UP CLIMBING #16 - ARRAMPICATA INDOOR

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Poste Italiane S.p.A. Spedizione in A. P. Aut. n° MBPA/LO-NO/048/A.P./2019 Periodico Roc -NE/VR

in edicola il 20 gennaio 2022

#16 | gen/feb 2022 8.00 €

EDIZIONI VERSANTE SUD

STORIA DI COPERTINA Ed infine venne la plastica... / Indoor Vs outdoor / Dalle stalle alle stelle! / Agonismo. Perché? E dove andrà? / Non di sole falangi / Inside a competitor / A Tokyo e oltre / L’allenamento per l’arrampicata dall’amatore all’agonista: problematiche attuali e nuove prospettive / L’ombelico del nostro mondo / Come i milanesi uscirono dai garages / Nel bel mezzo di Parma / L’anomalia romana / Non è mai soltanto una questione di arrampicata / Amsterdam, la città delle palestre / Giappone, l’impero della plastica Personaggi Viktoriia Meshkova FOCUS: con i Ragni in Bulgaria Ideas Le vie perdute La rubrica della Ming Ho iniziato ad arrampicare perché mi piaceva un ragazzo…

BIMESTRALE DI ARRAMPICATA E ALPINISMO

INDOOR



Adam Ondra scala nelle finali di combinata ai Mondiali di Hachioji, Tokyo, Giappone nel 2019 Foto: Lukas Biba


Sommario 004 Editoriale di Eugenio Pesci

STORIA DI COPERTINA

006 Ed infine venne la plastica... di Fabrizio Rossi 013 Indoor Vs outdoor di Alessandro Lamberti 020 Dalle stalle alle stelle! di Alberto “Albertaccia” Milani 029 Agonismo. Perché? E dove andrà? di Cristiano Ticci 034 Non di sole falangi di Fabio Palma 038 Inside a competitor Alessandro Palma 040 A Tokyo e oltre di Marco Iacono 047 L’allenamento per l’arrampicata dall’amatore all’agonista: problematiche attuali e nuove prospettive di Roberto Bagnoli 052 L’ombelico del nostro mondo di Marzio Nardi 056 Come i milanesi uscirono dai garages di Roberto Capucciati 066 Nel bel mezzo di Parma di Andrea Gennari Daneri 070 L’anomalia romana di Alessandro Jolly Lamberti 074 Non è mai soltanto una questione di arrampicata di Robyn Erbesfield-Raboutou 080 Amsterdam, la città delle palestre di Mirjam Veerbek 088 Giappone, l’impero della plastica di Francesco Bassetti

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PERSONAGGI

096 Viktoriia Meshkova, la Zarina di Alessandro Palma

FOCUS

101 Con i Ragni in Bulgaria di Serafino Ripamonti

IDEAS

112 Le vie perdute di Alessio Conz

LA RUBRICA DELLA MING

114 Ho iniziato ad arrampicare perché mi piaceva un ragazzo… di Federica Mingolla


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Editoriale Testo  Eugenio Pesci

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i fu un tempo in cui, alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso e nei primi anni Settanta, il gesto dell’arrampicata, esaurita la spinta eroica dell’alpinismo classico, sembrava destinato ad un modesto futuro destino: un’attività per pochi eccentrici, funamboli, vagamente solitari o socialmente laterali. Lontana anni luce da qualsiasi parentela e mediatizzazione psicomotoria, la pratica dello scalare rocce era in netta, tangibile, irrimediabile decadenza. Lontanissimi i tempi di Emilio Comici, Paul Preuss, Tita Piaz. Ma, come scrisse il giovane Hegel in un momento di lucidità filosofica suprema, “la realtà è infinitamente più complessa delle rappresentazioni che noi ci facciamo di essa”. Così, nello spazio di pochi decenni, da semi defunta l’arrampicata su roccia è risorta, dapprima nel puro sassismo ludico e un po’ psichedelico, poi nel free climbing, atto liberatorio per corpo e anima. Infine nell’arrampicata sportiva, in falesia e parete, relativamente sicura: uno sport, appunto, del tutto nuovo nella sua essenza, anche se non nelle sue movenze, come ben mostra il celebre libro fotografico e manuale di Emilio Comici, che porta il saggio titolo L’arte di arrampicare. Ma chi avrebbe potuto pensare che in così poco tempo l’arrampicata si sarebbe dapprima ibridata con l’artificiale, snobbato dai più agli inizi, esaltato in quanto ibrido da pochi, sempre agli inizi, ed

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infine esploso, in resine, prese, plastiche, capanni, garage, ponti, massicciate, muri, pannelli, travi, marchingegni vari, e via così? Forse nessuno. Qualcuno intuì il senso delle gare, come fece Alessandro Gogna, in un celebre pezzo di letteratura verticale nel suo Un alpinismo di ricerca. Visionario. Ma lo spessore di un futuro incipiente rimaneva ancora assai difficile da prevedere, anche per gli spiriti più evoluti e per gli addetti ai lavori più esperti. Si potrebbero fare decine di considerazioni sociologiche, psicologiche, somatiche, economiche, mediche e di mille altri generi, sull’evoluzione dell’arrampicata indoor negli ultimi tre decenni. L’unica cosa sicura è la qualità e la quantità del fenomeno: ormai specifico, tecnico, per molti versi rispondente a dei format, nel bene e nel male. E l’enorme numero dei praticanti, dagli agonisti puri, i piccolissimi bimbi, a chi cerca al coperto una comfort zone consona alle proprie esigenze di vita e di divertimento. Questo numero di Up climbing, probabilmente il primo a livello mondiale ad occuparsi interamente dell’indoor, vuole cercare di approfondire i contorni e l’anima di questo fenomeno imponente ma al contempo non semplice da decifrare, attraverso le molteplici voci di protagonisti di questo verticale particolare: istruttori, atleti, praticanti, allenatori. Senza tuttavia dimenticare la dialettica essenziale fra mondo della resina e mondo della pura pietra magica naturale.


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Ed infine venne la plastica...

Wolfgang Güllich, primi anni Ottanta, pioniere dell’allenamento a secco. Foto: Versante Sud


Storia Ed infine venne la plastica... Testo  Fabrizio Rossi

In principio era il bicchiere. Un paio di bicchieri. Appoggiati, capovolti, sopra ad un armadio. Non serviva altro a Paul Preuss, per eseguire trazioni sulle braccia. Una trovata forse un po’ naif, ma che gli permetteva di esercitarsi ovunque si trovasse, rendendolo imbattibile in arrampicata libera. Agli inizi del Novecento, quando praticamente non esisteva neanche il concetto di allenarsi in vista di una scalata.

Intanto, qualcosa di simile accadeva anche al di qua delle Alpi. Ad esempio con Emilio Comici, che fin da ragazzo aveva curato una preparazione ginnastica e attrezzistica di grande livello: «Magro, non alto, era un atleta perfetto», scriveva Dino Buzzati sul Corriere della sera.

Giusto Gervasutti in allenamento alla Rocca Sbarua negli anni Trenta. Foto: Arch. Versante Sud

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on è un caso se il celebre sostenitore della purezza dello stile e dei criteri sportivi fosse austriaco: infatti, proprio agli alpinisti dell’Austria e della Germania (un nome tra tutti, Rudolf Fehrmann) dobbiamo l’introduzione dell’idea di training e di preparazione ad una “performance” alpinistica. In queste regioni per parecchi mesi all’anno non si poteva arrampicare e, forse, anche questo spinse a sperimentare i primi sistemi di allenamento a secco. Lo stesso Reinhold Messner riporta prodezze che nessuno riusciva ad imitare: «Preuss era capace di scendere e salire in perfetto equilibrio, senza tenersi, su una scala verticale, di sollevarsi su un braccio, nonché di saltare attaccandosi a piccoli spuntoni di roccia su impetuosi torrenti di montagna». Gli episodi si moltiplicano e talvolta sfiorano la leggenda: a Torino, ad esempio, dopo aver tenuto una conferenza, Preuss aveva voluto offrire ai locals una dimostrazione pratica dei passaggi appena raccontati, scalando fino al primo piano lo spigolo di un palazzo. Una sorta di street boulder in abito da sera e cilindro... Tra chi contribuì a promuovere metodiche d’allenamento, non possiamo dimenticare Emil Solleder. Primo alpinista a toccare il limite del VI grado, apparteneva alla cosiddetta Scuola di Monaco, la cui superiorità nel panorama dell’epoca è ben nota: «Erano giunti a questa condizione psico-fisica dedicandosi sistematicamente all’arrampicata su roccia ed introducendo l’allenamento mediante la pratica della “palestra” di roccia», spiega Gian Piero Motti nella sua Storia dell’alpinismo.

NON ERA NATO MONTANARO. “ TRIESTINO, LAVORAVA AI MAGAZZINI

DEL PORTO QUANDO COMINCIÒ A PENSARE ALLA MONTAGNA. BEN PRESTO LA MONTAGNA LO PRESE COMPLETAMENTE... TUTTI GLI ALTRI ARRAMPICATORI, ANCHE BRAVISSIMI, APPARIVANO AL CONFRONTO DEI GOFFI E PESANTI SCIMMIONI. 7


Foto: Lorenzo Poli

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Storia

Indoor Vs outdoor

In questi anni è in corso una vera rivoluzione, più sconvolgente di quella che accadde all’inizio degli anni Ottanta Testo  Alessandro Lamberti

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a scalata indoor, nella sua preponderante, impensabile (fino a 15 anni fa) espansione, sta spingendo la più sconvolgente delle rivoluzioni che la storia del climbing abbia mai vissuto. L’avvento del free climbing, all’inizio degli anni Ottanta, comportò una trasformazione culturale di grossa portata, è vero; ma non fu, a mio parere, una rivoluzione: l’idea di scalare le rocce senza sistemi artificiali c’era sempre stata: Preuss, Comici, Messner, e poi Jonn Gill negli anni Sessanta, e moltissimi altri già praticavano la scalata “libera”. Anche la ricerca della difficoltà fine a se stessa, su strutture di bassa quota – per esempio i massi di Fontainebleau – risale ai primi anni del secolo scorso. La trasformazione che sta accadendo oggi, invece, ha superato la velocità di fuga: a nutrire questa metamorfosi c’è l’enorme macchina dell’indoor, che soffia dentro all’universo del climbing energia dirompente, per alcuni aspetti meravigliosa, per altri mostruosa. Quello che sta nascendo oggi è completamente nuovo. È successa una cosa incredibile: quando tutti, agli albori delle sale indoor, scommettevamo che la scalata su roccia avrebbe influenzato la moderna scalata su resina, relegando quest’ultima a raffigurazione in miniatura del climbing storicamente conosciuto (niente più che una piccola riproduzione, in forma di allenamento, in vista di una montagna o una parete di roccia vera), invece stava accadendo anche il contrario. La scalata indoor attinge dal reale, ma si inventa un suo mondo arbitrario molto fico: tanto che il mondo reale (la falesia) viene trasformato esso stesso dal mondo virtuale. Indoor e outdoor si influenzano a vicenda. Anzi, il paradosso è che oggi l’indoor sta generando l’outdoor, come un figlio che partorisce il suo stesso genitore.

LA SCALATA ARTIFICIALE “ DIVENTERÀ PURO FITNESS,

E LA GENTE RIMARRÀ NELLE PALESTRE”. QUANTO FU SBAGLIATA QUESTA PREVISIONE! LE PALESTRE STANNO LETTERALMENTE INONDANDO LE FALESIE DI GENTE NUOVA, FIGLI DELLA PLASTICA, CHE AMERÀ ALLA FOLLIA ANCHE LA ROCCIA VERA.

Foto: Lorenzo Poli

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Storia Dalle stalle alle stelle!

Dalle stalle alle stelle! L’evoluzione dell’arrampicata indoor… e le sue implicazioni presenti e future Testo  Alberto “Albertaccia” Milani

Arrivava sempre attesissimo il raduno dei membri del “pannello” per la manutenzione annuale. I compiti venivano suddivisi: alcuni smontavano le prese, altri le lavavano con l’idropulitrice, i più sfortunati dovevano sollevare il telo e sistemare i materassi marcescenti, mentre gli addetti alla grigliata si occupavano del banchetto per la ciurma. In quelle giornate si manifestava lo spirito vero di quel luogo. 20


Storia Dalle stalle alle stelle! I moderni volumi dell'arrampicata. Foto: Archivio Manga Climbing

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na baracca, una cantina o un garage erano il punto di ritrovo di amici che condividevano la passione per l’arrampicata e vi si ritrovavano ad allenarsi per i loro obiettivi su roccia. Sotto quei pannelli sgangherati si stringevano amicizie fraterne, si consumavano liti, sbocciavano amori da cui talvolta giungevano nuovi piccoli esseri a gattonare sui materassi, rafforzando il loro sistema immunitario in quegli insalubri ambienti “underground”. Era questo lo scenario romantico delle sale indoor a cavallo tra gli anni Novanta e il 2000. I pannelli privati erano infatti la realtà comune, dove piccoli gruppi si organizzavano e autofinanziavano spontaneamente per dare vita a realtà locali poi diventate iconiche e in diversi casi nacquero così le prime associazioni sportive, che poi si ampliarono sempre di più. Nei luoghi più fortunati, legati a una certa tradizione alpinistica, esistevano primordiali strutture “pubbliche”, muri di arrampicata spesso costruiti nelle palestre delle scuole o in centri sportivi, e non di rado erano i Cai locali a costruirli e gestirli. Nella seconda metà degli anni Novanta, l’emergente realtà indoor trovava comunque già terreno fertile nelle città: costruiti nell’ambito di altre strutture sportive o talvolta indipendentemente, nacquero infatti le prime sale da arrampicata sviluppate anche in un’ottica commerciale.

QUALUNQUE FOSSE IL CASO, L’ARRAMPICATA ERA “ PERÒ VISSUTA SECONDO IDEALI CONDIVISI, IN STRETTA CONNESSIONE CON LA PRATICA OUTDOOR E CON UNA CONSOLIDATA “CULTURA” ALLA BASE. ESISTEVA TUTTAVIA GIÀ ALLORA IL SOGNO DELL’ARRAMPICATA SU UNA SCALA PIÙ GRANDE, COME OCCASIONE PER USCIRE DA CANTINE TANTO PITTORESCHE QUANTO LIMITANTI, E PER TRASFORMARSI ANCHE IN UNA PROFESSIONE PER MOLTI. Quelle speranze futuristiche ci portano alla realtà di adesso, concretizzatasi all’ennesima potenza nelle città più grandi, a mostrare così la direzione verso la quale l’arrampicata è destinata ad evolvere ovunque. Le sale di arrampicata sono ora centri che occupano interi capannoni, ad essi specificatamente destinati:

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Storia Dalle stalle alle stelle! migliaia di metri quadrati arrampicabili, decine di migliaia di prese all’ultimo grido, volumi di legno, di poliuretano, “dual-texture”, lucidi, luccicanti, talvolta decorati da fiori o stelline. Dalle stalle alle stelle!

SPECIALMENTE NELL’ULTIMA DECINA DI ANNI “L’ARRAMPICATA INDOOR HA ABBANDONATO LE

CANTINE, ACQUISENDO UNA VISIBILITÀ TALE DA FAR ESPLODERE IL NUMERO E L’INTERESSE DEI PRATICANTI. SICURAMENTE, NON SAREMO MAI AI LIVELLI DI SPORT COME IL CALCIO, LA PALLAVOLO ECC., MA AFFERMARE CHE L’ARRAMPICATA SI SIA AVVIATA A DIVENTARE UNO SPORT DI MASSA NON È UN’ESAGERAZIONE.

Alessandro Palma mostra le gestualità moderne dell'arrampicata indoor Foto: FASI/M.Iacono

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L’approdo alle Olimpiadi di Tokyo 2020 è stata la ciliegina sulla torta di questa consacrazione “pubblica”, e quale sarà l’esito finale del processo è una domanda a cui si potrà dare una risposta precisa solo tra qualche anno. Ad accompagnare i grandi cambiamenti nelle strutture e nelle dimensioni delle sale, sono inevitabilmente i cambiamenti altrettanto rilevanti nella percezione dell’arrampicata e nelle finalità per le quali viene praticata in indoor. Le finalità sono l’aspetto in cui si è osservata la trasformazione più marcata: fino alla metà del primo decennio del 2000, la stragrande maggioranza dei climber frequentavano le sale indoor (pubbliche o private) con l’obiettivo di allenarsi per l’arrampicata su roccia, in qualunque forma e a qualunque livello essa si esprimesse. Questo era vero anche per buona parte degli atleti agonisti, i quali ovviamente si allenavano “sulla plastica” in vista delle competizioni, ma erano in primis climber provenienti dalla roccia, che rimaneva spesso il primo interesse. La situazione attuale è del tutto ribaltata: non solo, inevitabilmente, gli agonisti si dedicano quasi unicamente all’indoor, ma anche un numero sempre più crescente di climber di tutti i livelli arrampicano solo in palestra, senza interesse per l’attività su roccia. In questo contesto, anche l’avvicinamento stesso all’arrampicata è cambiato completamente: se un tempo si iniziava dalla roccia per poi trovare nella plastica solo uno strumento di allenamento, ora la maggior parte dei praticanti inizia nelle sale indoor, magari fin da bambini, e lì ci resta. Che sia una causa o una conseguenza, il risultato di questo processo è stato l’ampliamento del target di persone a cui i centri d’arrampicata si rivolgono.

Proprio per la sua connotazione “underground”, un tempo l’arrampicata la si doveva andare a cercare nei buchi in cui si nascondeva e ciò avveniva quando vi era una predisposizione naturale, spesso come risultato di una preesistente passione per la montagna e per le attività che vi si possono praticare. Ora come ora, invece, si può essere persone completamente avulse da qualunque passione (o cultura) per l’outdoor e comunque praticare regolarmente l’arrampicata indoor metropolitana, percepita come uno sport accattivante e “social-appariscente” con cui tenersi in forma in alternativa alle usuali palestre, alla pesistica, al CrossFit. Inoltre, per molti genitori l’arrampicata è uno dei nuovi sport da proporre ai figli, in alternativa a quelli più convenzionali. L’esistenza di una passione forte e autentica e di una adeguata predisposizione “culturale” non sono più quindi quelle condizioni – un tempo necessarie – per diventare climber. Lo sviluppo delle grandi sale urbane e questa trasformazione nell’approccio sono due processi che si influenzano di continuo, anche sotto la spinta della rilevante visibilità mediatica che l’arrampicata ha guadagnato. Processi inevitabili, irreversibili, che come sempre hanno i loro pro e i loro contro, in particolare se li si analizza in una prospettiva più ampia. Tra i grandi vantaggi c’è sicuramente quello di aver reso onore all’arrampicata come sport, sdoganandola e permettendo a un gran numero di persone di praticare una disciplina bellissima, completa, eccezionale dal punto di vista motorio, psicologico, emotivo, di formazione della persona. Uno sport che meritava di raggiungere il grande pubblico senza restare elitario, così da poter offrire i suoi benefici e la sua bellezza a tante persone. A sua volta questa diffusione ha portato all’evoluzione stessa dell’arrampicata, incrementando la competenza e la professionalità degli addetti ai lavori, e offrendole nuove possibilità di sviluppo rispetto al restare unicamente vincolati alla roccia o al rendere le sale indoor copie artificiali della roccia. A tal proposito, basti pensare all’evoluzione motoria che l’arrampicata indoor ha avuto negli ultimi 15 anni: il livello, le capacità tecniche/motorie, l’allenamento hanno subito una trasformazione incredibile, traendo spunti da altre discipline e trasformando gli arrampicatori in atleti molto più completi, anche se molte delle nuove competenze tecnico-gestuali appaiono poco compatibili con la pratica su roccia. Non c’è quindi dubbio sul fatto che le sale indoor moderne abbiano portato ad uno sviluppo dello “sport arrampicata” più vasto di quello che la sola roccia avrebbe mai potuto promuovere.


Storia Dalle stalle alle stelle!

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Storia A Tokyo e oltre

I garisti olimpionici italiani. Foto: FASI

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ovviamente, ma di quella specifica del nostro sport. Nella sale di arrampicata tutto deve essere in continua evoluzione, un frequentatore non si può accontentare di scalare sempre sugli stessi percorsi, e quindi se la conformazione delle pareti deve restare necessariamente la stessa, gli itinerari hanno necessità di essere cambiati e rinnovati di frequente per avere sempre una tracciatura fresca e adeguata che invogli il neofita a prediligere una struttura rispetto ad un’altra, e l’atleta agonista che aspira a partecipare alle Olimpiadi a potersi allenare sempre ai massimi livelli. Di conseguenza, anche il “parco prese” dovrà essere in continua evoluzione con incremento e ricambio, risentendo di una rapida usura a seguito dell’elevato utilizzo da parte di un sempre più grande numero di arrampicatori. Non solo tracciatura e materiale sportivo, quindi, ma anche le risorse umane che operano all’interno delle sale d’arrampicata contribuiscono ad aumentare

vertiginosamente la spesa di gestione degli impianti in quanto, al contrario degli affollati corsi di fitness nei quali a volte basta un insegnante per tenere un corso con trenta persone, troviamo un elevato numero di istruttori/allenatori in quanto, in condizioni di corso ottimali, ci ritroviamo ad avere un rapporto di un istruttore ogni sei allievi.

A CONTI FATTI, QUINDI, UNO “ DEI PRINCIPALI PROBLEMI

DEGLI IMPIANTI D’ARRAMPICATA SONO SICURAMENTE I COSTI DI REALIZZAZIONE E GESTIONE ESORBITANTI, CHE ANCORA TENGONO A FRENO UNA DILAGANTE CRESCITA. CRESCITA CHE (È IMPORTANTE RICORDARE)


Storia A Tokyo e oltre

AL MOMENTO È STATA RESA POSSIBILE SOLO GRAZIE AGLI SFORZI PROFUSI DALL’ENORME PASSIONE CHE HA ANIMATO IN QUESTI ANNI GRUPPI DI SOCI INVESTITORI, COMPOSTI NEL 99% DEI CASI DA ARRAMPICATORI E APPASSIONATI. Sicuramente dal 2022 la FASI giocherà un ruolo importantissimo per la crescita di questo movimento e l’aria che si respira è satura di fiducia, dopo che negli ultimi due anni il Direttivo, abilmente guidato dal presidente in carica Davide Battistella, è riuscito a raggiungere tutti gli importanti traguardi promessi coronati dall’ultimo storico riconoscimento. Fiducia quindi che riuscirà anche nell’impresa di sostenere il territorio nel suo sviluppo, fornendo

a chi investirà in questo sport tutti gli strumenti necessari per operare al meglio, partendo da una formazione a 360 gradi, che permetta di formare appunto professionisti dell’indoor e dell’outdoor, fino ad arrivare a perseguire quel modello già presente in altre nazioni, che vede l’arrampicata iniziare ad essere assaporata già all’interno degli istituti scolastici. Se tutto questo si realizzerà, sarà probabile che nei prossimi anni si assista ad un’incursione di imprenditori completamente estranei all’ambiente dell’arrampicata, che vedranno però in essa un proficuo investimento trainato non solo dall’esponenziale crescita del numero degli appassionati, ma soprattutto nell’abbassamento dell’età media di questi ultimi, che inizia a coincidere sempre più con quella generazione Z oggetto delle più importanti campagne di sviluppo economico degli ultimi anni. La domanda è: muterà l’identità del nostro sport?


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Storia

L’allenamento per l’arrampicata dall’amatore all’agonista: problematiche attuali e nuove prospettive Testo e foto  Roberto Bagnoli

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a storia dell’allenamento per l’arrampicata è ben nota ai più. Dai travi in legno “fai da te” degli albori si è passati presto a pannelli e prese artificiali che hanno consentito un notevole innalzamento del grado outdoor. Al di là dei progressi in termini tecnologici riguardanti soprattutto lo sviluppo delle scarpette, alla fine restano sempre e solo “braccia, testa e cuore” (capacità fisiche, tecniche e mentali) i fattori che consentono di raggiungere i propri traguardi e questi elementi non appartengono a nessun periodo specifico nell’evoluzione dell’arrampicata sportiva, ma semplicemente esistono e sempre esisteranno senza possibilità di scorciatoie. È chiaro che il naturale processo di evoluzione ed innalzamento del livello medio degli scalatori, rispetto a venti anni fa o più, e soprattutto la velocità con cui generalmente avviene il miglioramento da parte di chi inizia a scalare, è sicuramente frutto di maggiori (e migliori) conoscenze in termini di preparazione

fisica, ma è anche dovuto al fatto che molti climbers iniziano a mettere le mani sulle prese (naturali o artificiali che siano) molto presto, sempre più spesso in giovanissima età. Se è vero che i fattori condizionali rappresentano una fetta importante del potenziale del soggetto di riuscire a performare su una via o un blocco, oggi come allora è difficile pensare che i soli miglioramenti fisici indotti dal lavoro in palestra si trasformino in automatico in crescita delle prestazioni sul cosiddetto “terreno di gioco”. Questo, come ben sappiamo, è dovuto alle importanti implicazioni di carattere mentale e tecnico che completano in modo determinante il profilo prestazionale di qualsiasi scalatore. Nell’ambito di questi fattori trovano luogo i vari aspetti motivazionali, la capacità di gestire le emozioni (tra cui la paura del volo) e di controllare i pensieri; e ancora, la capacità di saper gestire il corpo nella sua globalità e gli equilibri, prevedere i movimenti, applicare e dosare le forze in modo corretto, sviluppare

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Storia Amsterdam, la città delle palestre

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Storia Amsterdam, la città delle palestre KLIMHAL AMSTERDAM MOUNTAIN NETWORK (WWW.MOUNTAIN-NETWORK.NL) Anche questa palestra sta nella parte occidentale di Amsterdam. Se venite in auto, c’è un parcheggio a pagamento. La palestra si trova in un complesso sportivo e residenziale multifunzionale. L’ingresso e il bar sono al piano inferiore, da cui si entra. Poi la palestra principale (alta 15 metri) e la sala boulder si trovano su piani diversi a cui si accede con l’ascensore. All’inizio sembra un po’ strano, ma una volta che ci scali, non ti dispiace affatto. In seguito alla pandemia, è stato aggiunto anche un muro esterno proprio accanto all’ingresso del bar: questa parete esterna è coperta, è alta 9 metri e presenta vie dal verticale al leggermente strapiombante. Ci sono 22 vie per il toprope. In questa foto c’è Jorg Verhoeven, che qui ha vinto il campionato olandese nel 2014. È sempre speciale vedere Jorg nel suo Paese natale, essendosi trasferito dal 2004 a Innsbruck per poi vincere molte gare di Coppa del Mondo. Alla Mountain Network ci sono anche sale fitness e nell’edificio c’è anche un ambulatorio di fisioterapia: hai un infortunio e vuoi un controllo rapido e gratuito? Ogni martedì e giovedì sera, dalle 20 alle 21, è prevista un’ora di consulenza gratuita.

L’UNICITÀ DI QUESTA SALA È CHE “ LE PARETI SONO DI CONCEZIONE MODERNA: LE SEZIONI DEL MURO SONO IMPOSTATE CON DIVERSE SUPERFICI, CHE VENGONO COSTRUITE CON UN SISTEMA 3D, IN MODO CHE NON CI SIANO PIÙ ANGOLI DI 90 GRADI. QUESTO DÀ UNA BELLA SENSAZIONE DI ARRAMPICATA, COME SE RIUSCISSE A SIMULARE L’ARRAMPICATA ALL’APERTO.

L’inclinazione varia da verticale a fortemente strapiombante, con una rientranza massima di oltre dieci metri: è quindi molto apprezzata dal climber esperto che qui può scatenarsi. Sebbene la sala sembri piccola, i percorsi vari e creativi non ti annoieranno. Inoltre, qui si sono tenuti molti campionati di arrampicata. Il proprietario, Johan Cavé, ha aperto le sue prime palestre altrove nei Paesi Bassi. Quando la famosa palestra di arrampicata “Tussen Hemel en Aarde”,

realizzata in una chiesa ad Amsterdam ovest, alla fine ha dovuto chiudere i battenti, Johan ha deciso di rilevare la sala. Ciò ha permesso di continuare per un po’, ma presto la struttura dovette davvero chiudere e Johan iniziò un nuovo progetto nell’attuale sede, dall’altra parte dell’autostrada. Il figlio di Johan, Leto Cavé, è diventato campione Lead d’Olanda nell’ottobre 2021. Anche Leto si è ora trasferito a Innsbruck.

Klimhal Amsterdam. Foto: Arch. M. Veerbek

KLIMHAL USC SPORTCENTRUM UNIVERSUM (WWW.USCSPORT.NL) L’USC Sports Centre è una palestra di arrampicata per studenti e si trova nella parte orientale di Amsterdam. La parete è alta 14 metri, ha 18 corde, ma c’è anche una parete boulder. Devi essere socio per scalare qui. È un luogo utile solo per chi vive in questa zona. Una particolarità: c’è la sauna, dove puoi entrare a ritemprarti, dopo l’allenamento. BOULDER AD AMSTERDAM Negli anni Ottanta, le persone già si arrampicavano sui muri di basalto ad Amsterdam. Questi mattoni neri, che formano muri di tre o quattro metri di altezza, caratterizzano questa città. Ovviamente non erano destinati all’arrampicata, ma con l’arrivo di studenti climbers vennero prese d’assalto. Queste pietre non si trovavano solo sul lungomare, ma anche presso le stazioni della metropolitana, degli autobus e dei treni; anche nei tunnel della ciclabile, le pareti nere offrivano una sporgenza. Ai percorsi venivano così dati nomi e gradi, scritti con caratteri bianchi (ricordate, era l’epoca delle macchine da scrivere...). Vicino a Klimmuur Centraal e allo Scheepvaartmuseum, si trova ancora oggi uno di questi muri all’aperto, “vecchia scuola”. La sfida sta nel compiere dei traversi appena sopra l’acqua fredda. I guardiani del ponte, che osservano dalle loro finestre in cima a queste pareti, non capiscono ancora come le nostre dita e i nostri piedi rimangano bloccati su questi piccoli bordi. Ora l’urban climbing è tornato di moda, soprattutto durante la pandemia, quando le palestre indoor erano chiuse. PALESTRE BOULDER DI AMSTERDAM Be Boulder: www.Beboulder.nl Beta Boulders Amsterdam: www.betaboulders.nl Monk: www.Monk.nl en www.Monk.nl/clubAmsterdam Het Lab: www.deklimmuur.nl/hetlab Beest Boulders: www.deklimmuur.nl/beestboulders Nomad Boulders (new): www.Pofzak.nl

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Focus Con i Ragni in Bulgaria Dedizione e professionalità per Simone Pedeferri: ultimi colpi di spazzola a un nuovo tiro.

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Focus Con i Ragni in Bulgaria responsabile delle truppe motorizzate, ovvero il proprietario del furgone), il soldato scelto Paolino Marazzi e infine la sottoscritta burbetta (stagionata in età ma alla sua prima esperienza in fatto di missioni chiodatorie). All’alba del 17 ottobre, dopo una ventina di ore filate di traversata mitteleuropea, varchiamo la frontiera della Bulgaria. La pianura lascia il posto alle prime dolci propaggini dei Balcani, poi, arrivati nei pressi di Lakatnik, i profili delle colline che circondano la valle scavata dal fiume Iskar cominciano a essere segnati da salti verticali che formano fasce rocciose a perdita d’occhio. Non è un caso che sia questa una delle aree più storiche e frequentate per la scalata. Proprio qui, nel 1931 è stata aperta la prima via di arrampicata su roccia del Paese, ad opera di Alexander Belkovski, Georgi Stoimenov e Nikola Chipev. Dopo di allora l’evoluzione è proseguita fino ad arrivare allo sviluppo di un comprensorio che oggi vanta più di 500 itinerari, decine di settori attrezzati e tantissime falesie ancora tutte da esplorare. Appena giunti a destinazione, l’amichevole e sonnecchiante Pedeferri viene posseduto dallo spirito inquieto di uno spietato capocantiere bergamasco che ordina alla squadra di mettersi subito all’opera. Purtroppo l’approccio con la componente bulgara del team non è dei più facili. Nikolay è giustamente orgoglioso e geloso delle sue rocce. Molte delle falesie della zona portano la sua firma e di certo sente la responsabilità di realizzare un lavoro fatto a regola d’arte e inattaccabile da qualsiasi critica. In più ha probabilmente scambiato il nostro scarso entusiasmo per l’idea di chiodare con i resinati per una dichiarazione di scarsa esperienza in questo genere di attrezzatura. Appena arrivati in falesia comincia a mettere in discussione le modalità operative che eravamo convinti fossero condivise da tutti. Sul collo di Simone compare un’inquietante vena pulsante ed è chiaro che la pressione dei bulbi oculari sta per raggiungere livelli esplosivi… A mettere a posto quello che le parole hanno incasinato ci pensano i fatti. Le ore trascorrono e, lavorando appesi fianco a fianco in parete, abbiamo modo di studiarci e di capire che ciascuno ha i propri metodi, la propria professionalità, la propria esperienza, ma che tutti siamo animati dalla stessa folle passione di decifrare il misterioso linguaggio degli appigli e di faticare con trapano, martello e leverino per dare forma a una visione e regalarla agli altri scalatori, nella speranza di dare vita a qualcosa di bello.

IL GIRO DI BIRRE SERALE ATTORNO “ AL TAVOLO DELL’ACCOGLIENTE GUEST HOUSE CHE CI OSPITA SCIOGLIE LE ULTIME RUGGINI: ORMAI SIAMO UNA SQUADRA E, NONOSTANTE LA SCHIENA COMINCI GIÀ A LAMENTARSI DELLE TANTE ORE TRASCORSE APPESI ALL’IMBRAGO, NON VEDIAMO L’ORA DI TORNARE IN PARETE.

Giovanni Ongaro su Work To Climb, Un bel 6a di quasi 40 m nato dopo più di due giorni di disgaggio e pulizia. Paolo Marazzi in azione sui titoli del settore centrale.

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Vetrina prodotti Patagonia Dual Aspect L’attenzione all’ambiente è un fattore sempre più importante sia per chi produce, che per chi sceglie con responsabilità i propri capi. Sapendo che l’inquinamento dell’acqua causato dai trattamenti idrorepellenti a base di PFC sono dannosi per la salute umana, Patagonia si è prefissata l’obiettivo di eliminare l’uso di PFC nei suoi capi entro il 2024 e con Dual Aspect presenta il suo primo guscio impermeabile, traspirante, pensato per l’arrampicata alpina nelle condizioni più difficili, che offre la massima libertà di movimento con protezione totale dalle intemperie senza l’uso di PFC nel trattamento DWR (idrorepellente a lunga durata) o nella membrana. eu.patagonia.com

Ande Storm Jkt Ideale per le attività outdoor invernali di media intensità, ma anche da indossare per raggiungere la propria palestra, la Storm di Ande è una giacca idrorepellente (5000 mm), traspirante (3000 g/m2/24 h) e antivento. Realizzata con tessuto esterno in Nylon Rip è dotata di imbottitura sintetica in Holofiber, cappuccio fisso, tasche frontali e chiusure a zip termosaldate. Il design semplice e sportivo la rende perfetta anche per un uso quotidiano in città. ande.it

Salewa Lavaredo Alpine Hemp Jacket e Pant

E9 Felpe

Per arrampicare sia in palestra che in falesia, Salewa propone giacca con cappuccio e pantaloni realizzati in jersey Alpine Hemp, un tessuto morbido ottenuto filando insieme canapa tessile, cotone biologico e poliestere riciclato per offrire funzionalità e un comfort naturale a contatto con la pelle. Disponibili in modelli specifici da uomo e da donna in tre colorazioni. I Lavaredo Alpine Hemp Jacket e Pant fanno parte dei prodotti Salewa Committed che rispettano severi standard di alta qualità e durevolezza, concepiti per minimizzare l’impronta ambientale. www.salewa.com

Per proteggersi al meglio nei mesi freddi E9 propone Bolla 2.1: la classica felpa logo invernale da uomo nel nuovo tessuto di lana riciclata. Morbido all’esterno, piacevole e confortevole al contatto con la pelle grazie allo strato di jersey al suo interno; e N-Poppy 2.1: l’iconica felpa da donna che si rinnova ogni anno nei dettagli e colori. Il tessuto è un jersey liscio all’esterno con una calda e soffice pelliccetta all’interno. Entrambe prodotte in Italia. www.e9planet.com

Black Diamond Notion Pants Uno dei modelli più apprezzati nella categoria, i pantaloni Notion di Black Diamond sono realizzati in morbido cotone organico, leggermente elasticizzati, e dotati di coulisse per regolare la vestibilità in vita. Sono ideali per arrampicare in falesia, in palestra e anche per le imprese boulder. Sono dotati inoltre di due tasche posteriori, una delle quali presenta un’apposita fessura per la spazzola. Il fit è regolare. eu.blackdiamondequipment.com

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Vetrina prodotti Brazz Company Lincol - The Deckpad La Sportiva Zenit Scarpetta d’arrampicata traspirante in tessuto knit dal look moderno e accattivante. È la scelta perfetta per utilizzi nelle palestre indoor e per l’arrampicata sportiva. La tomaia leggera e traspirante avvolge il piede come un calzino grazie al tessuto knit morbido ed elastico redendola adatta a tutti fin dalla prima calzata. Intersuola LaspoFlex 1,8 mm e suola Vibram® XS Grip 4 mm. www.lasportiva.com

Vi chiederete, “che cos’è un deckpad?”. In molti lo chiamano “coperta”, ma la Brazz Company ha voluto far di più. Lincoln è un modo per estendere la tua superficie di sicurezza, per ridurre le debolezze tra i crashpad e, soprattutto, di rinforzare la superficie di atterraggio. Con una superficie di 120cm x 200cm x 2,5cm di resistente EVA ad alta densità, questo Deckpad si può adagiare sopra uno strato di crashpad oppure utilizzarlo per proteggersi dalle rocce sporgenti che i crash non possono coprire. Lincoln è stato pensato per il trasporto agile a tracolla o agganciato ai pad. Si può utilizzare Lincoln anche piegato in due per rinforzare ancor di più una superficie specifica e in modo di tutelare al meglio ogni tua scalata. brazz.it

CAMP Energy La Energy è un’imbracatura molto comoda e leggera, ideale per l’arrampicata a tutti i livelli. Grazie al suo design essenziale, è un’ottima scelta per ogni specialità, dalla scalata indoor alla falesia fino al trad. L’interno termoformato permette un perfetto adattamento al corpo di cintura e cosciali, assicurando quindi un comfort eccezionale. I cosciali fissi garantiscono una rapida indossabilità. Il prodotto è inoltre dotato di 4 anelli portamateriale e anello di recupero posteriore. Disponibile in 5 taglie dalla XS alla XL e in 2 colori: blu e rosso. Peso taglia M: 305g. www.camp.it

Versante Sud Rock Warrior’s Way + Lezioni rapide Scalare come meglio si riesce o adottare un metodo che ci renda consapevoli di ogni sforzo e dei progressi raggiunti? Con Rock Warrior’s Way, Arno Ilgner propone un percorso mentale e un approccio alla scalata basato sul metodo del guerriero. La vostra consapevolezza aumenterà esponenzialmente e con essa la capacità di adottare un processo per risolvere qualsiasi problema. Noterete cambiamenti rilevanti nel vostro approccio alla scalata, nella vostra mentalità e nel divertimento che proverete facendolo. In questa nuova edizione anche una serie di lezioni su come affrontare il rischio di una salita attraverso la Consapevolezza, la Valutazione del rischio, la Gestione delle pause, la Gestione della caduta e la Gestione dell’azione con tanto di esempi e esercizi mirati. www.versantesud.it

Scarpa Gecko Gecko è la “climbing approach shoe” prodotta da SCARPA per offrire sensibilità, precisione e grip lungo i percorsi dove queste caratteristiche sono davvero importanti, ma anche per i comodi approcci alla palestra. La combinazione di una forma precisa, l’allacciatura estesa fino in punta, il bordo di protezione in gomma e una suola con profilo basso fanno di questa scarpa l’elemento di congiunzione tra climbing e approach tecnico. La tomaia è in pelle scamosciata idrorepellente, l’intersuola in EVA consente maggiore precisione e durabilità il TPU sul tallone oltre a proteggere funge da conchiglia rigida e contenitiva. Suola Presa® dall’aspetto solido e compatto con battistrada realizzato in mescola Supergum, un compound che accomuna un’aderenza e durabilità fuori dal comune, con tanto di climbing zone. www.scarpa.net

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BIMESTRALE DI ARRAMPICATA E ALPINISMO Gennaio 2022. Anno IV. Numero 16 Direttore responsabile Richard Felderer Coordinamento editoriale Eugenio Pesci Samuele Mazzolini Alberto Milani Redazione Tommaso Bacciocchi Roberto Capucciati Matteo Maraone Marco Pandocchi Damiano Sessa Pete Takeda a Hildale, UT, Stati Uniti © Greg Mionske / Red Bull Illume

Copertina Sasha DiGiulian al Brooklyn Boulders a Brooklyn, NY, Stati Uniti. Foto: © Laura Barisonzi / Red Bull Content Pool Grafica Tommaso Bacciocchi

Impaginazione Francesco Rioda

Correzione di bozze Fabrizio Rossi

Disegni Eugenio Pinotti

Hanno collaborato Alessandro Lamberti, Alessandro Palma, Alessio Conz, Andrea Gennari Daneri, Cristiano Ticci, Fabio Palma, Fabrizio Rossi, Federica Mingolla, Francesco Bassetti, Marco Iacono, Marzio Nardi, Mirjam Veerbek, Roberto Bagnoli, Roberto Capucciati, Robyn Erbesfield-Raboutou, Serafino Ripamonti Versante Sud Srl Via Rosso di San Secondo, 1 – 20134 Milano tel. +39 02 7490163 versantesud@versantesud.it info@up–climbing.com Abbonamenti e arretrati www.versantesud.it Stampa Aziende Grafiche Printing srl – Peschiera Borromeo (MI) Distribuzione per l’Italia PRESS-DI-Distribuzione stampa e multimedia s.r.l. via Mondadori 1 – 20090 Segrate (MI) – Tel. 02 75421

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SHAPING THE HISTORY Dalle tre leggendarie di RockMaster nelthe 1989 Gaswerk Wadenswil, Sint Roc dates back totorri 1989 when we built first,alegendary Rock Master climbing una piùItaly. grandi30sale di arrampicata Europa, nel 2020.providing our clients with wall delle at Arco, years later we are in still at the forefront, unparalleled expertise in designing, manufacturing and constructing climbing walls. Nel 2000 abbiamo realizzato la prima parete Speed, che l’International Federation We are proud to have contributed to the unprecedented growth of sport climbing and of Sport Climbing ha poi scelto come standard mondiale. for having helped it become an Olympic sport. Some of the biggest developments in In tre climbing decenni abbiamo realizzato centinaia di arrampicata costruendo sport were pioneered in our factorydiatstrutture Arco, such as the first climbing panels un’esperienza pochi confrontiFurthermore, e avvicinando all’arrampicata di persone. and holds usedche for ha Speed Climbing. since 2015 we aremigliaia IFSC certified Speed Wall Manufacturer. Siamo orgogliosi di avere dato il nostro contribuito alla crescita dello sport arrampicata Our know-how is not limited to competition walls however. Over the last three decades e averla aiutata a diventare uno Sport Olimpico. we have built hundreds of climbing walls, from small school walls to enormous climbing gyms, all the while sharing our vast expertise with our extremely satisfied customers. After having worked closely with Gaswerk Kletterzentrum in Zurich for many years, this SINT ROC Srl world-famous climbing center has once again entrusted Sint Roc to build what will is via Fornaci 27b, 38062 Arco (TN) destined to become oneinfo@sintroc.com of the biggest climbing walls in Europe, boasting more than tel. 0464 518427 – email: 6000 square meters of climbing surface.


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