UP CLIMBING – bimestrale di arrampicata e alpinismo. #6 Boulder

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Poste Italiane S.p.A. Spedizione in A. P. Aut. n° MBPA/LO-NO/048/A.P./2019 Periodico Roc -NE/VR

in edicola il 20 gennaio 2020

#06 | gen/feb 2020 6.50 €

EDIZIONI VERSANTE SUD

BOULDER Il Boulder è Punk! Il bouldering nel centro dell’Italia The Dreamer Il boulder “al tempo della pietra” Simone Pedeferri, Mello Boulder Man e (molto) oltre The Process Alle origini del bouldering High Over Boulder. Breve storia della nascita del bouldering in Colorado Nuove proposte boulder Valle Dell’Orco, Scorace, Isola d’Elba, Monte Ortobene, Val Gerola, Bronte Focus: arrampicata, psiche e movimento Ideas: Beat Kammerlander Vertical Tales: Alberto Paleari Exploit: Dario Di Gabriele su Fedeli alla linea (8c+), Dmitry Golovchenko sulla est dello Jannu, Laura Rogora olimpionica

BIMESTRALE DI ARRAMPICATA E ALPINISMO

BOULDER


Sommario 004 Editoriale di R. Felderer, J. Larcher e E. Pesci

STORIA DI COPERTINA

006 Il Boulder è Punk! di Alberto Milani

008 Il bouldering nel centro dell’Italia di Mauro Calibani 014 The Dreamer di Christian Core 020 Il boulder “al tempo della pietra” di Marzio Nardi

FOCUS

086 Arrampicata, psiche e movimento: yoga, metodo Mézières, training autogeno, allenamento ideo-motorio. Pt 1/2 di Alberto Milani, Angelo Baroni, Eugenio Pesci 094 La passione del chiodatore. Pt 2/3 di Marco Tomassini

IDEAS

100 L’istinto verticale di Beat Kammerlander

VERTICAL TALES

026 Simone Pedeferri Mello Boulder Man e (molto) oltre di Simone Pedeferri

106 La mia ultima Signal di Alberto Paleari

032 The Process di Niccolò Ceria

108 Sicilia: Dario Di Gabriele ITW Fedeli alla linea, 8c+ di Massimo Cappuccio

040 Alle origini del bouldering di Giuseppe Miotti 052 High Over Boulder Breve storia della nascita del bouldering in Colorado di Miriam Aloisio

PROPOSTE

EXPLOIT

112 Jannu, parete est Avventura a quota 7000 di Dmitry Golovchenko 118 Laura c’è! di Marco Pandocchi

JOLLYPOWER

062 Boulder: Tatratea La nuova area boulder in alta Valle Dell’Orco di Andrea Migliano

120 La Golden Age dello sport bouldering di Alessandro Lamberti

066 Boulder: Scorace boulder La nuova area boulder di Bosco Scorace di Davide Catalano

122 Corde! di Fabrizio Calebasso

070 Boulder: Il Pastore Millenario Bouldering all’Isola d’Elba di Francesco Arbi

126 Proposte prodotti

074 Boulder: Monte Ortobene bouldering di Filippo Manca 078 Boulder: Val Gerola boulder Una proposta nelle Alpi Centrali di Simone Pedeferri 082 Boulder: Tra il mare e la montagna L’arenaria di Bronte Blocks di Davide Scornavacca

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GEAR GEEK VETRINA



Editoriale Testo  Richard Felderer, Jacopo Larcher e Eugenio Pesci

UP

Niky Ceria prima libera di Pelandro, Rubiana, Italia. Foto: Arch. N. Ceria

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Climbing compie un anno di vita! Ecco qui, in parole e immagini, il numero 6, che presenta al pubblico, forse per la prima volta in Italia, un’intera parte monografica dedicata al boulder nella penisola: i grandi personaggi con le loro storie verticali e intense, spesso intere epopee concentrate in pochi metri, tante foto storiche non di rado legate ai primordi di questa disciplina sempre più praticata e amata, all’aperto o in palestra; per continuare con diverse proposte di aree di boulder in Italia, dal Piemonte alla Sicilia, dalla Sardegna all’Isola d’Elba, passando per la Valtellina. Ma il boulder ha origini in parte americane, con John Gill e Pat Ament, dagli anni Cinquanta del secolo scorso, e per molti versi è nato proprio a Boulder, Colorado. Ecco dunque un focus completamente dedicato a questa grande nascita storica, con interviste e foto d’epoca rare. Il numero 6 non è dedicato solo ai boulderisti, anzi: abbiamo volutamente cercato di impreziosirlo attraverso un’offerta di lettura e di contenuti visivi il più variegata possibile, nella speranza che ognuno

possa gustare un brano di verticale particolarmente adatto ai propri desideri e alle proprie mete. Le grandi fotografie della salita di misto ai 7710 metri del Monte Jannu, compiuta nel 2019 da un team russo, vi porteranno nel fascino sottile delle alte quote, ma le forti e democratiche convinzioni di Beat Kammerlander, un maestro assoluto della roccia estrema, vi riporteranno a meditare, anche visivamente, sul senso e gli scopi del climbing in montagna. Non mancano infine approfondimenti pratici e, si spera, utili, come accade qui con la seconda puntata del focus – saggio di Marco Tomassini sulle modalità di chiodatura in falesia – o il secondo focus sulle attività di allenamento psicofisico integrative dell’arrampicata, dal training autogeno allo yoga, passando per il metodo Mézières, fino ad arrivare al mental training. Up Climbing entra nel 2020 arricchito da un anno di esperienza, di eccellenti contatti e collaborazioni con tantissimi autori entusiasti, che hanno sposato in pieno lo spirito e gli scopi della rivista dichiarati nel primo e lontano editoriale, i cui contenuti sono rimasti evidentemente cari a molti e affezionati lettori.


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PUNK: Movimento di protesta caratterizzato da posizioni polemiche nei confronti della società consumistica, che professa l’anticonformismo, la ribellione allo status quo, il rifiuto per qualsiasi forma di controllo, tra cui quello sociale esercitato dai mass media...

Ben Moon Da sinistra a destra: Moon su Karma di F. Nicole, 1996. Foto: J. Moffatt Moon su Big Golden a Font con Moffatt. Foto: J. Moffatt Moon su Voyager. Foto: Ben Pritchard

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ANNI SETTANTA Un irriverente gruppo di climber sondriesi scala le pareti della Val di Mello con un approccio nuovo, visionario, scanzonato. Nessuna vetta, nessuna lotta. Divertimento, esplorazione di sé stessi, nuovi limiti infranti. Hanno capelli arruffati e barbe lunghe, le scarpe da tennis al posto dello scarpone rigido. Alcuni di loro scalano i massi del fondovalle, non più come semplice allenamento, ma come una disciplina fine a sé stessa. Uno schiaffo in faccia ai dogmi dell’alpinismo di allora! I “Classici” sprezzanti affermano che questi giovani non fanno alpinismo, casomai fanno “Sassismo”. Benissimo! Allora saremo Sassisti! Un altro schiaffo al conformismo: cazzutissimi “punk” scrivono la nuova arrampicata

“libera”! Il boulder nasce in Italia, ed è così rivoluzionario che il nome Sassismo, per quanto identificativo di una realtà più ampia, ne diventa un sinonimo. Libertà, ribellione, esplorazione. SECONDA METÀ DEGLI ANNI NOVANTA L’arrampicata è prigioniera di nuovi dogmi. Il grado e la prestazione sono l’unico credo. La creatività e l’esplorazione affondano nel putrescente stagno della paranoia. Uno svizzero dalla forza immane sfancula corde e rinvii, esplora la Svizzera e poi il mondo intero alla ricerca di massi. Anche due inglesi si aggiungono alla Causa. Loro, punk, lo sono davvero fino in fondo: vivono in grotte, baracche, case dove i cani sono liberi di cagare sul tappeto... e già da anni scrivono la storia dell’arrampicata! La bomba è innescata e risuona pure in Italia. E sono i climber più forti e maturi a capire: Nardi e Calibani in primis. Ecco il nuovo gioco, ecco la piena soddisfazione di


Storia

Il Boulder è Testo  Alberto “Albertaccia” Milani

quella fame di libertà e creatività che sono l’anima dell’arrampicata. I nuovi sassisti esplorano, puliscono, giocano nei boschi. Hanno vestiti colorati e bizzarri materassi su cui cadere. Coesistono rispettosi nella natura, tra armonia e possente vivacità. Ancora ribellione, anticonformismo, libera espressione. Ancora l’anima punk dell’arrampicata! 2019 I “boulderisti” partono con i loro strumenti – telecamere, faretti, ventilatori, altoparlanti. No! Cazzo! Il ventilatore è scarico. Disastro! Merda. La rete non prende! Non posso vedere la “beta” su Youtube. Non ci sono tracce di magnesite. Come faccio a capire il blocco? AAAH! Senza rete non posso fare nemmeno la story su Instagram! In sottofondo, trapper “cantano” i loro ridicoli testi, finti duri che celebrano gli aspetti peggiori del mondo socialconsumista di cui sono i perfetti interpreti. Tutto attorno, massi meno “social” si rimuschiano, e su

Punk!

altri linee segrete mai verranno svelate… Si cerca solo ciò che può interessare le masse. Conformismo. Prodotti preconfezionati della società dei consumi. Punk is dead. Boulder is dead...

No… Il Boulder non morirà mai! I Neosassisti esistono, ma si nascondono timidi nelle loro metaforiche “cantine”. Li sovrasta il clamore dell’apparenza, di un mondo che parla solo per immagini, tanto sgargianti quanto prive di contenuti originali. Svegliamoci. Sfasciamo ’sti cazzo di ventilatori, fari e cellulari. Si fottano le statistiche, i like, il numero di follower. Fanculo al mondo virtuale: torniamo a quello reale. Libertà! Ribellione! Sì… perché il vero Boulder è – e rimarrà sempre – profondamente Punk!

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Il bouldering nel centro dell’Italia Testo  Mauro Calibani

Mauro Calibani e Stefano Finocchi nel 2001 a Meschia. Foto: Arch. Calibani

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Storia The Dreamer e ci sono molte più figure di allenatori rispetto agli anni passati. Ora diventare forti è più fattibile. Tutti i personaggi pubblici hanno il dovere e la responsabilità di mostrare con correttezza la loro passione, dimostrando che può esistere un mondo vero e splendido, sia in gara sia su roccia. In questa realtà nuova, basata su un’enorme ma “sterile e limitata” comunicazione sui social media, spesso viene a mancare la vera essenza di quello che facciamo e in cui crediamo. Si condividono sempre più prestazioni, numeri associati a nomi, ma sempre meno viene spiegato il percorso fisico e interiore necessario per raggiungere quegli obiettivi, che invece è la sintesi, l’anima, il fondamento di ogni risultato. Se provo a immaginare la futura evoluzione del boulder credo che nel mondo delle gare, dopo le Olimpiadi del 2020, tutte le Federazioni sportive faranno grandi passi in avanti, supportando sempre di più i propri atleti. Conseguentemente si alzerà il livello generale, mentre penso che lo stile delle vie e dei blocchi verrà deciso per lo più in base al grado di spettacolarità. Se parliamo di roccia, invece, mi piace pensare che ci saranno sempre “i visionari”, sognatori che vagano

in giro per il mondo alla ricerca della linea più bella, quella talmente “perfetta” che quasi non esiste. Non voglio inventare pronostici sparando nomi, non si possono fare, perché molti potranno avere il potenziale per diventare Campioni del mondo, o salire linee inimmaginabili.

TUTTO DIPENDE DA QUANTO CI SI CREDE, “ DAL VALORE DELLE PROPRIE SCELTE, DALLA NOSTRA DEDIZIONE. QUESTA È LA CHIAVE.

Se davvero ci credi, se è realmente quello che vuoi, se accendi una fiamma interiore alimentata dai tuoi ideali, allora non ci saranno più domande o risposte, perché avrai un percorso chiaro e preciso davanti a te. Sarai pieno di paure di non riuscire, certo, cambierai il punto di vista del tuo percorso, ma nel corso degli anni sarai contento di fare errori, perché ogni volta imparerai e proverai a migliorare. Sii sempre obiettivo e analitico, ti spingerai al tuo vero limite, fisico e mentale. Scoprirai cose di te stesso che mai avresti immaginato. Allora crescerai, diventerai un atleta, un compagno, e qualunque sarà l’esito dei tuoi risultati sportivi – credimi – avrai comunque “vinto”!

Christian su The Middle Way, 8a, Hampi. Foto: S. Marchisio

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Storia

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“al tempo della pie���”

Il boulder

Testo  Marzio Nardi Foto  Federico Ravassard e Arch. Nardi

Nel 1985, per me l’arrampicata era un sasso nel bosco su cui andare solitario e “vestito da arrampicatore”: un sacchetto lungo 50 centimetri attaccato all’imbrago Petzl Vercors dal quale pendevano cinque moschettoni e ai piedi le Superga blu.

Recenti esplorazioni col team Rock Slave. Foto: Federico Ravassard

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Storia Simone Pedeferri

Simone Pedeferri su Punk Islam, 8a+, Val di Mello. Foto: Arch. Pedeferri

Bouldering in Val di Mello. Foto: Luca Schiera

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Storia sottosezione boulder, è ciò che mi appaga, è una ricerca personale, e il fatto che porti a delle linee con un grado è secondario rispetto a quello che c’è stato prima. E ora sono qua a scrivere mentre piove e spero che smetta in fretta perché ho un progetto in un piccolo settore che ho pulito l’anno scorso, dove c’è questa linea magnifica, un sasso enorme con una monolinea perfetta: si chiama Zen Circus, l’anno scorso mi è sfuggita, l’ho pulita troppo tardi e il caldo mi ha fermato. Spero che smetta di piovere, devo provarla… VAL DI MELLO BOULDER SCELTI 4a: La lama. 4c: Placca Masso della grotta. 5c: Guep, L’aiuola. 6a: Il perno, Scimmia armonica, Lo psichiatra. 6a+: La paranza, Equilibri diagonali, Aimuvi, Sasso Geppo. 6b: Filorera Hit, L’onda, Spigolo Rudi. 6b+: Totem, Spigolandia, Bim Bum Bam, Spigolo masso della grotta. 6c: Il diedrino, L’inglese, Goldrake, Panoramix, Atlantic Mello. 6c+: Povero albero, Spigolo tondoloso, Swass, Lady Mantra, Heros, Tutti giù per terra, Il francese, Moby Dick. 7a: Vermut strisciut, Per le bambine grandi, Per voi giovani, Superiore, La balance, La carrozza di rame. 7a+: Total Pole, Billy Idol, Cambia ala, Cadi e muori, Nanuk, Sbrisico, Perfect Day, August Underground, Zero in condotta, Devil and Dust, A.m.m, La tempesta perfetta. 7b: Il sogno di Tarzan, La befana, La bistecca, Nosferatu, Africa, Il cielo è rotto, Virus Attack, Piritecnico, Pinnajet, Lady Red, Fat Boy Slim. 7b+: Grace Kelly, Sonetto quando voglio, La micanera, Madera ma dura, The White Bird, Vascelli vagabondi, Videogames. 7c: Lo schiacciapecore, E venne il giorno, Mare Nostrum, Variante Ascari, Disco Inferno, Il petomane, Trudi, Il gambero loco, OK Computer, Double Jump, Il quadrifoglio, Le Circ du soleil. 7c+: Caccia a Ottobre Rosso, Drum’N’Base, Sala Giochi, Mister Mantra, Jesus Christ Superstar, Little Karma, La V. 8a: Nona misura naturale, La faina, Grim Tim, Essenza, La chimera, Diamante e sabbia, Due cervelli una soluzione, Metodo iperespresso, Bestiale, Nel bianco, Maschio Alfa. 8a+: Magic Bus, Toy Boy, Parnassus, Il re dei lemuri, Punk Islam, Brown Sugar. 8b: Il sogno perfetto, Crazy Snake, Seta, Bimbo bello, Antropos.

Welcome three dimensionality OwlClimb presenta CIRCLE

Materiale: Legno toulipier Dimensioni trave: L 650 mm, Ø 150 mm. Dimensioni staffe: L 120 mm, H 180 mm, P 150 mm

owlclimb.com

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Storia

High Over

Boulder

Breve storia della nascita del bouldering in Colorado Testo  Miriam Aloisio

Pomodori a Boulder Il sasso Tomato Foto: Cleveland McCarty

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Se si trascorre meno di una settimana a Boulder, Colorado, sarà impossibile non imbattersi in persone con le mani piene di calli che indossano pantaloni sporchi di magnesite, in giovani o no che vivono negli ormai noti “van” (un amico tuttora invia la sua posta a casa mia), tutti attrezzati per le avventure “outdoor;” in molti – chiamiamoli hippy – trasudanti oli essenziali, la cui occupazione è fare sapone biologico, coltivare marijuana (si sa, è legale in questo Stato), o produrre miele locale.


Storia

B

oulder, paese di circa 100.000 abitanti, è considerata la Berkeley del Colorado, popolata dalla sacca progressista e liberale degli Stati Uniti. Qui i climber prosperano e, se non li incontri nel loro ambiente naturale, si trovano probabilmente in una delle sei palestre di scalata della città, a una classe di yoga o tra le corsie di Whole Foods, la catena di supermercati del tutto biologici, alla ricerca di acqua di cocco e di un’insalata di cavolo nero, per un pasto postallenamento. Molti dei migliori arrampicatori al mondo, di arrampicata tradizionale, bouldering e persino scalata su ghiaccio in inverno, vivono e si allenano qui: Sasha DiGiulian, Jon Cardwell, Nina Williams, Margo Hayes, Chris e Heather Weidner, e la grande Lynn Hill, per

menzionarne alcuni. E c’è un motivo: sia che si voglia scalare il granito classico di Boulder Canyon, o ascoltare musica trap durante una sessione di bouldering a Flagstaff, o farsi uno spaventoso pezzo sprotetto a Eldorado Canyon, oppure un’ascensione di 300 metri sotto la luna nei famosi Flatiron, Boulder è una meta obbligatoria per qualsiasi arrampicatore itinerante.

Mitici Il primo corso roccia del Sierra Club, Boulder, anni Quaranta. Foto: Arch. Ament.

MOLTO PRIMA DELL’ACQUA DI “ COCCO PERÒ, DELLE POLVERI

PROTEICHE, DELLE SCARPETTE SUPERTECNICHE, I CLIMBER AFFLUIVANO A BOULDER PROPRIO PER LA QUALITÀ DELLA SCALATA. 53


Proposte

Tatratea

Edoardo Bocchio Vega su Picchia Pennacchio, 8a+. Foto: Arch. Bocchio Vega

La nuova area boulder in alta Valle Dell’Orco

Pillole di attualità sugli sviluppi del bouldering Testo  Andrea Migliano   Foto Edoardo Bocchio Vega   Mappe  Andrea Migliano

Il risveglio della pratica boulder in Valle dell’Orco non è più una novità, soprattutto per i climber di Torino e dintorni che hanno a portata di mano la possibilità di scalare sempre su nuove linee durante un lungo periodo dell’anno, compresa l’estate. Anche nella stagione proibitiva l’agognata ricerca del “grip” è ben ripagata, viste le caratteristiche intrinseche dei sassi distribuiti lungo la valle, mentre la roccia prepotente e il vento fresco che scende dagli alti picchi permettono di arrampicare anche durante i mesi più caldi. 62


L

a roccia è infatti uno gneiss multicolor molto aggressivo, sulla quale è consigliato dosare la pelle e, quando è possibile, accarezzare le prese. Questa caratteristica rende le salite preziose, per qualsiasi grado di difficoltà. La gradazione dei massi mantiene la severità del passato e i numerosi climber che hanno salito la mitica Fessura Kosterlitz possono confermare che non c’è nulla di regalato, ma la soddisfazione di arrivare in cima ai passaggi è sempre grande! La storia si ripete e forse questa volta non sarà una bolla nell’oceano, che già svanì dopo i primi consistenti episodi di scalata sui massi degli anni Settanta e dopo alcune belle scoperte durante gli anni Novanta e 2000 da parte di Marzio Nardi & Co. Se vi chiedete come siamo arrivati da zero frequentatori a una costante presenza di boulderisti, la ricetta è semplice. Abbiamo diffuso la voce attraverso la nostra passione e, avendo a disposizione del materiale scottante, attirare climber di alto livello non è stato difficile. Il passaparola e i raduni hanno contribuito all’incontro di molti appassionati, che in poco tempo hanno cominciato a divertirsi sulle biglie di gneiss cadute dalle più famose pareti della Valle dell’Orco. La frequentazione è in aumento, il pubblico è variegato e non esclude né gli amatori né i professionisti. Sono proprio alcuni protagonisti della storia contemporanea a valorizzare le bellezze della Valle dell’Orco con i loro exploit. Marzio Nardi non si è fatto aspettare, liberando una linea di 7c durante il primo raduno nel 2013 e battezzandola Anti-Nardelitz. L’indotto di scalatori di alto livello è anche frutto dell’opera di indiscussa qualità di Bernd Zangerl, un climber timido e silenzioso che spesso si aggira solitario tra i boschi. Con le sue linee ha motivato giovani esigenti che al seguito di diverse salite hanno allargato gli orizzonti ad altri massi, scoprendo dei veri gioielli di roccia. Una dimostrazione fresca di quest’anno è la ripetizione plurima della sit start dei Coloniali (8b/8b+), un banco di prova per lo stesso Bernd Zangerl, che ha ritrovato la sua forma e determinazione su questa linea dopo un lungo infortunio. A ripetere la bellissima linea sono stati i forti appassionati dell’Orco Luca Rinaldi, Emanuele Gex e Giuliano Cameroni. Quest’anno si sono confermati anche gli affezionati che ormai sono alla ricerca di progetti e realizzazioni in molti angoli di Ceresole Reale. Andrea Zanone ha liberato Mira (7c+) insieme a Edoardo Bocchio Vega presso Tatratea, la nuova area boulder presentata a settembre durante il quarto raduno Orcoblocco e qui di seguito presentata. Questa volta la linea era stata pulita da Zangerl nel 2016, senza mai essere salita.

Edoardo Bocchio Vega su Mira, 7c+. Foto: Arch. Bocchio Vega

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Arrampicata, psiche e mov imento Testi  Alberto Milani, Angelo Baroni, Eugenio Pesci

Pt. 1/2

Alcune attività integrative utili al miglioramento della propria coscienza motoria: yoga, metodo Mézières, training autogeno, allenamento ideomotorio

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«It’s all in your mind» (Wolfgang Güllich)

a cultura moderna, a partire dalla metà del 1600, è stata per secoli legata al celebre dogma derivato dalla filosofia di Cartesio, secondo cui l’essere umano è composto di due realtà fondamentalmente distinte: una parte immateriale pensante, l’antica “psiche” dei Greci, e una fisica materiale, l’antico “soma” dei medesimi. Sebbene sia la medicina che la psicologia abbiano per molto tempo, e in fondo ancora oggi, continuato a sostenere questa distinzione radicale, a partire dal primo Novecento tale concezione è stata in parte superata, o quantomeno affiancata da una concezione di tipo olistico, cioè tale da considerare anima e corpo come un

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tutt’uno, come un’unità con aspetti differenziati. Nel secondo Novecento il grande sviluppo di importanti riflessioni e correnti di pensiero applicate alla fisicità, come la medicina psicosomatica o la psicomotricità, hanno dato informazioni e metodiche efficaci per una migliore comprensione delle relazioni tra fisico e psichico, con particolare riferimento all’essenza del movimento e alla capacità soggettiva di conoscere sé stessi superando l’antica dicotomia mente-corpo. In alcune discipline motorie molto evolute, come ad esempio la danza, o la ginnastica artistica, l’educazione al movimento e al gesto passa attraverso lo sviluppo di un’attenzione guidata sia nello svolgimento dell’esercizio fisico sia a livello di coscienza del movimento. L’arrampicata, sia essa su roccia o su plastica, è fra


Focus le discipline in cui la comprensione, la percezione e la gestione del movimento del soggetto nello spazio assumono un’importanza decisiva. Oggi, agli inizi del terzo millennio, finita la prima fase dell’arrampicata sportiva, pionieristica sotto tutti i profili, siamo entrati in una seconda fase evolutiva, in cui l’arrampicata, considerata in tutte le sue diverse declinazioni, dal boulder al coperto a quello su roccia, proseguendo con l’arrampicata su monotiro, comincia a sistematizzare i propri fondamenti motori, l’allenamento alla forza, le metodiche formative e psicologiche. Ci sono voluti quasi quarant’anni di esperimenti, in gran parte svolti dai praticanti a proprie spese, per arrivare alla situazione attuale, che sembra finalmente permettere uno sviluppo, potremmo dire, più scientifico e razionale di questa disciplina, nata a metà degli anni Settanta del Novecento, fuori dal contesto alpinistico e come attività fondamentalmente sportiva. I moltissimi nuovi praticanti, che affollano da qualche anno i numerosissimi centri indoor di tutto il mondo, dimostrano chiaramente il cambio di un’epoca ma in molti casi anche l’assenza di una cultura del movimento

e della coscienza soggettiva del medesimo, con una spiccata tendenza a ridurre l’arrampicata stessa a un mero sistema di coordinate fisiche. Un approccio di questo tipo è più che lecito, ma rimane parziale, rispetto a una più ampia ed evoluta conoscenza del come e perché ci si muove arrampicando. Lo scopo di questo focus non è quello di suggerire metodiche per migliorare le proprie prestazioni massimali. È invece quello di presentare in maniera semplice e sintetica alcune fra le principali attività che potremmo chiamare integrative, utili allo sportivo e nella fattispecie all’arrampicatore, per gestire meglio la propria motricità, nel contesto di un possibile arricchimento della propria cultura del gesto, delle motivazioni e degli obiettivi connessi all’arrampicare.

Yoga Foto: Arch. Milani

Presentiamo dunque nella prima parte del focus quattro schede introduttive aventi lo scopo di spiegare, soprattutto ai neofiti, il senso generale di attività note, ma spesso non a tutti, mentre nella seconda parte del focus si svilupperà un dibattito su come tali attività possano essere utili a chi arrampica, indipendentemente dal proprio livello sportivo e prestazionale. (E.P.)

1. Yoga Testo  Alberto Milani Lo yoga è una disciplina spirituale nata in India diversi secoli prima della nascita di Cristo e di cui si trova menzione nelle antiche scritture indiane. In particolare, è nella Bhagavad Gita – uno dei più importanti sacri testi dell’induismo – che il cammino dello yoga viene esposto nelle sue diverse vie. Nonostante il legame con l’induismo, lo yoga non ha alcuna connotazione religiosa e si presenta come un percorso finalizzato alla realizzazione spirituale. Il significato stesso della parola “yoga” è stato interpretato come “unione”, nel senso più elevato di unione tra l’anima individuale e l’anima divina universale a cui accediamo raggiungendo innanzitutto l’unione tra corpo, mente e spirito. Diverse sono le vie yogiche presentate nella Gita e si identificano con la via dell’azio-

ne (Karma Yoga), della conoscenza (Jnana Yoga), della devozione (Bhakti Yoga) e infine della meditazione (Dhyana Yoga). Tuttavia, è negli Yoga Sutra di Patanjali che viene presentato un cammino pratico per raggiungere lo stato finale (Samadhi) di unione spirituale nella supercoscienza. Questo cammino, denominato Raja Yoga, è articolato in otto passi (Ashtanga): partendo dal rispetto di alcune discipline etiche/morali e osservanze (Yama e Niyama) nella vita di ogni giorno, si passa poi al riequilibrio fisico del corpo con le posture yogiche (i famosi Asana), per poi arrivare a controllare la nostra energia interiore (Prana) con le tecniche di Pranayama, principalmente attraverso la respirazione. Questi primi quattro passi non sono però che l’inizio! Da qui infatti entriamo

sempre più in noi stessi ritirandoci dal mondo dei sensi (Pratyahara) per portare la mente in uno stato di concentrazione (Dharana) che, quando diventa un flusso ininterrotto di completa presenza nel “qui e ora”, si trasforma nella vera meditazione (Dhyana). Con la pratica quotidiana, in questa o nelle diverse vite, approderemo da ultimo al Samadhi. Alla luce di tutto ciò, è chiaro come lo yoga sia qualcosa di ben più profondo rispetto a quanto ci viene presentato nella nostra attuale vita “social”, dove tutto sembra limitarsi a una pratica fisica fine a sé stessa! In effetti la quasi totalità dello yoga insegnato ora si limita soltanto agli Asana e tutt’al più al Pranayama, che costituiscono il fulcro principale del cosiddetto “Hatha Yoga” nelle sue molteplici forme.

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Focus: chiodatura sottosezione

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Focus: chiodatura Focus:sottosezione chiodatura

La passione del chiodatore Pt. 2/3 Testo  Marco “Thomas” Tomassini

Secondo appuntamento con il focus sulla chiodatura scritto da uno dei più esperti attrezzatori di vie sportive italiani, creatore di centinaia di nuovi monotiri a Finale Ligure. Un prezioso “piccolo manuale” per chi è interessato ad apprendere la difficile arte della chiodatura a fix e resinati. [ ...continua dal numero precedente ] Arriva adesso il lavoro più noioso, lungo e faticoso. LA PULIZIA DELLA PARETE Ci si arma di sacco da recupero (o vecchio zaino) e qualsiasi tipo di attrezzo a seconda di quanto e come sarà sporca la parete. Dall’alto verso il basso si pulisce e si verifica che non ci siano pietre o massi instabili, si tagliano rami e alberi, si puliscono le cenge e i buchi dalla terra arrotondandone i bordi se troppo taglienti. Il sacco da recupero sarà colmo di attrezzatura tipo: zappa, martello da roccia, piede di porco, pompetta ad aria, seghetto, cacciavite a taglio (servirà a pulire i buchi più piccoli), pennelli e la parte terminale (setole) di una scopa.  12

consigliato perché ci si rende conto molto meglio di equilibri e spostamenti). La scelta dell’ubicazione per il primo ancoraggio è importantissima. È necessario valutare: le condizioni

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Terminata la pulizia, che spesso prende la maggior parte del tempo e delle energie, ci aspetta invece una delle fasi più leggere. LA TRACCIATURA DELLE VIE Si calzano le scarpette da arrampicata e ci si arma di pennarello, martello e un rinvio; si arrampica autoassicurati con i bloccanti simulando i gesti del futuro arrampicatore e valutando dove è meglio posizionare il primo ancoraggio. Se si è fortunati e si trova un compagno che ci assicura, si può realizzare una sosta provvisoria (su cordoni) e si arrampica “in moulinette” (metodo tra l’altro

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Ideas Beat Kammerlander Kampfzone, 8c, 8a obbligatorio, Ratikon. Foto: Ray Demsky.

fedele e che anch’io seguo in tutte le mie salite: lo spit serve per proteggersi, i passaggi difficili devono essere scalati obbligatoriamente. È soprattutto una questione di testa. La roccia non è in attesa degli arrampicatori migliori o dei più forti. È in attesa di quelli che sfidano con fermezza la propria psiche. Quelli che non fanno domande, ma agiscono. Il punto è sapere chi sei e che cosa stai cercando esattamente proprio qui e ora, in un lembo di mondo. Ciò richiede una dura sfida con sé stessi. Il fiuto per la roccia perfetta, la linea perfetta e la sfida sotto forma di movimento, questo è per me l’“istinto verticale”. Un istinto che viene messo in campo attraverso le decisioni che prendi, soprattutto quando si tratta di decidere come salire una via. La questione di “come” salire mi assilla sin da quando ho cominciato a praticare l’arrampicata sportiva sulle Alpi. Il visionario delle Big Walls, Royal Robbins, parlava sinceramente, con la sua etica di arrampicatore, quando mi diceva: «Getting to the top is nothing, the way you do it is everything». Le aperture dall’alto oppure con protezioni ravvicinate sono qualcosa di chiaramente diverso dalla mia visione della roccia. Non accetterei mai di paragonare queste due modalità e stili di scalata, perché una modalità coerente di arrampicata libera richiede una sfida precisa: l’incontro con la paura.

ARRAMPICARE SIGNIFICA FARE “ I CONTI CON LA PROPRIA PSICHE. IL CONTO TORNA SOLO QUANDO SMETTIAMO DI PORRE DOMANDE, QUANDO L’UNICA RISPOSTA CORRETTA È AGIRE E FARE.

Questi istanti, nei quali la paura svanisce davanti alla paura e il coraggio viene vinto dal coraggio, sono i più appaganti. Ma sono rari… e non si possono estorcere. Dopo la mia salita in free solo di Mordillo, una via di 8a+ nel settore di arrampicata di Voralpsee in Svizzera, ho detto: «La concentrazione è come un orologio interno che viene e va. La paura è una sensazione molto forte, controllabile solo a fatica. Perciò devo trovare il timing, il ritmo giusto. Durante i riposi, la paura può anche venire. Ma quando scalo deve esserci solo la concentrazione. È un modo per conoscerti e, talvolta, anche una possibilità di guardare nel profondo della tua anima. Lì non ci sono menzogne, lì c’è solo verità». All’inizio questo valeva anche quando liberavo vie nuove: ogni prima salita ha alle spalle una sorta di psicodramma.

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Exploit Jannu, parete est Mettemmo il campo da bivacco sotto un seracco (luogo molto sicuro) verso le tre del pomeriggio, mentre il tempo diventava orrendo, con nevischio e poca visibilità. La mattina dopo il cielo era chiaro, ma dopo mezzogiorno riprese a nevicare, il che ci costrinse a fermarci prima di quanto previsto. Decidemmo di trovare riparo sicuro sotto una roccia ghiacciata. Il quarto giorno fu uguale al secondo, con la differenza che la pendenza aumentava costantemente, e non c’era un posto sicuro per bivaccare. Così dovevamo muoverci praticamente alla cieca. Sentivamo il rumore delle valanghe intorno a noi, ma non ve ne era traccia sul nostro percorso. Alla fine di quel giorno raggiungemmo la cima del ghiacciaio e ci fermammo alla base della parete vera e propria. La parete inizia con una pendenza di 60º e sale poi fino a 80-90º sopra i 7200 metri. Quasi tutti giorni nevicava dopo mezzogiorno. Tutto questo, unito alle difficoltà della parete, ci rallentò molto. Un giorno decidemmo di non salire direttamente la parete principale, poiché per due persone da sole ci sembrava troppo difficile. Scegliemmo allora di raggiungere lo sperone sud nel suo punto più alto. Il progetto originale prevedeva di terminare la nostra salita entro due settimane. Infatti avevamo preso cibo e gas basandoci su questa previsione. Il 27 marzo, giorno del mio compleanno, arrivammo a circa 7400 metri. Dopo aver discusso sul da farsi, decidemmo di non salire fino alla cima una volta raggiunto lo sperone sud. La parte restante non era difficile, e sapevamo che era stata salita più di una volta da differenti spedizioni inclusa quella francese nel 1962, quando era stata fatta la prima ascensione della montagna.

MA NOI ERAVAMO DA TROPPO “ TEMPO SULLA PARETE, SERGEY

MOSTRAVA I PRIMI SEGNI DI CONGELAMENTO AI PIEDI, ERAVAMO STANCHI, NON AVEVAMO ANCORA RAGGIUNTO LO SPERONE E LA NOSTRA DISCESA SAREBBE STATA MOLTO DIFFICILE. La decisione fu il frutto di queste riflessioni. Sorprendentemente la discesa fu molto più difficile e lunga di quanto ci aspettassimo. Iniziammo a scendere il 28 marzo, lo stesso giorno in cui raggiungemmo lo sperone sud. Pensavamo di spostarci di cinquanta metri per trovare un buco dove bivaccare, fra roccia e ghiaccio. Era già buio e avevamo paura che sarebbe salito molto vento sullo sperone a quota 7400 metri,

Dmitry Golovchenko Himalayan look. Foto: Arch. Nilov

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Laura Ottava assoluta nella prova di Combinata Olimpica a Tolosa, si qualifica per Tokyo 2020 Testo  Marco Pandocchi

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BIMESTRALE DI ARRAMPICATA E ALPINISMO Gennaio 2020. Anno II. Numero 6 Direttore responsabile Richard Felderer Coordinamento editoriale Eugenio Pesci Jacopo Larcher Redazione Tommaso Bacciocchi Roberto Capucciati Matteo Maraone Marco Pandocchi Damiano Sessa Copertina Giuliano Cameroni libera The Smile, 8c a Rocklands. Foto: © Oliver Krueger Grafica Tommaso Bacciocchi Disegni Eugenio Pinotti Impaginazione Stefano Vittori Hanno collaborato Miriam Aloisio, Pat Ament, Francesco Arbi, Angelo Baroni, Fabrizio Calebasso, Mauro Calibani, Massimo Cappuccio, Davide Catalano, Niky Ceria, Christian Core, John Gill, Dmitry Golovchenko, Sara Grippo, Beat Kammerlander, Alessandro Lamberti, Filippo Manca, Andrea Migliano, Alberto Milani, Giuseppe Miotti, Marzio Nardi, Alberto Paleari, Marco Pandocchi, Simone Pedeferri, Eugenio Pesci, Davide Scornavacca, Marco Tomassini

© Andrea Albanese / Pixabay

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DI 2019 ANNUARIO ALPINISMO EUROPEO

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le categorie coinvolte: alpinismo, falesia e boulder

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