www.versantesud.it
ISBN 978-88-96634-55-4
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36 itinerari e 2 traversate nelle province di Alessandria Pavia Piacenza e Genova
VERS
MOUNTAIN BIKE DALL’APPENNINO AL MARE
Questa guida nasce dopo un percorso personale e professionale lungo poco più di dieci anni, che ha portato l’autore a conoscere e apprezzare la mountain bike e la zona in cui vive, quella comunemente chiamata delle Quattro Province. È stata per secoli una zona di transito per commercianti, eserciti, pellegrini e viandanti, un’area in cui si intersecavano l’antica Via Postumia dei romani, le medievali Via Francigena e Via degli Abati, e la più moderna Via del Sale. Quello delle Quattro Province – Alessandria, Pavia, Piacenza e Genova – è un territorio culturalmente omogeneo, che si dipana dall’Appennino al mare. L’autore ha compiuto un’accurata scelta di itinerari ad anello, di varia lunghezza e difficoltà fisica e tecnica, che comprendono anche due spettacolari traversate: la Via del Sale che ripercorre il tracciato su cui transitava, verso la Pianura Padana, il sale proveniente dalla Liguria, e l’Anello delle Quattro Province, che racchiude il meglio dell’area in cui nasce l’Appennino Ligure. Questa guida ha tutti i requisiti per diventare una fedele compagna dei biker che amano la natura a tratti incontaminata e selvaggia, gli importanti contenuti storici e culturali, e perché no anche enogastronomici, per cui la mountain bike è anche e soprattutto un mezzo di scoperta.
Cristiano Guarco
COLLANA LUOGHI VERTICALI
Cristiano Guarco
MOUNTAIN BIKE
DALL’APPENNINO AL MARE 36 itinerari e 2 traversate nelle province di Alessandria Pavia Piacenza e Genova Cristiano Guarco Giornalista con oltre 10 anni d’esperienza nel mondo delle ruote artigliate, autore di articoli tecnici per alcune rinomate riviste di settore come Tutto Mountain Bike prima e 365 Mountainbike Magazine attualmente. È una delle firme più autorevoli del settore della mtb nazionale, con una lunga esperienza come biker iniziata a fine anni 90 e sfociata anche nell’attività agonistica, come testimonia la vittoria nella categoria Front nel Circuito Superenduro Pro 2012. È autore di un apprezzato manuale sull’uso della mountain bike: Mountain Bike - Tecniche, manovre e materiali per la pratica della MTB, Versante Sud, 2013.
mtb
www.versantesud.it EDIZIONI VERSANTE SUD
Prima edizione: aprile 2014 ISBN: 978-88-96634-55-4 Copyright © 2011 VERSANTE SUD Milano via Longhi, 10, tel. 027490163 www.versantesud.it I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi. Copertina Sul sentiero che va dal monte Beigua al passo del Giovo (foto Nicola Damonte) Testi Cristiano Guarco mtb4province@versantesud.it Foto
Cristiano Guarco
Mappe e profili
Chiara Benedetto © OpenStreetMap contributors Creative Commons, licenza CC-BY-SA 3.0
Impaginazione
Chiara Benedetto
Simbologia
Iacopo Leardini, Chiara Benedetto
Stampa
Monotipia Cremonese snc (CR)
Km ZERO
Guida fatta da autori che vivono e sviluppano la MTB sul territorio
è una guida a KM ZERO!
che significa? che è più sana e ha più sapore, perché fatta da biker locali. come i pomodori a Km 0? certo! e la genuinità non è un’opinione. gli autori locali fanno bene a chi pedala: - hanno le notizie aggiornate; - non rifilano solo gli spot più commerciali; - reinvestono il ricavato in nuovi sentieri gli autori locali fanno bene al territorio: - pubblicano solo ciò che si può pubblicare; - sono attenti a promuovere tutte le località; - sono in rete con la realtà locale e infine la cosa più importante:
sui loro sentieri, c’è un pezzetto del loro cuore
Nota La pratica della mountain bike è uno sport potenzialmente pericoloso, chi lo esercita lo fa a suo rischio e pericolo. Tutte le notizie riportate in quest’opera sono state aggiornate in base alle informazioni disponibili al momento, ma vanno verificate e valutate sul posto e di volta in volta, da persone esperte prima di intraprendere qualsiasi escursione. È possibile scaricare i tracciati GPS dei percorsi dal sito www.versantesud.it. Basterà seguire il link indicato nella pagina dedicata alla guida, seguire le istruzioni e inserire il codice univoco di 16 cifre che trovate stampato sull’etichetta incollata in terza pagina.
Km ZERO
Guida fatta da autori che vivono e sviluppano la MTB sul territorio
Cristiano Guarco
MOUNTAIN BIKE DALL’APPENNINO AL MARE 36 itinerari e 2 traversate nelle quattro province di Alessandria, Pavia, Piacenza e Genova
EDIZIONI VERSANTE SUD
Prefazione 4
Prefazione Un giorno ebbi un’idea malsana, quella di mettere a frutto anni di peregrinazioni a ruote artigliate in giro per l’Italia. L’idea non era ancora ben definita, come un blocco di marmo informe. Quello che serviva era la scintilla che mi facesse intuire la forma finita… riprendendo con grande e necessaria umiltà il pensiero dell’immenso Michelangelo Buonarroti, “la forma era già presente, in tutte le sue rifiniture e sfumature, all’interno del blocco di marmo da scolpire… e dunque ne era come prigioniera…” Mi serviva togliere il marmo in eccesso, perché in fondo avevo già in mente come sarebbe stata la guida di itinerari in MTB che ero intenzionato a realizzare. La scintilla vitale che diede metaforicamente vita alla figura imprigionata nel marmo arrivò quasi per caso, come un moto di serendipità… “scoprire qualcosa di non cercato e imprevisto mentre si sta inseguendo altro”, la definizione di questo neologismo calzava proprio a pennello. Cercavo un filo conduttore alla guida quando alla fine questo non solo è arrivato in modo imprevisto, avendolo sempre avuto accanto a me. Alla fine, citando la famosa frase coniata dal ricercatore americano Julius H. Comroe per descrivere la serendipità, cercavo un ago in un pagliaio e ci ho trovato la figlia del contadino! Certo, il risultato che vi apprestate a leggere non sarà una sorpresa così piacevole e di compagnia come la precedente, però mi auguro che almeno vi procuri ore e ore di divertimento a ruote artigliate! Ma torniamo a noi, alla ricerca della scintilla… vivevo e vivo in quella zona chiamata comunemente delle Quattro Province, solcata in lungo e in largo con gli amici del CAI di Tortona, solo che non lo sapevo ancora! Solo la commistione della passione per la mountain bike con quella per la storia e la natura, mi ha portato a conoscenza questa verità nascosta. Avevo attraversato un’antica zona di transito
per commercianti, eserciti, pellegrini e viandanti, un’area in cui si intersecavano l’antica Via Postumia dei romani, le medievali Via Francigena e Via degli Abati, e la più moderna Via del Sale. Un’area che, come scoprii informandomi nelle mie ricerche online e in biblioteca, in passato era ancora più ampia, estendendosi dalla Pianura Padana a nord sino al Mar Ligure a sud, e arrivando sino alla provincia di Parma a est. Era la medievale Marca Obertenga, una delle più estese in cui era allora diviso il Nord Italia. Questa fu l’intuizione, la scintilla, l’ultimo tassello del puzzle che andavo cercando di finire, per acquistare finalmente un senso e un significato… per dare la forma precisa alla figura intrappolata nel marmo. Era deciso, sarebbe stata la guida agli itinerari delle Quattro Province – Alessandria, Pavia, Piacenza e Genova – un territorio culturalmente omogeneo, che si dipana dall’Appennino al mare. Ho compiuto un’accurata scelta di itinerari, su è giù per le vallate e i monti delle Quattro Province, che comprendono anche due spettacolari traversate: la Via del Sale che ripercorre il tracciato su cui transitava, verso la Pianura Padana, il sale proveniente dalla Liguria, e l’Anello delle Quattro Province, che racchiude il meglio dell’area in cui nasce l’Appennino Ligure. A parte la Via del Sale, che da Varzi, nell’Oltrepò Pavese, scende sino a Recco, sono tutti itinerari ad anello, di varia difficoltà: dai più semplici, affrontabili dai cicloamatori con poco allenamento ma con tanta passione, ai più impegnativi, adatti a chi è ben preparato fisicamente e tecnicamente. Ho sempre prediletto la percorrenza su sentieri, strade bianche e sterrate, limitando al minimo indispensabile il transito su strade asfaltate aperte al traffico, così da godere al massimo della natura attraversata in mountain bike. Dulcis in fundo, ho trattato anche i due bike park delle Quattro Province, quelli di Caldirola e di
Paolo & Paolo in picchiata verso il Mar Ligure, che fa capolino sullo sfondo g
Santo Stefano d’Aveto, concentrandomi sia sui sentieri di natura gravity – freeride e downhill – sia sui trail più ludici ed escursionistici, sempre serviti da impianti di risalita, una scelta necessaria per evitare ascese altrimenti impossibili e così raggiungere facilmente ambienti spettacolari ed emozionanti. Credo che questa guida agli itinerari delle Quattro Province, a cavallo tra l’Appennino e il Mar Ligure, diventerà una fedele compagna dei biker che amano la natura a tratti
incontaminata e selvaggia, gli importanti contenuti storici e culturali, e perché no anche eno-gastronomici, per cui la mountain bike è anche e soprattutto un mezzo di scoperta… un mezzo che farà vivere loro le stesse emozioni che ho provato io stesso scoprendoli e ideandoli prima, e pedalandoli poi con la mia amata bici a ruote artigliate. Buone pedalate Cristiano Guarco
5
Indice
Indice Mappa 8 Ringraziamenti 10 Introduzione sulle Quattro Province 12 Dove nasce l’Appennino 12 La storia 14 Geologia e geomorfologia 15 Flora e biodiversità 18 Enogastronomia 20 I dialetti locali 23 Cultura musicale 23 Introduzione tecnica 24 Sicurezza in bici: Codice NORBA e Regole IMBA 24 Equipaggiamento e materiali 26
Informazioni sulla consultazione della guida 34 Lettura degli itinerari 36 Informazioni turistiche e riferimenti web 40 Bibliografia 41 Le piste ciclabili 42 I bike park delle Quattro Province 48 Bike Park Caldirola 50 Bike Park Santo Stefano d’Aveto 56
Alessandria 62
14 Anello di Nazzano 15 Salice Terme - Pozzol Groppo - Volpedo 16 I calanchi della Val Lella [Pellizza da Volpedo]
Bassa Valle Scrivia 01 Madonna della Neve [Libarna] Valli Grue e Ossona 02 Anello di San Vito [Fausto Coppi – Il Grande Airone] 03 Anello di Garbagna 04 I guadi di Malvino
6
64 68 70 76 78 82
140 144 148 152
Val Tidone 17 Anello del Monte Calenzone e di Pietra Corva 154 Piacenza 158 Bassa Val Tidone 18 Anello del Monte Aldone
160
Val Borbera 05 Villaggi di Pietra [I Villaggi di Pietra della Valle dei Campassi] 06 Rolling Stone & Costa di Gavasa [I sentieri della Libertà] 07 Borghetto Borbera-Rivarossa
86 92 94 98 100
Val Boreca 19 I borghi fantasma della Val Boreca 166 [Il cuore dell’Appennino: la Val Boreca] 170 20 Sulle orme di Annibale – Anello del Monte Lesima 172
Val Curone 08 Il sentiero delle Ginestre 09 Le Gobbe del Cammello [Archeologia e storia a Guardamonte] 10 Anello dei tre rifugi
104 108 112 114
Bassa Val Trebbia, Val Nure e Val Luretta 21 L’anello di Bobbio [San Colombano a Bobbio] 22 Anello del Monte Dinavolo 23 Pietra Perduca e Pietra Parcellara
176 180 182 188
Pavia 120
Genova 192
Valle Staffora 11 Anello del Monte Alpe 12 Anello di San Ponzo 13 Anello degli Eremiti [I santi della Valle Staffora]
Alta Val Trebbia 24 Anello del Monte Montarlone 25 Da Montebruno a Barbagelata 26 Lago del Brugneto
122 126 132 136
194 198 202
Alta Val d’Aveto 27 Anello del Monte Aiona 28 Monte Bue e Groppo Rosso [Groppo Rosso, Ciapa Liscia e Valle Tribolata]
206 210 216
Alta Valle Scrivia 29 Busalla - Bocchetta - Giovi 30 Anello di Borgo Fornari 31 Anello di Montoggio [La “montagna dei genovesi”, il Monte Antola] 32 Da Vobbia al Castello della Pietra [Il “grigio dragone” della Val Vobbia]
218 222 226 232 234 240
Val Brevenna 33 Anello del Monte Banca
242
Val Fontanabuona 34 Anello del Monte Caucaso 35 Anello del Monte Lavagnola 36 Monte Ramaceto
246 250 254
Le grandi traversate Anello delle Quattro Province Via del Sale
258 262
Tabella riassuntiva degli itinerari
270
Indice filmati 02 Anello di San Vito 70 07 Borghetto Borbera-Rivarossa 100 12 Anello di San Ponzo 126 13 Anello degli Eremiti 132 14 Anello di Nazzano 140 17 Anello del Monte Calenzone e di Pietra Corva 154 19 I borghi fantasma della Val Boreca 166 21 L’anello di Bobbio 176 22 Anello del Monte Dinavolo 182 23 Pietra Perduca e Pietra Parcellara 188 24 Anello del Monte Montarlone 194 28 Monte Bue e Groppo Rosso 210 30 Anello di Borgo Fornari 222
7
Sora
Casoni
Pavia
Lodi Ziano Piacentino
Voghera
Piacenza
Altomasso
Alessandria
18
Salice Terme
1415
Tortona 2
Novi Ligure
23 22
11 16
89
3 1
17
13 12
4
21
7 6 10
20
Ovada
Bardi
19
Bastia 32 30 29
24
33 31
Genova
5
Prato
25 26 35
28 27
Isola
34
Bavari 36
Nozarego Borghetto di Vara
Mar Ligure
San Felice
Cremona
Mantova
Bagnara
fium
Caselle CadĂŠ
S. Antonio Curtatone
Boschetto
Canicossa
e Po
Viadana
S. Possid
Novi di Modena
Ca
Cognento Carpi
Reggio Emilia
Parma
S. P Soliera Correggio Bastig Campogalliano No Cognento
Montecchio Emilia Bibbiano Quattro Villa Pecchiona Castella
Modena
Crociale Castellarano Castelnovo ne’ Monti
Prignano sulla Secchia
Serramazzoni Polinago
Castelvetro
Monte S. P Guiglia
Monte Fiorino Pavullo nel Zocca Palagano Lama Frignano Frassinoro Mocogno Montese Montecreto Sestola Riolunato Pievepelago Fanano Fiumalbo
Fivizzano Tivegna
Lerici
Castelnuo Rangone
Carrara Massa
Seravezza Matraia
Montale 9 Pescia
Ringraziamenti 10
Ringraziamenti Questa guida è, forse, la realizzazione di un sogno. Un sogno diventato reale grazie alla presenza e al supporto di molti. Comincio ringraziando il gruppo mtb Rapporti Extremi del CAI di Tortona per avermi “iniziato” ai sentieri delle Quattro Province, anche se all’epoca – inizio anni duemila – ancora non sapevo che si chiamasse così. Sono stati e sono ancora i compagni di tante avventure in mountain bike, il cui apporto è stato fondamentale anche e soprattutto nella programmazione e organizzazione delle nostre pedalate, tra cui la mitica Via del Sale. Ringrazio chi ha permesso che questa guida prendesse forma. Parlo della casa editrice Versante Sud, in particolare il “boss” Roberto Capucciati (per la sua biblica pazienza…) e Chiara Benedetto, che ha magnificamente trasformato – con professionalità, mestiere ed eleganza – testi, foto, tracce GPS, profili altimetrici, elenchi di Waypoint nel libro che avete in mano. Il supporto di operatori del settore, che mi hanno fornito il materiale necessario per pedalare, è stato altresì fondamentale. Grazie quindi ad Alpinestars (nella persona di Elena Radina) per l’abbigliamento tecnico, a Met Helmets (Jean-Pierre Coupé) per i caschi, e a Scout Bike (Sergio Larghi) per aver fornito la mtb Nuke Proof usata anche per il manuale tecnico Mountain Bike pubblicato sempre con Versante Sud. Tutti, all’inizio di questa avventura, sono stati molto disponibili nei confronti delle mie esigenze. Un importante ringraziamento va a chi non è stato contattato direttamente ma che, attraverso la fornitura gratuita e open-source di strumenti per la registrazione di tracce GPS, mi ha permesso di esplorare, consultare, tracciare e redigere un libro cartaceo affiancato da una fondamentale componente digitale. Parlo del progetto collaborativo OpenStreetMap per le mappe ottimizzate mtb e dei tool per dispositivi mobile ViewRanger GPS e OruxMaps, affiancati al più tradizionale GPS per l’outdoor.
Un grande grazie ad Andrea Moglia del negozio iBike per l’amicizia e per il supporto tecnico sulle varie biciclette impiegate durante questa lunga avventura. Passo ora agli amici che mi hanno aiutato e accompagnato in molti degli itinerari proposti. Ringrazio i ragazzi di MTB Val Curone – Carlo Dallocchio, Paolo Nobile, Luciano Duca, Nicola Borgia, Stefano Conca – per avermi fatto conoscere gli angoli più nascosti e suggestivi a cavallo tra Val Curone e Val Borbera. Grazie a tutti i Rapporti Extremi del CAI di Tortona – ancora loro! – e in particolare agli amici da una vita Andrea Presciutti e Paolo Santamaria. Grazie a Luca “Ghiglio” Ghigliani, Elena Borroni, Mattia Pozzi e Valentina Mocchi per la presenza sul campo e per avermi fatto da modelli spesso e volentieri (soprattutto il primo!). So che rischio di dimenticare qualcuno, non mi resta che ringraziare tutti quelli che, in varie forme e misure, mi hanno supportato, sopportato, aiutato, consigliato, spronato, confortato e hanno creduto in me nel lungo, emozionante ed entusiasmante – ma a volte frustrante – percorso che ha portato alla realizzazione di questo libro.
Alta Via dei Monti Liguri Percorrere l’itinerario dell’Alta Via dei Monti Liguri è uno dei modi più affascinanti per scoprire il valore dell’entroterra ligure. Storicamente rappresenta l’asse viario della Liguria, costruito pietra dopo pietra, per potersi spostare da una valle all’altra a cavallo della dorsale appenninica e prealpina. A livello Ambientale rappresenta un itinerario di incredibile pregio, costituendo trait d’union a tutte le aree di pregio naturalistico della regione, collegando tutti i Parchi (tra cui un Parco Nazionale) e le Aree Protette della Liguria. Sentieri e mulattiere, percorribili tutto l’anno, collegano le due estremità della riviera ligure in un viaggio tra costa ed entroterra, tra Alpi ed Appennini, tra mare e cielo, lungo un crinale che scende raramente sotto i mille metri di quota e dal quale è possibile ammirare, contemporaneamente, la Corsica, il Monviso e il Massiccio del Monte Rosa. Un itinerario unico, aspro e dolce allo stesso tempo fatto di praterie e pascoli soleggiati che si alternano a boschi ombreggiati, che oggi, riscoperto in veste turistica, è ben organizzato in 43 tappe e vanta una rete di strutture ricettive che danno ospitalità di qualità nell’entroterra. Per maggiori informazioni consultare il sito web: www.ospitalitaaltavia.it L’Alta Via dei Monti Liguri è un itinerario perfetto per tutti: per che ama la Scoperta ed è in cerca di una Liguria che non sia solo stabilimenti balneari, per chi ama l’avventura, per chi vuole trascorrere un tranquillo fine settimana a contatto con la natura e per la famiglia con bambini. Salvo rare eccezioni, anche i biker possono percorrere le 43 tappe dell’Alta Via dei Monti Liguri. Riguardo all’attività Mounain Bike, da diversi anni viene organizzata, proprio a scopo di promozione turistica di questo itinerario, una bella manifestazione ciclistica chiamata Alta Via Stage Race.
Foto Nicola Damonte www.nicoladamontephotography.com
La competizione, di livello internazionale, corre per 8 tappe lungo tutto il tracciato dell’alta via per un totale di 570 Km e 17000 metri di dislivello. Il suo tracciato è fruibile tutto l’anno, ben segnalato e denso di emozioni dato che permette nella medesima giornata di percorrere sentieri di diverse difficoltà, lungo una doppia vetrina di panorami, affacciata da un lato verso il mare e dall’altro verso la pianura Padana e l’arco alpino. Per maggiori info: www.altaviastagerace.com
Introduzione sulle Quattro Province
Introduzione sulle Quattro Province Ho deciso di realizzare questa guida per condividere con tutti gli appassionati di mountain bike le emozioni che ho provato, insieme ai miei compagni di pedalata o in solitaria, in molti anni di attività su gran parte dei sentieri che corrono tra l’Appennino e il Mar Ligure. L’area è conosciuta come quella delle Quattro Province: Alessandria, Pavia, Piacenza e Genova. È un territorio ricco di fascino geologico e paesaggistico, ma anche storico e culturale. Presento qui alcune informazioni di base su questa relativamente ampia zona dell’Italia settentrionale. Inoltre, per ogni provincia, fornirò ulteriori spunti storici e culturali, naturalmente reperibili in forma più completa in loco, presso i Comuni o gli uffici di informazioni turistica delle diverse province e vallate. Dove nasce l’Appennino Parliamo di Appennino, la catena montuosa che, come una lunga colonna vertebrale, percorre tutta la Penisola italiana. Questa guida è dedicata a un’ampia area del primo tratto settentrionale dell’Appennino, denominato anche Appennino Ligure. Per convenzione si estende fra il Colle di Cadibona, o Bocchetta di Altare (provincia di Savona), e il Passo della Cisa, al confine tra la provincia di Parma e quella di Massa-Carrara. Il Colle di Cadibona separa l’Appennino Ligure dalle Alpi Liguri, anche se la vera separazione geologica tra Alpi e Appennino avviene qualche decina di chilometri a levante, in provincia di Genova all’altezza del Passo della Bocchetta, dove si trova la cosiddetta “linea” Sestri-Voltaggio. Si ipotizza che il nome Appennino derivi da Pen, il dio ligure dei boschi e delle montagne, dal quale si fanno discendere anche i nomi di alcuni monti delle Quattro Province, come Penice e Penna. Questo gruppo di montagne e di vallate è diviso, dal punto di vista amministrativo, in quattro province di altrettante regioni limitrofe:
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da sud e in senso orario, Genova (Liguria), Alessandria (Piemonte), Pavia (Lombardia) e Piacenza (Emilia Romagna). Nella guida tratterò delle principali vallate delle Quattro Province dell’Appennino Ligure: Val Grue e Ossona, Valle Scrivia, Val Borbera e Val Curone per Alessandria; Val Trebbia, Val d’Aveto, Valle Scrivia e Val Fontanabuona per Genova; Valle Staffora e Val Tidone per Pavia; Val Trebbia, Val d’Aveto, Val Nure, Val Luretta e Val Tidone per Piacenza. Dal punto di vista storico, questa è sempre stata una zona di passaggio per commercianti, eserciti, pellegrini e viaggiatori. Qui transitavano importanti strade romane, come la Via Postumia (tracciata da Aulo Postumio Albino nel 148 AC) che collegava Genova ad Aquileia, la Via Francigena che nel Medioevo portava i pellegrini dalla Francia prima a Roma e poi in Terra Santa, la Via degli Abati – conosciuta anche come Via Francigena di Montagna – che partiva da Bobbio, e infine la Via del Sale che, come lascia intuire il nome, portava verso la Pianura Padana il sale proveniente dalla Liguria. Anticamente l’estensione geografica era molto più ampia, dilatandosi sino alla Pianura Padana a nord e al mare a sud, e arrivando a lambire anche la provincia di Parma a est. Il corso della storia, con i cambiamenti non sempre pacifici soprattutto dal punto di vista politico e socioeconomico, ha ridotto la superficie sino a quella attuale. Culturalmente è e rimane una zona omogenea, dove è più radicato il retaggio comune, un retaggio fatto di genti che hanno condiviso uno stile di vita e abitudini simili – agricoltura, allevamento, urbanizzazione, ecc – e che si sono conosciute più facilmente a cavallo tra le alti valli che fra queste e la Pianura Padana. Ma non solo le tradizioni enogastronomiche e i villaggi dall’impianto caratteristico accomunano queste genti, questa omogeneità è testimoniata anche e soprattutto dalla musica tradizionale popolare, per l’appunto definita “delle Quattro Province”.
Un tramonto che lascia senza fiato... dalla cresta tra Val Curone e Val Borbera, la vista spazia sino al Mar Ligure g
Introduzione sulle Quattro Province
La storia La storia delle Quattro Province comincia con l’antico popolo dei Liguri, con le prime testimonianze a partire dal Neolitico – Travo, Val Trebbia piacentina – e nella seguente Età del ferro, con il cosiddetto Castelliere (villaggio fortificato) di Guardamonte, sulla cresta del Monte Vallassa, che separa Val Curone e Valle Staffora, Piemonte e Lombardia. La documentazione relativa all’influenza dei Romani è molto più ampia, a partire dai resti della città di Libarna in Valle Scrivia sino ad arrivare alla pesante sconfitta subita dal console romano Tito Sempronio Longo da Annibale, nella cosiddetta battaglia della Trebbia nel 218 AC. Nei secoli a cavallo della fine dell’Impero Romano e l’Alto Medioevo, a causa delle frequenti incursioni prima e invasioni poi delle popolazioni barbariche, si verificò un’importante migrazione dalla costa ligure e dai principali centri della Pianura Padana
verso le zone montuose, contribuendo così alla formazione dei primi nuclei basati su un’economia prevalentemente agro-pastorale. Il Medioevo ha visto come protagonista la fortissima influenza del monastero di Bobbio (Piacenza), uno dei più grandi e sviluppati centri culturali della penisola oltre a essere diventato col tempo anche un ricchissimo feudo monastico con possedimenti in tutta l’Italia Settentrionale. Fu fondato nel VII secolo dal monaco irlandese San Colombano, che prosegue idealmente l’opera di cristianizzazione e preservamento della cultura iniziata dai primi evangelizzatori, come Sant’Alberto, San Ponzo e San Marziano. Il monastero di Bobbio svolse anche un’altra importante funzione, quella di controllo dei traffici da e verso il Mar Ligure, in particolare quello relativo al sale sulla via eponima. Un grande sconvolgimento politico e socioeconomico arriva con il Sacro Romano Impero, che subentrò al regno dei Longobardi: il
Il famoso Ponte Gobbo di Bobbio, per secoli importante centro culturale delle Quattro Province
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i
primo imperatore, Carlo Magno, riorganizzò il territorio, prima con la Marca Obertenga (famiglia di origine longobarda, prende il nome da Oberto I, primo marchese della casata) e poi con i Feudi Imperiali. Lo scopo era chiaro, mantenere un passaggio sicuro dalla Pianura Padana al Mar Ligure, assegnando i territori non solo alla Contea vescovile di Bobbio che continuava a mantenere un ruolo di primo piano, ma anche alle famiglie discendenti dai primi Obertenghi: Malaspina, Fieschi, Doria, Pallavicino, Landi e Farnese. La storia dei feudi dell’antica Marca Obertenga si esaurisce con Napoleone, che li abolì e istituì invece due repubbliche, la Cisalpina a nord e la Ligure a sud. La vera fine arriva però con il Congresso di Vienna del 1815, che assegnò gli ex feudi imperiali al Regno di Sardegna, mentre nel 1861 entrarono a far parte del neonato Regno d’Italia.
Geologia e geomorfologia Le Quattro Province hanno una geografia non semplice, ma al tempo stesso non è così difficile identificarne il cuore, almeno dal punto di vito geologico. Parlo del Monte Antola, una delle più alte vette dell’Appennino Ligure, dalle cui pendici meridionali – per la precisione, dal Monte Prelà – nascono, a poca distanza l’uno dall’altro, due importanti corsi d’acqua, Scrivia e Trebbia, rispettivamente a ovest e a est. Al contrario di quello che si può pensare, il torrente Scrivia e il fiume Trebbia non scendono al mare ma si dirigono invece a nord, compiendo due ampi archi che li portano a sfociare nel Po, rispettivamente in Piemonte e in Emilia-Romagna. Formano così un’ampia porzione circolare, spaccata a metà in direzione sud-nord dalla catena dell’Antola, che si esaurisce con il Monte Boglelio dopo l’ultimo importante spartiacque rappresentato dal Monte Chiappo, al confine delle quattro regioni. Dal Boglelio il crinale degrada sino a diventare collinare, esaurendosi verso la
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Introduzione sulle Quattro Province
Pianura Padana tra Tortona e Piacenza. Così, le alte e le basse vallate dello Scrivia, del Trebbia e dei loro affluenti – Borbera e Grue per il primo, Aveto per il secondo – definiscono le geomorfologia delle Quattro Province, senza dimenticare le valli intermedie più importanti: Curone, Staffora e Tidone. I confini sono ben circoscritti, comprendendo un’area di chiara origine appenninica ed escludendo vallate limitrofe caratterizzate però da una geologia assimilabile a quella alpina. Il confine geologico così come quello culturale è la linea Sestri Ponente-Voltaggio, che attraversa il Passo della Bocchetta, escludendo quindi l’altopiano delle Capanne di Marcarolo, con le valli Piota, Gorzente e Lemme comprese tra il Passo del Turchino e il bacino dello Scrivia. La Valle Scrivia è caratterizzata da due principali formazioni rocciose, i calcari marnosi dell’Antola e i conglomerati di Savignone. I primi, più antichi (emersi dal mare tra l’era Secondaria e la Terziaria), sono un’ampia placca di rocce sedimentarie che dall’Antola, il suo culmine, si
estende sino ai monti Lesima, Ebro, Chiappo e Boglelio. I secondi, più recenti (emersi dal mare nell’era Terziaria), sono costituiti da ciottoli arrotondati, cementati da una malta calcarea. Si tratta di rocce che, spinte dalla deriva dei continenti, si sono sovrapposte alla più antica formazione rocciosa dei calcari dell’Antola. Partono da Savignone e si estendono verso nord, passando la Val Vobbia e dissolvendosi in Val Borbera alle caratteristiche gole scoscese tra Rocchetta a Cantalupo Ligure. La differenza tra le due formazioni rocciose è profonda, con un paesaggio alquanto dissimile: da una parte, pendii poco scoscesi e ricoperti di pascoli, dall’altra, poderose e scoscese bastionate che precipitano nei greti dei torrenti. La Val Trebbia invece presenta formazioni geologiche non omogenee. L’alta valle vede il fiume aprirsi la strada fra calcari marnosi, argilliti e arenarie, scavando in profondità tra le conformazioni rocciose. Dopo Rovegno iniziano a comparire delle zone detritiche a fondovalle, con i primi e gli unici terreni pianeggianti, una
Carlo indica la profonda gola dei calanchi che degrada dal Monte Vallassa, spartiacque tra Piemonte e Lombardia
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volta coltivati. Un’altra particolarità sta nella profonda differenza tra lo spartiacque con le valli Brevenna e Borbera e quello con la Val d’Aveto. Da una parte abbiamo il paesaggio tipico delle grandi dorsali, che vede svettare i monti Antola, Tre Croci e Carmo, dall’altro uno molto più vario. Infatti, l’ampia varietà di formazioni rocciose – le arenarie di Casanova, lo sfasciume morenico intorno a Fontanigorda, e la cosiddetta emergenza granitica intorno a Rovegno – hanno formato, sotto l’erosione selettiva dei millenni, avvallamenti, e quei picchi emergenti, massi isolati ed emergenze rocciose tondeggianti che regalano quasi un’area fiabesca al paesaggio. Parlo del Bosco delle Fate a Fontanigorda, della Conca Tribolata nei pressi di Santo Stefano d’Aveto e del Monte Roccabruna. Se invece ci spostiamo nella zona dove l’Aveto si getta nel Trebbia, e nella stretta gola tra Marsaglia e Bobbio, il paesaggio diventa più “verticale”, con i cosiddetti “meandri incassati” dove il corso d’acqua aggira improvvisi speroni di roccia
dando vita anche al caratteristico paesaggio a calanchi. La “coda” della catena montuosa vede comparire altre formazioni rocciose: i calcari del Monte Penice, gli affioramenti ofiolitici della Pietra Perduca e della Pietra Parcellara, del Monte Pietra di Corvo e della zona di Santa Margherita Staffora e Pregola. Queste ultime sono caratteristiche rocce nere che, secondo la leggenda popolare, sarebbero state gettate dal diavolo durante la sua lotta con San Colombano. Passando alle medie valli di Curone e Staffora, dai calcari si passa alle arenarie del Monte Vallassa, dove si aprono spettacolari calanchi dal paesaggio lunare. Flora e biodiversità Il ruolo di assoluto protagonista nella flora delle Quattro Province è detenuto dal faggio, che domina letteralmente i versanti settentrionali, più umidi e freschi, dagli scoscesi terreni calcarei. Nel dettaglio, il faggio è presente in modo
Elena e Luca sul dolce e morbido paesaggio dei Colli Tortonesi
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massiccio tra gli ottocento e i mille 500 metri di quota, con il particolare clima – elevata piovosità, venti umidi provenienti dal mare – che favorisce boschi “puri”. È sempre stato un’importante fonte di sostentamento per le popolazioni locali, perché il suo legno è tra i migliori combustibili, fornisce ottimo carbone, oltre a essere impiegato per fabbricare utensili per uso domestico e agricolo (cucchiai, ciotole, manici di scopa, ecc). Inoltre, per la sua particolarità di perdere presto le foglie, regala visioni magnifiche a fine estate e inizio autunno, con i boschi che prima si colorano di un rosso profondo e poi, grazie all’azione del vento, le fa accumulare in soffici manti che ricoprono i sentieri calcati dalle nostre amate ruote artigliate. In prossimità della soglia superiore, il faggio inizia a lasciare spazio ad altre piante, che si trovano in genere in piccoli gruppi, come il sorbo degli uccellatori e il farinaccio, o sorbo montano. Il primo prende il nome dalle sue bacche, usate come richiamo per gli uccelli che se ne nutrono, invece il secondo dalla peluria bianca che caratterizza la parte inferiore delle foglie. Anche per il sorbo degli uccellatori il periodo migliore è quello autunnale, con le piccole bacche che acquisiscono il tipico colore rosso scarlatto. Sempre alle quote più alte troviamo il maggiociondolo, conosciuto anche come asborno o avorniello. Il legno era prezioso, per la sua naturale resistenza all’umidità, così da essere usato per costruire piccole botti o canali di scolo dell’acqua. Per il maggiociondolo il periodo migliore è quello di tarda primavera, con i grappoli di fiori dal colore dorato. Un altro protagonista dell’alta quota è l’acero montano, dalle inconfondibili foglie a cinque punte che, in autunno, acquisiscono le indimenticabili sfumature dal giallo al rosso passando per l’ocra. È invece raro trovare boschi di conifere, almeno quelli primitivi e non introdotti. In ogni caso non mancano le testimonianza della loro presenza alle quote più elevate, come i ritrovamenti di tronchi fossili in alta Val d’Aveto
– Lago degli Abeti – e lungo il torrente Boreca. Purtroppo il massiccio disboscamento degli ultimi due secoli ha ridotto enormemente la loro presenza. Solo in alta Val Curone troviamo ancora boschi primitivi di queste essenze, dove la più diffusa è l’abete bianco, affiancato da pochi esemplari di larici. Altrove sono stati introdotti invece il pino – nero e silvestre – e l’abete rosso. Passando invece ai versanti collinari e alle radure pianeggianti, i protagonisti diventano l’ontano bianco e il pioppo tremolo, insieme a tutte quelle piante più rappresentative della fascia collinare: quercia e castagno. Nel dettaglio, tra le querce le più diffuse sono il cerro e la rovere nelle zone più alte, a quelle più basse invece figura la roverella, soprattutto sugli aridi e soleggiati versanti dei calanchi. Passando alle piante da frutto, i più diffusi sono il ciliegio, il pero e il melo selvatici, insieme al nocciolo. Questi sono affiancati sui versanti più freschi dal castagno, a quote di poco inferiori ai mille metri (non sotto gli 800 m). Questo era importante per due motivi: forniva un legno resistente all’umidità e utilizzato sia per le tavole che ricoprivano i tetti sia per costruire mobili e utensili resistenti; in autunno la raccolta delle castagne, usate per realizzare farina, per essere vendute o date al bestiame come mangime. Fra gli arbusti, i più diffusi alle quote elevate sono il ginepro, il rovo, il lampone e il falso bosso, mentre solo sulle pendici orientali del Monte Cavalmurone si trovano ampie distese di mirtilli. Scendendo iniziamo a trovare il corniolo, l’erica e il pungitopo. Uno degli itinerari più belli di questa guida prende il nome dalle ginestre, un arbusto tenace che, in primavera, colora di giallo acceso le rive più aride e franose. Ad arricchire il sottobosco e le rive sassose contribuiscono le felci, tra cui possiamo trovare la felce dolce conosciuta meglio come liquerizia, la ruta di muro e la felce maschio. Termino con i fiori che popolano i pendii e le vallate delle Quattro Province. I più diffusi e caratteristici sono la genziana, la primula
Sentiero fluido e scorrevole sotto il Monte San Vito, tra Val Grue e Valle Ossona, dove fanno capolino i morbidi calanchi g
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officinale, la sambucina, il botton d’oro, i narcisi, il giglio rosso, il giglio martagone, mentre nei prati più alti compaiono fiori tipici dell’ambiente alpino, come arnica e astro alpino. Un caso unico è rappresentato dal Monte Lesima, dove crescono ben 28 varietà di orchidea, e dove sulla piana sommitale si trova anche una rara specie di astragalo. Enogastronomia Insaccati, formaggi, prodotti da forno, primi piatti, funghi e tartufi, dolci, e per finire vino e birra! Direi che non manca nulla… ops, avete ragione, i secondi, ma ci può stare quando il resto è così unico e così buono… no? Partiamo dagli antipasti. Il salame di Varzi (Valle Staffora) non ha bisogno di presentazioni, così come quello Nobile del Giarolo (dalla vicina Val Curone): entrambi a grana grossa, ben stagionati e molto saporiti. Basta spostarsi poco più in là, nel piacentino, per gustare la coppa e la pancetta locali, anche queste sono presidi DOP come i primi. Passando ai formaggi, il principe è il montebore, prodotto eponimo del paesino – frazione di Dernice – a cavallo di Val Grue e Val Borbera, frutto di un recente recupero. La storia del montebore è antica, è menzionato per la prima volta nel XII secolo, e solo tre secoli più tardi addirittura fu servito come unico formaggio al banchetto nuziale di Isabella d’Aragona e Gian Galeazzo Sforza. La forma è particolare: una piramide di tronchi di cono, chiamata “a castellino”, molto simile a una torta nuziale e con un peso compreso tra il mezzo chilo e il chilogrammo. Prodotto con latte crudo (3/4 vaccino e 1/4 caprino) e caglio, è oggi un Presidio Slow Food. Notevoli sono anche il nisso di Menconico (Valle Staffora, formaggio forte che contiene larve vive), la robiola di latte di capra crudo di Roccaforte Ligure (Val Borbera), e il San Ste di Santo Stefano d’Aveto. Dopo il tagliere di affettati e formaggi arriva il momento della prima portata. Uno dei piatti della domenica e delle feste sono i ravioli, che possono essere di carne con sugo di carne
(brasato, ad esempio), oppure con ripieni di verdura (borraggine, ad esempio) e/o formaggi, e sughi verdi come il tipico pesto. Tra questi ultimi da citare assolutamente sono i pansotti liguri, con forma più grande e più sottile. Come pasta non ripiena troviamo i maccheroncini alla bobbiese (Val Trebbia), dalla forma allungata ottenuta avvolgendo l’impasto attorno a un ferro da calza. Occorre una piccola ma importante digressione nella cosiddetta cucina povera, dove la pasta o il riso sono accompagnati da legumi – fagioli, ceci – e da avanzi di carne e insaccati, così da ottenere piatti unici ma sostanziosi dal punto di vista calorico. Partiamo dai pissarei e fazö` (gnocchetti e fagioli, piatto tipico piacentino) e arriviamo alla panissa, importata dai lavoratori stagionali che si recavano nelle risaie del vercellese e del novarese (lì chiamato paniscia): è un risotto denso e ricco – ortaggi, legumi, salciccia – che è diventato il protagonista della sagra di Lunassi, caratteristico centro dell’alta Val Curone, che si tiene ogni prima domenica di settembre. Gli avanzi di carne e i legumi si trovano anche nel brö d’Carvò (brodo di carnevale), cucinato alla tradizionale festa a Caldirola (sempre alta Val Curone). Chiudiamo la sezione dei primi con un tipico sugo, aià, a base di aglio e noci, impiegato a Tortona (Valle Scrivia) durante le festività natalizie per condire le caratteristiche lasagne chiamate fasce di Gesù. Non è una portata, ma molti non riescono a pasteggiare facendo a meno di pane, grissini e focacce. Parliamo di queste ultime, partendo dalle brüsadele, focaccette tipiche di Romagnese (Val Tidone) chiamate così perché leggermente bruciacchiate, e protagoniste di una sagra. In bassa Val Curone sono note le schitte o squicce, semplici frittelle piatte cotte in padella, accompagnate da miele o marmellata, cucinate di solito durante il carnevale. Abbiamo altre frittelle, dette farsö` in bassa Val Curone e frisciö` in Liguria, che possono anche prevedere erbe aromatiche. Le focacce e le torte salate in genere sono preparate con ingredienti semplici e “poveri”,
Indimenticabile merenda alla fine dell’Anello del Monte Dinavolo, a Chiulano in Val Nure g
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come patate, ortaggi e latte. Abbiamo la baciocca – patate, lardo, cipolle, formaggio, prezzemolo – tipica della Val d’Aveto, dove si cucina anche un panettone casalingo chiamato figâssa du levâu. Ma la più nota è senza dubbio la farinata, o fainà, semplicissimo piatto genovese diffuso nell’entroterra e noto in Val Curone e nel tortonese come La bella calda: farina di ceci cotta in forno in uno strato sottilissimo su un’ampia padella unta d’olio d’oliva. Volendo togliersi uno sfizio, e passando a un qualcosa che si può usare per insaporire varie pietanze, non possiamo che dedicarci ai funghi, che abbondano in Val Trebbia e d’Aveto, e ai più ricercati tartufi bianchi e neri, star di un’importante fiera autunnale a San Sebastiano Curone. Il territorio delle Quattro Province è assoluto protagonista nazionale quando si parla di frutta. A Garbagna (Val Grue) si produce la tipica ciliegia, mentre a Volpedo (Val Curone) pregiate fragole ma soprattutto pregiatissime pesche. Le castagne invece giocano il ruolo del jolly, entrando nelle ricette della cucina povera oppure tradizionalmente degustate in autunno come caldarroste (protagoniste della sagra di Selvapiana, in Alta Val Curone, ogni terza domenica di ottobre). Chiudiamo con i dolci, dopo una piccola digressione con le focacce. Tra i biscotti tipici
abbiamo le ciambelline morbide dell’Oltrepò Pavese, chiamate brassadé. A Torriglia, e in altre località dell’alta Valle Scrivia, come Crocefieschi, invece sono tipici i canestrelli, dalla caratteristica forma di fiore. Gli amaretti, realizzati a partire dalla morbida pasta di mandorle, arrivano sia da Casella sia da Savignone (Valle Scrivia). Il biscotto d’antonomasia forse è il bacio di dama tortonese (Valle Scrivia): due friabili gusci in pasta di burro e nocciole che racchiudono un dolcissimo e morbidissimo ripieno di crema di cioccolato fondente. A Novi Ligure invece risiede la Novi, notissima industria dolciaria nazionale, dalla ricca produzione di cioccolato di qualità. Chiudiamo con i vini, dove il rischio è di dilungarsi. Sono le zone dell’Oltrepò pavese e piacentino e i Colli Tortonesi a rappresentare degnamente le Quattro Province. I vini più noti sono bonarda, gutturnio, ortrugo, cortese, pinot nero, barbera fermo e mosso, fresia. L’assoluta star è il timorasso, un bianco saporito prodotto sui Colli Tortonesi – tra Val Curone e Val Grue – particolarmente apprezzato sia per la bontà sia per la sua rarità, con una storia relativamente recente dopo il recupero di qualche anno fa (il vitigno si riteneva ormai perduto). Di recente fioritura è invece il Birrificio Montegioco (Val Grue) che offre un ampio
ventaglio di birre artigianali di qualità assoluta, apprezzate in campo nazionale e internazionale. I dialetti locali Il territorio delle Quattro Province è vario e strutturato culturalmente, con un retaggio parzialmente comune ma al tempo stesso con differenze importanti. Tra queste ultime, salta subito all’occhio un qualcosa ormai quasi completamente dimenticato. Parlo del dialetto, che per tre delle province – Pavia, Alessandria, Piacenza – ha la particolarità di allontanarsi da quello “tipico” della rispettiva regione d’appartenenza. Invece, le vallate del genovese, “respirano” pienamente il sistema dialettale ligure. È la provincia di Alessandria forse quella più “periferica”, con i Colli Tortonesi molto vicini all’Oltrepò Pavese, mentre le vallate meridionali – Val Borbera in primis – sono affini alla vicinissima Liguria. Anche le vallate del piacentino sono relativamente periferiche, condividendo parte della cultura e dei dialetti locali con la vicina Pavia, un’affinità storica lunga secoli. Lo scambio culturale e dialettale tra Pavia e Piacenza è reciproco, con importanti influenze che si notano in alta Val Tidone e in alta Valle Staffora, luoghi di confine (Passo Penice e
Passo del Brallo). Tornando al piacentino, per le vallate meridionali – Val Trebbia, Val Nure – invece lo scambio è con la vicinissima Liguria: emblematico è il caso di Bobbio, il comune emiliano è più vicino a Genova che a Piacenza... In ogni caso il confine linguistico non è definito, non coincidendo mai con quello provinciale e quindi regionale, addirittura se ci spostiamo nella parte più meridionale della provincia di Pavia troviamo notevoli influenze dialettali liguri. Cultura musicale Dove invece troviamo una vera unità è nell’elemento musicale-coreutico, a partire dal repertorio delle musiche da piffero e fisarmonica, che accompagnavano le danze popolari dette “delle Quattro Province”, per finire con il modo di cantare dei cori. Per entrambe si tratta di un’antica testimonianza della tradizione agricola-montanara che, per fortuna, è sopravvissuta sino ai giorni nostri, grazie anche ai numerosi gruppi musicali locali che ne perpetuano la memoria in occasione delle ricorrenze tradizionali e delle manifestazioni locali.
Mattia transita sui prati sommitali del Monte Sant’Ambrogio, tra i borghi di Nazzano e Gomo, in Valle Staffora
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Introduzione tecnica
Introduzione tecnica Sicurezza in bici: Codice NORBA e Regole IMBA Nella pratica della mountain bike capita sovente di percorrere sentieri CAI normalmente frequentati da camminatori. È necessario quindi prestare la massima attenzione nell’affrontare questi sentieri e dare sempre la precedenza ai pedoni. Se rispettiamo queste regole, che non sono altro che un segno di civiltà e di buon senso, daremo un ricordo di noi biker come persone gentili e rispettose. Solo comportandoci in questo modo potremo continuare a pedalare liberi per i sentieri e assicurare un futuro allo sport che tanto amiamo. Codice NORBA Per ricordare come un buon ciclista dovrebbe sempre comportarsi riportiamo il Codice di Comportamento adottato negli USA e stabilito dalla National Off Road Bicycle Association, comunemente chiamato Codice NORBA. Si tratta di norme universalmente riconosciute dalla comunità mondiale a ruote artigliate. Dare la precedenza agli escursionisti a piedi anche perché la gente giudica la mtb dal vostro comportamento. Rallentare e usare cautela nell’avvicinare e superare altri escursionisti in bicicletta o persone che fanno trekking in montagna. Controllare sempre la velocità e affrontare le curve prevedendo di poter incontrare qualcuno. L’andatura deve essere commisurata all’esperienza di ciascuno e al tipo di terreno. Restare sui percorsi già tracciati, evitare di tagliare per terreni molli: c’è il rischio di danneggiare le vegetazione e accentuare l’erosione al suolo. Non lasciare rifiuti. Portare con sé i propri e, se possibile, raccogliere quelli abbandonati da altri. Non spaventare gli animali e dare loro il
tempo di spostarsi dalla vostra strada. Rispettare le proprietà e lasciare i cancelli così come sono stati trovati. Essere sempre autosufficienti. Meta da raggiungere e velocità media devono essere sempre stabilite in funzione all’abilità personale, all’equipaggiamento, al terreno, alle condizioni meteorologiche esistenti e a quelle previste. Non viaggiare da soli in zone isolate e, se si devono coprire lunghe distanze, comunicare sempre la destinazione e il programma di viaggio. Rispettate la filosofia del cicloescursionismo, tesa al minimo impatto con la natura; limitarsi a scattare fotografie e lasciare impronte leggere, portandosi via solo bei ricordi. Regole I.M.B.A. Anche l’IMBA (International Mountain Biking Association), la principale associazione statunitense che promuove la diffusione della mountain bike fornendo anche importanti linee di condotta in fatto di creazione e manutenzione della rete sentieristica, ha compilato il proprio codice di comportamento. Le regole IMBA forniscono un ulteriore guida al biker, che vuole pedalare nel rispetto della natura e degli altri fruitori di sterrate e sentieri. Percorrete solo sentieri tracciati e accessibili Non lasciate tracce Mantenete il controllo della vostra bicicletta Cedete sempre il passo Non disturbate la fauna locale Pianificate le vostre azioni
Il Ghiglio aggredisce uno stretto, ripido e roccioso passaggio sul Monte Vallassa, nei pressi del Castelliere del
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Guardamonte g
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Introduzione tecnica 26
Equipaggiamento e materiali Trovate le informazioni essenziali sullo strumento della nostra passione condivisa – la mountain bike – e su tutto quello che gli ruota attorno: attrezzatura, abbigliamento e accessori. La mountain bike La mountain bike, come la conosciamo ora, è suddivisa in due grandi famiglie: front suspendend, solo con sospensione anteriore, e full suspended, note anche come biammortizzate, con sospensione anteriore e posteriore. Detto questo, le mtb sono suddivisibili in ulteriori famiglie, secondo la destinazione d’uso, con differenze anche sostanziali: partiamo dai mezzi pensati per la massima performance, salita o discesa, oppure per un approccio più o meno ludico. Tra i due estremi, mtb per pedalare o scendere alla massima velocità, abbiamo le categorie più versatili, con diverse sfumature e relative differenze a seconda che prevalga l’aspetto più ludico o quello atletico. Le front suspended, o hardtail (coda rigida in italiano), possono essere da xc agonistico o granfondo, per pedalare a tutta su percorsi più o meno lunghi e/o con salite importanti. Quelle da escursionismo – o trail bike – sono più confortevoli, con una geometria e posizione di guida più rilassata, e più propense ad affrontare lunghe escursioni con percorsi anche tecnici. Rispetto alle front le full hanno anche la sospensione posteriore per mantenere il massimo controllo in ogni situazione e migliorare il comfort, cercando il miglior compromesso tra pedalata e assorbimento degli urti, secondo la destinazione d’uso. In questa tipologia di mtb troviamo le differenze maggiori, proprio per far fronte allo specifico campo d’utilizzo: reattive e leggere per xc/ granfondo, comode per escursionismo a tutto tondo, capaci in discesa ma sempre pedalabili per all-mountain, massimo divertimento per freeride, infine prestazioni senza compromessi
in discesa per le downhill. Che siano front o full, le trail bike e le allmountain rappresentano la soluzione ideale per solcare i sentieri protagonisti di questa guida, in ogni caso per divertirsi a 360° su ogni tipo di percorso pedalato. Questo non significa che non possiamo pedalare sugli itinerari presentati, anche divertendoci, con una front o full da xc/granfondo, ma la prima scelta cade sulle bici da escursionismo a tutto tondo – trail bike e A-M – per un semplice motivo: il terreno affrontato è spesso vario e sconnesso, e in queste situazioni disporre di una soluzione con più grip e soprattutto più confortevole sulla lunga distanza, è di grandissimo aiuto. Faccio un breve sunto delle caratteristiche principali delle biammortizzate più adatte ai percorsi delle Quattro Province, trail bike e allmountain.
La trail bike è la bici dell’escursionista a tutto tondo, quello che possiede un buon allenamento e una buona tecnica di guida che gli permettono di affrontare lunghe escursioni con il massimo appagamento, oltre a divertirsi in discesa. Quindi, grande attenzione è riposta al comfort complessivo, con assetto rilassato, componentistica votata al miglior compromesso tra leggerezza e resistenza alle sollecitazioni. Le full da escursionismo sono quindi meno scattanti e leggere rispetto a quelle marathon, con corsa alle ruote intorno ai 130-150 mm, ma non sono questi gli aspetti che le caratterizzano. Qui contano, infatti, il divertimento, la sicurezza, la comodità. Abbiamo un assetto
di guida rialzato, piega rialzata (700-740 mm) e attacco relativamente corto, gomme leggere e scorrevoli. Solitamente troviamo una forcella con corsa variabile, così da ottenere un assetto ideale per la salita e divertirsi in discesa quando è tutta estesa. Le sospensioni sono entrambe bloccabili, o con idraulica assistita per ottimizzare la pedalata e non penalizzare l’assorbimento degli urti. In questa categoria le ruote 650b stanno affermandosi come soluzione preferita, accanto alle mtb proposte da marchi invece fedeli alle 29er.
Quella delle all-mountain è la categoria che fa parlare di più e che attira le maggiori attenzioni: unisce emozioni e sensazioni trasmesse dal freeride, alla soddisfazione di raggiungere la vetta con le proprie gambe dell’approccio xc. Per geometria e sospensioni (tutte ad aria), permettono di girare con sicurezza e grande divertimento tracciati anche prettamente discesistici, ovviamente con un approccio meno aggressivo rispetto alle freeride, ma in ogni caso pochi ostacoli sono preclusi a una moderna A-M. La sospensione posteriore – intorno ai 160 mm – è studiata per ridurre al minimo le oscillazioni indotte dalla pedalata, con un valido assorbimento degli urti da piccola a grande intensità. La posizione di guida è votata al massimo controllo del mezzo e comfort su sentieri sconnessi, con piega rialzata da almeno 710 mm (max 760 mm) e attacco corto. L’equipaggiamento può avere pezzi in comune con le full da escursionismo, come reggisella/sella, attacco/piega, trasmissione.
Invece forcella (da 160 mm), ruote, gomme e impianto frenante sono dimensionati per fornire grande robustezza e affidabilità. Su alcuni modelli, quelli pensati per il massimo divertimento e sicurezza in discesa, può comparire la trasmissione a singola corona anteriore e guida catena, accorgimento utile per chi passa spesso e volentieri giornate in bike park o comprensori con discese scorrevoli e divertenti, come Finale Ligure o il Golfo Dianese, oppure frequenta il circuito delle Maxi e Mega Avalanche, o ancora le gare Superenduro, in cui un mezzo da A-M con una gommatura sovradimensionata è il mezzo migliore per puntare alla prestazione e al divertimento. La famiglia delle full da allmountain/enduro è quella in cui troviamo tutti e tre i diametri ruota, secondo l’approccio filosofico adottato dal produttore: 26” (160 mm davanti e dietro), 650b (intorno a 150 mm) e 29er (intorno a 140 mm), con geometrie e allestimenti dedicati. La componentistica Gli elementi “portanti” di una mountain bike sono le sospensioni anteriore e posteriore, i freni, le ruote e le gomme. A seguire in ordine d’importanza, troviamo gli appoggi – manubrio, sella e pedali – e la trasmissione. Partiamo dalle sospensioni, che assolvono a un ruolo ben preciso: smorzare le vibrazioni e gli urti che arrivano dal terreno. Esistono diversi tipi di forcelle e ammortizzatori, sulle trail bike e sulle all-mountain troviamo quelle con funzionamento ad aria, capace di contenere il peso e di fornire una regolazione efficace e semplice per ogni biker (peso e stile di guida). Tra le opzioni più importanti nell’utilizzo escursionistico abbiamo la corsa variabile e il blocco. La prima permette di accorciare la forcella e così trovarsi in una posizione di pedalata più consona alla salita, soprattutto su quelle ripide e sconnesse. Il secondo, invece, limita gli ondeggiamenti quando pedaliamo su fondi compatti – sterrate e asfalto – così da disperdere meno energie.
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Introduzione tecnica Sull’ammortizzatore posteriore troviamo spesso e volentieri un sistema per il bloccaggio parziale, più facilmente un cosiddetto smorzamento della compressione o piattaforma stabile, sempre per ottenere la massima efficacia nella trasmissione della potenza espressa sui pedali. Tutto questo avviene fermo restando le regolazioni di base di forcelle e ammortizzatori: ritorno (o smorzamento in estensione); pressione dell’aria (precarico dell’elemento elastico per raggiungere il giusto sag); compressione alle basse e alle alte velocità (per limitare gli ondeggiamenti e i fine corsa). Passiamo alle ruote e alle gomme, la nostra interfaccia con il terreno. Devono raggiungere
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un compromesso tra robustezza, rigidità e leggerezza, così da pedalare sicuri e spediti sui sentieri. Le ruote nate per le trail bike e le allmountain hanno peso intorno ai 1.500-1.800 g e cerchi tubeless o cosiddetti “tubeless ready” (convertibili tramite l’utilizzo di un nastro sigillante e di una valvola specifica). La scelta della gomma giusta è essenziale per il vostro divertimento in bici, che è fatto di trazione, comfort e velocità. Il setup tubeless (senza camera d’aria) è consigliabile: peso inferiore (non c’è la camera d’aria); minor rischio di pizzicare; auto riparazione da piccoli fori e tagli (grazie al liquido sigillante interno); è possibile usare pressioni leggermente inferiori a un analogo setup con camera d’aria, godendo di un maggiore grip (superiore impronta a terra) e comfort (maggiore volume d’aria all’interno). Sono sempre più diffuse le gomme Tubeless Ready, di solito troviamo scritto su un fianco della gomma se lo è o meno. Cosa significa? Il cerchietto è compatibile tubeless, ma lo pneumatico dovrà essere usato con liquido sigillante, a base di lattice che sigilla il primo sul cerchio della ruota, riduce la perdita d’aria e tappa i fori più minuscoli causati dalle spine così come i piccoli tagli. Le gomme Tubeless Ready sono più leggere di quelle analoghe native e di solito più economiche, anche se l’aggiunta di un kit tubeless, sigillante compreso, non sempre conviene portafogli alla mano. Esistono diversi tipi di pneumatici, secondo la destinazione d’uso, quelli preferibili sono cosiddetti “all-around”, per ogni diametro ruota (26”, 650b, 29er). Hanno volume leggermente superiore (2,25-2,4”) a quelli da cross country/ marathon, con un battistrada più aggressivo. I tasselli sono disposti a blocchi simmetrici con design a rampa, quelli all’interno sono generalmente angolati per ridurre la resistenza al rotolamento e aumentare il grip in accelerazione. Il cerchietto pieghevole è in kevlar e i fianchi possono presentare uno strato supplementare di supporto per migliorare la resistenza alle pizzicature senza incidere
eccessivamente sul peso finale (700-850 g). Terminiamo con il tris degli elementi principali parlando dei freni. Sono preferibilmente a disco, con sistema d’azionamento idraulico. Su mtb economiche possiamo trovare modelli con azionamento meccanico, e ancora i cari e vecchi v-brake a pattino. Così come ogni altro componente della mountain bike, devono essere in perfetta efficienza, nel caso specifico per una questione di sicurezza: ci permettono di controllare la velocità sui sentieri, rallentando o all’occorrenza fermandoci. Esistono varie soluzioni per i freni a disco, in ambito escursionistico sono preferibili gli impianti a due pistoni e altrettante pastiglie che “mordono” dischi da 180 mm di diametro (eventualmente 200 mm all’anteriore per biker pesanti, e 160 mm al posteriore per i pesi piuma). Chi ha uno stile di guida aggressivo, e chi usa mtb votate al divertimento – enduro da 160 mm – può considerare gli impianti frenanti a disco a quattro pistoni, pensati specificamente per questa destinazione d’uso: a fronte di un aggravio di peso di poche decine di grammi, assicurano un maggiore controllo della frenata, più potente e decisa rispetto ai due pistoni con identico diametro del disco.
Passiamo agli appoggi, e iniziamo con i pedali. Quelli per mountain bike sono disponibili in due diverse tipologie: piatto o flat, e a sgancio rapido o SPD. Un pedale flat è simile a quello della tradizionale bici da passeggio, la differenza più vistosa è l’appoggio più ampio della base, il corpo realizzato in un monoblocco di alluminio o magnesio ampiamente scavato e alleggerito, con una serie di perni sporgenti per evitare che la scarpa scivoli via. Un pedale clipless, o SPD, funziona come un mini attacco da sci: la tacchetta di acciaio, fissata nella parte inferiore della scarpa da mtb, si incastra nella clip sul pedale, a due facce per facilitare l’aggancio. Non ci sono regole precise per la scelta, vale la pena sperimentare per capire quale setup fa al caso nostro, secondo la naturale predisposizione per l’efficienza nella pedalata (SPD) o per un maggiore feeling in discesa (flat). Con centinaia di selle sul mercato è difficile raccomandare un modello specifico, ma è possibile ottimizzare il comfort dell’appoggio posteriore inclinandola verso l’alto o verso il basso e posizionandola un po’ più avanti o indietro. Ciò che semplifica questo procedimento è avere un reggisella con regolazioni indipendenti per l’inclinazione e avanzamento/arretramento. Questo permette di cambiare un valore alla volta per capire come ci si sente, senza influenzare l’altro. In genere la sella deve essere parallela al terreno o con il naso leggermente abbassato, per ridurre la pressione (e tutti i problemi connessi con l’intorpidimento) nella parte anteriore, oltre a
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raggiungere una postura più vantaggiosa per la pedalata. Questo nel caso di mtb front, nel caso di full, il naturale affondamento causato dal peso del biker, richiede una posizione parallela al terreno o leggermente inclinata verso l’anteriore. In ogni caso, non esiste la sella perfetta per forma, imbottitura, lunghezza e profilo, è solo una questione di gusto personale, ma è anche vero che una seduta più larga e morbida è più comoda di una stretta e rigida. Forse l’unico aspetto da valutare attentamente è la larghezza della seduta, alcuni produttori propongono due taglie che si adattano a diverse misure delle ossa ischiatiche, il nostro punto di contatto sul sellino. La sella è ancorata al reggisella, e nel nostro caso – escursionismo a tutto tondo – diventa indispensabile o quasi quello telescopico: permette di scegliere in ogni momento, tramite il comando d’azionamento remoto al manubrio, l’altezza sella desiderata, senza smontare dalla bici e agire sul collarino reggisella. È il “mai più senza” per tutti quei giri che prevedono un alternarsi continuo di salita e discesa, di tratti pedalati e di quelli in cui dobbiamo solo lasciar correre la nostra amata mountain bike. Chiudiamo con gli appoggi, parlando di attacco manubrio e piega. L’attacco manubrio è disponibile in diverse lunghezze e angolazioni. L’uso combinato di distanziali sul tubo sterzo permette di variare facilmente l’altezza dell’appoggio anteriore, così da velocizzare il giusto posizionamento in sella. Ci sono due tipi di manubrio utilizzati sulle
mountain bike: flat e riser. I manubri piatti, o flat, non sono perfettamente dritti, di solito hanno una piccola angolazione – verso il retro e verso l’alto – per rendere più naturale la postura di polsi e braccia. Come suggerisce il nome, i manubri rise sono rialzati, in genere con una doppia curva, verso l’alto, oltre a mantenere una certa angolazione – o sweep – verso il retro. Dobbiamo preferire manubri da 700 a 760 mm, secondo la nostra corporatura – spalle più o meno larghe, braccia più o meno lunghe – e il nostro stile di guida. Il rise dipende dalla tipologia di bici: meno accentuato su 29er e/o su trail bike, più accentuato su all-mountain/enduro, anche se la tendenza su quest’ultime è di avere pieghe low rise analoghe a quelle utilizzate sulle prime (la differenza è la larghezza). Dulcis in fundo, la trasmissione. I setup preferiti per l’escursionismo a tutto tondo sono 2x10 o 1x11, quindi con doppia corona anteriore e 10 pignoni al posteriore, oppure con singola anteriore e 11 al posteriore. Quest’ultima configurazione è ancora appannaggio di prodotti di gamma medioalta, se si vuole risparmiare e comunque si ha una buona gamba, si può pensare a un setup 1x10 convertendo la doppia corona a singola. Si riduce il range di rapporti disponibili, adeguato per salite di media lunghezza (max 3 km) e poco pendenti (al massimo 400 m di dislivello). Stanno nascendo soluzioni artigianali per ampliare il range di rapporti al posteriore, in attesa di una vera standardizzazione meglio andare sul sicuro con una doppia all’anteriore, a meno che non
si scelga una bici nuova e si abbia un buon budget a disposizione (almeno 4.000 euro). Chi ha una bici con qualche anno sulle spalle, può pensare di convertire la propria trasmissione 9v a un sistema 2x9, mantenendo sempre quell’ampio range di rapporti necessario per pedalare e divertirci su sentieri di ogni tipo. Queste sono le configurazioni che consigliamo: corone da 34/22d (o 36/24d) e pacco pignoni 11-32d (o 11-34d) per un sistema 2x9; corone 36/24d e pacco pignoni 11-36d per un sistema 2x10; corona da 32d e cassetta 10-42d per un sistema 1x11. Questo vale per le 26”, se si sale di diametro ruota, allora meglio togliere due denti per le 29er (ad esempio: 2x10 da 36/22x11-36d, 1x11 da 28x10-42d), nel caso delle 650b molto dipende dall’allenamento e dall’attitudine di guida del biker. Attrezzatura Per giri da un giorno, e per essere realmente sicuri di aver portato tutto con sé con il massimo comfort, un pratico zaino idrico è l’ideale. È sempre consigliabile “stivare” tutto l’occorrente dentro le apposite tasche di uno zaino piuttosto che sulla bici o addirittura dentro le tasche posteriore della maglia: sarete più comodi e anche più liberi nei movimenti in sella e fuorisella, soprattutto in discesa e sui tratti più sconnessi. Per “tutto l’occorrente” intendiamo il necessario
indispensabile per: reidratarvi, alimentarvi, proteggervi dalle intemperie, riparare camere d’aria bucate, oltre a riporre in sicurezza fotocamera, documenti, chiavi, smartphone. Esistono modelli di varia capacità per il carico – da 6 l a 25 l – e per la riserva idrica – da 1 l a 3 l – oltre che per la possibilità di trasportare casco integrale e protezioni, questa ultima possibilità per i modelli specifici da enduro e freeride. Per pedalare sicuri è sempre meglio portare con sé un kit di primo soccorso, non è detto che dobbiate per forza farvi male, ma può capitare (purtroppo) ai vostri compagni di pedalata (oltre che a voi), così sarete sempre preparati. Un kit tradizionale include tutto il necessario per medicare abrasioni, graffi e piccoli tagli, con ingombro e peso limitati. I kit più curati includono anche un fischietto e uno specchio riflettente per farvi localizzare più facilmente, oltre a una coperta termica e un tutore minimale per una spalla lussata o fratturata. Considerate anche una comoda e leggera busta impermeabile per telefono cellulare, con chiusura sigillata e copertura trasparente frontale sensibile al tocco, per la massima comodità d’utilizzo anche con i più recenti smartphone touch. Il vostro kit base, da portare nello zaino, deve contenere: un minitool completo di chiavi a brugola di tutte le dimensioni da 1,5 ad almeno 8 mm, cacciavite piatto e a croce, smagliacatena, chiave per i raggi; almeno un paio di leve cacciagomme; almeno una camera d’aria; kit per riparare la camera d’aria basilare (mastice, carta vetro, pezze) o avanzato (bomboletta gonfia&ripara per tubeless, cartucce ad aria compressa con diffusore); pompetta compatta; un paio di fascette da elettricista. Basta una borsa sottosella per trasportare il kit, in cui non devono mancare anche alcuni ricambi, come una falsa maglia per la catena, una coppia di pastiglie per i freni a disco, e un forcellino del cambio. Se volete essere sicuri di non aver dimenticato nulla, ma proprio nulla, allora aggiungete una pompa
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Introduzione tecnica
per sospensioni, un paio di raggi, un cavo del cambio, e un coltellino svizzero. L’esperienza insegna che è sempre meglio calcolare qualcosa in più piuttosto che qualcosa in meno, sia per la riparazione di guasti e forature, sia per l’alimentazione e l’idratazione. Sempre nel campo di quello che insegna l’esperienza, portate nel bagagliaio dell’auto una cassetta degli attrezzi, con ricambi essenziali (camere d’aria, gomme, pastiglie freno, cavi cambio) e una fondamentale pompa da pavimento. Ne parlo alla fine ma non per la poca importanza: portate sempre con voi una cartina topografica o un GPS con precaricata la traccia da seguire. Questo argomento sarà il protagonista della sezione che segue, Informazioni sulla consultazione della guida. Abbigliamento e accessori Se siete alle prime armi non è necessario spendere un quarto del vostro stipendio su un nuovo completo quando tutto ciò che serve sono semplici capi basilari, da combinare opportunamente secondo la stagione e le condizioni climatiche. Stare comodi durante la pedalata dipende da due aspetti fondamentali: la quantità di calore che produciamo e quanta siamo capaci di eliminare. Il problema è che si genera più calore in salita (in pianura è inferiore) e molto meno quando siamo in discesa (ma disperdiamo calore corporeo perché la temperatura percepita scende a causa del fenomeno “wind chill”). Non c’è da stupirsi se sudiamo prima e patiamo il freddo poi. La soluzione? Usare una combinazioni di capi per vestirci a strati, o a cipolla. Per la maggior parte delle pedalate, e la maggior parte dell’anno, una maglia intima in materiale tecnico sotto una maglietta a maniche corte, sempre in materiale tecnico, sarà la vostra opzione di default. L’intimo allontana il sudore dalla pelle, mantenendovi freschi e asciutti, asciugando rapidamente. La maglietta trasporta l’umidità all’esterno dove evapora. Cercate magliette intime con una
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struttura a rete, o con pannelli di ventilazione sulla schiena e sotto le ascelle. Puntate sempre a un taglio anatomico e aderente, che migliora le proprietà termoregolanti dell’abbigliamento tecnico. Quando sembra che stia per piovere, aggiungete una giacca antivento altamente traspirante ai capi di cui sopra. Idealmente la giacca dovrebbe avere una sorta di ventilazione, con aperture di aerazione chiuse da zip, solitamente sotto le ascelle, e una zip intera frontale. Si consiglia di sostituire l’intimo a manica corta con uno a manica lunga perché l’interno della giacca può trattenere l’umidità a causa della condensa che si forma. In alternativa, per climi freschi e asciutti, utilizzate una maglia a maniche lunghe sopra un intimo a maniche corte. A volte può essere un tiepido temporale estivo, altre una fredda pioggia autunnale, ma un ottimo punto di partenza è sempre un intimo a manica lunga sotto una giacca impermeabile. Scegliere un intimo più pesante o aggiungere una maglia a maniche lunghe come strato intermedio può aiutare nel caso la pioggia sia battente o la temperatura si abbassi rapidamente con valori poco sopra lo zero termico. Ricordatevi di non essere mai troppo caldi quando si parte, perché ci si scalda rapidamente quando si pedala raggiungendo presto il giusto comfort ed evitando di iniziare a sudare precocemente. Tra i campi indispensabili abbiamo anche il
gilet: fondamentalmente protegge il busto dal vento, è il capo perfetto per il meteo variabile, offrendo grande traspirabilità e mantenendo caldo il tronco. Cercate un gilet specifico per mtb, quelli per la strada sono spesso troppo stretti e bassi nella parte anteriore e posteriore. Esistono giacche convertibili in gilet, con il prezzo che sale naturalmente (intorno a 90 euro). Passiamo alla parte bassa del corpo, con il pantaloncino: è elasticizzato per aderire perfettamente, con inserto imbottito – il cosiddetto fondello – nella zona di contatto con il sellino. Può essere con bretelle o meno, da indossare come capo principale oppure, nel secondo caso, al di sotto di uno shorts, un comodo bermuda sempre in materiale tecnico (resistente nylon o Cordura antistrappo), con tasche e feritoie di ventilazione, ideale per un approccio ludico ed escursionistico alla mtb. Antivento, impermeabili, a tre quarti, da freeride/discesa, ultraleggeri, esistono molti stili e altrettante tipologie di shorts. Sono venduti con o senza un pantaloncino con fondello. Cercateli con regolazioni in vita, tasche anteriori (utili per chiavi, ecc), realizzati in nylon Ripstop o Cordura, con rivestimento impermeabile, lunghezza appena sotto il ginocchio, e per le ragazze con vestibilità dedicata. Passiamo alla protezione per le nostre mani, i guanti. Con i guanti indossati otteniamo molteplici effetti: il grip sulle manopole è migliore, non ci sporchiamo le mani, oltre a proteggere da urti contro rami e rovi o quando cadiamo e impattiamo con i palmi sul terreno. Di solito i guanti lasciano le dita scoperte, ma sono sempre più diffusi guanti lunghi realizzati in materiali che favoriscono la traspirazione. Tutti hanno un palmo leggermente imbottito e rivestimento antiscivolo su indice e medio, le dita con cui agiamo sulle leve freno. Passando all’altra estremità, i piedi, si parla di scarpe: devono essere un compromesso tra la leggerezza e traspirabilità di quelle da xc, e tra la protezione e la comodità di quelle del gravity. Troviamo questo giusto mix nelle
calzature da escursionismo/all-mountain, disponibili sia in versione per pedali a sgancio o SPD, sia per pedali flat. Farsi male e danneggiare la bici non è bello per il vostro fisico, la fiducia in voi stessi e le vostre finanze, quindi vale la pena considerare la protezione a ogni livello per le vostre pedalate in mountain bike. Non esistono scuse – “mi spettino… tiene caldo… si muove… mi limita la vista…” – il casco va indossato, sempre. Rami, radici scivolose, gradini rocciosi, altri biker in rotta di collisione, la guida off-road è imprevedibile. I sistemi di regolazione sulla nuca, insieme ai cinghietti laterali, permettono di tenerlo fisso sulla nostra testa. Esistono modelli da all-mountain/enduro con protezione supplementare sulla nuca e sulle tempie, ed eventualmente un’intelaiatura interna che aumenta la robustezza. Esiste una grande varietà di ginocchiere, che si differenziano per comfort e qualità/ quantità dell’imbottitura sul ginocchio e sui lati. Cercate modelli con chiusura regolabile in velcro superiore e inferiore, protezioni laterali morbide e sulla rotula in plastica o materiale a memoria di forma – si indurisce con l’impatto – come il noto e affidabile d3o. Sono pensate soprattutto per l’enduro. Valutate accuratamente la taglia, devono rimanere ferme anche durante la pedalata. Non è bello quando si gira su sentieri polverosi o fangosi, e lo sporco arriva sino ai nostri occhi, soprattutto se indossiamo lenti a contatto. Gli occhiali da mtb sono pratici e anche belli a vedersi. Cercate modelli a lenti intercambiabili o fotocromatiche, i passaggi tra luce e ombra sono frequenti (dentro e fuori dai boschi), e con una completa protezione dai raggi UV. La protezione degli occhi per chi pratica freeride e downhill, ma anche enduro race, è la mascherina. Sono modelli a metà strada tra quelli da moto e da sci, con montatura più leggera e conformata per adattarsi ai caschi integrali da mtb. Possono essere a lente singola con trattamento antifog (anti appannamento) o a doppia lente, più pregiata e costosa.
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Informazioni per la consultazione della guida
Informazioni per la consultazione della guida Qui trovate le informazioni necessarie per interpretare nel modo corretto ogni itinerario, così da pianificare e chiudere con successo e piena soddisfazione le vostre escursioni in mountain bike. Gli itinerari sono stati suddivisi prima per provincia/regione e poi per valle d’appartenenza. Questa suddivisione è chiara aprendo la guida a pagina 7, visualizzando la mappa delle Quattro Province. Nell’ordine abbiamo: Bassa Valle Scrivia, Val Grue e Valle Ossona, Val Borbera e Val Curone per Alessandria; Valle Staffora e Alta Val Tidone per Pavia; Bassa Val Tidone, Val Boreca, Bassa Val Trebbia, Val Nure e Val Luretta per Piacenza; Alta Val Trebbia, Alta Val d’Aveto, Alta Valle Scrivia, Val Brevenna e Val Fontanabuona per Genova. Così potete identificare in modo più intuitivo e immediato gli itinerari inclusi in una determinata zona (valle, provincia). A pagina 236 invece trovate una tabella riassuntiva di tutti gli itinerari, che riporta le informazioni fondamentali di ognuno di essi. Ogni provincia ha una breve introduzione storica-ambientale generale, che sintetizza le sue caratteristiche peculiari. Ogni itinerario è stato percorso, tracciato, fotografato e scritto dall’autore in prima persona. Solo in questo modo la descrizione è accurata e fedele, corrispondendo in toto a quanto proverete nel momento in cui lo solcherete con le ruote artigliate della vostra amata mountain bike. Tutti gli itinerari sono stati tracciati con un GPS per l’outdoor, uno strumento ormai quasi indispensabile anche per noi biker, permettendoci di registrare, seguire e condividere le nostre avventure. In aiuto al GPS cartografico sono state usate, quando disponibili, carte topografiche aggiornate, così compiere una verifica incrociata delle informazioni riportate sull’uno
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e sulle altre. È vero che ormai, uno strumento moderno, con antenna sensibile, schermo touch a colori, altimetro barometrico (per rilevare la quota con la massima precisione), bussola elettronica e cartografia aggiornata e con curve di livello, può fare a meno dell’aiuto fornito dalle classiche carte cartacee. È necessaria una precisazione: le condizioni dei percorsi descritte nella guida possono subire variazioni nel tempo, a opera dell’uomo come della natura. Infatti, può capitare che alcuni tratti di mulattiera o sentiero vengano modificati, sparendo a causa di frane o trasformandosi in sterrata per rendere possibile il passaggio di mezzi di lavoro. Un altro aspetto da tenere bene a mente è che le condizioni del terreno mutano radicalmente in base alle stagioni e/o alle condizioni climatiche: un sentiero fantastico con l’asciutto può diventare un incubo col bagnato. Questo per ricordarvi di controllare sempre il meteo prima di organizzare una gita, e non solo per il giorno prescelto ma anche nel periodo immediatamente precedente. Infatti, non basta un giorno di sole per asciugare una sterrata dal fondo argilloso, per esempio. Lo stesso consiglio vale anche per l’abbigliamento, da indossare durante l’escursione.
Sul crestino tra Val Curone e Val Lella, solcando i divertenti calanchi del Sentiero del Ciabattino g
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Informazioni per la consultazione della guida
Lettura degli itinerari Tutti gli itinerari proposti si compongono di cinque parti: legenda; descrizione generale; descrizione tecnica; profilo altimetrico; cartina con l’itinerario visualizzato graficamente. Ecco spiegata ogni parte, una per una. Legenda Riassume nel dettaglio le caratteristiche più importanti di ogni itinerario proposto. Nello specifico, si compone delle seguenti voci, corredate di simboli univoci di intuitiva interpretazione: Bellezza: rappresenta un’indicazione circa la bellezza dell’itinerario sia dal punto di vista paesaggistico-ambientale sia da quello del riding, in altre parole dell’andare in mountain bike. È articolata su quattro livelli, dal minimo di un asterisco rosso (paesaggio, ambiente e riding “normale”) al massimo di quattro asterischi (tutto “spettacolare”). La bellezza dell’ambiente naturale e del panorama in cui si sviluppa l’itinerario, la presenza di determinati luoghi di interesse storico e culturale, la tipologia del fondo, il piacere della salita, la ritmicità o flow dei singletrack, l’adrenalina della discesa, e la presenza o meno di salti costruiti a regola d’arte, determinano questo giudizio. Tutto quello che riguarda il riding va considerato all’insegna del piacere di guida e non tanto della difficoltà, semplicemente il giudizio è influenzato dal divertimento e dall’appagamento dal punto di vista dell’andare in mountain bike.
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Stile itinerario: Il numero delle ruote indica la tipologia dell’itinerario. In ordine crescente: Itinerario per tutti (1); Cross Country (2); Bike Park (3); All-Mountain (4). I primi, saranno su sterrate e sentieri facili, alla portata di chi è poco preparato fisicamente e tecnicamente. I secondi, invece, presentano sempre un terreno facile, con pendenze anche elevate, e
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nel complesso adatti a chi ha buona gamba. I terzi si svolgono all’interno di comprensori con sentieri preparati e serviti da impianti di risalita, con difficoltà dalla media all’elevata. Per finire, il mix di tutto quello appena espresso: itinerari di ampio respiro, con salite dalle pendenze dal medio all’elevato, dislivelli importanti, discese col giusto mix tra ritmo e contenuti tecnici. Nel complesso, richiedono il “biker perfetto”, che ha buona gamba e piena padronanza del mezzo e della tecnica di guida. Tipologia di terreno: ogni itinerario è frazionato in base alla tipologia del terreno che si va a percorrere. Sono forniti dei dati percentuali approssimativi relativi a ogni tipologia di fondo, al fine di dare una prima impressione sul terreno su cui pedaleremo. Si tratta di un dato importante al fine di rendersi conto della tipologia di itinerario che si va a percorrere. Ogni terreno prevede un colore specifico, riportato anche sulla traccia visualizzata sulla carta e sul profilo altimetrico. Nei casi in cui il terreno cambi in continuazione e per brevi tratti, è indicato il fondo predominante. Pista ciclabile Strada asfaltata Strada cementata Strada sterrata Mulattiera Sentiero Eventuale impianto di risalita Eventuali varianti al percorso principale Periodo di percorrenza: indica il periodo normalmente ritenuto ottimale per la percorrenza dell’itinerario, in base a temperature e stato del terreno (in alcuni casi, anche dell’innevamento). Si tratta di un’indicazione media e di carattere generale. Può capitare, infatti, che nello stesso mese ma in anni diversi le condizioni di temperatura, acqua e
neve al suolo siano piuttosto variabili, di cui l’importanza di conoscere le reali condizioni di questi parametri. Qualora si percorrano gli itinerari fuori dalla stagione consigliata, da novembre a febbraio nel 99% dei casi, sarà sempre preferibile scegliere quelli a quote medio basse e con terreno non argilloso. Nel caso l’itinerario preveda l’utilizzo di impianti di risalita, è fondamentale accertarsi dell’apertura degli stessi, via web o telefono, tramite i riferimenti di ogni valle riportati alla voce “informazioni turistiche e riferimenti web” a pagina 40. Punto di partenza e di arrivo: indica la località di partenza e arrivo (trattandosi di itinerari ad anello corrispondono), con l’indicazione delle relative coordinate GPS e quota altimetrica. La scelta è stata fatta tenendo conto sia della morfologia dell’itinerario sia della presenza di parcheggi e strutture ricettive nelle immediate vicinanze. Quota massima raggiunta: indica la quota massima raggiunta percorrendo l’itinerario. Costituisce un dato molto utile per la scelta dell’abbigliamento, insieme a quella del punto di partenza e arrivo e al periodo dell’anno in cui si sceglie di affrontare l’itinerario. Dislivello: il dato riporta la somma approssimativa dei dislivelli in salita e in discesa presenti nell’itinerario. Si fa sempre riferimento al dislivello affrontato in sella, mentre tra parentesi viene indicato il dislivello percorso con un eventuale impianto di risalita, se previsto nell’itinerario. In quest’ultimo caso, il dislivello negativo può differire anche significativamente da quello positivo pedalato. Il dislivello è un dato rilevante al fine
di valutare l’effettivo impegno fisico – anche tecnico per la discesa, nel caso di impianti di risalita – richiesto nell’itinerario. Qualora siano presenti delle varianti è riportato anche il dato a esse relativo. Lunghezza totale: indica la distanza complessiva dell’itinerario completo (a esclusione di eventuali tratti con impianti di risalita). Qualora l’itinerario presenti delle varianti, è eventualmente riportato il dato a esse relativo. Tempo di percorrenza: indica l’intervallo di tempo indicativo che serve per portare a termine l’itinerario, pause e soste escluse. Si è tenuto conto delle capacità medie dei biker (velocità media in movimento di 10 km/h). Qualora si voglia avere il tempo totale di percorrenza, pause e soste incluse, si può considerare un velocità media di 5 km/h (il tempo semplicemente raddoppia), così da includere tutto quello che può avvenire in una gita: problemi tecnici, problemi fisici, pausa pranzo/merenda al rifugio o all’agriturismo, foto e video, contemplazione del panorama, ecc. Difficoltà tecnica: fornisce una valutazione della difficoltà tecnica dell’itinerario nel suo complesso, con la seguente scala di difficoltà: facile, medio, impegnativo, molto impegnativo. Sono stati considerati quei parametri che concorrono a rendere un itinerario più o meno difficile dal punto di vista tecnico. Avremo itinerario più facili (con salite e discese su sterrati e sentieri semplici) e altri più impegnativi dove è richiesta una buona tecnica di guida e padronanza del mezzo (con salite e discese, soprattutto queste ultime, su sentieri e mulattiere tecnici
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e sconnessi, anche con presenza di ostacoli artificiali). Tipologia del terreno, pendenza, passaggi tecnici, esposizione, sono solo alcuni dei parametri con concorrono a determinare il valore complessivo. Attenzione: in caso di fondo umido la difficoltà tecnica potrebbe aumentare considerevolmente. Nella scelta dell’itinerario teniamo conto di questo importante parametro, in relazione al proprio livello di abilità, o skill, nella guida della mountain bike. Impegno fisico: fornisce una valutazione dell’impegno fisico richiesto per compiere l’itinerario nella sua totalità. Si tratta di un parametro molto importante nella scelta dell’escursione, in base al grado di allenamento e forma fisica di ogni singolo biker. È articolato su quattro livelli: facile, medio, impegnativo, molto impegnativo. Anche per gli itinerari con parte o totalità del dislivello affrontato con impianti di risalita, l’impegno fisico può essere importante, sia per il grado di concentrazione/attenzione sia per i frequenti movimenti in fuorisella richiesti su lunghe discese tecniche. Ciclabilità in salita: indica in percentuale quanto l’itinerario sia percorribile in sella, quindi ciclabile, in salita. Tratti eccessivamente ripidi e/o sconnessi possono far scendere la ciclabilità della parte pedalata, obbligandoci a proseguire a piedi portando a mano o a spalla la propria bici. Ciclabilità in discesa: indica in percentuale quanto l’itinerario sia percorribile in sella, quindi ciclabile, in discesa. Le considerazioni sono le stesse per la salita, con un peso maggiore a carico della tecnica di
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guida rispetto alla preparazione fisica, nel valutare se un tratto è affrontabile o meno in sella. Infatti, in questo caso, una tratto con pendenza elevata e/o terreno sconnesso non diventa necessariamente infattibile. Punti di sosta/ristoro (rifugi): indica gli eventuali rifugi, bar e punti di ristoro incontrati lungo l’itinerario. È fondamentale verificare sempre prima della partenza il periodo di apertura dei rifugi presenti lungo il percorso. In caso di chiusura dovremo necessariamente prevedere di aumentare le riserve di cibo e acqua da portare con noi nello zaino. Fonti d’acqua: sono riportate informazioni sull’eventuale presenza di fonti d’acqua lungo il percorso. Si tratta di un dato fondamentale per calcolare la quantità d’acqua da portare con sé nello zaino o nella borraccia. Consigliamo vivamente di partire con una scorta idrica sufficiente per tutta la durata dell’itinerario, dal momento che restare a secco di liquidi con cui reidratarci e dissetarci potrebbe trasformare una bella escursione in un’avventura da incubo. Località attraversate: sono elencate in ordine cronologico le località attraversate dall’itinerario con le relative quote altimetriche. A ogni località corrisponde un numero che ritroviamo sul profilo altimetrico, sulla cartina e nella descrizione tecnica dell’itinerario. In alcuni casi, oltre alla località sono indicati anche bivi, incroci o punti generici utili per la comprensione della direzione da seguire.
Descrizione generale Evidenzia il contesto in cui si sviluppa l’itinerario, con note di carattere ambientale e paesaggistico, curiosità e notizie utili. Fornisce inoltre una prima infarinatura di come si sviluppa l’itinerario, mettendo in evidenza le particolarità dello stesso. Descrizione tecnica Costituisce la descrizione dettagliata di cosa si incontra durante l’itinerario, in maniera da rimanere sulla retta via. Vengono riportate le località attraversate con i numeri a esse legati, così come nel profilo altimetrico e sulla cartina, in modo da ridurre al minimo la possibilità di sbagliare percorso. Ai bivi e agli incroci viene riportato il numero segnavia del sentiero o il nome della strada da seguire, così come è indicato sugli eventuali cartelli segnaletici, massi e alberi. In ogni caso è sempre indicata la direzione da prendere (destra e sinistra fanno riferimento al punto di vista del biker) e se abbiamo una variazione del fondo e/o tipologia del terreno (sterrata, sentiero, mulattiera, asfalto, cementata). Consigliamo di portare sempre con sé una cartina topografica di riferimento e un GPS per l’outdoor con caricati la traccia relativa e la cartografia dettagliata.
Profilo altimetrico Fornisce un’idea di massima di come si sviluppa l’itinerario dal punto di vista dei dislivelli e di come questi siano distribuiti lungo il percorso, in relazione alla distanza chilometrica. Sull’asse delle ascisse (X) troviamo la distanza, espressa in chilometri (km), mentre su quello delle ordinate (Y) la quota altimetrica espressa in metri sul livello del mare (m), oltre a essere riportati i numeri delle località attraversate lungo l’itinerario. Il tracciato del profilo ha colori diversi che corrispondono alle tipologie di fondo incontrate. Cartina Rappresenta l’itinerario completo, riportato su carta topografica indicante i principali punti utili per identificare la zona d’appartenenza. Sono anche riportati i numeri delle località attraversate, per comprendere al meglio come si sviluppa il percorso. Così come nel profilo altimetrico, il tracciato è colorato in modo diverso secondo il tipo di terreno attraversato, secondo le linee guida riportate nella voce “Tipologia di terreno”.
Surfando sui morbidi calanchi della Val Curone
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Informazioni per la consultazione della guida
Informazioni turistiche Di seguito trovate i riferimenti delle APT delle valli, degli enti e delle associazioni cui fare riferimento per avere informazioni di carattere generale. Club Alpino Italiano sezione di Tortona: www.caitortona.net Club Alpino Italiano sezione di Novi Ligure: www.cainoviligure.it Club Alpino Italiano sezione di Voghera: www.caivoghera.it Club Alpino Italiano sezione di Piacenza: www.caipiacenza.it Club Alpino Italiano sezione Ligure-Genova: www.cailiguregenova.it Regione Piemonte: www.regione.piemonte.it Regione Lombardia: www.regione.lombardia.it Regione Emilia Romagna: www.regione.emilia-romagna.it Regione Liguria: www.regione.liguria.it Provincia di Alessandria: www.provincia.alessandria.gov.it Provincia di Pavia: www.provincia.pv.it Provincia di Piacenza: www.provincia.pc.it Provincia di Genova: www.provincia.ge.it La Pietra Verde Associazione Naturalistica Culturale: www.lapietraverde.it Comunità Montana Terre del Giarolo: www.vallicuronegrueossona.it Valle Staffora – Il mercato dei monti: www.distrettovallestaffora.it Civico Museo di Scienze Naturali di Voghera: museoscienze@comune.voghera.pv.it Centro turistico sportivo “Il Brallo”: www.ilbrallo.com Operatori turistici in Emilia Romagna: www.aptservizi.com Uppennino Piacentino: www.uppenninopiacentino.com Le pietre e il mare: www.lepietreeilmare.it Balli delle Quattro Province: www.quattroprovince.it Seggiovia di Caldirola: www.seggioviacaldirola.it Bike Park Santo Stefano d’Aveto: maestridisciemtbaveto.it/MTB/ Meteo Piemonte: www.arpa.piemonte.it Liguria: www.arpal.gov.it Lombardia: www2.arpalombardia.it/siti/arpalombardia/meteo/Pagine/default.aspx Emilia Romagna: www.arpa.emr.it/sim/?previsioni/regionali Portali generici: 3B Meteo, www.3bmeteo.it; Nimbus, www.nimbus.it Soccorso Numero unico: 118
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Bibliografia Per i capitoli introduttivi, le note storico-ambientali delle diverse valli, le informazioni sulla rete sentieristica locale, ho fatto riferimento a:
Bibliografia
Bibliografia
Siti Web it.wikipedia.org www.appennino4p.it aunpassodallavetta.wix.com/trekking www.provincia.alessandria.gov.it/sentieri/ www.altavaltrebbia.net/v/mtb.htm www.gliorsi.org sites.google.com/site/icinghialidellavaltidonemtb/home www.uppenninopiacentino.com www.mtbvallipiacentine.it www.oltresentieri.com www.bikefree.it www.liguriabike.it www.aquilottimtb.it www.apomtbpassion.it ambiente.regione.emilia-romagna.it/geologia/cartografia/rete-dei-sentieri/rete-escursionistica www.parcoantola.it www.fontabuona.com www.parks.it/parco.aveto www.comune.santostefanodaveto.ge.it Pubblicazioni Mario Franchini, “Le terre del Giarolo”, Edizioni dell’Orso. “Escursionismo nelle Valli Curone, Grue e Ossona in Provincia di Alessandria”, Edizioni Guardamagna. Rino Negri, “Parla Coppi”, Alta Anaunia Editrice. La pianificazione degli itinerari e lo svolgimento degli stessi è stata eseguita sulla base della cartografia IGM (Istituto Geografico Militare) 1:25:000 disponibile sul Geoportale Nazionale (www.pcn.minambiente.it/GN/), sulla cartografia open-source Openmtbmap (openmtbmap.org), e sulle mappe Garmin Trek Map Italia V3 (www.garmin.com/it/trekmapitalia). Le tracce GPS e i profili presenti nella guida sono stati elaborati grazie a GPS e software Garmin (www.garmin.it), CompeGPS Land 7.1 (www.compegps.com) e GPSvisualizer (www.gpsvisualizer.com). Ho consultato i seguenti testi inerenti la MTB, circa l’impostazione da dare alla guida: Enrico Raccanelli, Luca De Antoni, Tazio Isgrò Themel Mountain Bike in Dolomiti Edizioni Versante Sud Fabrizio Charruaz, Gianfranco Sappa, Daniele Herin, Sergio Borbey Mountain Bike in Valle d’Aosta Edizioni Versante Sud 41
Le piste ciclabili
Le piste ciclabili Per chi ha una preparazione di base e vuole comunque godere della natura non mancano le alternative, tra cui quella più accattivante è rappresentata dal percorso ciclo-pedonale del Torrente Scrivia, nei pressi di Tortona. Il Parco dello Scrivia Il percorso “MTB Scrivia” è un tracciato per mountain bike ad anello lungo circa 60 km che si snoda lungo l’alveo del torrente Scrivia tra l’abitato di Castelnuovo Scrivia e quello di Cassano Spinola. Il percorso ricalca sentieri preesistenti sul territorio e che sono in molti tratti interessanti dal punto di vista naturalistico e altri invece immersi in una realtà fortemente disturbata dalle attività antropiche e da
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infrastrutture quali strade, impianti industriali e attività estrattive. Il percorso viene mantenuto e segnalato dall’Associazione Volontari Ambiente Tortona, tuttavia a causa delle piene del fiume e di alcuni atti di vandalismo la segnaletica è carente in alcuni tratti. Con un minimo di senso dell’orientamento e seguendo il corso del torrente, ora vicino alla sponda ora più lontano, si riesce comunque a seguire l’intero percorso. La presenza dei ponti stradali in prossimità degli abitati di Castelnuovo Scrivia, Tortona, Villalvernia e Cassano Spinola, consentono la realizzazione di percorsi ad anello più brevi, modulabili secondo le caratteristiche di ciascun utente.
Tre sono gli anelli percorribili: Anello completo da Castelnuovo Scrivia Cassano Spinola, e ritorno – 61 km Anello da Castelnuovo Scrivia a Tortona ritorno – 24 km Anello da Tortona a Villalvernia e ritorno 23,3 km Anello da Villalvernia a Cassano Spinola ritorno – 14,6 km
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Descrizione anello completo Si parte da Castelnuovo Scrivia, nei pressi del ponte sulla SP 85 che porta a Sale. Si scende lungo la destra orografica del torrente Scrivia, ricalcando nella prima parte il sentiero europeo E1, pedalando su un’ampia carrareccia che
corre distante dal greto del fiume e immersa in un bel bosco. Si incrociano aree attrezzate per le soste, distanziandosi ancora dal torrente tra le cascine Riccarda e Ronco, inoltrandosi tra i campi coltivati. Nei pressi della cascina Riccarda si costeggia una pista di decollo e atterraggio per alianti, e un allevamento di cavalli. Bisogna prestare attenzione alla segnaletica, poco evidente, con il rischio di perdersi tra i campi coltivati. Si passa sotto il ponte dell’autostrada, giungendo rapidamente alla cascina Ronco, transitando nei pressi di un vecchio poligono di tiro. Si supera la sede dei Volontari Gruppo Tortona, un’associazione che si occupa della manutenzione del percorso, e si arriva a una
Marco contempla la spettacolare vista che si gode tra i vigneti sotto il borgo di Montale Celli, in Valle Ossona
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Le piste ciclabili 44
sbarra, dopo la quale si svolta a sinistra su una strada bianca. Dopo poco meno di un chilometro si abbandona la sponda del fiume per evitare una frana che impedisce il transito, percorrendo obbligatoriamente un lungo tratto d’asfalto. Si prende la circonvallazione di Tortona in direzione Genova, alla rotonda dopo la salita si prende a destra e, dopo circa 700 m, si svolta a sinistra in direzione degli stabilimenti Itinera (proseguendo si passa il torrente e si scende poi sulla sua riva, tornando a Castelnuovo Scrivia per chiudere il primo anello corto). Nei pressi dell’Itinera si torna sul tracciato per mountain bike, seguendo un tratto purtroppo disturbato dall’attività estrattiva. Per fortuna si rientra rapidamente nel bosco del Parco dello Scrivia, attrezzato con aree di sosta. Si supera lo scolmatore dell’Ossona – camminando sui cubi di cemento – e si prosegue sul sentiero passando alcuni sbarramenti con catene, con un alternarsi di tratti di bosco e radure erbose. A un certo punto il tracciato piega a sinistra allontanandosi dallo Scrivia a costeggiando i campi coltivati in direzione
di Castellar Ponzano. Arrivati al gruppo di case, si tiene la destra, costeggiando la linea ferroviaria e l’abitato. Si costeggia il depuratore, si supera un guado, dopo il quale si tiene la sinistra pedalando su una stretta traccia leggermente rialzata rispetto al greto del torrente. Si arriva rapidamente al ponte di Villalvernia, quindi svoltando a destra per superarlo si giunge sulla riva opposta del torrente, così da tornare a Tortona per chiudere il secondo anello corto. Invece, una volta arrivati sulla SP 151, si svolta prima a sinistra e, dopo circa 100 m, a destra per scendere verso il greto dello Scrivia. Il tratto che segue, sino a Cassano Spinola, è forse il più interessante dal punto di vista naturalistico, potendo osservare tutti gli habitat dell’ambiente fluviale. Il tracciato si snoda tra boschi e radure, transitando per il centro di inanellamento dell’avifauna gestito dalla Provincia di Alessandria. Il sentiero arriva su un’ampia strada bianca, dopo aver superato un laghetto per la pesca sportiva prima e una pista da motocross poi, infine si giunge alla zona industriale di Cassano
Spinola. Ritorniamo nella “civiltà”, giungendo rapidamente alla SS 35 dei Giovi. Svoltiamo a destra, stiamo sulla strada passando sul ponte dello Scrivia per arrivare all’estremità meridionale dell’anello. Dopo il ponte giriamo a destra per passare sulla riva opposta del torrente: percorriamo circa 200 m sulla SP 153 che porta a Novi, poi lasciamo l’asfalto per la sterrata che scende verso il greto dello Scrivia, quindi svoltiamo a sinistra entrando in un boschetto. Il primo tratto del rientro transita nei pressi dell’acquedotto di Cassano Spinola, con ampi canneti e una folta vegetazione dove è facile avvistare le numerose specie di volatili acquatici che transitano e stazionano al Parco dello Scrivia. Dopo l’acquedotto si arriva a una cascina, dove giriamo a destra, proseguendo su una larga strada bianca tra campi coltivati e filari alberati. Si supera Castel Busseto e altre cascine, arrivando al ponte di Villalvernia. Il percorso continua poco distante dal corso d’acqua, sino a quando non lo abbandoniamo nei pressi di
Bettole di Castellar Ponzano. Si supera un viale di robinie e si torna sullo sterrato nei pressi del greto, lasciando la cascina Carcassola alla nostra sinistra e proseguendo dritto lungo il boschetto. Siamo vicini all’Abbazia di Rivalta Scrivia, un gioiello architettonico del XII secolo che merita una deviazione. Tornati al tracciato principale, si giunge rapidamente alla periferia di Tortona. Passiamo sotto il ponte stradale e poi sotto quello ferroviario, superiamo alcuni sbarramenti con catene e, giunti nei pressi dell’autostrada, continuiamo in ambiente aperto. Quando arriviamo a una cava dobbiamo stare attenti a una frana, facendo una piccola deviazione sulla sinistra. Costeggiamo la cava e, arrivati nei pressi dell’autogrill, proseguiamo dritto. Superiamo una sbarra e continuiamo a pedalare lungo il torrente, prima all’aperto e poi all’interno di un boschetto caratterizzato dalla presenza di salici, pioppi e ontani neri. Il tracciato risale poi alla SP 85, dove svoltiamo a destra per arrivare rapidamente al ponte e all’abitato di
Clima mistico in Val Grue, risalendo all’abitato di Avolasca, sulle pendici del Monte San Vito
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Le piste ciclabili 46
Castelnuovo Scrivia, chiudendo così il lungo anello del Parco dello Scrivia. Il Circuito di Castellania Il cosiddetto Circuito di Castellania è un anello ciclabile in provincia di Alessandria, realizzato per rendere omaggio ai fratelli Fausto e Serse Coppi, originari del piccolo centro abitato dei Colli Tortonesi. Il circuito è lungo circa 16 km di cui sei e mezzo su pista ciclabile, con tre aree di sosta attrezzate. L’anello parte dal centro sportivo di Carbonara Scrivia (156 m), a pochi chilometri da Tortona. Da qui si prende la ciclabile, ben indicata, verso Villaromagnano prima e Costa Vescovato poi, con alcuni brevi tratti da percorrere sulla sede stradale. All’ingresso di Costa Vescovato la ciclabile si interrompe e si riprende per un brevissimo tratto appena dopo la località Buffalora. Da qui in poi, pedalando verso Castellania, si percorre la strada provinciale, comunque poco trafficata. Giunti al Passo Coppi (369 m), si svolta a sinistra seguendo sempre per Castellania, con un’obbligatoria sosta al mausoleo dei Fratelli Coppi e al Centro di documentazione dedicato a Fausto e Serse Coppi. Si rientra e, giunti nuovamente al Passo Coppi, si prosegue dritto passando prima Paderna e Spineto Scrivia poi, arrivando velocemente al Carbonara Scrivia. Se si vuole aggiungere un poco di “pepe” all’anello, alternando tratti su ciclabile e asfalto ad altri su sterrato si può agire nel modo seguente. A Carbonara Scrivia si segue il primo tratto di ciclabile, abbandonandolo prima di arrivare a Villaromagnano, seguendo le indicazioni per il sentiero europeo E1 che troviamo sulla nostra destra, prendendo Strada Boschetto che, passando lungo i campi coltivati, porta rapidamente nei pressi della località Rampina. Qui svoltiamo a sinistra e, dopo una breve salitella, ci ricongiungiamo con la ciclabile, attraversando la strada e svoltando poi a destra. Altrimenti a Rampina svoltiamo a destra e saliamo tra vigneti e frutteti, giungendo sulla panoramica cresta che ci porta velocemente all’ingresso di
Montale Celli, frazione di Costa Vescovato. Svoltiamo a destra su una ripida rampa, e poi a sinistra proseguendo in piano prima su sterrato e poi su asfalto. Arrivati a un incrocio a T, prendiamo a destra su ripida salita, in direzione dell’Agriturismo Valli Unite. Lo attraversiamo, costeggiamo i vigneti e, dopo un saliscendi, arriviamo alla fine del gruppo di case di Buffalora dove incontriamo l’anello principale. Il successivo tratto alternativo inizia tra Paderna e Spineto Scrivia: lungo la discesa da Paderna superiamo un maneggio e, nei pressi di una leggera curva a sinistra, notiamo una sterrata che scende decisamente alla nostra destra. La prendiamo, passando per i campi coltivati sino a giungere al fondovalle, dove seguiamo sempre la sterrata principale che rientra nei pressi di Rampina. Ora possiamo percorrere il primo tratto alternativo al contrario per rientrare a Carbonara Scrivia. La seconda variante parte da Spineto Scrivia, dove prendiamo per il cimitero. Lo costeggiamo tenendolo alla nostra destra, con lo sterrato che inizia appena dopo. Lo seguiamo in cresta, tra vigneti e campi coltivati, puntando decisamente poi verso Carbonara Scrivia, con la strada bianca che scende in picchiata verso la provinciale, arrivando proprio di fronte al centro sportivo da cui siamo partiti.
Lo splendore della primavera inoltrata all’interno del Parco dello Scrivia, tra Tortona e Castellar Ponzano
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I bike park delle Quattro Province
I bike park delle Quattro Province Anche nell’area delle Quattro Province gli amanti dell’interpretazione più ludica del mountain biking trovano pane per i propri denti. Si tratta di comprensori con sentieri riservati alla mountain bike dove lasciar correre la bici, in preda all’adrenalina. I sentieri – o trail – sono completamente naturali o modificati dai cosiddetti trail builder, con l’intenzione di renderli più sicuri ed esaltare ancora di più la naturale impronta ludica. I bike park prevedono impianti di risalita – seggiovie o cabinovie – per arrivare all’inizio di ogni trail. Così come nei comprensori sciistici invernali abbiamo percorsi con diverso grado di difficoltà, da quelli più semplici a quelli più impegnativi, per accontentare ogni palato: dal principiante che vuole migliorarsi divertendosi, a chi già possiede un’ottima tecnica di guida. I bike park di questa zona dell’Appennino – Caldirola e Santo Stefano
d’Aveto – nascono in comprensori invernali che, causa l’innevamento sempre più scarso, si sono riconvertiti per sfruttare la stagione estiva grazie alle due ruote artigliate. Di fianco ai trail prettamente discesistici troviamo itinerari alternativi, con un contributo pedalato comunque significativo, infatti, spesso e volentieri gli impianti di risalita permettono di raggiungere rapidamente e comodamente sentieri e anelli altrimenti difficilmente poco sfruttabili. Di seguito trovate i bike park delle Quattro Province: Caldirola e Santo Stefano d’Aveto, rispettivamente in Alta Val Curone e in Val d’Aveto, in provincia di Alessandria e Genova.
Il Ghiglio in azione sul wallride della pista DH3 di Caldirola Un’adrenalinica e panoramica sequenza con il Ghiglio in volo su uno dei salti della Freeride Capannina di Caldirola
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Bike Park Caldirola
I bike park delle Quattro Province - Bike Park Caldirola Bike Park Caldirola Caldirola ha più di un significato per chi scrive. La conosco da una vita, da quando non sapevo cosa fosse una bicicletta, tempi in cui la mountain bike era solo un’idea nella mente degli dei. Infatti, i miei avi paterni sono originari di un paese, Bruggi, che si trova sull’altro ramo dell’Alta Val Curone rispetto a quello di Caldirola. Entrambi rappresentano l’ultimo “avamposto” popolato, in parole povere, dove finisce la strada asfaltata e iniziano le sterrate che salgono ai rispettivi passi. Da una parte si svalica in Lombardia, passando la dorsale appenninica che la separa dal Piemonte: di là Valle Staffora, di qua Val Curone. Dall’altra, invece, si rimane sempre in Piemonte ma si passa in Val Borbera. C’era una volta Siamo nel cuore delle Quattro Province, a
pochi chilometri in linea d’aria del Monte Chiappo, dove tre di queste sono confinanti: Alessandria che corre da nord a sud sul lato occidentale, separata da Pavia e da Piacenza dalla dorsale appenninica, con queste due che invece occupano rispettivamente il versante nord-est e quello sud-est del monte. Sul confine amministrativo tra le province di Piacenza e Pavia parte la seggiovia che collega la vetta del Chiappo al paese sottostante, Pian del Poggio (PV), una seggiovia purtroppo non attiva che ha fatto morire sia il turismo sportivo invernale sia quello estivo. Pian del Poggio in passato era una rinomata località invernale dell’Appennino, così come era facilmente raggiungibile dal tortonese, dal pavese e dal piacentino. Era nota anche come località “bike friendly”, infatti, a inizio degli anni duemila si correva una tappa del circuito italiano DH, molto apprezzata dai discesisti. Sembra che sia in fase di partenza un progetto
Il cosiddetto “saltino sotto la seggiovia” sul trail DH3 di Caldirola
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per il ripristino della seggiovia, del rifugio sul Monte Chiappo, e per la creazione di una vera rete sentieristica dedicata alla mountain bike, non ci resta che incrociare le dita! Terra di mezzo Questa terra di mezzo è rimasta attiva, per fortuna, con Caldirola che ha resistito negli anni, anzi, evolvendosi sino a un abbozzo di vero e proprio Bike Resort. Ha affiancato piste prettamente gravity ad altre più all-mountain/ enduro, oltre agli anelli d’alta quota, come quello dei tre rifugi (numero 10) che corre tra Val Curone e Val Borbera. Ci sono stati alti e bassi nella storia di Caldirola, ma dopo la recente iniezione di “moneta” e di entusiasmo da parte del nuovo proprietario della seggiovia, il mitico Andrea “Charlie” Torrazza, sembra che il futuro del bike park dell’Alta Val Curone sia garantito. Di recente apertura è la pista Freeride Capannina, dedicata agli amanti del gravity ancora alle prime armi, anche se promette divertimento ai rider più “skillati”. Tra gli ultimi nati, il più rappresentativo è però il trail inizialmente chiamato “Sentiero del Ponte” (dal ponte di legno realizzato dagli amici Luciano Duca, Paolo Nobile, Nicola Borgia e Carlo Dall’Occhio), poi identificato come All-Mountain Capannina e infine come Lapierre Fun. È il sentiero più lungo, con maggiore dislivello negativo, e forse anche il più divertente, sicuramente il più flow e moderno, adatto anche per questo a biker principianti. Credo che il nome faccia presagire tutto, quindi possessori di full da 6” circa sapete già cosa aspettarvi! Appena fuori dell’area del bike park, con inizio sulla sella prospicente il vicino Monte Giarolo, abbiamo altri tre sentieri: Peter Pan, DownGiarolo e 365. Sono tracciati dedicati all’escursionista duro e puro, l’amante del mountain biking a 360°, che può farsi un bel giro prevalentemente in discesa servendosi della seggiovia per guadagnare rapidamente e agevolmente quota, passando tra verdi prati e freschi boschi. Il più lungo ed
entusiasmante è il DownGiarolo, con due varianti che scendono rispettivamente ai Laghi della Malvista (DownGiaroloToMalvista o DownGiarolo Classic), tra Fabbrica Curone e Gremiasco, e a San Sebastiano Curone (DownGiaroloToSanSe), con l’ultima parte in comune con il rientro dell’itinerario pedalato “Il sentiero delle Ginestre” (numero 8). 365 e Peter Pan invece arrivano a Caldirola, passando prima all’interno di fitte faggete e uscendo poi all’aperto su verdi prati, con il secondo che attraversa anche uno splendido bosco di abeti bianchi. Caldi Rock’N’Rolla Caldirola nel tempo è diventata una delle località più frequentate e apprezzate dai biker liguri, piemontesi e lombardi, per vari motivi. È tra le prime località servite da impianto di risalita che apre, tra le ultime – se non l’ultima! – che chiude, l’ambiente è amichevole, i pratoni e le creste appenniniche disegnano uno scenario unico con la vista che, nelle giornate più serene, spazia dal Monte Rosa fino alle Alpi Marittime perdendosi nel Mar Ligure. Ma Caldirola è soprattutto Caldi Rock’N’Rolla! Milanesi e genovesi, i più affezionati, che s’incontrano, si conoscono, fanno amicizia, grazie anche al punto di ritrovo a fine piste, il bar La Capannina, vero e proprio meeting point in pausa pranzo o a fine giornata di discese per una birra. I percorsi non saranno i più belli del panorama nazionale, la seggiovia in realtà fa molto “lentovia”, ma difficilmente chi ci capita una volta non ritorna… Piste DH/FR Qui mi concentrerò sui sentieri di stampo all-mountain/enduro, dedicando un breve paragrafo ai trail gravity, su cui si poggia il bike park. Il principale è conosciuto come DH Capannina, su cui si corre ogni anno la gara di discesa, uno dei principali appuntamenti del circuito nazionale di downhill in mountain bike.
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Bike Park Caldirola
Abbiamo poi le DH1, DH2 e DH3, le prime due sono le vecchie piste da discesa, riviste nel corso degli anni sino ad arrivare al tracciato attuale, più all’insegna del divertimento che alla pura ricerca del risultato cronometrico. Il divertimento è al centro della DH3, ricca di cambi di pendenza e direzione. Della FR Capannina ho già parlato, chiudo con la variante iniziale della DH3, ricca di curve in appoggio che si inserisce sul tracciato storico all’inizio della parte conclusiva. Nel complesso è un bike park vecchia scuola, con sentieri prevalentemente naturali adattati alla pratica dell’interpretazione più ludica del mountain biking. Ora è giunto il momento di parlare dei trail di stampo escursionistico. DownGiarolo Classic Si parte dalle pendici del Monte Giarolo e si arriva ai Laghi della Malvista, passando
per Serbaro, Gregassi, e Costa dei Ferrai. È un itinerario prevalentemente in discesa per circa un’ora di divertimento. Si passa prima su tracce boschive poi all’aperto sul fondo sabbioso dei calanchi, attraversando anche tratti sassosi, per un tracciato immerso completamente nella natura rigogliosa di questo splendido angolo di Alta Val Curone. Dulcis in fundo, la possibilità di merendona finale ai Laghi della Malvista, con prodotti rigorosamente locali! Così come avviene per gli altri sentieri e anelli, si parte da Caldirola, dove si lasciano le auto, prendendo la seggiovia che porta alle pendici del Monte Gropà. Da qui si pedala in cresta verso il Monte Giarolo, sul cui versante occidentale troviamo indicato il punto di partenza della discesa DownGiarolo, entrata a far parte recentemente dei sentieri “ufficiali” CAI (sezione di Tortona).
Il Bar Paninoteca La Capannina, tradizionale meeting point a pranzo e a fine giornata
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Nel complesso si tratta di una piacevole variante allungata della DownGiarolo Classic, sempre con grande ricchezza di ambienti, terreni e situazioni incontrate.
Info Distanza
11,5 km circa
Dislivello positivo 64 m ca.
Dislivello negativo 1.072 m ca.
Quota minima 430 m ca.
Quota max 1.440 m ca.
Difficoltà
2
Info Quota partenza 1.440 m ca.
Impegno fisico 1
Periodo consigliato
maggio-ottobre
DownGiaroloToSanSe Nata come variante, è diventata, dopo l’interessamento del CAI di Tortona, la versione ufficiale, entrata di diritto nella rete sentieristica con il numero 151. Come la DownGiarolo Classic – o DownGiaroloToMalvista – scende in picchiata dal monte omonimo verso la Bassa Val Curone, in questo caso con parte finale che rimane in quota per poi concludersi con l’ultimo tratto a pendenza negativa verso San Sebastiano Curone. Quest’ultimo è già fulcro di altri anelli come il Sentiero delle Ginestre o le Gobbe del Cammello (8 e 10), tutti opera del gruppo di “ragazzi” - Carlo, Nicola, Paolo, Stefano e Luciano - che opera magnificamente in Val Curone per ripristinare vecchi sentieri all’uso mountain bike. È possibile, come nel caso precedente, risalire a pedali da Caldirola alle pendici del Monte Giarolo, evitando la prima parte su seggiovia seguita poi da un breve tratto pedalato in cresta dal Monte Gropà. In pratica si tratta dell’ultimo segmento del Peter Pan percorso in senso inverso. Poi prosegue in comune sino alla parte che costeggia Pradaglia, sotto il Monte Sigretta. Da qui continua prendendo in discesa a sinistra, seguendo per Codevico, con ultima breve discesa per innestarsi sul lungo Curone e arrivare in scioltezza a San Sebastiano.
Distanza
20 km circa
Dislivello positivo 325 m ca.
Dislivello negativo 1.180 m ca.
Quota minima 330 m ca.
Quota max 1.440 m ca.
Difficoltà
2
Quota partenza 1.440 m ca.
Impegno fisico 2 Periodo consigliato
maggio-ottobre
Lapierre Fun Il Lapierre Fun è nato come Sentiero del Ponte per poi acquisire il nome di All-Mountain Capannina, sino alla denominazione attuale. È un tracciato che corre all’interno del Bike Park di Caldirola, qui proposto con la partenza nei pressi della sella prospicente la vetta del Monte Panà, raggiunta seguendo il sentiero che dall’arrivo della seggiovia passa per il Passo di Brusamonica. Il primo tratto è in costa con magnifico panorama verso la Liguria – nelle giornate serene e con vento di tramontana la vista spazia sino al mare abbracciando sullo sfondo le Alpi Marittime – poi si immerge in un fitto bosco andando a prendere la traccia tradizionale e seguendola sino alla conclusione appena sotto il Villaggio La Gioia. È un sentiero fluido e scorrevole, con fondo prevalentemente terroso compatto, caratterizzato dai numerosi cambi di ritmo e pendenza e da un ponte in legno nella parte centrale, che attraversa un profondo canale.
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Bike Park Caldirola
Info Distanza
4,3 km circa
Dislivello positivo 100 m ca.
Dislivello negativo 450 m ca.
Quota minima 1.060 m ca.
Quota max 1.440 m ca.
Difficoltà
2
Quota partenza 1.440 m ca.
Impegno fisico 1 Periodo consigliato
maggio-ottobre
Peter Pan Il Peter Pan è un sentiero all’insegna del flow e delle contropendenze, recuperato e ripulito da Luciano, Carlo, Paolo e Stefano del gruppo MTB Val Curone. Parte attraversando una splendida faggeta, con un sviluppo fluido e poco pendente. Presenta numerose variazioni di ritmo, transita in radure e guadi, ha un entusiasmante passaggio in un bosco di abeti bianchi, per confluire nel tratto finale sugli ampi pratoni adibiti al pascolo che ritroviamo anche nel trail seguente, il recentissimo 365. Info Distanza
6,1 km circa
Dislivello positivo 150 m ca.
Dislivello negativo 500 m ca.
Quota minima 1.040 m ca.
Quota max 1.440 m ca.
Difficoltà
2
Quota partenza 1.430 m ca.
Impegno fisico 1 Periodo consigliato
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maggio-ottobre
365 L’ultimo nato tra i sentieri dell’Alta Val Curone, condivide il punto di partenza con DownGiarolo e Peter Pan. Ha uno sviluppo prettamente boschivo, con una parte iniziale tortuosa e ripida, prosegue poi più fluido dopo l’innesto con il sentiero CAI 107 “Caldirola-Monte Giarolo”, che si segue quasi integralmente sino alla fine del secondo terzo. Da qui in poi si scende su un’ampia radura, con il sentiero che diventa velocissimo, prima del tratto finale più guidato: dopo un breve boschetto, si sbuca sui pascoli, procedendo sulla traccia in comune con il trail Peter Pan. Info Distanza
4,5 km circa
Dislivello positivo 90 m ca.
Dislivello negativo 420 m ca.
Quota minima 1.040 m ca.
Quota max 1.440 m ca.
Difficoltà
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Quota partenza 1.430 m ca.
Impegno fisico 1 Periodo consigliato
maggio-ottobre
Contatti Web www.seggioviacaldirola.it Tariffe e orari Giornaliero 18 euro Corsa semplice 6 euro Pomeridiano adulto 12 euro La seggiovia è aperta tutti i fine settimana da inizio primavera a tardo autunno, con orario continuato dalle 9:30 alle 17. Ad agosto nelle tre settimane centrali è aperta tutti i giorni con pausa pranzo di un’ora, il w-e invece sempre con orario continuato. Altrimenti per gruppi numerosi è possibile concordare l’apertura straordinaria previa conferma. Servizi Noleggio bike e attrezzatura (protezioni, casco integrale): cell 338 2709510. Scuola di mtb (su prenotazione): Silvio Gavotto, maestro FCI DH/FR, cell 347 8980099. Lavaggio bici e locale con docce e spogliatoi. Sentieri Difficoltà media: FR Capannina, Lapierre Fun Difficoltà medio/alta: DH1, DH2, DH3, DH Capannina
Come arrivare Autostrada A7 uscita Tortona, seguire le indicazioni Val Curone e “Bob & Downhill Park” sino ad arrivare alla località La Gioia, appena sopra l’abitato di Caldirola, dove parte la seggiovia. Per chi arriva da Asti/ Torino o da Piacenza, Autostrada A21 uscita Voghera, da qui seguire prima per Rivanazzano e per Volpedo/Monleale poi, inserendosi sull’itinerario principale all’altezza di Monleale. Dove alloggiare Numerose sono le offerte in zona, sia in Alta sia in Bassa Val Curone. All’indirizzo che segue trovate una lista di alberghi: www.fabbricacurone.it/alberghi-1.htm. Per camping, agriturismo e B&B invece il riferimento è questo: www.fabbricacurone. it/campeggi.htm. I nostri preferiti in ogni caso sono il Camping Val Curone, a cinque minuti di auto (www.campingvalcurone.it), l’Albergo Ristorante Da Rico a Salogni (www.daricoalbergoristorante.it), e l’ASD Laghi della Malvista (cell 348 5540518) a Fabbrica Curone, dove finisce una delle più lunghe discese della zona. Da Rico e i Laghi della Malvista sono meritevoli di una sosta anche per l’ottima cucina, il primo anche e soprattutto per i magnifici primi piatti!
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Bike Park Santo Stefano d’Aveto
I bike park delle Quattro Province - Bike Park Santo Stefano d’Aveto Bike Park Santo Stefano d’Aveto È una new entry tra i bike park italiani, con un paio d’anni di vita sulle spalle. L’offerta è già molto buona, con quattro sentieri ben pensati e differenziati per grado di difficoltà, meno per tipologia essendo tre di stampo enduristico e solo uno pensato espressamente per la downhill. Nel 2014 saranno aperti altri tracciati, mantenendo la medesima filosofia ispiratrice: trail naturali, più guidati che veloci. In realtà la località di partenza e arrivo non è Santo Stefano d’Aveto, bensì la frazione che sta poco meno di 250 m più in alto, Rocca d’Aveto. Da qui parte la seggiovia che porta nei pressi del Prato della Cipolla, da dove ci dirigiamo ai vari punti di partenza delle quattro tracce: nord-ovest per Magadà, a ovest per Salamandra, Anonymous e Day Hospital. Da Prato della Cipolla non mancano alternative più escursionistiche, tra cui l’Anello del Monte
Bue (n. 26) e le sue varianti, come la discesa dal Rifugio Astass a Rocca d’Aveto e quella dal Groppo Rosso a Santo Stefano d’Aveto (necessario risalire su asfalto o con auto lasciata provvidenzialmente in paese). Passione e mestiere Il bike park è nato grazie alla lodevole iniziativa del gruppo di maestri mtb di Santo Stefano d’Aveto, che rispondono ai nomi di Matteo Rossi, Marco Dellacasagrande, Sandro Cella, Massimo Tosi e Mario Laneri. Hanno lavorato sin dall’inizio con intelligenza e mestiere, senza strafare, realizzando da biker quello che piace ai biker: trail per ogni gusto, sia per tipologia sia per difficoltà. Nei primi due anni i sentieri si sono affinati, con i trail adattati alla mtb e strutture artificiali sempre curate, anche e soprattutto per la sicurezza. E chiunque voglia progredire, può sempre contattare i maestri per essere accompagnati DH old school al Bike Park di Santo Stefano d’Aveto
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sui trail del bike park, così da accrescere il proprio skill, sempre divertendosi. Un’altra iniziativa lodevole è stata la creazione, nel 2013, di una pista appositamente pensata per i biker in erba, collocata nella zona della vecchia sciovia vicino alla partenza della seggiovia. Per finire, il bike park ha goduto della giusta promozione con una serie di gare enduro e dh organizzate sui sentieri del bike park – circuiti regionali Ultraenduro e DH – e un corso di guida organizzato in collaborazione con il noto freerider Jack Bisi. Non c’è niente di meglio che far conoscere un comprensorio meritevole d’attenzione per la bellezza del paesaggio, per il buon mangiare e buon bere, e per le ampie possibilità di divertimento in sella alle amate mtb. Fine settimana in mtb Consiglio a tutti di prevedere un fine settimana in loco, considerato il fatto che Santo Stefano d’Aveto richiede almeno due ore di viaggio, su strade non proprio scorrevoli, per essere raggiunta dai biker che risiedono nelle zone intorno ai principali centri urbani (pavese, piacentino, alessandrino, Genova). Così possiamo ottimizzare la giornata in sella senza stancarci troppo (quattro d’ore in auto più almeno sei in mtb sono in grado di stroncare anche il biker più allenato), una considerazione che non vale però per chi risiede a meno di un’ora di viaggio. L’ideale sarebbe dedicare un giorno all’Anello del Monte Bue, e l’altro ai trail del bike park, per un divertimento realmente a 360°. Magadà – Enduro È forse il tracciato più frequentato e apprezzato del bike park: ha uno sviluppo all’insegna del flow, adatto sia a chi vuole iniziare a divertirsi in discesa sia a chi è più preparato tecnicamente e vuole spingere al massimo. In ogni caso, diventa facile acquisire il giusto ritmo, che accompagnerà il biker sino alla sua conclusione, per poi risalire e ricominciare a godere!
Info Segnaletica Triangolo azzurro + n.1 su fondo bianco Distanza
1,15 km circa
Dislivello
310 m ca.
Quota minima 1.270 m ca.
Quota max 1.570 m ca.
Difficoltà
2
Quota partenza 1.570 m ca.
Impegno fisico 1 Periodo consigliato
giugno-settembre
Salamandra – Enduro Con la Salamandra si inizia a fare sul serio: offre il giusto mix tra ritmo e tecnicità. Nel 2013 è stato aggiornato, per renderlo più divertente e sicuro, esaltando ancora di più il naturale flow. È caratterizzato da una grande varietà, con numerosi cambi di pendenza e direzione, con il terreno che passa rapidamente dallo scassato al morbido sottobosco, e dall’ormai famoso salto sotto la seggiovia. Info Segnaletica Triangolo rosso + n. 2 su fondo bianco Distanza
1,23 km circa
Dislivello
250 m ca.
Quota minima 1.360 m ca.
Quota max 1.570 m ca.
Difficoltà
3
Quota partenza 1.570 m ca.
Impegno fisico 1 Periodo consigliato
giugno-settembre
57
Bike Park Santo Stefano d’Aveto
Day Hospital – Enduro Già a leggere il nome si intuisce la tipologia di trail: impegnativo, sia per pendenza sia per tecnicità del terreno. Rappresenta una versa sfida, almeno le prime volte che lo si percorre, farlo tutto d’un fiato, senza pause e/o incertezze per capire dove passare. Se non si era ancora capito, serve un gran pelo e un grandissimo colpo d’occhio. Anche il Day Hospital nel 2013 è stato modificato, all’insegna del divertimento e della sicurezza, ma senza essere snaturato permanendo la difficoltà massima. Info Segnaletica Triangolo nero + n. 4 su fondo bianco Distanza
1,11 km circa
Dislivello
280 m ca.
Quota minima 1.280 m ca.
Quota max 1.545 m ca.
Difficoltà
4
Quota partenza 1.545 m ca.
Impegno fisico 1 Periodo consigliato
58
giugno-settembre
Anonymous – DH Anonymous è la pista da discesa del bike park, un tracciato vecchia scuola che punta tutto sulla tecnicità del fondo e dei passaggi naturali. Non mancano le strutture artificiali, come ogni moderna pista da dh che si rispetti. Nel 2013 è stato modificato per un miglior compromesso tra velocità e tecnicità, prediligendo la prima sulla seconda, ma senza perdere il DNA da downhill. Info Segnaletica Triangolo rosso + n. 4 su fondo bianco Distanza
1,25 km circa
Dislivello
200 m ca.
Quota minima 1.300 m ca.
Quota max 1.470 m ca.
Difficoltà
3
Quota partenza 1.470 m ca.
Impegno fisico 1 Periodo consigliato
giugno-settembre
Contatti Web maestridisciemtbaveto.it/MTB/; mail info@maestridisciemtbaveto.it; cell 340 9327252 (Pietro Squeri, apertura seggiovia), 338 6645512 / 339 1796365 / 348 5545008 (Massimo / Matteo / Marco, guide mtb). Tariffe e orari Costi: giornaliero 15 euro; pomeridiano 10 euro; due giorni consecutivi 25 euro. Tutti i week end di luglio dal 14; tutti i giorni ad agosto; settembre e ottobre, da verificare le condizioni L’orario di apertura della seggiovia è il seguente: dalle 10:00 alle 13:00 e dalle 14:0 alle 18:00. Servizi Noleggio bike: Ezio Bike, web www.facebook.com/ezio.bike, www.eziobike.it Sentieri Difficoltà media (blu): Magadà-Rosa Difficoltà medio/alta (rossa): SalamandraGiallo, Anonymous-Fucsia Difficoltà alta (nera): Day HospitalArancione Come arrivare
Santo Stefano d’Aveto, in Val d’Aveto, nella provincia di Genova, è raggiungibile con relativa facilità anche dalle province di Piacenza e Alessandria. Da Genova: Autostrada A12 uscita Lavagna, proseguire per Carasco, Borzonasca, Rezzoaglio, Santo Stefano; oppure via Molassana, Prato, Bargagli, tunnel Ferriere, Val Fontanabuona, bivio a Monleone per Favale e passo della Scoglina, Rezzoaglio, Santo Stefano. Da Piacenza: Val Nure, Ponte dell’Olio, Bettola, Ferriere, Passo del Tomarlo, Santo Stefano; oppure Val Trebbia, Rivergaro, Bobbio, bivio a Marsaglia per Val d’Aveto, Santo Stefano. Da Parma: Autostrada della Cisa, uscita Borgotaro, proseguire per Bedonia, Passo del Tomarlo, Santo Stefano. Dove alloggiare Due sono gli alberghi convenzionati con il Bike Park di Santo Stefano d’Aveto: Leon d’Oro e San Lorenzo. All’indirizzo che segue trovate tutte le offerte per i biker e per i loro accompagnatori: maestridisciemtbaveto.it/MTB/portfolioitems/convenzioni-alberghi/
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VERSANTE SUD MOUNTAIN BIKE MTB - VTT
COLLANA LUOGHI VERTICALI
www.up-climbing.com
itinéraires au pied des grands sommets
IN THE AOSTA VALLEY
COLLANA LUOGHI VERTICALI
Arco, secret spot. Climber Florian Riegler, photo Marco Spataro
Fabrizio Charruaz Gianfranco Sappa Daniele Herin Sergio Borbey
61 Itineraries below its 4,000 metre peaks Fabrizio Charruaz Gianfranco Sappa Daniele Herin Sergio Borbey
MOUNTAIN BIKE IN VALLE D’AOSTA 61 itinerari ai piedi dei 4.000
61 itinerari ai piedi dei 4.000
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VTT EN VALLÉE D’AOSTE MOUNTAIN BIKING
Fabrizio Charruaz Gianfranco Sappa Daniele Herin Sergio Borbey Fabrizio Charruaz Gianfranco Sappa Daniele Herin 61 Sergio Borbey
MOUNTAIN BIKE IN VALLE D’AOSTA
UP annuario di alpinismo europeo UP annuario di alpinismo europeo
61 Itineraries below its 4,000 metre peaks
MOUNTAIN BIKING IN THE AOSTA VALLEY
61 itinéraires au pied des grands sommets
Arco, secret spot. Climber Florian Riegler, photo Marco Spataro
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VTT EN VALLÉE D’AOSTE Arco, secret spot. Climber Florian Riegler, photo Marco Spataro
ph. VisaMultimedia, Paolo Rey
ph. VisaMultimedia, Paolo Rey
ARRAMPICATA ALPINISMO ARRAMPICATA BOULDER ALPINISMO TREKKING BOULDER CANYONING TREKKING MOUNTAIN-BIKE ISBN 978-88-96634-36-3 CANYONING ARRAMPICATA E 27,80 www.versantesud.it ALPINISMO MOUNTAIN-BIKE ISBN 978-88-96634-27-1 BOULDER E 27,80 www.versantesud.it TREKKING CANYONING MOUNTAIN-BIKE ISBN 978-88-96634-25-7 E 27,80
COLLANA LUOGHI VERTICALI
GUIDE ROMANZI MANUALI
sapranno appagare sia il principiante che si sta avvicinando al mondo della mountain bike che il biker esperto alla ricerca di sensazioni forti. La descrizione dei tours del Fallère, del Monte Bianco e del Grand Combin completa questa guida e offre la possibilità di intraprendere un vero e proprio viaggio in mountain bike intorno a questi magnifici 4.000. Non vi resta che saltare in sella alla mountain bike e partire alla scoperta di questa straordinaria regione e dei suoi sentieri più belli! ph. VisaMultimedia, Paolo Rey
D TE SU SANSUD VERN TESUD SA NTE VERA VERS
GUIDE ROMANZI GUIDE MANUALI ROMANZI MANUALI
www.versantesud.it Une sélection de 61 itinéraires de VTT au pied des plus hauts sommets de la chaîne des Alpes vous révèleront des coins cachés de cette magnifique région qu’est la Vallée d’Aoste. A travers bois, pâturages et cols, du fond de vallée jusqu’à la haute montagne,Aen suivant sentiers des chemins agricoles, choice of de 61 simples mountain bikingouitineraries at the foot of the most les itinéraires proposés sauront captiver aussi bien qui s’initient beautiful mountains of the alpine arc ceux will help you discover the au VTT quehidden les experts à laofrecherche de sensations fortes. corners this beautiful region: Val d’Aoste. La description des tours du Mont Fallère, Montfrom Blancvalley et du bottoms Grand to the Through woods, pastures andducols, Combin complètent et permet d’entreprendre véritable heights of ce theguide the mountains, following singleuntrack or farm roads, www.versantesud.it voyage en the VTT itineraries autour de ces magnifiques sommets plus de 4000 m. off as well offered will satisfy both de beginners starting Il ne vous as reste plus qu’à vous mettre selle de vélo et partir seasoned mountain bikersen looking forvotre a thrill. à la découverte de cette région et de ses ofplus The guide bookextraordinaire finishes off with a description thebeaux tours of Fallère, sentiers! Mont Blanc and Gran Combin offering the possibility of undertaking Una selezione di 61 itinerari in mountain bike ai piedi delle più alte a real mountain bike cime journey aroundalpino, these magnificent 4.000 metre dell’arco vi faranno scoprire angoli nascosti di questa peaks. bellissima regione: la Valle d’Aosta. All you have to do is Attraverso jump on toboschi, your saddle set offdalto fondovalle discover all’alta montagna, pascoliand e colli, this extraordinary region and its beautiful percorrendo single paths! track o strade poderali, gli itinerari proposti
Fabrizio Charruaz Gianfranco Sappa Daniele Herin Sergio Borbey Fabrizio Charruaz Gianfranco Sappa Daniele Herin Sergio Borbey
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Fabrizio Charruaz, né à Aoste le 22 Janvier 19 fan de VTT. En 1997, il devient moniteur de VT Italienne de cyclisme. En 2001 il reçoit l’habilit le régistre régional des moniteurs de VTT. En F.C.I de l’enseignement de la discipline du Charruaz Fabrizio, was born indeA de l’Association valdôtaine des moniteurs a young has always had a gre municipalités pour laage réalisation de parcours d becomes a level 1 MTBLainstructor excursions pour jeunes et adultes. passion p his regional qualification and beco incité à prendre part à diverses compétitions, e instructors in Val d’Aoste and in 2 de Maxi et Mega Avalanche. downhill. He is one of the found with various local Gianfrancocollaborated Sappa est né Ormea (CN), le c1 biking itineraries and he organizà enfance, la passion de la montagne l’amène and adults. Hisdevenu passionguide for freerid les Alpes Maritimes. Enfin de m part in many competitions especi passion en un véritable métier qu’il exerce enco millénaire, ilAvalanche. se rapproche du VTT et en 2005 Charruaz VTT, commençant à accompagner ses clientsapà grande born indell O pied, mais àSappa vélo. Gianfranco was livello a young age passionregionale, for mou À l’heure actuelle, il esthistitulaire d’un site Heà becomes aottenuto Mountai organise dessummits. excursions VTT autour du Monla profession whichque hedans still carries toute la Vallée d’Aoste ainsi Alpes È les uno dei approaches mountain biking and i collaborato accompanying his clients mou Daniele Herin est né à Aoste en 1969, qual di up mounta is currently thedeowner of en www.b par la fédération italienne cyclisme 200p passione mountainamis, bikel’école around Mont 2004, avec quelques decompetizio vélo deBla VT as well as le theterritoi Mari la pratique d’Aoste du vélo region tout-terrain dans organise pour la première fois en Italie, la Maxi Sappa Gia Herin Daniele wasgenre born in Aospd caractéristiques uniques en leur faisant passione instructor inà2003 the Italia une descente fascinante partir with du glacier italo Finalmente sport and a fewetfriends in 20 à 3500m. Depuis lors,with il étudie collabore à el una vera with the aim of promoting off roa VTT sur la Vallée d’Aoste. millennio In 2004 he organizes, for the inizia first MTB, marathon is en unique its ki Sergio Borbey est néwhich à Aoste 1968, mainingrand bicic descent which starts the de la course en montagne, de off skifrom alpin et 3 che organi then on he lestudies andedecollabora Pisteur Secouriste dans domaine de l inski tutta itineraries all over region’s ter qualifié moniteur de VTT par lathe Fédération de transmettre son expérience chez les Herin jeunes.Dan De inmountain Aosta inb du bike parcBorbey de Pila. Sergio, En 2005born il obtient l’habil cross-country skiing, and dans le registre régional des moniteurs de VTTf nelcycling. 2004 as a Pisteur Secouriste allo (safety an scopo instructor with the Italian delCycling Monte sharing his experience in theAvala you Maxi Park of Pila. In 2005 he obtainssc facendo bike instructor. del ghiacc creazione d
Borbey Se corsa in m (sicurezza conseguito Italiana, si 2002 si oc professiona
EDIZIONI VERSANTE SUD
EDIZIONI VERSANTE SUD
UP annuario di alpinismo europeo www.up-climbing.com
EDIZIONI VERSANTE SUD
www.versantesud.it
COLLANA LUOGHI VERTICALI
ISBN 978-88-96634-78-3
E 29,00 ISBN 978-88-96634-80-6
E 29,00
Enrico Raccanelli Luca De Antoni
Enrico Raccanelli Luca De Antoni
MOUNTAINBIKEN INMOUNTAIN DEN DOLOMITEN BIKE
Con la collaborazione di Tazio Isgró Themel
DOLOMITI 52 Ringtouren
Primiero – S. Martino di Castrozza Cortina d’Ampezzo – Val Boite 52 itinerari ad anello Agordino – Val Fiorentina Zoldotal – Longarone Cadore – Comelico Primiero – S. Martino di Castrozza Grödental Cortina d’Ampezzo – Val Boite Fleimstal Agordino – Val Fiorentina Pustertal Val di Zoldo – Longarone Fassatal Cadore – Comelico Gadertal Val di Fiemme Val Gardena Val di Fassa Val Pusteria Val Badia
52 itinerari ad anello
IN
52 Ringtouren
SPORTKLETTER ALPINISMUS ARRAMPICATA EIS UND SCHNEE ALPINISMO BOULDERN BOULDER WANDERN TREKKING MOUNTAINBIKEN CANYONING MOUNTAIN-BIKE
Enrico Raccanelli Luca De Antoni In Zusammenarbeit mit Tazio Isgrò Themel
MOUNTAIN BIKE IN DOLOMITI
UND GUIDE FÜHRER ROMANZI MANUALI
COLLANA LUOGHI VERTICALI
Enrico Raccanelli Luca De Antoni
VERSANTE SUD VERSANTEBERGBÜCHER SUD
MOUNTAINBIKEN IN DEN DOLOMITEN
www.versantesud.it Dieser Führer ist das Ergebnis von ca. 20 Jahren Leidenschaft für das Mountainbike und bietet eine sorgfältige Auswahl der schönsten Strecken in den Dolomiten. Questa guida è Touren frutto divariieren circa vent’anni di Die vorgeschlagenen per la mountain bike in e contiene in Länge,passione Höhenunterschied, sowie un’accurata selezione Anspruch. degli itinerari più technischem und physischem interessanti delle ringförmig, Dolomiti. Alle Touren verlaufen wir I percorsi proposti sono di differenti durchqueren stets neue und unerwartete lunghezze, dislivelli difficoltà fisica Landschaften und können so das eAbenteuer e tecnica. Sono inoltre “ad anello”, in Mountainbike in vollem Ausmaß genießen. quanto attraversando luoghi sempre In einem Umfeld mit einzigartigem nuovi e inaspettati è possibile raggiungere Panorama folgen auf schöne Anstiege il massimo divertimento soddisfare i über Schotterund Forstwege tollee und propri desideri di esplorazione. abwechslungsreiche Abfahrten, die jede Si tratta di appaganti salite su Menge Spaß versprechen. Wirstrade habensterrate e forestali, unite a discese sempre Passagen auf verkehrsreichen Straßen aufdivertenti e varie per tipologia di terreno e difficoltà, ein Minimum reduziert und Strecken in der inserite in un contesto unico Natur, weit ab von Verkehr und panoramico Abgasen al mondo. Abbiamo limitato al massimo den Vorzug gegeben. In einigen Fällen strade trafficate, privilegiando empfehleni tratti wir diesuNutzung von Seilbahnen i tracciati immersi nella um natura, oder anderen „Erleichterungen“, die lontani damöglichst mezzi motorizzati, rumori e gas di Touren für viele MTB-Liebhaber scarico. In alcuni casi è proposto o zugänglich zu machen. Das Ganze wird suggeritodurch l’utilizzo deglibesonders impianti di risalita vervollständigt eine o altre facilitazioni, in modo da rendere sorgfältige Aufbereitung und hochwertiges praticabili gli itinerari al maggior numero Bildmaterial. Neben dem sportlichen Aspekt di appassionati. Il tutto è completato da sind die vorgeschlagenen Touren auch ein un “editing” particolarmente curato toller Anstoß für die Entwicklung neuer e da contenuti fotografici di alto livello. Formen des Tourismus, zum Vorteil der Oltre agli aspetti puramente sportivi, le lokalen Kommunen und im Einklang mit proposte qui contenute costituiscono un der Natur. ottimo spunto di sviluppo verso forme molto interessanti di turismo sostenibile, a vantaggio dell’ambiente e delle comunità locali.
Enrico Rac 30. April 1 nedig gebo im Zoldota Enr Umweltwis studiert. Ven Er è berater un di großer Lieb am Bergsports. tive teil seiner qua ber bringt er in den Dolomiten, die er ken con Westentasche. Der Experte für Meteo senL Kartographie widmet sich mit großer di dem Mountainbiken und Freeride Sno frequentato e dove ritrova spess So gehendella auchfamiglia hier einige e gli „Erstabfahrt amici più ca und Board auf sein Konto. Zusammen meteorologia e cartografia e si d Freund Luca hatmountain er beschlossen einen ne alla bike e allo sno questi attrezzi al suo attivo ci son für die Dolomiten zu schreiben, auch u discese, realizzate molti Tourismuse in diesem Gebietdopo voranzutre
l’amico Luca ha deciso di scriver i più bei percorsi di mountain b De sos An per promuovere loLuca sviluppo in Bologna questa regione.
ist Pharm beschäftigt Luc Actionsport Bol sefotograph ma „dicke Reife tog scher Schne via für ihn gra se Jungend pre die gio lebt, Spaß hat, reist und Fotos macht div rung als Fotograph und Biker brachte re zusammen mit seinem Freund Enrico sm jekt zu verwirklichen. Als Fotograph rienza fatta nel mondo della fot heute impassati Bereich MTB, in sella allaFreeride mountainund bi mus mit dolomitiche Firmen und Magazinen zus assieme al caro amic tatound a voler realizzare pro organisiert nimmt Teil questo an Exped in veste diOrten fotografo Reisen zuCollabora verschiedensten derc aziende, in ambito di sci Dab free Fotos macht undsia Artikel schreibt. in ambito di mountain bike, per l er Kanada, Japan, Island, Tansania, Sü e cataloghi. Organizza e partecip Grönland.in diversi luoghi del pianeta, do
fotografico e articoli dando libero nello sci, la mountain bike e i via gia. Recentemente ha svolto qu Giappone, Islanda, Tanzania, Sud
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Alessandria 62
Alessandria In provincia di Alessandria termina il suo corso il Torrente Scrivia, oltre a trovarsi le vallate minori del Grue, dell’Ossona, del Borbera e del Curone. Il Torrente Scrivia, nasce in Liguria dalle pendici del Monte Prelà e nel primo tratto, sino alla confluenza nel Pentemina, è chiamato Laccio. La bassa valle dello Scrivia corre in Piemonte dopo aver passato il paese di Pietrabissara, lasciando alla sua sinistra la città di Novi Ligure. Qui il paesaggio è prettamente pianeggiante e, dopo aver fiancheggiato i Colli Tortonesi, termina il suo corso nel Po appena dopo aver superato il confine tra Piemonte e Lombardia, tra le province di Alessandria e Pavia. I Colli Tortonesi abbracciano a oriente la città di Tortona, con le minuscole e caratteristiche vallate del Grue e dell’Ossona. La Valle Ossona è la più breve, lunga circa 12 km in tutto, partendo dalle pendici del Monte San Vito, e confluendo nello Scrivia poco a sud di Tortona. L’alta valle è quella più caratteristica, con le ripide e spettacolari pareti dei calanchi, mentre quella bassa ha un dolce andamento collinare. La Val Grue si estende dalla zona est di Tortona sino a Garbagna, in una zona pianeggiante che si allunga, via via restringendosi, sino a dividersi in due rami: uno sale verso lo spartiacque meridionale con la Val Borbera, l’altro invece segue il Grue sino alle sorgenti sotto Montebore, dividendosi in un altro ramo minore sino a Dernice, nei pressi della cresta separatoria con la Val Curone. Anche questa vallata è caratterizzata dai dolci pendii collinari, a parte l’alta valle che condivide con le confinanti Val Curone e Val Borbera gli irti e sabbiosi calanchi. I salti tra una valle e l’altra sono facili, grazie ai crinali divisori di lieve entità. Il transito da Valle Scrivia a Valle Ossona prima, a Val Grue poi, e infine in Val Curone, è relativamente rapido, a parte nelle zone più alte di ognuna, in cui le vie di comunicazione scompaiono
quasi del tutto, obbligandoci a passare dal comodo asfalto a più lenti ma più tranquilli sterrati e sentieri. La Val Curone offre, rispetto alle precedenti, una maggiore apertura verso le montagne, chiusa a sud e a est da due diramazioni della cruciale dorsale dell’Antola. Il fulcro è il Monte Chiappo, con la direttrice nord che si esaurisce con il Monte Boglelio, e quella ovest che invece termina con il Monte Giarolo, dopo essere transitata per l’Ebro, il Cosfrone, il Panà e il Gropà. Sono crinali importanti, il primo divide il Piemonte e la Lombardia, il secondo invece separa le valli Curone e Borbera. La Val Borbera è incuneata tra la Val Boreca a est, la Val Vobbia, la Val Brevenna e l’Alta Val Trebbia a sud, e la Val Curone, la Val Grue e la Valle Ossona a nord, oltre a essere delimitata a ovest dallo Scrivia. È un’aspra vallata, tra le più incontaminate delle Quattro Province, così com’è circondata da alte montagne. È un luogo relativamente isolato dalle vallati circostanti, poco toccato dall’urbanizzazione e dall’industrializzazione, e così ricco di una natura ben conservata. La Val Borbera è particolarmente interessante dal punto di vista geologico: nei pressi di Persi sono presenti le cosiddette marne di Cessole del Langhiano lungo la sponda sinistra, oltre a una successione di bancate arenacee; a Cantalupo Ligure si trovano conglomerati di puddinga e argilliti di Pagliaro; in tutta la valle sono presenti i complessi sedimentari dei calcari dell’Antola. Verso nord-ovest si aprono le minuscole valli gemelle dei torrenti Berga e Campassi, estreme ramificazioni della Val Borbera che si spingono sino alle pendici occidentali del Monte Antola con il loro paesaggio selvaggio e incontaminato, e i loro borghi fantasma.
Elena sulla stretta traccia che costeggia la storica frana che si trova salendo da Sant’Alosio a San Vito g
63
**
01 Pista ciclabile Strada asfaltata Strada cementata Strada sterrata Mulattiera Sentiero
Madonna della Neve 0% 37% 1% 46% 0% 16%
Aprile-ottobre Stazzano 220 m 44°43’611” N 8°52’75” E 573 m 575 m 21,2 km 2 - 2,30 ore Facile Media 99% 99% Nessuno Monte Spineto, Madonna della Neve, Albarasca, Coquello, Sardigliano Località attraversate 1 Stazzano 220 m 2 Monte Spineto 429 m 3 Bocca del Lupo 389 m 4 Cascina Rughè 445 m 5 Madonna della Neve 485 m 6 Albarasca 501 m 7 Coquello 242 m 8 Sardigliano 239 m 1 Stazzano 220 m
64
Descrizione generale Un itinerario che corre a cavallo della Bassa Valle Scrivia e l’attigua Val Borbera, attraversando nella prima parte due noti santuari della zona, e un caratteristico tratto con numerosi guadi nella seconda. Il primo santuario, quello della Madonna di Monte Spineto, è di fatto l’ultimo contrafforte dell’Appennino Ligure, è compreso nel comune di Stazzano, ed è stato costruito nel 1633 per volontà dell’allora vescovo di Tortona. Prende il nome dal biancospino dove avvennero eventi miracolosi. Il secondo santuario, quello di Cà del Bello, nel comune di Borghetto Borbera, fu eretto invece nel 1672, per devozione dei fedeli del piccolo centro della Val Borbera. All’inizio era una cappella, e con vari ampliamenti nei secoli successivi è arrivata alla forma attuale che, come per Monte Spineto, prevede una Via Crucis al suo ingresso. L’indicazione “Cà del Bello” deriva dal fatto che sul colle abitava un tale soprannominato “bello”. La seconda parte invece, una volta scesi ad Albarasca, prevede i numerosi guadi sul Rio Pradazzo, seguendo parte del sentiero CAI 145 che compie un lungo anello tra Coquello, Sardigliano e Bavantore, lungo antiche fonti di acqua sulfurea. Il tratto da noi percorso è un divertente e fresco sentiero mangia&bevi, che collega rapidamente Albarasca a Coquello. Descrizione tecnica Dal parcheggio dove abbiamo lasciato l’auto, in prossimità del centro storico di Stazzano (01), attraversiamo l’incrocio e proseguiamo in leggera salita. Dopo poco meno di 100 m svoltiamo a destra, e poi subito a destra, trovandoci di fronte l’Oratorio. Giriamo immediatamente a sinistra e saliamo su ripido asfalto che arriva sino al Castello. Seguiamo il segnavia CAI 200 prendendo il sentiero che costeggia il Castello e si inoltra nel bosco. Continuiamo sul sentiero che alterna tratti ripidi ad altri meno ripidi, sempre seguendo la traccia principale e ignorando le deviazioni laterali. Quando il sentiero spiana, svoltiamo a destra sulla sterrata che giunge 600
6
500
2
4
5
400
3 300
7 1
metri
01
Alessandria > Bassa Valle Scrivia > Madonna della Neve
Bassa Valle Scrivia
0 km
1
8 4
8
12
16
20
Coquello 7
Sardigliano 8
Fontana
6
Albarasca
Cascina Rughè 4
5
Madonna della Neve
Borghetto di Borbera 1
Stazzano 3 Bocca del Lupo
2 Monte Spineto Fontana
Vignole Borbera
65
01
Alessandria > Bassa Valle Scrivia > Madonna della Neve 66
rapidamente all’asfalto, che seguiamo in salita in direzione del Santuario Madonna del Monte Spineto (02). Al bivio teniamo la sinistra, sempre in salita, arrivando velocemente l’inizio della Via Crucis. La percorriamo integralmente, sino a giungere all’ingresso della galleria che passa sotto al santuario per portare a una prima balconata, noi giriamo ancora a sinistra per arrivare a quella di fronte al suo ingresso, godendo di un magnifico panorama su Valle Scrivia e Val Borbera. Su lato sinistro della facciata troviamo una fontana per rinfrescarci, ora torniamo indietro arrivando sino all’uscita della galleria. Qui prendiamo il sentiero, sempre con segnavia CAI 200, che scende a sinistra. Il primo tratto scende ripido e divertente, poi spiana gradualmente sino a innestarsi su una sterrata dal fondo sabbioso. Proseguiamo in piano sino a un bivio, dove prendiamo a sinistra in salita. Una volta scollinati, scendiamo per raggiungere il passo di Bocca del Lupo (03), proseguiamo dritti e al bivio successivo teniamo sempre la principale sulla sinistra. Dopo un piacevole tratto pianeggiane arriviamo a un quadrivio dove svoltiamo a destra, salendo per una rampa molto ripida. Arrivati in cima, giriamo a sinistra costeggiando una cascina e scendiamo velocemente su una piacevole sterrata. Aggiriamo un’altra cascina prendendo la strada ghiaiata che sale sulla destra, al bivio successivo teniamo sempre la principale che prosegue a sinistra, arrivando con un tratto in leggera salita alla Cascina Rughé (04), dove incontriamo la cartellonistica relativa ai Sentieri della Libertà, infatti, questa zona è stata teatro della Resistenza durante la II Guerra Mondiale. Al bivio successivo prendiamo a sinistra in discesa, entrando in un bel bosco lungo una piacevole strada forestale. Dopo circa 200 m svoltiamo a destra in piano, ignorando la deviazione a sinistra in discesa per Campolungo. Al quadrivio successivo, giriamo a sinistra per una ripida rampa, superiamo una cascina, da cui finalmente scolliniamo per scendere rapidamente al Santuario Madonna della Neve o Cà del Bello (05). Il santuario merita una sosta per riposarsi, reidratarci e rinfrescarci grazie alla fontana che troviamo dietro di esso. Ora ripartiamo prendendo la strada bianca che prosegue dal retro del santuario, sempre procedendo sul segnavia CAI 200, saliamo rapidamente per poi scollinare appena dopo aver costeggiato una grande cascina ristrutturata sulla nostra destra. Al
bivio successivo proseguiamo sempre in discesa tenendo la sinistra, la strada bianca diventa asfalto una volta entrati nel paese di Albarasca (06). Continuiamo a scendere e, arrivati a una fontana alla nostra destra, giriamo a sinistra in ripida discesa. L’asfalto diventa mulattiera lastricata e, in uscita dal gruppo di case, sterrata dal fondo sabbioso. Ci dirigiamo verso la zona dei guadi, seguendo la sterrata che scende rapidamente. Al primo bivio nel bosco teniamo la sinistra e continuiamo a scendere sino a giungere sulla stretta traccia che passa più volte gli stretti ruscelli, per un divertimento senza fine, soprattutto durante l’estate dove possiamo godere di una frescura altrimenti sconosciuta. L’andamento è mangia&bevi, brevi rampe in salita seguite da altrettanto brevi picchiate sui guadi, seguendo sempre il sentiero che corre nel bosco e che a un certo punto prosegue sulla sinistra tra la folta vegetazione. Il divertimento continua ininterrotto sino a quando non usciamo nel bosco, incrociamo una sterrata con segnavia CAI 145: girando a destra saliremmo verso Malvino e Bavantorino, noi invece continuiamo a sinistra arrivando rapidamente all’asfalto, nei pressi del cimitero di Coquello (07). All’innesto sulla strada principale, svoltiamo a sinistra, trovando una fresca fontana subito alla nostra sinistra. Seguiamo la strada entrando in Sardigliano (08), attraversiamo il paese iniziando a salire in direzione Stazzano, scolliniamo nei pressi di un santuario, per scendere poi velocemente. In pochi chilometri torniamo al nostro punto di partenza.
Mattia sul divertente sentiero che scende dal Santuario di Monte Spineto, sullo sfondo g
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Libarna 68
Libarna Dal santuario della Madonna di Monte Spineto, volgendo lo sguardo verso sudovest, la vista è catturata da una vasta zona pianeggiante equidistante da Serravalle Scrivia e Arquata Scrivia. Qui sorgeva, come testimonia l’area archeologica, l’antica città romana di Libarna. Un tempo fiorente, la storia le ha riservato un destino amaro, infatti, fu dimenticata per secoli per essere riscoperta solo nel corso del XIX secolo. La storia di Libarna inizia con il villaggio fondato dai Liguri Dectunini nell’Età del Ferro, ma solo dopo l’apertura della Via Postumia nel 148 A.C. (strada consolare che collegava Genova ad Aquileia) la città iniziò a crescere, diventando un notevole nodo commerciale. La Libarna romana, la cui popolazione si stima intorno ai seimila abitanti nel I-II secolo D.C., fu anche colonia e capoluogo autonomo di un vasto territorio che confinava a est con Velleia (nel Piacentino), a sud con Genova (l’antica Genua), a ovest con Acqui Terme (Aquae Statiellae) e a nord con Tortona (Derthona). Era situata in una posizione felice sia per l’agricoltura e per l’allevamento, sia per le attività commerciali, tra cui la produzione di ceramica e l’industria laterizia. Nei secoli seguenti iniziò la lenta fase di declino, culminata con le invasioni barbariche che portarono al suo abbandono intorno all’anno 452. Gli abitanti lasciarono definitivamente un centro urbano ormai insicuro, rifugiandosi sulle colline circostanti, fondando nuove comunità o aggregandosi a quelle preesistenti, come i vicinissimi paesi di Serravalle, Arquata e Precipiano (Vignole Borbera). Dopo l’abbandono Libarna sembrò scomparire dalla memoria collettiva, per tornare a essere citata in alcuni documenti del vicino monastero di Precipiano. Addirittura nei secoli seguenti la sua posizione divenne incerta, arrivando a essere confusa con alcune località del tortonese e del bobbiese. Fu indentificata solo nel corso del XIX secolo
quando, il progressivo riaffioramento dei resti, ne permise il sicuro riconoscimento sia dal punto di vista storico sia da quello topografico. La riscoperta fu casuale: durante i lavori per la “strada regia” che da Genova arrivava a Novi Ligure, si verificarono i primi ritrovamenti. Dopo una prima fase di scavi approssimativi e dilettantistici, si iniziò per fortuna un lavoro di recupero metodico e professionale, volto a preservare i resti da dispersione e distruzione, che continua ancora oggi. Quella che possiamo ammirare durante una visita agli scavi archeologici, è una città del I-II secolo D.C. con una pianificazione urbanistica rigorosa. La struttura è quella di una tipica urbe romana, con abitazioni di dimensioni contenute disposte su schemi paralleli oppure ortogonali rispetto agli assi stradali. Ancora adesso si può intuire la città fatta di isolati racchiusi tra cardines e decumani, i principali assi viari che si intersecavano ad angolo retto. La città era pienamente sviluppata, con il foro in posizione centrale, il teatro nel settore nordorientale (capienza di circa 3.500 persone), l’adiacente anfiteatro (8.000 persone di capienza), e tra le due costruzioni i resti di quelle che dovevano essere le terme. Purtroppo possiamo ammirare solo le fondamenta e poco più – alcuni pavimenti a mosaico – delle abitazioni, delle officine, delle locande e degli edifici pubblici, mentre le strade rappresentano la testimonianza più viva dell’antica Libarna: le principali – come l’ampia Via Postumia che l’attraversava – erano lastricate con blocchi di arenaria di Serravalle, quelle secondare invece erano acciottolate con i sassi del torrente Scrivia. Ulteriore testimonianza dell’antico splendore di Libarna è rappresentato dal sistema di pozzi freatici scavati nel sottosuolo e dall’acquedotto libarnese (uno dei più lunghi del Piemonte), che garantivano l’approvvigionamento idrico della città.
I resti dell’anfiteatro di Libarna, sullo sfondo il Santuario di Monte Spineto g
Un tratto di strada romana, lastricata con i blocchi di arenaria di Serravalle Scrivia g
Visitare Libarna La tutela del sito archeologico di Libarna è a carico della Soprintendenza per i Beni Archeologici del Piemonte e del Museo Antichità Egizie di Torino. È possibile visitare il sito, a pochi minuti di macchina dall’uscita dell’autostrada A7 di Serravalle Scrivia, dal martedì al giovedì dalle nove alle 12 (gruppi su prenotazione), il sabato e la domenica dalle 10 alle 16. Per maggiori informazioni e per le prenotazioni è necessario rivolgersi alla Biblioteca Comunale di Serravalle Scrivia, Piazza Carducci 4, tel. 0143 633627/0143 634166, mail biblioteca@comune. serravalle-scrivia.al.it. Presso il Palazzo Municipale di Serravalle Scrivia (Via Berthoud 49) si trova, al piano terra, la Sala Espositiva Archeologica, dedicata ai reperti provenienti dall’antica città romana di Libarna. Lo spazio espositivo è visitabile in orario di apertura degli uffici comunali e comunque su prenotazione, con ingresso gratuito (informazioni presso la Biblioteca Comunale).
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Alessandria > Valli Grue e Ossona > Anello di San Vito
Valli Grue e Ossona
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02 Pista ciclabile Strada asfaltata Strada cementata Strada sterrata (forestale) Mulattiera Sentiero
Anello di San Vito 1% 24% 2% 45% 15% 13%
Marzo-novembre Pro Loco Montale Celli (AL) 255 m 44°49.184’ N 008°55.176’ E 684 m 680 m 18,00 km 1,30 - 2,00 ore Media Media 95% 100% Pro Loco Montale Celli, Agriturismo Valli Unite a Montale Celli, Ristorante Il Grande Airone Castellania
Descrizione generale È l’Anello di riferimento dei Colli Tortonesi. Anche nella sua versione corta, quella che vi proponiamo in questa guida (in realtà esiste una variante meno lunga che parte e arriva a Castellania), riunisce la summa di tutto quello che possiamo trovare in questa piccola ma affascinante area, tra le Valli Ossona e Grue. Insieme all’indispensabile asfalto, che ci permette di “attaccare” la parte sterrata, troviamo ariose carrarecce e strade bianche, tortuose mulattiere, fluidi sentieri dal fondo di terra compatta, ma soprattutto gli adrenalinici e indimenticabili tratti sui caratteristici calanchi: scogli levigati e rocce massicce che affiorano da un fondo sabbioso che diventa morbido e inconsistente come il talco nella stagione estiva, compattandosi invece in quella invernale. Questo è forse il bello dell’Anello di San Vito, la possibilità di percorrerlo tutto l’anno, o quasi, indipendentemente dalle condizioni meteo: il fango è quasi sconosciuto e comunque aggirabile. Un anello per tutte le stagioni, per affinare in particolare la tecnica di guida sugli entusiasmanti calanchi. È la varietà geologica a segnare in modo considerevole l’Anello di San Vito, a partire dalla vegetazione per finire con l’aspetto puramente paesaggistico. Quella del Monte di San Vito, la vetta più alta dei Colli Tortonesi con i suoi 684 m, è una terra antichissima. Qui, come altre aree lungo l’intera catena appenninica, le argille azzurre plio-pleistoceniche hanno dato forma ai caratteristici calanchi, un fenomeno geomorfologico di erosione del terreno che si produce per l’effetto di dilavamento delle acque su rocce argillose degradate, con scarsa copertura vegetale e quindi poco protette dal ruscellamento. Ma se la parte alta è segnata dall’aridità del terreno e da un paesaggio a tratti lunare, quella immediatamente sottostante, verso cui i calanchi diradano progressivamente, presenta ugualmente un ambiente splendido e a tratti selvaggio, tra colli verdissimi e folti boschi di castagni. Al di là del nostro interesse particolare, l’Anello di San Vito in mountain bike, non mancano altri punti d’interesse. Non dimentichiamo che a pochi chilometri in linea d’aria si trova 8
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10 7
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1 3
6
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Pro Loco Montale Celli Costa Vescovato
2
Agriturismo Valli Unite Sarizzola 3
Passo Coppi 14
Ripa dello Zolfo
4 San Biagio
5
Sant’Alosio
6 M. Campogrande 13 Bivio Sant’Andrea
Colletto San Vito 7 12 Calanchi
M. San Vito 8
variante
Bavantore 11
9 M. Piasi 10
M. Provinera Bavantorino
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Alessandria > Valli Grue e Ossona > Anello di San Vito 72
Agriturismo Valli Unite, Cimitero S. Biagio, S. Alosio, Bavantore, Borgo di Castellania, B&B La Casa dei Mimirs a San Vito di Garbagna Località attraversate 1 Pro Loco Montale Celli 255 m 2 Agriturismo Valli Unite 303 m 3 Ripa dello Zolfo 343 m 4 San Biagio 407 m 5 Sant’Alosio 509 m 6 M. Campogrande 505 m 7 Colletto San Vito 569 m 8 M. San Vito 684 m 9 Sella M. Piasi 586 m 10 Sella M. Provinera 619 m 11 Bavantore 394 m 12 Calanchi 358 m 13 Bivio Sant’Andrea 330 m 14 Passo Coppi 389 m 1 Pro Loco Montale Celli 255 m
Castellania, piccolo comune noto per aver dato i natali a Fausto Coppi… scusate se è poco. Descrizione tecnica Si parte dal parcheggio prospiciente la Pro Loco di Montale Celli (1) prendendo subito la salita asfaltata che troviamo di fronte e che interseca la strada principale che porta in direzione Costa Vescovato. Si prosegue sempre in salita su asfalto, costeggiando campi coltivati e vigneti, sino a giungere con un’ultima ripida rampa nei pressi dell’Agriturismo Valli Unite – Cascina Montessoro (2). Prendiamo la deviazione che corre in piano sulla destra in uscita dal tornante a sinistra in salita. Inizia lo sterrato, che costeggia le stalle dell’agriturismo e procede con andamento in saliscendi, fiancheggiando frutteti e vigneti, sino sbucare all’uscita dell’abitato di Costa Vescovato, nella cosiddetta zona della Buffalora. Ci innestiamo, girando a destra in salita, per un brevissimo tratto sulla ciclabile, abbandonandola quasi subito. Infatti, attraversiamo l’asfalto e saliamo su una breve e ripida rampa sterrata. Siamo praticamente sul sentiero CAI 124, che porta da Costa Vescovato alla vetta del Monte San Vito. Seguiamo la sterrata che costeggia prima le vigne e che finisce nei pressi della cosiddetta Ripa dello Zolfo (3). Attraversato un pratone in leggera salita, che ci regala sulla destra una magnifica vista sulla Pianura Padana sino alle Alpi nelle giornate con cielo terso, saliamo su una rampa molto ripida che finisce all’ingresso di un bosco. Giriamo a sinistra in salita, proseguendo su quella che si rivelerà, in uscita dal boschetto, la cresta della dorsale principale che sale dalla pianura e prosegue sino all’abitato di Sant’Alosio, a monte di Castellania. Costeggiamo a nord il cimitero di San Biagio (4), procedendo in saliscendi, entrando e uscendo dai boschetti, sino a scendere rapidamente su strada bianca all’asfalto. Ci siamo lasciati l’abitato di Castellania a sud-ovest, ora percorriamo circa 50 m e, in prossimità di un riparo in legno di recente realizzazione, prendiamo in sentiero sulla sinistra, seguendo
le indicazioni ‘CAI 124’. Qui il terreno inizia a cambiare, con infrequenti affioramenti rocciosi, che ci faranno presagire cosa troveremo più avanti. È un saliscendi boschivo, dove teniamo sempre la traccia principale, sino alla breve e ripidissima rampa dopo una curva stretta sulla sinistra e che costeggia una costruzione diroccata sulla destra. In uscita ci ritroviamo nel borgo di Sant’Alosio (5), dalle caratteristiche torri medievali che raggiungiamo velocemente, prendendo prima l’asfalto sulla sinistra e girando poco dopo, sempre seguendo le indicazioni ‘CAI 124’, sulla mulattiera. Questa inizia in modo dolce e poi diventa ripidissima sino ad arrivare sulla piana in cui svettano le due antiche torri, da cui possiamo ammirare un altro bel panorama sull’Appenino guardando verso sud. Ci aspetta una breve ma impegnativa discesa per portarci sulla sterrata principale: stretti tornanti, gradini rocciosi, radici affioranti, non manca nulla in questo sentierino che dura una manciata di secondi! Finito il sentiero, giriamo a sinistra, proseguiamo per qualche centinaia di metri su veloce sterrata costeggiando sulla destra i ripetitori, poi scendiamo rapidamente sulla strada bianca che porta da Sant’Alosio sino al paesino di San Vito, sotto il monte omonimo. Giriamo ancora a sinistra, e non abbandoniamo più la strada ciottolata sino a quando non arriviamo nei pressi del Monte Campogrande (6). Ci siamo accorti che la strada bianca si è trasformata in sterrata dal fondo sabbioso, segno che siamo ormai dentro la zona dei
calanchi. Ignorata la deviazione a sinistra in discesa che porta a Sarizzola, e avendo proseguito in salita per un centinaio di metri costeggiando una parete verticale sulla sinistra, giriamo sulla destra su un sentiero accennato che entra nel bosco appena dopo un breve tratto nel prato, quando la principale gira secca a sinistra. Si scende per poche decine di metri e poi si risale, sempre su fondo sabbioso, con la pendenza che aumenta progressivamente. Dopo un secco tornante a destra, in cui fanno la comparsa le rocce affioranti, ci aspetta l’ultima rampa che conduce sulla strada principale precedentemente abbandonata. Siamo nei pressi del Colletto di San Vito (7), a pochi metri alla nostra destra. Noi giriamo secchi a sinistra in leggera discesa, percorso un centinaio di metri prendiamo la deviazione poco evidente sulla destra, che sale ripida per poi subito spianare. Facciamo praticamente inversione, girando in modo deciso a destra, quando arriviamo al trivio. Si continua a salire con pendenza elevata, fino a quando ci sostengono il fiato e le nostre gambe. Con un ultimissimo tratto a spinta ci colleghiamo alla mulattiera che attraversa le pendici settentrionali del Monte San Vito, prendendola a sinistra in salita. Si pedala agevolmente per un centinaio di metri, poi si sale decisamente nel bosco su un sentiero stretto dal fondo che ritorna di terra compatta con radici affioranti: è ancora una sfida riuscire a rimanere in sella! Manca poco all’intersezione del sentiero CAI 124 con quello 139, che da Avolasca sale al Monte
Manca poco al tramonto di una spettacolare giornata invernale, con una vista emozionante da appena sotto la vetta del Monte San Vito
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Alessandria > Valli Grue e Ossona > Anello di San Vito
Gropà, collegando l’Alta Val Grue con la Val Curone. Allo spiazzo erboso ci riprendiamo, e saliamo a destra ancora con pendenze elevate ma più umane. Arrivati al colletto, scendiamo velocemente e, seguendo sempre la principale, continuiamo dritti. Appena dopo uno stretto passaggio tra le placche rocciose, abbandoniamo le nostre velleità pedalatorie e procediamo a spinta per la vetta del Monte San Vito (8), da cui nelle giornate con cielo terso si ammira un panorama a 360° sui Colli Tortonesi, circondati dall’Appennino a sud, con la Pianura Padana a nord, incorniciata dall’arco alpino. Riscendiamo sullo stesso sentiero percorso all’andata sino a uno spiazzo erboso in cui seguiamo l’indicazione ‘CAI 139’ sulla sinistra: è la mulattiera che aggira le pendici sud-occidentali del Monte San Vito. Dopo un ultimo tratto ripido e con fondo scavato, ritorniamo sulla strada bianca principale, che aggira prima a ovest e poi a sud, in senso anti orario, il colle. La seguiamo a sinistra, arrivando rapidamente all’asfalto nei pressi dell’abitato di San Vito. Prendiamo rapidamente quota con tre tornanti, poi la strada spiana di fianco al cucuzzolo del Monte Piasi (9), con la sua caratteristica parete verticale. Si intravede sulla destra il sentiero da prendere in salita. Si entra nel boschetto e se ne esce quando il sentiero spiana, ora bisogna proseguire a destra, su veloce traccia in discesa che sbuca nuovamente all’aperto dopo un tratto tra gli alberi. Si prosegue sulla sterrata a destra, immersi nei calanchi. Quando usciamo sui prati, ignoriamo il ripidissimo sentiero che prosegue dritto e la sterrata in piano a sinistra, seguendo la principale che continua a destra. Rientriamo nel bosco e in breve tempo ritroviamo un’altra ripida rampa su fondo sabbioso con rocce affioranti che ci conduce alle pendici settentrionali del Monte Provinera (10). Manca pochissimo all’inizio della discesa, la cosiddetta ‘DH di Bavantore’, una picchiata di poco più di un chilometro che parte con scogli rocciosi su fondo sabbioso, e prosegue veloce e impegnativa sino alla sua fine, dove si trasforma purtroppo in una rampa cementata costeggiata dalle verticali pareti dei calanchi. Manca poco per Bavantore (11), cui arriviamo su comoda strada bianca. Entrati in paese, all’incrocio giriamo a destra, attraversiamo uno slargo dove troviamo sulla sinistra una provvidenziale fontana, e prendiamo il sentiero che sale tra le case. Spiana quasi subito, poi inizia una discesa su sentiero ripido e tortuoso, che termina con un paio di alti
gradoni su uno dei tratti caratteristici di questo itinerario: il cosiddetto ‘Padre di tutti i calanchi’ (12). Inizia con un paio di metri a strapiombo sulle pareti laterali, prosegue con un altrettanto stretta traccia in contropendenza da affrontare in sella solo ed esclusivamente se ci si sente sicuri e con fondo asciutto. Il divertimento finisce quasi subito, arriviamo in piano all’aperto, prendiamo la traccia evidente in uscita dal primo prato e dal boschetto seguente. Dopo il guado si costeggia il campo sulla destra, quindi alla fine della salita si gira a sinistra e si arriva, con un tratto in falsopiano in un altro boschetto, all’asfalto. Al bivio (13) giriamo a sinistra in discesa, ci rilassiamo prima della salita che ci porta rapidamente sotto l’abitato di Castellania. Quando l’asfalto spiana, prendiamo la sterrata che corre in piano tra le cascine. L’andamento è in piacevole saliscendi, sino all’ultima rampa, con doppio tornante a sinistra e destra, che ci fa arrivare nei pressi dell’asfalto, sotto il cimitero di San Biagio. Ora giriamo a sinistra, scendiamo velocemente sino al Passo Coppi (14), svoltiamo a destra per Costa Vescovato, sino ad arrivare alla località Buffalora, già incontrata all’andata. Non ci resta che ripercorrere il tratto sterrato al contrario, passando per l’Agriturismo Valli Unite, per chiudere l’Anello di San Vito con l’asfalto finale per il parcheggio della Pro Loco di Montale Celli. Varianti Ci sono numerose opzioni per rendere più divertente l’Anello di San Vito, tutte attorno alla sua vetta. Qui trovate la più utile se non volete percorrere gli stessi tratti più volte. In pratica, quando si arriva nei pressi del Colletto di San Vito (7), si svolta sulla destra per poi prendere il successivo bivio sempre a destra, lasciando il cosiddetto “totem” sulla sinistra (un cucuzzolo roccioso): la discesa è relativamente larga, ma molto divertente, con i suoi affioramenti rocciosi e sassi smossi su fondo sabbioso. Si segue sempre la principale, che verso la fine vede trasformare il fondo in terra compatta, prima di una rampa finale che ci conduce all’aperto, in cui i calanchi tornano in tutto il loro splendore. Qui svoltiamo decisi a sinistra, e risaliamo su una sterrata dal fondo mediamente tecnico – scogli scavati dagli agenti atmosferici – sino ad arrivare alla strada bianca principale. Torniamo indietro girando a sinistra in salita, ritorniamo al Colletto di San Vito, e riprendiamo l’itinerario proseguendo per la vetta del Monte San Vito.
Passaggio trialistico, su una caratteristica balza rocciosa a picco sulla valle sottostante, e
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l’Appennino che circonda la vista a ovest g
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