Sicurezza in montagna

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PERFORMA

SICUREZZA IN MONTAGNA

Materiali, manovre e tecniche per affrontare al meglio l’alpinismo e l’arrampicata

Paolo Tombini, Luca Macchetto Fotografie di Carlo Gabasio VERSANTE SUD


Prima edizione: Aprile 2011 Copyright Š VERSANTE SUD S.r.l. via Longhi, 10 Milano - www.versantesud.it Tutti i diritti riservati Testi: Paolo Tombini, Luca Macchetto Fotografie: Carlo Gabasio tranne dove diversamente specificato. Riprese: Monte Bianco, per ghiacciaio e alta montagna; Bard e Monte Strutto per le falesie. Copertina: Traversata Midi-Plan, Chamonix, Monte Bianco Risvolto: (Foto archivio CAMP) Ringraziamenti: CAMP, Punto Azzurro (marchio 4810), Gigi Birsa, Alberto Gnerro, Paola Bozzonetti, Mountain Kingdom. Stampa: Monotipia Cremonese - Cremona


Paolo Tombini Luca Macchetto Fotografie di Carlo Gabasio

SICUREZZA IN MONTAGNA Materiali, manovre e tecniche per affrontare al meglio l’alpinismo e l’arrampicata.

EDIZIONI VERSANTE SUD



SOMMARIO Introduzione

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1 - Materiali

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2 - Nodi

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3 - Assicurazione e Manovre di Corda

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- Le Forze in Gioco - Posizionamento delle Protezioni Veloci - Posizionamento dei Chiodi - Manovre per Calata in Falesia - Soste - Corda Doppia - Uso dei Freni

4 - Tecniche di Progressione in Cordata - Falesia

- Vie Multipitch - Progressione in Conserva - Progressione in Ferrata - Progressione su Ghiacciaio

5 - Sicurezza in Arrampicata - Bouldering

- Falesia - Vie Multipitch - Ghiaccio - Il Soccorso Alpino

6 - Valutazione delle DifficoltĂ

Alberto Ieralla, sul protogino del Monte Bianco.

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INTRODUZIONE La nostra società, grazie alle innumerevoli innovazioni tecnologiche applicate a tutte le sue diverse realtà, corre oggi a una velocità impressionante; l’alpinismo in tutte le sue forme, essendo attività figlia del suo tempo e in esso ben radicata non si è certo sottratto a questo incipit globale. Siamo leggeri e cerchiamo di essere sempre più veloci in una costante sfida con noi stessi, per ottimizzare le tempistiche siamo oramai abituati a conoscere le condizioni delle montagne in tempo reale grazie alle webcam e ai vari blog e perfino raggiungibili dappertutto, lande più sperdute del nostro pianeta incluse. I materiali che indossiamo e usiamo per divertirci in montagna, hanno origine da fibre e materie prime, frutto di progetti e processi innovativi che sfruttano tecnologie d’avanguardia e offrono prestazioni quasi inimmaginabili fino a non molti anni fa. Anche l’attrezzatura, “l’hardware» dell’alpinista come si usa dire oggi, offre una gamma di soluzioni, materiali e innovazioni che lasciano ben poco spazio all’improvvisazione. Veniamo abitualmente informati e aggiornati sulle ultime novità tecniche da un’attenta e martellante stampa specializzata, che anche nel campo della sicurezza non dimentica di fornire regolarmente a tutti gli appassionati, spunti e aggiornamenti interessanti e attuali. Perché allora scrivere un manuale sulla sicurezza applicata all’andare in montagna? Il nostro lavoro di guide alpine, ci offre la possibilità di guardare alla montagna come a un ambiente complesso dove muoversi cercando di ridurre al massimo il fattore di rischio. È bene innanzitutto chiarire la differenza che intercorre tra il rischio e il pericolo. Sfogliando il vocabolario alla voce pericolo troviamo: ”circostanza o situazione da cui si teme derivi grave danno, probabilità”. Cercando rischio invece leggiamo: ”pericolo al quale ci si espone o in cui ci si imbatte”. Se è chiaro che talune attività svolte sia ludicamente che professionalmente in montagna posseggono una percentuale di pericolo oggettivo che è impossibile annullare, con la nostra condotta, e lavorando adeguatamente sul fattore di rischio, possiamo facilmente portarlo verso standard accettabili. Sicuramente la conoscenza dei vari materiali che il mercato ci offre è innanzitutto un dovere più che uno sfizio consumistico;

Uno degli autori, Paolo Tombini, nel Canale Coutouriere, Aiguille Verte, Monte Bianco. (Foto Andrea Mettadelli)

la nostra esperienza infatti insegna che in montagna quando le condizioni diventano difficili la capacità personale può fare la differenza, ma molti incidenti, con un’attrezzatura adeguata e non in condizioni di usura eccessiva, sarebbero stati facilmente evitati. Non è nostra intenzione tessere le lodi di un attrezzo piuttosto che un altro ma ci piacerebbe fornirvi nel miglior modo possibile un’analisi di tutto ciò che a oggi possiamo utilizzare per le nostre attività verticali, il perché usarlo e il come. Cercare di calibrare le scelte verso direzioni ben precise è per gli alpinisti sinonimo di sicurezza. A nostro parere, la base delle nozioni fondamentali tra la maggior parte dei fruitori della montagna stessa non sono ancora del tutto chiare quando non addirittura errate, e questo è facilmente riscontrabile osservando i normali atteggiamenti e comportamenti alla base delle falesie, sulle pareti alpine o sui ghiacciai. Per poter assicurare correttamente il nostro compagno ad esempio, prima ancora di scegliere il freno più adatto dobbiamo capire come si comporta un corpo che cade e quali semplici concetti fisici dobbiamo conoscere e applicare per non rovinare le caviglie del nostro amico. È superfluo aggiungere che la nostra storia alpinistica e professionale, ha attinto da esperienze e studi che sono figlie delle varie commissioni tecniche nazionali del Collegio delle guide alpine. In ultimo è doveroso ricordare che in questo volume tra i tanti argomenti trattati non troverete le nozioni più importanti e difficili da divulgare che costituiscono la spina dorsale dell’alpinista: il senso della neve di un bravo scialpinista, oppure il fiuto per l’itinerario del cacciatore di crode, senza dimenticare l’occhio per le “on sight” del climber evoluto, non li troverete mai in nessun volume e neppure nel migliore negozio! Se ne siete del tutto sprovvisti non abbiate paura ad affidarvi a un professionista.

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(Foto archivio A. Gnerro)

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Nodi

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nodi

Nodo delle guide con frizione Situazione di utilizzo Falesia, vie multipitch su qualsiasi tipo di terreno, corde intere, mezze e gemelle. Collegamento tra corda e imbragatura.

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nodi

Nodo bulino (bulino infilato) Situazione di utilizzo Arrampicata in falesia.

Nell’utilizzo di questo nodo lasciare sempre una discreta abbondanza di corda fuori dal nodo circa 15 cm. Esistono varianti simili a questo nodo che però non ne garantiscono la stessa sicurezza e quindi sono vivamente sconsigliate. Nodo molto facile da sciogliere anche dopo forti tensionamenti, consigliabile in falesia.

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Matteo Giglio, Valle dell’Orco (Foto M. Spataro)

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Assicurazione e manovre di corda

Forze in gioco Posizionamento delle protezioni veloci Posizionamento dei chiodi Manovra per calata in falesia Soste Corda doppia Uso dei freni

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LE FORZE IN GIOCO Prima di spiegare nel dettagio i vari tipi di manovre di corda, come utilizzare i freni, e che strumenti usare per la nostra sicurezza durante tutti i tipi di progressione e scalata nei vari terreni, è importante capire cosa realmente succede e quali forze entrano in gioco quando avviene una caduta. Il principio che essa deve essere trattenuta dalla corda, associata poi al lavoro di tutta la catena di sicurezza (protezioni, imbragatura e freni) al fine di non procurarsi danni è lapalissiano, anche se per certi versi non scontato. Il corpo umano infatti per la sua fisiologia ha dei limiti fisici ben noti, non sopporta una decellerazione superiore ai 15 g (unità di misura della forza di gravità) equivalente a una forza di 1200 daN. Se per assurdo utilizzassimo un cavo d’acciaio per arrampicare, sulla cui tenuta a rottura non avremmo assolutamente problemi in caso di caduta, per la sua natura meccanica decisamente statica, trasmettetrebbe però alla persona che viene trattenuta una forza d’arresto così elevata da superare abbondantemente il limite fisiologico di 1200 daN e procurarne quindi la morte. La forza di arresto è la sollecitazione che viene trasmessa alla persona che cade al momento dell’arresto della caduta, cioè quella che non viene dissipata dagli attriti e da tutti gli elementi della catena di sicurezza. Preso atto che tutti i materiali che utilizziamo per la nostra sicurezza, quando correttamente usati, hanno valori di rottura tali da non rendere questo aspetto il primo per importanza, in una situazione reale di volo è invece la forza di arresto un concetto da capire bene e su cui ragionare in tema di sicurezza. Nel nostro ragionamento non tralasciamo certo l’eventualità di rottura ipotetica dei materiali, ma ci arriviamo in un secondo tempo, quando considereremo l’usura dei materiali, il numero possibile di voli tollerati dagli stessi e il concetto del fattore di caduta. È bene notare poi che i risultati delle prove che determinano i carichi di rottura sono effettuati in situazione di corda bloccata, quindi annullando tutto il lavoro della catena di sicurezza, eventualità nella realtà che si verifica il più delle volte a seguito di un errore. Introduciamo ancora un parametro molto importante che è il fattore di caduta. Con esso si definisce il rapporto tra la lunghezza del volo (H) e la lunghezza di corda interposta tra la sosta e l’arrampicatore che cade (L).

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Fattore di caduta = H/L +5m

+5m

+5m

L=5m

L=5,2m

L=9m

H=10m

H=10m

0

0,2m

H=10m

0

0

4m

-5m

-5m

-5m

Fc = 2

Fc = 1,9

Fc = 1,1

+3m

H=4m

0m L=1m -1m

1m 4m

Fc = 4

Una delle condizioni più sfavorevoli nella quale ci si può trovare quando si arrampica è la caduta sulla sosta senza protezioni intermedie, cioè con un fattore di caduta pari a 2, ma in progressione su una ferrata o una corda fissa questo valore può essere abbondantemente superato. Con fattori di caduta vicini a 2 si raggiungono dei valori di forza d’arresto tra i 900 e i 1100 daN, quindi molto vicini seppur ancora inferiori al limite fisiologico, con fattori di caduta superiori, oltre a superare questi valori, si varca la soglia di tenuta degli stessi materiali. In ferrata quindi una longe non dissipata vuol dire pericolo certo di morte, nelle progressioni multipitch bisogna assolutamente ridurre i fattori di caduta proteggendo subito la sosta. La corda, primo elemento della catena di sicurezza e unico nel caso di caduta in situazione erronea di corda bloccata, essendo elastica ha una propria caratteristica meccanica di assorbire la forza di arresto. Quest’ultimo è un valore riportato


assicurazione e manovre di corda sui bugiardini allegati alle confezioni di ogni corda; inoltre, più lunghezza di corda è utilizzata, maggiore è la sua capacità di assorbire questa energia. Il nostro problema quando arrampichiamo è proprio il ridurre questa forza e possiamo farlo usando correttamente le protezioni e soprattutto usando un freno per assicurare chi scala. Il freno produce una forza frenante, cioè un attrito che, sommato agli altri attriti secondari prodotti dallo scorrimento della corda sulla roccia e nei moschettoni, si oppone alla forza di arresto. Questo è un concetto importantissimo, in quanto la forza frenante è quella che nella realtà determina l’effettiva forza di arresto a cui è sottoposta tutta la catena di sicurezza e in ultimo l’arrampicatore in caso di caduta. Particolare però è la situazione che si viene a creare all’ultimo rinvio dove abbiamo il cosidetto effetto carrucola. In questo preciso punto si vanno a sommare la forza frenante creata dal freno e da tutta la catena di sicurezza e la forza di arresto creata dall’arrampicatore che cade. Questa protezione in caso di caduta riceve una sollecitazione quasi doppia rispetto alla sollecitazione che riceve l’arrampicatore e a quella assorbita dal freno. Nei terreni d’avventura dove le protezioni possono avere valori di tenuta anche molto variabili è sicuramente un dato da tenere ben presente nella gestione e nel posizionamento delle stesse. Anche gli attriti, che una scorretta gestione della corda, creando angoli marcati tra le protezioni può generare, trasformano un’assicurazione dinamica in una di tipo statica creando di fatto una situazione critica per diversi motivi. L’arrampicatore riceverà una forza d’arresto notevole, la corda dovrà assorbire per intero l’energia della caduta, la quale potrà avere fattori di caduta molto elevati. Di conseguenza anche l’ultimo rinvio riceverà un carico che ricrea le condizioni sopracitate.

Angelika Rainer, Arco (Foto Marco Spataro)

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POSIZIONAMENTO DELLE PROTEZIONI VELOCI sottile e una volta varcato il bordo dell’anfratto rilasciare il sistema meccanico in maniera che la protezione si espanda e lavori contro l’estrazione. La misura della protezione completamente chiusa deve permettere che essa entri agevolmente nella fessura o nel buco. Essendo studiate per tendere a espandersi quando vengono sollecitate a trazione se introdotte scorrettamente quindi completamente chiuse una volta dentro la fessura probabilmente lì rimarranno non avendo più gioco per ritrarsi e uscire. Questo errore può essere commesso per la fretta o l’ansia di proteggersi o per la erronea scelta della misura da usare. È importante prestare attenzione anche alle strozzature, in certi casi benché la protezione sia inizialmente posizionata correttamente, durante l’estrazione il friend può scivolare verso di esse rendendo la sua uscita impossibile. Anche le piccole vibrazioni della corda possono far “camminare” le protezioni. Cosa vuol dire camminare? I piccoli movimenti e vibrazioni che la corda scorrendo nel rinvio produce e trasmette alla protezione spesso possono farla muovere dalla sua posizione originale causando l’avvicinarsi alle strozzature o peggio ancora il progressivo infilarsi sempre più in profondità nelle fessure. Quindi è importante scegliere una fessura regolare anche al suo interno e posizionare i friend non in profondità. Le protezione veloci friend, nut ed eccentrici, pur avendo caratteristiche costruttive, forme e dimensioni molto differenti tra loro, hanno nel loro utilizzo il denominatore comune di funzionare a incastro all’interno di buchi o fessure, opponendosi all’estrazione grazie alla loro forma. Appare subito evidente che la qualità della roccia nella quale vengono incastrati è una delle principali prerogative per la loro tenuta e sicurezza. Il secondo importante fattore è il corretto posizionamento da parte di chi li utilizza. Posizionamento di friend, nut ball e protezioni retrattili in genere Quando ci accingiamo a posizionare una di queste protezioni all’interno di una fessura o di un buco la prima operazione da fare è chiudere completamente le camme per renderla più

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Viceversa affinché una protezione veloce lavori correttamente essa non deve rimanere completamente aperta o lavorare parzialmente, tutte le camme devono essere messe sotto tensione dalle molle e aderire alla roccia.


assicurazione e manovre di corda Tutti i modelli di protezione dotati di stelo flessibile possono essere posizionati anche in fessure orizzontali, i modelli con stelo rigido in questo caso invece fornirebbero in caso di volo una leva molto pericolosI.

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Quando si usano la protezioni veloci meglio evitare la situazione “ferro su ferro”: nel caso si debba allungare, con un rinvio o un cordino, la protezione al fine di rendere più lineare il percorso della corda, i moschettoni non vanno collegati tra di loro ma devono lavorare direttamente sulle fettucce dei friend o negli anelli dei nut. Per evitare di farle camminare, non esitate ad allungarle con rinvii e cordini. Più diretta è la linea della corda rispetto a quella di arrampicata meno movimenti avranno le vostre protezioni. Quando si estraggono i friend dalle fessure e malauguratamente tendono a incastrarsi agire con calma senza strattoni aiutandosi con il cava nut, spesso ripercorrendo a ritroso camma per camma la fessura, si riesce a farli uscire senza incastrarli del tutto. Posizionamento dei nut I nut sono le protezioni a incastro per eccellenza, a differenza delle protezioni retrattili essi sfruttano le irregolarità delle fessure o dei buchi (nel caso specifico dei tricam) e quando tirati nel senso della strozzatura, si oppongono a essa diventando dei semplici ed efficaci ancoraggi. La prima cosa da valutare quando si incastra un nut è la qualità della roccia nella zona dove si vuole incastrarlo e più nello specifico se contrapposto a piccoli dentini, cristalli o asperità di una fessura, la loro tenuta e consistenza.

Fin qui abbiamo parlato di nut in generale in realtà l’evoluzione di questi materiali è stata lunga. Nonostante se ne trovino ancora muniti di fettuccia e con forme anche molto diverse tra loro consideriamo quelli chiamati anche stopper, dalla forma parallelepipeda irregolare e dotati di cavetto metallico, i più semplici e affidabili da usare. Un particolare da valutare attentamente specie nelle misure più piccole è la dimensione del cavetto che chiaramente è funzionale al carico di rottura. Se si utilizzano queste misure, è importante non rischiarci sopra lunghi voli che potrebbero rompere il cavetto. Il valore massimo di rottura è comunque sempre stampigliato su di essi. Attenzione a non scambiare i micro nut da artificiale con gli stopper delle misure più piccole; i cavetti e i loro carichi di rottura sono ben diversi. Gli stopper avendo facce e forma sostanzialmente irregolari possono essere incastrati i molte maniere nelle fessure medio-piccole.

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G.A. Filippo Livorno, Vallese, Svizzera

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Tecniche di progressione in cordata

FALESIA VIE MULTIPITCH PROGRESSIONE IN CONSERVA PROGRESSIONE IN FERRATA PROGRESSIONE SU GHIACCIAIO

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tecniche di progressione in cordata Regole ed etica in arrampicata sportiva Pur essendo un argomento che esula dalla sicurezza ci è sembrato doveroso fare un piccolo vademecum delle regole universalmente riconosciute nello sport dell’arrampicata sportiva, che proprio nelle falesie è nato e sulla roccia vive la sua manifestazione più naturale. Iniziamo con il concetto di arrampicata in libera o rotpunkt: con questa definizione si intende salire un tiro passando la corda in tutte le protezioni in posto, compresa la catena, e usandola semplicemente come sicurezza in caso di caduta. Non si devono effettuare fermate appesi alla corda (resting) né si possono usare i rinvii come appigli (A0 il grado minimo di arrampicata artificiale) ma si deve arrivare in catena in continuità e senza cadute. Se questa condizione si verifica senza conoscere la via e senza aver mai visto nessuno salirla in precedenza si dice salire una via “a vista”. Si dice che la salita è “flash” quando si verificano le condizioni della “a vista” ma si è assistito, magari pochi minuti prima, a una salita di un altro arrampicatore e quindi si conoscono i movimenti e i tratti più difficili del percorso. L’ “a vista” (on sight) è naturalmente lo stile più difficile ed elegante di arrampicare.

(Foto archivio A. Gnerro)

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Quando lo stile “a vista” non riesce, e quindi si cade, o ci si ferma, questa salita viene considerata come un “tentativo” in attesa di riuscire nella salita in libera. Per superare una via al proprio limite, o sopra, occorrono spesso molti tentativi. L’arrampicata in moulinette di una via conta come tentativo. Il gioco dell’arrampicata sportiva è cercare di arrampicare in libera o meglio ancora a vista, vie sempre più difficili, applicando comunque le regole di sicurezza proprie dell’ambiente di falesia.


VIE MULTIPITCH

Tecniche di progressione in parete Qualsiasi perete rocciosa, di ghiaccio o di misto difficile, ci costringe ad affrontare in termini di sicurezza applicati alla progressione, le stesse condizioni. Dal punto di vista della sicurezza, in linea di massima, i principi che adottiamo su una cascata di ghiaccio (esistono particolari soluzioni descritte nel capitolo specifico) non differiscono da quelle usate su una via di roccia al Gran Capucin o in Verdon, bisogna però adattare i concetti di base al terreno specifico, usando l’attrezzatura e le soluzioni più adatte caso per caso. Abbiamo a che fare con itinerari in ambienti anche molto diversi tra loro, di lunghezza complessiva superiore a quella

della nostra corda. La salita viene frazionata in lunghezze di corda (tiri), singolarmente più corti della nostra corda, che concatenati ci portano al termine del nostro itinerario. Il primo di cordata, correttamente assicurato dal secondo, parte dalla base della parete e sale il primo tiro, alla fine della lunghezza, si ferma a una sosta, composta da una serie di ancoraggi opportunamente collegati tra loro e uniti in un unico punto detto vertice. Sul vertice della sosta innanzitutto egli si autoassicura, e successivamente recupera il secondo di cordata. Quando anch’esso lo raggiunge, si autoassicura a sua volta alla sosta. Sul tiro successivo si ripetono le stesse operazioni con la possibilità di invertirsi alla guida della cordata. Se la via che stiamo salendo prevede la discesa in

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tecniche di progressione in cordata corda doppia, le varie soste offrono il punto di ancoraggio dal quale effettuarla. In questo caso, i vari ancoraggi opportunamente collegati, convergono nel vertice dotato di anello chiuso, moschettone a ghiera o maglia rapida. Unica eccezione le soste composte da due fix dotati di anello saldato. In entrambi i casi sono i punti sui quali effettuare la manovra della discesa in corda doppia in tutte le sue varianti. Ogni singolo ancoraggio che compone una sosta, deve avere una tenuta sicura, la nostra esperienza deve saper valutare senza alcuna possibilità di errore questa condizione, di natura assolutamente variabile nei terreni d’avventura. Definiamo terreno d’avventura, qualsiasi situazione di arrampicata, con qualsiasi tecnica, esposta a pericoli oggettivi importanti, assolutamente non assimilabili alla semplice caduta, protetta da protezioni sicure propria dell’arrampicata sportiva. Le vie moderne, su roccia buona, con gradi obbligatori che ci costringono ad arrampicare per diversi metri fuori dalle protezioni (siano esse anche spit a prova di bomba), esponendoci quindi a potenziali lunghi voli rientrano ad esempio in questa categoria. Tutte le tecniche di arrampicata, che ci mettono nella condizione di usare protezioni veloci, chiodi da ghiaccio oppure chiodi da roccia, la cui tenuta è proporzionale alla nostra esperienza nel posizionarle e valutarle, rientrano in questa categoria. Quando scaliamo in ambienti potenzialmente pericolosi per loro stessa natura, (caduta di pietre o ghiaccio, ritirate lunghe difficoltose se non impossibili, accessi e discese alpinistiche) arrampichiamo su terreni d’avventura. La scelta del tipo di corda Per scegliere il tipo di corda più adatto all’ambiente e alle caratteristiche della via che intendiamo salire, dobbiamo partire analizzando il valore di forza d’arresto della nostra corda. Le corde intere, posseggono un valore elevato di forza d’arresto, sono quindi ottimali in terreni chiodati con spit, fix o resinati. Sono corde singole, quindi è consigliato usarle su vie la cui discesa non preveda le doppie oppure con lunghezze dei tiri abbastanza brevi, inequivocabilmente minori della metà della corda e da una cordata composta esclusivamente da due persone. Normalmente le corde singole in commercio hanno tagli standard che vanno dai 50 agli 80 metri. Se stiamo usando una corda da 80 metri, per esempio, dobbiamo trovarci su

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pareti i cui tiri non superino mai i 37-38 metri nella peggiore delle ipotesi, per poter scendere in corda doppia. Su vie multipitch (termine inglese in voga a indicare itinerari di più lunghezze), le corde più adatte sono le mezze corde. I valori più bassi di forza d’arresto sollecitano in maniera più lieve le protezioni delle quali non conosciamo con esattezza la reale tenuta, inoltre essendo omologate per resistere singolarmente alla caduta dell’arrampicatore, possono essere usate sfalsate, situazione molto comune su vie in terreno d’avventura. Distanziamenti dalle protezioni e uso sfalsato delle mezze corde

Normalmente le vie seguono una linea dettata dalla morfologia della parete e dalla bravura degli apritori nell’affrontarla. Traversi, cambi di direzione, superamenti di tetti, cenge, canali, sono solo alcune delle situazioni


tecniche di progressione in cordata possibili. Molte volte se unissimo tutte le protezioni di un tiro semplicemente usando un rinvio dopo poche decine di metri, sentiremmo un attrito tale da rendere difficoltosa la scalata. Non è solo un problema di comfort, il fattore di caduta viziato dagli attriti può assumere valori molto pericolosi, in quanto in caso di caduta non lavora tutta la corda che parte dall’assicuratore, ma soltanto la sezione libera dagli attriti, ecco quindi la necessità di assecondare la linea del tiro usando i distanziamenti e le mezze corde separate, per rendere il percorso delle corde il più dritto e libero da attriti possibile. Le protezioni più lontane, magari posizionate sotto tetti e marcati strapiombi, come quelle decisamente fuori la linea del tiro vanno moschettonate aggiungendo anelli di cordino o fettuccia anche lunghi se non possediamo dei rinvii della misura adeguata. Se il tiro cambia direzione anche ripetutamente, teniamo le due mezze corde separate cercando di usare la stessa per le protezioni poste a destra della linea ideale e viceversa. Può capitare di moschettonare ripetutamente una corda prima di un traverso per poi usare l’altra corda nella sezione di tiro successiva.

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Il barcaiolo è un nodo facilmente regolabile, la distanza della persona dalla sosta quindi, può essere all’occorrenza facilmente cambiata. Se stiamo scalando con due corde e siamo esposti alla caduta di pietre o ghiaccio, il secondo barcaiolo lasciato più lasco sarà un ulteriore chance di sicurezza nel caso un blocco o una pietra danneggiasse la corda alla quale siamo appesi. Metodi di assicurazione della cordata Il primo di cordata viene assicurato dal secondo utilizzando un freno dinamico tipo secchiello chiuso da un moschettone a ghiera in vita.

Se la cordata è composta da tre persone, il primo deve fare molta attenzione e usare alternativamente le corde con giudizio, ricordandosi di non lasciare traversi sprotetti che causano pericolosi pendoli ai propri secondi. Autoassicurazione in sosta Pur esistendo diverse scuole di pensiero a riguardo, il miglior metodo per autoassicurarsi al vertice della sosta rimane a nostro parere quello di effettuare uno o due nodi barcaioli (a seconda della tipologia di corde si stia usando).

Il secondo di cordata viene recuperato e assicurato dal primo di cordata utilizzando una piastrina autobloccante assicurata al vertice della sosta.

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tecniche di progressione in cordata Moschettonaggio del vertice della sosta

Due operazioni sono assolutamente necessarie: il vertice della sosta viene moschettonato dal primo di cordata (foto 1) e la prima protezione va posizionata o moschettonata il più vicino possibile alla sosta (foto 2), proprio per diminuire il fattore di caduta sulla sosta stessa. Unica eccezione al moschettonaggio del vertice della sosta si ha nelle vie multipitch sportive. Gli ancoraggi superiori della sosta (spit o fix, protezioni di sicura tenuta) possono essere moschettonati al posto del vertice.

1 Quando tutta la cordata si trova riunita in sosta, il vertice di essa è l’unico punto di assicurazione che ne garantisce la sicurezza. Il primo di cordata è autoassicurato al vertice con tutto il materiale addosso, anche il secondo di cordata è autoassicurato al vertice, ha il freno montato sull’anello di servizio dell’imbrago e sta già assicurando il primo. Quando il primo di cordata toglie la sua autoassicurazione (nodi barcaioli) e parte per raggiungere la prima protezione, la cordata è esposta a un fattore di caduta potenzialmente alto che in caso di volo grava direttamente sulla sosta.

2

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Il verso corretto delle corde in sosta Quando il primo di cordata raggiunge la sosta, si autoassicura e recupera il secondo, la corda inizia ad ammassarsi nelle vicinanze.


tecniche di progressione in cordata Se la sosta è comoda magari posizionata su un terrazzino, questa operazione risulta banale. Il capo della corda del primo rimane sotto la matassa, il capo della corda del secondo è in superficie. Se nel tiro successivo la cordata si inverte abbiamo la corda girata nel senso giusto, in quanto quella rimasta in superficie è la prima a scorrere e il rischio di asole o nodi rimane remoto. Nel caso in cui il primo di cordata continui a condurre la cordata, abbiamo la necessità di girare la corda ammassata, per tornare nella condizione di avere la corda che scorre per prima in superficie. Per fare ciò prendiamo la corda ammassata in sosta e iniziamo a raggomitolarla dal lato di chi sarà nel tiro successivo il secondo di cordata. Se la sosta che stiamo usando è molto angusta, e magari obbliga a rimanere appesi all’imbragatura ammassare la corda ordinatamente nei piedi è assolutamente consigliabile.

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Nel caso in cui la cordata stia utilizzando il mezzo barcaiolo oppure qualsiasi sistema di assicurazione non autobloccante prima di poter costruire il paranco di aiuto, il primo di cordata deve eseguire un nodo asola-controasola. Mentre si assicura il compagno e per cause di forza maggiori si deve abbandonare momentaneamente la corda per effettuare un’operazione di urgenza, effettuare sempre un nodo in uscita al nostro sistema di assicurazione che preveda una doppia sicurezza come ad esempio il nodo asola-controasola.

Mentre assicuriamo il primo la corda deve scorrere regolare e senza intoppi. Nodi accidentali o difficoltà a dare corda al primo ci mettono nella condizione di effettuare un’assicurazione scorretta e pericolosa. Pulizia e ordine in sosta! Uso del paranco d’aiuto Se il secondo di cordata ha qualche difficoltà a superare un breve passaggio in arrampicata, esiste una semplice manovra che può evitare inutili perdite di tempo, eccessivo dispendio di energie o addirittura manovre di autosoccorso. La situazione presa in esame è la seguente: il primo di cordata è autoassicurato alla sosta, sta assicurando il secondo che non riesce a salire per i più svariati motivi. La corda che va al secondo di cordata esce dal freno connesso al vertice della sosta ed è evidentemente tesa (foto 1).

1

2 Successivamente il primo di cordata in sosta costruisce un nodo autobloccante, marchand o prusik, (foto 2 e 3) oppure posiziona nel verso giusto un autobloccante meccanico sulla corda del secondo e inserisce nel moschettone del sistema autobloccante (cordino del nodo oppure foro apposito dell’autobloccante meccanico) la corda che esce lasca dal freno, quella che deve cioè recuperare (foto 4).

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