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2. Santa Felicita – Campo Croce
per pendii erbosi che colma i 250 m di dislivello che mancano, passando a destra sotto il Cason d’Ardosa a quota 1550 m e che sbuca proprio sotto l’ossario di Cima Grappa (2). Ritrovata la strada asfaltata, aggiriamo il rifugio Bassano e fermandoci a godere del panorama da un piccolo balcone affacciato sulla pianura. Saliti al parcheggio, a destra dello scalone che sale alla Via Eroica e al Portale Roma, punto più alto del monumento, imbocchiamo il sentiero 156 in direzione Croce dei Lebi. L’ampia traccia, quasi in piano e perfettamente corribile, segue le numerose bocche da fuoco che si aprono dalla galleria Vittorio Emanuele III, che corre per più di 5 chilometri sotto Cima Grappa (l’accesso è dal piazzale della Caserma Milano, sotto l’ossario. Vedi itinerario 3 - Santa Felicita - Cima Grappa). Proseguiamo fino all’evidente roccolo roccioso della Croce dei Lebi (quota 1571 m) (3) dal quale si ha la visione dell’intera cresta dei Solaroli che si allunga davanti a noi e che percorreremo interamente. Ignorando tutti i bivi, scendiamo in direzione col dell’Orso sempre lungo il sentiero 156, fra tracce di trincea fino a riprendere quota, passando a destra del filo di cresta traversando poco più in basso un bosco rado di pini. Passiamo un paio di bocchette che si affacciano a sinistra sull’ampia valle dello Stizzon, che conduce a Seren del Grappa, sulla malga Valpore. Da qui prende avvio la vera a propria cresta dei Solaroli, un divertente single track su pendii erbosi in continuo saliscendi che, per resti di trincea, buche di mortaio e tracce di sentiero, sale prima al monte Casonet (cippo a quota 1614 m) e poi al panettone del col dell’Orso (croce a quota 1668 m) (4). Il panorama che ci accompagna è grandioso: il gruppo del Brenta, le Pale di San Martino e le Dolomiti di Feltre sono tutte davanti a noi. Restiamo in quota e raggiungiamo la cresta del monte Solarolo (quota 1651 m) con le sue pendici occidentali estremamente scoscese sulla sottostante valle Busa della Neve, che raccoglie uno dei pochi nevai perenni a quote così basse: dalla linea di cresta guardando in direzione della valle dello Stizzon a sinistra è possibile rendersi conto di come le direttrici di attacco austriache fossero tutte coperte da fitta vegetazione, men-
tre le linee italiane si arrampicavano sulle pareti nude dello sperone, esponendosi al fuoco nemico. Da qui si scende d’un fiato sulla sella prativa del monte Valderoa per poi salire di slancio alla sua vetta (quota 1565 m) poco oltre il cippo posto a metà della salita (5). Tutta la dorsale è corribile, ma occorre prestare attenzione alle numerose buche carsiche che si aprono lungo la traccia e all’erba bagnata che con la pioggia può risultare scivolosa; in caso di nuvole basse o nebbia che possono rendere difficile l’orientamento, è sufficiente tenersi sul sentiero sempre ben leggibile e soprattutto non scendere mai verso sinistra. Non ci resta che iniziare la discesa. Tornati alla sella erbosa, imbocchiamo il sentiero che scende verso la valle delle Mure, nella direzione opposta al sentiero 843. La traccia perde progressivamente quota, taglia le pendici erbose del monte e punta verso l’evidente malga Solaroli (quota 1480 m) dalla quale inizia una mulattiera sterrata che si percorre per meno di un chilometro fino al primo tornante. Qui una traccia di sentiero (quota 1380 m, cartello verticale) si infila nel bosco e si mantiene a mezza costa, poi diventa un po’ confusa a causa del sottobosco rado e spoglio; tuttavia, appena ci sorge il dubbio di aver sbagliato, tra gli alberi diventa evidente una strada sterrata bianca che imbocchiamo a destra e seguiamo fino alla malga Cason del Sol (quota 1275 m) (6). Continuiamo attraversando prati e pascoli fino alla strada asfaltata in prossimità del laghetto della val delle Mure. Per evitare un tratto di strada asfaltata, che comunque ritroviamo poco oltre, attraversiamo e saliamo seguendo la traccia che porta al cason Boccaor (1379 m) (7). Da qui non abbiamo alternative, siamo costretti a 2 km di asfalto fino al rifugio Ardosetta: il tratto è comunque poco trafficato ed estremamente panoramico: dopo Pian de la Bala, passa sotto due gallerie dove è facile incontrare camosci che vengono a leccare gli affioramenti di sale. Tornati alla conca dell’Ardosetta, è tutta discesa fin giù: non ci resta che imboccare la mulattiera militare e, tornante dopo tornante, scendere verso il Covolo, perdendo 900 metri in 7 km. Purtroppo, la mulattiera, un tempo interamente selciata, ora ha un fondo un po’ rotto, con sassi smossi dalle piogge, ma resta sempre ben corribile.
Variante EEA: sia per la salita che per la discesa è possibile percorrere, come alternativa ai sentieri 106 e 105, il sentiero 109 con indicazioni monte Scalarè: è una variante meno ripida, ma un po’ più tecnica che prevede un breve tratto attrezzato con un cavo metallico di qualche decina di metri, poco dopo la croce del monte Frontale (quota 1010 m). Il chilometraggio e il dislivello restano praticamente invariati.
NOTE STORICHE La Madonna del Covolo
Salendo alla Madonna del Covolo si nota il monogramma WM “scritto” con le piante sulle pendici del monte Frontale nel 1927 per volontà dei cittadini di Crespano del Grappa e dintorni devoti alla Madonna. I documenti dicono che le due lettere stanno per “W Maria” anche se durante l’epoca fascista e la Seconda guerra mondiale, il regime tentò di convertirne il significato in “W Mussolini”.
I Solaroli
Come gli Asoloni, anche i Solaroli furono al centro degli scontri in tutte e tre le fasi principali dei combattimenti sul Grappa: difesi nell’inverno del 1917 e persi nel giugno del 1918. Per la natura stessa del terreno e per come erano posizionate le truppe, ogni azione era estremamente sanguinosa: gli austriaci erano appostati appena sotto la cresta in modo da nascondere i pezzi subito dopo il fuoco e questo rendeva difficile individuarli e neutralizzarli, mentre gli italiani in posizione sfavorevole risalivano i ripidi prati della val delle Mure o del Valderoa. Solchi profondi lasciati dalla guerra, buchi delle granate, camminamenti, resti di casematte e di depositi testimoniano ancora nella parte sommitale questi eventi. Ma anche i pendii più a valle lasciano vedere gallerie e trinceramenti disposti per l’evenienza di un possibile arretramento del fronte.