LAGO DI COMO
Sentieri
SPONDA OVEST: Cernobbio, Argegno, Tremezzina, Menaggio, Porlezza, Alto Lago e Valli
EDIZIONI VERSANTE SUD | COLLANA LUOGHI VERTICALI | TREKKING ANTONIO BARELLI
Prima edizione Agosto 2023
ISBN 978 88 55471 510
Copyright © 2023 VERSANTE SUD – Milano, via Rosso di San Secondo, 1. Tel. +39 02 7490163 www.versantesud.it
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento, totale o parziale, con qualsiasi mezzo, sono riservati per tutti i Paesi.
Copertina I monti del Lario Occidentale si “tuffano” nel lago, dall’Alpe di Mezzo (gite 58 e 59). © Antonio Barelli
Testi e fotografie Antonio Barelli
Cartine Silvia Ruju. © Mapbox, © Open Street Map
Simbologia Tommaso Bacciocchi
Impaginazione Silvia Ruju
Stampa Press Grafica S.r.l. - Gravellona Toce (VB)
Km ZERO
Guida fatta da autori che vivono e sviluppano i sentieri sul territorio
Cosa significa?
È una guida a KM ZERO!
Che è più sana e ha più sapore, perché fatta da autori locali.
Come i pomodori a Km 0?
Certo! E la genuinità non è un’opinione.
Gli autori locali fanno bene a chi cammina: – hanno le notizie più fresche e più aggiornate;
non rifilano solo i sentieri più commerciali;
reinvestono il ricavato nella manutenzione dei sentieri.
Gli autori locali fanno bene al territorio: – pubblicano col buonsenso di chi ama il proprio territorio;
sono attenti a promuovere tutte le località; – sono in rete con la realtà locale.
E infine la cosa più importante: sui loro sentieri, c’è un pezzetto del loro cuore
Nota
Il trekking è un’attività potenzialmente pericolosa, chi la pratica lo fa a suo rischio e pericolo.
Tutte le notizie riportate in quest’opera sono state aggiornate in base alle informazioni disponibili al momento, ma vanno verificate e valutate sul posto e di volta in volta, da persone esperte prima di intraprendere qualsiasi escursione.
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con il patrocinio del CNSAS Lombardo
ANTONIO BARELLI
LAGO DI COMO Sentieri
SPONDA OVEST: Cernobbio, Argegno, Tremezzina, Menaggio, Porlezza, Alto Lago e Valli
EDIZIONI VERSANTE SUD
Km ZERO
Guida fatta da autori che vivono e sviluppano i sentieri sul territorio
SOMMARIO Mappa 6 Prefazione 8 Presentazione 10 Autore 12 Il lago, i monti e la Storia 14 Il clima 26 La fauna 28 La flora 32 Sicurezza 36 Interpretazione itinerari 44 Ringraziamenti 46 Bibliografia 48 Lettura degli itinerari e legenda 50 Rifugi 52 1. Bisbino da Piazza Santo Stefano .... 56 2. Bisbino da Rovenna 62 3. Monte Colmegnone da Cà Bossi 66 4. Sentèe di Sort da Rovenna ......... 70 5. Moltrasio anello Liscione, Lenno 76 6. La Culman, ritorno da monte di Liscione ...................... 80 7. Salita al monte Colmegnone da Carate 84 8. Via Verde 90 9. Sentiero delle Espressioni 94 10. Anello del Sasso Gordona 100 11. Sasso Gordona dal piano delle Alpi 104 12. Anello di San Zeno da Schignano 110 13. Monte Crocione dalla bolla giro ad anello 114 14. Anello del Generoso da Erbonne 118 15. Generoso da Orimento giro sentiero alto e basso 124 16. Cima Piancaccia giro ad anello 128 17. Monte Sighignola da Lanzo 132 18. Anello Cime Valle Camoggia da Pigra 136 19. Argegno da Pigra su mulattiera 142 20. Greenway 146 21. Anello Sala, Canelva, Corniga, Colonno 150 22. Anello della Val Perlana 156 23. Monte di Tremezzo da Boffalora 160 24. Monte Crocione da Paullo (Menaggio) 164 25. Anello dei monti di Nava da Griante 168 26. Anello monte Sasso San Martino 172 27. Monte Galbiga da Bene Lario 176 28. Giro del lago di Piano 182 29. Alpe Vecchio giro da Cima 186 30. Anello delle frazioni di Valsolda 190 31. Via dei Canti da Dasio 194 32. Anello Sasso di Mont da Dasio 198 33. Monte Boglia da Dasio 202 34. Cima Fiorina da Seghebbia 208 35. Garzirola da Cavargna a S. Lucio 214 36. Pizzo di Gino da Tecchio (S. Nazzaro) 218 37. Cima Pianchette da San Bartolomeo V. C. 222 38. La via del Ferro 226 39. Alpe di Rozzo Marnotto da Male’ ... 232 40. Anello alpeggi dell’alta Val Sanagra 238 41. Giro del monte Pidaggia 242 42. Anello della Val Menaggio ......... 248 43. Anello del Rogolone 252 44. Anello del Sass Curbè 256 45. Anello la Canua, Sant’Amate 260 46. Anello del monte Grona 264 47. Salita al monte Bregagno 268 48. Antica via Regina da Menaggio 274 49. Anello di San Domenico da Breglia 280 50. Anello di San Bernardo da Musso 248 51. Giro valle Albano, valle Morobbia 288 52. Anello della Marmontana 292 53. Bivacco Zeb 296 54. Sass Camoscè 300 55. Anello del Sasso Pelo 306 56. Anello di Dongo 310 57. Capanna Como 316 58. Sasso Canale 320 59. Berlinghera da San Bartolomeo 326 60. San Fedelino da Dascio 332 4
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Sguardo ai monti del Lario Occidentale
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PREFAZIONE
Può un ambiente naturale condizionare l’animo di una persona?
Ho avuto la fortuna di desiderare nuovi orizzonti, alcuni li ho scoperti, altri ancora li sogno, ma gli orizzonti di casa me li porto dentro. I monti del Lago, le rocce, la vegetazione, le storie e le persone tutte intorno fanno parte di me, ed io di loro. Ogni ritorno su questi monti, a quegli orizzonti è come tornare a casa, una sorta di grembo che mi ha accolto e che mi ha formato. Ecco che la mia, la nostra esperienza dell’andare per i monti si “fonde” con l’ambiente che è e fu grembo per tutti noi.
Ricordo una frase di Walter Bonatti: “le grandi montagne hanno il valore degli uomini che le salgono, altrimenti non sarebbero altro che un cumulo di sassi”. I monti del Lago di Como non sono certo le “grandi montagne” del Bonatti ma questi monti, non più “cumuli di sassi”, hanno da sempre accompagnato il passo di chi li ha saliti, contadini o pastori, contrabbandieri o villeggianti. Monti che fanno da sfondo all’animo umano, alle nostre paure e speranze, ai nostri sentimenti e alle nostre avventure. Ecco la “magia”. E l’esperienza tra uomo e natura diventa vita, nulla di più laico, nulla di più perfetto. Questo è ciò che a volte mi capita di percepire, sentire e respirare: sensazioni tra i “nostri” monti, tanta è la loro forza. Auguro anche a voi di scoprire, o riscoprire, tra le pieghe del fiordo creatosi milioni di anni fa e modellato dal lento flusso dei ghiacciai, quell’esperienza atavica, fondamentale, di connubio tra uomo e natura.
Nelle pagine che seguono vi accompagno attraverso i monti della sponda occidentale del lago di Como, spero di farlo bene, in modo efficace e coinvolgente. Vi porto all’interno di quel “grembo” tra le insenature delle valli e le cime dei monti. Fermatevi se siete stanchi, accelerate il passo se è tardi, ma non lasciate che sia il passo imposto da un programma sul cellulare a ritmare il tempo del cammino, bensì il desiderio di nuovi orizzonti, di nuove emozioni. Sono convinto che il lago e i suoi monti custodiscano la ricetta di emozioni autentiche.
Riguardo alle escursioni sui monti così detti Lariani tanto è già stato scritto, sicuramente da autori ben più autorevoli di me, testi a volte accompagnati da approfondimenti scientifici o storici, altri semplici descrizioni d’itinerari, io ho voluto racchiudere in un singolo volume una selezione di percorsi che attraversano l’area montana ben definita del Lario Occidentale. Certamente si potrebbero includere ancora altri itinerari (magari in futuro) ma questa raccolta corrisponde ad un semplice obiettivo: rispondere al quesito “dove andiamo oggi a camminare?”
Nell’arco di un anno ho ripercorso tutti gli itinerari descritti, da solo, con mia moglie, con gli amici, con i miei figli e gli amici dei miei figli, spesso con i miei cani. Ho annotato le caratteristiche principali e riportato le informazioni essenziali per percorrere in sicurezza ogni escursione proposta. Per meglio descrivere alcune caratteristiche del territorio e comunicare raccomandazioni tecniche ho avuto la fortuna di contare su alcune collaborazioni competenti, ma soprattutto appassionate, aspetti che spesso si muovono di pari passo.
Buona lettura e buone camminate.
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Pendici del Monte Grona (itinerario 46)
PRESENTAZIONE
Il lago di Como, ormai brand “Lake Como”, è a detta degli esperti uno dei luoghi turistici più acclamati del globo e non solo da ora. Grazie alla sua posizione geografica, al suo clima favorevole e alla bellezza dell’ambiente in cui è immerso, è difficile resistere alla seduzione di questi luoghi. Una vera oasi di bellezza, dove storia, arte, cultura, natura e cibo si fondono perfettamente per creare un’armonia unica. I profili dei monti che affondano direttamente nel lago, il ritmo delle stagioni scandito da colori ed usanze infondono una sensazione di pace e di dolce nostalgia. Una sensazione che va colta al ritmo lento del camminare. È questo che vi propongo nella selezione dei 60 itinerari escursionistici nel territorio così detto del Lario Occidentale. Questa sponda comprende un’area montuosa identificata da confini naturali e politici: ad est il Lago ad ovest la Svizzera, da sud a nord, la città di Como fino al confine della provincia stessa, nel comune di Sorico. Territorio che si estende dalle Prealpi Comasche/Luganesi all’estremo settore orientale delle Alpi Lepontine, le escursioni vanno dai 200m del lago fino ai 2400m del Sasso Canale. Gli itinerari sono proposti in sequenza numerica, da sud a nord, così da permettere un’immediata consultazione. Ogni singolo itinerario è stato percorso dall’autore con l’intento di relazionare in maniera efficace le caratteristiche paesaggistiche e tecniche, contestualmente sono state registrate le tracce con strumento gps così da offrire una maggior fruibilità delle informazioni.
Sala Comacina, l’isola e in lontananza la Grigna settentrionale.
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L’AUTORE
Solo dopo qualche anno capii che le “Parisienne” che andavo a prendere per mio padre dal vicino di casa, e che lui estraeva come per magia da uno dei molteplici sportelli della stufa economica, avevano un’origine discutibile. Molto probabilmente sapevano di sudore, di terra e a volte anche di sangue. Sapori sublimati dal viaggio fatto tra i monti del confine italo-svizzero, gli stessi monti che da sempre anticipano la notte proiettandosi come dolci ombre nel lago. Ecco sono nato lì, con quei monti alle spalle, in quel tempo non lontano ma distante. Ricordo come diventai alpinista, braghette corte, l’età sufficiente per camminare, e il divieto di salire sulle stesse tracce di mio padre e mio fratello: perché io no? Quel perché, mi accompagna da sempre. Ho percorso ed esplorato le “mie” montagne e tante altre nelle Alpi, in Sud America, in Asia, in Oceania… Soccorritore Alpino, Tecnico Elisoccorritore e Formatore.
Antonio Barelli
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Campo De Agostini (Patagonia)
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IL LAGO, I MONTI E LA STORIA
Dall’evoluzione geologica e climatica si creano i paesaggi, si genera la natura, si sviluppa la fauna, e dove si insediano gli uomini appaiono culture, nascono mestieri, si radicano costumi e usanze e si crea la Storia. Per capire la terra che calpestiamo ed apprezzare dove volgiamo lo sguardo, ripercorro brevemente l’origine geologica del Lario –il Lago di Como– la genesi e lo sviluppo dei suoi insediamenti, la storia del territorio e delle sue genti. I riferimenti agli itinerari sono riportati dove il nesso è evidente.
Le escursioni proposte in questo volume si sviluppano in un’area ben precisa e di facile identificazione geografica. Infatti, la zona del così detto Lario Occidentale, è come un grande corridoio, dove verso est, si trova il confine naturale del lago di Como in tutta la sua estensione dalla città di Como al lago di Novate Mezzola, verso ovest il confine con la Svizzera è di tipo politico ma spesso coincide con i confini naturali in corrispondenza delle creste montane. Ai due estremi troviamo a sud, la città
La “Sòstra”del Pian delle Alpi
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di Como, il capoluogo della Provincia, mentre a nord l’area del Lario Occidentale confina con la provincia di Sondrio tra la Val Bodengo e la Val Chiavenna.
Tale area, sotto il profilo geomorfologico, è costituita da una fascia alpina a nord, e da una fascia prealpina a sud. I geologi indicano come confine tra le due zone la così detta “linea del Tonale”, passante per il passo San Jorio. Se è vero che tecnicamente è ritenuta la linea del Tonale il confine tra Alpi e Prealpi, va sottolineato che sotto l’aspetto puramente geologico merita considerazione la così detta “linea della Grona”. Essa segna infatti il confine netto tra rocce originate da fenomeni ben differenti. Salvo rare eccezioni (Sasso Pelo e Sasso di Musso) troviamo a nord rocce intrusive e metamorfiche, a sud rocce sedimentarie. Non è mia intenzione fare un trattato di geologia ma riguardo la cosiddetta linea della Grona, vi invito ad osservarne le caratteristiche sul terreno, più di un itinerario offre questa possibilità (itinerari 38,41,46).
I terreni morenici completano in superficie la geomorfologia dell’area in questione. Furono originati nella glaciazione del quaternario. Il ghiacciaio, che occupava il solco dell’attuale lago di Como, detto “ghiacciaio abduano” nel suo lento movimento verso sud ha esercitato una continua erosione, di conseguenza i versanti dei monti risultano più ripidi alle quote più inferiori. Il ghiacciaio ha lasciato gli argini morenici, i massi erratici, le rocce levigate, e terrazze detritiche. La maggior erosione sul fondo la troviamo tra Nesso ed Argegno, dove il lago è si inabissa per 412 metri. Considerando la
Alpe di Tremezzo ora abbandonata
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quota attuale della superficie del lago (198m) un semplice calcolo matematico dovrebbe stimolare quesiti interessanti, tipo “dove defluivano le acque che hanno modellato il solco?”
Al ritirarsi dell’ultima glaciazione (così detta di Würm) verificatasi tra 11’500 e 10’000 anni fa, quando i monti si liberano dalle nevi dei grandi ghiacciai alpini, i primi insediamenti umani si sviluppano al margine dei laghetti subalpini, un tempo assai più vasti di ora. Sono questi gli albori della presenza dell’uomo in questi luoghi, i più antichi indizi di vita nell’area del lago risalgono all’età neolitica. Si presume, che i primi spostamenti nel territorio avvennero lungo percorsi di crinale, maggior visibilità e dunque maggiori possibilità di caccia e di difesa, ma anche progressione più agevole. Cosa difficile da immaginare ai giorni nostri, ma se pensiamo al territorio del lago totalmente selvaggio, ovvero non antropizzato, probabilmente spostarsi a piedi da Como ad Argegno risulterebbe più agevole via monti che lungo il litorale (itinerari 3,9). Non è quindi un caso che sono le cime delle montagne i primi elementi geografici a cui l’uomo assegnò un nome, così da distinguerli e utilizzarli come riferimenti durante gli spostamenti. Reperti successivi permettono di risalire ai Liguri (5000 – 500 a. C.) come il primo popolo che abitò stabilmente le terre del lago fino all’epoca celtica (1000 – 500 a. C.). La calata dei Celti dal nord, che sottomisero i Liguri, mutò profondamente il volto etnico della regione e di coloro che si erano insediati sui monti Lariani. Seguirono le guerre con la Roma antica, per
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arrivare alla civiltà gallo-romana. Nell’anno 59 a.C. Giulio Cesare fonda Novum Comum, vi trasferì 5.000 coloni, tra i quali 500 Greci. Si pensa che lo sviluppo dell’ovicultura sul Lario ebbe inizio in quell’epoca (itinerario 20). Sviluppandosi la romanizzazione si instaura la grande pace imperiale, Como diventa base di intensi traffici lacuali verso il centro Europa. Intorno al terzo secolo, la minaccia dei barbari induce a creare un limite difensivo, tra i capisaldi nel comune di San Siro, a Santa Maria Rezzonico, è possibile osservare, tra il lago ed il tracciato dell’antica strada “Regina”, i resti di un’imponente struttura fortificata (itinerario 48). I Romani infatti, fecero del lago di Como un punto strategico aprendo, sulla sponda occidentale, la via che lo collegava con la Rezia. In seguito, con la dominazione longobarda di Teodolinda questa strada venne denominata “Regina” (itinerari 48,56,60). Con l’editto di Tessalonica del 380 d.C. il Cristianesimo diviene religione di Stato, tutti i culti precristiani vengono proibiti e sopra ai templi dove si adoravano dei pagani o si praticavano antichi riti, sorgono chiese e santuari. Avvenne dunque, un lento, ma costante insediamento Cristiano, ancor oggi testimoniato dalla presenza di diversi antichi edifici dedicati al culto. Dopo la caduta dell’Impero Romano (476 d.C.) Como subisce la dominazione degli Unni prima, poi quella dei Goti ed infine dei Longobardi. L’isola Comacina ne fu protagonista. La sua fama di imprendibilità si accrebbe nel 589 d.C., quando il comandante bizantino Francione la tenne per ben 20 anni, e si arrese soltanto dopo un assedio durato sei mesi. Nel 701 Ariperto, re Longobardo distrugge le fortificazioni dell’isola. In seguito, quel
Dal Monte Generoso, lago di Lugano, Prealpi e Alpi 17
luogo tanto singolare quanto strategico, fu più volte conteso. Il 1169, l’annus horribilis segna il tragico destino dell’isola Comacina. Contesa per la sua posizione venne devastata e rasa al suolo dai comaschi guidati dal Barbarossa, per vendicare la sua alleanza con Milano nella guerra decennale che coinvolse le due capitali. Ogni anno, la domenica più vicina al 24 giugno, vi si svolge la tradizionale festa di San Giovanni con solenne processione di barche e il tradizionale spettacolo pirotecnico sul lago a ricordo dell’incendio (itinerario 20, 21). Dopo i Longobardi e i Franchi, attorno all’anno 1000, la città di Como, divenne Comune autonomo, ma dovette sempre lottare per la propria autonomia. Assai denso di vicende storiche fu il periodo delle Signorie e dei Comuni per il Lago che dopo un alternarsi di potere tra il XII e XIV secolo tra le famiglie dei Della Torre e dei Visconti, vide prevalere i Visconti e poi gli Sforza. Questo fu anche il periodo delle repressioni inquisitorie, poche notizie abbiamo sui processi celebrati sul Lario, è noto che i Domenicani, dell’ordine che divenne per eccellenza l’anima dell’inquisizione, assunsero la cura delle anime nella terra di Rezzonico (itinerario 48) affidata loro da Pio II con Bolla del 1463. Se il fenomeno della repressione inquisitoria e della stregoneria è una cupa ombra nella storia del Cristianesimo, seguì ben presto, grazie al culto mariano, un capillare diffondersi della religione cristiana nei piccoli nuclei abitati del Lario. Benché modesto per nu-
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mero d’abitanti, il territorio del Lario in virtù della posizione geografica e della sua morfologia è stato un piccolo protagonista della storia fino alla fine del medioevo. A partire dal 1500 entra nell’ombra di una sequenza di dominazioni straniere. A quella francese, seguì quella spagnola e più avanti fu il momento della dominazione austriaca fino alla metà del XIX. Un lungo periodo caratterizzato da una serie di avvicendamenti che coinvolsero tutto il lago e i suoi paesini. Torno, che era filofrancese, fu distrutto dai comaschi sforzeschi e filospagnoli. Mentre Torno veniva raso al suolo, gli abitanti di Moltrasio, borgo collocato sulla riva opposta del lago, alleati di Como si misero a suonare “le campane di festa per la solennità di S. Barnaba, onde furon dall’hor in poi dai Tornaschi odiati, sotto pretesto che tal sonare si facesse per allegrezza dell’incendio della nemica terra” (Francesco Ballarini, Compendio delle croniche della città di Como, Como 1619) (itinerari 5, 6, e 7). Ci fu poi la peste nel 1630 che seminò morte e povertà (itinerario 1). Dovette passare un secolo per vedere i primi segni di un rifiorire economico. All’inizio del XVIII il Ducato di Milano passò agli Asburgo d’Austria e con esso anche il lago di Como. L’occupazione austriaca portò un lungo periodo di pace e la conseguente ripresa economica. Fu questo per il lago un periodo fiorente con la costruzione di splendide ville neoclassiche e l’espansione dell’industria siderurgica (la Falck di Dongo, itinerario 56). Nel 1859 i
Suggestioni tra Alpi e Prealpi
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Cacciatori delle Alpi guidati da Garibaldi battono gli Austriaci e liberano la città e il lago. Arriviamo al 1861 e alla proclamazione del Regno d’Italia. Vicende che inevitabilmente si intrecciano con la gente del Lario, allenata ad affrontare una vita difficile e complessa, a volte densa di patimenti, ma anche ricca d’esperienza, una ricchezza che favorì l’abitudine alle attività comunitarie e democratiche, avvezza allo spirito d’iniziativa, incline al rifiuto di potenziali padroni, predisposta ad una religiosità aperta e dignitosa. Ma ciò che condiziona la società da sempre è il lavoro. Sarà questo un periodo di profondo cambiamento dell’industria manifatturiera tessile e metallurgica che si meccanizza. L’avvento delle macchine segna il passaggio dall’imprenditoria artigianale a quella industriale. Tra i due secoli inizia a svilupparsi sul Lario anche l’attività turistica. È in un clima di ripresa che il Lario si affaccia al nuovo secolo, che ahimè sarà caratterizzato dai noti e tristi eventi bellici. Per timore di un’invasione da nord, venne realizzato il sistema difensivo italiano alla Frontiera Nord verso la Svizzera, nota come Linea Cadorna, un complesso di opere di difesa permanenti posto a protezione dei confini del Regno d’Italia, della pianura padana e dei suoi principali poli economici e produttivi. La costruzione di questa Linea fu il compendio di quasi cinquant’anni di studi, progettazioni, ricognizioni, indagini geomorfologiche, pianificazioni strategiche, ricerche tecnologiche poi realizzate tra il 1915 e la primavera del 1918. Più di una escursione proposta nel testo transita da queste opere ora veri e propri monumenti di valore storico (itinerari 10, 11, 23, 24, 26, 42). Durante la Prima guerra mondiale in tanti partirono dalle terre lariane, come da tutta Italia. Ogni paesino sul lago ha un suo monumento a testimoniare il sacrificio di allora. Fabrizio De Andrè anni dopo canterà:
“Ma lei che lo amava aspettava il ritorno d’un soldato vivo
D’un eroe morto che ne farà
Se accanto nel letto le è rimasta la gloria
D’una medaglia alla memoria”
Il Piccolo Museo della Guardia di Finanza e del Contrabbando a Erbonne
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Anche se dovrà passare ancora del tempo, prima che la retorica bellicista venga condannata dal noto cantautore. All’uscita dall’immane conflitto l’Italia e le sponde del lago dovettero digerire una vittoria, definita “mutilata”. Quella retorica fu l’alimento alle nuove prospettive che trovarono terreno fertile in una società provata, e che portarono ad altri tristi eventi che videro protagoniste le sponde del Lario. L’avvento dell’era fascista, un tragico ventennio (1922-1943) che sconvolse gli animi nella speranza di un futuro migliore, creò tali fratture sociali che ancora ai giorni nostri si possono intuire le cicatrici. La peculiarità della sua posizione, al confine con la Confederazione Elvetica, fece sì che la sponda occidentale del lago di Como costituisse per tutto il ventennio della dittatura fascista un importante corridoio di transito, per l’immigrazione politica dapprima, per l’organizzazione clandestina poi, infine per gli ebrei colpiti dall’emanazione delle leggi razziali nel 1938 e le deportazioni successive. E, proprio lungo quella sponda si consumò l’atto finale del regime fascista, alla fine del Secondo conflitto mondiale, il 28 aprile del 1945 a Giulino di Mezzegra (itinerario 20, 56). Ma grazie all’esempio di coloro che seppero scegliere la via dei Giusti, coloro che facendo del bene, battendosi in favore dei diritti umani durante i genocidi difendendo la dignità della persona rifiutando di piegarsi ai totalitarismi e alle discriminazioni, che le ferite di un tempo scompaiono lasciando speranza. Vorrei qui ricordare il finanziere Salvatore Corrias al quale, recentemente l’amministrazione comunale di Moltrasio ha voluto rendere omaggio con la posa di una targa a ricordo e dedicando a lui il secolare faggio alla colma del Bugone (itinerario 3). L’immediato secondo dopoguerra portò per l’Italia maggiori impegni di ricostruzione rispetto a quanto accadde dopo il 1918, ma il tenore di vita restava decisamente basso anche nelle vallate Lariane. Il piano Marshall fu il volano che innescò la crescita fino al così detto “boom economico”. In questo periodo transitorio ci fu un’economia alternativa che condizionò il tenore di vita delle genti del Lario e dei vicini Svizzeri. Vita di genti separate dalla storia e unite dal bisogno. Per molti villaggi di montagna era infatti una scelta obbligata per sopravvivere. Mi riferisco al transito illecito delle merci lungo la linea di confine, un’attività che con modalità diverse esisteva dagli inizi del Ottocento. Fino alla Seconda guerra mondiale si trasportava caffè verso l’Italia ma
Dalla cima del Monte Bregagno
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con gli anni Cinquanta esplose il traffico delle “bionde” (sigarette). Chi praticava il contrabbando “onesto”, senza troppo turbare la collettività, godeva del consenso della comunità, una sorta di codice comportamentale basato su principi di lealtà e rispetto reciproco. A volte, anche gli uomini di chiesa erano solidali, conoscendo le situazioni di necessità dei loro parrocchiani. Questa “industria” degli spalloni e delle bricolle diede lavoro ad un gran numero di persone, sia da una parte che dall’altra del confine che durò fino agli anni Settanta (itinerari 3, 6, 14, 52). Tutta la zona, trattata in questa pubblicazione fu coinvolta a vario titolo nelle vicende di confine. Ed eccoci ormai ai giorni nostri, mi auguro, che in questo excursus storico del territorio lariano, sia riuscito a stimolare un interesse per un’area ricca non solo di bellezze paesaggistiche da osservare ma anche ricca di storia da ricordare e approfondire. (In appendice le note bibliografiche).
Il nucleo di Rezzonico
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Dal monte Grona, in lontananza gruppo del Monte Rosa e Cervino
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IL CLIMA
Il clima delle montagne Lariane è di tipo cosiddetto continentale, notevolmente mitigato dall’escursione termica della massa delle acque lacuali, ne risulta quindi un clima temperato e umido. I recenti, e ahimè sempre più repentini stravolgimenti delle condizioni climatiche, vanno inevitabilmente a condizionare anche i ritmi meteorologici di questa zona, provo comunque a riassumerne in breve alcune caratteristiche.
Nella media nazionale, la zona risulta essere ricca di precipitazioni, particolarmente nelle stagioni cosiddette intermedie, primavera e autunno, anche se purtroppo, questa distinzione sembrerebbe destinata ad affievolirsi. La neve, seguendo le leggi della temperatura, dell’umidità e dei venti risulta scarsa lungo la fascia rivierasca, mentre sui versanti nord oltre i 1500 metri resta abbondante, va
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considerato in virtù di quota ed esposizione sia al sole che al sottovento, possibili repentini cambiamenti delle caratteristiche strutturali del manto. Diversi sono i venti che caratterizzano le nostre zone, divisibili in due categorie ben distinte, venti in situazioni meteo instabili e venti in situazioni meteo stabili, alla prima, cioè con instabilità, appartiene il cosiddetto ventone da nord (ventún), forte e a raffiche, preannunciato da nuvole scure sospese sulle creste dei monti della Mesolcina e della Valtellina, è il cosiddetto Foehn (Favonio) vento di caduta secco e sovente più caldo della massa d’aria preesistente, altri venti riconducibili a situazioni di marcata instabilità sono quelli generati dalle cosiddette cellule temporalesche, la loro direzione è in virtù della posizione del temporale, sono in genere molto intensi e di breve durata, sul lago vengono denominati Bergamasca, Bellanasco, Argegnino, Garzeno, e Menaggino. Con situazioni meteo stabili abbiamo i tipici venti del lago (brezze), il Tivan, fresco costante e decisamente meno violento del (ventun), soffia al mattino, prevalentemente da nord, la Breva, leggero e costante proveniente da sud, soffia costantemente dalla tarda mattinata al tardo pomeriggio, da febbraio a settembre.
Valle Albano e rifugio Sommafiume (© De Bernardi)
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LA FAUNA
Il territorio del Lario Occidentale è vario ed eterogeneo e nelle escursioni di questo volume potremmo incontrare alcune delle molteplici specie di fauna che popolano le zone prealpine e in alcune zone ben localizzate anche specie tipicamente alpine, anche se gli ambienti tendono a sovrapporsi e la distribuzione delle specie è dinamica tra i confini geografici di Prealpi e Alpi. Un habitat, che negli anni ha subito una pressione antropica importante e trasversale. Se da un lato è andato aumentando lo sviluppo edilizio, dall’altro si è assistito ad una costante diminuzione delle attività agricole strettamente legate alla montagna, ciò ha favorito un ritorno, o un significativo aumento di alcune specie, che sempre più spesso si trovano a contatto con la presenza umana. Solo trent’anni fa era difficile incontrare sui nostri monti, cinghiali, cervi, o caprioli… Cosa che ora capita sempre più spesso e addirittura a ridosso di alcune zone commerciali. Considerato un bene comune, la presenza animale è da anni assoggettata ad un preciso modello di gestione da parte delle amministrazioni pubbliche al fine di garantirne la coesistenza con l’uomo, la conservazione e anche la sopravvivenza. Ma alcune specie sono sfuggite al controllo, come il massiccio aumento dei cinghiali che non più di trent’anni fa non erano nemmeno presenti in questo territorio e trova i preposti alla gestione sembrerebbero in difficoltà. Ad inserirsi in questo precario e iniquo equilibrio tra presenze di specie animali selvatiche e l’uomo si colloca l’attività venatoria, essenziale per la gestione del territorio frequentato dall’uomo e per mantenere un buon equilibrio ambientale. Il cacciatore responsabile, da sempre riveste un importante ruolo nella conservazione del patrimonio animale ed ambientale del territorio, nonostante spesso venga considerato nemico dell’ambiente e degli animali. L’aumento di talune specie selvatiche ha inevitabilmente condizionato gli equilibri nel-
Lepre (© Sonia Bottari)
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la catena alimentare, condizione favorevole al ritorno di una preziosa presenza, mi riferisco al lupo. La specie si è finalmente riappropriata del proprio luogo di origine e adesso vi risiede stabilmente.
Per evitare incidenti con animali o di disturbare i selvatici raccomando un atteggiamento sempre rispettoso della fauna e della natura circostante. Che riassumo: cani sotto controllo, mantenersi sui percorsi indicati, non interferire qualora si incontrassero dei cuccioli, mai toccare i piccoli trovati nel bosco o nei prati e che sembrano abbandonati, lasciamo alla natura il suo naturale corso. Alcune delle escursioni transitano in territori di caccia, raccomando un corretto ed attento approccio alle attività venatorie in corso.
Nella scheda successiva ho scelto quattordici specie animali rappresentative di quelle che più potremmo incontrare durante le escursioni. Fortunatamente la presenza faunistica nel Lario Occidentale è ben più vasta. Nella bibliografia riporto fonti e testi per approfondire la tematica. Le foto di questi favolosi esemplari, sono state scattate con entusiasmo, pazienza e a volte fortuna, nella zona di riferimento di questo volume. .
Volpe (© Sonia Bottari)
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Cervo
Cervus elaphus
Capriolo
Capreolus capreolus
Il cervo è il più grosso erbivoro selvatico esistente tra i monti, pesa fra gli 80 kg e 200 kg circa. Il maschio è dotato di corna mentre la femmina e ne è priva. Il suo mantello è bruno-rossastro in estate e in inverno è grigio-bruno. 1
Il capriolo è di corporatura medio-piccola ,“elegante”. Il maschio può pesare dai 20 ai 35 kg. In autunno assume un colore rossastro, in inverno è caratterizzato dal colore tipicamente grigio-bruno, invece in primavera, dopo la perdita del pelo invernale, assume una colorazione giallo-arancione. 2
Stambecco
Capra ibex
Lo stambecco appartiene alla famiglia dei Bovidi. L’habitat è costituito dai pascoli montani, fra i 2000 e i 3000 m di altitudine. Nel periodo invernale scende a quote più basse. Qualche anno fa venne reintrodotto sui monti dell’alto Lario, è quindi possibile avvistarlo in quella zona. 3
Camoscio
Rupicapra rupicapra
Il camoscio appartiene alla famiglia dei Bovidi. L’agilità di questo animale nello spostarsi fra le rocce e su terreni impervi è dovuta principalmente alla struttura degli zoccoli, con suola elastica e bordo duro e sottile. L’habitat è costituito dalle zone rocciose e dai pascoli alpini, in inverno fino a basse quote. 4
Cinghiale
Sus scrofa
Il cinghiale appartiene all famiglia dei Suidi. Questo animale è sempre stato considerato una preda molto ambita, attualmente, a causa dell’elevato numero di capi presente su tutto il territorio è diventato di difficile e problematica gestione. Questo animale è simile ad a un maiale con il pelo di colore marrone. 5
Tasso
Meles meles
Volpe
Vulpes vulpes
Il tasso è un mammifero che appartiene alla specie dei Mustelidi. Il suo pelo è nero su tutto il corpo con due piccole strisce bianche anche sulla faccia che passano sopra gli occhi. È difficile da vedere, in genere si sposta nelle ore notturne.
La volpe è un carnivoro di medie dimensioni (lunga da 65 a 75 cm). Ha il muso lungo e affusolato, le orecchie dritte, appuntite e nere nella parte posteriore e le zampe corte. Il suo aspetto è gradevole, la sua folta pelliccia è lunga,è la coda soffice, il colore del pelo può essere di diverso colore o addirittura mutare con le stagioni. 8
Scoiattolo
Sciurus vulgaris
La specie Sciurus vulgaris sta ad indicare molte specie appartenenti al genere Sciurus o ad altri generi delle famiglie degli Sciuridi e degli Anomaluridi. Vive tra i 600 e i 1000 m di altitudine, ha il pelo marrone con piccole sfumature rossastre. Protetto! Soffre l’invasione dello scoiattolo grigio americano in espansione. 7
Marmotta
Marmota marmota
Lepre comune
Lepus capensis
Aquila reale
Aquila chrysaetos
La marmotta appartiene all’ordine dei roditori e alla famiglia degli sciuridi. L’habitat di questo animale sono le montagne aperte, oltre i 1500 mt di quota.
La lepre è un animale solitario, attivo tutto l’anno, si sposta a balzi ma quando fugge corre molto rapidamente, può raggiungere una velocità di 60-70 Km/h. Questo animale misura da 50 a 70 centimetri. 6
L’aquila reale è un rapace di grande taglia, con un’apertura alare di 200 cm ed un peso che può arrivare addirittura a 6 kg. Costruisce il nido quasi sempre sulle pareti rocciose (raramente su alberi) spesso inaccessibili e a quote considerevoli tra i 1000 ed i 2500 m. 9
Gufo comune
Asio otus
Picchio Corvo imperiale
Corvus coram
Vive principalmente nei boschi. Questo animale dorme il giorno e la notte fa la sua vita. Il suo pelo è marrone, bianco,nere. vive al massimo a 1000 m di altitudine. 10
I picchi sono una famiglia di uccelli appartenente all’ordine dei Piciformi. Ci sono varie specie: il picchio rosso, il picchio verde, il picchio muraiolo….. Questi uccelli vivono dai 600 ai 1000 m al massimo di metri di altitudine e sono molto legati al territorio. 11
Il piumaggio del corvo comune, è completamente nero con bagliori rossastri. A seconda della luce il collo e la cresta sembrano verdastri o violetto-metallici. Il becco è aguzzo, leggermente piegato all’ingiù e più snello di quello della cornacchia nera.
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LA FLORA
La flora del Lago di Como sul versante occidentale si distingue per zone con diverse condizioni climatiche, morfologie dei pendii, esposizione al sole e nevosità. Fino a circa 250 metri di altitudine, il clima mite dei bassi versanti consente la coltivazione, fin dai tempi degli antichi romani, di olivi, allori e oleandri. Qui osserviamo boschi in cattive condizioni di vegetazione con la presenza di specie alloctone come la robinia e l’ailanto. I boschi naturali che troviamo a quote più elevate, richiamano i boschi submontani con la presenza di sempreverdi come l’agrifoglio, il tasso ed il pungitopo. Qui troviamo anche arbusti e piccoli alberi, tra cui il nocciolo, il carpino nero, il biancospino. Altre formazioni vegetali sono composte da acero, carpino, frassino, quercia, betulla e tiglio. In presenza dei corsi d’acqua o sul fondovalle crescono gli ontani, mentre tra le specie piantate dall’uomo e sviluppatesi un po’ ovunque prevale il castagno. Aumentando l’altitudine incontriamo, dove il clima lo permette, piccole o vaste faggete. In quota, l’abete bianco e l’abete rosso popolano i paesaggi mentre, sui pendii rocciosi esposti a sud troviamo il pino silvestre. I boschi di conifere con larici, pini e abeti incontrano i ginepri, mentre i rododendri e pino mugo crescono prevalentemente sui versanti esposti a nord. Questi ultimi rappresentano il limite superiore della vegetazione forestale, oltre incontriamo le praterie naturali di ciperacee e graminacee.
Peonia selvatica
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Su gentile concessione del naturalista Attilio Selva, riporto integralmente l’introduzione al suo testo: “Flora e vegetazione tra Lario e Ceresio” edito dalla Comunità montana Alpi Lepontine, Comunità montana Lario Intelvese (2005). Attilio Selva, laureato in Scienze Naturali all’Università di Milano collabora con enti, riviste e università, ma soprattutto è un autentico appassionato, autore di diversi testi ed anima del museo Etnografico e Naturalistico della Val Sanagra (itinerario 40, 42 e 43).
UNA FLORA INCASTONATA TRA ERTE CATENE MONTUOSE E LA RIVIERA DEL LAGO PIÙ PROFONDO D’ITALIA
Ciò che maggiormente colpisce l’escursionista che si aggiri tra il Lario e il Ceresio è la ricchezza floristica evidente nella diversità delle specie presenti. Questa varietà deve essere ricollegata alla storia del territorio, viviamo, infatti, in una zona geologicamente variegata perché prossima alla porzione di Lombardia che “ha visto nascere le Alpi e le Prealpi”. La storia di questo fenomeno è molto importante nella selezione della flora perché i vegetali sono ancorati al sottosuolo ed hanno stretti rapporti con le rocce che lo compongono. Così ritroviamo le rocce cristalline o i depositi morenici
Veronica comune
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dell’ultimo massimo glaciale e le relative specie caratteristiche oppure, a sud della “Linea della Grona”, le Dolomie carbonatiche predilette da specie legate al calcare o, ancora, i Calcari selciferi della Valle Intelvi che possono differire dalle stesse Dolomie. Un ambiente geologicamente eterogeneo crea l’ambiente vitale per sostentare una flora altrettanto varia e poiché le piante strutturano le vegetazioni, il mosaico paesaggistico risulta notevolmente arricchito. La presenza di valli, montagne e balze rocciose fraziona il clima in tanti differenti microclimi prediletti a loro volta da vegetazioni straordinariamente diverse. Siamo i “vicini di casa” di due importanti corpi lacustri, il Lario e il Ceresio, le cui presenze permettono l’infiltrazione di specie mediterranee e submediterranee, diffuse in prossimità della riva lacustre. L’addolcimento climatico lacustre è il responsabile degli splendidi
Primula auricula
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giardini ricchi di essenze esotiche che in altri luoghi non potrebbero esistere, ma soprattutto ha permesso la piantumazione (da parte dei coloni greci) dell’ulivo che qui giunge in una delle sedi più settentrionali del mondo. Un altro elemento di estremo interesse scientifico è la distribuzione delle specie endemiche: il Lario e il Ceresio circoscrivono una zona di “frontiera” per queste piante che, soprattutto nel caso degli endemismi insubrici, non riescono a raggiungere il vicino Cantone Ticinese. Infine, un fattore non certo trascurabile è la presenza dell’uomo che nel corso dei secoli ha provocato numerose trasformazioni nel paesaggio vegetale. Una diversità biologica confinata in una porzione del mondo così piccola è la testimonianza dei molteplici aspetti della vita, ben descritti nel 1859 da Charles Darwin: “Vi è qualcosa di grandioso in questa concezione della vita, con le sue molte capacità, che inizialmente fu data a poche forme o ad una sola e che, mentre il pianeta seguita a girare secondo la legge immutabile della gravità, si è evoluta e si evolve, partendo da inizi così semplici, fino a creare infinite forme estremamente belle e meravigliose”.
Il Museo Etnografico e Naturalistico della Val Sanagra ha sede a Grandola ed Uniti in frazione Codogna, presso la prestigiosa sede di Villa Camozzi (sede comunale). I temi che si sviluppano riguardano la fauna, la flora, la paleontologia, l’etnografia e un settore specialistico dedicato all’illustrazione della Val Sanagra comprendendo l’orografia, la sentieristica e l’ecologia www.museovalsanagra.it
Villa Camozzi
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SICUREZZA
Affido questo capitolo all’esperienza di chi da tempo si adopera per un’attiva azione di prevenzione in ambito di soccorso alpino e non solo, mi riferisco ad Elio Guastalli, curatore del progetto “Sicuri in montagna”. Il progetto è a cura del Corpo Nazionale Soccorso Alpino, ed è volto a promuovere la prevenzione nelle attività praticate in montagna. La nostra attenzione sarà ovviamente rivolta alla tematica escursionistica. Elio, nel 2015 riceve il premio Marcello Meroni (categoria Cultura) dedicato a chi, in ambito montano, riesce ad essere un esempio positivo, di seguito, riporto uno stralcio di una sua intervista, in occasione dell’importante riconoscimento:
“Montagna sicura” può essere un’illusione per tanti. Che cosa intendevi dire?
“Volevo dire quello che abbiamo sempre detto fin da quando il progetto è nato tanto che non lo abbiamo chiamato “Montagna sicura” ma, Sicuri in montagna: la differenza non è irrilevante. La montagna è semplicemente un ambiente naturale meraviglioso, la montagna non può essere definita in assoluto “sicura” come non può essere definita “assassina”, “amica” o “nemica”. Al pari, serve a poco parlare di pericoli oggettivi se prima, in modo forte, non mettiamo al centro del discorso la persona e le sue responsabilità di comportamento; la prevenzione e la ricerca di un livello ragionevole di sicurezza è un obbligo morale delle persone e fa capo alla loro cultura, sempre e ovunque, quindi anche in montagna. Per questo, abbiamo intitolato il progetto con “Sicuri ...” legando il concetto di sicurezza, forse in modo implicito ma sufficientemente chiaro, alla persona e non alla montagna. Credo che da una semplice analisi sintattica, tutto ciò si percepisca in modo evidente. Tuttavia, non nascondo che abbiamo ricevuto alcune critiche, peraltro sporadiche, che cercano di sostenere che il titolo può creare false illusioni; in verità trovo queste critiche sciocche e, forse, dettate da chi giustamente critica la nostra società “sicuritaria” ma rimane al contempo vittima della paura di poter utilizzare serenamente il termine “sicurezza”. Per nostra fortuna parliamo sempre più di sicurezza sul lavoro, in strada, ovunque; importante è farlo con la giusta misura senza creare illusioni e false garanzie. Credo che tutti noi che parliamo di prevenzione con Sicuri in montagna, che oltre a parlare ci impegniamo ad insegnare nei corsi di alpinismo ed altro, che ci sporchiamo le mani negli interventi di Soccorso alpino, interpretiamo la sicurezza verso sé stessi e i compagni come un dovere irrinunciabile che rispetti prima di tutto le persone e la loro incolumità. Anche per questo amiamo e difendiamo la libertà di frequentare la montagna. La libertà è complementare al concetto di sicurezza che ci sta a cuore poiché sollecita l’assunzione di responsabilità: la libertà di comportarsi bene, appunto”.
LA PREPARAZIONE PERSONALE: di fisico e di testa
I facili sentieri di fondo valle, i percorsi brevi con modesti dislivelli ed assenza di tratti esposti, per essere affrontati in tranquillità non richiedono particolari preparazioni. Andare in montagna però significa spesso camminare per ore in ambienti impervi che sottopongono l’escursionista a fatiche non trascurabili; le lunghe passeggiate vanno affrontate solo con una buona preparazione fisica, così come i posti più inaccessibili richiedono passo fermo e sicuro per essere raggiunti. Le escursioni più lunghe ed impegnative vanno affrontate solo con allenamento già consolidato; in ambienti difficili ed isolati non conviene farsi sorprendere dalla spossatezza o, peggio, dallo sfinimento. L’uso di due bastoncini telescopici da escursionismo può costituire un valido aiuto per ottimizzare le energie e migliorare l’equilibrio, specialmente quando si porta uno zaino pesante in spalla.
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ATTREZZATURA: cosa mettersi addosso e cosa portare nello zaino
Un’attenzione particolare va spesa per l’attrezzatura che in montagna, relativamente al percorso affrontato, dev’essere scelta con giudizio. Fare lo zaino è un po’ un’arte perché significa far conciliare il peso, che deve essere il più ridotto possibile, con la capacità di portare tutto ciò che può servire durante l’escursione, pensando anche di dover risolvere piccoli inconvenienti. Meglio uno zaino dalle dimensioni non esagerate, ben fermo sulle spalle, senza oggetti che penzolano fuori rischiando di impigliarsi e di sbilanciare il nostro cammino.
L’abbigliamento deve essere scelto secondo il criterio degli strati sovrapposti: indumento intimo che veicola il sudore, capo termico intermedio che isola, giacca esterna impermeabile e traspirante. La protezione dal freddo e dalla pioggia, in inverno ma anche d’estate, già dalle quote non particolarmente elevate, è molto importante; un piccolo ricambio asciutto, a volte è prezioso per cambiare indumenti bagnati ed evitare pericolose perdite di calore corporeo.
Mai va tralasciato il copricapo perché è proprio dalla testa che viene dissipata una grande quantità di calore; ricordarsi che dal troppo caldo in montagna non è mai morto nessuno, di freddo sì. Un abbigliamento dai colori vivaci serve a farsi vedere, cosa assai utile in caso di difficoltà.
Le calzature rivestono un posto di prim’ordine; ne esistono di tutti i tipi e per tutti i gusti ma sempre devono risultare comode, con suola scolpita ed abbastanza robusta, preferibilmente impermeabili e fascianti la caviglia.
Sostenere che strumenti di comunicazione quali i telefoni cellulari, le radio ricetrasmittenti, i naviga-
Operazione di soccorso
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tori satellitari GPS non servono in montagna è semplicemente sciocco; peggio sarebbe però pensare che la sicurezza in montagna dipende dall’uso di attrezzatura e strumentazione dell’ultima ora: non è così.
ALIMENTAZIONE: cibo e bevande sotto controllo
L’alimentazione di chi pratica attività escursionistica, specie se impegnativa e prolungata, deve essere sana ed equilibrata; Durante l’escursione è meglio preferire cibi leggeri e facilmente assimilabili. Una particolare attenzione va data all’assunzione di liquidi; bere spesso e poco ricordando che l’acqua di fusione non contiene sali e non disseta mentre gli alcolici, in quanto vasodilatatori, sono sempre sconsigliati in montagna specialmente con temperature fredde.
LA MISURA DELLE DIFFICOLTÀ: ad ognuno il proprio sentiero
I percorsi in montagna presentano difficoltà molto differenziate, per questa ragione le escursioni vanno sempre programmate a tavolino attraverso la raccolta di informazioni certe o la consultazione di libri e manuali. La scelta del sentiero da percorrere va commisurata alle capacità degli escursionisti, ovvero alla capacità e all’allenamento dei più deboli che formeranno il gruppo. Va comunque ricordato che le stagioni e le condizioni climatiche possono cambiare radicalmente le difficoltà dello stesso percorso. La presenza di neve, una gelata non prevista, l’umidità notturna su un prato scosceso, un temporale improvviso, peggiorano drasticamente le difficoltà di un itinerario, specie se non si
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ha la preparazione e l’attrezzatura adeguata per affrontare situazioni a priori difficilmente prevedibili. I tempi di marcia vanno studiati prima e controllati durante l’escursione senza dimenticare che, in montagna, il tempo è prezioso.
MEGLIO SOLI CHE MAL ACCOMPAGNATI: ma è sempre è vero?
Non sono pochi coloro che amano frequentare la montagna in solitudine; è innegabile che quando si è soli è possibile vivere pienamente il rapporto con sé stessi e con l’ambiente che ci circonda. Non va però dimenticato che, in mancanza di compagni, un piccolo incidente può determinare situazioni difficili da controllare, ad esempio, una banale frattura può irreparabilmente obbligare all’immobilità ed alla conseguente impossibilità di chiamare soccorso. Oramai sono diffusi ovunque sistemi personali di comunicazione quali cellulari, telefoni satellitari e radio ricetrasmittenti, ma va ricordato che affidarsi ciecamente a questi apparati può risultare deludente poiché in montagna sono ancora frequenti le aree “in ombra” e fuori campo. Senza escludere la validità di poter utilizzare questi mezzi di comunicazione è bene considerare che, a volte, una buona compagnia può risolvere molti problemi e che un’altra buona regola da non trascurare consiste nel comunicare a famigliari o conoscenti il luogo ed il percorso che s’intende seguire, non variarlo, ed avvisare dell’avvenuto rientro a casa. Quindi, in montagna, ai fini della sicurezza, si potrebbe dire che è meglio una buona compagnia che “un’avventura solitaria”.
Alta Val Sanagra
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IL GRUPPO: non è solo un fatto di numeri
L’organizzazione delle gite escursionistiche sono un’ottima opportunità di avvicinamento alla montagna per appassionati neofiti che possono accostarsi, approfittando dell’esperienza di amici ed accompagnatori esperti, all’ambiente montano in modo graduale e “protetto”. Il gruppo però non può essere inteso semplicemente come fatto di mera compagnia perché, in modo più o meno marcato, può generare problemi d’organizzazione dell’escursione; la sua gestione dev’essere ragionata e garantita ovvero, in gruppo si parte ed in gruppo si ritorna. Sarà quindi importante razionalizzare le difficoltà del percorso in base al gruppo che deve risultare omogeneo e gestibile. Escursionisti di pari capacità riusciranno meglio a condividere tempi di marcia e difficoltà del percorso che, diversamente, non potranno essere affrontati da persone inesperte o poco allenate. Un discorso particolare va riservato ai bambini che, quando presenti, devono ottenere tutta l’attenzione di chi li accompagna.
AUTOSOCCORSO: un sacco magico
“Aiutati che il ciel t’aiuta” recita un vecchio detto; ed è così che serve ragionare, vale a dire, in montagna è opportuno pensare preventivamente a come poter affrontare una situazione critica, un piccolo incidente. Questa mentalità aumenta il nostro margine di sicurezza. Quindi, in caso di necessità, lo zaino sarà un prezioso bagaglio dal quale poter estrarre un piccolo kit di pronto soccorso (cerotto, disinfettante, garza sterile e benda elastica), un coltello multiuso, un maglione, una giacca impermeabile ed antivento, una pila frontale, dei fiammiferi, cibo e bevande di ristoro. D’inverno, con clima rigido, un thermos con bevanda calda è una risorsa preziosa. Utile in caso d’emergenza sarà il telo termico (foglio leggero di materiale plastico alluminizzato).
IL MALTEMPO: se lo conosci lo eviti
Il maltempo in montagna deve indurci a pensare che “se lo conosci lo eviti”. Affrontare situazioni meteorologiche avverse in montagna (temporali, fulmini ed altro) non è mai cosa raccomandabile! Esistono oramai molti sistemi di previsione facilmente accessibili ed estremamente affidabili; programmare una qualsiasi attività in montagna senza la consultazione di un bollettino meteo è semplicemente sinonimo di incoscienza.
I temporali costituiscono una notevole insidia per chi pratica l’attività escursionistica in montagna. Oltre ai rischi dovuti alle scariche elettriche vanno considerati anche quelli derivanti dalle precipitazioni, dal freddo, dal forte vento improvvisi. Durante la giornata si potranno osservare alcuni segni premonitori. Le nubi che si sviluppano rapidamente verso l’alto già al mattino (cumulonembi) possono evolvere in nubi temporalesche, specie se il clima in fondovalle è molto caldo e umido. Qualora, nonostante tutte le precauzioni sopra elencate, verremo sorpresi dal temporale ecco quello che si consiglia di fare: bisogna evitare zone esposte, cime, creste, perché questi luoghi sono maggiormente soggetti alle scariche. Importante sarà evitare i luoghi dove si può cadere, sentieri esposti, cenge, perché i campi elettrici che si generano possono indurre a movimenti incontrollati. Meglio allontanarsi dalle croci di vetta. Ci si può riparare in cavità o sotto strapiombi senza mettersi a contatto con le pareti rocciose ed umide, in tenda meglio sdraiarsi su un materassino isolante.
La nebbia, potenzialmente presente in montagna in qualunque stagione, compromette notevolmente la possibilità d’orientamento; l’utilizzo corretto di GPS potrà risultare molto utile senza dimenticare che, in caso di nebbia fitta, mantenere il sentiero e una buona conoscenza della zona saranno i migliori requisiti di sicurezza.
Pioggia e grandine possono manifestarsi in montagna in modo improvviso e sorprendere l’escursionista; in caso d’intensità particolarmente violenta si possono riscontrare seri problemi, ad esempio, nell’attraversamento di canali e torrenti. Sui sentieri esposti particolare attenzione dovrà essere prestata alla formazione di fango che rende i percorsi, anche lastricati, particolarmente scivolosi. Ricordiamo che è sempre bene proteggersi dalla pioggia evitando di bagnare completamente gli indumenti che, una volta fradici ed in caso di bivacco inaspettato, non potrebbero offrire una sufficiente
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protezione al freddo sottoponendo quindi l’escursionista a seri rischi di ipotermia. Vento e freddo: anche in piena estate e a quote non particolarmente elevate, si possono riscontrare bruschi abbassamenti di temperatura. L’effetto del vento aumenta in modo drastico la perdita di calore del corpo umano.
ANIMALI ED INSETTI: feroci e velenosi?
Il timore di fare brutti incontri in montagna, lungo i sentieri e nei boschi, con animali feroci, lupi, orsi e quant’altro, pesca più nella fantasia che nella realtà; i casi d’aggressione ad escursionisti sono pressoché sconosciuti e la fatica che bisogna fare per ammirare queste bestie è assai grande. Esistono invece animali ed insetti, apparentemente più subdoli, in grado di creare seri problemi. Ad esempio, le punture di vespe e calabroni possono essere molto pericolose, a maggior ragione, se subite da persone sensibili o allergiche ai loro veleni. Sarebbe opportuno che ognuno conoscesse precauzionalmente le proprie condizioni di salute e che tutti evitassero il contatto con questi insetti, ad esempio controllando bene il terreno su cui si cammina. Anche le zecche possono creare seri problemi che si manifestano non immediatamente ma a distanza di diversi giorni; meglio proteggersi indossando un’abbigliamento adeguato. La vipera, ofide velenoso, presente negli ambienti più disparati, ha subito nel tempo pregiudizi e credenze sbagliate. Va notato che a fronte di parecchie centinaia di morsicature che si registrano ogni anno in Italia, i casi mortali sono estremamente rari. La sua pericolosità non deve essere comunque trascurata soprattutto per quanto riguarda i bambini e le persone particolarmente debilitate.
Verso la chiesetta di S.Amate
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Buona regola sarà non raccogliere funghi o frutti di sottobosco senza aver ispezionato prima la zona, non infilare mai le mani negli anfratti dei muri o sotto le pietre, non abbandonare zaini e vestiario sui muretti a secco o sui sassi. In caso di morsicatura è buona norma disinfettare la ferita, quindi fasciare l’arto con una benda elastica di compressione, in grado di rallentare la diffusione in circolo del veleno. L’uso del laccio emostatico è sconsigliato. Chi è stato morsicato deve evitare, nel limite del possibile, di compiere lunghe camminate. Il ricovero ospedaliero tempestivo è d’obbligo.
QUANDO CHIAMARE IL SOCCORSO
Senza dimenticare che ogni intervento costituisce un dispendio di energie e spesso mette in situazione di pericolo i soccorritori, il (112) va sempre allertato quando si ritiene che, per incidenti od altro, sia seriamente compromessa l’incolumità delle persone coinvolte. Va sempre più diffondendosi la falsa cultura che qualcun altro deve garantirci la sicurezza ovunque e che, in caso di difficoltà, ci sarà sempre qualcuno che ci tirerà fuori dai guai. Non è sempre così ed in montagna, così come in tante altre situazioni, ad esempio in caso di condizioni meteorologiche avverse, le squadre di soccorso possono impiegare anche parecchio tempo prima d’intervenire. Quindi, è sempre bene disporre di conoscenze ed attrezzature necessarie per predisporre un’utile azione di autosoccorso.
COME CHIAMARE IL SOCCORSO
In caso di necessità la chiamata al SOCCORSO ALPINO deve avvenire attraverso il numero unico 112 comunicando quanto segue.
1. Da dove sta chiamando (SPECIFICARE ALL’OPERATORE CHE CI SI TROVA IN MONTAGNA)
2. Fornire subito il numero del telefono da cui si sta chiamando (se la chiamata dovesse interrompersi è importante che il telefono venga lasciato libero per consentire alla Centrale Operativa di richiamare)
3. Fornire l’esatta località dove è ubicata l’area da cui si sta chiamando (Coordinate geografiche, Comune, Provincia od in ogni caso un riferimento importante di ricerca rilevabile su mappa)
4. Se in possesso di smartphone con GPS, o apparecchio GPS, fornire le proprie coordinate.
5. Fornire indicazioni di cosa è visibile dall’alto (pendio, bosco, cima, rifugio, ecc.)
6. Dire cosa è successo: (lasciarsi in ogni caso intervistare dall’operatore di centrale che avrà necessità di conoscere, per una buona valutazione sanitaria, la dinamica dell’incidente)
7. Dire quando è successo (la precisa identificazione dell’ora dell’evento può far scattare diverse procedure - come, ad esempio, la gestione via telefonica di una rianimazione cardio polmonare)
8. Dire quante persone sono state coinvolte nell’evento
9. Fornire le proprie generalità (questa informazione fa perdere solo alcuni secondi all’emergenza ma è molto importante)
10. Stabilire con certezza se la persona coinvolta ha difficoltà respiratorie; se è cosciente; se perde molto sangue, ecc.: In ogni caso, lasciarsi intervistare dalle domande dell’operatore (normalmente l’intervento di soccorso è già scattato, ma le richieste successive servono per inquadrare con più precisione quanto potrà essere necessario all’équipe di soccorso fornendo loro i dati successivi via radio)
11. Informare correttamente sull’esatta posizione del ferito (se seduto, se disteso supino, se disteso prono, se appeso, ecc.)
INOLTRE SI DOVRÀ INFORMARE L’OPERATORE RELATIVAMENTE:
· al tempo impiegato (a piedi) dall’automezzo al luogo dell’evento
· alle condizioni meteo sul posto
· alle condizioni del terreno
· alla presenza di vento
· alla visibilità in posto
· alla presenza nell’area dell’evento di fili a sbalzo, funivie, linee elettriche, ecc.
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INTERVENTO CON ELICOTTERO: comportamento e segnalazioni Qualora esistano le condizioni meteorologiche ed ambientali che ne permettono l’operatività e la gravità dell’infortunato ne giustifica l’utilizzo, l’intervento di soccorso è effettuato con l’impiego dell’elicottero. L’arrivo dell’elicottero sul luogo dell’evento pone dei problemi di comportamento e di comunicazione che devono essere conosciuti da chi assiste l’infortunato. Una sola persona assume la funzione di comunicatore; in piedi con entrambe le braccia alzate si pone con le spalle al vento e rimane fermo durante l’avvicinamento dell’elicottero. Quando il pilota si appresta ad atterrare il segnalatore si accuccia a terra e rimane immobile. Tutti gli altri presenti si allontanano dal luogo dell’intervento. L’intervento dell’elicottero in montagna avviene in condizioni da considerarsi sempre ad elevata criticità, pertanto, è opportuno che tutti conoscano alcune semplici regole di comportamento per agevolare, o perlomeno non intralciare, le operazioni di soccorso. Se il terreno lo permette l’elicottero effettuerà una manovra di atterraggio; in tale caso le persone presenti sul luogo dell’evento devono:
- sgomberare il luogo da zaini, indumenti e tutto ciò che può volare via
- allontanarsi dal luogo dell’atterraggio mettendosi in posizione di sicurezza
- mantenere i bambini per mano ed i cani al guinzaglio
- rimanere fermi senza allontanarsi e tanto meno avvicinarsi all’elicottero durante e dopo la manovra - per nessun motivo ci si avvicina all’elicottero dalla parte posteriore
Nei pressi del rifugio Menaggio (© De Bernardi)
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CARATTERISTICHE. I pendii montuosi del primo bacino del Lago di Como scendono ripidi fino alla riva del lago. I primi abitanti che si insediarono in questi luoghi dovettero letteralmente conquistare con la fatica i tanti metri quadrati che oggi troviamo pianeggianti. Il territorio avaro di terreni favorevoli fu altresì generoso nell’offrire una pietra particolarmente adatta per costruzioni di ogni genere. Caratteristica di queste montagne è infatti la nota pietra di Moltrasio. Furono così realizzati nel tempo, in armonia con l’ambiente e metro su metro, muri di sostegno esclusivamente a secco, strade, ponti, case, e tutto quanto caratterizza i paesi di Moltrasio, Carate Urio e Laglio. In tempi recenti, purtroppo, questa armonia tra uomo e paesaggio è a rischio. Certo, i moderni sistemi di costruzione sono più efficaci ma pregiudicano un equilibrio, già delicato di queste zone, e a volte per realizzazioni discutibili. Ma questa, perdonatemi, è un’altra storia... Questo percorso della Via Verde (da non confondere con la Greenway con partenza da Colonno) ci porta dalla riva di Moltrasio al suo centro storico, e percorrendo l’antica mulattiera passiamo per le frazioni di Tosnacco (315m), la chiesa di Santa Marta a Carate Urio (complesso religioso del XII secolo) e costeggiamo antiche ville e residenze illustri. In breve, questo itinerario si propone come un balcone pianeggiante sul lago, tra natura, storia e antica armonia. Da notare che questa escursione parte da Moltrasio e termina a Laglio, bisogna quindi considerare il rientro al punto di partenza, ma la zona è discretamente servita da servizi di trasporto pubblico.
DESCRIZIONE. Partiamo dalla piazza San Rocco in riva a Moltrasio, adiacente al pontile della navigazione. Alcuni parcheggi nei dintorni. Dalla piazza, percorrendo pochi metri in direzione Cernobbio, passiamo il monumento dedicato a Vincenzo Bellini e superato il parcheggio, di fronte l’Hotel Imperiale, imbocchiamo la Scala Santa. Una ripida e regolare rampa che ci permette di raggiungere il centro del paese. In-
Basso Lario ÙÙÙÙ 200 m 360 m 160 m 5 km ÙÙÙÙ T 2h
8 200 m 220 m 260 m 300 m 340 m 360 m 0 km 1 2 3 4 5,03 1 2 3 4 difficoltà impegno fisico bellezza segnaletica quota di partenza distanza quota massima dislivello positivo tempo di percorrenza segnale 100% Varia
VIA VERDE
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Carate Urio Laglio SP71 SS340 1 2 3 4 Monte di Binate 1271 Rif. Bugone Rifugio Binate Alpe di Carate Sella di Mortirolo Colma del Crinco Poncione della Costa 1251 Soldino Rif. Murelli Monte San Bernardo 1348 1383 Monte Colmegnone Colma Murelli Agritur. Roccolo S. Bernardo 1228 Punta Forcoletta L a g o d i C o m o 91
crociata la strada asfaltata dopo circa 30 metri, prendiamo la stradina a sinistra che passa sul retro della chiesa di San Martino e che diventa una breve galleria (scurone). Il prosieguo è una rampa che sale fino a piazza Umberto I. Da qui parte il selciato che sale per via Bianchi. Si sale ora per scale non troppo ripide dalle quali possiamo ammirare la singolare cascata del Pizzallo. Nei pressi dell’evidente cancello di villa Memy svoltiamo a destra, nella piccola piazzetta con fontana, per proseguire in salita fino ad incrociare
la strada asfaltata. Mantenendo la medesima direzione si prosegue sempre in salita e poco oltre, la strada diventa pianeggiante. Passata la storica fonte d’abbeveraggio del bestiame (1) iniziamo la discesa nel borgo di Tosnacco (frazione di Moltrasio). Giunti in vista di piazza Gibuti, la piazza principale di Tosnacco, svoltiamo a sinistra per trovare le indicazioni della Via Verde. La segnaletica del percorso è con dei bolli di colore verde, nel primo tratto sono poco visibili ma la direzione rimane evidente. Il largo percorso acciottolato,
8 Basso Lario > Via Verde
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prevalentemente pianeggiante, ci porta alla bella frazione di Cavadino (2), poco oltre il cimitero di Urio. Attraversiamo questa frazione da ovest verso est per arrivare alla chiesa di Santa Marta (3). Qui inizia una breve discesa che, attraverso il sottopasso, ci porta al di là della statale Regina fino ad incrociare una strada asfaltata. Siamo giunti all’antico borgo di Carate. Per continuare sulla Via Verde dobbiamo prestare attenzione alla segnaletica (bolli verdi). Costeggiando muri e recinzioni di antiche ville e residenze illustri ar-
riviamo a Laglio. Proseguiamo sulla vecchia statale Regina e superiamo la piazzetta antistante l’antica chiesa di San Giorgio (4), per svoltare a destra e tornare sulla strada principale nei pressi di una fermata delle corriere dove terminiamo la Via Verde. Trattandosi di un percorso attraverso centri abitati, numerose sono le possibilità di ristoro, dal semplice caffè, alle trattorie locali, ai ristoranti alla moda.
Lungo il percorso
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sentiero poi, nei pressi dell’osservatorio astronomico, lungo la larga pista fino al rifugio Venini (1576m) (6). Nei pressi del rifugio, nel tratto di strada verso est, troviamo le indicazioni per accedere al sentiero che scende verso il paese di Bene Lario. Il sentiero, sul versante nord, inizialmente scende in diagonale verso sinistra, per poi svoltare decisamente a destra ed abbassarsi con lieve pendenza verso destra (lungo il tratto, indicazioni). Giunti a circa 1500 metri si svolta decisamente a sinistra per percorrere un tratto quasi pianeggiante. Ci si addentra nel bosco per poi sbucare sulla strada transitata durante la salita. Ora non ci resta che ripercorrere al contrario il medesimo tracciato della salita.
27 Centro Lario Monte Galbiga da Bene Lario
Vista su Rifugio Venini, Monte di Tremezzo e Crocione
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GIRO DEL LAGO DI PIANO
CARATTERISTICHE. Una facile e piacevole escursione intorno al piccolo lago di Piano immersi in un’oasi di natura a due passi da tutto. Forse da tutto è un’esagerazione, ma vuole sottolineare come questa “perla” ambientale si trovi veramente a poca distanza da realtà particolarmente antropizzate. Pensiamo ai capannoni commerciali che distano solo alcuni metri dal borgo medievale di Castello San Pietro, che attraversiamo lungo il percorso. Non me ne vogliano i commercianti, peraltro anch’io godo di quei servizi, ma mi preme sottolineare il delicato equilibrio di questa zona protetta. La Riserva Naturale Lago di Piano è un’area protetta dalla Regione Lombardia fin dagli anni ’80, ed è riconosciuta come Sito di Importanza Comunitaria (SIC) dall’Unione Europea. Occupa una superficie di 176 ettari, di cui 85 di bacino lacustre. Un minuscolo paradiso verde, dove l’assetto biologico è quanto mai vario. Habitat diversi e ravvicinati, offrono ospitalità a numerose essenze vegetali, oltre che a numerose specie di uccelli nidificanti e migratorie, anfibi e mammiferi, tra cui cervi e caprioli, e molti altri animali. L’escursione inizia dal comodo parcheggio nei pressi della “casa della Riserva”, dove consigliamo una visita prima di intraprendere il percorso. Qui vengono fornite tutte le informazioni inerenti all’area protetta, esiste una sala didattica, con annesso un piccolo ecomuseo, che descrive in modo semplice ciò che è possibile osservare. Essendo un’area protetta è severamente vietato abbandonare il sentiero, raccogliere, asportare o danneggiare la flora ed arrecare disturbo alla fauna.
DESCRIZIONE. Iniziamo l’escursione dal parcheggio presso la casa della Riserva (struttura in legno) nel comune di Carlazzo, località Piano Porlezza. Possiamo percorre il giro in senso orario o antiorario. Andando in senso orario, ossia affacciandoci al lago dalla casa della Riserva, ci dirigiamo verso sinistra (est) sulla suggestiva passerella
Centro Lario ÙÙÙÙ 275 m 340 m 65 m 7 km ÙÙÙÙ E 2h
28 281 m 300 m 290 m 310 m 320 m 330 m 338 m 0 km 1 2 3 6 5 4 6,7 1 2 3 4 5 6 difficoltà impegno fisico bellezza segnaletica quota di partenza distanza quota massima dislivello positivo tempo di percorrenza segnale 100% Presente
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SP10 SP8 SS340
Osservatorio Naturalistico 1 2 3 4 5 6 Castello Riserva Naturale Lago
Piano Brione 340 183
Lago di Piano
di
con regolarità con una serie di svolte. Giunti a circa 1300 metri poco oltre un tornante (acqua) (1) all’incrocio proseguiamo dritti. Svoltando a sinistra andiamo al Rifugio Menaggio (sentiero alto). Salendo, passata una svolta, ci troviamo in una piccola radura nei pressi di un vecchio ripetitore. Poco oltre il sentiero si fa più ripido e stretto. Raggiungiamo il cosiddetto “ciapell de San Giuvan” (1430m circa) (2). Da qui si vede il proseguo del sentiero fino a scollinare nei pressi della chiesetta di Sant’Amate, un lungo traverso in leggera salita che taglia i ripidi pendii erbosi del versante est. Raccomando di non transitare da questo tratto in presenza di neve. Salendo il panorama si fa più importante, ma è giunti alla chiesetta (1623m) (3) che la visuale spazia a 360 gradi. Leggermente verso nord-ovest a 30 metri dalla chiesa si trova una sorgente. Proseguiamo in direzione nord seguendo la traccia che attraversa gli alti pascoli. Poco sopra la chiesetta incrociamo la strada di servizio per l’Alpe Nesdale.
Continuando nella stessa direzione, su traccia di sentiero, attraversiamo il tratto pianeggiante per raggiungere i dolci pendii che saliamo senza obbligo di percorso. Infatti nella medesima direzione troviamo sia una traccia più agevole che effettua delle svolte sia una diretta un poco più ripida (generalmente usata in discesa). Arriviamo nei pressi del Bregagnino (1905m) (4) Lasciando questa cima alla nostra destra ci dirigiamo sull’ampio spallone, che percorriamo per un discreto sviluppo senza guadagnare quota per raggiungere il tratto finale. Ci troviamo sotto un pendio che saliamo all’inizio con qualche svolta, poi pieghiamo verso destra, giunti ad un cumulo di pietre la traccia piega leggermente verso sinistra. Ci dirigiamo quindi verso nordovest, la pendenza diminuisce. In breve siamo alla croce di vetta del monte Bregagno (2107m) (5). La discesa avviene lungo il medesimo itinerario di salita fino alla chiesetta di Sant’Amate. Da qui, consiglio di proseguire lungo il costone
47 Centro Lario > Salita al monte Bregagno
Sant’Amate
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verso ovest, in direzione del monte Grona (indicazioni), quindi, non deviamo a sinistra lungo il tratto già percorso, ma, dopo aver fatto circa 300 metri lungo il costone, svoltiamo a sinistra sul sentiero che porta al Rifugio Menaggio (indicazioni). Da qui percorriamo un primo tratto pianeggiante fino ad un costone dove il sentiero inizia a scendere prima con alcune inversioni, poi prosegue in direzione del rifugio. Dal rifugio prendiamo il sentiero cosiddetto basso che parte sotto il rifugio nei pressi di una piccola costruzione in cemento, e scende con una serie di curve nel bosco. Restiamo sulla traccia principale, non consideriamo una deviazione verso destra, e passiamo nei pressi della teleferica. Scendiamo in direzione est, facciamo attenzione ad un
breve tratto con delle rocce e attraversiamo una valletta. Raggiungiamo la strada tagliafuoco che prosegue pianeggiante fino ad incrociare il tratto che abbiamo fatto in salita, da lì in breve siamo al punto di partenza.
Nei pressi di Sant’Amate in lontananza il lago di Lugano (Ceresio)
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Lungo il percorso, sguardo sul centro lago
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OROBIE TRAIL
52 itinerari di Trail Running dalle Grigne al Lago d’Iseo