Le MONTAGNE di MILANO
Trail running
58 itinerari a un’ora dalla città
VERSANTE SUD EDIZIONI | COLLANA LUOGHI VERTICALI | RUNNING
LORENZO CAPITANI
Prima edizione Giugno 2024
ISBN 978 88 55471 114
Copyright © 2024 VERSANTE SUD – Milano, via Rosso di San Secondo, 1. Tel. +39 02 7490163 www.versantesud.it
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Copertina © Lorenzo Capitani
Testi Lorenzo Capitani
Fotografie Nora Mazzocchi, Lorenzo Capitani (dove non specificato) e Matteo Leoni (signalkuppe. com). Si ringraziano Roberto Bacco, Veronica Epis e Massimo Barbieri per la loro disponibilità a comparire nel materiale fotografico.
Cartine Tommaso Bacciocchi. © Mapbox, © Open Street Map
Simbologia Tommaso Bacciocchi
Impaginazione Silvia Ruju
Stampa Tipolitografia Pagani – Passirano (BS)
Km ZERO
Cosa significa?
È una guida a KM ZERO!
Che è più sana e ha più sapore, perché fatta da autori locali.
Come i pomodori a Km 0?
Certo! E la genuinità non è un’opinione.
Gli autori locali fanno bene a chi cammina: – hanno le notizie più fresche e più aggiornate; – non rifilano solo i sentieri più commerciali; – reinvestono il ricavato nella manutenzione dei sentieri.
Gli autori locali fanno bene al territorio: – pubblicano col buonsenso di chi ama il proprio territorio; – sono attenti a promuovere tutte le località; – sono in rete con la realtà locale. E infine la cosa più importante: sui loro sentieri, c’è un pezzetto del loro cuore
Ringraziamenti
Un grazie speciale ad Anna Scampini che ama le montagne e che ha avuto la pazienza di rileggere le bozze di questo libro.
Un grazie anche a Roberto Capucciati e a tutto il team di Versante Sud che hanno creduto nelle mie idee e hanno reso possibile questo libro.
Nota
Il trail running e il trekking sono attività potenzialmente pericolosa, chi la pratica lo fa a suo rischio e pericolo.
Tutte le notizie riportate in quest’opera sono state aggiornate in base alle informazioni disponibili al momento, ma vanno verificate e valutate sul posto e di volta in volta, da persone esperte prima di intraprendere qualsiasi escursione.
Guida fatta da autori che vivono e sviluppano i sentieri sul territorio
Km ZERO
Le MONTAGNE di MILANO
Trail running
58 itinerari a un’ora dalla città
VERSANTE
EDIZIONI
SUD
LORENZO CAPITANI
Guida fatta da autori che vivono e sviluppano i sentieri sul territorio
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Valmadrera e il Lago di Lecco dal Monte Barro
To be the best fell runner you have to climb like a mountain goat, run like the wind on the flat and descend like a demon
Karl Gary
A mia moglie Nora, che è sempre con me, su tutti i sentieri
5
SOMMARIO
8
degli itinerari e legenda 10
........................ 14
in montagna 18
di notte ...................... 24
materiali 28
di fare lo zaino 40
e i sentieri 44
pratiche e bibliografia 48
01. Montevecchia 52
02. Montevecchia in invernale 58
03. Il Sentierone 62
04. Il Sentierone per il sentiero di mezzo . 70
05. Il Sentierone per la cresta del Barro 72
06. Parco di Monza trail 76
07. La valle del Lambro e del Pegorino 82
08. L’anello del Monte Barro 90
09. Il Cornizzolo dal Monte Pesora 96
10. Il Cornizzolo dal Lago di Segrino ... 100
11. L’anello della val Ravella 104
12. La direttissima del Cornizzolo 108
13. Da Merate al Resegone lungo l’Adda 112
14. Sul percorso della Monza-Resegone 120
15. L’anello del Resegone 124
16. Le creste del Resegone 130
17. Il Magnodeno e la Costa della Giumenta 138
18. La Grigna Settentrionale 146
19. Il periplo della Valle Imagna 154
20. Il Monte Due Mani .
164
21. La Val Biandino 170
22. Il pizzo Larèc 174
23. Dal Pizzo Alto al Monte Rotondo 180
24. La Costa del Cortese 188
25. Il Legnone e il Legnoncino 192
26. Il Tracciolino .................... 200
27. La val Codera e la forcella di Frasnedo 204
28. La dorsale del Triangolo Lariano 208
29. Da Bellagio a Lecco per la dorsale est 216
30. La Strada Regia ................. 222
31. Il Monte San Primo 230
32. Sulle tracce della Sky del Canto 236
33. Il periplo dei Canti da Zogno 244
34. Il Pizzo Baciamorti e il Monte Sodadura 252
35. La Valmora da Cusio 258
36. La Valmora da Cusio (per il sentiero 133) ..............
37. Il giro del Pizzo di Trona
38. Il Pizzo di Trona (via normale)
39. Il giro dei laghi di Ponteranica
40. Il Pizzo Arera e Laghi Gemelli
41. Il Pizzo Arera e i Sentieri dei Fiori
42. L’anello dei laghi da Branzi
43. Il Pizzo del Becco da Branzi
44. Il Madonnino dalla Val Rossa
45. L’Alben da passo Zambla
46. Il giro dei laghi di Valgoglio
47. Valgoglio e la val Sangiugno
48. L’anello del Pizzo Tornello
49. L’anello del Monte Poiat ..........
50. La foresta di Mezzomerico
51. La brughiera delle Groane
52. Meda-Montorfano
53. Il Bisbino e il Colmengnone
54. Il Monte Crocione da Lenno
55. Il Monte San Giorgio .............
56. Sulle tracce dell’Eolo Campo dei Fiori
57. I Pizzoni di Laveno e il Monte Nudo
58. La dorsale del Monte Lema
Mappa ..............................
Introduzione
L’arte
Lettura
Correre
Correre
I
L’ambiente
Info
. . . . . . . . . . . . . .
264
268
274
278
286
292
296
304
310
318
324
330
336
342
350
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368
376
384
390
396
Mezzomerico Forest Race 2023 (© N.
Ò 6
404
Mazzocchi)
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31 51 12 52 53 54 25 55 6 56 7 57 28 58 9 29 59 10 30 50 60 11 8
1 21 2 32 3-5 33 34 44 45 17 8 18 48 19 39 49 20 13-14 15-16 22-24 26-27 37-3835-36 40-41 42-43 46-47 9
LETTURA DEGLI ITINERARI E LEGENDA
Gli itinerari sono stati tutti percorsi e controllati alla data di pubblicazione della guida e nei mesi precedenti. Le informazioni e i dati riportati possono essere soggetti a cambiamenti per fattori esterni e non prevedibili che si potrebbero verificare con il tempo: il susseguirsi delle stagioni, eventi meteorici intensi, fenomeni di dissesto o l’intervento dell’uomo possono modificare anche radicalmente le condizioni e le caratteristiche dei tracciati.
NOTE SUGLI ITINERARI
In generale il nome degli itinerari rispetta i toponimi del territorio, spesso indica i punti di arrivo o la linea che si seguirà; in altri casi troverete il riferimento alla numerazione CAI dei sentieri o al loro nome.
COLONNA VERTICALE SINISTRA
Tipo di terreno
Sono stati definiti quattro tipi di terreno in modo da permettere una migliore analisi e pianificazione dell’itinerario:
Sterrato: sentieri di montagna, più o meno larghi o marcati, che transitano per terreni non tecnici; il fondo è generalmente in terra battuta o erboso, ma può essere anche pietroso a patto che non sia esposto. Sono incluse anche le strade bianche o sterrate. Sentiero tecnico/esposto: sentieri che transitano su terreni tecnici come ghiaioni o pietraie o affrontano tratti esposti come creste, traversi su terreni scoscesi, passaggi su facili rocce, o con fondi particolarmente impegnativi. Per affrontare questi sentieri è richiesta quanto meno discreta abilità tecnica e abitudine ai terreni di montagna. Mulattiere/lastricato: vie selciate, antichi sentieri, o antiche mulattiere realizzate con pietre e sassi a secco. Spesso non percorribili da mezzi.
Asfalto/cemento: strade asfaltate, incluse le strade di montagna cementate.
Lunghezza
Chilometri totali del percorso dalla partenza all’arrivo. Il dato è stato calcolato con l’ausilio di un dispositivo gps. Questo valore può differenziarsi anche del 10% a seconda del dispositivo o del software utilizzato per l’elaborazione e la visualizzazione della traccia.
Dislivello positivo/negativo
La somma totale in metri di salita e di discesa intrapresi durante l’itinerario. Il dato è stato calcolato con l’ausilio di un dispositivo gps e debitamente arrotondato. Questo valore può differenziarsi anche del 10% a seconda del dispositivo o del software utilizzato per l’elaborazione e la visualizzazione della traccia.
Quota massima/minima
Indica il punto più alto e quello più basso raggiunto dal percorso misurato al gps. Questo dato è utile per ricavare informazioni circa le condizioni morfologiche e climatiche della montagna. Data la quota di partenza, si possono verificare variazioni termiche anche significative durante il percorso. Nella stagione invernale ci si può riferire a questa quota per determinare lo 0 termico e prevedere eventuali precipitazioni nevose.
Salita/discesa più lunghe
Indica in metri lineari la salita e la discesa più lunghe dell’itinerario.
Difficoltà
È stata inserita la classica scala di difficoltà utilizzata per gli itinerari escursionistici, per cui rimandiamo al capitolo L’ambiente e i sentieri. Questo dato, uni-
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to alla difficoltà tecnica e all’impegno fisico riportati di seguito, fornisce un’importante informazione per l’analisi e la scelta degli itinerari.
Tipo di tracciato
Viene indicato lo stile del percorso. Questo parametro è importante per capire altri valori come la difficoltà e l’impegno fisico. Per la definizione di trail, sky, forest e vertical, rimandiamo al capitolo Correre in montagna.
Tempi di percorrenza
È difficile definire il tempo di percorrenza di un itinerario che possa andare bene per tutti, trailer e non. Ognuno vive la corsa in montagna in base alla propria preparazione fisica, alle sensazioni che ha durante l’uscita e ai ritmi che intende tenere. Tenete in considerazione questi parametri:
Salite: tutte, dalle più ripide alle più dolci, dall’asfalto al single track, sono state affrontate con passo veloce ma non di corsa.
Discese non tecniche e tratti in piano sono stati affrontati di corsa.
Discese tecniche e tratti esposti: sono stati affrontati a velocità moderata o a passo veloce.
Salite e discese molto tecniche: sono state affrontate dando la priorità alla sicurezza, moderando sensibilmente la velocità per valutare eventuali pericoli e prestare la necessaria attenzione.
Sono state considerate pause brevi per rifocillarsi, godere del panorama e scattare foto. Non sono state prese in considerazione pause più lunghe.
Impegno fisico
Si tratta del livello fisico richiesto a un trailer mediamente allenato per affrontare l’itinerario proposto. Il parametro è strettamente legato alla durata e al dislivello del percorso, ma altri fattori possono aumentare o diminuire il valo-
re, in particolare le difficoltà tecniche e il chilometraggio totale.
4/4: percorsi della durata minima di 5/6 h con chilometraggio oltre i 30 km, dislivelli positivi oltre 2000 m o con particolari difficoltà tecniche.
3/4: percorsi della durata minima di 4/5 h con chilometraggio tra i 20 e i 30 km, dislivelli positivi oltre 1500 m o con difficoltà tecniche.
2/4: percorsi che non vanno oltre le di 4 h con dislivelli positivi non oltre 1500 m e difficoltà tecniche moderate.
1/4: percorsi che non vanno oltre le 3 h e dislivelli positivi non superiori ai 1000 m e senza difficoltà tecniche.
Difficoltà tecniche
Si tratta della capacità tecnica richiesta a un trailer mediamente allenato per affrontare il percorso proposto. Il parametro è strettamente legato alle caratteristiche dell’itinerario. Generalmente i livelli più alti corrispondono a tracciati con salite lunghe e con forte pendenza o discese su terreni instabili o particolarmente tecnici. Tutte le valutazioni si riferiscono a condizioni ottimali con terreno asciutto.
1/4: percorsi su terreni semplici e ben battuti senza difficoltà tecniche che possono essere affrontati tranquillamente da qualsiasi trailer o escursionista.
2/4: percorsi che presentano tratti di salita o discesa particolarmente ripidi o mediamente tecnici che richiedono discreta capacità per essere affrontati di corsa, o ancora di media lunghezza. Tuttavia i sentieri non sono esposti o pericolosi e possono essere affrontati in sicurezza da qualsiasi trailer o escursionista.
3/4: percorsi che presentano tratti in salita o in discesa particolarmente ripidi o tecnici o lunghezze tali da richiedere uno sforzo che va oltre il gesto della corsa. Possono essere inclusi passaggi esposti, ghiaioni o i terreni più impervi della montagna. Per questi percorsi è
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richiesta una buona preparazione e una discreta conoscenza dell’ambiente alpino.
4/4: percorsi che oltre alle difficoltà descritte nel punto precedente presentano salite o discese particolarmente lunghe o numerose, tratti esposti, pericoli oggettivi o lunghezze tali da richiedere una buona gestione di sé (anche in caso di cambio repentino delle condizioni meteorologiche o di solitudine) e dei rifornimenti.
Stato segnaletica
Per la descrizione dello stato della segnaletica rimandiamo al capitolo L’ambiente e i sentieri. In generale lo stato della segnaletica e dei sentieri percorsi da questa giuda è da considerarsi buono; solo alcuni itinerari transitano per zone poco frequentate con segnaletica vecchia o sbiadita. Per gli itinerari che presentano un valore non ottimale (1/4) consigliamo di studiare bene il terreno e di portare con sé sempre un buon gps.
Materiale extra
Viene indicato il materiale che è utile portare con sé oltre a quello già preso in considerazione nel capitolo I materiali, per affrontare in sicurezza e godere dell’itinerario: per esempio, lampada frontale per esplorare le gallerie. Solamente alcuni tracciati hanno queste indicazioni. Non viene fornita l’indicazione di portare con sé i ramponcini per la corsa in montagna in ambiente innevato perché riteniamo sia sempre indispensabile.
Fonti d’acqua
Sono indicati i punti di approvvigionamento idrico (“acqua” nel testo), compresi esercizi pubblici (bar, rifugi…). Attenzione: la disponibilità dei punti di approvvigionamento potrebbe essere stagionale ed è necessario verificarla prima di intraprendere l’uscita.
Periodo di fruibilità
Indica il periodo ritenuto ottimale per la percorrenza dell’itinerario. Alcune stagioni particolarmente secche o piovose/ nevose possono ovviamente influire su questo dato. Verificate sempre le condizioni della montagna o del meteo prima di partire. Una buona indicazione per il meteo e lo stato dell’innevamento possono darli la consultazione delle webcam disponibili online.
Rosso: periodo da evitare
Arancione: periodo sconsigliato
Verde: periodo ottimale
Colonna verticale destra
Nota introduttiva
Di ogni itinerario viene dato un contesto geografico e una sintesi sulle caratteristiche generali.
Descrizione
Relazione completa dell’itinerario con indicazione dei sentieri, dei bivi, delle quote, dei punti notevoli ed eventuali commenti per contestualizzare il percorso nell’ambiente o nella storia.
Note di approfondimento
Contengono approfondimenti o notazioni generali sul percorso, su eventuali varianti o particolari punti di attenzione.
Profilo altimetrico
Indica in modo rapido le pendenze positive e negative che presenta l’itinerario.
Pagina a fronte
Mappa
Permette di visualizzare lo sviluppo del percorso con l’indicazione dei punti di riferimento principali per l’orientamento, i waypoints che troverete nella descrizione e le località principali toccate dall’itinerario. Nei file gpx che potete scaricare registrando la guida con il codice univoco troverete tutti i waypoints.
Introduzione tecnica
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CLASSIFICAZIONE DEI PERCORSI IN BASE ALLA DIFFICOLTÀ
T
E
T = turistico
Itinerari su stradine, mulattiere o comodi sentieri, con percorsi ben evidenti e che non pongono incertezze o problemi di orientamento. Si svolgono in genere sotto i 2000 m e costituiscono di solito l’accesso ad alpeggi o rifugi. Richiedono una certa conoscenza dell’ambiente montano e una preparazione fisica alla camminata.
E = escursionistico
Itinerari che si svolgono quasi sempre su sentieri, oppure su tracce di passaggio in terreno vario (pascoli, detriti, pietraie), di solito con segnalazioni; possono esservi brevi tratti pianeggianti o lievemente inclinati di neve residua, quando, in caso di caduta, la scivolata si arresta in breve spazio e senza pericoli. Si sviluppano a volte su terreni aperti, senza sentieri ma non problematici, sempre con segnalazioni adeguate. Possono svolgersi su pendii ripidi; i tratti esposti sono in genere protetti (barriere) o assicurati (cavi). Possono avere singoli passaggi su roccia, non esposti, o tratti brevi e non faticosi né impegnativi grazie ad attrezzature (scalette, pioli, cavi) che però non necessitano l’uso di equipaggiamento specifico (imbragatura, moschettoni, ecc.). Richiedono un certo senso di orientamento, come pure una certa esperienza e conoscenza del territorio montagnoso, allenamento alla camminata, oltre a calzature ed equipaggiamento adeguati.
EE EE = per escursionisti esperti
Itinerari generalmente segnalati ma che implicano una capacità di muoversi su terreni particolari. Sentieri o tracce su terreno impervio e infido (pendii ripidi e/o scivolosi di erba, o misti di rocce ed erba, o di roccia e detriti). Terreno vario, a quote relativamente elevate (pietraie, brevi nevai non ripidi, pendii aperti senza punti di riferimento, ecc.). Tratti rocciosi, con lievi difficoltà tecniche (percorsi attrezzati, vie ferrate fra quelle di minor impegno). Rimangono invece esclusi i percorsi su ghiacciai, anche se pianeggianti e/o all’apparenza senza crepacci (perché il loro attraversamento richiederebbe l’uso della corda e della piccozza e la conoscenza delle relative manovre di assicurazione). Necessitano: esperienza di montagna in generale e buona conoscenza dell’ambiente alpino; passo sicuro e assenza di vertigini; equipaggiamento, attrezzatura e preparazione fisica adeguati.
EEA EEA = per escursionisti esperti con attrezzatura Percorsi attrezzati o vie ferrate per i quali è necessario l’uso dei dispositivi di autoassicurazione (imbragatura, dissipatore, moschettoni, cordini) e di equipaggiamento di protezione personale (casco, guanti).
F ATTENZIONE: Qualsiasi difficoltà alpinistica è da considerare superiore a quelle escursionistiche F = Facile, non presenta particolari difficoltà È il grado più semplice dell’arrampicata, si deve saper scegliere l’appoggio per i piedi e spesso è necessario utilizzare le mani per mantenere l’equilibrio; si possono incontrare passaggi di I e II grado e la progressione potrebbe essere non facile per chi soffre di vertigini.
PD PD = Poco difficile, presenta qualche difficoltà alpinistica su roccia I singoli passaggi su roccia possono arrivare fino al III grado e spesso è necessaria la progressione alpinistica. Si deve muovere un arto alla volta e l’uso delle mani è continuo su buone prese ed appigli.
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INTRODUZIONE
Questo libro è nato come diario delle mie uscite su quelle che considero le “montagne di casa”. Da quando ho iniziato a correre in montagna ho tenuto traccia dei miei giri e delle mie esplorazioni, degli allenamenti e delle gare, ho preso appunti e scattato foto. Mi diverto a passare ore con cartine, mappe cartacee e digitali, tracce gps, a immaginarmi salite e discese e a fantasticare su cime e panorami, per cercare nuovi percorsi da esplorare e posti da vedere, possibilmente non troppo lontano da casa, perché il tempo è sempre poco.
Quando ho pensato di trasformare i miei appunti in un libro, ho cercato di scrivere la guida che avrei voluto io quando ho iniziato: idee per dove andare, ma anche come correre in montagna, cosa portare, come fare lo zaino, e come leggere l’ambiente e le indicazioni, senza dare nulla per scontato. E così ho scelto una serie di percorsi relativamente vicini (in linea di massima tutti a un’ora d’auto, o poco più, da Milano), comodi per chi, come me, vive in città e in generale in pianura e vuole andare in montagna a correre: per il classico runner urbano stanco di asfalto e piste ciclabili, ma anche per il trail runner più evoluto in cerca di nuove idee e nuovi sentieri.
Ne sono usciti 58 itinerari, tutti in un raggio di circa 100 km a nord della città, che spaziano dalle Orobie al Lago Maggiore, dalle colline brianzole al Lago di Como, dalle prime montagne del lecche-
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Occitan Trail 2022 15
se e del Triangolo lariano al varesotto. Ci sono mete classiche e molto note, come il Cornizzolo o il Resegone, ma anche angoli più nascosti o meno battuti, come la Val Viaschina o la Val Sanguigno. Percorsi brevi per uscite di mezza giornata o lunghe cavalcate come quelle da Como o Lecco verso Bellagio, e poi anelli (come quelli della Valle Imagna, del Pizzo di Trona o dei Canti da Zogno), alte vie e traversate per cresta (come il Madonnino in Val Brembana o il Pizzo Alto in Valvarrone), percorsi storici, come il Tracciolino o il Sentierone da Montevecchia a Lecco, o di gara come il Campo dei Fiori, il Giir di Mont o il finale della Monza-Resegone. Intinerai facili, ma anche più impegnativi per dislivello, lunghezza o tipo di terreno. Ci sono sentieri piatti, anzi piattissimi, da quello lungo l’Adda a quelli più mossi e ondulati della Dorsale del Triangolo lariano, ma anche lunghe e ripide salite: il Crocione da Lenno, il Bisbino da Cernobbio, la mulattiera che sale a Codera e la Direttissima del Cornizzolo. Ci sono la larga e comoda mulattiera che sale al monte San Primo o le piste che attraversano la brughiera delle Groane, ma anche il lungo single track che traversa in quota la conca di Valgoglio e le normali del monte Legnone, del Pizzo Tre Signori o dell’Alben, gli attraversamenti in cresta del Resegone, dei Pizzoni di Laveno o del Barro, tratti in quota esposti, attrezzati (come la salita al Pizzo Rotondo) e anche qualche breve ferrata come quella per il Pizzo del Becco.
Sono i miei itinerari, quelli su cui amo correre. E sono solo una parte del fitto reticolo di sentieri che attraversa le montagne, ma anche le brughiere e le foreste, di Lombardia con i suoi laghi e suoi fiumi, i suoi boschi e i suoi alpeggi, le sue cime, le sue malghe e i suoi rifugi, i suoi valichi e le sue strade in cui sono passati uomini e merci, si sono intrecciate storie e leggende. Il trail running ci dà la possibilità di godere a pieno della natura, la sua diversità e bellezza, al di là del gesto tecnico, della distanza e del dislivello. Perché in montagna si corre non solo con le gambe e con la testa, ma soprattutto con gli occhi e con il cuore.
In su la cima
Monte Due Mani: discesa su Maggio (© N. Mazzocchi) Ò
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CORRERE IN MONTAGNA
Trail Running
Anche se spesso vengono usati come sinonimi, la corsa in montagna non è il trail running, e il trail running non si corre necessariamente in montagna. La corsa in montagna è una disciplina ben precisa, ufficialmente riconosciuta dalla Word Athletics (ex IAAF), caratterizzata da tracciati poco tecnici, molto veloci e dislivelli limitati, con distanze relativamente brevi e gare che durano difficilmente oltre l’ora e mezza.
Invece il trail running è corsa nella natura in senso ampio, non occorrono per forza montagne con salite spacca-gambe, distanze infinite o forti dislivelli: salite, discese, cambi di pendenza, sentieri esposti, passaggi tecnici, alte quote, lunghi chilometraggi fanno parte del divertimento. Sono difficoltà con le quali certamente misurarsi, ma anche tappe per raggiungere luoghi meravigliosi, parti di un viaggio tramite il quale immergersi nella natura, da vivere in piena consapevolezza e presenza di sé.
Ciò che caratterizza il trail è anche l’autosufficienza, ovvero correre avendo con sé quello che serve, cibo e acqua sufficienti per tutta la durata dell’uscita e tutto il materiale necessario: ritroviamo questa filosofia anche in gara, dove gli organizzatori di solito adottano il criterio della semi-autoIl Monte Nudo in autunno
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Laghetti delle Valli lungo il sentiero 415 (© N. Mazzocchi)
sufficienza, che stabilisce l’autonomia almeno tra due check-point o ristori, e fissano il materiale obbligatorio in base alla tipologia di gara e al meteo previsto.
Dal punto di vista delle competizioni, il trail running ha linee guida definite dalla ITRA: la corsa si deve svolgere in ambiente naturale con un massimo di strada pavimentata del 20%; il terreno può variare dalla strada sterrata al single track, con passaggi anche tecnici; infine il percorso deve essere segnato e descritto con un road book o comunque reso noto fornendo la traccia gps prima della partenza. Le difficoltà, in generale, non sono mai eccessive, ma in compenso le distanze sono medio-lunghe o lunghissime, come nelle ultra che possono arrivare anche alle 100 miglia o ai 330 km di una gara mitica come il Tor des Géants!
Altro aspetto importante è quello etico, sia di rispetto assoluto dell’ambiente (in alcune gare è vietato anche uscire dai sentieri) sia delle regole e dei valori del trail running come umiltà, correttezza e solidarietà nei confronti degli altri runner.
Skyrunning
Il trail running comprende anche lo skyrunning che l’International Skyrunning Federation definisce come corsa in montagna fino e oltre i 2000 m con salite che superano il 30% di pendenza e con difficoltà alpinistiche non oltre il II grado. A sua volta lo skyrunning si divide in:
- Sky: corsa da 20 a 49 km con salita minima di 1300 m;
- UItra: corsa da 50 a 99 km con salita minima di 3200 m con un tempo finale inferiore alle 16 ore;
- Vertical: corsa in salita con pendenza minima del 20%, sezioni oltre il 33%, con una lunghezza massima totale di 5 km.
In generale le sky si svolgono in ambiente alpino più severo con terreni tecnici, poco battuti e pericoli oggettivi. Ovviamente sono indispensabili una grande conoscenza della montagna ed esperienza per sapersi muovere anche in alta quota e in condizioni atmosferiche avverse.
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I laghi briantei dal Cornizzolo (© iStock)
Al di là delle definizioni, quello che caratterizza chi corre l’una o l’altra disciplina è l’approccio: il trail runner sale fin dove è necessario per girare per le montagne, concentrandosi sulla distanza, lo skyrunner sale alle cime, dando valore al percorso in base alle difficoltà incontrate. Nella scelta degli itinerari su un’area così vasta come il nord della Lombardia, ho cercato di rappresentare un po’ tutte le tipologie di percorso: dal country o forest trail (come il parco delle Groane o di Monza o ancora la foresta di Mezzomerico) con dislivello quasi nullo e sentieri sempre corribili, a vere e proprie sky (come la salita in Grigna da Balisio, la direttissima del Cornizzolo o la traversata per cresta del Madonnino o del Pizzo Alto). E non mancano varianti di itinerari che per salire in vetta presentano facili passaggi di I o II grado (come il Pizzo di Trona o il Legnone) o brevi ferrate (come il Pizzo del Becco), privilegiando lo spirito esplorativo del trail running.
Di corsa in montagna
In generale si arriva al trail in due modi: dalla corsa su strada o dall’andare in montagna. C’è chi corre da anni, ha sperimentato tutte le distanze, magari vive in città, cerca il contatto con la natura, e trova nel trail nuovi stimoli. Complici gli amici, la velocità che diminuisce con l’età, la voglia di avventura, di uscire dalla zona di comfort, di misurarsi con se stessi e, perché no, anche la moda, si inizia tentando le prime colline e le “tapasciate” fuori porta con qualche sterrato e un po’ di dislivello.
E c’è chi, invece, va in montagna abitualmente, è spesso un forte camminatore, si trova a suo agio nell’ambiente e correre diventa un passaggio a volte naturale, dall’escursionismo allo speed hiking, alla corsa.
Entrambi questi tipi di trail runner si incontrano sui sentieri o alle gare, ciascuno con la sua filosofia: chi corre il più possibile, perché la corsa è corsa, e chi adegua la velocità alla pendenza, perché quello che si perde camminando in salita, lo si riprende in discesa, o viceversa. Con il tempo e l’esperienza, però, questi due approcci spesso finiscono per convergere: e così il trail diventa saper
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adeguare il passo al terreno, gestirsi in base al percorso, correre dove ha senso, coprendo distanza e dislivello in modo più efficiente in quel momento. È questo il cosiddetto “spirito trail”: arrivare in fondo all’avventura e condividerne le emozioni. Così, arrivare primo o ultimo perde di importanza anche nelle gare, quello che conta è essere finisher. Così come hanno poca importanza la distanza scelta, il tempo o la classifica: si corre al proprio ritmo e si ascoltano le sensazioni del proprio corpo prima ancora di guardare l’orologio. Quello che conta è individuare i propri obiettivi e parametrarli onestamente ai propri limiti, di età, condizione, esperienza, testa e forza di volontà.
La velocità giusta
Quando si corre e quando si cammina? Può sembrare una questione soggettiva, influenzata da tanti fattori, come il tipo di uscita, la distanza e il dislivello che si deve coprire, la propria forma fisica, ma anche l’andamento del terreno, le sue caratteristiche, il clima. Così ognuno di noi si regola in base alle proprie sensazioni e alla propria esperienza. In realtà, tutti questi aspetti dipendono dal cosiddetto consumo energetico, ovvero da quanta energia è necessaria per coprire una certa distanza e questa, secondo alcuni studi, non è influenzata dalla velocità, ma aumenta con l’aumentare della pendenza e della distanza: “A pari velocità, su pendenze che vanno dal 15% all’80%, conviene sempre camminare, in quanto la richiesta energetica per la camminata è sempre inferiore a quella della corsa”. Bisogna infatti considerare che correndo si agisce sulla frequenza del passo, mentre camminando sulla sua ampiezza. Insomma, più la strada sale, meno conviene correre.
In questo libro gli itinerari proposti sono pensati e descritti per essere corsi secondo le indicazioni fornite nel capitolo Lettura degli itinerari e legenda, e come tali sono anche stati percorsi. Ma sono anche percorribili a passo escursionistico. A maggior ragione, i tempi di percorrenza indicati saranno da intendere come indicativi e non come un punto di riferimento.
Correre in montagna d’inverno o con la neve
Le montagne non hanno un innevamento regolare e costante anno dopo anno: capitano anni di asciutto in cui nevica pochissimo e altri in cui la neve si mantiene anche a primavera inoltrata. L’indicazione dei periodi dell’anno di ciascun itinerario di questo libro tiene conto anche di questa possibilità. Quindi, quando trovate un periodo sconsigliato, è la natura stessa del percorso che lo suggerisce. In generale, quasi tutti i percorsi che non presentano tratti esposti o attrezzati, o non si sviluppano a quote oltre i 1500 metri possono essere corsi anche in inverno, ma la presenza della neve cambia tutto. È un problema di sicurezza. Le zone aperte o i prati in quota sotto ripidi pendii sono esposte a valanghe e slavine, alcuni passaggi non sono leggibili o non sono proprio percorribili. Anche se il percorso è apparentemente innevato di fresco, sotto il mante nevosopotrebbe esserci del ghiaccio che non solo rende difficile progredire senza i ramponcini (almeno!), ma può rendere complicato anche semplicemente restare in piedi. Il ghiaccio è il nemico numero uno della corsa, e in generale dell’andare in montagna in inverno. Anche con il tempo asciutto il terreno con il freddo congela e l’umidità ghiaccia su rocce, radici e sassi e si rischia di scivolare. Ricordate che il sole cambia la propria posizione durante l’anno e un versante assolato d’estate potrebbe essere in ombra in inverno e può esserci molta differenza di temperatura. Prima di andare a correre in inverno informatevi sulla neve presente e non sottovalutate quella residua, soprattutto se è tanto che non nevica e pensate che il percorso possa essere sgombro: spesso infatti la neve resta a lungo nelle zone in ombra, quindi portate sempre i ramponcini e l’ARVA o un rilevatore Recco. (Nicola Giovannelli, Tral Running & Ultra Running, Mulatero Editore 2019)
Neve in Val Imagna Ò 22
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CORRERE DI NOTTE
La notte in montagna ha una dimensione magica, onirica e misteriosa: si corre immersi in un silenzio quasi irreale, soli con se stessi; la natura cambia i suoi ritmi e tutto ha un aspetto diverso. Nel buio della notte le luci della pianura in lontananza tremolano all’aria calda dell’estate, i prati in quota sembrano d’argento sotto la luna piena e nei boschi la nostra ombra si confonde con il reticolo dei rami proiettato sul sentiero, e su tutto la volta stellata del cielo. I sentieri di media montagna o le prime cime più vicine alla pianura nei mesi caldi regalano temperature miti, perfette per correre di notte, anche se spesso si alzano brezze e venti in quota, o l’umidità del bosco si fa sentire. Quando si decide un’uscita in notturna, però, occorre maggiore attenzione ai tratti pericolosi, scivolosi o esposti; naturalmente servono la lampada frontale ben carica, uno studio accurato del percorso prima di partire e particolare attenzione alle segnalazioni dei sentieri per evitare problemi di orientamento così da non mettersi in pericolo o farsi male. In generale, sono da preferire tutti quegli itinerari che non salgono a quote alte o che non abbiano punti critici, e soprattutto quelli che passano o culminano in punti panoramici per godere di magiche viste sulla pianura illuminata, così suggestiva di notte.
Tramonto in cima al Monte Bollettone Ò
Tramonto sul Lago di Como dal Monte San Primo
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Scegliere notti di luna piena regala nei tratti aperti, fuori dalla vegetazione, l’incredibile meraviglia di scoprire di poter spegnere la frontale e… vederci. La dorsale lariana è uno dei luoghi che meglio si presta a questa esperienza, con il lunghissimo susseguirsi di prati e mulattiere affacciati sul presepe dei piccoli paesi che sorgono sulle rive del Lago. Giugno e luglio sono forse i mesi migliori, non solo per le temperature: le giornate sono lunghe e le notti brevi, il sole cala con un lungo crepuscolo dietro i monti disegnando le sagome del Monte Rosa e del Monviso, tingendo il cielo di rosso, mentre le albe accendono d’oro le cime più alte. L’unica attenzione è per i temporali, anche violenti, che nei mesi caldi si scatenano in quota, mentre in pianura la notte si mantiene limpida. Occorre tenerne conto, verificando le previsioni del tempo e partendo sempre attrezzati con una giacca impermeabile e una maglia termica perché la temperatura può scendere anche di molto in poco tempo. È vero che si è in movimento, ma il sudore ci bagna e con la stanchezza ci si raffredda. Ricordate che in caso di maltempo potrebbe non essere agevole raggiungere in breve rifugi o bivacchi, nonostante sui monti lombardi ce ne siano molti. Molto spesso, partendo dalla pianura e dal suo caldo si dimentica che, anche se non piove, in montagna le temperature sono più fredde e di notte si abbassano ancor di più, soprattutto nelle ore più prossime al sorgere del sole.
Anche i mesi freddi hanno il loro fascino: l’aria è più tersa, il meteo è più stabile, le albe con i monti che si risvegliano tra coltri di umidità e nuvole basse regalano atmosfere irreali, soprattutto quando si sale oltre lo strato coperto. Più che la neve, che rallenta naturalmente la marcia, il vero nemico del trail runner è il ghiaccio che può velare i sassi e rendersi invisibile, soprattutto nelle zone d’ombra, nonostante una bella giornata di sole. Con la neve di notte la visibilità è migliore per il riverbero e il freddo compatta il fondo rendendo possibile anche correre: in questo caso i ramponcini sono obbligatori. Non sottovalutate il pericolo di slavine o valanghe, soprattutto sui colli alti, privi di vegetazione, dove si accumula la neve: come per le uscite con le ciaspole o con gli sci portate sempre l’ARVA per farvi localizzare in caso di valanga.
Con il buio è indispensabile una buona lampada frontale: deve essere affidabile, comoda da indossare sopra berretti o fasce e avere una buona luminosità, con un fascio possibilmente regolabile: se
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Tramonto sul Monte Rosa dal Monte San Primo
in salita non è necessario avere un fascio forte, in discesa invece è bene avere la massima intensità possibile per vedere sassi, radici e ostacoli. Attenzione anche alla durata: assicuratevi di partire con le batterie ben cariche e portatene sempre un set di ricambio in caso di problemi. Spesso pochi grammi in più levano dai guai. Preferite frontali ricaricabili USB, portandovi eventualmente una piccola power-bank di scorta utile anche per il cellulare, o usate pile ricaricabili: oltre all’aspetto ecologico, il voltaggio delle pile ricaricabili diminuisce gradualmente, così potete meglio rendervi conto se vanno cambiate; al contrario, le pile monouso mantengono una carica stabile nel tempo senza mostrare segni di cedimento fino all’esaurimento improvviso; in questo modo non ci si accorge del loro scaricarsi e, quando sono esaurite, si spengono praticamente senza preavviso. Ricordate che l’illuminazione della frontale sottrae profondità allo sguardo e tridimensionalità all’ambiente. Quindi non guardate i piedi (ma questo vale in generale quando si corre in montagna), ma qualche metro avanti e prestate massima attenzione. Per quanto riguarda gli animali, in generale, soprattutto quelli notturni, sono schivi e impauriti dall’uomo: al massimo vedrete volpi o donnole scappare nel sottobosco sorprese dalla vostra luce o dal fruscio dei vostri passi. Caprioli, camosci e stambecchi sono presenti e sono visibili soprattutto all’alba e al tramonto, nei declivi solitari o sulle pendici rocciose. Animali notturni pericolosi non ce ne sono e anche il lupo, di cui sono stati avvistati più esemplari, è molto difficile da incontrare e sarà lui a evitarvi. Non sottovalutate però insetti come le zanzare che nelle zone boscose umide non mancano, per le quali è sufficiente avere con sé un buon repellente, e le zecche, soprattutto nelle zone con bestiame al pascolo.
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Trail degli Eroi 2016 (© fotografo)
I MATERIALI
La montagna è un ambiente naturale e va affrontato con la giusta preparazione e attrezzatura. Farsi sorprendere da un temporale o da una pioggia inattesa può rovinare un’uscita, ma anche essere pericoloso, come sottovalutare un tratto ghiacciato o rimanere senz’acqua, così una caduta, una slogatura o un malessere, soprattutto se si è soli e in zone isolate o senza copertura telefonica. Per questo la scelta di cosa avere con sé è fondamentale.
Spesso chi corre in montagna, anche in gara, tende a portare il minimo indispensabile, salvo poi trovarsi infreddolito o bagnato, a corto di energie e avere bisogno di aiuto. Non possiamo limitarci a guardare dalla finestra verso le montagne per vedere che tempo fa lassù e pensare: “Tanto sto fuori poco, tanto c’è il sole, tanto fa caldo”. Basta un po’ di buon senso per non commettere errori che possono trasformare una bella corsa in montagna in un incubo.
Portare quello che serve
Certamente la sensazione di caldo o freddo è soggettiva e ciascuno ha la propria sensibilità ed esperienza per decidere cosa portare con sé. Se si guardano i top runner a una gara di trail, anche di più giorni, si rimane sorpresi del fatto che sembra quasi che non abbiano nemmeno il materiale obbligatorio.
Ma ricordatevi che loro spesso hanno materiali tecnici d’avanguardia e se in gara si sbaglia qualcosa, c’è sempre la possibilità di fermarsi a un ristoro o di chiamare l’assistenza. Diversamente le nostre uscite per lo più avvengono in autonomia e in autosufficienza: non ci sono ristori, non c’è percorso balisato e se succede qualcosa siamo soli o con i nostri compagni di uscita. Per questo forse è meglio qualche etto in più piuttosto che trovarsi impreparati.
Restare al caldo (o al fresco)
Durante la corsa in genere il nostro corpo si mantiene caldo, anche con temperature basse, ma quando ci si ferma ci si ritrova sudati, la temperatura del corpo scende rapidamente e andiamo in ipotermia. Spesso capire che temperatura c’è al di là della nostra sensazione può essere d’aiuto a prevenire crisi di freddo. Un trucco empirico è guardare la classica nuvoletta di vapore del fiato: quando espiriamo in un ambiente freddo, l’umidità del respiro si raffredda e condensa rapidamente, ma normalmente il vapore sparisce quando la temperatura è superiore ai 7-10 °C.
L’ipotermia non è un problema solo della stagione fredda o delle ore notturne in cui la temperatura scende, ma anche di una bella giornata di sole di primavera in cui un versante del monte è al sole con gli alberi in piena fioritura e l’altro, in ombra o esposto a nord, ha ancora la neve o temperature basse. A questo si aggiungono due fattori che influenzano la temperatura dell’aria e del nostro corpo e che possono essere variabili tutto l’anno: il gradiente termico e il wind chill.
Il gradiente termico è il valore che indica la variazione della temperatura dell’aria al variare dell’altitudine. Mediamente si perdono 6,5 °C ogni 1000 m, ma una cosa è salire al Cornizzolo, un’altra al passo di Belviso nel cuore delle Orobie.
Il wind chill, o disagio termico, è legato invece all’intensità del vento che facilita la dispersione del calore corporeo: più forte sarà il vento, maggiore sarà la sensazione di freddo, facendoci percepire una temperatura più bassa rispetto a quella che effettivamente c’è. Il wind chill è pari quindi alla temperatura reale meno una quantità proporzionale alla velocità del vento: 9 °C in assenza di vento ci sembrerebbero non più di 5 °C con un vento moderato di 30 km/h. In un’uscita fatta in inverno anche con vento debole significa essere abbondantemente sotto zero.
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TABELLA
Temperatura dell’aria
(°C)
Non c’è solo il freddo con il quale fare i conti, ma anche il caldo estivo che può essere intenso soprattutto nei percorsi a bassa quota, quelli più prossimi alla pianura o nelle zone non boschive dove sono scarse le zone d’ombra. Sono quindi fondamentali non solo il cappello e gli occhiali da sole e un’adeguata crema protettiva, ma soprattutto l’acqua.
Camel bag e flask
L’acqua è sicuramente l’elemento chiave da tenere sempre in considerazione per un’uscita anche di poche ore, perché non sempre è disponibile lungo il percorso. È quindi indispensabile valutare bene quanta portarne e se è possibile fare rifornimento durante l’uscita, cercando sempre di essere prudenti.
Una camel bag può essere certamente la scelta più giusta: si integra con lo zaino, è più capiente e comoda rispetto alle borracce tradizionali, anche se non si riesce a percepire quanta acqua è ancora presente. Se poi vi accorgete di aver portato troppa acqua, potete sempre scaricarne un po’. Riservate le flask o contenitori piccoli a uscite di poche ore o se siete sicuri che sia possibile fare rifornimento. Quanta acqua portare dipende da quanto state fuori, dalla temperatura esterna, dall’intensità dello sforzo e dalla possibilità di fare rifornimento: ricordate che durante l’attività fisica leggera con temperatura compresa tra 15 e 20° C perdiamo 0,3 L/h, ma si arriva a 1,5 L/h nel caso di attività ad alta intensità; oltre i 30° C si arriva anche a 2 o 3 L/h (Fulvio Massa).
Cappellino e scaldacollo
Il cappellino è l’accessorio per tutte le stagioni: se piove ripara gli occhi dalle gocce e attenua il fastidio del continuo stillicidio sul viso, se c’è il sole protegge la testa, fa ombra e previene i colpi di calore. In montagna il sole in estate può essere intenso. Può essere utile avere con sé anche un paio di scaldacollo, non solo d’inverno per proteggersi dal freddo o per scaldare l’aria respirata, ma anche in estate per detergere o assorbire il sudore.
Occhiali da sole
Sono un accessorio d’uso soggettivo, ma innegabilmente hanno la loro utilità sia quando la luce è forte, sia quando si procede sulla neve e c’è forte riverbero. In questo caso, gli occhiali da sole non sono solo una protezione dal fastidio della luce, ma prevengono anche danni alla retina. In generale, se possibile sceglieteli fotocromatici così da adattarsi all’intensità della luce: li apprezzerete nei passaggi dal folto del bosco al campo aperto, e con lenti anti-fog così da evitare l’appannamento dato dal calore corporeo. Un trucco è lavare le lenti con la schiuma da barba, che contiene sostanze che ostacolano la formazione della condensa.
Velocità vento (km/h) 5 10 15 20 25 30 35 40 45 50 55 60 65 70 75 80 5 4 3 2 1 1 0 0 -1 -1 -1 -2 -2 -2 -2 -3 -3 0 -2 -3 -4 -5 -6 -6 -7 -7 -8 -8 -8 -9 -9 -9 -10 -10 -5 -7 -9 -11 -12 -12 -13 -14 -14 -15 -15 -15 -16 -16 -16 -17 -17 -10 -13 -15 -17 -18 -19 -20 -20 -21 -21 -22 -22 -23 -23 -23 -24 -24 -15 -19 -21 -23 -24 -25 -26 -27 -27 -28 -29 -29 -30 -30 -30 -31 -31 -20 -24 -27 -29 -30 -32 -33 -33 -34 -35 -35 -36 -36 -37 -37 -38 -38 -25 -30 -33 -35 -37 -38 -39 -40 -41 -42 -42 -43 -43 -44 -44 -45 -45 -30 -36 -39 -41 -43 -44 -46 -47 -48 -48 -49 -50 -50 -51 -51 -52 -52
TERMICO
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GRADIENTE
VERTICALE
Manicotti
Leggeri e poco ingombranti, si infilano in un attimo, scaldano molto più di quanto non si pensi e, senza aggiungere uno strato caldo in più, spesso bastano a togliere la sensazione di freddo. Anche in estate avere con sé i manicotti può essere utile, per esempio, se si sta fuori più del previsto o si rientra dopo il tramonto, nel bosco all’ombra, e se la temperatura in quota è più bassa del previsto. Ricordate che con l’aumentare dei chilometri aumenta anche la fatica e con essa la sensazione di freddo.
Giacca o guscio antivento idrorepellente
Nel materiale obbligatorio di ogni gara di trail è sempre citata una giacca con cappuccio con membrana impermeabile e traspirante, anche se il meteo non prevede freddo o pioggia. Spesso si scambiano queste indicazioni come eccessi di prudenza dell’organizzazione. Eppure, dopo il kit di soccorso, la giacca riveste un ruolo fondamentale. In montagna il tempo cambia velocemente, la temperatura varia con l’altitudine, con l’esposizione, si può alzare il vento e si possono formare temporali improvvisi anche localmente, mentre tutt’attorno splende il sole. In tutti questi casi è bene avere con sé una giacca che ripari da vento e pioggia. È escluso il classico k-way che solo apparentemente è impermeabile e sicuramente non è traspirante.
Tre sono le caratteristiche fondamentali per una giacca: idrorepellenza, impermeabilità e traspirabilità.
Un tessuto è idrorepellente quando è in grado di far scivolare via l’acqua prima che possa penetrare. Per ottenere questo effetto i capi vengono sottoposti a un trattamento detto DWR (Durable Water Repellent) a base di polimeri. Con il tempo e l’uso questa funzionalità viene meno, ma è possibile ripristinarne l’efficacia lavando il capo a mano con prodotti specifici.
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Gran Trail delle Orobie 2017 (© N. Mazzocchi)
L’impermeabilità invece è la capacità di impedire il passaggio dell’acqua e si misura in colonne d’acqua. Un grado di impermeabilità di 10.000 colonne vuol dire che la superficie del tessuto è in grado di resistere alla pressione esercitata da una colonna di 10 metri d’acqua. In generale, si possono avere capi:
- fino a 5000 colonne in grado di resistere al massimo a 1 h di pioggia debole (es. il k-way di nylon che però non ha traspirabilità);
- tra 5000 e 15.000 colonne in grado di resistere a 3 h di pioggia forte;
- 20.000 colonne in grado di resistere a diverse ore di pioggia forte; - 25.000 colonne in grado di resistere a diverse ore di pioggia molto forte.
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In linea di massima, oltre le 20.000 colonne si fanno sentire anche il peso e l’ingombro. Ricordate, però, che a fare veramente la differenza sono le cuciture e la cerniera. Una giacca da 10.000 colonne può essere sufficiente, ma se le cuciture non sono nastrate da lì entrerà l’acqua (la nastratura è la saldatura dei fori di cucitura presenti nelle giunture con un nastro impermeabile che le sigilla). Il comfort di corsa sotto la pioggia non dipende solo da quanto la giacca è impermeabile, ma anche dalla traspirabilità del tessuto, ovvero dalla capacità di disperdere il sudore sotto forma di umidità. Sulle etichette si trova la sigla MVTR (Moisture Vapor Trasmission Rate) che misura la traspirabilità in grammi su metro quadro in 24 ore: un valore sufficiente è di 18.000 g/m2/24 h. Per farci un’idea, il vapore acqueo prodotto dal nostro corpo in un’ora è 50 ml a riposo, 1 L durante attività intensa, 4 L in una maratona.
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Un’altra sigla che si può trovare è RET (Resistance to Evaporative heat Transfer) con una scala tra 0 e 30, dove i valori più bassi indicano maggior traspirabilità:
- RET da 0 a 6: estremamente traspirante;
- RET da 6 a 13: molto traspirante;
- RET da 13 a 20: sufficiente;
- RET da 20 a 30: poco traspirante.
Per il trail running non ci sono dubbi: la nostra scelta non può che ricadere sulla prima categoria. Ricordate che una giacca completamente impermeabile e totalmente traspirante non esiste.
Altre caratteristiche tecniche da tenere in considerazione sono:
- zip integrale;
- tasca esterna zippata;
- cappuccio a scomparsa e regolabile
- girovita regolabile con cordino elastico;
- polsini elasticizzati;
- peso minimo (135-150 gr).
Infine, prendete una taglia comoda: in caso di pioggia infatti, sarebbe meglio indossare lo zaino sotto la giacca, evitando che la pioggia lo bagni e la giacca si usuri per sfregamento, perdendo così la sua idrorepellenza.
Scarpe
Chi corre o va abitualmente in montagna conosce perfettamente l’importanza delle scarpe. A loro, più che a qualsiasi altro indumento, è affidata la nostra sicurezza soprattutto nei passaggi delicati, quando il fondo non è stabile e ogni qualvolta è necessario un buon grip. Anche la morbida erba può rivelarsi infida quando è bagnata. Su marche, modelli e categorie ciascuno ha le proprie preferenze in base a esperienza, capacità, sensazioni e simpatie, ma certamente alcune considerazioni restano valide sempre.
Il CAI per le sue uscite sociali non transige sull’uso degli scarponi alti ma ormai la tecnologia delle scarpe da trail ha fatto passi da gigante e tutte garantiscono le caratteristiche minime per affrontare la montagna e il trail running in modo sicuro.
La cosa più importante è la suola. Due caratteristiche vengono prima di tutto: il grip e la comodità. Il grip è tutto e deve essere costante su qualsiasi terreno. Ci sono scarpe perfette sullo sterrato asciutto, ma che non hanno tenuta sul bagnato, sassi o erba che sia. Non sempre sappiamo che terreno troveremo e in che condizioni. Di solito una suola in Vibram® è garanzia di tenuta in quasi tutte le condizioni, ma anche il disegno del battistrada ha la sua importanza. Una tassellatura grossa resiste di più all’usura, perché offre maggior superficie alla parte aguzza e tagliente di sassi e pietre; d’altro canto un tassello più piccolo aggrappa di più sul bagnato. Non esiste una soluzione giusta a priori e ogni brand fa le sue scelte. Ricordate che in caso di fango appiccicoso i tasselli piccoli tendono a scaricare poco e a creare una patina che non solo appesantisce la scarpa, ma che toglie tenuta (vi sembrerà di pattinare!), cosa non bella in discesa. All’intersuola della scarpa è affidata tutta la capacità di assorbire urti e asperità del terreno. Oggi esistono schiume morbide e confortevoli che non affaticano i piedi anche se si sta fuori molte ore, se si passano terreni impervi come ghiaioni o fondi tecnici. Ovviamente la comodità ha la sua importanza, basti pensare che mentre corriamo scarichiamo sul piede da 3 a 5 volte il nostro peso. Essere ben protetti è indispensabile perché nel trail si colpiscono sassi, rami e radici e questi microtraumi si fanno sentire chilometro dopo chilometro. Avere però una scarpa eccessivamente comoda o alta ha lo svantaggio del peso, che impatta su velocità e fatica, ma soprattutto sulla precisione del passo.
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Ricordate poi che va bene cercare una scarpa leggera, ma non a scapito della protezione: non sarà qualche grammo in più nelle scarpe a condizionare la vostra performance. Inoltre, se il piede non “legge” correttamente il terreno, difficilmente è preciso e, soprattutto in discesa, quando la trasmissione delle informazioni piede-occhio-cervello deve essere istantanea, si rischia di essere meno incisivi e di sentirsi insicuri.
Anche la parte superiore del piede deve essere adeguatamente protetta. La tomaia deve essere rinforzata nei punti critici come la punta e il tallone, che deve essere ben sostenuto. Ci sono scarpe con la suola che rigira sulla tomaia a proteggere le dita dei piedi o con inserti in gomma nei punti critici. I lacci non devono tendere a sciogliersi né devono essere troppo lunghi per non impigliarsi nei rami o nelle sporgenze della roccia. Meglio poi se sono anche leggermente elastici: in questo modo si adattando al gonfiore del piede senza stringere eccessivamente. Molto valide sono anche le allacciature alternative che usano boa o meccanismi a strozzo con stringhe molto sottili. In questo caso non si può scegliere il modo di passare i lacci, ma la tenuta è molto salda e si evitano allentamenti. Attenzione, infine, a come la scarpa drena l’acqua e quindi alla scelta del Gore-Tex. Se da un lato è vero che l’acqua da fuori entra con meno facilità, è altrettanto vero che i piedi correndo sudano e le scarpe comunque si bagnano dall’interno. Inoltre, quando piove l’acqua cola lungo le gambe e entra dal collo del piede e lo stesso succede quando si passa un guado e inavvertitamente ci si finisce dentro: in questi casi il Gore-Tex non lascia uscire l’acqua e si resta con i piedi non solo bagnati, ma con le scarpe piene d’acqua. Una buona traspirazione è importante perché il ristagno d’acqua può provocare vesciche.
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Ramponcini e ghette
Se prevedete un’uscita invernale in quota portate sempre dei ramponcini, anche se non c’è neve. Sono composti da un telaio in gomma elastica per fissarli alla scarpa e da tiranti fatti da catene e piccole punte metalliche, pesano poco più di 300 gr e spesso tolgono letteralmente dai guai. Paradossalmente sono meno indispensabili se c’è neve fresca sulla quale, a meno che non sia ghiacciata, la tassellatura delle scarpe da trail fa discreta presa. Il problema sono la neve dura e il fondo ghiacciato, anche in stagione secca, che si possono incontrare nelle zone in ombra non aggirabili. Nella stagione invernale, se correte nella neve, portate sempre un paio di ghette. Ce ne sono di molto leggere che proteggono la caviglia e il malleolo con sistemi di fissaggio che le rendono stabili. Evitano che i cristalli di ghiaccio entrino nelle scarpe bagnando e raffreddando il piede, inoltre sono utili anche sui fondi in terra misto ghiaia o sabbiosi per non trovarsi pieni di detriti.
Bastoncini
In generale aiutano nella progressione: basti pensare che a parità di velocità ascensionale, l’uso di bastoncini consente un risparmio energetico pari al 20-30% e in discesa assorbono gli urti e riducono la fatica. Bisogna però usarli correttamente, scegliere quelli giusti e regolarli in base all’andamento del terreno.
I bastoncini sono un aiuto, non delle picche da infilzare nel terreno con le quali procedere: eccedere con la forza di spinta significa trovarsi con le braccia affaticate e indolenzite. Inoltre, non sono appendici cui aggrapparsi soprattutto in discesa e attenzione a usarli nei tratti esposti: ci sono trail runner più attenti a dove appoggiano i bastoncini o a non perderli, piuttosto che a dove mettere mani e piedi. In discesa può capitare che la punta si incastri e ci blocchi, sbilanciandoci pericolosamente mentre il corpo procede spedito in avanti. Per questo sarebbe bene non usare, o quanto meno allentare, le cinghie per fissarli ai polsi: si deve poterli mollare facilmente in caso di necessità o di caduta. Alcuni hanno dei guantini a sgancio rapido proprio per questi casi. Una cosa è usarli per il nordic-walking o il trekking, un’altra per la corsa in montagna. Quanto alle caratteristiche tecniche, c’è chi li preferisce interi, chi telescopici, chi ripiegabili. Nel primo caso resta il problema della lunghezza fissa e di riporli durante la corsa, mentre negli altri due casi deve essere facile ridurli mentre si corre. Quanto alla lunghezza, andrebbero regolati in modo da averli più o meno all’altezza della bocca dello stomaco in piano e in discesa, mentre dovrebbero essere più corti di 10-15 cm in salita in modo da compensare la pendenza. Esiste anche una valida versione curva, molto corta, che rende molto più naturale il movimento e soprattutto non affatica la catena cinetica mano-braccia-spalle.
Guanti
Sono indispensabili d’inverno, ma anche con la stagione calda, soprattutto se partite presto la mattina o prevedete un’uscita di notte: basta un paio di guanti sottili, rubano poco spazio e salvano dal disagio di avere le mani fredde. I guanti proteggono le mani anche in caso di cadute o di passaggi tra rovi o ricchi di vegetazione. In questo caso, quando fa caldo, una valida soluzione sono i mezzi guanti da ciclista, che tra l’altro proteggono le mani dalle vesciche nel caso si usino i bastoncini per molte ore.
Lampada frontale
Se non si prevede un uscita in notturna o oltre il tramonto non occorre avere con sé una lampada frontale, ma è bene sempre verificare che il percorso non attraversi gallerie. Molte delle montagne percorse dagli itinerari di questo libro erano attraversate dalla Linea Cadorna o da fortificazioni e osservatori in galleria; a volte si passa solo nelle vicinanze, altre invece si deve percorrerli: in questi casi è stata data l’indicazione nel materiale aggiuntivo nella scheda dell’itinerario ed è sufficiente una lampada con pochi lumen o non eccessivamente performante. Diverso è il discorso se si preve-
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Trail del Contrabbandiere 2022 (© N. Mazzocchi)
de di star fuori la notte. In questi casi occorre una lampada adeguata per durata e luminosità come descritto nel capitolo Correre di notte
Gps e mappe
Portare con sé una mappa cartacea se si va per correre in montagna è ovviamente scomodo. Gli ultimi orologi sportivi hanno anche la funzione “mappe” che consente non solo di caricare e seguire una traccia, ma anche di avere con sé precaricata tutta la cartografia necessaria, in scala adeguata, con gli aggiornamenti, i POI e l’andamento delle salite e delle discese. Eppure una carta ha il vantaggio di dare una visione di insieme utile soprattutto quando si studia un itinerario o si pianifica un’uscita. Il vero problema delle carte è che invecchiano molto velocemente e la situazione del terreno cambia. Questo è vero anche nelle zone attraversate dai sentieri di questo libro: tanti sentieri aperti negli anni, voluti dalle amministrazioni locali e ben tracciati sulle carte sono ormai inerbati o ostruiti dalla vegetazione, altri non sono più praticabili a seguito di fenomeni atmosferici avversi, come nelle zone del varesotto.
Sapersi orientare, soprattutto in velocità mentre si corre, è fondamentale in particolare quando si è nel bosco o si fanno traversi in quota e si può perdere la visione d’insieme. In questi casi avere un gps con la traccia e farvi riferimento è il modo giusto per non perdersi. Gps però, non smartphone, che ha una precisione inferiore, una cartografia spesso non gratuita e che va scaricata in precedenza per non rischiare di esserne privi quando non c’è adeguata copertura, cosa che in montagna purtroppo capita spesso e in modo imprevisto.
Telefono
Può sembrare scontato, ma usciamo sempre con il telefono e una carica adeguata. Salviamo i nostri numeri di emergenza ICE oltre al 112 e installiamo un’app di localizzazione di emergenza come 112 Where ARE
Comunicatori per la sicurezza
Chi scia o pratica sci alpinismo sa quanto sia importante avere con sé un sistema ARTVA (Ricerca Travolti Valanga), in grado di ricevere e trasmettere segnali per individuare o comunicare la propria posizione quando si è sfortunatamente rimasti sotto una valanga. Eppure spesso non si usa la stessa prudenza quando si va in montagna a correre.
Esistono due sistemi. I comunicatori satellitari per la sicurezza che consentono di allertare i soccorsi o solo restare in contatto con amici e familiari grazie alla messaggistica bidirezionale globale supportata dalla rete satellitare Iridium®, anche in caso di nessuna copertura della rete cellulare. Il costo non è eccessivo, ma richiedono un abbonamento satellitare.
Il sistema Recco invece è più economico e passivo perché non consente lo scambio di messaggi, ma si basa sull’interazione tra un rilevatore e un trasmettitore. Funziona come una specie di sonar: il rilevatore dei soccorritori nello scandagliare una zona se incontra il segnale di un trasmettitore ne individua la posizione. Il trasmettitore o piastra Recco è un riflettore radio che emette costantemente un segnale individuabile dal rilevatore. La piastrina è molto piccola (5 cm x 1,3 cm), ha uno spessore trascurabile: non ha bisogno di pile di ricambio, di ricariche né di essere accesa. Insomma, la metti nello zaino e te la scordi.
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Val Fraina, Pizzo Varrone e Pizzo Tre Signori Ò
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L’ARTE DI FARE LO ZAINO
Dopo le scarpe, lo zaino è il nostro miglior compagno di viaggio, con lui dovremo passare ore e a lui è affidato quasi tutto quello che ci serve. Deve essere comodo, capiente quanto basta e soprattutto stabile e non si deve muovere mentre corriamo. Quelli da escursionismo non sono adatti alla corsa, sono fatti a sacco e in tessuti tecnici non elastici: anche se sono ben stretti in vita e sul petto, quando iniziamo a correre si muovono e tutto il contenuto sballotta. Non è solo un problema di comodità: uno zaino che si muove alla lunga fa male, crea arrossamenti se non addirittura vesciche.
Gli zaini per il trail running sono studiati apposta per essere stabili, hanno forma di gilet, con schienale e spallacci in materiali traspiranti, tasche in posizioni comode da raggiungere mentre si corre,
Valzurio Trail 2019 (© N. Mazzocchi)
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lacci o stringhe per adattarli al busto e soprattutto sono in materiali leggeri ed elastici in modo da tenere fermo il contenuto: ne esistono di diverse capacità adatte alle diverse uscite. Va bene essere essenziali e cercare di contenere il peso quando si corre in montagna, ma soprattutto se si sta fuori tante ore o si sale in quota è bene tenere in considerazione anche gli imprevisti: una maglia in più e una giacca impermeabile non portano via così tanto spazio e il peso extra è trascurabile rispetto al vantaggio di avere quello che serve quando ce n’è davvero bisogno.
Lo zaino in 5 punti
1. Idratazione: camel bag o flask con una riserva d’acqua proporzionata alla durata dell’uscita, alla possibilità di fare rifornimento e alla temperatura della giornata. Nelle giornate molto calde può essere utile aggiungere dei sali minerali all’acqua, magari non a tutta nel caso si tolleri poco il loro sapore.
2. Nutrizione: un trail si corre prima con lo stomaco che con i polmoni. Ognuno ha i propri cibi preferiti, non importa quindi cosa si porta, ma che la quantità sia giusta. È utile avere con sé diversi tipi di snack dolci o salati confezionati singolarmente e facilmente accessibili. Riponete bene i rifiuti nello zaino in modo che non cadano e non restino sui sentieri.
3. Navigazione: se non si conosce un percorso o un territorio, mappa e bussola sarebbero gli strumenti più precisi, ma a parte bagnarsi e occupare spazio, non tutti sanno usarli correttamente e non sono altrettanto immediati rispetto a un buon gps con la traccia dell’uscita caricata, utile per avere a colpo d’occhio la conferma di essere sulla via giusta e per interpretare i bivi. Non affidatevi solo alle app di navigazione che scaricano più velocemente la batteria del telefono e sfruttano il gps del telefono che non sempre è preciso.
4. Abbigliamento: anche per l’abbigliamento la scelta di cosa portare è soggettiva in base alla propria termoregolazione, alla durata dell’uscita e alla temperatura della giornata. In ogni caso è sempre bene avere con sé una giacca con cappuccio con membrana impermeabile e traspirante e una maglia di riserva. Se piove, avere uno strato impermeabile esterno impedisce alla temperatura corporea di scendere troppo anche se si suda sotto di esso.
5. Emergenza: la sicurezza è fondamentale e in caso di emergenza si deve poter comunicare la propria posizione ai soccorsi. Quindi portate sempre il cellulare con i numeri ICE d’emergenza salvati insieme al 112 e un’app di localizzazione di emergenza come 112 Where ARE
Lo zaino giusto per ogni tipo di uscita
Tipo di uscita
Uscite corte di poche ore in media montagna o in stagioni non fredde.
Uscite di media lunghezza in giornate fresche o in alta montagna.
Uscite molto lunghe in stagioni non fredde o in alta montagna.
Quantità d’acqua
Almeno 1,5 L (+ 0,5 L se la giornata è calda).
Almeno 2 L o 1,5 L se sono presenti fonti d’acqua sul percorso.
Almeno 2 L o 1,5 L se sono presenti fonti d’acqua sul percorso (+ 0,5 L se la giornata è calda).
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Uscite corte di poche ore in media montagna o in stagioni non fredde.
Riserva d’acqua e cibo
Gps con traccia caricata
Giacca con cappuccio con membrana impermeabile e traspirante
Maglia tecnica di ricambio
Manicotti
Scaldacollo o cappello
Telefono cellulare con app di localizzazione di emergenza
Kit di emergenza
Soldi
Uscite di media lunghezza in giornate fresche o in alta montagna.
Riserva d’acqua e cibo
Gps con traccia caricata
Giacca con cappuccio con membrana impermeabile e traspirante
Maglia tecnica termica a maniche lunghe ed eventuale ricambio
Maglia tecnica di ricambio
Pantaloni antivento
Scaldacollo o cappello
Guanti caldi
Lampada frontale
Telefono cellulare con app di localizzazione di emergenza
Kit di emergenza
Soldi
Uscite molto lunghe in stagioni non fredde o in alta montagna
Riserva d’acqua e cibo
Gps con traccia caricata
Giacca con cappuccio con membrana impermeabile e traspirante
Maglia tecnica termica a maniche lunghe
Maglia tecnica di ricambio
Pantaloni antivento
Scaldacollo o cappello
Guanti caldi
Lampada frontale
Telefono cellulare con app di localizzazione di emergenza
Kit di emergenza
Soldi
Power-ban
Riponete tutto in piccole buste di plastica ermetiche: gli oggetti rimangono ordinati e fermi e soprattutto non si bagnano, non solo in caso di pioggia, ma anche per il sudore che risale per capillarità.
Zaino fino a 5 litri
Zaino da 7 a 12 litri
Zaino fino a 20 litri
Verso il Resegone lungo il sentiero 1 (© iStock) Ò 42
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L’AMBIENTE E I SENTIERI
Questa guida attraversa tanti territori molto diversi tra loro che però, visti dalla pianura, appaiono così simili. La prospettiva da lontano appiattisce le montagne, le rende quasi bidimensionali, e la foschia della Pianura Padana sfuma, quando non nasconde del tutto, la complessità delle valli e dei diversi sistemi e gruppi montuosi. Questi territori cambiano da est a ovest e da sud a nord, cambiano nel tempo e nelle stagioni, ma anche nelle diverse ore del giorno e a seconda del verso in cui li si percorre.
Anche se la Lombardia ci appare sempre così antropizzata, industriosa e industriale, in realtà ha una grandissima parte occupata da monti e laghi, valli quasi spopolate e terre alte abitate solo da animali e piante. Basta allontanarsi dalla pianura e superare la fascia pedemontana per accorgersene: le città lasciano spazio ai paesi e i paesi ai borghi. Ma anche le montagne cambiano: nel settore orobico le cime sono più alte e aspre, in genere più difficili, rispetto al territorio tra il Lago Maggiore e il Lago di Lugano in cui le alture hanno origine glaciale o morenica: in mezzo c’è il Lago di Como a fare da spartiacque. Anche se l’orizzonte in città è nascosto ed è difficile scorgere le cime tra i palazzi e i grattacieli, basta una giornata di vento per scoprire che le montagne sono lì, così vicine: basta un cavalcavia o un campo della periferia nord per vedere tutto il profilo dei monti dal Rosa alla Passo Salmurano
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dorsale del Boletto e Bolettone, le Grigne e il Resegone, Valcava e poi le cime orobiche più vicine. Non occorre nemmeno arrivare a Lecco per trovarsi di fronte all’imponente sagoma del Cornizzolo che, con i suoi 1240 m, è a solo 40 km in linea d’aria dalla Madonnina. Montagne come ambiente naturale, ma fortemente trasformate dall’uomo nel tempo che le ha abitate e sfruttate fin dall’antichità. Oggi in montagna e sui laghi si vive in basso, le strade corrono nei fondo valle o sulle coste dei laghi, un tempo invece si saliva e si cercava la posizione più assolata, al limite della neve e soprattutto in alto si viaggiava. È sorprendente scoprire come la via Priula, che collegava la pianura bergamasca alla Valtellina, corresse lungo la Val Brembana e che per andare da Lecco a Colico, quando non si andava via Lago, si percorreva quello che oggi è il Sentiero del Viandante o si risaliva la Valsassina: fino al 1831 non esisteva alcuna strada carrozzabile che costeggiasse il Lago. Poi ci sono le strade militari e il folle sistema di fortificazione della Frontiera Nord, impropriamente chiamato Linea Cadorna, costruito con lo scopo di proteggere il territorio italiano da un improbabile attacco condotto da Francia, Germania o dall’Austria-Ungheria violando la neutralità della Svizzera. Vestigia di quel sistema sono ancora ben visibili sulle cime di confine e lungo direttrici di sbarramento come la linea Legnoncino-Legnone, o nel Verbano da Luino a Porto Ceresio e da Viggiù a Menaggio, lungo l’attuale confine elvetico. Il resto sono sentieri del quotidiano, per portare il bestiame in alpeggio o per raggiungere i prati della fienagione, i boschi per la legna e le castagne e per salire dalla pianura. Infine, i sentieri nuovi, quelli del turismo, della scoperta della montagna, delle seconde case, delle domeniche al rifugio, riscoperti o tracciati da zero per arrivare dove un tempo non serviva andare, ma dove oggi ci piace andare, a piedi, in bici, con le ciaspole, per salire, correre, arrampicare, scalare o solo guardare dall’alto quella città e quella pianura lontana dalle quali siamo partiti.
Trail del
2019
Tracciolino
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Condizione dei sentieri
In generale lo stato dei sentieri trattati in questa guida è buono, sono quasi tutti ben tracciati e segnati, o comunque leggibili sul terreno. Rispetto a qualche decennio fa le segnaletiche sono state aggiornate e ripristinate in tanti punti e bivi. I CAI locali hanno contribuito molto con il loro lavoro alla sistemazione di queste vie, individuando con la tradizionale segnaletica bianco/rossa sassi, alberi, angoli di case, muretti. Restano segni di vecchie tracciature o numerazioni, ma difficilmente le indicazioni si contraddicono. In alcuni casi il tempo riduce la traccia su itinerari poco frequentati che seguono vie non logiche o lontani dagli accessi a valle. I bolli e i segni di vernice sbiadiscono e, come sempre in montagna, sugli itinerari meno battuti piante e arbusti ostruiscono alcuni passaggi. Oggi la montagna è sempre meno abitata e soprattutto mantenuta: se cade un albero molto spesso resta lì anni, un tempo finiva nella legnaia per la stufa dopo pochi giorni. Per questo prima di partire preparate bene i vostri itinerari, non basatevi solo su una fonte e consultate anche le carte, non solo siti e app specializzate. Ricordate che le relazioni che si trovano in Internet si basano su valutazioni personali: difficoltà, fatica e tempi di percorrenza sono soggettivi e considerate eventuali differenze di stagione. La montagna è viva e le sue caratteristiche cambiano continuamente. Informatevi sulle condizioni dei sentieri consultando le ordinanze sui siti dei comuni e in loco prima di partire. Le cose mutano in fretta soprattutto oggi che si registrano fenomeni spesso intensi o precipitazioni estreme. Un esempio per tutti: la larga mulattiera che da Cittiglio sale al Sasso del Ferro oggi è impraticabile per una serie di smottamenti a seguito di una tempesta del giugno del 2020: l’avevo percorsa più volte e doveva far parte dell’itinerario dei Pizzoni e del monte Nudo, eppure nonostante sia letteralmente franata, risulta ancora come percorribile su moltissimi siti. In generale i sentieri descritti sono quasi sempre corribili per fondo, pendenza, dislivello e lunghezza. Anche quando sono in alta montagna o ci sono passaggi delicati o tratti esposti c’è sempre margine. Solo qualche itinerario proposto ha tratti attrezzati, più per eccesso di sicurezza o per aiuto che per reale necessità. La montagna resta un ambiente naturale con i suoi rischi oggettivi. Valutate bene quanta acqua portare e ricordate che anche in quota in estate fa caldo. Perdersi è veramente difficile, anche muovendosi velocemente come quando si corre. Più facile è imboccare false piste perché esistono bivi e deviazioni ben evidenti che il più delle volte portano in breve a un prato, a una casera, a un bosco, a un capanno di caccia e lì si fermano. I bivi in cui si possono avere incertezze sono stati tutti indicati nelle descrizioni dei percorsi. In caso di dubbio, è sempre meglio tornare indietro.
E se ci si perde? Può capitare nei boschi e nelle valli chiuse perché non si è visto un bivio o solo si cercava una scorciatoia per una pista che poi si è rivelata falsa. Più difficile che accada sui prati o nelle zone alte aperte, ma nebbia e nuvole basse possono sempre esserci o formarsi all’improvviso. Infine, attenzione alla numerazione dei sentieri: con il tempo vengono rinumerati, a quelli che un tempo avevano un numero a due cifre ne è stata aggiunta una terza per uniformità con le linee guida CAI. Alcune carte, anche recenti, hanno ancora la vecchia numerazione senza il primo numero. Nelle descrizioni dei percorsi si è tenuto conto delle numerazioni e delle nomenclature presenti sulle mappe online OpenTopoMap, OpenStreetMap, OpencycleMap e TOPO Alps PRO di Garmin che poi sono quelle che si trovano nelle app, nei siti specializzati e nei gps in commercio.
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Introbio inizio del sentiero 40 per la Val Biandino (© N. Mazzocchi)
INFO PRATICHE E BIBLIOGRAFIA
Meteo www.arpalombardia.it www.centrometeolombardo.com www.meteosvizzera.admin.ch
Webcam www.lepleiadi.ch www.panomax.com www.pieroweb.com/webcam/webcam-orobie-valle-brembana.html
Rifugi e bivacchi rifugi.cai.it/ www.caibergamo.it/geoportale/rifugi-bivacchi www.rifugi.lombardia.it/
Alba sulla Grigna Settentrionale (© Luca Casartelli - CC BY-SA 2.0 DEED)
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Sentieri, itinerari e mappe
hiking.waymarkedtrails.org map.geo.admin.ch trilario.webeasygis.it
wiki.openstreetmap.org/wiki/Lombardia/Sentieri www.caibergamo.it/geoportale www.caibergamo.it/geoportale/itinerari www.caibergamo.it/geoportale/sentieri www.gpsvarese.it/ www.paesidivaltellina.it www.paesidivaltellina.it/sentierolife www.parcocampodeifiori360.it
Bibliografia
G. Miotti, Lombardia slow foot. Provincia di Pavia e Varese, Bellavite Editore, 2009
S. Papucci, P. Gritti, I più bei sentieri della Lombardia centrale, Blu Edizioni, 2014
D. Necchi, C. Re, I più spettacolari sentieri panoramici della Lombardia. Tra boschi e laghi, vette e pianori, Edizioni del Capricorno, 2019
S. Papucci, Escursioni tra acqua e cielo, Blu Edizioni, 2016
C. Regazzoni, Orobie trail. 52 itinerari di trail running dalle Grigne al Lago d’Iseo, Versante Sud, 2020
P. Turetti, Escursioni Orobie Bresciane e Parco delle Orobie Bergamasche, Cierre, 2002
S. Invernizzi, R Meles, L. Rota, DOL dei Tre Signori, Orobie, 2021
R. Ciri, O. Bellinzani, Prealpi Lombarde Centrali, Idea Montagna, 2013
R. Ciri, O. Bellinzani, Prealpi Lombarde Occidentali, Idea Montagna, 2013
Monte Due Mani verso La Foppa
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Sulla corsa e sul trail running
J. Daniels, Daniels’ Running Formula, Human Kinetics, 2013
A. Finn, L’ascesa degli ultrarunner, Piano B, 2020
N. Giovannelli, Trail Running & Ultra Trail, Mulatero, 2019
F. Massa, Il manuale del trail running, S.P.M. Publishing, 2014
T. Noakes, Lore of Running, Human Kinetics, 2002
O. Pizzolato, Correre secondo Orlando Pizzolato, Correre, 2012
Sentieri – Pianificazione, segnaletica e manutenzione, Quaderno di Escursionismo n. 1, CAl, 2014
Cartografia
Alta Valle Imagna e Resegone - Carta dei sentieri, 1:15.000, Ingenia Editori
Caprino Bergamasco, Pontida, Palazzago, 1:15.000, Ingenia Editori
Carta Nazionale Della Svizzera N. 1333 – Tesserete, 1:25.000 e N. 1353 – Lugano, 1:25.000,
CAI, Cartina Alta Valle Brembana, ElleLibri
CAI Bergamo, Cartina Sentiero delle Orobie Occidentali, ElleLibri
CAI Bergamo, Cartina Sentiero delle Orobie Orientali, ElleLibri
CAI Bergamo, Cartina Val di Scalve – La Via Decia Alessio Pezzotta, ElleLibri
Costa Valle Imagna, Torre de’ Busi - Valcava, 1:15.000, Ingenia Editori
Grigne, Resegone, Valsassina 301, Carta escursionistica, 1:25000, Geo4map
Kompass N. 90, Lago Maggiore Lago di Varese, 1:50.000
Kompass N. 91, Lago di Como Lago di Lugano, Carta escursionistica, 1:50.000, Guida e dettagli 1:25.000
Kompass N. 104, Foppolo - Valle Seriana 1:50.000
Kompass N. 105, Lecco - Valle Brembana, 1:50.000
Lago di Varese 304, Laveno, Campo dei Fiori, Porto Ceresio, 1:25000, Geo4map
Lago Maggiore 301, Luino - Val Veddasca, 1:25.000, Geo4map
Lario Intelvese - Carta dei sentieri, 1:25.000, Ingenia Editori
Le Grigne. Resegone di Lecco e Legnone, 1:35.000, LACasa della cartografia
Montevecchia e Valle del Curone, 1:15.000, Ingenia Editori
Monti di Brianza, 1:25.000, Ingenia editori
Orobie Valtellinesi dal Legnone al Passo San Marco, 1:25.000, Sete Parco regionale Campo dei Fiori, 1:20.000, Ingenia Editori
Sentieri numerati CAI delle Orobie Bergamasche settore 1, ElleLibri
Sentieri numerati CAI delle Orobie Bergamasche settore 2, ElleLibri
Sentieri numerati CAI delle Orobie Bergamasche settore 3 e 4, ElleLibri
Sentieri numerati CAI delle Orobie Bergamasche settore 5.1, ElleLibri
Sentieri numerati CAI delle Orobie Bergamasche settore 5.2, ElleLibri
Val d’Erve, 1:10000, Ingenia Editori
Val Masino, Val Codera, Val Chiavenna, 1:25.000, Sete
Valcuvia, 1:25.000, Ingenia Editori
Valle di Scalve 04, 1:25.000, Ingenia
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di tutta la traversata: da qui è tutta discesa fino al Lago (8)
Attraversata la sella prativa sotto il Corno Centrale, rientriamo nel bosco e imbocchiamo il sentiero in direzione Bocchetta di Moregge (attenzione a non prendere la traccia del sentiero 4, che scende verso la Bocchetta Luera).
La discesa si presenta subito ripida e a tratti tecnica con una serie di stretti tornanti, piccoli salti rocciosi, radici e sassi smossi. Il single track perde quota molto velocemente, zigzagando tra le rocce e lunghi traversi terrosi.
A quota 980m la discesa dà una piccola tregua e attraversa la base del ghiaione del Corno Orien-
tale per poi rientrare nel bosco (9). Alla cascata del Fontanil di Piott a quota 540m cambiamo sentiero e, finalmente in vista delle case, imbocchiamo il Sentiero dei Massi Erratici che scende su Valmadrera in località Belvedere. Non resta che scendere al Lago, percorrendo via Preguda, poi via del Maglio e, infine, via Reina che, all’altezza di Via Sant’Antonio, esce sul lungoLago di Malgrate. Gli ultimi 2 km tutti in piano a filo d’acqua sono l’ideale per godersi l’anfiteatro delle cime lecchesi fino all’imbarcadero di Lecco, al di là del ponte sull’Adda (10), dove termina il nostro itinerario.
29 Triangolo Lariano Da Bellagio a Lecco per la dorsale est
Discesa dalla Bocchetta di Luera, UTLAC 2023 Ô
220
221
Sponda occidentale del Lago di Como dal Monte Castel di Leves
LA STRADA REGIA
Trail/sterrato 53%
Sentiero tecnico/esposto 6%
Mulattiera/lastricato 25%
Asfalto/cemento 15%
Eventuali varianti al percorso 0%
32 km
2070m / 2060m
dislivello positivo/negativo
662m / 200m
quota massima/minima
510m / 440m
salita/discesa più lunghe
ÙÙÙÙ
difficoltà
5h trail
tipo di tracciato
tempo di percorrenza
ÙÙÙÙ
impegno fisico
ÙÙÙÙ
difficoltà tecnica
ÙÙÙÙ
stato segnaletica lunghezza
NOTE TECNICHE. Lunga traversata dalle rive del Lago a Como all’imbarcadero di Lezzeno lungo la Strada Regia, una vecchia rete di sentieri che collegavano i villaggi della costa occidentale del Triangolo Lariano recuperata nel 2006. Il dislivello non eccesivo, le salite mai troppo faticose e il continuo susseguirsi di piccoli antichi borghi rendono questo itinerario molto godibile e mai monotono, nonostante il chilometraggio importante. Dopo la prima salita che porta a Brunate, la Strada Regia si tiene pressoché in quota a mezza costa in posizione sempre panoramica sul Lago per circa 18 km fino a Palanzo; dopo perde decisamente quota, portandosi fin quasi al Lago a Rovasco, per poi salire ripida fino a Monti di Careno e ridiscendere al Lago a Nesso, alternando continui saliscendi negli ultimi 9 km lungo le pendici del Monte Colmenacco.
La Strada Regia continua fino a Bellagio, ma a parte un breve tratto protetto in località Sassi Grosgalli, da Lezzeno in poi segue il tracciato della trafficatissima SP 583 Lariana diventando più pericolosa che piacevole; inoltre, a Lezzeno c’è la possibilità di riprendere il traghetto per tornare a Como.
ITINERARIO. Dal Lungo Lario di Como nei pressi della stazione della Funicolare per Brunate (1) imbocchiamo in salita via Stoppani, seguendo le indicazioni Brunate per Falchetto. Superata una lunga scala svoltiamo a sinistra in via Peltrera e, ignorando la scala a destra che sale per il Carescione, prendiamo il sentiero dedicato a G.B. Pigolato. Dopo un primo tratto malamente selciato, man mano che ci si alza sopra le case, il sentiero diventa di terra battuta e sale avvitandosi con stretti tornanti che si alternano a faticosi tratti con gradini in legno. Acquistiamo quota velocemente e risaliamo la costa del Monte fino a uscire su asfalto nel piazzale del ristorante Falchetto in via Ai Piani in posizione panoramica su Como, Cernobbio e il Monte
Prealpi Comasche
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199 m 300 m 400 m 500 m 600 m 692 m 0 km 520 15 25 10 31,4
Gen Lug Dic Ago Set Ott Nov Giu Mag Apr Mar Feb
8 4 7 3 6 2 9 5 1 222
Blevio Cernobbio Moltrasio Carate Laglio Rovenna San Maurizio Argegno
Nesso Careno Brienno Almanno Schignano 1079 1210 1271 1378 Monte Gringo Monte Comana Monte di Binate Monte Colmegnone L a g o di Co m o Molina 944 Dosso della Merma 1080 Monte Broncino 855 Dosso Fagorato 1335 Monte di Faello
Monte Pol
Monte Astele
Croce d’Ardona
Monte Bolettone
Pizzo
Monte Preaola
Piz del
Gordona 1072 Punta Forcoletta Torno Lemna Pognana Lario 8 4 7 3 6 2 9 5 1 223
Lezzeno
1145
1183
1002
1320
1270
dell’Asino
1413
1405
Luser
1410 Sasso
faticosamente più di 500 metri di quota. Fortunatamente il fondo è ottimo, anche se di cemento, e consente di concentrarsi interamente sulla salita: qualche radura nella vegetazione aperta sul Lago e sulla penisola di Bellagio –sempre più visibile man mano che saliamo – e un eremo abbandonato affacciato su Tremezzina sono la scusa per riprendere un po’ di fiato. A quota 960m incrociamo il sentiero 2 (Via dei Monti Lariani) (3) e abbandoniamo finalmente la mulattiera cementata per imboccare un morbido sentiero decisamente meno ripido che attraversa un fitto bosco di castagni. Da qui in poi saranno i segni rossi e bianchi del CAI a farci da guida: il single track è tutto sommato am-
pio, ma le pareti del Monte sono davvero così scoscese da richiedere attenzione, così come i brevi tratti stretti, leggermente esposti: nulla di difficile, ma occorre prudenza con il ghiaccio o la neve, soprattutto in corrispondenza dei due colatoi (secchi per la maggior parte dell’anno) i cui massi sono resi scivolosi dall’umidità del bosco e dal muschio.
Raggiunti i ruderi della Casera del Costone, il sentiero svolta a sinistra e inizia a risalire la costa del Monte con un susseguirsi di brevi tornanti che permettono di raggiungere il bivio con la strada militare che sale da Menaggio a quota 1133m. Seguendo le indicazioni, in meno di 200 metri si può raggiungere una galleria militare
Valle Intelvi Il Monte Crocione da Lenno 54
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lunga 120 metri, costruita tra il 1916 e il 1917: la deviazione segue un’ampia cengia completamente in piano e scende due tornanti fino a una falesia (4). La galleria non è illuminata e non basta la luce che filtra dalle estremità per attraversala.
Ritornati sui nostri passi, iniziamo la lunga sequenza di tornanti e brevi traversi che agevolano la risalita fino a uscire in corrispondenza della piccola sella che porta alla parte sommitale del Monte Crocione. Sono più di due chilometri piuttosto monotoni ma poco ripidi che consentono di salire con passo spedito. A quota 1400m usciamo definitivamente dalla vegeta-
zione, abbandoniamo la mulattiera militare che aggira la cima del Crocione da sinistra e prosegue in falso piano fin sotto il Monte di Tremezzo (5). Quindi, per prati e puntando all’evidente croce, risaliamo gli ultimi 200 metri fino alla cima posta a quota 1641m. Il panorama vale tutta la fatica: lo sguardo spazia a 360°, dalle cime ticinesi al Lago di Porlezza e tutto il Lago di Como, Bellagio, il Legnone, il Pizzo Tre Signori, il San Primo e tutta la dorsale verso sud fino al Colmegnone.
Dalla cima percorriamo l’evidente traccia che segue l’andamento della dorsale e continuiamo verso il Monte di Tremezzo abbassandoci prima
La dorsale del Monte di Tremezzo verso il Monte Crocione con Bellagio sullo sfondo Ô
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fino all’Alpe, un gruppo di case diroccate adagiate nella sella tra le due cime, per poi risalire ai 1700m della cima. L’andamento del tracciato di cresta è ben evidente e tutto il tratto è interamente corribile e aperto: nelle giornate ventose, con il cielo terso, è come volare.
Dalla cima si scende verso il colle del Tremezzo (quota 1574m) passando da una serie di fortificazioni militari e punti di avvistamento fino al punto di appostamento blindato 107 (6) che ospitava, durante la Grande Guerra, quattro mortai a difesa del solco tra Porlezza e Menaggio, entrambe ben visibili a valle. Qui ci ricongiungiamo con la strada militare, lasciata sotto il Crocione 2 km prima, che passa dal Rifugio Venini (quota 1576m, acqua) (7) e prosegue in piano fino alla malga della Bocchetta di Lenno. Dal rifugio in poi, la strada aggira la cima del Monte Galbiga e diventa asfaltata e carrabile. La
seguiamo per 2,3 km fino a quando, raggiunta la testa della valle di San Benedetto in vista dell’Alpe di Ossuccio, curva decisamente a sinistra: ignoriamo la mulattiera che scende a sinistra nel bosco e seguiamo la traccia che continua dritta, uscendo dal tornante per scendere verso il gruppo di case di Pra’ Grassa (quota 1248m), dove ritroviamo la strada all’altezza di una chiesina degli Alpini.
Senza salire al rifugio, all’altezza del passo di Boffalora (8) prendiamo il sentiero che si stacca a sinistra e, invertito il senso di marcia, inizia a scendere attraverso il ripido prato per addentrarsi nel bosco di larici a quota 1192m. Continuiamo la discesa per il lungo single track che zigzaga tra gli alti alberi e, dopo una serie di stretti tornantini usciamo nel piazzale della basilica di San Benedetto dell’XI secolo (9), importante esempio di romanico maturo. La chiesa
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Cengia nel bosco lungo la Via dei Monti Lariani (© N. Mazzocchi) Ô
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Lenno, mulattiera selciata verso l’attacco del sentiero per il Monte Crocione
fu eretta intorno al 1080, mentre il monastero fu terminato intorno al 1090, ma abbandonato dagli stessi monaci nel 1298. Anche se nei secoli ha perso la sua originaria funzione, il suo fascino arcano è palpabile soprattutto per il luogo isolato nel fondo della valle (quota 830m).
Riprendiamo dietro la chiesa il sentiero che risale leggermente l’altra parte della valle per attraversare il torrente Perlana e iniziare un tratto di mulattiera selciata di 3,5 km ancora nel bosco; passiamo alcuni agglomerati fino alla ripida discesa acciottolata che porta all’abbazia dell’Acquafredda (quota 325m) (10), così chiamata per la sorgente che scaturisce sul suo sagrato. Per strette scorciatoie tra le case si torna al punto di partenza in meno di 1 km.
La Linea Cadorna
Il sistema difensivo italiano alla frontiera verso la Svizzera, impropriamente noto come Linea Cadorna, è un complesso di opere di difesa posto a protezione della Pianura Padana, progettato e realizzato tra il 1899 e il 1918 con lo scopo dichiarato di proteggere il territorio italiano da un possibile attacco proveniente d’oltralpe condotto dalla Francia, dalla Germania o dall’Austria-Ungheria o, cosa improbabile, da una possibile invasione da parte della Confederazione Svizzera.
Dopo alcuni studi, il 18 aprile 1911 lo Stato Maggiore affidò l’impresa alla Direzione Lavori Genio Militare di Milano, che iniziò con lo sbarramento Mera-Adda e la costruzione del Forte Montecchio Nord. I lavori continuarono a singhiozzo, fino allo scoppio della Grande Guerra, per essere poi completati con urgenza solo a guerra iniziata quando, nel 1915, il generale Porro rese nota al capo di stato maggiore Luigi Cadorna la concreta possibilità di un’invasione tedesca della Svizzera.
Cadorna decise di riprendere il vecchio progetto del 1882, e con le opportune modifiche ordinò di allestire un’imponente linea fortificata estesa dalle valli ossolane fino ai passi orobici. Ne fanno parte 72 km di trincee, 88 postazioni di artiglieria (11 in caverna), 25.000 m2 di baraccamenti, 296 km di strade e 398 km di mulattiere. Costò l’equivalente di 150 milioni di euro di oggi e vi lavorarono 40.000 uomini. Questo comples-
so di opere non venne mai utilizzato: le fortificazioni, all’inizio della guerra, vennero presidiate ma dopo la disfatta di Caporetto la linea venne abbandonata.
Molte trincee, provviste di parapetto, feritoie riparate e ricoveri, sono arrivate in ottime condizioni fino a oggi perché concepite come semipermanenti e progettate con criteri diversi dalle trincee del fronte. In provincia di Como sono state recuperate, e sono visitabili, le seguenti strutture:
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• il Fortino Monte Sasso nel territorio del Parco della Spina Verde di Como a Cavallasca, a poche centinaia di metri dal confine svizzero;
• la strada militare di 12 km che da Rovenna sale alla vetta del Bisbino, completa di cunicoli sotterranei, camminamenti e postazioni mimetizzate;
• i muretti a secco, le trincee, i camminamenti, le postazioni di controllo e le casermette di sosta a Crocetta di Menaggio
in posizione predominante sull’abitato. In zona più arretrata sono stati recuperati anche i dormitori, i posti di ricovero e i magazzini di vettovagliamento;
• la batteria alla Cardina della Prima guerra mondiale situata sulla collina a nord-ovest di Como tra i quartieri di Monte Olimpino, Tavernola e Sagnino.
La ripida mulattiera che da Lenno sale al Monte Crocione (© N. Mazzocchi) Ô
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OROBIE TRAIL
52 itinerari di Trail Running dalle Grigne al Lago d’Iseo