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EDIZIONI VERSANTE SUD
Prima edizione Novembre 2013 Copyright
© 2013 VERSANTE SUD S.r.l. via Longhi, 10 Milano - www.versantesud.it Tutti i diritti riservati
Testi Filippo Gamba. Per inviare domande, commenti, critiche, e suggerimenti sui contenuti del libro, o in generale per ottenere informazioni e aggiornamenti sulla Gestione del Rischio negli sport outdoor: consultare la pagina facebook “Outdoor Risk Management”, curata dall’autore e collaboratori. (www.facebook.com/outdoorriskmanagement) Fotografie
Dell’Autore dove non diversamente specificato
Copertina
Dean Potter cammina sulla slackline al Cathedral Peak tra il tramonto del sole e il sorgere della luna. Frame dal film Moonwalker di Mikey Schaefer. (Foto Mikey Schaefer)
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Monotipia Cremonese - Cremona
Ringraziamenti L’Autore desidera ringraziare tutti coloro che hanno contribuito alla realizzazione di questo lavoro, e in particolare: Nigel Gifford di Adventure Logistics Ltd e partner in Avalco Travel, Gianluca Gambirasio di Olympus Group srl, Beppe Stauder del CAI - Servizio Valanghe Italiano.
Nota Gli sport d’avventura outdoor possono comportare rischi elevati e persino letali. Questo libro si propone di offrire una conoscenza sulla gestione dei rischi, ma non è un manuale operativo e non ha la pretesa di fornire soluzioni ai possibili problemi. Chi pratica l’outdoor lo fa per sua scelta e sotto la propria responsabilità. Questo libro non può sostituire in alcun modo il giudizio e le valutazioni di chi si trova sul campo durante un’attività, né tantomeno le disposizioni eventuali di organizzatori, guide, e accompagnatori.
Filippo Gamba
LIBERTÀ DI RISCHIARE Gestione del rischio in alpinismo, arrampicata e negli sport d’avventura.
EDIZIONI VERSANTE SUD
PREMESSA INTRODUZIONE
TEST –
14
T–
ST – TES TE
T–
TEST –
I FONDAMENTI DELLA GESTIONE DEL RISCHIO 1 2 3 4 5 6 7 8 9 10 11
-
Evoluzione: dalla Sicurezza alla Gestione del Rischio Più libertà di rischiare e meno vincoli legislativi Gestione del Rischio: un approccio sistemico Pericolo e rischio Definizione quantitativa del rischio La matrice del rischio La riduzione del rischio Prevenzione Gestione del Rischio ed esperienza – conoscenza Il processo di Gestione del Rischio Percezione del rischio, rischio residuo e rischio accettato
18 20 21 22 23 24 25 28 29 30 32 33
VALUTAZIONE DEI RISCHI, TRATTAMENTO DEI RISCHI E ANALISI DEGLI INCIDENTI 36 12 13 14 15
-
Identificazione dei pericoli Analisi e valutazione dei rischi (Risk Assessment) Misure di riduzione della probabilità dell’evento Misure di riduzione degli effetti
4 Libertà di rischiare
ST – TES TE
TEST DI AUTOVALUTAZIONE
9 10
38 43 44 45
SOMMARIO
16 17 18 19 20 21 22 23 24
-
Riduzione dell’esposizione 46 Tecniche di riduzione dei rischi (Risk Assessment) 46 L’approccio SCIRA ai sistemi complessi; tolleranza agli errori 51 Analisi degli incidenti 55 La piramide degli incidenti 57 La legge di Pareto 58 Modelli grafici della Gestione del Rischio 58 Analisi degli incidenti negli sport d’avventura: il fattore umano 60 Altri criteri e strumenti per la riduzione del rischio 61
LA GESTIONE DEGLI ERRORI 25 26 27 28 29
-
Gli errori nella Gestione del Rischio Tipologie riccorrenti di errori Errori nel processo decisionale Psicologia individuale e dinamiche di gruppo Gestione degli errori
66 68 68 71 73 76
LE EMERGENZE
78 30 - Gestione delle emergenze 80 31 - Gestione delle emergenze starordinarie 83 32 - Principi generali nella gestione delle emergenze straordinarie 87
DECISIONI E GESTIONE DEL RISCHIO 33 - Risposta a un evento 34 - Prendere decisioni
88 90 91
Libertà di rischiare 5
RISORSE NELLA GESTIONE DEL RISCHIO
35 36 37 38 39 40
-
Risorse umane nella Gestione del Rischio Il team leader Partecipanti Lo staff “on field” Fornitori di servizi Profilo di rischio e processo di apprendimento
98 100 102 104 105 106 106
RESPONSABILITÀ E ASPETTI GIURIDICI 41 42 43 44 45 46 47 48 49 50
-
108 Responsabilità e aspetti giuridici generali 110 Criteri giuridici per l’attribuzione delle responsabilità 111 Responsabilità degli accompagnatori 112 Responsabilità dell’organizzatore 113 Responsabilità di organizzatori e accompagnatori, casi particolari 114 Obblighi a carico dei partecipanti 115 Informativa sui rischi, accettazione dei rischi e idoneità 115 Briefing prima dell’attività 118 Responsabilità civile 119 Situazioni particolari di rilevanza giuridica 121
IL SISTEMA DI GESTIONE DEI RISCHI
122 124
DIRETTIVE, NORMATIVE, E CERTIFICAZIONI
136 138 141
51 - Creare un sistema di gestione dei rischi
52 - Normative e direttive 53 - Certificazione degli organizzatori
6 Libertà di rischiare
SOMMARIO ASPETTI ASSICURATIVI 54 - Assicurazioni
142 144
IMPLEMENTARE LA GESTIONE DEL RISCHIO
148 55 - Implementazione della Gestione del Rischio: strategie e ostacoli 150 56 - Indicatori di efficienza nella Gestione del Rischio 152 57 - La cultura del rischio 155
CASE STUDIES
158 160
INTERVISTE
59 - Il punto di vista degli addetti ai lavori
174 176
ALLEGATI
182
GLOSSARIO BIBLIOGRAFIA ELENCO DEGLI ESEMPI UTILIZZATI INDICE ANALITICO
218
58 - Case studies
Libertà di rischiare 7
I fondamenti della Gestione del Rischio
1 Evoluzione: dalla Sicurezza alla Gestione del Rischio 2 Più libertà di rischiare e meno vincoli legislativi 3 Gestione del Rischio: un approccio sistemico 4 Pericolo e rischio 5 Definizione quantitativa del rischio 6 La matrice del rischio 7 La riduzione del rischio 8 Prevenzione 9 Gestione del Rischio ed esperienza-conoscenza 10 Il processo di Gestione del Rischio 11 Percezione del rischio, rischio residuo e rischio accettato
18 Libertà di rischiare
Cresta sommitale di Punta Rocca, Marmolada (Foto F. Tremolada)
LibertĂ di rischiare 19
1 – Evoluzione: dalla Sicurezza alla Gestione del Rischio In questi ultimi anni si sono moltiplicate le iniziative dei media sul tema della Sicurezza nella pratica degli sport d’avventura: presentazioni, corsi, workshop, libri e manuali, articoli, forum su internet, DVD. Sebbene in alcuni casi si parli anche di Gestione del Rischio, per lo più i concetti e le pratiche presentate riguardano la sola Sicurezza, che spesso viene dunque confusa con la Gestione del Rischio. La confusione a volte è generata anche da coloro che, per motivi di immagine, non gradiscono il termine “rischio”, ritenendo che esso abbia un contenuto di negatività (psicologicamente si intende), e quindi preferiscono parlare di Gestione della Sicurezza (Safety Management) anziché di Gestione del Rischio (Risk Management). Ma, come si accennava nell’introduzione: GESTIONE DEL RISCHIO non significa SICUREZZA! Ciò risulterà sempre più evidente nella lettura progressiva di questo libro. In estrema sintesi, possiamo enunciare, come illustrato nella figura 1.1 che: > la Sicurezza insegna COSA FARE (= agire a fronte di una situazione che richiede un intervento a tutela dell’integrità di persone e cose); > la Gestione del Rischio insegna COME FARE (= pensare prima di agire). Sicurezza = Imparare a fare
Gestione del rischio = Imparare a pensare 1.1 - Gestione del Rischio e Sicurezza.
Il concetto di Sicurezza è nato come esigenza di proteggere persone e cose, e presuppone la possibilità del verificarsi di eventi non desiderati che possono recare danno. A fronte di questi eventi, la Sicurezza ha l’obiettivo di fornire strumenti per contrastare il danno. La Sicurezza in senso tradizionale ha dunque la caratteristica di essere reattiva, cioè interviene dopo il verificarsi dell’evento, a protezione di persone o cose. Solo successivamente
20 Libertà di rischiare
si è fatto il “salto di qualità” con l’adozione del concetto di prevenzione. La teoria e la pratica della prevenzione si è sviluppata inizialmente in ambito industriale, specialmente nei centri di produzione “pericolosi”, con l’obiettivo primario di tutelare la salute dei lavoratori. Ciò è stato favorito dalla rapida evoluzione della legislazione che introduceva obblighi specifici a carico del datore di lavoro. La prevenzione, benché sia un concetto semplice e noto anche al senso comune (“prevenire è meglio che curare”), implica una capacità intellettuale e gestionale, appunto di “previsione”, poichè obbliga in qualche modo a “pensare” prima dell’evento. La prevenzione si può dunque considerare il seme da cui ha avuto inizio la Gestione del Rischio come evoluzione della Sicurezza. Un concetto nato proprio nel passaggio evolutivo dalla Sicurezza alla Gestione del Rischio è quello del beneficio. Mentre la Sicurezza si concentra sugli aspetti “negativi” dell’evento non desiderato (il danno), la Gestione del Rischio ne considera anche i benefici. L’idea si era sviluppata inizialmente in ambito finanziario (valutazione dei rischi di investimento e gestione del patrimonio), dove il beneficio è naturalmente di natura economica. La Gestione del Rischio nel settore delle assicurazioni è un concetto a parte, ovviamente limitato ai soli scopi assicurativi, ossia al risarcimento economico del danno. Per molti anni le aziende avevano considerato solamente i rischi che potevano essere assicurati. Poi la cultura del rischio si è evoluta, sia come teoria che come pratica, per includere tutte le tipologie di rischio. Il Risk Management ha avuto un impulso importante a partire dall’aviazione civile e militare, per poi estendersi all’industria nucleare, ai settori dell’oil&gas, e quindi a tutta l’industria manifatturiera. L’introduzione della Gestione del Rischio nel settore Outdoor – Sport – Avventura è avvenuto negli anni 90 nei già citati paesi di lingua inglese. Ciò è stato possibile dopo l’ accettazione, in ambito giuridico, del principio per cui il rischio zero non esiste. Si era dunque riconosciuto che la ricerca della sicurezza assoluta (= assenza di rischi) non ha senso, poiché annullerebbe l’essenza dell’attività. Negli sport d’avventura il beneficio ha il carattere della fruizione dell’attività stessa in presenza del rischio: un elemento
desiderato che, insieme con l’elemento avventura, rende l’attività attraente. In definitiva, la Gestione del Rischio è un’evoluzione della Sicurezza, e la Sicurezza è solo uno degli obiettivi della moderna Gestione del Rischio. Come si diceva nell’introduzione, la Gestione del Rischio è un concetto molto più ampio, che coinvolge più ruoli, più attività trasversali, e diverse competenze. Nella Gestione del Rischio sono coinvolti organizzatori, accompagnatori, tecnici della sicurezza, fornitori di materiali e servizi, tecnici dei soccorsi, legislatori, assicuratori. Tutti inseriti in un processo sistemico che andremo ad analizzare. Nell’allegato1, abbiamo raccolto in una tabella le differenze più significative tra Sicurezza e Gestione del Rischio. Per capire a fondo i due concetti e la logica del percorso dalla Sicurezza alla Gestione del Rischio, si veda poi l ’allegato3.
2 – Più libertà di rischiare e meno vincoli legislativi
1.2 - Gli incidenti da valanga hanno costretto a pensare oltre la Sicurezza
“Una nave è sicura nel porto, ma è stata costruita per navigare”
La Gestione del Rischio ha lo scopo di ridurre i rischi senza sacrificare i benefici che, nel nostro caso, risiedono nel gusto dell’avventura, nel piacere di risolvere problemi in parte sconosciuti, e nella libertà di rischiare. Come vedremo in seguito, ciò è possibile perché, grazie ad un corretto controllo del rischio: - l’attività si svolge ad un livello di rischio residuo minore del rischio che siamo disposti ad accettare (avremo cioè un “margine di sicurezza”); - la percezione del rischio è reale, ossia il rischio percepito è molto vicino al rischio effettivo. (Si veda il PAR. 11 per gli approfondimenti su: rischio percepito, rischio residuo, rischio accettato). Con questa impostazione potremo permetterci la libertà di rischiare sapendo quello che facciamo, con responsabilità, e senza subire gli eventuali pregiudizi della società.
William Shedd (1820-1894)
Inoltre, l’adozione delle modalità operative della Gestione del Rischio porta ad una diminuzione del numero e della gravità degli incidenti. Ciò riduce l’interesse del legislatore ad imporre norme obbligatorie.
filosofo
1.3 - Senza rischio non esiste avventura.
Libertà di rischiare 21
GESTIONE DEL RISCHIO non significa creare leggi e normative! Al contrario: conoscere e applicare la MODERNA GESTIONE DEL RISCHIO significa APPLICARE AUTONOMAMENTE LE CORRETTE METODOLOGIE evitando il più possibile l’intervento del legislatore. Il processo ideale è illustrato nella figura 2.1. Si veda inoltre la tabella del paragrafo 55, in cui si riportano i commenti di alcuni “scettici” sull’argomento e le possibili risposte. Nei paesi di tradizione storica nel segmento OSA ( UK, USA, Canada, Australia, Nuova Zelanda) sono state generate direttive e normative per stabilire le migliori procedure di Gestione del Rischio. In Europa, la Spagna si è mossa per prima, con la promozione di un comitato per la diffusione della Gestione del Rischio, ed ora contribuisce attivamente alla creazione di normative in sede internazionale presso l’ ISO. Queste direttive o normative generalmente non sono obbligatorie per legge; l’operatore può utilizzarle facoltativamente con i seguenti vantaggi: - maggiore sicurezza dei partecipanti alle proprie attività, e minore frequenza di incidenti; - maggiore efficienza dell’organizzazione e dunque maggiore soddisfazione dei partecipanti con costi inferiori; - processi più veloci e con minori probabilità di errori; - aiuto nella presa delle decisioni; - minore probabilità di contestazioni o azioni legali; - supporto concreto alle organizzazioni nuove nel dotarsi di opportuni sistemi gestionali. IL PROCESSO IDEALE CONOSCERE E APPLICARE LA MODERNA GESTIONE DEL RISCHIO STABILIRE METODI E PROCEDURE (FACOLTATIVE) PER LA PROPRIA ORGANIZZAZIONE/ATTIVITÀ
RIDURRE LA FREQUENZA E LA GRAVITÀ DEGLI INCIDENTI RIDURRE L’INTERESSE DEL LEGISLATORE A IMPORRE NORME OBBLIGATORIE
2.1 - Il processo ideale.
22 Libertà di rischiare
Ci sono pochissimi casi in cui le normative sono diventate obbligo di legge, di solito per la tutela di categorie meno protette o in seguito ad un incidente grave. E ciò che si è fatto in UK dopo la tragedia di Lyme Bay del 1993 (4 ragazzi morti in seguito ad un incidente di canoa). L’incidente ha determinato la creazione di un istituto (AALA) per la tutela della sicurezza dei minori. Ora in UK le organizzazioni che offrono programmi outdoor ai minori di 18 anni devono ottenere la licenza dell’AALA e seguire le relative normative obbligatorie.
3 – Gestione del Rischio: un approccio sistemico La Gestione del Rischio sinteticamente consiste nel controllare i rischi, tramite azioni coordinate aventi lo scopo di ridurre gli effetti negativi di un evento, o di ridurre la probabilità dell’evento stesso, o entrambi. Per ottenere questo scopo, bisogna identificare i pericoli (fonti di rischio), valutare le probabili conseguenze, e predisporre un piano di “trattamento” (riduzione o eliminazione) dei rischi. Nella teoria generale del Risk Management si considerano 3 categorie di rischi: RISCHI PROPRIAMENTE DETTI (“hazardous risks”), relativi ad effetti indesiderati e negativi (danni a persone o cose): sono rischi che generalmente si vogliono eliminare o ridurre; è possibile controllarli attraverso la Gestione del Rischio ma con limitazioni dovute alla natura stessa del rischio e del suo contesto. RISCHI “CONTROLLABILI” (“control risks”), relativi all’incertezza sul raggiungimento di obiettivi prefissati; sono tipicamente i rischi manageriali, più facilmente controllabili con i metodi e le tecniche della ERM Enterprise Risk Management). RISCHI-OPPORTUNITÀ (“opportunity risks”), relativi all’ottenimento di un possibile beneficio (ma anche di una possibile perdita); sono rischi volutamente ricercati e gestibili con le tecniche opportune, tipici della finanza (opportunità di guadagni da investimenti) o della strategia aziendale in generale (Opportunity Management). La somma dei livelli di rischio delle tre categorie rappresenta l’esposizione al rischio dell’organizzazione, per la quale si tenta di dare una misura quantitativa (indice di rischio totale o “riskiness index”). L’esposizione deve essere inferiore al massimo rischio sopportabile (“risk capacity”) del sistema e, naturalmente, anche inferiore al rischio totale accettabile stabilito dalla strategia (detto propensione al rischio o “risk appetite”).
Nel settore Outdoor – Sport – Avventura (OSA) i rischi sono del primo tipo. La moderna Gestione del Rischio nel settore OSA ha come obiettivi primari: 1. ridurre la frequenza degli incidenti e minimizzarne le conseguenze; 2. fornire strumenti e metodi per ridurre i rischi di un’attività senza sacrificarne i benefici; 3. diffondere il know-how sui metodi e sulle tecniche di gestione, presso tutta la filiera: organizzatori, accompagnatori, fornitori di servizi, fornitori di attrezzature, tecnici del soccorso, legali, assicuratori, oltre che i praticanti stessi; 4. rispettare le regole della prassi del settore e delle normative applicabili, evitando l’introduzione di norme obbligatorie non necessarie. La Gestione del Rischio si propone di affrontare il tema del rischio nel suo complesso, come processo che si sviluppa nelle varie fasi coinvolgendo più ruoli e funzioni, e quindi assolutamente interdisciplinare e sistemico. Come mostrato graficamente nella figura 3.1, ci sono 7 fasi principali: > strategia e obiettivi > struttura organizzativa e staff dedicato all’attività > pianificazione delle attività
> identificazione e riduzione dei rischi > piani di emergenza > gestione delle attrezzature > comunicazione (ai vari livelli). Queste fasi intervengono, anche in momenti diversi, in sequenza o in parallelo, nel processo della Gestione del Rischio. Questa deve quindi dotarsi delle competenze e delle risorse necessarie per affrontare tutte le fasi. Ciò può sembrare ovvio, ma potrebbe non esserlo per un’organizzazione dedicata a una sola fase o funzione. Per esempio, un’organizzazione di soccorso ha una finalità specifica ed altamente funzionale, appunto quella di intervenire sul posto dove si è verificato un incidente e per il quale è stata attivata una chiamata. Il personale operativo è altamente specializzato e qualificato nella sua funzione, che è prettamente tecnica, ma potrebbe non avere una visione delle altre fasi, a monte ed a valle del processo. La Gestione del Rischio promuove invece la conoscenza del processo estesa a tutte le risorse coinvolte, in senso trasversale, inclusi gli stessi partecipanti all’attività. Tutti, indistintamente, potranno essere molto più efficaci nella loro azione se avranno chiaro in mente il processo globale in cui sono inseriti.
4 – Pericolo e rischio
STRATEGIA OBIETTIVI
ORGANIZZAZIONE & STAFF
Per chi è nuovo nel tema ci può essere confusione tra pericolo e rischio. È invece indispensabile capirne bene le definizioni e le differenze, come indichiamo sinteticamente qui sotto: PERICOLO: situazione o evento che può causare un danno RISCHIO: la probabilità che il pericolo causi un danno
COMUNICAZIONE
GESTIONE DEL RISCHIO
PIANIFICAZIONE ATTIVITÀ
IDENTIFICAZIONE E RIDUZIONE DEI RISCHI
GESTIONE ATTREZZATURE PIANI DI EMERGENZA
3.1 - L’approccio sistemico della Gestione del Rischio.
È immediato osservare che il pericolo è da vedersi come causa che può determinare, come effetto, un danno. Per esempio, in una giornata di scialpinismo, la valanga è un pericolo da prendere in considerazione. Il danno può afferirsi a: - persone (infortunio fisico, per esempio la lussazione di una spalla, e/o danno psicologico); - cose (beni personali, come per esempio le attrezzature proprie, o beni di terzi); - ambiente (per esempio la valanga potrebbe travolgere le piante di un terreno boschivo) - riduzione o eliminazione del beneficio.
Libertà di rischiare 23
Case studies
58 Case studies
158 LibertĂ di rischiare
Livigno (Foto Avalco Travel)
LibertĂ di rischiare 159
Condizione latenti nell’organizzazione
a) Scarse o mancanti procedure per la selezione e la formazione degli istruttori. Turn-over elevato degli istruttori. Mancanza di un piano di emergenza. b) Pressione dalla concorrenza; difficoltà finanziarie dell’organizzazione.
a) Analisi dei pericoli insufficiente. Scarsa percezione del rischio. Mancato utilizzo di esperienze precedenti. b) Ruoli e responsabilità poco chiari; supervisione insufficiente. Comunicazione interna poco efficiente. c) Pianificazione inadeguata.
a) Pianificazione inaccurata dell’attività. b) Insufficiente gestione degli strumenti di comunicazione
a) Procedura inadeguata di valutazione delle condizioni meteo. b) Procedure di auditing inefficienti.
(La tabella è solo parziale. Lasciamo al lettore l’esercizio di completare l’analisi, utilizzando a fondo gli elementi dei 12 punti del report.)
11 - BIVACCO FATALE AL MONTE BIANCO, 2011 Martedì 8 novembre 2011 una guida alpina francese e una sua cliente, di notevole esperienza sulle alte difficoltà, sono partiti da Chamonix per salire il Linceul sulla parete nord delle Grandes Jorasses, una via impegnativa per ghiacciatori esperti, nel gruppo del Monte Bianco. Dopo una notte al rifugio Leschaux, hanno iniziato l’ascensione, che era prevista concludersi nella giornata. Ma il tempo è peggiorato rapidamente e i due si sono trovati nella tormenta. Hanno dovuto improvvisare un bivacco in parete, senza essere attrezzati per questa evenienza: niente saccopelo, poco cibo, solo un fornelletto con poco gas. Il giorno successivo, giovedì, sono riusciti a salire in vetta alla Punta Walker e a intraprendere la discesa della via normale sul versante italiano. Tuttavia, a causa delle condizioni meteo ed allo stato di estrema spossatezza, hanno dovuto rassegnarsi ad un altro bivacco. La guida aveva già contattato con il telefono cellulare i soccorsi, che però hanno potuto far volare l’elicottero solo venerdì, quando i due alpinisti sono stati trovati morti.
Proponiamo al lettore l’esercizio di analizzare questo caso, elaborando le risposte alle domande seguenti. 1. Dove si localizzano le condizioni latenti dell’incidente? 2. Come hanno influito i fattori umano, ambientale, tecnico, e organizzativo? 3. La guida ha fatto degli errori? Se sì quali? Come si potevano evitare? 4. Se la guida ha rinunciato deliberatamente al saccopelo, e a una seconda cartuccia di gas, sapendo di assumere i rischi conseguenti, si può ancora parlare di errore? Perché?
Abbiamo voluto inserire questo caso perché rappresenta un insieme di rischi frequenti nell’alpinismo tecnico degli ultimi 20 anni. Infatti, si è affermata una modalità di andare in montagna basata sull’essere leggeri e veloci, sfruttando anche le brevi finestre di tempo favorevole. Generalmente chi lo fa è consapevole di assumersi rischi elevati. Dal punto di vista della Gestione del Rischio, un’ascensione di questo tipo costituisce un sistema ad alta correlazione, dove i margini di sicurezza sono minimi, come spiegato al PAR. 18. Un errore nella pianificazione difficilmente può essere riparato dopo, sul campo.
172 Libertà di rischiare
58.14 – Alpinisti sul ghiacciaio del Mallet, nel gruppo delle Grandes Jorasses, Monte Bianco.
12 - VALANGA AL MOOSE’S TOOTH, DENALI NATIONAL PARK, ALASKA 2011 Nella notte tra il 27 e il 28 aprile 2011, tre alpinisti e due guide dormivano nelle loro tende, accampati alla base del Moose’s Tooth, sul ghiacciaio Root a quota 1600 m circa, a soli 15 km in linea d’aria dal Mount Denali (McKinley), la vetta più alta del Nord America. Improvvisamente, un seracco si è staccato dalla parete sud del Moose’s Tooth, provocando una valanga di neve e ghiaccio che è caduta quasi verticalmente per oltre 200 metri e poi ha spazzato il ghiacciaio per altri 700 metri, travolgendo le tende. Due alpinisti hanno perso la vita. Dalla descrizione di J.Williamson dell’ American Alpine Club risulta quanto segue. 1. I tre alpinisti erano esperti, così come – ovviamente – le due guide (che non erano al servizio dei tre alpinisti). 2. La posizione del campo è quella scelta dai gruppi di alpinisti da molti anni, almeno da quando si può arrivare sul Ruth Glacier in aereo. In questo caso gli alpinisti avevano certamente trovato tracce di altri pernottamenti nei giorni precedenti (resti di muretti di neve, piazzole, ecc.). Non si era mai vista prima una valanga su quell’area. 3. Le due guide avevano scelto per il campo sul ghiacciaio la posizione abituale già utilizzata molte volte in precedenza. Il distacco dei seracchi, al contrario delle valanghe, è praticamente impossibile da prevedere. Tuttavia, gli esperti concordano che, tenuto conto di questa imprevedibilità, è sempre prudente restare ben lontano dalle possibili traiettorie di blocchi di ghiaccio e valanghe provocate dal crollo dei seracchi.
58.15 – Atterraggio sul Ruth Glacier, Denali National Park, Alaska.
Questo incidente è la conseguenza del fenomeno noto come trappola euristica, descritto al PAR. 27. Si tende ad adottare una soluzione già sperimentata (personalmente o da altri) con successo in passato, senza analizzare le possibili alternative. Giocano a favore della trappola euristica lo spirito di emulazione (“siccome lo fanno gli altri, lo faccio anch’io”) e (solo per le guide, in questo caso) la famigliarità con il luogo o la situazione. 13 - VALANGA AL MANASLU, NEPAL 2012 Un incidente simile a quello del Moose’s Tooth del 2011 si è prodotto il 23 settembre 2012 sulla via nomale al Manaslu, dove il campo 3 (a circa 7000 m) è stato spazzato da una valanga, provocata dalla caduta di un seracco 400 metri più in alto. Sono morti 16 alpinisti. Anche qui possiamo parlare di trappola euristica, ma valutiamo altri possibili fattori. Secondo la testimonianza dello sciatore alpinista Greg Hill, nei 10 giorni prima dell’evento ci sono state alte temperature e pioggia anche ad alta quota, e poi il vento che avrebbe favorito la formazione di lastroni di neve. Greg, salendo e scendendo con gli sci sulla parete sotto il campo 2, aveva sentito diverse volte il caratteristico “wuuumm” delle gonfie da vento, e notato alcune piccole slavine sui pendii circostanti (non direttamente sulla via). Dunque, un’attenta valutazione delle condizioni ambientali e di alcuni segnali di allarme, avrebbero potuto fare venire qualche dubbio. Ma, come spesso succede, le dinamiche di gruppo (oltre 200 alpinisti erano presenti sulla montagna!) fanno abbassare la guardia, riducendo il rischio percepito (è il fenomeno del risk shift o deltaR descritto al PAR. 28).
58.16 - Il versante est del Manaslu 8163 m, Nepal.
Libertà di rischiare 173
Questo libro insegna ad alzare i limiti delle proprie imprese mantenendo i rischi sotto controllo. Si rivolge principalmente al mondo degli sport d’avventura all’aria aperta, fornendo idee e strumenti utili sia allo sportivo occasionale che al professionista che pratica o gestisce un’attività outdoor. Ma offre anche molte riflessioni e stimoli a chiunque si trovi ad affrontare, per scelta o per dovere, una situazione di rischio, nel lavoro e nella vita quotidiana. Dopo la lettura del libro, avrete: • realizzato che la Gestione del Rischio va molto oltre la cultura tradizionale della Sicurezza; • compreso perché la libertà di rischiare passa necessariamente per una migliore conoscenza della Gestione del Rischio; • imparato a implementare un Sistema di Gestione dei Rischi per voi individualmente o per la vostra organizzazione; • compreso la logica degli errori e i metodi per ridurli; • imparato come reagire a fronte di un’emergenza; • acquisito le conoscenze e gli strumenti per contribuire a ridurre la frequenza e la gravità degli incidenti; • migliorato la comprensione sulle responsabilità anche giuridiche a carico di partecipanti, organizzatori, accompagnatori, fornitori della logistica, produttori di attrezzature, assicuratori … • imparato a utilizzare la Gestione del Rischio come strumento per cogliere nuove opportunità e in generale incrementare le prestazioni nello sport, nel lavoro, nella vita.
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