uomini & pareti
Maurizio Giordani Il richiamo dell’ignoto
Oltre quarant’anni di ricerca e scoperta alpinistica
EDIZIONI VERSANTE SUD | I RAMPICANTI BIG
MAURIZIO GIORDANI Guida alpina, appassionato viaggiatore, vanta un’attività di oltre 100 spedizioni in tutto il mondo. Ha pubblicato tre opere sulla Marmolada: un libro sulla storia dell’alpinismo, Sogno di Pietra, e due guide di alpinismo sugli itinerari della parete Sud, per Edizioni Mediterranee e Versante Sud. Appigli sfuggenti (Alpine studio) è il suo ultimo lavoro editoriale nel quale sono raccolti un centinaio di racconti/aneddoti… in pratica una sua biografia completa. Tra le sue opere su roccia, fiori all’occhiello sono la trilogia di solitarie estreme quali la prima free solo di Tempi Moderni, la prima solitaria invernale di Supermatita e la prima solitaria della Via attraverso il pesce. La Sud della Marmolada è la “sua” parete con una cinquantina di vie nuove fra le più belle e impegnative in assoluto.
Maurizio Giordani
Prima edizione: dicembre 2020 2020 Š VERSANTE SUD S.r.l. Via Longhi, 10 20137 Milano Per l’edizione italiana tutti i diritti riservati www.versantesud.it ISBN: 978 88 55470 292 Stampa: Tipolitografia Pagani, Passirano (BS)
uomini & pareti
Maurizio Giordani Il richiamo dell’ignoto
Oltre quarant’anni di ricerca e scoperta alpinistica
EDIZIONI VERSANTE SUD | COLLANA I RAMPICANTI
Puoi fermarti perché devi, oppure puoi fermarti perché vuoi. Sei tu che scegli. Vuoi vivere liberamente?
CERCA LA LEGGEREZZA.
È così che si va lontano. Hai un solo modo per capire chi sei: c’è uno spazio aperto tra il giardino di casa e l’irraggiungibile. Esploralo, lascia scorrere la vita, poi spingi il confine un po’ più in alto. La tua identità è lì, dove fatica e gioia hanno lo stesso nome. Sai cos’è rivoluzionario? Vivere la propria vita, quella che tu hai scelto. Spremine il meglio, perché ogni momento è perfetto, se ti concentri su quello che puoi tirarne fuori. Gioca seriamente: non hai altro rivale che te stesso. ASCOLTA LA TUA NATURA. Ascolta il tuo cuore che batte, ascoltalo accelerare. Senti i muscoli che si tendono, il sudore che ti imperla la fronte. Cerca l’intensità, perché è così che le cose diventano davvero interessanti. Vuoi vivere qualcosa di nuovo, qualcosa di memorabile? CAMBIA PROSPETTIVA. C’è un mondo intero appena oltre la porta di casa.
VA’ DOVE NON SEI MAI STATO. NON TI FERMARE.
www.karpos-outdoor.com
SCARPA da Asolo verso gli angoli remoti del mondo. Dal 1938 siamo ai piedi di alpinisti e arrampicatori così come di escursionisti ed amanti dell’avventura e dell’outdoor. Dove c’è la voglia di esplorare, c’è un luogo da scoprire. “NO PLACE TOO FAR” risuona come un mantra tra le pagine di questo libro. È l’invito silenzioso e gentile di Maurizio Giordani e di Scarpa a spingersi un po’ più in là, a uscire dal sentiero tracciato e abbracciare l’ignoto. “Ehi, amico, guarda che nessun luogo è lontano!” Sembra fare l’occhiolino Maurizio tra una foto di catene montuose uscite direttamente da un libro delle favole ed un racconto genuino come la pagina di un diario. Non c’è consiglio esplicito né ricetta per il successo: nessun verbo imperativo e neppure indicativo. Non c’è la volontà di guidare ciecamente lungo una strada già segnata. Nessun luogo è lontano, poi tocca a te uscire di casa, inventare la tua sfida e vivere una passione. L’orizzonte comincia da dove si può guardare, così Maurizio, roveretano, parte dalle montagne del suo giardino: Arco e le Dolomiti. Questi luoghi, culla dell’alpinismo classico, sono il terreno ideale per confrontarsi con gli itinerari storici dei pionieri. Perché conoscere e rispettare la tradizione è il modo migliore per coltivare una passione e far crescere l’esperienza. Arriva quindi l’esigenza di migliorarsi: è il momento di cercare i propri limiti e porsi nuovi obiettivi. Innovazione significa avere il coraggio di sperimentare e guardare fino a dove si possa spingere una performance. Questo percorso porta Maurizio a compiere scalate estreme con uno stile pulito e veloce, spesso confrontandosi con la montagna in solitaria o scalando le pareti vestite con i gelidi colori della stagione invernale e con le sue insidie ancora maggiori. Poi lo sguardo si rivolge naturalmente al futuro, alle sfide ancora da compiere, alle vie ancora da salire. La parete è lassù, possente e imperturbabile, la roccia già scolpita dalla natura. Eppure la linea non è tracciata, c’è bisogno di un sognatore che intuisca ed insegua la sua visione. Se si vuole lasciare il segno però, l’intelligenza non basta. C’è bisogno di consapevolezza, rispetto per chi c’era prima e per chi verrà dopo, attenzione nei confronti della montagna, espressione di una natura tanto grande quanto fragile. Per Maurizio l’emblema di questo percorso e di questa ricerca personale, la parete che più ha acceso i suoi desideri e cullato i suoi sogni è la sud della Marmolada: quella muraglia grigioblu che la Regina delle Dolomiti offre ai raggi del sole come una corona larga e compatta, annoverata a ragione tra le pareti più famose e desiderate del mondo. Un oceano di calcare in apparenza liscio come uno specchio, dove l’arrampicatore si trova spesso a navigare a vista, seguendo enigmatiche teorie di buchi frutto dell’erosione millenaria dell’acqua. Maurizio se
ne innamora e con incrollabile dedizione in termini di tempo e impegno, arriva a padroneggiarne la tecnica di arrampicata. È un rapporto intimo quello tra parete e scalatore: più l’uomo scopre, più la montagna gli rivela qualcosa su di lui. Quando non è appeso alle corde o non la accarezza con le mani, scruta con il binocolo per valutare le diverse sfumature di colore, la qualità e conformazione della roccia e la ipotetica presenza di appigli ed appoggi. Oppure studia le fotografie invernali per individuare una cengia bianca o una fessura, qualche segno che tradisca per un attimo la continua verticalità della parete. La profonda conoscenza lo porta a tracciare innumerevoli itinerari nuovi, prime ripetizioni, invernali e solitarie, ed a scrivere varie guide di arrampicata. Maurizio non si siede sugli allori delle sue comode Dolomiti, che tutto il mondo invidia all’Italia, non si accontenta dei traguardi raggiunti in Marmolada. Non è solo la difficoltà di un’arrampicata a svelare chi siamo. La natura inospitale e sconosciuta, la forza degli elementi implacabili ci riportano a un senso profondo, ci lasciano nudi, con una più acuta percezione delle cose: scavano la facciata e lasciano solo l’essenziale. Maurizio realizza oltre 100 spedizioni in Patagonia, Pakistan, Nepal, Cina, ma anche Africa, Nuova Zelanda, Ande, Canada e molti altri luoghi visitati da solo o in compagnia di amici e clienti. Se la condivisione consolida i rapporti umani, la passione avvicina i luoghi lontani e le culture diverse. La carriera di Maurizio non è una folle corsa verso una collezione di bandierine da piantare su cime inviolate, quanto piuttosto una ricerca di esperienze autentiche. Forse è proprio la voglia di scoprire posti nuovi e di mettersi costantemente in discussione a tenerci giovani, o più semplicemente vivi. Non vogliamo fermarci, ma non andiamo avanti indossando i paraocchi. Siamo consapevoli che le nostre azioni hanno il potere di cambiare il mondo, che se una cosa la fai mettendo il cuore e la mente, il risultato sarà sempre l’eccellenza. SCARPA e Giovanni Zaccaria per Maurizio Giordani
www.scarpa.net
È un viaggio a ritroso, un ritorno lento e ponderato verso ciò che plasma una straordinaria passione, a volte persino incontrollabile, irresistibile, un’attrazione fatale come traspare tra le righe del volume che hai tra le mani. C’è un filo rosso che lega pagina dopo pagina e che potremmo definire una curiosità continua per scoprire nuove dimensioni dell’avventura, perché una spedizione, che sia sulle più alte vette del Karakorum o verso un semplice rifugio sulle Alpi, porta con sé frammenti di un sogno, incastonati in una vita apparentemente normale, ma fatta di mille impegni. Se mai avessimo accesso all’agenda di Maurizio troveremmo un concentrato di appuntamenti, incontri, meeting, telefonate da fare, brevi viaggi da iniziare e lunghe spedizioni da pianificare: come ci possa stare tutto ciò solo lui può saperlo. Noi ce la immaginiamo piena di scritte, appunti, numeri di cellulari sparsi qua e là, qualche schizzo e un disegno di una montagna. Pagina dopo pagina, questo libro è come la sua agenda rimessa in ordine, ma dove un fuoco presente in entrambe continua a crepitare, senza fine: ceppi di fantasia che bruciano in attesa che una visione immaginaria diventi una vista reale. E come tutti i sogni, la dimensione onirica del desiderio, porta al proprio interno l’attrazione verso l’ignoto, ciò che non si conosce a priori e che il destino ci presenterà nella sua forma più crudele e, a un tempo, più affascinante. Ancorché l’esperienza di mille viaggi e scalate colmi gran parte della sensazione dell’incognito, Maurizio non resiste alla forte attrazione di scoprire ancora una volta ciò che la storia gli farà vivere e che nessuno può conoscere prima di averla vissuta. Gli americani lo chiamano unpredictable, letteralmente imprevedibile, proprio come ogni storia che ha vissuto Maurizio e che troviamo pagina dopo pagina. Ed è con questo amico invisibile che è unpredictable che l’autore gioca: il dialogo con l’imponderabile nascosto nell’incognita del viaggio. La ricerca della soluzione è la chiave di svolta, anche negli oggetti materiali che sceglie per la sua prossima avventura: un imbrago, così come un caschetto, e tutta la “ferramenta” che trasporta hanno per Maurizio un significato che va ben oltre l’affidamento della propria sicurezza. E non è un caso che tra le aziende partner Maurizio abbia scelto CT, CLIMBING TECHNOLOGY, un gruppo di persone con cui misurarsi e confrontarsi, e soprattutto condividere il piacere ludico dell’evoluzione della specie. Ognuno ha dentro di sé un bambino che ancora, nonostante la nostra età matura, gioca con macchine e soldatini: quello di Maurizio Giordani continua ad arrampicare sulle pareti dell’anima. E senza mai cercare una vetrina dove esporsi o un palco dove aprire la coda del pavone: un lavoro sottotraccia, il suo, modesto e silenzioso, come il profilo delle montagne che ha scelto per vivere una vita. La sua.
www.climbingtechnology.com/outdoor
INDICE Introduzione 14 2020: Un anno da dimenticare
16
Patagonia 2020 ― Carretera Austral
20
Pakistan 2019 ― Le torri irraggiungibili
30
Patagonia 2018 ― Il conto rimane aperto…
42
Namibia 2018 ― …C’è mancato poco
52
Pakistan 2018 ― Un’avventura d’altri tempi…
64
Giordania 2018 ― Al Sulam
76
12
99
Pakistan 2004 ― Chogolisa Valley
116
2003-2000 Pakistan 2000 ― Ogre III
124
1999-1996
2017-2015
Maurizio Giordani IL RICHIAMO DELL’IGNOTO
Pakistan 2009 ― Link Sar, la montagna fantasma
2008-2004
2020-2018
Sudafrica 2015 ― Sibebe Rock
2014-2009
86
Madagascar 1999 ― Via A-normale sullo Tsaranoro
132
Pakistan 1999 ― Karidas Valley
138
Pakistan 1998 ― Karakorum Experience
146
Pakistan 1996 ― Ultimo tentativo
154
Patagonia 1996 ― Esperando la Cumbre
160
1995-1990
ITALIA
Patagonia 1995 ― Gringos Locos
168
Valle del Sarca ― Vicino a casa
224
Pakistan 1993 ― Ritorno alla Torre degli Orsi
176
Valle del Sarca ― Fiore di Corallo
228
Patagonia 1993 ― Aguja Rafael Juàrez e Fitz Roy
179
Sardegna 2017 ― Isola di Tavolara
230
Pakistan 1991 ― Viaggio in Karakorum
182
Dolomiti ― Un po’ qui e un po’ lì
234
Patagonia 1990 ― Aquile nel cielo
186
Dolomiti 1990 ― Suspiria 238
India 1990 ― Il tempio di Shiva
192
Marmolada ― Tante belle avventure
240
Marmolada 1995 ― Spigolo di Giada, via Fantasia
246
1989-1983 Patagonia 1989 ― Dove vola il condor
206
Pakistan 1988 ― Torre di Uli Biaho, Pilone Sud
210
Patagonia 1987 ― Chiaro di Luna
218
Conclusione 250
Indice 13
INTRODUZIONE Quello che voglio intraprendere con questo racconto è un viaggio interessante, curioso, seguendo un percorso a ritroso nel tempo, fino ad arrivare agli esordi, quando tutto è iniziato. Per questo non svelo tutto in queste righe di premessa, perché spero che chi mi seguirà avrà la determinazione e la costanza di arrivare fino in fondo, all’inizio cioè, in modo da poter condividere con me e con i miei compagni di percorso, almeno in parte, la grande mole di emozioni che abbiamo vissuto andando in giro per il mondo a cercare quello che siamo nati per cercare: un qualcosa di nemmeno ben definito, una successione di attimi intensi perché unici, una rincorsa di scoperte o riscoperte, un modo per immergersi a fondo dentro se stessi, a volte da solo, a volte in compagnia, sempre alla ricerca della sorgente da dove, dal profondo, le emozioni sgorgano pure, genuine. Il percorso della mia vita, in circa 60 anni, si snoda attraverso un itinerario tortuoso, complesso, arricchito da un’infinità di vicissitudini che lo rendono un vero puzzle di eventi che, se messi assie-
Maurizio Giordani IL RICHIAMO DELL’IGNOTO 14
me con pazienza, permettono di arrivare ad un quadro dalle grandi attrattive, affascinante per certi versi. Uno dei lati del mio carattere, ingarbugliato e di difficile lettura per chi non mi conosce a fondo, è la frenetica iperattività; la spinta cioè a riempire ogni momento disponibile, lasciando ben poco spazio all’inattività, alla noia, al riposo infine. Spesso mi dico che non vedo l’ora di tornare dalle ferie per iniziare a lavorare e riposare un po’, ma non è che poi sul lavoro mi risparmio. Da un sacco di anni sono guida alpina, scrivo libri e faccio conferenze, gestisco con mio fratello un negozio di articoli sportivi, collaboro sotto contratto nella ricerca e promozione del prodotto con aziende nel mondo dell’Outdoor, sono agente di commercio e gestisco, per una vasta area del Triveneto, cinque brand affermati, con un portafoglio di oltre centocinquanta clienti. Premesso questo, mi domando come faccio, e come ho fatto, ad accumulare un’attività in alpinismo di tutto rilievo, con all’attivo migliaia di salite sulle Alpi oltre a circa duecento viaggi e spedizioni
in giro per il mondo. Chi volesse approfondire può leggere Appigli sfuggenti, dove racconto di me senza veli, scavando a fondo anche lontano dalla montagna. A chi invece è più interessato al mondo della ricerca e della scoperta in alpinismo, questo volume può dare qualche ottimo spunto dato che il filo conduttore sarà proprio questo. Una vita di preparazione di zaini, bagagli, sacconi, borsoni e bidoni per partire ancora una volta verso un obiettivo non ben definito, individuato a grandi linee ma ancora sfocato, perché per gran parte incognito. E qui mi voglio soffermare un po’, per approfondire un tema al quale ho sempre dato una grande importanza: l’incognito, il non conosciuto, la piattaforma sulla quale poggia l’avventura e senza la quale il vero sapore di ogni esperienza emozionale perde forza, diventa un po’ più insipido. Durante i miei viaggi ho toccato l’incognita in molti modi diversi fra loro, ma mai l’ho lasciata in disparte, considerandola sempre essenziale, indispensabile per poter poi portare a casa quello che, partendo, vado a cercare.
Prima sfogliando riviste, enciclopedie, atlanti, poi davanti al monitor del computer, visitando centinaia di siti web e percorrendo con Google Earth migliaia di chilometri lungo le catene montuose di mezzo mondo, fin dentro le più sconosciute; per individuare l’obiettivo, per metterne a fuoco le linee, la forma, per cercare di capire se la premessa è buona, se merita attenzione, se vale la pena iniziare a costruire il progetto, cercare i compagni giusti, preparare le basi della prossima spedizione, del prossimo viaggio. I compagni giusti: mai cercati fra coloro che si distinguono per le loro performance in parete ma sempre individuati per caso, fra gli amici, fra coloro che mostrano più entusiasmo, disponibilità, simpatia, fra le persone a me più vicine per affetto ma anche per etica; perché non è il fare che conta, ma il come si fa. L’obiettivo: mai cercato fra i nomi delle montagne più famose, conosciute, ambite ma, al contrario, spesso picchi senza nome, senza una storia alpinistica alle spalle.
Racconterò dei miei, dei nostri successi, non solo di quelli più importanti, ma anche dei tentativi falliti, delle rinunce, delle cose non completate, lasciate in sospeso. Perché anche se è vero che la vetta è la ciliegina sulla torta, ogni tentativo non riuscito ha comunque una storia alle spalle e non è detto che sia meno interessante delle altre. Lascio qualche traccia, brevi segmenti di pensiero, anche di altri miei percorsi, senza approfondire troppo: sulle nuove vie delle montagne di casa, dove la comodità di accesso in parte riduce quel forte, inebriante sapore esotico che si respira in spedizione; oppure lontano, dove non vi è la via nuova, l’avventura totale, l’incognita assoluta ma dove comunque sono entrato in quella dimensione di “novità” data dal non avere certezze, come sempre succede quando ci si muove su un terreno dove mai prima si ha messo piede, seppure si segua una traccia lasciata da altri. Detto fatto, si parte. Senza cercare altro, rigorosamente con il minimo indispensabile: uno zainetto ridotto oltremisura se si va in Do-
lomiti oppure, se si va in spedizione, con il materiale che riusciamo a farci stare nei 23 chilogrammi (a volte 30) concessi dalla compagnia aerea, infilando il resto nel bagaglio a mano ed escogitando fantasiosi espedienti per riuscire a farlo passare inosservato.
Introduzione 15
2020: UN ANNO DA DIMENTICARE Per molti di noi, dovunque nel mondo, il 2020 (anno bisesto, anno funesto) è sicuramente un anno da dimenticare. L’arrivo del Coronavirus ha avviato una crisi planetaria e ancora oggi, mentre scrivo queste righe, nessuno sa cosa succederà domani, quando e come se ne uscirà, fra annunci di restrizioni varie, lockdown, quarantene e conteggi di positivi, di malati, di deceduti. Come se non bastasse, mi è capitato di “rincarare la dose” mettendo in sequenza cinque sale operatorie consecutive, l’ultima pochi giorni fa quando l’angiografia di controllo ha decretato che posso ricominciare a condurre una vita normale, pur con le dovute attenzioni… In fondo, anche se i medici non lo sanno, proprio fermo non lo sono mai stato e forse per questo sono riuscito a recuperare velocemente energie ed entusiasmo, tanto che oggi quando lavoro, cammino, pedalo o arrampico, mi sento bene come qualche tempo fa, prima che tutto succedesse.
Maurizio Giordani IL RICHIAMO DELL’IGNOTO 16
LA SPADA DI DAMOCLE Giovedì 27 febbraio 2020. Ore 21. Sono in SOSAT a Trento con gli amici della commissione del premio Chiodo d’oro, tranquillamente seduto a chiacchierare dei nostri progetti quando all’improvviso una fiammata di calore si espande nella mia testa, seguita da una forte cefalea. Cerco di alzarmi, ma le gambe cedono. Sorretto dagli amici mi distendo e cerco di capire cosa mi sta succedendo. Al pronto soccorso il responso della Tac è chiaro: aneurisma cerebrale subaracnoideo (ESA). In pratica, un punto debole nella biforcazione di un’arteria cerebrale è collassato (può succedere anche senza una specifica causa) provocando abbondante sanguinamento all’interno della scatola cranica e, di conseguenza, gravissime patologie fra le quali la morte (circa il 50% dei casi) o gravi inabilità permanenti. Intervenire subito è essenziale. Entrando dall’arteria femorale destra, i medici dell’equipe di neurochirurgia di Trento del dottor Petralia arrivano con una sonda fino all’interno della zona compromessa nel cervello, chiudendo con delle spirali di titanio il punto di rottura.
Venerdì pomeriggio mi sveglio dall’anestesia nel reparto di rianimazione… A parte il mal di testa tutto mi sembra normale. Nancy mi aggiorna con il contagocce ma la sua faccia preoccupata non mi rassicura. Decido di non approfondire più di tanto, di seguire le indicazioni dei medici e degli infermieri alla lettera e di aspettare. Sembra che il percorso sarà lungo e complesso. Per 12 giorni, in terapia intensiva, mi sento un miracolato. Sono l’unico che parla, mangia, beve, cammina in modo naturale, ma è presto per cantare vittoria. Bisogna fare i conti con la spada di Damocle. Si chiama “vasospasmo” ed è una grave complicanza che può insorgere in qualsiasi momento e senza preavviso a danneggiare ciò che sembrava andare bene. Oltre il quattordicesimo giorno dall’evento tutto si dovrebbe normalizzare. Per questo sto scrivendo ora. Il quattordicesimo giorno è appena passato e siccome non sono abituato a vendere la pelle dell’orso prima di averlo preso, ho preferito rimanere in disparte, anche se i messaggi di affetto mi sono sempre arrivati con strepitosa partecipazione da parte di tantissime persone. Ora posso dirlo, ringra-
ziarvi tutti con un forte abbraccio virtuale, in attesa che tutto possa tornare concreto con una bella stretta di mano. I ringraziamenti andrebbero estesi anche a chi, in modo meno evidente, mi ha permesso di essere ancora qui. La mia buona stella, Dio, il fato, il mio Angelo custode‌ Di sicuro i medici e gli infermieri che mi hanno operato e seguito con grande competenza ed attenzione.
I miei genitori, mia figlia Giada e mia moglie Nancy, che con le sue costanti amorevoli attenzioni ha alleviato di molto il mio disagio. Grazie di cuore.
da un post su Facebook del 13 marzo 2020
A sinistra, ospedale di Trento, reparto di terapia intensiva, sotto la spada di Damocle. A destra, in convalescenza durante il lockdown rileggo Appigli sfuggenti. Foto: Nancy Paoletto
Introduzione 17
20 L 2 MAROCCO 2019
I
NUOVA CALEDONIA 2019
e gole di Taghia. L’abbondante nevicata il giorno
giorni in totale autonomia lungo il selvaggio percorso nelle foreste tropicali meridionali del sentiero GRNC1
e le grigie rocce calcaree della parete di Nôtre Dame, fantastiche da scalare.
Maurizio Giordani IL RICHIAMO DELL’IGNOTO 18
di Pasqua, le splendide pareti dall’aspetto
dolomitico a oltre 2.000 metri di quota, l’ottima
accoglienza ed ospitalità ricevuta, le gustose scorpacciate di fumanti Tajine.
020 2018 C
COSTA RICA 2019 erro Chirripò (3.820m) - Versante nord/est. Una veloce salita-discesa di 13 ore per 2.700 metri di dislivello e 40 chilometri di
sviluppo, il tutto in sordina data l’impossibilità di ottenere il permesso richiesto…
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PATAGONIA 2020
Carretera Austral COSA, DOVE
Cerro Hombro Norte (3.150 m) Versante sud
Maurizio Giordani IL RICHIAMO DELL’IGNOTO 20
QUANDO
CHI
Gennaio 2020
con Nancy Paoletto
Patagonia 2020 21
LA CATENA MONTUOSA DELLE ANDE, LUNGA OLTRE 6.000 CHILOMETRI, COME UNA SPINA DORSALE SEPARA LA PARTE ORIENTALE DELL’AMERICA LATINA DA QUELLA OCCIDENTALE. VERSO SUD LA PATAGONIA È ANCH’ESSA DIVISA FRA ARGENTINA E CILE DA UNA COMPLESSA CATENA DI ALTE MONTAGNE, CON IMMENSE ZONE GLACIALI NON FACILI DA ATTRAVERSARE PERCHÉ PRIVE DI GRANDI VIE DI COMUNICAZIONE, DI STRADE E PONTI SUI FIUMI.
B
agnata da un Oceano Pacifico che di tranquillo ha ben poco, la Patagonia australe cilena è ancora oggi uno dei luoghi del pianeta meno accessibili e più desolati, lontana da tutto e da tutti, dove si vive e sopravvive ancora da pionieri, nonostante i tentativi di accesso di un turismo d’avventura siano sempre più frequenti. Per questo un viaggio in queste zone mi attira da sempre, seppure sia rimasto a lungo in attesa nel cassetto dei progetti. L’unica strada che corre verso sud oltre Santiago, prima veloce, poi sempre più contorta con lunghi tratti sterrati, dopo circa un migliaio di chilometri termina davanti ad un molo, di fronte all’oceano Pacifico. La Ruta 7 o Caretera Austral o Ruta de los Parques, ha inizio a Puerto Montt ma dopo poche centinaia
di chilometri si interrompe davanti ad un complesso, invalicabile dedalo di fiordi e alte montagne e solo con il traghetto e 5 ore di navigazione si arriva a Caleta Gonzalo da dove la strada, per gran parte sterrata, prosegue verso sud. Si intuisce che da qui in avanti la parola “isolamento” non è sprecata e che proseguire sarà lungo e complicato. Questa la premessa… Il viaggio poi si svolge senza che incontriamo grossi problemi, con alcune parentesi molto piacevoli, altre più “normali”. Le previsioni del tempo, ormai affidabili e determinanti in Patagonia, dato il clima estremo che la contraddistingue, segnano il ritmo del percorso da seguire. Evitiamo di fare programmi e cambiamo tracciato a seconda di come sarà il domani.
In apertura, quasi in vetta all’Hombro Norte, oltre la grande seraccata. Foto: Maurizio Giordani A fianco, Piedra Parada. Vento, sole e bella roccia da scalare… cosa chiedere di più? Foto: Nancy Paoletto
Maurizio Giordani IL RICHIAMO DELL’IGNOTO
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Patagonia 2020 23
PAKISTAN 2019
Le torri irraggiungibili COSA, DOVE
Tentativo verso le Torri del Link Sar Sud–Est (6.000m circa) Ghiacciaio del K6 Est QUANDO
CHI
Luglio 2019
con Matteo Della Bordella, Massimo Faletti e David Jonathan Hall
COSA, DOVE
Tentativo di prima salita all’Alison Peak (5.000m circa) Parete Est. 450m – VI+
Maurizio Giordani IL RICHIAMO DELL’IGNOTO 30
QUANDO
CHI
3 luglio 2019
David Jonathan Hall
Pakistan 2019 31
LA PREMESSA È PERFETTA. QUELL’UNICA RARISSIMA FOTO SCATTATA VERSO OVEST, VERSO IL K6 E IL LINK SAR DA MARCELLO SANGUINETI DURANTE LA SUA SALITA DI UNA DELLE INVIOLATE VETTE CHE DOMINANO SULLA KONDUS VALLEY NON LASCIA DUBBI… QUELLE TORRI DI GRANITO CHIARO, INCASTONATE NELLA REMOTA PARETE CHE COLLEGA DUE DEI PIÙ IMPONENTI 7.000 DEL KARAKORUM SONO UN RICHIAMO TROPPO FORTE PER RIMANERE INASCOLTATO. QUESTA VOLTA IL PERMESSO C’È, GHULAM L’HA CONFERMATO PIÙ VOLTE, E PURE I COMPAGNI PERFETTI HANNO ADERITO ALL’IDEA… SI PARTE A GIUGNO, IL 21, PRIMO GIORNO D’ESTATE.
T
utto si sussegue rapido e senza intoppi e dopo poco più di due giorni di viaggio già siamo al campo base, posizionato su un risalto sopra il ghiacciaio di Kondus, con K6 e Link Sar proprio davanti, verso ovest e decine, centinaia di torri di granito tutt’intorno, a disegnare uno degli ambienti di montagna più fantasiosi e severi che l’immaginazione possa concepire. Le “nostre” torri però non si vedono, nascoste oltre crinali rocciosi, ancora imbiancati dall’abbondante neve caduta nei mesi precedenti, che stenta a sciogliersi. Il tempo è variabile e spesso nevischia fra sprazzi di sole annebbiato. Poco oltre, l’ardita stradina militare scavata con fer-
vida immaginazione nelle ripide rocce dei fianchi della montagna, termina al campo 1. è un avamposto militare a noi precluso, dove centinaia di soldati pakistani si danno il cambio di guardia alle postazioni di guerra in alto, al non ancora ben definito confine con il Kashmir indiano sul passo del Shiacen, ad oltre 6.000 metri di quota; una delle guerre più assurde mai concepite dalla pazzia umana. Il nostro permesso di scalata ha dei limiti di zona ben precisi: non possiamo addentrarci né a nord, verso il Kaberi Glacier e la parte alta del Kondus Glacier né ad est, sulle montagne che abbiamo alle spalle. Possiamo scalare solo picchi ad ovest, oltre il grande ghiacciaio
In apertura, alcune delle torri di granito nella valle di Kondus. A sinistra l’appuntita forma dell’Alison Peak. A fianco, il versante nord del Link Sar, ancora tutto da esplorare. Foto: Maurizio Giordani
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Patagonia 2018 45
35
VI 45
VII
Coriandoli dal cielo
Maurizio Giordani IL RICHIAMO DELL’IGNOTO
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Con Manrico e Andrea formo una delle cordate d’azione; saranno giorni di continua ricerca della parete più interessante, della roccia più bella, esplorando un’area complessa, scavata nell’arenaria e disegnata in mille forme diverse dall’acqua, dal vento, dal tempo. Non sarà una ricerca facile; ci capiterà di scalare dove la roccia non è roccia, ma sabbia verticale non sufficientemente consolidata e in questi casi il salire si trasforma in roulette russa, visto che nemmeno gli spit offrono una sufficiente protezione e si levano con le mani. Poi il caso, o l’intuito, mi portano a scegliere una parete attraente, proprio davanti alla piana d’accesso alle gole più profonde, e sarà qui che nasceranno i progetti più interessanti, sulle Torri che chiamiamo Rovereto e Belluno, dove la roccia, seppur mai completamente affidabile, è meno peggio e si lascia scalare senza costringerti ad accettare rischi troppo elevati, se non inaccettabili. Alla fine il nostro team apre 6 nuovi itinerari che, aggiunti a quanto realizzato dalle altre cordate, fanno una ventina di vie, più o meno sportive. Non credo che Al Sulam diverrà un nuovo Wadi Rum in futuro, ma noi la nostra parte l’abbiamo fatta e un inizio c’è stato. Questa breve, originale vacanza di arrampicata si conclude al Le Royal di
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TORRE ROVERETO
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TORRE BELLUNO
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5+ VI
VI
Zizzagando
Sand Fantasy
Scorpione nero
Via della bottiglia
Giordania 2018 81
non è con noi; lo abbiamo lasciato a Hushe, impegnato nei suoi affari, fra i quali la costruzione di una nuova casa, la gestione di un piccolo negozio e la responsabilità di una nuova agenzia per l’organizzazione di trekking e spedizioni alpinistiche. Suo figlio Alì, però, è già stato con me non ricordo nemmeno quante volte, è volenteroso ed efficiente come uomo tuttofare e di lui ci si può fidare a occhi chiusi. Suo fratello Hanif è un po’ più scaltro e ci fa da guida ufficiale poiché stiamo operando in zona ristretta e avere una guida locale è qui obbligatorio. È la prima volta che viene con noi ma lo conosco da anni: parla molto bene lo spagnolo essendo stato in Spagna e avendo lavorato molte volte con il team “Al filo dell’impossibile” ed è simpatico, intelligente e spigliato. Lo stesso vale per il cuoco, Hibraim, che si prodiga a prepararci manicaretti tutt’altro che sgradevoli, nonostante l’immancabile abitudine, per ogni buon pakistano che si rispetti, di esagerare con aglio e spezie di ogni sorta, come se il cibo non avesse nessun valore senza quei sapori che per noi, invece, risultano esageratamente forti se non, a volte, addirittura insopportabili. La cucina pakistana non offre delle grandi varietà di piatti e sapori. Per mia esperienza è inutile ricercarvi cibi gradevoli; il mio palato non è mai riuscito
Maurizio Giordani IL RICHIAMO DELL’IGNOTO 106
ad adeguarsi alla forza e alla monotonia di un gusto troppe volte riproposto, sempre uguale, anche in piatti molto diversi fra loro e questo perché le spezie usate sono sempre le stesse e sempre troppo abbondanti. Indispensabile per arrivare a fine spedizione senza provare repulsione verso qualsiasi cosa arrivi sulla tavola, è fare una raffinata, preventiva azione di persuasione sul cuoco che, seppur restìo, dopo innumerevoli richiami, finalmente segue le indicazioni e ti rende, a colazione, pranzo e cena, la vita molto più facile. Hibraim, dopo alcune spedizioni con noi, ha già fortunatamente raggiunto questo stadio. Un viaggio in Pakistan è una porta che si apre su un mondo esageratamente diverso dal mio e non ho mai rinunciato, durante le molte esperienze vissute qui nel corso degli anni, a cercare di capire un po’ di più il suo popolo: le sue usanze, le sue abitudini, la sua cultura, il modo di pensare e di porsi di fronte alla vita. Non leggendo libri ma vivendo con loro, osservandoli con attenzione. Ma non ho risolto un granché: molto di loro mi è tutt’ora oscuro e indecifrabile. Ne rispetto l’essenza, così immutabile, profondamente radicata in atteggiamenti per me inconcepibili, ma non posso approvare, accettare, sopportare ciò che sfugge alla mia comprensione.
Sul ripido canale ghiacciato del Link Sar sud. Foto: Maurizio Giordani
Pakistan 2009 107
no. Attraversiamo il ghiacciaio e siamo all’attacco di una strettissima goulotte che porta alla forcella tra il Piergiorgio e il Pollone. La goulotte è molto incassata e cola molta acqua in alto. Usciamo dalla forcella completamente lavati. Mangiamo e ci asciughiamo al sole. Nel tardo pomeriggio saliamo fino in vetta alla anticima Pollone. Torniamo poi in forcella e bivacchiamo. Il panorama davanti a noi è stupendo, con il Fitz Roy e il Cerro Torre illuminati dall’ultimo sole. 5 dicembre – Bel tempo poi bruttino alla sera. Ci svegliamo pigramente, il tempo è ancora bello (nuovo record per Maurizio in Patagonia, quattro mattinate di bel tempo consecutivo). Dopo un breve consulto, decidiamo di attaccare il Piergiorgio da questo lato. Lasciamo il materiale da bivacco alla forcella e risaliamo il nevaio ripido fino alle prime rocce. Superiamo la terminale con attenzione, raggiungiamo le prime rocce ghiacciate e partiamo per una goulotte ripida. Troviamo due chiodi e poi più nulla. La scalata è tutta su terreno misto, in scarponi e spesso in ramponi. Solo nella quinta lunghezza devo scalare con le pedule tra le placche di granito
Aldo su Hypermermoz. Foto: Maurizio Giordani
alternate a brevi nevai. Alle 14 circa siamo alla spalla, dove esce la via di Sarchi dalla parete nord. Proseguiamo in conserva su nevai sempre più ripidi ed entriamo nella goulotte finale. Un tiro di roccia a destra di un camino e siamo in cresta. Maurizio vuole proseguire fino alla cima delle rocce, sotto il fungo terminale. Un tiro più facile e ci abbracciamo in cima. Sono commosso, veramente, ci siamo arrivati da un’altra via ma siamo in cima al Piergiorgio, questo era quello che cercavo! La discesa ci impegna abbastanza, tutta in doppia e con il maltempo che sta arrivando. In forcella recuperiamo tutto il materiale da bivacco e cominciamo la discesa verso il passo dell’Hombre Sentado”. Neve instabile, crepacci e seraccate, il pericolo maggiore del giorno. Dal passo costeggiamo la nord del Fitz Roy e scendiamo sotto la seraccata. Cado due volte in un crepaccio, la neve è alta e molle. Alle 21 cominciamo a salire verso il Passo del Quadrado. Siamo a pezzi, è un lungo calvario! Alle 23 siamo al Passo, accendiamo le pile poi giù di culo per i nevai. Gli zaini ci spezzano, decidiamo di bivaccare qui, a poche ore da Los Troncos ma al limite delle nostre forze. Mangiamo qualcosa e mi addormento subito, sui sassi e sotto la pioggia.
III IV
AGUJA MERMOZ
VI– VI VI+ III
IV VII A1
via Argentina
VI A0 VII– VI VI+ II
V
V V+ V+ V+
V+
VI– 7+
V+ Hypermermoz
Patagonia 1996 165
PATAGONIA 1987
Chiaro di Luna COSA, DOVE
Aguja Saint Exupery (2.550m) – Parete ovest Via Chiaro di Luna – 750m – VII
Maurizio Giordani IL RICHIAMO DELL’IGNOTO 218
QUANDO
CHI
4-5 novembre 1987
con Sergio Valentini e Rosanna Manfrini
AGUJA SAINT EXUPERY
IV
LA LUNGA DISCESA DALL’“URLO PIETRIFICATO”, IL CERRO TORRE, IN PIENO MALTEMPO PATAGONICO, HA LASCIATO I SUOI SEGNI; SIA IO SIA ROSANNA LAMENTIAMO DOLORI ALLA PIANTA E ALLE DITA DEI PIEDI, EFFETTO DI UN CONGELAMENTO FORTUNATAMENTE NON GRAVE. LE PRECARIE CONDIZIONI FISICHE NON FERMANO PERÒ LA NOSTRA INIZIATIVA.
Q
ualche giorno dopo, il tempo migliora nuovamente ed è un’occasione da sfruttare per realizzare un nuovo importante progetto. Di fronte al Cerro Torre, la grande parete ovest dell’Aiguille St. Exupery non è mai stata scalata. Si tratta di un muro di granito rosso alto quasi 1.000 metri che all’apparenza offre grosse difficoltà alla salita, ma che sicuramente merita un tentativo. Si tratta infatti di una delle grandi pareti della Patagonia ancora da risolvere con un itinerario diretto. Alla nostra cordata si aggrega Sergio Valentini e in tre ci avviciniamo al pilone centrale della parete. Siamo ben preparati e motivati e questo permette una veloce progressione in arrampicata libera, ma il vento rinforza progressivamente durante tutto il secondo giorno in parete e questo ci crea non pochi problemi,
VI VI
VI+ V VI– VI+ VI–
soprattutto nell’ultimo tratto che affrontiamo in due, perché Rosanna si ferma a circa metà parete e ci aspetta. Verso sera la cima è raggiunta. Le difficoltà incontrate nella salita, seppur alte, non sono però nemmeno paragonabili a ciò a cui siamo sottoposti durante la discesa; momenti drammatici sofferti a causa di un vento esasperante proveniente da ovest che si schianta senza ostacoli su questo muro di granito. Per tutta la notte lottiamo senza tregua, affrontando enormi problemi nel recupero delle corde dopo la calata, sostenuti solo dalla nostra forza di volontà, che non cede. Ne usciamo indenni e di questo credo si debba ringraziare qualche buona stella, che di tanto in tanto fa luce sul nostro cammino. Parte di questa luce è comunque arrivata anche dalla luna piena che durante
V+
Via Chiaro di Luna V+
IV
IV VI+
IV+ V+
V+
VI+ VII
IV+ A fronte, da sinistra, Aguja Poincenot, Aguja Rafael, Aguja Saint-Exupèry e Aguja de l’S, pareti ovest. Foto: Maurizio Giordani
IV+ 50°
DOLOMITI
Un po’ qui e un po’ lì GRUPPO DI BRENTA – CROZ DELL’ALTISSIMO VIA “DIRETTISSIMA” La prima in Dolomiti
VIA “DEGLI ACCADEMICI” Un capolavoro riuscito
VIA “SPITTOMANIA” La prima con il trapano
TORRI DELLO SCILIAR VIA “BOCCA DEL LEONE”
Bivacco e temporale
Da una telefonata di Ivo Rabanser
CROZZON DI BRENTA VIA “LINEA NERA”
GRUPPO DEL SELLA – PIZ CIAVAZES VIA “PIL ASTRO”
Con un amico che non c’è più
Vero trad
CASTELLETTO DI MEZZO VIA “K2”
GRUPPO DEL SELLA – TORRI DEL SASS PORDOI – PARETE OVEST VIA “TORRE GIULIA”
SASS D’LA CRUZ VIA “SUSPIRIA” Una stupida polemica senza senso
234
L’arrampicata che preferisco
VIA “CIAO RAGAZZI”
Dedicata al successo di un amico
Maurizio Giordani IL RICHIAMO DELL’IGNOTO
CATINACCIO VIA “PLACCOMANIA”
Dedicata alla figlia di un amico
LASTONI DI FORMIN VIA “LANCILLOTTO” Sportiva ma non troppo
SASSOLUNGO – SPALLONE NORD-EST (3.081 M) VIA “6 PILASTRI” Ritorno in Sassolungo dopo la “Pichl” da solo…
CIVETTA – CIMA MOIAZZA VIA “DEI VETERANI” Una nuova via anche in Civetta
PALE DI SAN MARTINO – SASS D’ORTIGA (2.634 M) VIA “9 AGOSTO” Regalo di compleanno
VIA “14 AGOSTO” Una settimana dopo
PALE DI SAN MARTINO – CIMA RODETTA (2.788 M) VIA “COLATA NERA” Uno spettacolo il tiro chiave…
Oltre metà parete sulla via dei Veterani. Foto: Manrico dell’Agnola
Dolomiti 235
MARMOLADA: IL GRADINO PIÙ ALTO
VIA METEORA
VIA MEDUSA
IV+
II
VII+ VI IV
V+ IV+
V+ V+
IV
IV+
IV
III
II
III+
IV+ IV+ V V+
V
VI
VII
III+
IV+
IV II
III III+ II
Maurizio Giordani IL RICHIAMO DELL’IGNOTO 252
COLLANA I RAMPICANTI Fabio Palma, Erik Švab UOMINI & PARETI 16 incontri ravvicinati con i protagonisti del verticale Ruggero Meles BEN LARITTI. STORIA DI UNA METEORA Pat Ament JOHN GILL Il signore del boulder Jerzy Kukuczka IL MIO MONDO VERTICALE Tom Dauer REINHARD KARL Senza compromessi Paul Pritchard DEEP PLAY Alberto Sciamplicotti QUELLI DEL PORDOI Fabio Palma SOLITARI David Torres Ruiz ANGELI DEL NANGA Alain Robert SPIDERMAN Andy Cave IMPARARE A RESPIRARE Stefano Ardito DOLOMITI GIORNI VERTICALI Jeff Connor DOUGLAS HASTON La filosofia del rischio Jim Bridwell THE BIRD Andrew Todhunter DAN OSMAN Inseguendo la paura Carlo Caccia, Matteo Foglino UOMINI & PARETI 2 Incontri ravvicinati con i protagonisti del verticale Stefano Ardito GIORNI DI GRANITO E DI GHIACCIO Jerry Moffatt TOPO DI FALESIA Bernadette McDonald TOMAŽ HUMAR Prigioniero del ghiaccio Carlos Solito IL CONTRARIO DEL SOLE Andy Cave LA SOTTILE LINEA BIANCA Osamu Haneda YUJI THE CLIMBER Stefano Ardito GIORNI DELLA GRANDE PIETRA
Ron Fawcett MI CHIAMAVANO BANANA FINGERS
Enrico Rosso SHIVA’S LINGAM Viaggio attraverso la parete Nord–Est
Stéphanie Bodet SALTO ANGEL
Francesca Berardo BLOCCAMI! L’arte di disarrampicare
Andy Kirkpatrick PSYCHO VERTICAL Bernard Vaucher QUEI PAZZI DEL VERDON Fulvio Scotto SCARASON Tony Howard LA MONTAGNA DEI FOLLETTI Bernadette McDonald VOLEVAMO SOLO SCALARE IL CIELO Jochen Hemmleb NANGA PARBAT 1970 J. Baptiste Tribout, David Chambre OTTAVO GRADO Johnny Dawes IO SUPERCLIMBER Martino Colonna, Francesco Perini UOMINI & NEVE Incontri ravvicinati con i protagonisti del freeride Marco Kulot, Angela Bertogna RICCARDO BEE Un alpinismo titanico Andy Kirkpatrick SULLA LINEA DEL RISCHIO Nick Bullock ARRAMPICARE LIBERA Alessandro Gogna LA PIETRA DEI SOGNI Viaggio alla scoperta del freeclimbing nel mezzogiorno d’Italia Lia e Marianna Beltrami ZANZARA E LABBRADORO Roberto Bassi e la nascita del free climbing in Valle del Sarca Ed Douglas BEN MOON Dal punk al futuro dell’arrampicata Alessandro Jolly Lamberti RUN OUT Storie vere di paura, amore e scalata Lorenzo Tassi CAMÓS Kelly Cordes CERRO TORRE 60 anni di arrampicate e controversie sul Grido di Pietra Alessandro Grillo UN SOGNO LUNGO 5O ANNI Storie dell’arrampicata finalese 1968-2018
Mark Twight CONFESSIONI DI UN SERIAL CLIMBER Steph Davis TRA VENTO E VERTIGINE Una vita sospesa tra amore e gravità Tilmann Hepp WOLFGANG GÜLLICH. ACTION DIRECTE Massimo Marcheggiani PORTO I CAPELLI COME WALTER B. Nejc Zaplotnik LA VIA Giuseppe “Popi” Miotti LA VIA DEL TARCI Tarcisio Fazzini, genio del granito Silvo Karo ROCK’N’ROLL ON THE WALL Autobiografia di una leggenda Chantal Mauduit ABITO IN PARADISO
Chi è interessato al mondo della ricerca e della scoperta in alpinismo, in questo volume può trovare qualche ottimo spunto.Una vita di preparazione di zaini, bagagli, sacconi, borsoni, bidoni per partire ancora una volta verso un obiettivo non ben definito, individuato a grandi linee ma ancora sfuocato, perché per gran parte ignoto. Durante i miei viaggi ho toccato l’incognita in molti modi diversi fra loro, ma mai l’ho lasciata in disparte, considerandola sempre essenziale, indispensabile per poter poi portare a casa quello che, partendo, vado a cercare. Racconterò dei miei, dei nostri successi, non solo di quelli più importanti, ma anche dei tentativi falliti, delle rinunce, di quello non completato, lasciato in sospeso… perché se è vero che la vetta è la ciliegina sulla torta, è pur anche vero che ogni tentativo non riuscito ha comunque una storia alle spalle e non è detto che sia meno interessante delle altre. — Maurizio Giordani, dall’introduzione
€ 30,00 ISBN 978 88 55470 292