, mentre la matrice d’ispirazione che

la guida è l’espressionismo, per la sensibilità verso il colore e al contrasto tra i colori, escludendo quelli neutri e i mezzi toni. La sua è una pittura urlata, che apre uno sguardo all’interiorità, alla personale condizione esistenziale. Per questo privilegia la figura depurata da dettagli naturalistici, immersa in una luce astratta,

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ARTE
DI ALDO SAVINI FOTO LIDIA BAGNARA

USA PREVALENTEMENTE

SUPPORTI CARTACEI, CARTONI, CARTONE

TELATO, SPESSO SOVRAPPOSTI, A VOLTE ANCHE LENZUOLA PER L’IMPLICITO VALORE SIMBOLICO, PER FARE RIPOSARE LE FIGURE COME SE SI DOVESSERO CORICARE.

simbolica. Il ricorso alla tecnica mista, allo strappo, alla sedimentazione accentua l’espressività delle immagini, ritiene che un lavoro non sia mai finito, resti sempre aperto, proceda quindi per strati, per cui anche dopo 10 anni può essere ripreso per aggiungere e riunire altre suggestioni, come d’altra parte la vita procede per stratificazione sui sedimenti del passato.

Usa prevalentemente supporti cartacei, cartoni, cartone telato, spesso sovrapposti, a volte anche lenzuola per l’implicito valore simbolico, per fare riposare le figure come se si dovessero coricare. Anche il collage inclusivo

rientra nella sua ricerca, non con elementi presi dall’esterno, ma con strappi di poesie e delle sue stesse pitture che vengono coinvolte insieme. Usa acrilico, acquerelli liquidi, pennarelli indelebili, china, spesso mescolati. Un altro interesse, inevitabile per chi è appassionato di letteratura, è il libro oggetto, il libro ‘d’artista’ che diventa anche pittura, narrazione visiva. Intrattiene rapporti stabili con il centro C.A.B.A. di Villa Verlicchi a Lavezzola e la Biblioteca di Noto, che annualmente realizza una Mostra internazionale del libro d’Artista. Purtroppo una trentina di questi lavori, sono andati

perduti in seguito agli eventi recenti: ne ha conservati dei frammenti, riutilizzabili per altre composizioni. In questo contesto, scrive nella prospettiva di un doppio binario da cui può partire una ricerca, è una scrittura tesa a dare voce alla pittura e viceversa, non pensata per essere pubblicata. Inventa delle storie visionarie che parlano del bisogno di relazioni autentiche con l’altro, di solitudine, di una condizione esistenziale faticosa e sofferente, ma anche della possibilità di salvezza che viene dalla comunicazione interpersonale e dal sentimento di fratellanza e solidarietà tra gli umani.

48 ARTE

GUSTO

IL GELATO CREATO DA JESSICA GALLETTI E LUCE CAPONEGRO

SELEN

to per preservare la salute dei nostri figli, senza grassi vegetali idrogenati né emulsionanti.”

Tutto è stato studiato sin nei minimi dettagli, per un risultato finale in grado di sorprendere anche i palati più raffinati.

Si chiama ‘Selen’ il gusto nuovo dell’estate. Si tratta di un gelato che rende omaggio a Luce Caponegro, in arte Selen, sexy-icona dell’era analogica e oggi influencer di successo nel settore del beauty e del wellness. L’idea nasce dall’imprenditrice Jessica Galletti che dal 2014 ha aperto tre omonimi punti vendita a Cervia, Cesenatico e Cesena. Insieme hanno creato questo gusto sano al cioccolato crudo

mantecato al peperoncino di Caienna. Servito in cono o in coppetta, con un packaging rigorosamente compostabile, è fatto con fave di cacao puro addolcito con zucchero integrale del fiocco di cocco bio, che ha un indice glicemico più basso di quello tradizionale. Non contiene glutine né lattosio e racconta, prima di tutto, l’amore per la natura e la sostenibilità ambientale. “Un gelato,” spiega Galletti, “pensa-

“Jessica e io ci conosciamo da tempo,” spiega Selen, “e, pur operando in settori diversi, abbiamo sempre condiviso la passione per il salutismo, la naturalezza dei cibi e per i corretti stili di vita. Siamo, per altro, anche due mamme e quindi, avendo due figli golosi di gelato, abbiamo creato qualcosa che facesse anche bene alla loro crescita. Ovvero un gelato che, pur mantenendo intatto il sapore originario del cioccolato, avesse anche requisiti di eccellenza nutritiva. Una volta messa a punto l’idea, Jessica ha messo la sua tecnica, io le mie papille gustative e, dalla combo, è nato questo gelato che io reputo semplicemente divino.” Agli amanti del gelato non resta che provarlo approfittando delle calde giornate estive, dove un po’ di refrigerio arriva solo da qualche prelibatezza fresca e gustosa. Un peccato di gola a metà visto che il prodotto è stato studiato pensando alla naturalezza dei cibi e ai corretti stili di vita.

50 FOOD
DI ROBERTA BEZZI

Marina  Abramovic  /  Ulay

“Relazione  del  tempo”,  1977 50x185,5  cm.

Le passioni dei collezionisti: da Bertelli a Cattelan

firme  in  basso  a  sinistra

Fotografie  in  b/n  montate  su  tavola  in  legno

Acquistata  presso Galleria  Studio  G7

Pubblicato  in Marina  Abramovic  /  Ulay,  Relation  work  and  detour,  Amsterdam,  1980

Marina  Abramovic,  Padiglione  d’arte  contemporanea  di  Ferrara,  1994

Marina  Abramovic  /  Ulay,  Performances 1976 1988,  Stedelik  Van  Abbemuseum  Eindhoven,

1997

Marina  Abramovic  Artist  Body,  Performances  1969 1998,  Milano  1998

MAGAZZINI DEL SALE TORRE CERVIA (RA) 14 luglio – 20 agosto 2023 tutti i giorni ore 20.00 – 24.00 Patrocinio Comune di Cervia Provincia di Ravenna Regione Emilia-Romagna Camera di Commercio di Ferrara-Ravenna mostra a cura di Claudio Spadoni informazioni CNA Segreteria Tel. 0544 298511 cna@ra.cna.it promossa da CNA Territoriale Ravenna in collaborazione con Comune di Cervia GROUP --Logo Cila Cii ai Orizzontale oporzione 4x1 (base per altezza) Logo Cila Cii ai Cent ato p oporzione 3x2 (base per altezza) Blu Blu 39 Red 80 G een 135 Blu Blu quadric an 70 magenta / 0 giallo / 0 ne Giallo Giallo 242 Red / 203 G een / 19 Blu Giallo quadric an 20 magenta 100 giallo / 0 ne Font logotipo Ad ert Ad ert Light Ad ert egular A ert Bold A ert Black Logotipo e specifi

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