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Sulle tracce della Storia
Il destino del Monte Grappa si compì con la Prima Guerra Mondiale. Prima ‘ndare in Grappa, come si dice da queste parti, era legato soprattutto alle attività lavorative. Si sfruttavano i campi della zona pedemontana faticosamente strappati alla montagna e resi coltivabili costruendo muretti a secco e terrazzamenti, si saliva sui prati in quota per portare il bestiame in alpeggio e si andava per boschi per pulire il sottobosco e far legna. In alcune zone c’erano piccole cave per l’estrazione delle pietre calcaree e nelle malghe si facevano il burro e il formaggio. Raramente dalla pianura si saliva per svago, se non in qualche giornata di festa estiva. Solo nel 1897 si inaugurò la Capanna Bassano, uno dei primi rifugi delle Prealpi venete, e nel 1899 il cardinale Giuseppe Sarto, futuro papa Pio X, che era di Riese, propose di edificare un sacello sulla cima del Grappa con una statua dedicata alla Madonna. La statua fu consacrata il 4 agosto del 1901, giorno che da allora è dedicato alla Festa della Madonna del Grappa. Ma le basi per un ruolo strategico e militare del Piave e del Massiccio del Grappa risalgono
a uno studio commissionato nel 1885 dal Capo di Stato Maggiore dell’Esercito Italiano generale Cosenz al tenente colonnello Ettore Vigano: lo scopo dello studio era percorrere tutto il confine con l’Impero austro-ungarico, quando il Trentino era ancora Austria, e individuare tratti per schierare truppe o da fortificare. Anche se in quel momento l’Austria era alleata dell’Italia nella Triplice Alleanza, circolavano infatti, notizie su attività di fortificazione oltre frontiera. È allora che fu individuata la linea del Piave come ultima posizione di resistenza. Ma fu l’intuito del generale Cadorna -che rivide quello studio nel 1913- a capire che un ruolo strategico l’avrebbe avuto non solo il Piave, ma soprattutto il Grappa. Per prima cosa Cadorna suggerì di spostare le difese dalla riva sinistra alla riva destra del fiume, avendo in questo modo l’appoggio del monte alle spalle; poi propose una linea di difesa fortemente armata tra il Brenta e il torrente Astico, in modo che, in caso di invasione dalla Valsugana o dall’altopiano di Asiago, il nemico si sarebbe trovato insaccato tra Cittadella e Vicenza. Nell’ottobre del 1916 il generale, salito in Grappa per un’ispezione, disse al colonnello Dal Fabbro, comandante del Genio della I Armata: “Il Grappa deve riuscire imprendibile. […] In caso di disgrazia, questa è la linea che occuperemo”. Purtroppo, quando il 4 novembre 1917 fu disposta l’occupazione del Grappa, il generale Assum, comandante della Brigata Trapani, la prima a salire sul massiccio, trovò ben poche delle difese previste. La strada Romano-Cima Grappa (oggi detta “Cadorna”)
Monte Pertica, 1917 (© Fortepan / Komlós Péter)
era larga appena tre metri e molti tratti erano incompleti: questo ostacolò il trasporto dei grossi calibri che furono schierati in pianura. Erano state stese solo le teleferiche che salivano da San Nazario e dal Covolo di Crespano, e una serie di ostacoli, sbarramenti e postazioni; dal Covolo saliva a Cima Grappa anche una mulattiera (l’attuale sentiero 105) e da San Liberale un impianto di sollevamento dell’acqua. Mancavano una linea fortificata che unisse il monte Pertica con Cima Grappa (due chilometri fondamentali per la difesa) e tutta una serie di capisaldi sui monti tutt’attorno alla cima del massiccio, ma soprattutto mancavano i ricoveri per i soldati. Il 10 e l’11 novembre in Grappa nevicò e le truppe passarono la notte all’aperto, solo con la coperta personale.
Ma come si era arrivati a dover ripiegare sulla linea del Piave e quindi sul Grappa? Il 24 ottobre le truppe austro-ungariche avevano sfondato a Caporetto, infliggendo all’Italia quella che è stata definita dagli storici la più grande sconfitta dell’esercito italiano. Le truppe tedesche segretamente inviate sul fronte riuscirono a sfondare con un attacco combinato di gas, artiglieria e fanteria d’assalto. L’effetto fu dirompente, il fronte si sgretolò e con esso l’esercito che, allo sbando, prese a ripiegare velocemente. Cadorna attestò una linea di difesa lungo il Tagliamento che durò poco e poi fu costretto ad arretrare, assieme a 300 mila civili. Il ripiegamento continuò fino al Piave, lungo il quale furono fatti saltare tutti i ponti con l’approssimarsi delle avanguardie nemiche. Il 9 novembre fu fatto brillare anche l’ultimo a Ponte della Priula. E così restava solo il Grappa come ultima difesa. Ma, come abbiamo visto, era del tutto impreparato, i rifornimenti erano difficili, mancavano anche le linee di comunicazione, tanto che i primi giorni gli or-
Postazione d’osservazione dell’artiglieria austriaca verso il Monte Asolone, 1917 (© Fortepan / Komlós Péter)
Croce dell’ex cimitero di guerra a malga Val Dumela
dini e le informazioni venivano fatti circolare solo con l’uso di staffette; in più il terreno non era dei migliori per difendersi perché spoglio in alto e privo di difese naturali come il Carso, mentre il versante nord, ricco di vegetazione, offriva agli austriaci ottima copertura per avanzare senza esser visti. Si dovette correre ai ripari. Neppure per il nemico la situazione si rivelò migliore. Il passaggio del Piave, con una portata d’acqua ben maggiore dell’attuale, era impossibile, così come il passaggio nel canale del Brenta. Il generale Krauss, Comandante di Corpo d’Armata imperiale, sapeva bene che, per muoversi, un esercito ha bisogno di strade e vie di passaggio agevoli; per questo, e in contrasto con gli alti comandanti, da subito tentò il passaggio per i fondovalle, evitando i sentieri e le mulattiere di montagna, ma alla fine non poté fare a meno di salire, perché le linee di difesa poste lungo i due fiumi non lo lasciarono passare. Il Grappa è solo uno dei numerosi tratti di fronte in cui si è combattuto tra il ’17 e ’18; le battaglie che qui si sono svolte forse non sono state tra le più cruciali in Europa per gli esiti di quella lunga e sanguinosa guerra, eppure alle sue alture e alle sue valli era sicuramente legato in quel momento il destino dell’Italia. Basta imboccare questi sentieri, percorrere i resti delle trincee, fermarsi sulle cime o a uno dei tanti cippi con il perentorio “Qui non si passa”, testimonianza della massima penetrazione austriaca, per rendersi conto di come la pianura per il nemico era ormai lì, davvero a portata di mano.
Le battaglie del Grappa, che riassumono i fatti bellici svoltisi tra il Piave, il massiccio e il Brenta, per gli storici sono tre: la battaglia d’Arresto (14 novembre - 21 dicembre 1917), la battaglia del Solstizio (15-23 giugno 1918) e la battaglia di Vittorio Veneto (24 ottobre – 4 novembre 1918).
Di fatto nelle tre battaglie tutto si giocò lungo le linee di difesa che gli italiani seppero stabilire appena saliti sul Grappa. Il fronte italiano, che dapprima cedette all’urto austriaco nei settori meno saldi, arretrò e avanzò più volte nel corso degli scontri, ma non fu mai sfondato e alla fine la linea iniziale fu grosso modo quella che il 31 ottobre 1918 gli italiani superarono per inseguire gli austriaci ormai in fuga. Alcune posizioni, come il Tomatico, furono lasciate strategicamente fin da subito in mano austriaca; altre, particolarmente strategiche, come il monte Pertica, il Roccolo di Ca’ Tasson, il monte Fontana Secca e il monte Solarolo, furono contese più e più volte e costarono moltissime vite umane da entrambe le parti. Vale la pena ripercorrere la linea del fronte perché tocca molte delle località descritte negli itinerari di questo libro e può essere facilmente individuabile su una qualsiasi mappa. Il fronte italiano, articolato su tre linee di difesa parallele, venne diviso in quattro settori organizzati come segue:
Settore Grappa
- linea avanzata: dal monte Roncone alla valle di Seren e dal monte Prassolan al Col dei Prai - linea di resistenza: nodo del Grappa con i sui contrafforti - linea di estrema difesa: dalla valle di Santa Felicita alla valle di San Liberale
Settore monte Spinoncia
- linea avanzata: monti Tomatico, Monte Santo, Peurna fino al monte d’Avien - linea di resistenza: Fontana Secca, Spinoncia e Palon - linea di estrema difesa: monte Boccaor
Settore monte Tomba
- linea avanzata: monte di Tese, monte Cornella e Rocca Cisa
Strada di Arroccamento, ora sentiero delle Meatte (© Nora Mazzocchi)
- linea di resistenza: monte Tomba, Monfenera e stretta di Fener
Settore Asolone
- linea avanzata: dal Roncone al Pressolan - linea di resistenza: monte Asolone, col della Berretta e Col Caprile - linea di estrema difesa: dalla Valle di Santa Felicita al Brenta
Senza addentrarci nel dettaglio delle singole azioni, dei singoli reparti, spesso dei singoli manipoli di soldati, descritti in molti libri di storia* con una precisione che arriva al giorno, se non all’ora, proviamo a riassumere le tre battaglie.
Il battesimo del fuoco della battaglia d’Arresto si ebbe il 14 novembre 1917, quando gli austriaci attaccarono, contando sul fatto che le difese italiane su Grappa non erano consolidate; il fronte tenne, sia pur arretrando in molti settori, tanto che dal 27 novembre al 10 dicembre l’offensiva venne sospesa. La sosta fu utile a entrambi gli eserciti: gli austriaci riuscirono a far pervenire al fronte il munizionamento necessario per proseguire l’offensiva, mentre gli italiani riordinarono le unità e consolidarono le postazioni e soprattutto migliorarono le infrastrutture logistiche delle retrovie. Gli attacchi ripresero l’11 e si protrassero fino al 18 dicembre 1917, mirati a cercare di prendere Cima Grappa da diversi salienti, ma la difesa italiana fu strenua e il Comando di Divisione imperiale, visto che avanzare era impossibile, anche per il continuo fuoco di sbarramento dell’artiglieria italiana, fu costretto a emanare l’ordine di arresto delle operazioni. L’inverno impedì ulteriori operazioni e nei primi mesi del 1918 entrambi gli eserciti rafforzarono le proprie difese e migliorarono le vie di approvvigionamento. Gli italiani, portarono a termine la Galleria Vittorio Emanuele III, la fortezza, sotto Cima Grappa, che risulterà determinante per la difesa nelle altre due battaglie: il suo scopo era mettere in caverna i pezzi d’artiglieria per battere efficacemente il massiccio e consentire alle truppe di raggiungere le linee avanzate del Pertica e della Valle dei Lebi al riparo del tiro austriaco. I lavori, iniziati nel novembre 1917 dal Gruppo minatori del capitano ing. Nicolò Gavotti, furono portati a termine entro maggio. Giusto in tempo.
Crateri di mortaio in val Grande
Con la battaglia difensiva detta del Solstizio gli austriaci puntarono a forzare le linee italiane a ovest di Cima Grappa. Alle ore 3 del 15 giugno 1918 iniziò il tiro dell’artiglieria contro tutte le posizioni italiane; quindi, protetti da una fitta nebbia, gli austriaci attaccarono conquistando posizioni su posizioni. Solo il dissolversi della nebbia consentì di respingere il nemico e di evitare il peggio. La difesa italiana fu efficace anche nei settori dei Solaroli e del Tomba e in tre giorni lo slancio austriaco si esaurì con forti perdite da parte di entrambi, ma la linea italiana era pericolosamente arretrata e a poco valsero i tentativi di riconquista da parte dei soldati italiani. L’estate passò in preparativi. Questa volta, però, l’iniziativa fu tutta italiana e rientrò in una strategia a più ampio raggio, che prevedeva un attacco preventivo della 4° Armata del Grappa, per attirare su quel fronte le divisioni di riserva austriache e, 48 ore dopo, lo sfondamento dell’8° Armata dal Montello alle Grave di Papadopoli, un isolotto di sassi nei pressi di Maserada.
La battaglia offensiva di Vittorio Veneto si aprì Il 24 ottobre con l’ordine di attacco del generale Giardino ai suoi uomini, ma l’assalto fallì con gravi perdite e venne sospeso nel pomeriggio. Si provò ad attaccare nuovamente nei giorni successivi, senza però risultati degni di nota, fino alla sera del 26 ottobre, quando i pontieri misero in acqua le barche per traghettare i reparti di là dal fiume in piena. Il 29 lo sfondamento sul Piave ormai era cosa fatta, mentre sul Grappa gli Austriaci resistevano ancora. La notte del 31, però, una pattuglia della brigata Abruzzi in agguato sotto Pra Gobbo, sentiti strani rumori, si affacciò
sulle trincee nemiche e le trovò vuote. Gli austriaci stavano abbandonando le postazioni su tutto il Grappa. In serata gli italiani erano a Quero, a Seren, ad Arten, a Fonzaso e a Feltre. Tre giorni dopo gli austriaci firmarono l’armistizio.
Con la fine della guerra il Grappa lentamente venne disarmato, le truppe smobilitate e si tornò alla vita di prima. I “recuperanti” furono i primi a salire su questi monti per raccogliere i metalli e i tanti materiali abbandonati. Iniziarono anche i pellegrinaggi ai luoghi delle battaglie e soprattutto ai numerosi cimiteri che costellavano le alture del Massiccio. Fin dal gennaio 1919 si pensò a edificare un monumento sulla cima, idea che si concretizzò in un primo ossario: i lavori iniziarono nel ’25, ma dovettero essere interrotti per infiltrazioni d’acqua. La sistemazione attuale è del 1935 quando venne inaugurato il monumento, completamente modificato rispetto al progetto originario. Con la Seconda guerra mondiale il Grappa tornò a essere teatro di scontri e battaglie: lontano dal fronte, diventa luogo di ritrovo e nascondiglio delle bande partigiane che operano sul territorio dopo l’8 settembre 1943. Si trattava soprattutto di azioni di sabotaggio contro le truppe tedesche che percorrevano la Valsugana e la valle del Piave, vie naturale di collegamento con la Germania e indispensabili in caso di ripiegamento dalla Linea Gotica. Nel settembre del 1944 l’Alto Comando tedesco decise con l’Operazione Piave l’eliminazione delle divisioni partigiane. Tutto il Grappa venne circondato e si procedette sistematicamente al rastrellamento dell’intero massiccio con episodi di rara crudeltà: i nazisti, con l’aiuto di delatori locali, braccarono i partigiani, li catturarono e li passarono per le armi e, come azioni dimostrative, misero a ferro e fuoco borgate pedemontane e malghe e lasciarono appesi agli alberi del viale dei Martiri di Bassano i corpi di 31 impiccati. Con il 30 aprile 1945 la guerra finì per queste montagne e il silenzio tornò nei boschi. La natura lentamente ha iniziato a riprendere i suoi spazi e ha cercato di nascondere le ferite che restano ancora evidenti: oggi è facile trovare piccoli frammenti di oggetti metallici dei soldati che quassù hanno combattuto. La terra restituisce ancora proiettili, caricatori, pezzi di bombe a mano. Quelle strade, quei sentieri, quelle cime sono raccontate e descritte in questi itinerari perché la Storia è passata di qua ed è giusto ricordarlo.
Il 15 settembre 2021 il Monte Grappa è stato proclamato ufficialmente Riserva della Biosfera MAB UNESCO.
* Il più completo e dettagliato sui fatti del Grappa è certamente Baluardo Grappa di L. Cadeddu e E. Grando, Istrit, Treviso, disponibile anche in rete in pdf all’indirizzo https://www.locusglobus.it/documenti/ISTRIT/Istrit-Lalinea-della-memoria-03-Baluardo-Grappa.pdf