Poste Italiane S.p.A. Spedizione in A. P. Aut. n° MBPA/LO-NO/048/A.P./2019 Periodico Roc -NE/VR
in edicola il 20 settembre 2020
#09 | set/ott 2020 8.00 €
EDIZIONI VERSANTE SUD
STORIA DI COPERTINA Catherine Destivelle / Lynn Hill / Robyn Erbesfield-Raboutou / Margo Hayes / Angy Eiter / Babsi Zangerl / Anna Stöhr / Stephanie Davis / Nina Caprez / Federica Mingolla / Laura “Lalla” Rogora / Janja Garnbret / Josune Bereziartu / Raffaella Valsecchi / Sara Avoscan / Florence Pinet / Stella Marchisio / Caroline Ciavaldini Personaggi: Mirjam Verbeek Nuove proposte Falesia: Alcune novità (all’ombra) nel Lecchese Ideas: Terreno d’avventura, rischio, libertà di scegliere e responsabilità Il graffio: Discorsi sull’arte del posizionare gli spit. Libro II Vertical Tales: Edgardo Quadri Focus: GIOVANI AGONISTE Jollypower: Lanci e pogo move
BIMESTRALE DI ARRAMPICATA E ALPINISMO
ROCKIN’ GIRLS
Sommario 004 Editoriale di Eugenio Pesci e Richard Felderer
STORIA DI COPERTINA
006 Girls on the Rock di Luisa Iovane 010 Note biografiche di Eugenio Pesci
014 L’arrampicata femminile raccontata da una delle sue massime protagoniste Catherine Destivelle ITW di Mathieu Goradesky 020 Donne per il futuro di Lynn Hill (alias Lina Collina) 026 Family top climbing Robyn Erbesfield-Raboutou ITW di Miriam Aloisio 029 Senza pregiudizi Margo Hayes ITW di Miriam Aloisio 034 Tre donne tirolesi. Tre storie. Un’unica passione di Martina Scheichl 035 Angy Eiter Fragile come il vetro, forte come una leonessa di Martina Scheichl 038 Babsi Zangerl La ragazza nella roccia di Martina Scheichl 042 Anna Stöhr Una concentrazione d’acciaio! di Martina Scheichl 046 Una donna fra roccia e cielo Stephanie Davis ITW di Eugenio Pesci 049 Allo specchio con Steph Davis di Francesca Tresoldi 050 Climb, love & share Nina Caprez ITW di Eugenio Pesci 054 A spasso fra le montagne di Federica Mingolla 058 9b, ma… non di sola forza Laura “Lalla” Rogora ITW di Eugenio Pesci 062 Oggi atleta, domani coach Janja Garnbret ITW di Richard Felderer 066 La donna dalle dita di ferro Josune Bereziartu ITW di Eugenio Pesci 2
072 Se qualcuno volesse conoscerla, questa è, in breve, la mia storia di Raffaella Valsecchi 076 Dolomite girl Sara Avoscan ITW di Eugenio Pesci 082 Tieni stretti i tuoi sogni Florence Pinet ITW di Eugenio Pesci 088 Per grandi spazi e massi nascosti di Stella Marchisio 092 E ora siamo in tre... Caroline Ciavaldini ITW di Richard Felderer
PERSONAGGI
096 Mirjam Verbeek Arrampicata, arte e... molto di più di Mirjam Verbeek
PROPOSTE
100 Falesia: Alcune novità (all’ombra) nel Lecchese A cura di Eugenio Pesci Testi di Marco Nicolodi, Eugenio Pesci, Francesco Bertelè
IDEAS
110 Terreno d’avventura, rischio, libertà di scegliere e responsabilità di Richard Felderer
IL GRAFFIO
113 Discorsi sull’arte del posizionare gli spit Libro secondo di Richard Felderer
VERTICAL TALES
114 SITV. La novità hi-tech per il verticale di Edgardo Quadri
FOCUS: GIOVANI AGONISTE
116 Un salto nel nuovo millennio Il futuro della scalata femminile italiana di Alessandro Palma
JOLLYPOWER
122 Lanci e pogo move di Alessandro Lamberti
VETRINA
126 Proposte prodotti
Editoriale Testo Eugenio Pesci e Richard Felderer
G
irls on the Rock! Il numero nove di «Up climbing» è dedicato, nella sua parte monografica, all’arrampicata vista dalla parte femminile, con interviste e testi di numerose protagoniste che hanno scritto e continuano a scrivere pagine della storia verticale, partendo da Catherine Destivelle, Lynn Hill e Luisa Iovane, per arrivare fino a Margo Hayes, Janja Garnbret e Laura Rogora. Ma non si tratta di decantare, ancora una volta, gradi celesti, imprese ed exploit. L’obiettivo è invece quello di dare, forse per la prima volta, un quadro composito, e a suo modo libero, dell’arrampicata sportiva letta in un’ottica in parte differente da quella maschile, attraverso storie personali, riflessioni, considerazioni tecniche ma anche psicologiche, estetiche, sociali. Ma facciamo un passo indietro. La storia dell’alpinismo, e di conseguenza dell’arrampicata su roccia, è stata, fino almeno ai primi decenni del Novecento, molto avara nel presentare figure di donne arrampicatrici. Certo, vi sono state notevoli alpiniste, molto abili su roccia, da Beatrice Tomasson a Ninì Pietrasanta, da Paula Wiesinger a Leni Riefenstahl. Nomi famosi, a loro modo, top climber donne di un’altra lontanissima epoca, ma nomi rari, considerate eccentriche eccezioni in un mondo radicalmente maschile. Con l’avvento dell’arrampicata sportiva, nella seconda metà degli anni Ottanta del ventesimo secolo, le donne hanno cominciato a fare la loro apparizione in un contesto che si potrebbe definire, appunto, sportivo, dequalificato di contenuti titanistici ed eroici, e di riti militari e sacrali. Ma, ancora una volta, se si esce dal contesto mediatico,
Trad girl Florence Pinet, Indian creek. Foto: Arch. Pinet
4
televisivo, giornalistico, le presenze, almeno fino alla fine del secolo, non sono certo state così numerose, confinando, soprattutto negli anni Ottanta e nei primi Novanta, le relazioni fra maschi e femmine, in falesia, e nel mondo autoreferenziale del climbing, entro i parametri abbastanza curiosi di un documentario di etologia sul corteggiamento fra gli ungulati. Tuttavia, a partire dai primi anni del nuovo millennio, la situazione ha iniziato a mutare, soprattutto in relazione alla nascita delle strutture indoor, sorte ovunque, nei paesi industrializzati. Lentamente, ma in modo molto progressivo, la presenza femminile nel mondo dell’arrampicata sportiva è andata aumentando, sino ad arrivare, negli ultimi anni, quasi a un capovolgimento delle proporzioni, quando appunto, in certe sere di affollamento, nelle palestre si contano spesso più femmine che maschi. Difficile spiegare il motivo di questo fenomeno sociale. Forse l’arrampicata come moda? Come attività “trendy” e “cool”? Forse la dimensione aggregativa e particolare del boulder? Oppure la creativa sostituzione fisio-pedagogica della ginnastica artistica con il climbing? Sicuramente il fatto che l’arrampicata è un’attività che quasi non vede differenze di livello tra i sessi, se si escludono le performance di punta, dove comunque già due donne hanno fatto il 9b e e due soli uomini il 9c! Ma verso quali scenari porta il mutamento in atto? Tutte domande che meriterebbero una risposta. Di questo e altro si parla nelle pagine seguenti, ove abbiamo riunito, in parole e immagini, molte delle protagoniste della storia dell’arrampicata sportiva moderna. Tante storie, tante idee, tanti pareri diversi e tante proposte per il futuro dell’arrampicata. Non solo al femminile.
Editoriale sottosezione
5
Storia
Quando mi hanno chiesto di scrivere qualcosa su “l’arrampicata e il mondo femminile”, sono rimasta interdetta per la vastità dell’argomento, e mi sono chiesta: arrampicata dove? Quando nel tempo? E, magari, perché? 6
Storia
Testo  Luisa Iovane
Happiness Foto: J. Novak
7
Storia Girls on the Rock
L
a lista delle protagoniste di questo numero di «UP Climbing» non lascia dubbi sul “dove”: la roccia pura. Con l’eccezione di Catherine Destivelle, la grande maggioranza non si è mai messa in gioco su pareti con difficoltà alpinistiche tradizionali. Molte di loro hanno all’attivo grandissime salite multipitch magari con impressionanti run out, ma sempre con chiodatura sicura entro limiti accettabili. Altre si sono concentrate sui monotiri o hanno addirittura passato l’infanzia e l’adolescenza muovendosi sulla plastica, con sporadiche uscite sulle falesie naturali. Facile anche la risposta ad “arrampicata quando?”: gran parte delle nostre protagoniste è sotto o poco oltre la trentina d’anni e, considerando il frequente inizio in giovanissima età, esse hanno iniziato l’attività verso la metà degli anni Novanta. E prima di loro? Non c’erano ragazze forti che dedicavano tutta la loro esistenza all’arrampicata? Non sono un’esperta della storia alpinistica, ma ho cercato di riassumere i miei ricordi di quando ho iniziato a scalare, prevalentemente in Dolomiti, e le uniche informazioni venivano trasmesse dalla «Rivista» del Cai. Ragazze in giro se ne vedevano pochine, le rocciatrici forti che c’erano, nominiamo solo Silvia Metzeltin e Tiziana Weiss, tenevano per sé la loro attività. Dal punto di vista femminile il periodo di transizione tra alpinismo moderno e arrampicata sportiva è stato un po’ confuso e difficile da ricostruire.
PARLIAMO DEGLI ANNI TRA IL “ 1975 E IL 1985. LE POCHE DONNE
ALPINISTE SI ERANO TROVATE DAVANTI ALLA DECISIONE DI CONTINUARE A SCALARE LE FRIABILI PARETI IN MONTAGNA CON GLI SCARPONI E LO ZAINO, MAGARI DA FEDELI SECONDE DI CORDATA, OPPURE DI EVOLVERSI E LIBERARSI DAI CARICHI FISICI E PSICOLOGICI DEL PASSATO.
Leggere scarpette con suola liscia, nuove pareti di roccia solida con chiodi sicuri, dove potevano fidarsi ad andare da prime, l’arrampicata sportiva era un’attività meno impegnativa dal punto di vista temporale, più compatibile con una vita di studio o di lavoro. Avvenne una rivoluzione anche nell’abbigliamento, con la scoperta delle calzamaglie aderenti in lycra, molto accattivanti sul fisico femminile e piuttosto imbarazzanti su quello maschile. Per me non ci furono
8
sostanziali cambiamenti, arrampicavo già in scarpette e senza casco su grandi pareti e gradualmente le vie lunghe rimasero l’eccezione: le giornate in falesia, dove la presenza femminile era in continua crescita, diventarono la normalità. Iniziarono le pubblicazioni di riviste specializzate, con “cronache della libera” incomplete e frammentarie. In falesia il livello delle ragazze più forti era ancora molto più basso di quello dei compagni maschi e guardare solo il grado di difficoltà non rendeva giustizia alle loro prestazioni.
L’INIZIO DELLE COMPETIZIONI “ SEGNÒ UN DECISIVO PASSO
AVANTI NELL’EVOLUZIONE E VALORIZZAZIONE DELL’ARRAMPICATA FEMMINILE. IN GARA (COME IN TUTTI GLI ALTRI SPORT), UNA MEDAGLIA NELLA CATEGORIA FEMMINILE RAPPRESENTAVA UN VALORE ASSOLUTO. Solo nei primi eventi qualche organizzatore mise in palio premi minori per le concorrenti, rendendosi poi conto che lo spettacolo offerto dalle ragazze era spesso più affascinante di quello dei colleghi maschi. Un altro effetto positivo era che il confronto diretto in gara permetteva di valutare oggettivamente il proprio livello, soprattutto per quelle che per problemi logistici arrampicavano sempre nelle stesse falesie (principio ovviamente valido anche per i “signorotti locali” maschi). Conoscenze fatte in zona d’isolamento incoraggiavano a visitare falesie straniere, sapere che una ragazza di simili capacità aveva salito una certa via invogliava a provarla, anche questo un fenomeno più che mai attuale, con certe vie in Spagna che vantano una lunga serie di ripetizioni femminili. Durante i primi anni i valori relativi tra arrampicatrici in falesia e in competizione rimasero costanti. Sui tracciati di gara primitivi, in cui resistenza, tecnica e veloce lettura erano fondamentali, quelle che scalavano tanto e bene in falesia, come Lynn Hill o Isabelle Patissier, si ritrovavano insieme sul podio, con la sola notevole eccezione di Josune Bereziartu, indiscutibilmente in un certo periodo la migliore in assoluto su roccia, ma senza un paragonabile successo sulla plastica. Solo col passare del tempo iniziò la specializzazione, con grandissime campionesse come Susi Good, Laurence Guyon o Maja Vidmar, che diventarono famose soprattutto per i loro successi in gara, venendo poi dimenticate dal grande pubblico
Storia Girls on the Rock dopo pochi anni. E più i tempi sono recenti, più sono effimeri i trionfi sul podio. Parallelamente alle gare c’erano arrampicatrici ad altissimo livello in falesie locali, ma prima della diffusione di FB e Instagram era quasi impossibile farsi conoscere anche solo su scala nazionale ripetendo vie estreme. Con gli anni l’arrampicata si è rifatta il look, passando da attività avventurosa e con un certo margine di rischio a uno sport più o meno competitivo a metà strada tra ginnastica artistica, body building, fitness, a cui adesso si aggiungono elementi di parkour, introdotti da tracciatori diabolici nelle Coppe del mondo di boulder.
E ORMAI SI È QUASI RAGGIUNTA “ LA PARITÀ NELLA PROPORZIONE NUMERICA TRA I GENERI, E DI PARI PASSO SONO AUMENTATE LE RAGAZZE CHE SI MUOVONO TRANQUILLAMENTE SULLE VIE CHE QUALCHE ANNO FA ERANO APPANNAGGIO ESCLUSIVO DEI LORO COMPAGNI MASCHI.
C’è ancora minore traffico femminile sulle vie multipitch, dovuto alla scomodità logistica e a una certa ritrosia di fronte ai lunghi voli. In ogni caso non ha più senso la differenziazione tra mondo femminile e maschile. Nel mondo delle gare si è riscontrato recentemente un certo ritorno alle origini, con la ricomparsa sul podio di giovanissime arrampicatrici filiformi, magari coreane, giapponesi o cinesi, ai miei occhi indistinguibili tra di loro. Lontani anni luce i tempi della Destivelle e delle sue affascinanti scollature che tanto invidiavo! E inoltre, con le dirette in streaming delle Coppe del mondo, e i primi piani che non perdonano durante la presentazione, le finaliste non possono più dimenticare la borsetta per il trucco nello zaino! Ma torniamo a questo numero di «UP». Io dovrei concentrarmi per stilare un elenco approssimato delle ragazze che emergevano decisamente sulla roccia in un passato non troppo lontano, mentre i redattori della rivista devono aver fatto una bella fatica per restringere la lista di arrampicatrici “meritevoli”. Certo non hanno considerato solo le loro prestazioni in assoluto, ma anche le loro particolarità e la capacità di farci scoprire le motivazioni che le hanno spinte a praticare l’una o l’altra delle varie sfaccettature dell’arrampicata, insomma, alla fine, soprattutto il loro “perché”.
Tempi moderni e nuovi stili Luisa Iovane, via Cassin, Torre Trieste, 1983. Foto: H. Mariacher
9
Note biografiche
LUISA IOVANE Italia, 1960. La più nota arrampicatrice sportiva italiana, è fra le più celebri a livello mondiale negli anni Ottanta e Novanta. Garista convinta, è stata protagonista nelle prime edizioni di Sportroccia, della Coppa del mondo e del Rock Master: una partecipazione continua dal 1989 al 2005. Falesia: nel 1998 chiude Doping, 8a+, in Valle di San Nicolò, Italia; ma già nel 1986 chiude Comeback, sempre in San Nicolò, primo 8a femminile italiano. Vanta una eccezionale attività alpinistica su roccia, insieme al compagno Heinz Mariacher: dalla seconda salita della via Messner al Sass de la Crusc, nel 1978, all’apertura di vie storiche sulla sud della Marmolada, come Abrakadabra, 1980, Moderne Zeiten, 1982, per arrivare alla seconda leggendaria salita della Weg durch den Fisch, nel 1984, con Mariacher, Manolo e Bruno Pederiva. Notevole anche l’apertura di Tempi Modernissimi, 7c, sul Sasso delle Undici, Marmolada, 1986, una della prime vie sportive multipitch di alto livello in Italia.
CATHERINE DESTIVELLE Algeria, 1960. La più celebre arrampicatrice francese di
10
sempre, probabilmente la più importante e completa figura femminile nella storia dell’arrampicata e dell’alpinismo moderno. Un’icona assoluta nel mondo verticale. Dominatrice delle prime gare di arrampicata sportiva, ove vince tre edizioni di Sportroccia nel 1985, ’86, ’88. Falesia: nel 1988 è la prima donna a superare un 8a+, chiudendo Chouca a Buoux. Multipitch e alpinismo: nel 1990 ripete in 4 ore la via Bonatti al Petit Dru, nel 1991 sale in solitaria la Nord dell’Eiger, nel 1993 la via Cassin alla Nord delle Grandes Jorasses, e nel 1994 corona il fantastico poker salendo in solitaria invernale, prima femminile e seconda solitaria assoluta la via Bonatti sulla nord del Cervino. Ha inoltre salito vie sulle Torri di Trango e ha raggiunto nel 1994 la cima dello Shisha Pangma, con i suoi ottomila metri.
LYNN HILL USA, 1961. Insieme a Catherine Destivelle e Luisa Iovane può essere considerata una delle madri dell’arrampicata moderna e sportiva. Vince la Coppa del mondo nel 1990, e ha avuto una carriera agonistica di rilievo fra il 1989 e il 1991. Falesia: nel 1991 compie la prima salita femminile nella
storia, con l’8b+ di Masse Critique a Cimai, in Francia; nel 1992 supera il primo 8a femminile a vista: Simon, in Frankenjura. Boulder: nel 2009, a 47 anni, chiude un blocco di 8a+ a Hueco Tanks, USA. Multipitch: nel 1994, sale in giornata e in libera The Nose sul Capitan, che aveva già salito l’anno prima in totale arrampicata libera. Lo stesso anno sale in libera Mingus, 8a, in Verdon.
ROBYN ERBESFIELD USA, 1963. Prima grande dominatrice nelle gare di Coppa del mondo, le vince dal 1992 al 1995, anno in cui vince anche il Campionato del mondo lead. Falesia: a 49 anni, nel 2012, chiude Welcome to Tijuana, a Rodellar, 8c, prestazione che segue diversi 8b+, a partire da Silence, a Troubat, in Francia, nel 1993 (all’epoca il secondo 8b+ femminile di sempre). Nel 1993 è la prima donna al mondo a salire un 8a+ a vista: Overdose a Lourmarin, Francia. È istruttrice di arrampicata presso l’ABC Center di Boulder, USA. È sposata con Didier Raboutou, top climber francese negli anni Ottanta e Novanta, e ha un figlio e una figlia, entrambi grandi realtà dell’arrampicata statunitense (la figlia Brooke è
l’unica statunitense qualificata alle Olimpiadi).
MARGO HAYES USA, 1998. Allieva di Robyn Erbesfield presso l’ABC Center di Boulder, Colorado, chiude il suo primo 9a nel 2016, a diciotto anni, con Bad Girls Club, Rifle Mountain Park, USA. Nel 2017 è la prima donna a chiudere un 9a+: La Rambla, Siurana, Spagna, a cui aggiunge, nel 2017 e nel 2019, Biographie, 9a+, a Céüse, Francia, e Papichulo, 9a+, Spagna. Nel 2016 è stata campionessa del mondo giovanile sia boulder che lead.
ANGY EITER Austria, 1986. Prima climber donna a salire un 9b. Gare: quattro volte campionessa del mondo (2005, 2007, 2011, 2012), tre volte vincitrice della Coppa del mondo (2004, 2005, 2006), vincitrice di sei Rock Master ad Arco (2003, 2004, 2005, 2007, 2009, 2012). Falesia: La Planta de Shiva, 9b, Spagna; Hades, 9a, Imst, Austria; Big Hammer, 9a, Pinswang, Austria; Pure Dreaming, 9a, Arco, Italia. Boulder: Fragile Steps, 8a+/8b, Rocklands, Sud Africa. Multipitch: Halter Verbot, 8b, Tannheim, Austria.
Storia Note biografiche
BABSI ZANGERL Austria, 1988. È, al momento, la più completa climber outdoor al mondo. Falesia: Speed integrale, 9a; Instructor, 8c+/9a; Everything Karate, 8c+; Dirty Harry’s Brother, 8c+; Chikane, 8c+; Unleashed, 8c+. Boulder: Pura Vida, 8b. Multipitch: Trilogia delle Alpi (Silbergeier, End of Silence, Kaisers neue Kleider); cinque ascensioni su El Capitan, USA (El Nino, Zodiac, Magic Mushroom, Pre-Muir Wall, Nose); Unendliche Geschichte, 8b+, Rätikon; Headlesschildren, 8b, Rätikon; Zeit zum Atmen, 8b+, Rote Wand; Freedom, 8b, Rote Wand; Moonlight Buttress, Zion National Park, USA; Hotel Supramonte, 8b, Sardegna; Delicatessen, 8b, Corsica; Golden Shower, 8b+, Verdon. Trad: FFA Gondo crack, 8c.
Falesia: Cinque Uve, 8c, Arco, Italia; La Résistance, 8c, Schleier Wasserfall, Austria; Wassermusik, 8b+, Schleier Wasserfall, Austria. Multipitch: Ali Baba, 8a+, Aiglun, Francia.
STEPH DAVIS USA, 1973. Una delle più complete scalatrici al mondo, e al contempo campionessa di basejump e tuta alare, di cui si può considerare la massima ambasciatrice. È stata la prima donna al mondo a superare un 5.11 in free solo, nonché la prima donna ad avere salito la via Salathé su El Capitan in libera, e la seconda ad aver salito una via in libera in giornata sulla stessa parete. Innumerevoli le ripetizioni di vie trad e sportive di alto livello, a cui si aggiungono importanti ascensioni in Patagonia, sul Fitzroy, e la prima salita femminile della Torre Egger.
ANNA STÖHR Austria, 1988. È considerata una delle più forti boulderiste di sempre. Gare: due volte campionessa del mondo; due volte campionessa d’Europa; quattro volte vincitrice della Coppa del mondo boulder; ventidue vittorie in Coppa del mondo. Boulder: New Base Line, 8b+, Magic Wood, Svizzera; The Penrose Step, 8b+, Leavenworth, USA; Meadowlark lemon sit, 8b, Red Rocks, USA; Boogalagga, 8b, Chironico, Svizzera; The power of one, 8b, Rocklands, Sud Africa.
NINA CAPREZ Svizzera, 1986. Dal 2005 al 2008 partecipa alle gare di Coppa del mondo. Falesia: ha chiuso alcuni 8c fra il 2011 e il 2012, arrivando, sempre nel 2012, all’8c+ di Mind Control, Oliana, Spagna. Boulder: blocchi sino al 7c+ a Chironico e Magic Wood in Svizzera, fra il 2008 e il 2009. Multipitch: arrampicatrice di assoluto livello mondiale su vie sportive di più tiri, ha compiuto, nel 2011, la prima salita femminile di Silbergeier,
8b, Rätikon, Svizzera; di Hotel Supramonte, 8b, Sardegna, Italia, nel 2010; di alcune vie estreme in Verdon (La Ramirole, Ultime Démence), dove è di casa, per arrivare nel 2013, alla salita di Orbayu, 8c, sul Naranjo de Bulnes, Spagna. Nell’estate 2020 ha aperto, con Roger Schaeli e Sean Villanueva, Merci la Vie, 8a (7c obbligatorio), sulla nord dell’Eiger.
FEDERICA MINGOLLA Italia, 1994. Fra le più note e attive arrampicatrici italiane degli ultimi anni, ha salito vie in falesia sino all’8b+, fra cui la prima salita di Fuga dal Ghetto, 8b, val di Lanzo, 2014, nonché la prima femminile italiana della celebre Tom et Je Ris, 8b+, in Verdon. Si è dedicata prevalentemente a salite su roccia di stampo alpinistico, con ripetizioni e aperture, fra cui ricordiamo: L’isola che non c’è, 7b+, Aiguille Croux, Monte Bianco, con Davide Carrara nel 2018; Monster, 8a, sulla Becca di Verconey, Gran Paradiso, prima libera, 2019. A ciò si aggiungono molte salite in libera di vie di alto livello sulle Alpi, fra cui spicca la prima libera femminile della Weg durch den Fisch in Marmolada, la libera sulla via della Cattedrale, 8a+, sempre in Marmolada, e la salita a vista di Chimera Verticale, IX grado, 2017, Parete NW del Monte Civetta, Dolomiti. Nell’estate 2020, di rilievo alcune salite in libera fino all’8a nel Gruppo del Monte Bianco.
LAURA ROGORA Italia, 2001. Partecipa continuativamente alle gare giovanili dal 2015, arrivando al titolo assoluto lead nel 2016 nella categoria Youth B. Nell’agosto 2020 vince la lead di Coppa del mondo a Briançon. Ha vinto il Campionato italiano boulder e lead nel 2015 e 2016. Falesia: nel 2016, a 14 anni, chiude Grandi Gesti, 9a, a Sperlonga, Italia. Nel 2017 concatena Joe-Cita, 9a, Oliana, Spagna, e Esclatamasters, 9a, Perles, Spagna. Nel 2020 chiude il 9a+ di Pure Dreaming Plus a Massone, Arco, Italia, e il 9a di Underground, sempre a Massone. L’anno d’oro vede poi la seconda salita femminile al mondo di un grado 9b: Hulk Sit Extension Total, Rodellar, Spagna, che proietta Laura nel gotha assoluto delle arrampicatrici di tutti i tempi.
JANJA GARNBRET Slovenia, 1999. Protagonista incondizionata del mondo delle gare, nel 2019 domina la Coppa del mondo boulder, vincendone tutte le tappe. Vince la Coppa del mondo lead nel 2016, 2017, 2018, la combinata nel 2016, 2017, 2018 e 2019. Vince il Campionato del mondo lead nel 2016 e nel 2019, la combinata nel 2018 e 2019, il boulder nel 2018 e 2019. Falesia: nel 2015 sale a vista Avatar, 8b, in Croazia. Lo stesso anno chiude Miza Za Sest, 8c+, a Kotecnic in Slovenia. Nel 2017 sale due 9a: Seleccio Natural
11
Storia Note biografiche e La Fabela Pa La Enmienda, entrambi a Santa Linya, Spagna.
JOSUNE BEREZIARTU Spagna, 1972. Partecipa alle gare dal 1993 al 2000. Falesia: è stata la prima donna al mondo ad aver salito un 8c, un 8c+, un 9a e un 9a+: in particolare, nel 2002 sale Bain de Sang, a Saint Loup, Svizzera, primo 9a femminile di sempre, e nel 2005 Bimbaluna, 9a+, nella stessa falesia. Nel 2004 chiude anche Logical Progression, 9a, Jo Yama, Giappone. Ha scalato a vista fino all’8b+, raggiungendo, già nel 2003, anche il grado 8b nel boulder, con E la nave va, Lindeltal, Svizzera. Multipitch: assai attiva su vie sportive di più tiri, fra cui spiccano le salite in libera di El Pilar del Cantabrico, con Iker Pou, sul Naranjo de Bulnes, Spagna, e Yeah Man, con Rikar Otegui, Gran Pfad, Svizzera, 2004, per finire con El Ojo Critico, sempre con Otegui, Ordesa, Spagna, 2007.
RAFFAELLA VALSECCHI Italia, 1959. Insieme a Luisa Iovane è stata la principale protagonista della arrampicata sportiva italiana nella prima metà degli anni Novanta. Impegnata nelle gare fino al 1996, vince il Campionato italiano nel 1995 e la Coppa Italia nel 1996. È quinta al Rock Master nel 1994 e nel 1995. Falesia: è stata la prima italiana a salire un 8b, Jedi a Cornalba nel 1991. Nel 1992 fa la prima femminile
12
di Peter Pan, 8a+, sempre a Cornalba. Nel 1990 consegue il titolo di Maestra di arrampicata Fasi (selezioni sul 7b a vista). Nei primi anni di attività, insieme al compagno Luca Roverselli, ha salito numerose vie classiche in roccia sulle Alpi.
SARA AVOSCAN Italia, 1989. Nel 2007 è terza al Campionato italiano assoluto, e nel 2010 vince la Coppa Italia. Dopo un periodo di assenza dalle gare ritorna nel 2018, concludendo con un secondo posto assoluto in Italia nel lead. Vanta una eccezionale attività alpinistica su roccia, prevalentemente in Dolomiti e con il compagno Omar Genuin, fra cui spiccano le salite in libera di diverse vie di alto livello in Marmolada, la ripetizione in libera di Donna Fugata, 8a, sulla Torre Trieste in Civetta, la libera, nel 2020, di Spirito Libero sull’Agner, 8a, Due spit alla fine, Cime d’Auta, 8a+. Notevolissime le salite in falesia, con 4 vie di 8c, Terra piatta e Riflessi a Pizarra (Arco), Haikido, Erto (Pn) e Sicario sanguinario al Baratro (Ts), 20 di 8b+, due 8a+ on sight, e 42 8a a vista o flash.
FLORENCE PINET Francia, 1986. Fra le più note e attive arrampicatrici francesi, ha una attività che spazia dalla falesia al trad alle vie di più tiri. Fra il 2006 e il 2009 è molto attiva a livello agonistico nei circuiti di Coppa del mondo,
ed è stata tre volte campionessa di Francia. Falesia: Al suo attivo nel 2015 il 9a di Esclatamasters, a Perles, in Spagna, e nel 2014 l’8c+ di Coma Sant Pere a Margalef, Spagna, così come nel 2018 l’altro 8c+ di La Ligne Claire, a Saint-Léger, Francia. Dal 2012 al 2015 aveva già chiuso ben sei vie di 8c, confermandosi tra le migliori arrampicatrici mondiali di alto livello. Nel 2012 insieme al compagno Gérome Pouvreau sale in libera Alì Baba, multipitch di 8a+, sulla parete di Aiglun, Francia.
STELLA MARCHISIO Italia, 1976. Figlia del noto alpinista e scrittore Ludovico Marchisio, inizia ad arrampicare da capocordata sulle Alpi già a undici anni. In seguito si dedica alle gare, vincendo il titolo italiano giovanile nel 1993 e 1994, e il Campionato italiano assoluto nel 1998, in tutte e tre le specialità. Si è in seguito dedicata soprattutto al boulder, insieme al compagno e poi marito Christian Core, sviluppando un’attività di alto livello tecnico ma anche di ricerca con molti viaggi in giro per il mondo. Ha chiuso blocchi di 8a+, come Muladhara e Il Profeta, entrambi a Varazze, Liguria, a cui si sono sommati diversi blocchi di 8a nei santuari mondiali del boulder.
CAROLINE CIAVALDINI Francia, 1985. Dal 2001 partecipa alla Coppa Europa giovanile e ai
Campionati del mondo giovanili. Dal 2004 al 2007 vince il titolo nel Campionato francese lead e nel 2005 e 2006 è terza nella classifica finale di Coppa del mondo lead. Falesia: dal 2007 al 2012 chiude ben otto vie di 8c, e nel marzo 2012 raggiunge l’8c+con la terza salita femminile di Mind Control, a Oliana, Spagna. Ha salito a vista vie fino all’8b. Multipitch: di rilievo la ripetizione, con il compagno James Pearson, della Voie Petit, 8b, sul Grand Capucin, al Monte Bianco, così come la quarta salita, nel 2011, di Les Chemins de Katmandou, via di tre tiri di 8b, 7c+ e 8b+, nelle Gorges de la Jonte. Negli ultimi anni si è anche dedicata con eccellenti risultati all’arrampicata trad: ricordiamo in particolare The Quarryman, storico e pericoloso itinerario di Johnny Dawes, nella miniera di Dinorwig, in Galles.
MIRJAM VERBEEK Olanda, 1970. Arrampicatrice professionista e pittrice, vive per metà ad Amsterdam, dove ha il suo studio Art and climbing, e per metà a Orpierre, in Francia, dove ha attrezzato molte vie e ha svolto la professione di Moniteur d’escalade. Insegna arrampicata ad Amsterdam. Negli anni Novanta è stata sette volte campionessa olandese di arrampicata e ha partecipato con buoni risultati alle gare di Coppa del mondo. In falesia ha chiuso vie fino all’8a+, scalando in particolare in Verdon, area di cui è molto esperta.
TIME TO COMPETE Solution Comp: concepita per le massime performance in gara su superfici indoor. Tallone affusolato per i tallonaggi su micro-prese, puntale in gomma maggiorata per agganci sugli strapiombi, P3 System integrato. La soluzione perfetta per le competizioni.
SHOP NOW ON WWW.LASPORTIVA.COM
Storia Family top climbing Robyn Erbesfield Vasodilator, 5.13a, Boulder Canyon. Foto: G. Mionske
Io le ricordo che non c’è nessuno su questo pianeta che le darà mai di più dei suoi genitori e nessuno che abbia tanta esperienza nell’arrampicata come mamma e papà. Detto questo, lei può accettare la dose di consigli che preferisce, noi siamo qui per aiutarla. Proprio perché così indipendente, mi dice spesso: «Ce la faccio da sola, mamma», e adoro quando me lo dice, ma allo stesso tempo mi urta un pochino. Alcune volte non vuole i miei suggerimenti e non lo fa per essere cattiva, ma perché è molto sicura di sé e altre volte mi chiama e mi chiede di scrivere il suo piano allenamento. Di nuovo, si tratta di trovare il giusto equilibrio. Tra l’altro, la
alleno da quando era piccolissima, anche se insieme ad altri bambini. E dunque nei giorni in cui si sentiva più indipendente, mi concentravo maggiormente sugli altri studenti. Il fatto che fosse parte di un gruppo è stato positivo. Il mio tempo come coach è sempre stato ripartito tra lei e gli altri. Lei leggeva il suo nome alla lavagna con il piano di allenamento da fare insieme al gruppo. Solo adesso quando andiamo fuori, mi concentro solo su di lei. La prima libera femminile è un paradosso: da un lato sprona le donne a spingersi oltre nella scalata e dall’altro le tira indietro. Potresti commentare su questo? Per me si tratta solo di registrare dei dati. Sinceramente non mi importa molto della Prima Libera Femminile, sebbene ne abbia fatte molte. Chiunque arrivi prima ad una via e la chiude, buon per lei, nessuno è migliore di un altro. Si tratta solo di avere tempo e di arrivare lì prima. E poi di registrare dei numeri. Se una donna non ha chiuso una certa via probabilmente è perché non ci è ancora arrivata, non ha mostrato interesse o non ci ha passato abbastanza tempo. Le donne non sono ancora arrivate ad essere esattamente forti come gli uomini, ma sono comunque vicinissime. Io non ho problemi con il fatto che gli uomini siano fisicamente più forti, insomma hanno un corpo “costruito” diversamente, hanno il testosterone. E se ci sono più uomini con il record di Prima Libera non mi urta affatto. Io sono molto sicura di me e della mia forza, e per il resto si tratta nuovamente di registrare dei dati. Hai dei consigli per le ragazze e le donne che sono interessate a iniziare a scalare, ma trovano la palestra intimidatoria? Siate audaci. Siate forti. Abbiate fiducia in voi stesse. È tutto quello che amo vedere in una persona. Secondo me, bisogna fare le cose che ci fanno sentire in soggezione. Se sentite l’ansia, il disagio, raggiungete la crescita. Io sprono tutti in questa direzione. Alcuni giorni vado a scalare e sono di gran lunga la più anziana del gruppo e stiamo provando tutti lo stesso boulder e… bisogna essere coraggiosi. Metto le mani nella magnesite e mi butto. Aprite la porta, andate e guardate cosa vi porta una nuova esperienza; se si varca la soglia con una mente aperta, ci si sorprende sempre. Potreste vivere la stessa mia esperienza di quando sono andata a scalare con quattro ragazzi per la prima volta. O forse troverete un gruppo di donne che non conoscevate prima e scoprirete che sono fantastiche. O un gruppo di ragazzi e diventerete amici. Non sentirsi a proprio agio è un sentimento positivo.
28
Senza pregiudizi
Storia xxxx
Margo Hayes ITW Testo  Miriam Aloisio
Dove sarĂ il prossimo appiglio? Margo Hayes su Fat or Seduction, 8b, Mollans-sur-Ouveze, France. Foto: J. Novak / Arch. La Sportiva
29
iZ bs a B
St öh r
gy An
an ge rl
Ei
te r
Storia
na An
Tre donne tirolesi. Tre storie.
Un’unica passione Testo Martina Scheichl
Le grandi storie normalmente non si scrivono di notte. Con poche eccezioni, i grandi momenti sono come la punta dell’iceberg. Il novanta per cento, il duro lavoro e i progressi che richiedono anni, resta sotto la superficie e rimane quindi invisibile.
34
C
hi ha intenzione di raccontare nella loro interezza, riga dopo riga, storie di straordinari successi come queste, non potrà evitare di usare, nella piena accezione, parole forti e d’impatto: ambizione, perseveranza, sopportazione del dolore, preparazione senza fine, allenamento, volontà, tenacia, motivazione, e via dicendo. Condensando le righe disseminate di queste parole, davanti al lettore viene a dispiegarsi la seguente carriera verticale: Planta de Shiva, Magic Mushroom, Speed Integrale, vittorie in campionati mondiali, e molto altro. Per unanime riconoscimento, è questo che accomuna le tre austriache Anna Stöhr, Barbara Zangerl e Angy Eiter. Queste donne – per pura coincidenza, tutte e tre tirolesi – sono diventate grandissime arrampicatrici, e al contempo hanno anche fatto progredire l’arrampicata. Non hanno solo scalato le vie più dure, non sono solamente detentrici di record, ma sono anzitutto figure di riferimento: grazie al loro entusiasmo e alla loro passione, queste tre donne motivano e guidano all’arrampicata migliaia di persone.
Angy Ei ter
Storia
fragile come il vetro, forte come una leonessa Testo Martina Scheichl Traduzione Eugenio Pesci
Angy Eiter, nata nel 1986 in Tirolo, è considerata una delle arrampicatrici di maggior successo di tutti i tempi; cosa facilmente misurabile dalle sue vittorie nelle gare.
N
el 2013 ha abbandonato il circo delle competizioni e da allora ha fatto la storia dell’arrampicata sportiva: nel 2017 Angy è diventata la prima donna a superare una via di 9b, La Planta de Shiva. A fianco delle sue realizzazioni come arrampicatrice sportiva, ha fondato una società, che si chiama K3 e che si occupa di allenamento e di tracciature; recentemente, nel 2019, ha pubblicato una biografia di 160 pagine. Una donna forte e abile, con un’incredibile carriera nello sport e negli affari! La vita di Angy è fatta di parecchi capitoli: molti momenti elevatissimi, ma anche non poche cadute in basso. L’elenco dei riferimenti è lungo, ma per raccontare la sua storia nel modo migliore seguiremo lo sviluppo cronologico, passo dopo passo. La sua carriera di arrampicatrice e gran parte della sua vita possono probabilmente essere divise in due parti; il punto di rottura coincide con l’abbandono delle gare. Come agonista, Angy ha vinto un titolo dopo l’altro, eppure nel 2013 ha deciso di lasciare le competizioni. La ragione di ciò stava da una parte nella sua esigenza
Angy Eiter Planta de Shiva, 9b, Villanueva del Rosario, Spagna. Foto: Javipec / ASP / Red Bull Content Pool
35
Storia
Climb, love &Ninashare Caprez ITW Testo e traduzione Eugenio Pesci
Foto: Arch. Caprez
Nina in the USA A destra: Indian Creek, Death of the Cowboy, 5.13a. Foto: M. Pang
50
Quando e come hai iniziato ad arrampicare? È stata una tua scelta personale o qualcuno ti ha spinto verso la roccia e le montagne? Ho iniziato ad arrampicare all’età di tredici anni, con un gruppo giovanile del Club Alpino Svizzero. Quella fu la prima volta in cui toccai la roccia, usando un’imbragatura, e ricordo che mi fecero scalare una via in top rope, e che poi volevo arrampicare come i più grandi e salire fino in cima… Nella tua personale esperienza, hai notato grandi differenze fra “un approccio maschile” all’arrampicata e uno “femminile”? Se sì, quali sono stati i principali comportamenti che hai notato? Domanda difficile… non credo che ci siano attualmente approcci differenti dovuti al sesso... ciò che ho visto e vedo ancora molto spesso mentre scalo è una diversa attitudine dovuta alle modalità di inizio dell’arrampicata e a come uno si evolve durante i primi anni. Voglio dire: quando un bambino inizia a scalare all’età di cinque anni in una palestra, allenato dai suoi genitori o da un vero allenatore e guidato verso le gare, questa persona ha una totale e differente attitudine rispetto a una che ha iniziato a scalare, ad esempio, sul Cervino con i suoi genitori prima di iniziare l’arrampicata sportiva. Non vedo davvero una grande differenza fra
maschi e femmine nell’arrampicata. Tuttavia credo che ogni persona che scala lo faccia per ragioni personali, e reagisca in modo diverso agli stimoli del mondo esterno. Credi che, in generale, le donne abbiano una “tipica immagine mentale” della relazione fra arrampicata e vita? Ad esempio in relazione a: “immaginazione”, “percezione dello spazio”, “emozione per il vuoto”, “sogni verticali”, oppure no? No, non credo. Ci sono arrampicatrici e arrampicatori che hanno una migliore percezione dello spazio e del movimento del loro corpo, ma questo non dipende dal genere. Penso anche che ci siano persone che vedono l’arrampicata come un mero esercizio fisico e altre che lo vedono invece come uno stile di vita… Forse per un uomo è più facile dedicare tutta la vita a una singola attività: le donne, molto spesso pensano a “figli, casa, famiglia, futuro sicuro, e così via”. Cosa ne pensi di questo argomento? Questo è molto vero, e te lo dico perché oggi ho 33 anni, e da un paio d’anni la questione del rapporto fra carriera alpinistica e figli è sul tavolo per me. Personalmente combatto molto l’idea di dover abbandonare l’arrampicata sulle grandi montagne e le lunghe spedizioni arrampicatorie a causa del fatto di
51
Storia xxxxx
60
Storia 9b, ma… non di sola forza Come ti relazioni allo stress da gara, prestazione, allenamento? Riesci a lasciarlo “fuori dalla porta”, a non farti troppo influenzare psicologicamente? Non poche ragazze top-climber hanno detto che lo hanno, in carriera, patito moltissimo (infortuni, depressioni, tensioni ecc.). Penso che lasciarlo completamente fuori dalla porta sia praticamente impossibile e soprattutto controproducente. Un po’ di stress serve per alzare l’adrenalina e dare il massimo. Il problema è quando è troppo e allora bisogna imparare a controllarlo e questo non è facile. Soprattutto all’inizio soffrivo abbastanza di testa, sia in gara che in allenamento: se qualcosa andava storto mi deprimevo e sentivo di aver fallito. Negli anni ho capito che non essere sempre al massimo della forma fa parte del processo di miglioramento e ho imparato a gestire momenti di stanchezza senza buttarmi giù. Da un punto di vista femminile, ti sembra che per una ragazza sia più difficile gestire “arrampicata e vita” rispetto a un ragazzo, oppure no? E se sì, perché? Penso che sia uguale. Forse prima le ragazze che arrampicavano erano meno e quindi potevi essere considerata un po’ diversa ma adesso l’arrampicata è uno sport come un altro quindi penso non ci siano differenze tra maschi e femmine. Andiamo sull’estetica… Colore di roccia preferito? Tipo di appiglio preferito? Luogo di falesia preferito? Movimento/ gesto di scalata preferito? In generale la roccia mi piace tutta, se devo scegliere forse grigio scuro a tacche. La falesia che fino ad ora mi è piaciuta di piu è Céüse ma ci sono stata molto poco per cui vorrei tornare. Il gesto che mi piace è il tallonaggio! Ogni via ha un’anima… scegli quella più simile a te! E dimmi perché. Forse Biographie a Céüse, perché il blocco più duro è in cima e devi combattere fino alla fine, che è proprio quello che mi piace di più e che mi viene meglio. È stato il primo 9a+ che ho provato, tre anni fa, ma poi non sono più tornata, prima o poi mi piacerebbe tornare per provare a chiudere i conti con questa via storica. Come ti vedi fra… vent’anni? Fai una breve descrizione di come vorresti essere (il 9b è ovviamente incluso e superato da un pezzo...). Probabilmente avrò finito con le gare da un po’, ma spero comunque di continuare ad arrampicare in nuove falesie in giro per il mondo, magari provando a fare anche qualcosa che non ho mai provato, tipo vie multipitch. Un tiro particolare… Laura sui primi movimenti del 9b e nei momenti precedenti la salita. Foto: M. Iacono
61
Storia
�
Per grandi spazi e massi nascosti Testo Stella Marchisio
Mi chiamo Stella Marchisio, sono nata a Torino nel 1976. Mio padre è un appassionato di montagne così mi ha sempre coinvolto sin da piccolina nelle sue esplorazioni alpinistiche. Crescendo ho intrapreso un mio percorso personale spostandomi verso una scalata più sportiva. All’età di 17 anni a un raduno della squadra giovanile ho incontrato Christian Core che pochi anni dopo divenne il mio compagno di vita. In giro per il mondo Stella Marchisio bouldering, Hampi, India. Foto: Foto C. Core
I
nsieme a lui ho cominciato ad allenarmi più seriamente e in ogni occasione possibile; nei fine settimana o durante le vacanze ci incontravamo per scalare insieme o raggiungere le destinazioni delle gare, fino a che mi sono trasferita in Liguria per stare con lui. Sono sempre stata molto timida ed emotiva, scelsi di intraprendere il mondo delle competizioni sperando di migliorare un po’ questo aspetto e in effetti così è stato, ma non sono mai riuscita a esprimermi come avrei voluto, anche se qualche soddisfazione l’ho ottenuta: qualche titolo italiano sia nella disciplina lead che nel boulder e due terzi posti nelle prove singole di Coppa del mondo di boulder.
TRA LE VARIE DISCIPLINE “ DELL’ARRAMPICATA IL BOULDER
SI ADDICE MEGLIO ALLE MIE CARATTERISTICHE FISICHE, SONO SEMPRE STATA PIÙ PREDISPOSTA VERSO GLI SPORT BREVI E INTENSI E LA ROCCIA È IL LUOGO IN CUI SICURAMENTE SONO RIUSCITA A ESPRIMERMI MEGLIO. Quando sceglievo un blocco da provare non era tanto il grado ad attirarmi quanto la complessità e la diversità dei movimenti, mi è sempre piaciuto confrontarmi con stili sempre diversi e con Christian al mio fianco è stato
88
molto divertente seguire questa strada insieme. In Italia e in giro per il mondo sono riuscita a salire linee stupende inclusi tanti 7c fino all’8a+, alcune di queste davvero poco congeniali, ma era quell’aspetto che mi intrigava di più, analizzare il blocco finché riuscivo a trovare un metodo tutto mio che mi permetteva di salirlo. Purtroppo durante questi anni di dedizione all’arrampicata non sono mancati gli infortuni che mi hanno costretta a fermarmi diverso tempo, ma ogni volta il mio pensiero era proiettato a quando mi sarei ripresa. Uno dei peggiori è stato quando mi sono rotta la puleggia dell’anulare sinistro, un incubo, ho visitato più di dieci specialisti che mi hanno solo fatto perdere tempo e soldi. Quando stavo per perdere le speranze, venni a sapere che alcuni atleti francesi con lo stesso problema erano tornati a scalare in seguito a un’operazione nell’ospedale di Grenoble. Così dopo più di un anno di terapie inutili mi sono rivolta allo stesso medico che ha accettato di operarmi; dopo altri sei mesi di riabilitazione, lentamente sono tornata ad arrampicare. In quegli interminabili due anni per non perdere la motivazione mi sono data alla pulizia dei boulder di Varazze che era stata scoperta da poco, così almeno ho fatto qualcosa di utile preparando insieme a Christian, Marco Bagnasco (il ragazzo che l’ha scoperta) e Roberto Armando un’infinità di percorsi di tutte le difficoltà. Devo dire che ho scoperto un aspetto del boulder che mi piaceva molto, perché
Storia
89
Proposte
Alcune novità (all’ombra) nel
Lecchese A cura di Eugenio Pesci
Ballabiot Marco Nicolodi, I donn fan danà, 6c, Ballabio, Italia. Foto: E. Pesci
100
Sono passati due anni esatti dalla pubblicazione dell’ultima topo‑guida dedicata alle falesie della zona di Lecco e Como (Eugenio Pesci e Pietro Buzzoni, Lario Rock, Versante Sud, 2018), ma nel panorama verticale lecchese ci sono alcune novità che vale la pena di presentare, nell’attesa di una riedizione della guida stessa, prevista per il 2021. Si tratta soprattutto di falesie estive, una vera rarità per questa zona, ricca di pareti esposte a sud e ovest.Tre strutture sono ubicate in Valsassina, intorno a Ballabio, la quarta, la falesia del Leves, già pubblicata ma ora ampliata, si trova sulla sponda sinistra del Lario lecchese, sopra Onno.
Proposte
Le nuove scoperte in Bassa Valsassina Testo Marco Nicolodi
E
ra parecchio tempo che cercavo di chiodare una falesia da zero, qualcosa di bello e di nuovo da poter realizzare. In precedenza avevo già fatto esperienza con 4 tiri nuovi all’Occhiolo e con la creazione di un piccolo settorino limitrofo (l’Occhiolino), ma i tempi erano maturi per qualcosa che lasciasse un segno nell’arrampicata sportiva lecchese. Di scorribande esplorative ne avevo fatte diverse, ma finivano tutte con un nulla di fatto: o perché la roccia faceva veramente schifo (nella maggior parte dei casi) o semplicemente perché non riuscivo a raggiungerle a causa di una vegetazione impenetrabile, o per via di basi inesistenti o troppo scoscese. Inoltre la mia area esplorativa era soprattutto quella del triangolo lariano, dove è vero che c’è ancora molto da scoprire, ma è altrettanto vero che per trovare qualcosa di bello bisogna camminare parecchio. A quel punto mi son detto: perché non provare in Valsassina? Lì di roccia ce n’è parecchia e di facile accesso! Non tutta la Valsassina, però: era la parte bassa che mi incuriosiva, un po’ una “terra di mezzo” delle diverse aree geografiche di chiodatura lecchese. Devo premettere che, proprio grazie ai fallimenti delle mie esperienze passate, mi sono imposto di chiodare una nuova falesia solo se rispondeva a quattro requisiti importanti: qualità della roccia, avvicinamento ragionevole, base comoda ed esposizione favorevole per i periodi estivi. La qualità della roccia direi che è il primo requisito: una buona roccia non è facile da trovare ma chi cerca trova, come diceva il proverbio… chiaramente era sottinteso che il lavoro di disgaggio e/o di pulizia dalla vegetazione in parete, tenendo conto dei tempi attuali dove si è fatto parecchio, si
rendeva quasi indispensabile! Sia il Muro del Butch che il Ballabiot infatti mi hanno richiesto giorni e giorni di pulizia in parete: nella prima l’erba faceva da padrona e nella seconda la roccia della parte bassa di alcuni tiri imponeva l’uso notevole del martello, della mazza e del piede di porco! Per avvicinamento ragionevole intendo non più di mezz’ora e possibilmente anche meno; i climber sportivi non sono molto avvezzi a lunghe camminate! La frequentazione di una falesia, infatti, è inversamente proporzionale alla lunghezza dell’avvicinamento. Può superare la mezz’ora solo se veramente bella, vedi Céüse… ma stiamo parlando della falesia più bella del mondo! Base comoda… che dire? Senza un posto pianeggiante dove potersi rilassare dopo un tiro duro, il climber sportivo si lamenta, storce il naso e alla fine… non viene più! L’esposizione favorevole per i periodi estivi: lo considero un requisito importante semplicemente perché nel Lecchese (e anche altrove) le falesie esposte a nord si contano sulle dita di una mano e quindi quando arriva il caldo ci si trova tutti nelle solite 3 o 4 falesie a fare i soliti tiri. P.S. Ringrazio diversi amici climber (in particolare Alberto Tagliabue, Angelo Curti e Massimiliano Piazza) che mi hanno dato una mano in alcuni momenti del lavoro di chiodatura. L’attrezzatura utilizzata (spit e soste) è stata tutta acquistata da Kinobi di Emanuele Pelizzari. Ecco dunque: Il Muro del Butch e Il Ballabiot. IL BALLABIOT Lunga fascia rocciosa, sopra il paese di Ballabio, alta circa 25 metri. Si divide in 3 settori: quello sinistro, esposto a nordovest, con tiri tecnici di placca verticale su ottima roccia; quello centrale, esposto a ovest, con tiri leggermente strapiombanti e
Ballabiot Marta Pirovano, Fa minga il pirla, 7a, Ballabio, Italia. Foto: E. Pesci
quindi decisamente atletici, e quello destro, sempre esposto a ovest, con tiri molto belli su placca verticale a volte molto tecnica. La base è comodissima in quanto si tratta di un terrazzo sospeso (sotto c’è un’altra parete) perfettamente piano. I periodi ideali di frequentazione sono: l’estate di mattina (fino alle due) e nelle mezze stagioni, la roccia asciuga abbastanza velocemente in quanto è un luogo spesso ventilato. MURO DEL BUTCH Breve fascia rocciosa, alta fino a 60 metri, situata in uno dei diversi canali presenti a destra (salendo) della grande piana precedente al colle Balisio. La roccia è di ottima qualità e c’è molta varietà di tiri: ci sono sia tiri di placca tecnica e di continuità, sia tiri molto atletici su placca strapiombante. La base è comoda ma la vera peculiarità di questa falesia è l’esposizione interamente a nord! Ne consegue che la frequentazione è prettamente estiva; l’unica nota negativa, data l’esposizione, è che la roccia asciuga molto lentamente dopo piogge intense. Una cinquantina di metri più in basso è presente un piccolo settore, chiamato Muretto del Gio’. Sono 4 tiri di placca verticale molto belli su roccia super!
101