UP CLIMBING #33 - Viaggio naïf sulle multipitch sportive italiane
SULLE
Tempi Duri / Joe Falchetto luma le pupe / Esperanza / I migliori anni della nostra vita / Via Beppe / Papaveri e papere / Padre Pio Prega per Noi / Cristallina / Via del ’94 / Pane ed uva per tutti / Panico Salamico / Astra / Prigionieri dei sogni / Hotel du Lac / La sezione aurea / Breakdance / Io non ho paura / Galactica / Flauto magico / Piastrine selvagge / Sull’orlo di un duplice abisso / Il giardino con lo stagno / Nikibi / Re Artù / I Love My Dogs / La grande guerra / Il cammino degli Eternauti / L’incompiuta / Scirocco / Plitscka / Tuoni e fulmini / Rovereto / Via De Rovere / Anime di piombo / La manutenzione dei sogni / Nuove consapevolezze / My Aeroplane / Comandante Massud / Via Ratti / La vipera e la neve / Le ali dell’angelo e Tommaso Flavio / Gaeta superstar: due vie sul mare / Via degli alberelli / Superbertona / Asciuga vento le mie lacrime / Con vista lago / Il mare d’inverno / Maradanno / Ritorno al Futuro / Emozioni Siciliane / Via Fratelli Titt / Pocahontas / L’ultimo dei Mòcheni / Appointment with Beer / Johnatan Livingstone le Goeland / Itu Damagoni
SUD
THE SMEDGING REVOLUTION.
“La soluzione che La Sportiva ed io abbiamo trovato per rispondere ai problemi del bouldering moderno indoor”. Smearing ed Edging si incontrano per la prima volta in una scarpetta. Costruzione innovativa per massimizzare grip, distribuzione del peso e sensibilità sui blocchi più dinamici. La nuova mezza suola con tecnologia SenseGrip™ la rende perfette per spalmare sui grandi volumi, mentre l’intersuola dedicata in punta dà sostegno sui micro appoggi. La rivoluzione del climbing indoor è qui. Scopri Ondra Comp su lasportiva.com
Sommario
004 Editoriale di Eugenio Pesci
VIAGGIO NAÏF SULLE
MULTIPITCH SPORTIVE ITALIANE
006 Tempi Duri 1 di Serafino Ripamonti
008 Joe Falchetto luma le pupe 2 di Serafino Ripamont
010 Esperanza 3 di Fabrizio Manoni
012 I migliori anni della nostra vita 4 di Elio Bonfanti
014 Via Beppe 5 di Stefano Dalla Gasperina
016 Papaveri e papere 6 di Stefano Dalla Gasperina
018 Padre Pio Prega per Noi 7 di Shanty Cipolli
020 Cristallina 8 di Shanty Cipolli
022 Via del ‘94 9 di Shanty Cipolli
023 Pane ed uva per tutti 10 di Ivan Maghella
024 Panico Salamico 11 di Maurizio Panseri
026 Astra 12 di Eugenio Pesci
028 Prigionieri dei sogni di Adriano Selva
030 Hotel du Lac 14 di Eugenio Pesci
032 La sezione aurea 15 di Eugenio Pesci
034 Breakdance 16 di Ivano Zanetti
038 Io non ho paura 17 di Luca Schiera
040 Galactica 18 di Luca Schiera
042 Flauto magico 19 di Luca Schiera
044 Piastrine selvagge 20 di Sergio Coltri
046 Sull’orlo di un duplice abisso 21 di Nicola Tondini
048 Il giardino con lo stagno 22 di Michele Guerrini
050 Nikibi 23 di Alessio Conz
052 Re Artù 24 di Alessio Conz
054 I love my dogs 25 di Alessio Conz
056 La grande guerra 26 di Alessio Conz
058 Il cammino degli Eternauti 27 di Samuele Mazzolini
060 L’incompiuta 28 di Samuele Mazzolini
062 Scirocco 29 di Samuele Mazzolini
064 Plitscka 30 di Francesco Piacenza
066 Tuoni e fulmini 31 di Samuele Mazzolini
068 Rovereto 32 di Samuele Mazzolini
072 Via De Rovere 33 di Emiliano Zorzii
074 Anime di piombo 34 di Riccardo Lolli e Francesco Cintori
076 La manutenzione dei sogni 35 di Samuele Mazzolini
078 Nuove consapevolezze 36 di Samuele Mazzolini
080 My aeroplane 37 di Samuele Mazzolini e Francesco Piacenza
082 Comandante Massud 38 di Samuele Mazzolini
084 Via Ratti 39 di Gregorio Pedrini
086 La vipera e la neve 40 di Gregorio Pedrini
088 Le ali dell’angelo e Tommaso Flavio 41 di Pino Calandrella
090 Gaeta superstar: due vie sul mare 42 di Lorenzo Trento
092 Via degli alberelli 42 di Riccardo Quaranta
094 Superbertona 44 di Riccardo Quaranta
096 Asciuga vento le mie lacrime 45 di Riccardo Quaranta
098 Con vista lago 46 di Oreste Bottiglieri
100 Il mare d’inverno 47 di Riccardo Quaranta
102 Maradanno 48 di Luciano Brucoli
104 Ritorno al Futuro 49 di Luciano Brucoli
106 Emozioni Siciliane 50 di Massimo Cappuccio
108 Via Fratelli Titt 51 di Massimo Cappuccio
110 Pocahontas 52 di Richard Felderer
112 L’ultimo dei Mòcheni 53 di Richard Felderer
114 Appointment with beer 54 di Richard Felderer
115 Johnatan Livingstone le Goeland 55 di Richard Felderer
116 Itu Damagoni 56 di Eugenio Pesci
VETRINA
118 Proposte prodotti
Editoriale
Testo Eugenio Pesci
Esistono diversi tipi di viaggio. Solitamente, i viaggi sono in gran parte orizzontali o al massimo con lievi pendenze.. In questo numero di Up Climbing abbiamo invece optato per un veloce, ma tecnicamente dettagliato, viaggio a carattere verticale, in alcuni casi poco meno che verticale, in altri casi anche strapiombante. Il numero delle vie di più tiri a carattere sportivo, attrezzate a fix con qualche integrazione, rara, è, sul territorio italiano, estremamente alto.
A partire dal 1984 circa - e prendendo come primi esempi storici la celebre Zanzara e Labbradoro attrezzata dall’alto da Manolo e Roberto Bassi sul Colodri, ad Arco, e Breakdance aperta da Zanetti, Villotta e Chiaffarelli sulla Corna di Medale - ogni anno ha visto nascere molti itinerari in quasi tutte le regioni italiane, con particolare abbondanza nel Nord Italia. Le vie a carattere sportivo si sono poi moltiplicate anche in ambito alpino, al Monte Bianco, nelle valli piemontesi, nel Masino e, negli ultimi anni, soprattutto in Dolomiti.
Il nostro viaggio verticale è un viaggio particolare, volutamente un po’ naif, poiché abbiamo privilegiato vie scelte da apritori e arrampicatori esperti in
questo campo, secondo un suggerimento legato a un’importanza storica evidente di una via, oppure alla sua ubicazione particolare, oppure ancora legato alla sua recente ma poco nota apertura.
Questo numero di Up è dunque, infine, quasi un libro, storico, tecnico e fotografico, che racconta in maniera certamente e volutamente disorganica una lunga vicenda che ha visto moltissimi apritori di fama e capacità diverse, impegnati su pareti di ogni tipo e in ogni regione della Penisola. Per ognuna delle vie proposte troverete i dettagli tecnici, foto con tracciato o disegno, e molto spesso un breve ma vissuto racconto, scritto da chi ha aperto la via o la ha ripetuta recentemente.
Abbiamo inserito anche qualche itinerario di maggior impegno alpinistico, seppure con una forte componente sportiva, come nel caso di una via di Patrick Gabarrou sulla parete sud del Cervino.. preparate qualche friend!
Questo numero di Up è dunque molto particolare, e ha visto una efficiente e gradita collaborazione da parte di climbers di tutta Italia!
Lasciamo pertanto il lettore all’inizio del viaggio, sperando di ritrovarlo contento su qualche cima alla fine del medesimo...
Alex Ventajas in libera su Sull’orlo di un duplice abisso, Monte Cimo (VR).
Foto: E. Veronese
Tempi Duri
Testo Serafino Ripamonti
D. Battistella e R. Vigiani dal basso, 1987
Sviluppo: 170m (6L)
Difficoltà: 7a (6b obbl.) / S1 / II
Chiodatura: fix e qualche resinato; catene alle soste
Materiale: 2 mezze corde o una singola da 70m, 14 rinvii ed eventualmente qualche dado. Il casco è d’obbligo e occorre fare attenzione, soprattutto dopo le piogge, alle possibili cadute di sassi dall’alto.
Tempo di salita: 4h
Periodo consigliato: Il periodo migliore è sicuramente l’inverno, ma anche la primavera e l’autunno non sono male. Assolutamente da evitare l’estate, perché la parete è esposta a sud e il calore può raggiungere livelli davvero insopportabili.
La Parete Striata è una delle falesie che meglio rappresentano la scalata al Muzzerone. È una parete rocciosa a picco sul mare di circa 200 metri di altezza, con un’estensione di 500 metri. La base è percorsa da una cengia erbosa da dove partono le vie. Lasciamo alle parole di Davide Battistella, protagonista della storia dell’arrampicata in questi luoghi e autore delle guide dedicate al Mazzerone, il compito di raccontarne il fascino: “La Parete Striata è caratterizzata da un incredibile calcare a gocce ed è inserita in un ambiente naturale straordinario e selvaggio, nonostante la vicinanza all’auto. Per raggiungere la base c’è un percorso quasi alpinistico, con scalette e tratti di corde fisse. Una volta incamminatisi sul sentiero i segni della civiltà scompaiono. Si incontrano rare testimonianze dell’eroica attività dei cavatori, che qui estraevano il prezioso marmo portoro, per il resto attorno ci sono solo mare, cielo, macchia mediterranea, rocce, profumo di salsedine e di avventura…”
L’esplorazione della Striata cominciò con l’apertura della via Supernova, ad opera di Mattia Di Bono e Bruno Manicardi, ma è nel 1987 che nasce Tempi duri, l’itinerario simbolo della parete, aperto dal basso con gli spit (sempre ben distanziati!) da Battistella e dal fuoriclasse Roberto Vigiani.
Ricorda ancora Battistella: “In quel periodo aprire dal basso con gli spit era sicuramente una novità. L’idea era quella di salire cercando la linea più bella da affrontare in libera, limitando al massimo le protezioni. Roberto era già avanti da questo punto di vista e mostrò tutta la sua abilità nell’apertura del tiro in strapiombo di 7a. L’intera via, comunque, rappresenta un bell’ingaggio per quegli anni, anche sui primi tiri dove la scalata in placca è sempre tecnica ed esigente, con passaggi mai banali, anche considerando il livello medio odierno degli scalatori. Tempi duri è un pezzo della storia di noi che frequentavamo le pareti del Muzzerone in quel periodo, ma credo abbia anche un ruolo nella storia della scalata sportiva in Liguria e in Italia. In fondo, da quei primi esperimenti di apertura
sportiva dal basso, si sono poi evoluti lo stile e l’etica che il Vigio, assieme ad altri forti scalatori-alpinisti come Rolando Larcher, ha portato sulle pareti più belle e difficili dell’Europa e del mondo”
Accesso generale: da La Spezia seguire le indicazioni per Portovenere. Prima di giungere al borgo di Le Grazie si trova una diramazione sulla destra con indicazione palestra di roccia. Si segue la strada per circa 4 km e si arriva a un altro bivio; qui si prende la strada in discesa sulla sinistra e, dopo alcuni tornanti, si giunge alle falesie del Muzzerone. Parcheggiare l’auto in prossimità dell’ultimo tornante, prima del Forte della Marina Militare.
Avvicinamento: dal parcheggio si segue il sentiero n1 in direzione Portovenere sino ad arrivare a un evidente bunker che si lascia sulla destra, scendendo fino a una vecchia cabina elettrica. Dopo circa una cinquantina di metri tracce di sentiero verso mare conducono presso i ruderi di un vecchio rifugio per cavatori. Da qui una scaletta e poi alcune corde fisse portano a un ampio balcone (Cima del Pilastro della Discordia). Da questo balcone una serie di corde fisse (riattrezzate dopo la grande frana che interessò la zona nel 2022: prestare comunque attenzione!) porta alla base della parete (15 minuti) e all’attacco della via (scritta alla base). In alternativa, all’altezza della cabina elettrica, si gira a destra (faccia a mare) entrando in una zona di cava, fino ad un taglio di cava evidente all’uscita della via Ossi di Seppia. Qui si trova una linea di 4 calate in doppia che porta alla base della parete (corda da 70m sufficiente, ma attenzione alla prima calata di 35m esatti!).
Descrizione
L1 5c; L2 5c; L3 5b - Tre lunghezze molto tecniche conducono alla base degli strapiombi della Parete Striata su placche lavorate, diedri e risalti mai banali.
L4 6a - Tiro caratterizzato da bellissimi movimenti su una placca grigia a gocce. La lunghezza termina ad una sosta molto aerea.
L5 7a - Un bel passaggio su cannette con non facile ristabilimento e successivo diedro tecnicissimo, per concludere con un difficile strapiombo.
L6 5c - L’ultimo tiro si svolge su una placca lavorata e poi un diedrino fino alla sommità della parete.
Rientro: dall’ultima sosta della via (ampio balcone) un evidente sentiero conduce al bunker trovato lungo la discesa sul sentiero 1 e dì lì in breve al parcheggio (10 min).
Muzzerone
In arrampicata
La Parete Striata
Via Tempi Duri. Foto: Arch. D. Battistella
su Tempi Duri. Foto: M. Felanda
Viaggio
Testo Adriano Selva
Prigionieri dei sogni
A. Selva, A. Spandri, agosto 2005
Sviluppo: 300m + 250m zoccolo (10L)
Difficoltà: 7c+ (7b obbl. expò) / S4 / IV
RP: A. Selva giugno 2006
Materiale: 2 friend n.0,5 e materiale per lo zoccolo.
Una placca verticale, compatta e perfetta di 300metri caratterizza la parete dell’Eghen. La via “Prigionieri dei sogni” la risale interamente, inseguendo una logica appigli per una scalata unica e di gran classe. Arrampicata tecnica e di continuità, esigente e difficile per tutto l’itinerario. Placche verticali e strapiombanti, alternate a strapiombi più accentuati propongono severi passi obbligati. Nel complesso una via di altissimo livello sotto il profilo tecnico, atletico e psicologico, su roccia ottima per tutto l’itinerario.
Piz d’Eghen, tempio dell’alpinismo Valsassinese!
Situato nella Grigna Settentrionale, incastonato in cima alla selvaggia valle dei Mulini sopra gli abitati di Prato Sanpietro e di Cortenova. La parte più affascinante è formata da due pilastri principali rivolti a Nord Ovest, maggiormente visibili al tramonto quando i raggi del sole entrano con la giusta inclinazione illuminandoli. Il suo nome lo deve al maggiociondolo, che nel dialetto Valsassinese viene chiamato “Eghen”, albero che fiorisce appunto a maggio facendo sbocciare sui suoi rami dei fiori gialli che richiamano il colore di alcune sfumature delle pareti intorno. La mia prima esperienza all’Eghen iniziò una mattina del 1997 quando per la prima volta andammo a fargli visita. Eravamo in 7 persone, io il più giovane, il meno esperto, mi ero avvicinato da poco al mondo dell’alpinismo. Quella volta partimmo per una ricognizione, con speranza di trovare ipotetici spazi
Adriano Selva assicurato da Pietro Buzzoni, su Prigionieri dei sogni. Foto: A. Pozzi
ancora vergini per aprire eventuali nuove linee. Già l’avvicinamento fu un’avventura perché non esistono sentieri che arrivano alla base, ma solo tracce fatte dagli ungulati che vivono lì. Una volta arrivati al suo cospetto capimmo subito, con uno sguardo veloce, l’impegno richiesto per aprire una via su quei muri lisci che andavano ben oltre la verticale, e lasciati sapientemente vergini dagli apritori delle vie già esistenti. Con Andrea Spandri e Silvano Arrigoni tornammo subito il weekend successivo per mettere le mani sul progetto adocchiato. Ci sembrava un sogno poter realizzare una via tutta nostra proprio sulle pareti di casa. Non fu proprio semplice e immediato salire lo zoccolo (oggi attrezzato con corde fisse), superare il pulpito e scendere di qualche decina di metri e guadagnarsi la cengia posta all’attacco del pilastro. Attaccammo, ma ci arenammo al primo tiro, il trapano a batteria prestatoci da un amico dopo tre buchi non volle più sapere di funzionare, ma quella fu una scusa. Ripensandoci oggi, quella è stata una fortuna più che una sfortuna perché a quel tempo non ero ancora pronto né tecnicamente né esperienzialmente per affrontare quel muro verticale, e se proprio devo dirla tutta, avevo una paura incredibile quando fu il mio turno a prendere il comando della cordata, sentivo una sensazione di oppressione derivare dalla parete. Non ci potevo credere, ero lì, dove volevo essere a fare quello che volevo fare... incapace di farlo. L’Eghen quel giorno mi diede una lezione durissima ma ci ripromettemmo di tornare, pronti!
All’inizio del 2005, eravamo carichi come non mai! I tempi erano maturi per tornare a finire ciò che avevamo iniziato. La via la aprimmo in quattro giorni non consecutivi. Il primo, riuscimmo a salire fino al terzo tiro, che a mio avviso è il più bello della via, un muro elegante, di decisione e forza di dita. Il secondo giorno lo impiegammo per aprire il quarto tiro, quel tratto di parete richiede una buona resistenza e una gran sensibilità sui piedi per venire a capo alle sequenze di buchi e tacchette disegnati sulla roccia da madre natura. Il terzo giorno, aprimmo fino al settimo tiro, e l’ultimo giorno arrivammo in cima al pilastro. Eravamo contentissimi e soddisfatti, capimmo di avere realizzato qualcosa di bello, particolare ma soprattutto essere stati capaci di tener fede agli intenti che ci eravamo prefissati fin dall’inizio, poche protezioni e tanta arrampicata. Finalmente avevamo realizzato il sogno che ci imprigionava da tempo.
L1 6b 20m Un diedrino verticale segna l’inizio delle difficoltà; si affronta direttamente un gradino rovescio, poi più facile
L2 6c 25m Diedro a buchi, al suo termine si esce in
placca, ancora in diedro, con uscita impegnativa su di un terrazzino
L3 7b 35m Singolo di dita, poi placchetta ad un tettino che si evita a sinistra, per un diedro, da salire fino al suo termine; a destra si raggiunge un terrazzino. Dritti ad tettino che si supera nel centro, poi impegnativa placca a buchetti
L4 7c+45m Sequenza di dita dura e obbligata, poi a destra su buchi ora più generosi fino al terzo fix. Dritti ad una nicchia poi ancora in placca con severa serie di passi obbligati fino al 7º fix (sequenza chiave); da qui qualche metro a sinistra e poi dritti alla sosta
L5 6c 45m Lungo traverso verso destra, dove è indispensabile una buona concentrazione, (tratto molto esposto)
L6 7a 45m Parte iniziale tecnica con sezione di equilibrio, poi più semplice, ma la chiodatura lunga obbliga a tenere alto il livello di concentrazione (tratto molto esposto utile friend n.0,5 tra il IV e il 5º fix)
L7 7b 25m Partenza tecnica su buchi, seguita da diedro fino ad una nicchia; si traversa a destra ad una grande nicchia; tiro molto fisico e obbligato
L8 6c 40m Tiro vario e articolato su placchette e strapiombini
L9 7b 30m Si traversa decisamente a destra su di un pilastro cubico, aereo e molto esposto; ancora in obliquo a destra fino a raggiungere il profilo del pilastro, dove un diedrino porta, dopo un breve traverso sinistra a una cengetta, si traversa a destra ad un’altra cengetta e da qui a sinistra in sosta.
L10 II 80m Rimontando un muretto si trova una sosta attrezzata e da qui, per cresta, alla vetta. Discesa: in doppia sulla via (complesse ed esposte), saltando la S8 e la S1. Alla calata dalla sosta 5, rinviare qualche fix sul traverso. Altra soluzione è effettuare le calate fino a S6. Da questa sosta ci si cala traversando a destra (faccia a monte) per raggiungere, dopo aver oltrepassato il camino Cassin, le calate di Soffiando nel vento, più dirette e meno esposte. Se si scende dalla vetta utilizzare le calate della via Soffiando nel vento. Per la prima doppia, le corde è bene tenerle sulla sinistra, viso a monte, della crestina.
Pizzo d’Eghen 1832m Lecco, Lombardia
Pizzo d’Eghen Prigionieri dei sogni. Foto: A. Pozzi
Testo Samuele Mazzolini
L’incompiuta
H. Grill, F. Heiss, F. Kluckner, I. Rabanser 2012
Lunghezza: 350 m. (11L)
Difficoltà: VIII- (VI+, A0) / R2 / III
Penso che ogni arrampicatore appassionato di multipitch conosca la Valle del Sarca e il Colodri, la ripida ma comoda parete praticamente dentro la città di Arco, sula quale
corrono tanti e famosi itinerari. Penso anche che chiunque abbia scalato al Colodri sia stato abbastanza convinto che la parete fosse praticamente satura di itinerari. Invece, ogni volta, quasi incredibilmente, quella che dovrebbe essere l’ultima via aperta, di fatto non lo è mai. Ricordo bene quando da ragazzino andai in vacanza sul Lago di Garda, proprio nel campeggio sotto la parete. Era l’estate del 1984 e mi divertivo a
pescare nel Sarca, da dove vedevo gli scalatori appesi a quella incredibile muraglia. Dentro di me ragionavo: “Mi piacerebbe un sacco arrampicarmi, ma ho troppa paura. Non ce la farò mai a scalare e salire lassù. Però vorrei davvero farlo”. Mai e poi mai avrei allora immaginato che in futuro avrei percorso praticamente tutte le vie del Colodri. Ogni tanto ci ripenso e mi viene da ridere. Quando fatico a prendere sonno incomincio a contare tutti gli itinerari che ho salito fra Rupe Secca e Colodri e, siccome sono davvero tanti, mi addormento sempre prima. Di quella vacanza ricordo poi l’unica vera litigata dei miei genitori. Avevo implorato mio babbo di portarmi a fare la ferratina che sale alla croce del Colodri, ma ovviamente non avevamo l’attrezzatura, e il percorso non era attrezzato come adesso. Mio padre, che è sempre stato una persona piuttosto decisa, mi disse che dovevo stare davanti a lui e dovevo procedere con attenzione, ma che i passaggi più difficili erano comunque più facili rispetto a quelli
che facevo quando mi arrampicavo sugli alberi nella mia casa di campagna di Monteleone. Al ritorno però mia mamma, che era preoccupatissima, fece una gran sfuriata: evidentemente non la pensava come Sante! Comunque, tornando a parlare di scalate, uno degli itinerari più recenti del Colodri è davvero bellissimo. Sembra incredibile che L’incompiuta sia stata salita solo da una decina di anni, perché la sua linea è assolutamente evidente, logica ed elegante. Rabanser e Grill sono stati davvero bravi a completare un tentativo precedente per regalarci questo piccolo gioiello. È luglio, ma il sabato sera sia io che Beppe abbiamo un impegno e non riusciremmo a partire per le Dolomiti neanche la mattina presto. Il nostro pensiero malato da scalatori incalliti ricade in men che non si dica sul Colodri. Partendo con calma la mattina da Forlì possiamo arrivare belli comodi e attaccare il pomeriggio, quando la parete è in ombra e tira il classico vento fresco del Garda. Un piano perfetto insomma! Ci presentiamo all’attacco della via come da programma nel pomeriggio. I primi tiri sono quelli che presentano un paio di passaggi più difficili rispetto al resto del percorso, perché poi l’itinerario segue un sistema di fessure e diedri davvero entusiasmanti su difficoltà continue ma più basse. Dopo la bella e appagante salita mi ritrovo ancora una volta sulla piatta sommità del Colodri. Guardo il lago e guardo verso la Paganella, che mi tiene nascoste almeno per oggi le mie amate Dolomiti. Che “roba” strana, se a dodici anni qualcuno mi avesse detto che sarei tornato tante volte in cima al Colodri lo avrei preso per pazzo. Ma la vita è bella anche per questo, perché spesso riusciamo grazie alla passione a trovare un coraggio e una determinazione che non credevamo possibili. Viaggio
Giuseppe Babbi sui bellissimi diedri de L’incompiuta. Foto: S. Mazzolini
Asciuga vento le mie lacrime
Testo Riccardo Quaranta
A. Imbrosciano, S. Dibbucci, A. Recchia, P. Colasanti, P. Pompilio, L. Barletta
Sviluppo: 180m ca.
Difficoltà: 6b/+ (6a obbl.) / S1 / II
Materiale: corda singola da 70m; mezze corde da 60m indispensabili in caso di ritirata lungo la terza lunghezza. 14-16 rinvii, fettucce per ridurre gli attriti e per qualche clessidra. Protezioni mobili non necessarie.
Esposizione: sole dalle 11 circa, ideale nelle mezze stagioni o sfruttando sole/ombra a seconda del periodo.
La catena montuosa delle Mainarde è ampiamente conosciuta dagli amanti delle attività outdoor e della wilderness in generale.
Parte integrante e di notevole pregio del Parco
Nazionale Abruzzo Lazio Molise, è frequentata in tutte
le stagioni, offrendo scorci suggestivi e la possibilità di osservare, con relativa facilità, specie protette come il camoscio, l’orso bruno e il lupo. Nelle aree circostanti diversi sono i siti attrezzati per la pratica dell’arrampicata sportiva; alcuni di questi, nonostante siano relativamente giovani, sono già diventati luoghi di culto, per gli amanti di salite prevalentemente “plaisir”, in ambiente bucolico e isolato.
Numerose sono anche le multipitch sportive, che si concentrano in due siti principali, Monte Castelnuovo (appena a ridosso della frazione di Castelnuovo al Volturno) e Monte della Foresta, nel comune di Cerro al Volturno. Proprio su quest’ultimo sito è stata tracciata negli anni 2000 quella che ritengo la via più bella su difficoltà di 6a/6b della regione e che oltretutto vanta anche un discreto sviluppo.
Accesso: raggiungere il paese di Cerro al Volturno, percorrere via Roma e poi via Aldo Moro (entrambe strade che attraversano il centro abitato del paese), fino ad un tornate a sinistra quasi al termine dell’abitato. Prendere subito a destra una ripida stradina, svoltare poi a destra e continuare in leggera salita. All’incrocio successivo prendere a sinistra, transitare davanti ad un oliveto, proseguire e parcheggiare con cura davanti ad un secondo oliveto sulla destra. Non proseguire oltre con l’auto perché la strada muore in un punto dove il parcheggio è difficile e poco opportuno.
Avvicinamento: dal parcheggio proseguire a piedi lungo la strada asfaltata fin dove muore e si trasforma in mulattiera. Seguirla in direzione della parete, senza abbandonarla, per una decina di minuti, fino a giungere ad un’ampia radura sulla sinistra. Qui abbandonare la mulattiera e seguire un’esile traccia di sentiero che inizia a salire; lasciare la traccia erbosa per dirigersi a destra
Monte della Foresta 950m Cerro
Monte della Foresta
Foto: Arch. Quaranta
verso un boschetto quando si è all’altezza dell’attacco della via (questa deviazione è poco visibile). Dopo un rapido transito nel boschetto non scendere subito nella pietraia (qui vi è deviazione per “Biancaneve e i sette tiri”) ma continuare per una ventina di metri nel boschetto in direzione della parete. Da qui intercettare una traccia che scende nella pietraia e risalirla seguendo gli ometti che conducono alla base della parete. 30’ dall’auto. Nota: il sentiero nella seconda parte è poco evidente e si consiglia di reperirne una traccia GPX attualmente disponibile in rete.
Relazione
L’attacco è in corrispondenza di una bella placca leggermente appoggiata, con nome sbiadito alla base. Asciuga è la centrale delle tre vie che attaccano nella stessa porzione di parete.
L1 Attaccare una fessura che conduce ad una cengia, salire un piccolo strapiombo uscendone a destra, poi dritti in placca ricca di noduli di selce fino a sostare su comoda cengia. 30m, 6a+
L2 Salire dritti sulla sosta (tralasciare due file di fix rispettivamente a destra e sinistra) su bella placca e all’altezza di un tettino traversare orizzontalmente a destra superando uno spigolo. Sostare su comodo terrazzino. 30m, 6a+
L3 Si traversa orizzontalmente a destra in leggera
discesa sotto un tetto (cordone) fino ad uno spigolo, da qui dritti a rimontare una placca. Continuare in obliquo a destra (tralasciare una fila di spit che sale dritta) e sempre in traverso giungere ad uno spigolo dietro il quale si reperisce una sosta (non visibile dalla placca). Gestire gli attriti, possibili problemi di comunicazione. 50m, 6a
L4 Dalla sosta riportarsi a sinistra dello spigolo, poi subito dritti su placca e poi lungo un diedro (attenzione alla roccia non perfetta), fino a sostare su un piccolo terrazzino. 22m, 6a
L5 Con un passo difficile si rimonta sulla sosta, poi si segue un diedro fessurato e poi una zona di placche facili fino a sostare su un terrazzino. 20m 6b/+ (oppure 6a e AO)
L6 Si seguono le protezioni su una placca abbattuta con vegetazione, si giunge ad una ampia cengia, infine si risale un pilastro con bella roccia sostando al suo termine (libro di vetta). 25m, 5c
Discesa: in corda doppia, parzialmente lungo la via e parzialmente fuori via. Dalla S6 alla S5; dalla S5 alla S4 dalla S4 ad una sosta posta 3m a destra (faccia a monte) della S3. Dalla S3 con 30m si è alla base della parete (discesa nel vuoto). Da qui per esile traccia riprendere il la pietraia e da questa facilmente di nuovo all’attacco della via.
Paola Quaranta su Asciuga vento Foto: R. Quaranta
Viaggio verticale naïf - Sardegna
Monte Oddeu 1063m Supramonte, Sardegna
Appointment with beer
Testo Richard Felderer
J. Bassier, M. Schaefer, 2012
Difficoltà: 6c+ (6b obbl.) / S2
Sviluppo: 200m
Esposizione: Sud-Est
Discesa: in doppia o a piedi lungo la normale
Appointment with beer è una delle tante vie che percorrono la parete est del monte Oddeu, parete caratterizzata da roccia di qualità eccezionale e grip perfetto. Presenta passaggi a volte un po’ obbligati ma mai pericolosi, che permettono di godere della scalata su questa roccia meravigliosa col giusto pepe ma senza preoccupazioni. Il primo tiro non è da sottovalutare, poi la scalata procede piacevole e divertente fino ai tiri più impegnativi che hanno sempre lo spit dove serve!
L1 6b+
L2 6a+
L3 6a
L4 6c+
L5 6c
L6 6b
L7 6b+
Discesa: a piedi o in doppia con attenzione a vari arbusti e/o alla conformazione della roccia che tende a ingarbugliare le corde.
Foto: R. Felderer
JohnatanLivingstone le Goeland
Testo Richard Felderer
M. Motto e M. Piola 2003
Difficoltà: 7a+ (6c obbl.) / S2+
Sviluppo: 350m
Esposizione: Sud
Sicuramente una delle più belle in quelle di impegno medio alto, è stata liberata da Rolando Larcher e Maurizio “Manolo” Zanolla nel 2003.
La linea, a detta di chi vi scrive è superlativa, e le difficoltà molto continue. Molto fisica e godibile a patto di avere il livello e la continuità, e ringrazio l’amico
Mirco Grasso per avermi trascinato su questa via.
Per chi ha qualche inverno sulle spalle, i nomi Motto e Piola sono già sinonimo di vie impegnative e ben chiodate. Dove bene non sta per “vicino” ma “dove serve”! E anche questa via non fa eccezione. Vince una linea estremamente logica e continua la parete di punta giradili seguendo una serie impressionante di diedri e punti deboli, che tanto deboli non sono. Le difficoltà sono estremamente continue e i tiri uno più bello dell’altro, e necessitano di una discreta resistenza per essere percorsi con la giusta dose di margine per potersi divertire. La chiodatura ottima ma sempre allegra ci ricorda che se abbiamo fatto un 7a+ nella nostra vita non siamo ancor pronti ad affrontare la via con il margine necessario! Attenzione solo all’ultimo tiro di 7a che piega a sinistra dove non si vedono spit e non si intuisce il passaggio e si è portati a proseguire dritti sul facile collegandosi alla vicina Sette anni di solitudine. Errore che poco cambia nell’impegno generale. Avvicinamento: dall’abitato di Baunei prendere la strada per l’altopiano del Golgo e appena si comincia la discesa, in corrispondenza di un tornante imboccare la sterrata a destra. Proseguire sino a superare un vascone
di raccolta dell’acqua piovana e tenere la destra. Proseguire prima in discesa, poi un piano e quindi in salita. Superato il tornante, dopo qualche centinaio di metri girare a destra in discesa per accedere al visibile parcheggio posto prima dell’’ovile “us piggius”. Dall0’auto passare il cancello e seguire in discesa la traccia che costeggia l’ovile, passare il cancelletto e continuare in discesa costeggiando la bella falesia di Cengia Giradili. Passare un ultimo cancello e poco dopo un passaggio sotto due blocchi prendere a sinistra verso la parete. Trovare la corda fissa e risalire il risalto, quindi dopo pochi ripidi metri trovate l’attacco della via.
La magnifica parete di Punta Giradili: in azzurro il tracciato della via. Foto: R. Felderer
The North Face
Summit Torre Egger Futurelight™
Pensata per spingere al massimo anche nelle condizioni climatiche più estreme, la giacca Summit Torre Egger FUTURELIGHT™ di The North Face è stata progettata per offrire il più alto livello di impermeabilità e traspirazione. Il tessuto a tre strati, è più leggero sotto le braccia, dove sono presenti anche delle aperture di ventilazione sotto le ascelle. Le speciali cerniere aiutano a ridurre l’ingombro e ad aumentarne la flessibilità. Il cappuccio, compatibile con il casco, è completamente regolabile e dotato di visiera termosaldata per mantenere la pioggia lontana dal viso senza ostruire la vista. Le spalle senza cuciture riducono la possibilità di sfregamento e di scomodità quando si indossa lo zaino. Inoltre i materiali riciclati impiegati per la sua produzione la rendono una scelta rispettosa dell’ambiente. www.thenorthface.it
Ande Egger Jkt
Ideale per le attività outdoor invernali, ma anche durante l’estate a quote più elevate, la Egger di Ande è una giacca tecnica, leggera e traspirante. L’interno è realizzata con leggero fleece, termico e traspirante, mentre lo strato esterno in Nylon ripstop, garantisce resistenza alle abrasioni, offre un’ottima traspirazione e agisce da antivento. La presenza di inserti realizzati in Polyestere elasticizzato garantisce maggior libertà di movimento nella zona delle braccia e dei fianchi durante la scalata o lo scialpinismo. Il cappuccio fisso con bordo in lycra e la coulisse regolabile a fondo busto, la rendono ermetica anche nelle situazioni più estreme. ande.it
E9
BIA e N 3ANGOLO2.2
Per lei, BIA, realizzati con cotone organico di alta qualità, che offre una sensazione di freschezza e traspirabilità, rendendoli ideali per lunghe giornate all’aperto. La loro struttura in popeline conferisce una resistenza notevole, perfetta per affrontare le avventure su parete. La vita e il fondo gamba regolabili consentono di personalizzare la vestibilità ed adattare il pantalone per il massimo del comfort e libertà di movimento. Infine, a completare il capo, dettagli immancabili quali il cordoncino portaspazzolino e il ricamo personalizzato sul retro. Fit comfort. Per lui, N 3ANGOLO2.2 in gabardina di cotone e lyocell, per offrire traspirabilità e resistenza. Il lyocell è rinomato, infatti, per la capacità di assorbimento dell’umidità. Dotati di ampie tasche dall’originale design in tessuto stampato, sono perfettamente adattabili a tutte le vestibilità, grazie a fondo e vita regolabili. A completare il design del capo, due pratici portaspazzolini su entrambi i lati e l’immancabile ricamo sul retro. Fit Regolare. Tutti i capi sono rigorosamente Made in Italy. www.e9planet.com
Patagonia
M10™ Anorak
Questa giacca da alpinismo minimalista compie un ulteriore passo avanti in termini di protezione, impermeabilità e traspirazione, soprattutto in condizioni meteo particolarmente sfidanti. La membrana nanoporosa presente nel tessuto esterno, realizzata senza sostanze chimiche perfluorurate (PFC/PFAS), consente l’espulsione del vapore acqueo accumulato con la sudorazione, disperdendolo nell’aria sotto forma di goccioline e lasciando quindi asciutto l’interno. Caratterizzata da spalle ampie e da una linea leggermente affusolata intorno al busto, permette di indossare comodamente zaino e imbracatura. Il cappuccio è compatibile con il casco da alpinismo e integrato con riflettore RECCO®, per facilitare il salvataggio in caso di valanghe. Capo prodotto in uno stabilimento Fair Trade Certified™. eu.patagonia.com/it
Vetrina prodotti
Rock Experience
Whitehorse Down Man Jacket
Black Diamond
Belay Parka
Da indossare durante la sosta in una salita, in un bivacco esposto o semplicemente per proteggersi dal freddo invernale in qualsiasi condizione, Black Diamond propone il Belay Parka, altamente isolante e lungamente resistente alle situazioni più avverse. Questa giacca, disponibile nella versione uomo e donna, integra Primaloft Rise mappato da 200 g/ m² con Primaloft Gold Cross Core, per garantire un isolamento su tutto il corpo e in particolare su spalle e cappuccio. Lo strato esterno è composto da un guscio antistrappo 50D senza PFC, mentre una fodera in taffetà di nylon 20D aggiunge uno strato extra di calore a contatto con il corpo. La cerniera è bidirezionale e le tasche sovradimensionate possono contenere guanti, borracce e altri oggetti essenziali durante le escursioni. eu.blackdiamondequipment.com
La giacca imbottita Whitehorse di Rock Experience è progettata per dare la massima protezione e garantire una resistenza elevata agli elementi esterni. Imbottita con piuma 90/10 750 FP trattata idrofobicamente, assicura elevato calore anche in condizioni umide. La costruzione a trapunta a cucitura attraversata conferisce alla giacca una struttura robusta e resistente. Il cappuccio regolabile in due direzioni offre una protezione supplementare contro le intemperie. Il tessuto esterno in nylon ripstop DWR da 20D, con un leggero rivestimento interno in poliammide che aggiunge ulteriore resistenza e protezione. Nonostante le sue elevate prestazioni, la giacca ha un peso contenuto di soli 650 grammi nella taglia L, un capo leggero ma altamente performante durante le lunghe giornate in montagna. rockexperience.it
La Sportiva Ondra Comp
Ondra Comp è la scarpetta d’arrampicata sviluppata da La Sportiva con il supporto tecnico di Adam Ondra. Ogni dettaglio è stato meticolosamente testato e affinato dallo scalatore più forte al mondo per risultare estremamente performante nelle tre situazioni più comuni del bouldering moderno: lo spalmo in aderenza, gli agganci di punta e i tallonaggi più delicati. La nuova costruzione garantisce allo scalatore massima aderenza e sensibilità anche sui passaggi più dinamici. La struttura della scarpetta è concepita per consentire al piede di distendersi e portare a contatto con l’appoggio la maggior superficie di suola possibile. La mezza suola e il puntalino in gomma sono realizzati con la nuova tecnologia, brevettata e ad uso esclusivo di SenseGrip™ che favorisce la penetrazione dell’appoggio e garantisce la massima adattabilità della scarpetta su tutte le superfici. La tomaia è in microfibra abbinata a vitello scamosciato, mentre la suola è in Vibram® XS Grip2 da 3,5 mm. www.lasportiva.com
Climbing Technology
Cosmo
Per affrontare al meglio le pareti in cui l’attrezzattura necessaria è davvero tanta e il porta-materiale dell’imbraco non è sufficiente, la soluzione più immediata è dotarsi di una bandoliera. Ecco perché Wild Country ci propone la sua Gear Sling curata nei minimi dettagli, per essere funzionale e distinguibile: la fibbia in acciaio permette una regolazione rapida con una sola mano, l’imbottitura la rende confortevole quando indossata e lo stile della fettuccia ripropone colori e logo storico del marchio. La resistenza allo strappo è di soli 5KN, quindi non deve essere utilizzato come dispositivo di protezione individuale! www.wildcountry.com
Per affrontare al meglio le vie presentate in questo numero, Climbing Tecnology propone Cosmo, l’imbracatura da uomo tecnica e regolabile (a tre fibbie) estremamente leggera ed ergonomica. Ideale per l’arrampicata tecnica in montagna, sulle grandi pareti e lungo le vie di ghiaccio e misto grazie alla sua eccellente vestibilità offre un’estrema libertà di movimento. Cosmo presenta punti di legatura rinforzati e provvisti di indicatore di usura, due ampi porta-materiali frontali rigidi, due porta-materiali posteriori rigidi per accogliere l’attrezzatura addizionale e un anello posteriore per gli accessori di servizio. Grazie alla sua struttura morbida e flessibile è possibile ripiegare facilmente l’imbracatura nello zaino per trasportarla comodamente. www.climbingtechnology.com