n. 15 ADESSO settimanale

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settimanale di COSTUME E attualità n.15 ANNO I • 20 novembre 2014 • € 1,50

BELEN & STEFANO TUTTI CI CRITICANO MA IL NOSTRO È UN

le tue storie, le tue emozioni

AMORE VERO SALUTE LA DIETA

ANTI-INFLUENZA KEVIN COSTNER CON SETTE FIGLI TANTA GIOIA E...

TANTA FATICA! GIGI PROIETTI SOLO ORA HO RISCOPERTO

LA FAMIGLIA EMERGENCY LA VERA SFIDA OGGI SI CHIAMA

EBOLA

Benedetta

PARODI le mie ricette per

CHI NON HA TEMPO



EDITORIALE

«Se noi riconosciamo,» pensavo, «che errare è dell’uomo, non è crudeltà sovrumana la giustizia?» Luigi Pirandello

IL NON

CONTROLLO DELLO STATO

Un ragazzo muore mentre è affidato allo Stato. Ed è come se non fosse mai morto, senza alcun colpevole. Non è colpa dei medici (che in primo grado furono condannati per omicidio colposo e poi assolti dopo il ricorso in appello), neanche degli infermieri o dei poliziotti. Stefano Cucchi è morto senza un colpevole. Denutrito (sicuramente) e malmenato (non si sa) dopo l’arresto per droga, questa vicenda traccia un solco sempre più difficile da colmare in un rapporto oramai di conflitto dichiarato tra cittadini e giustizia. Un problema da affrontare subito quello della fiducia nelle istituzioni. È difficile pensare uno stato di diritto in cui gli strumenti costituzionali a tutela e a garanzia dell’equilibrio vengono turbati da sentenze come questa. Voglio dire, qualcuno una responsabilità la dovrà pur avere. Amnesty international dichiara “verità e giustizia sono ancora più lontane”. Come dargli torto. Alle porte dell’inverno del 2009 Stefa-

no venne arrestato dai Carabinieri perché in possesso di stupefacenti, da li a una settimana, dopo la notte in caserma, il trasferimento nel reparto detenuti di un’ospedale di Roma, dove morì dopo una settimana. Ora è arrivata un’assoluzione che sicuramente vedrà un ricorso da parte dei legali della famiglia Cucchi ma che oramai segna il limite di una vicenda giudiziaria durata già cinque anni. Un’insufficienza di prove che, forse troppo spesso, è presente nelle disposizioni di una corte giudicante che vede coinvolte altre parti dello Stato (sanitarie o di pubblica sicurezza). Un’insufficienza di umanità, prima di tutto, perché Stefano Cucchi è morto di stenti in una struttura pubblica mentre era sotto il (non) controllo dello Stato. Andrea Minoia direzione@edizioniadesso.com

ADESSO



ADESSO SOMMARIO Foto copertina e sommario © Pigi Cipelli

GIOVEDÌ 20 NOVEMBRE 2014 · N. 15

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PERSONAGGI Marco D’Amore, il cattivo di Gomorra dal cuore tenero

60. LIBRI Tutte le novità

24 BENEDETTA PARODI

La conduttrice e scrittrice di cucina ci porta nel suo mondo fatto di tre figli, una famiglia felice e una passione, quella per i fornelli, diventata quasi per caso un lavoro 06. FOTO DELLA SETTIMANA Educazione e fede 08. ATTUALITÀ Le foto della settimana 10. FORUM DI ADESSO Lettrici protagoniste 12. LA VITA È ADESSO L’Italia solidale vista da Lorella 15. FATTI DI UN TEMPO Accadeva in questa settimana 16. ATTUALITÀ In primo piano News dall’Italia e dal mondo 18. FINESTRE SULLA CITTÀ Il racket delle occupazioni abusive degli immobili 20. I TUOI DIRITTI Risarcimenti per malasanità: cambiano le regole 21. IMPEGNO PER GLI ALTRI Senzatetto per una notte 32. PERSONAGGI Gigi Proietti 36. MODA Look & people 42. BELLEZZA Uomini & beauty

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IN ONDA

Il nostro piccolo grande amore, la vita di una coppia di nani 46. TV Gerry Scotti 48. PERSONAGGI Daniela Ferolla 50. PERSONAGGI Alessandro Greco

TEATRO

Anna Galiena, la regina del teatro 52. CINEMA I film in uscita 54. ANNIVERSARI Il postino 58. TEATRO Roberta Lanfranchi

68 ADESSO... È AMORE Belen Rodriguez e Stefano De Martino... se l’amore è social 64. PERSONAGGI

Tiziana Lodato

66. PERSONAGGI

Anna Foglietta

28 KEVIN COSTNER Il divo hollywoodiano racconta il suo ultimo film Black and White e la sua vita a telecamere spente

PAPA FRANCESCO Il mondo del Pontefice fra novità, viaggi e parole di speranza

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ADESSO

SETTIMANALE N. 15 - 20 NOVEMBRE 2014, anno I Direttore Editoriale ANDREA MINOIA direzione@edizioniadesso.com Direttore Responsabile Sergio Greci Caporedattore Vincenzo Petraglia vincenzo@edizioniadesso.com Redazione redazione@edizioniadesso.com Chiara Mazzei (Cultura e società) chiara@edizioniadesso.com

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Lorella Cuccarini (Storie di solidarietà)

INCHIESTA Neknomination, l’ultima, pericolosissima moda che porta l’alcolismo tra i giovani, conducendoli a gesti anche estremi. I numeri e i perché del fenomeno

Stefano Fisico (Caposervizio musica e spettacolo) fisico@edizioniadesso.com Federica Piacenza (Moda) moda@edizioniadesso.com Progetto grafico KYTORI s.r.l. www.kytori.com - info@kytori.com

74. STORIE ED EMOZIONI

L’impegno di Emergency contro l’Ebola

78. DONNE D’ITALIA Ornella Vanoni

Grafica ed editing Michele Magistrini (Caposervizio) Sebastian Páez Delvasto Laura Pozzoni Direzione marketing Ciro Montemiglio

112 CUCINA CREATIVA Biscotti a volontà!

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PSICO Ansia: impariamo a gestirla

87. PUNTI DI VISTA

Le incognite di Obama

92. CONTROCORRENTE Aldo Cingolani 94. NARRATIVA I racconti di Adesso 102. AGENDA

Eventi in Italia

1974: viaggio a ritroso fra musica, curiosità e personaggi

114. SPESA CONSAPEVOLE Il kit per risparmiare al supermercato 116. CASA DOLCE CASA I trucchi per recuperare spazio 117. BRICONSIGLI Pulizie last minute 118. POLLICE VERDE L’orto sul balcone 119. FAI DA TE Profuma i tuoi vestiti 120. OROSCOPO

© Czech Tourism

104. LA MACCHINA DEL TEMPO

106. SALUTE La dieta anti-influenza 108. GENITORI E FIGLI Dislessia: come riconoscerla e cosa fare 110. AMICI ANIMALI Quando nasce un cucciolo  Vieni a trovarci su Facebook, cerca la pagina Adesso

Ricerca iconografica Carlo Sessa Foto e illustrazioni Kikapress, Corbis, Fotolia, The Noun Project Hanno collaborato: Manfredi Barca, Manuela Blandino, Lorenzo Bordoni, Viviana Carfì, Marta Cerizzi, Silvia Coldesina, Federico Crisalidi, Alice Dutto, Serena Fogli, Massimo Lanari, Luca Foglia Leveque, Laura Frigerio, Stefano Padoan, Erik Parma, Fabio Quinto, Giulio Serri, Roberta Valentini

SO.FIN.COM. S.p.A. Via San Lucio 23, 00165 Roma info@sofincom.com Concessionaria Pubblicità SO.FIN.COM. S.p.A. Via Bramante 35, 20154 Milano Tel. 02.89.09.66.21 Fax 02.89.09.83.58 info@sofincom.com Agente esclusivo Regione Campania MediaAdv S.r.l. Via A. Panizzi 6, 20146 Milano Tel. 02.43.98.65.31 - 02.45.50.62.59 info@mediaadv.it Redazione Via Nino Bixio 7, 20129 Milano milano@edizioniadesso.com

96 WEEKEND D’AUTUNNO Praga delle meraviglie

Distribuzione per l’Italia SO.DI.P. “Angelo Patuzzi” S.p.A. Via Bettola 24, 20092 Cinisello Balsamo (MI) Tel. 02.66.03.01 Copyright 2014 Sofincom S.p.A. Tutti i diritti riservati. Testi, fotografie e disegni contenuti in questo numero non possono essere riprodotti, neppure parzialmente, senza l’autorizzazione dell’Editore. Settimanale registrato presso il Tribunale di Milano n.89- 14/03/2014. Una copia: 1,50 euro Stampa BUCAREST R.E. UNO S.R.L.



ADESSO

FOTO DELLA SETTIMANA

EDUCAZIONE E FEDE In Pakistan tradizione, religione e identità si fondono in una cosa sola. Nella scuola di Muzafarabad, nel Kashmir centrale, i bambini imparano a leggere il Corano con i maestri e il tempo è scandito dalla preghiera e dallo studio della lingua araba.

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ADESSO

Una Settimana in foto PERSONAGGI

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SFERE DI GHIACCIO

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SPETTACOLARI MIX

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PANCIONI ACQUATICI 8

1. Un fenomeno del tutto naturale che tuttavia sprigiona un senso di magia fortissimo. Nelle foreste canadesi, sono state riprese con una telecamera ad alta definizione le bolle di sapone che, a contatto con l’aria gelida, si sono trasformate in piccoli blocchi di ghiaccio, che per un attimo si possono anche stringere tra le mani. Davvero meraviglioso. 2. Se credete di vedere un passerotto che spalanca delle temibili fauci, no, non avete bevuto troppo ma credete bene. Questo bizzarro ibrido è opera di Sarah DeRemer, artista venticinquenne che, grazie a Photoshop, dà vita a strabilianti creature unendo più specie per ottenere un risutato verosimile e folle. 3. Molte sono le donne che decidono di immortalare la propria gravidanza per averne sempre un ricordo fotografico. Ma l’idea del fotografo Adam Opris come originalità batte tutti: ha infatti ideato per le sue clienti degli shooting subacquei, che conferiscono alle future mamme un aspetto etereo e poetico. 4. Al suo padrone sarà sembrata un’idea geniale, ma non sappiamo cosa abbia effettivamente pensato il cane Riley quando è stato imbragato e lanciato da oltre 45000 metri. Imprecazioni? Può darsi. 5. Chi ha paura del lupo cattivo? Nessuno, grazie a questo fantastico kit contro mostri, vampiri, zombie e compagnia bella. L’azienda “In case of” ha messo in commercio in edizione limitata questi pratici attrezzi per ogni evenienza. 6. Come sarebbe una città popolata e gestita da soli bambini? Lo scopriremo grazie a Kidzania, una minicittà per bambini costata 20 milioni di sterline, con tanto di stazione di polizia, teatro, negozi, università, banca, ristoranti e una propria moneta, il kidzo. Con un biglietto di ingresso di 28 sterline, si potrà far vivere ai nostri figli l’esperienza di essere grandi. 7. Parrebbe un banale furgoncino ma in realtà è una lavanderia mobile. Lucas Patchett e Nicholas March sono i due ragazzi australiani che hanno fondato Orange Sky Laundry, una no profit che gira per le città lavando gratuitamente gli abiti dei senzatetto.


PERSONAGGI

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ESTATE... IN PARTY UN LANCIO CANINO

ADESSO

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KIT SALVA VITA

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LAVANDERIA SOLIDALE

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MINI CITY PER MINI PEOPLE 9


ADESSO

il Forum FORUM

Uno spazio in cui puoi far sentire la tua voce, chiedere consiglio e dare i tuoi suggerimenti alle altre lettrici.

DI ADESSO ALLORA CHE ASPETTI, SCRIVICI O CHIAMACI. ASPETTIAMO IL TUO PARERE! PER DIRE LA TUA O CHIEDERE CONSIGLI  Scrivi a Redazione Adesso, via Nino Bixio 7, 20129 Milano  Manda una mail a forum@edizioniadesso.com  Chiama il NUMERO VERDE GRATUITO 800 32 33 00

LE RISPOSTE ALLA LETTERA DELLA SETTIMANA SCORSA ECCO LA RISPOSTA DI ANNA A FEDERICA, CHE RICEVE ATTENZIONI ECCESSIVE DAL CAPO...

LA DOMANDA DELLA SETTIMANA AIUTO! IL MIO RAGAZZO FA IL SINGLE! Care lettrici, non so come far capire al mio ragazzo che una vita a due comprende inevitabili rinunce. Siamo andati a vivere insieme da due mesi e lui continua, imperterrito, a fare la vita da single, in pratica. Il lunedì calcetto, il martedì aperitivo con i colleghi, il mercoledì le prove con la band, giovedì a casa solo se non sorgono imprevisti, venerdì con gli amici, sabato con me (incredibile!). E io a casa che lo aspetto... Come fargli capire che la musica è cambiata? Finisce sempre che litighiamo ma le cose non cambiano. Grazie dei consigli... Un saluto a tutte! Maria Chiara, Torino

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Cara Federica, nel 2014 gli uomini ancora si permettono di abusare del proprio potere per approfittarsi delle donne. Non glielo devi permettere! Va bene che è il tuo capo, ma tutte queste confidenze se le deve risparmiare. Cerca di farti vedere fredda e professionale, distaccata senza essere scortese. A quel punto capirà che le sue avance non ti interessano e la smetterà di importunarti. Mi auguro! Anna, Foligno

ECCO LA RISPOSTA DI SARA A FEDERICA Cara Federica, ma è inaccettabile! Io fossi in te passerei direttamente alla denuncia. Posso capire che tu abbia paura di perdere il lavoro, in tempi come questi, ma non puoi neanche soccombere alla prepotenza del tuo capo. Se proprio non vuoi subito passare alle maniere forti, almeno digli chiaramente che le sue attenzioni non sono gradite e la deve piantare al più presto. Altrimenti prenderai provvedimenti. A buon intenditor, poche parole. Buona fortuna! Sara, Udine



ADESSO

INSIEME A TRENTA ORE PER LA VITA

LA VITA È

ADESSO

TRA PSICOSI E ALLARMISMO, L’IMPORTANZA DI CAPIRE REALMENTE QUALE SIA L’EMERGENZA EBOLA La scorsa settimana abbiamo affrontato il tema delle malattie rare, quelle di cui si parla troppo poco. Oggi la prospettiva è diametralmente opposta: parliamo del virus ebola che purtroppo continua a trovare ogni giorno ampio spazio su ogni mezzo di informazione al mondo. I telegiornali e la carta stampata ci descrivono quotidianamente i vertici dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, le riunioni dei ministri della salute dell’Unione europea a Bruxelles, il lavoro encomiabile di tante organizzazioni che di fronte all’emergenza non si sono sottratte, ancora una volta, nel dare il proprio contributo. L’emergenza è grave e non dobbiamo nascondercelo. L’Africa occidentale si trova a combattere dal mese di aprile la peggiore epidemia del virus ebola dal 1976, anno della sua scoperta. Il numero dei casi registrati è già arrivato a quota diecimila in appena otto mesi: una cifra molto superiore alle poche centinaia delle epidemie precedenti. Secondo AMREF, le radici della crisi vanno ricercate «in decenni di sottoinvestimento in infrastrutture e risorse umane» in Africa, dove «il personale sanitario formato in loco migra sempre di più verso l’Europa o il Nord America». La psicosi ebola sembra però correre più veloce dell’epidemia. Nel nostro paese avanza al nord come al sud. In Lombardia c’è chi propone la «quarantena preventiva per gli immigrati», un deputato sardo sostiene addirittura che esista «un piano segreto» del ministero dell’Interno per portare i malati di ebola sull’isola. A Pozzallo, in Sicilia, i genitori degli alunni di una scuola media hanno rimproverato alla preside di aver organizzato un progetto di integrazione scolastico che prevede l’incontro tra gli studenti e i ragazzi migranti

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INSIEME A TRENTA ORE PER LA VITA

ospiti del luogo. «Vogliamo vedere prima i certificati medici», hanno minacciato i genitori alla preside. A Fiumicino è andata anche peggio. Chanel, una bimba di tre anni di ritorno da una vacanza in Uganda insieme alla mamma e alla sorella, è stata il bersaglio di alcuni genitori che l’accusavano di portare l’ebola all’interno dell’istituto. In questo caso, la psicosi da contagio è stata in parte arginata grazie alla mediazione della preside dell’istituto che – secondo le ricostruzioni lette su alcuni giornali – avrebbe ricordato ai genitori che l’Uganda non è un paese a rischio e che comunque la bambina non manifestava nessun sintomo. La lista degli episodi è lunga e coinvolge tante persone, anche un prete missionario tornato dall’Africa e costretto a rintanarsi in casa per paura che potesse contagiare i fedeli. Anche in questo caso, il religioso non manifestava alcun sintomo. Ci sono poi episodi in cui il panico non c’entra proprio niente. A Roma, una giovane ragazza della Guinea è stata insultata da una ragazzina sull’autobus. «Fatti più in là, m’attacchi l’ebola», è l’offesa razzista che ha poi scatenato il parapiglia sul bus arginato solo con l’intervento della polizia. E non finisce qui. Il clima di psicosi collettiva lo ritroviamo anche sui social network e sul web. Sul famoso sito di acquisti Ebay, nella sezione costumi e travestimenti, si può comprare per 25,38 euro la tuta protettiva gialla contro qualsiasi gas nocivo o epidemia, incluso ebola. Impossibile non notare questa specifica scritta in maiuscolo nella descrizione dell’articolo. Chi non cerca un costume per carnevale ma vuole davvero dotarsi di una “super tuta” protettiva deve tirare fuori ben 334 euro. E attenzione a non arrivare in ritardo, il sito ricorda con un pop

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up che decine e decine di persone visionano questo articolo ogni giorno. Per fortuna c’è anche chi prova a sdrammatizzare. Come il fruttivendolo Armando Marascia che nel suo banco nel mercato di Ballarò a Palermo vende «limoni con vaccino anti ebola». «È solo una trovata pubblicitaria, i miei limoni non curano nessun virus. Però fanno bene alla salute», ha raccontato al quotidiano La Repubblica. Fin qui le paure e la psicosi, ora passiamo alla realtà. Ad oggi nel nostro paese si sono contate una quindicina di segnalazioni infondate e l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha specificato che «il rischio dello scoppio di un’epidemia in Occidente è improbabile». Sul pericolo che ebola arrivi dagli sbarchi, Medici Senza Frontiere è convinta che sia «improbabile». «È la solita storia, gli immigrati sono un capro espiatorio», sostiene l’organizzazione premio Nobel per la pace nel 1999. «Il semplice fatto che una persona torni da un paese colpito non è sufficiente a considerarla ad alto rischio», ci ricorda poi Nicola Petrosillo, direttore dell’Uoc Infezioni Sistemiche dello Spallanzani di Roma. «Dobbiamo farci guidare dalla scienza, dai fatti, e non dalla paura», ha detto il presidente statunitense Barack Obama. Giusto, giustissimo. Va infatti chiarito che ebola non si prende facilmente. L’ebola non è un virus a trasmissione aerea come l’influenza. Non ci si ammala con il contatto casuale con una persona. L’unico modo è il contatto diretto con i fluidi corporei - come sangue, feci o vomito - di qualcuno che ha i sintomi. Non dimentichiamolo. Lorella

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FATTI DI UN TEMPO

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ACCADEVA

IN QUESTA SETTIMANA… di Ettore Rizzo

IL PRIMO G-7

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Dopo il primo shock petrolifero del ‘73, per i paesi industrializzati divenne urgente la convocazione di riunioni periodiche sugli equilibri politici ed economici mondiali. I primi incontri informali comprendevano Stati Uniti, Giappone, Germania Ovest, Francia e Regno Unito. Alla prima convocazione ufficiale del vertice, a Rambouillet, il presidente francese Valéry Giscard d’Estaing invitò anche l’Italia. Un invito caldeggiato soprattutto dagli Stati Uniti per rafforzare il governo guidato da Aldo Moro. Al primo G-6 erano presenti Gerald Ford (Usa), Takeo Miki (Giappone), Helmut Schmidt (Germania Ovest), Valéry Giscard d’Estaing (Francia), Harold Wilson (Regno Unito) e Aldo Moro (Italia).

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Da giorni piogge insistenti cadono su tutto il bacino del Po. Il 14 l’ondata di piena del grande fiume attraversa il Mantovano e l’Alto Polesine senza danni, grazie all’intervento della popolazione accorsa a rinforzare gli argini. Ma nella fascia più povera del Polesine, quella dei braccianti in perenne lotta con i padroni, non avviene altrettanto. Alle 19,45, a Occhiobello, il Po sfonda gli argini in tre punti, creando delle voragini dalle quali l’acqua si getta con violenza sulle campagne. Il Po allaga un’area enorme, più di 100mila ettari, sommergendo interi paesi e arrivando alle porte di Rovigo. Muoiono 84 persone, i senza tetto sono quasi 200mila. Ci vorranno sette mesi per richiudere gli argini e prosciugare del tutto la pianura allagata.

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Seconda guerra mondiale. A Stalingrado tedeschi e sovietici combattono casa per casa. Hitler vuole conquistare a tutti i costi la città-simbolo del comunismo. Ma il generale sovietico Georgij Žukov lancia l’«operazione Urano». Sfruttando le stesse tattiche usate dai tedeschi, i carri armati sovietici sfondano a nord e a sud della città travolgendo le deboli divisioni rumene, alleate dei nazisti. L’Armata Rossa accerchia un milione di tedeschi in un terribile assedio. Hilter ordina al generale Friedrich Von Paulus di resistere fino all’ultimo uomo, mentre dall’Ucraina i tedeschi tentano di soccorrere gli assediati. Tutto inutile: i sovietici stanno già per scatenare una nuova, terribile offensiva. Si chiama «piccolo Saturno» e nel mirino, stavolta, ci sono gli italiani.

ALLUVIONE NEL POLESINE

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© BUNDESARCHIV, GEORGII ZELMA

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Londra, stadio di Highbury. Gli inglesi, che si erano sdegnosamente rifiutati di partecipare ai mondiali di calcio, decidono di dimostrare la loro superiorità sfidando l’Italia campione del mondo. Il match parte male per gli azzurri: Monti si infortuna, non esistono ancora le sostituzioni e l’Italia rimane in 10. Il primo tempo si conclude sul 3-0. Ma, nel secondo tempo, gli azzurri, in dieci, combattono su ogni pallone in una partita epica. Meazza segna una doppietta e il «Balilla» sfiora il clamoroso pareggio al 90esimo, colpendo la traversa. Gli italiani vengono sconfitti 3-2, ma escono tra gli applausi del pubblico di casa. Passeranno alla storia come «i leoni di Highbury».

OPERAZIONE URANO

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I LEONI DI HIGHBURY

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ADESSO

PERSONAGGI

IN PRIMO PIANO

di Vincenzo Petraglia

VICINI E LONTANI

FRA SELFIE E NUOVI STECCATI

L’ITALIA È IL PAESE EUROPEO COL MAGGIOR NUMERO DI CELLULARI PROCAPITE E NEL MONDO UNA PERSONA SU QUATTRO UTILIZZA I SOCIAL MEDIA. EPPURE, NONOSTANTE INTERNET SIA UNA STRAORDINARIA OPPORTUNITÀ DI DEMOCRAZIA GLOBALE E DI CONDIVISIONE, LA REALTÀ VERA RIMANE BEN DIVERSA DA QUELLA VIRTUALE... Recentemente la Fondazione Ibsa per la ricerca scientifica ha organizzato a Milano insieme con l’Università Cattolica un incontro (“Mente e social media: come cambia l’individuo?”) tra esperti internazionali di social media per discutere l’impatto di questi ultimi sulle nostre vite e, soprattutto, capire se e come gli svariati strumenti legati alle nuove tecnologie influenzano l’individualità e le relazioni delle persone. La nostra vita, d’altronde, s’intreccia sempre più con le tecnologie digitali. Una persona su quattro nel mondo utilizza i social media ed entro il 2017 gli utilizzatori a livello mondiale saranno due miliardi e mezzo. L’Italia è il Paese europeo col maggior numero di cellulari

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(ben 44,8 milioni di italiani ne possiedono almeno uno e il 94,7% fra gli 11 e i 74 anni ha uno smartphone, e quindi può navigare su Internet). Facebook, Twitter, Whatsapp, Instagram, Pinterest fanno ormai parte integrante del nostro vivere quotidiano. Non fosse altro – sottolineano gli studiosi – per il tempo che ciascuno dedica a questi strumenti digitali, che non sono più solo mezzi di comunicazione, ma vere e proprie estensioni della nostra individualità nell’intessere a sviluppare relazioni con il prossimo. Una parte dei dati presentati, fortemente interrelata alla personalità o alla rappresentazione che di essa si vuole dare, ha riguardato il fenomeno, sempre più diffuso e condiviso in

modo virale, dei “selfie”, diversi – dicono gli esperti – da un semplice “autoscatto”, il quale non prevede la componente social della condivisione (i selfie si scatterebbero per far ridere e divertire gli altri, 39%, per vanità, 30%, per raccontare un momento della propria vita, 21%. Quella dei selfie è solo una, la più alla moda oggi, delle mille sfaccettature che riguardano i social media, che, sottolineano i ricercatori, per la prima volta nella storia della cultura umana, ci offrono la possibilità, non esente da rischi, di intrattenere contatti e rapporti con persone sconosciute. Il social diventa l’equivalente virtuale dei luoghi di aggregazione del passato, facilitato dal fatto che ognuno può disporre di questo “luogo virtuale” a casa propria, o da qualsiasi parte si trovi. Ed è proprio questo aspetto che stimola maggiormente la nostra riflessione. Legata a una società, la nostra, che vive l’ambivalenza della vicinanza e della lontananza allo stesso tempo. La contraddizione di un sistema sociale, e quindi nello specifico di noi singoli individui appartenenti soprattutto alle società occidentali, in bilico fra la volontà di condividere tutto, talvolta esageratamente e in modo spasmodico, nel mondo virtuale, e, nei nostri mondi privati, nella realtà vera, l’individualismo, l’egoismo, il vivere ognuno nel proprio “recinto”, come tante isole, pianeti che comunicano fra loro rimanendo comunque in superficie, ciascuno nella sua propria orbita. In fondo, prendere posizione, aderire a campagne di denuncia sociale e quant’altro, rimanendo comodamente seduti alla scrivania davanti allo schermo del computer ci scomoda fino a un certo punto, è diverso che sporcarsi le mani nel mondo reale. Internet è un magnifico strumento di democrazia globale e un’opportunità straordinaria per creare conoscenza e condivisione, per cui nessuno vuole demonizzarla. Ci mancherebbe. Ma è anche vero che gli egoismi del mondo reale, sia esso quello delle nazioni che quello di ciascuno di noi preso individualmente, permangono e anzi forse si stanno accentuando, mediati dalla realtà virtuale in cui oggi viviamo.


news dall’italia e dal mondo PERSONAGGI

LA SIGNORA DELLE CELLULE

LA SCIENZIATA ITALIANA FABIOLA GIANOTTI, DA POCO ELETTA DIRETTORE DEL CERN, IN PRIMA LINEA PER LA PACE È stata da poco nominata direttore generale del Cern di Lucerna, prima donna ad assumere la guida del più importante istituto di fisica del mondo e vanto tutto italiano. La scienziata Fabiola Gianotti, soprannominata “La signora delle cellule” per aver annunciato al mondo la scoperta del bosone di Higgs, la “particella di Dio”, e collocata nel 2012 dal Time fra le 5 persone dell’anno, dopo la nomina (seconda italiana ad assumere questo ruolo dopo Carlo Rubbia e Luciano Maiani), in forza della quale coordinerà ben 12mila scienziati, ha impresso subito una direzione precisa a quello che sarà il suo operato: «Mettere la scienza al servizio della pace». Complimenti Fabiola, sono queste le donne che ci piacciono, orgoglio grande per tutta la Nazione!

ADESSO

GIOVANI RE MIDA DEL NOSTRO TEMPO

FENOMENO ONE DIRECTION FRA TALENTO E MARKETING Tutto ciò che toccano si tramuta in oro. Proprio come la leggenda di Re Mida. Una band che macina successi su successi, per i quali ha finora incamerato ben 97 milioni di euro. Per i concerti, il merchandising e le continue azioni di un marketing abile nel creare intorno ai ragazzi dei One Direction un universo amato e rincorso dalle ragazzine di tutto il pianeta. La band, nata in tv nel 2010 a X Factor Uk, è, infatti, in cima alla lista degli under 30 più ricchi d’Inghilterra (seguiti da Daniel Radcliffe, il protagonista di Harry Potter, con 80 milioni di euro, e il “vampiro” Robert Pattinson, con 60 milioni) e il primo singolo Steal My Girl, estratto dal nuovo album, è già in cima alle classifiche. Un nuovo, ennesimo successo.

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ADESSO

FINESTRE SULLA CITTÀ

IL RACKET

DELLE OCCUPAZIONI

Nelle case popolari abusivi in aumento e sgomberi in diminuzione. Colpa anche della carenza di assistenti sociali di Massimo Lanari

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risi, emergenza abitativa, delinquenza, povertà, immigrazione. È la miscela esplosiva di un fenomeno certamente non nuovo nelle nostre città, ma che sta assumendo proporzioni sempre più preoccupanti. Stiamo parlando dell’occupazione delle case popolari: non più solo di alloggi sfitti, ma anche di case abitate, occupate approfittando della momentanea assenza dei regolari residenti. A Milano i dati resi noti dall’Aler (Azienda lombarda edilizia residenziale) sono a dir poco sconcertanti. Dalle 63 occupazioni riuscite nel 2009, si è passati alle 659 del 2013 e alle 720 dei primi 10 mesi del 2014. Al contrario, gli sgomberi da parte delle forze dell’ordine appaiono in drastico calo: dai 681 del 2009 ai 398 del 2014.

LA CASSAZIONE

Dietro le occupazioni c’è dietro un vero e proprio racket, visto che in buona parte dei casi le persone che entrano negli appartamenti lo fanno per contro di altri. Dietro una lauta ricompensa, ovviamente. Cosa sta succedendo, dunque? Semplice. Se si deve sgomberare una casa popolare in presenza di minori, occorre la presenza di assistenti sociali, messi a disposizione dal Comune. I quali sono però insufficienti, e addirittura in certi orari assenti. Ecco dunque che né le strutture dell’Aler, né le forze dell’ordine riescono ad intervenire in maniera efficace. E, nel migliore dei casi, si deve aspettare dei mesi. Anche perché, nel 2007, la Cassazione affermò che l’alloggio rientra tra i «bisogni fondamentali della persona», e che quello alla casa è un diritto di rango costituzionale. Quindi, prima di effettuare uno sgombero, occorre che le autori-

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tà si premurino di individuare delle alternative: da qui deriva la necessità della presenza degli assistenti sociali.

LE NUOVE NORME

In questo quadro a poco valgono le recenti norme varate dal decreto Casa (Decreto 47/2014), che ha vietato gli allacciamenti a luce, acqua e gas in caso di occupazione abusiva. E che esclude, per 5 anni, gli occupanti da qualsiasi procedura di assegnazione di alloggi pubblici. Se Milano piange, però, Roma non ride. Solo nel 2013 nella capitale sono state denunciate oltre 800 persone per occupazione abusiva. E anche nelle città del Sud, pur in mancanza di dati, da più parti viene denunciata l’esplosione del fenomeno. Il rischio è quello dell’ennesima guerra tra poveri che si scatena ogni volta che lo Stato brilla per la sua assenza.

EMERGENZA CASA Secondo Federcasa, l’associazione dei gestori di edilizia popolare, sono oltre 650mila le domande di persone che richiedono un alloggio popolare. Le domande, nel 2013, sono cresciute del 25% rispetto al 2012 e il 2014 si chiuderà con un ulteriore incremento del 30%. Il record delle domande è a Roma, dove risultano 29.300 richieste; segue Milano con 20.256, Palermo con 12.290, Catania con 11.792 e Torino con quasi 10mila richieste.



ADESSO

I TUOI DIRITTI

MALASANITÀ

RISARCIMENTI PIÙ DIFFICILI

Una sentenza del tribunale di Milano ribalta l’onere della prova: dovrà essere il paziente a dimostrare l’errore del medico. Ma forse non è una cattiva notizia

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hi si attiene a linee guida e buone pratiche accreditate dalla comunità scientifica non risponde penalmente per colpa lieve». Con questa frase, nel 2012, la Legge Balduzzi ha dato il via a un fenomeno forse peggiore della malasanità: quello della «medicina difensiva», ovvero il trattamento dei pazienti in base a rigidi protocolli definiti dalla struttura ospedaliera, di fatto impossibili da derogare anche quando la realtà fa a pugni con la teoria. Una pratica che tende a trasformare, ogni giorno di più, i medici in burocrati. Altro che giuramento d’Ippocrate, rapporto di umanità tra medico e paziente e spirito “missionario” della professione medica.

RESPONSABILITÀ EXTRACONTRATTUALE

A tutto questo, però, potrebbe essere presto posto un freno. Il Tribunale di Milano ha infatti stabilito che la responsabilità del medico verso il paziente è di tipo «extracontrattuale da fatto illecito» (articolo 2043 del codice civile) e non «contrattuale» (articolo 1128). In altre parole, l’eventuale errore del medico – in sede civile, la procedura penale è tutt’altra faccenda – non è un’inadempienza contrattuale, in cui il ricovero in un ospedale è equiparato a un vero e proprio contratto che il paziente sottoscrive tacitamente al suo ingresso nella struttura. Ma un «fatto illecito», la cui sussistenza va dimostrata in tutt’altro modo. Prima, infatti, il medico era tenuto a risarcire il danno provocato al paziente anche quando non era in grado di dimostrare di avere ben operato. La sentenza milanese costituisce invece una sorta di inversione di onere della prova. Dovrà cioè essere il paziente a dimostrare che il medico ha sbagliato.

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di Massimo Lanari

LA DITTATURA DEL PROTOCOLLO

A scatenare il caso è stata la richiesta di risarcimento per un caso di paralisi alle corde vocali. Ma l’interpretazione dei giudici, a ben vedere, si basa sull’interpretazione letterale di quanto già previsto dalla Legge Balduzzi, che già faceva riferimento alla responsabilità extracontrattuale ma che i giudici non avevano mai applicato, ritenendola addirittura un «errore» del legislatore. Il caso di Milano – in attesa che la giurisprudenza venga consolidata dalla Corte di Cassazione - ha per conseguenza anche la riduzione dei tempi di prescrizione, che passano da 10 a 5 anni. D’ora in poi, dunque, sarà più difficile ottenere risarcimenti dovuti a malasanità. Ma, forse, la sanità diventerà più umana e meno burocratica.

I NUMERI DEL FENOMENO Il fenomeno della malasanità, seppure in flessione rispetto agli anni ‘80 e ‘90, resta comunque grave. I dati più recenti parlano di circa 13 casi al mese, per un totale di 570 denunce tra il 2009 e il 2012. Di queste, 400 erano casi che poi hanno portato alla morte del paziente. In testa c’è la Sicilia con 117 denunce, seguita dalla Calabria con 107, dal Lazio con 63 e dalla Campania con 37.


IMPEGNO PER GLI ALTRI

SENZATETTO

PER UNA NOTTE

ADESSO

Anche quest’anno si è svolta in numerose città italiane la “Notte dei Senza Dimora”. Per provare sulla propria pelle che cosa vuol dire dormire all’aperto di Stefano Padoan

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omprendere e conoscere veramente l’altro è un’impresa ardua che spesso richiede una semplice ma grande dote: la capacità di mettersi nei panni degli altri. È proprio questo ciò che ha proposto anche quest’anno la Notte dei senza dimora, evento che nelle giornate del 17 e 18 ottobre scorsi ha riportato l’attenzione sulla difficile condizione dei senzatetto che vivono nelle nostre strade, persone che ci paiono invisibili nonostante calpestino il nostro stesso marciapiede. In occasione della Giornata Mondiale della Lotta contro la Povertà, le Associazioni del settore hanno organizzato, in diverse città italiane (come Padova, Vicenza, Treviso, Foggia e Milano), iniziative per sensibilizzare e far conoscere ai cittadini il mondo dei clochard. Una realtà che troppo spesso rischiamo di dimenticare, ma i cui numeri devono far riflettere: in Italia le persone senza dimora sono

60mila (14mila solo a Milano) e di queste quattro su dieci sono italiane. Per questo popolo che non ha voce, rompere il muro dell’indifferenza significa ridurre quel senso di solitudine che molte volte è l’aspetto più duro di questo stato di povertà. Per fare ciò sono state numerose le occasioni di solidarietà e d’incontro con l’altro, che è spesso considerato il diverso: una su tutte la cosiddetta “biblioteca vivente”, uno spazio di ascolto in cui, grazie a testimonianze di vita vissuta, le persone hanno scoperto storie di vita incredibili, forti, toccanti. Ma la festa è stata fatta anche di spettacoli musicali e artisti di strada, di biciclettate attraverso i centri cittadini e a Milano si è tenuto

un laboratorio di maglia e uncinetto per realizzare sciarpe e cappelli da lasciare in dono ai senzatetto. Presente poi in numerose piazze lo “Sportello Diritti”, dove le Associazioni di avvocati di strada hanno offerto consulenza a chiunque ne avesse bisogno, mentre a Trento è stato proposto il “mercatino del dono”, una bancarella da cui ciascuno ha potuto prendere non in base al denaro posseduto, ma a seconda delle proprie necessità. E, dopo aver condiviso del tempo, una strada e un piatto caldo, le persone con e senza tetto hanno concluso la giornata dormendo fianco a fianco sotto il cielo stellato. Stelle che, per una notte, hanno brillato anche sui senza fissa dimora.

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COVER STORY

La conduttrice e scrittrice di cucina ci porta nel suo mondo fatto di tre figli e una famiglia felice, ricette a portata di tutti e... una passione, quella per i fornelli, diventata quasi per caso il suo lavoro 24

Courtesy of Real Time Š LaPresse/Saragò

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Benedetta è sposata col giornalista sportivo Fabio Caressa (47 anni), da cui ha avuto tre figli: Matilde (12 anni), Eleonora (10) e Diego (5). In famiglia, non è stata l’unica a seguire la strada del giornalismo. Come lei, anche la sorella Cristina (50 anni) e il fratello Roberto (51), specializzato in viaggi in moto.

Benedetta

PARODI I

Coccolatevi a tavola, ma con intelligenza!

suoi programmi e i suoi libri hanno sempre un grande riscontro, perché Benedetta Parodi evidentemente, come lei stessa ci racconta, propone ricette sfiziose, ma alla portata di tutti. Una passione, la sua, per la cucina, che anni fa non avrebbe mai pensato potesse diventare il suo lavoro, giacché fino a un certo punto si è occupata, come giornalista, di tutt’altri temi. In tivù in questo periodo con Bake Off – Dolci in forno su Real Time e in libreria con Molto Bene, dedicato alle ricette per chi ai fornelli non è proprio un Gualtiero Marchesi e non ha molto tempo, ci racconta anche un po’ della sua vita di tutti i giorni, divisa fra il mestiere di mamma, con i suoi tre figli, e di moglie felice, al fianco del giornalista sportivo Fabio Caressa.

di Stefano Fisico

Benedetta, in tutta sincerità, ma se il giorno che ti sei laureata in Lettere moderne, ti avessero detto che una decina di anni dopo avresti messo a disposizione il tuo sapere delle massaie italiane, ci avresti creduto? «Beh, in effetti è molto strano, ma se mi avessero detto che avrei venduto tanti libri e sarei diventata una scrittrice ne sarei stata felicissima perché quello è sempre stato il mio sogno e ci si arriva attraverso strade che magari uno non immagina». La tua famiglia rappresenta un po’ quello che è il sogno di molti italiani. Il marito che lavora e vive di calcio (il giornalista Fabio Caressa, ndr), tu che scrivi libri e conduci programmi televisivi, tre figli... Ti senti una privilegiata?

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«Detto cosi suona molto bene, anche se in realtà siamo una famiglia normale con tutti gli affanni e le rincorse che hanno le famiglie, nel senso che lavorare e avere tre figli è molto spesso un manicomio. Quello che però posso tranquillamente dire è che io ho sempre voluto una famiglia numerosa. Non mi sento una privilegiata, ma sicuramente sono molto felice perché la famiglia che volevo sono riuscita a costruirmela». La tua famiglia è stata, come hai detto, la fonte d’ispirazione del tuo nuovo libro Molto Bene, che riprende anche il nome dal tuo programma su Real Time. Possiamo dire che è rivolto particolarmente a coloro che hanno poche idee o che sui fornelli non sono proprio dei Gualtiero Marchesi? «Secondo me questo è un libro rivolto a tutti, in modo particolare a coloro che cucinano di tanto in tanto e che non hanno neppure molto tempo. Suggerisco delle idee che possano essere utili. Se, invece, si vuole provare qualcosa di nuovo, ci sono tantissime ricette per variare il menù quotidiano, comprendendone una serie anche per quei ragazzi che si avvicinano al mondo della cucina. Tutto ciò che accomuna queste ricette è che, comunque, sono tutte molto fattibili». Personalmente, c’è qualche piatto che ti mette in crisi quando lo devi preparare? «Io non amo fare le crêpes. Non mi

vengono bene, faccio fatica a girarle, e come al solito i piatti che ti vengono meno bene, sono quelli che fai anche meno. Non a caso nel libro ce n’è una versione che ho fatto fatica a realizzare e che, però, ho apprezzato molto. È una crêpe con all’interno del salmone affumicato e besciamella, che io adoro». Parliamo ora di televisione, o meglio dei modelli a cui ti sei ispirata nell’arco della tua carriera, divisa tra l’ansia delle notizie sul filo di lana e l’attenzione alle quantità e ai tempi di cottura in cucina... «In realtà in cucina quando ho iniziato io il tipo di piatti e ricette che proponevo era unico. Di conseguenza ho semplicemente utilizzato il mio modo di comunicare imparato nel giornale, quindi abbastanza semplice e chiaro, e l’ho applicato in cucina, cercando di essere molto pulita, essenziale, senza fronzoli». Spesso viaggiare nel mondo è fonte di sperimentazione e ispirazione a livello culinario. Dei posti che hai visto, quale ti è piaciuto maggiormente e cosa ti piacerebbe vedere? «In verità io viaggio molto poco, un po’ per i figli, con i quali essendo abbastanza piccoli, risulta sempre un po’ più complicato del normale spostarsi, sia perché non amo volare. Di conseguenza le mie esperienze culinarie avvengono più tramite ristoranti etnici che attraverso veri e propri viaggi in paesi lontani».

So che sei una mamma che lascia molta libertà ai figli. Non cerchi mai di importi su quanto e come devono vedere la tv o usare il tablet? È un segnale di grande fiducia nei loro confronti o c’è un pizzico di “incoscienza”, anche alla luce di quanto si sente oggi accadere in giro? «A mio avviso è più pericoloso mandarli in giro da soli a Milano piuttosto che lasciarli vedere la televisione. Sono ragazzi che hanno uno spirito critico già sviluppato e soprattutto amano guardare cose che so essere innocue. Non sono certo la mamma che mette il timer ai figli quando guardano la tv o stanno sui tablet. È chiaro che se vedessi i miei figli perennemente davanti alla televisione o davanti al computer, cercherei di convincerli a fare altro, ma devo dire che si regolano abbastanza bene». Sei sposata con Fabio Caressa, tua sorella è Cristina Parodi e tuo cognato Giorgio Gori (imprenditore e a lungo dirigente Mediaset, ora anche sindaco di Bergamo, ndr). Se non ci fosse la tv, tu cosa faresti? «Io continuerei a cucinare a casa mia perché, comunque, il mio lavoro è una cosa che condivido molto con la mia famiglia, che fa proprio parte del ménage familiare e, quindi, forse sarei l’unica ad avere ancora un lavoro». Siamo in pieno svolgimento della seconda edizione di Bake Off – Dolci in forno dove, rispetto ai due giudici Ernst Knam e Clelia D’Onofrio, il tuo ruolo è principalmente quello di “sostenitrice” dei concorrenti che ogni tanto vanno in tilt di fronte a torte arcobaleno o profiterole. Quanto ti diverte questo tipo di programma? «Beh, è molto carino perché il mio è un ruolo molto diverso da quello che svolgo di solito, per cui non dovendo cucinare posso permettermi di indossare abiti più eleganti, gioielli e avere i capelli sciolti. Questo tipo di conduzione è sicuramente diverso rispetto al mio lavoro solito, che rimane la grande passione per la cucina». Che rapporto hai con Ernst e Clelia? «Di grande complicità, sono davvero molto simpatici e carini. Con Ernst c’è sempre il gioco che ho con tutti gli chef a cui chiedo consigli e loro mi bacchettano se commetto degli er-

Benedetta Parodi (42 anni) è approdata al mondo della cucina dopo aver fatto per anni la giornalista ed essere stata per diverso tempo alla conduzione del Tg di Italia1 Studio Aperto. Dopo programmi e libri di successo legati al mondo delle ricette, è in questo periodo in onda su Real Time con Bake Off – Dolci in forno e, in libreria, con Molto Bene, dedicato alla cucina creativa.

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© Pigi Cipelli

© Pigi Cipelli

© Pigi Cipelli

Dida foto / libri

rori. Con Clelia posso dire di avere condiviso il lavoro di giornalista per tanti anni, per cui, da una parte con la cucina e dell’altra con il giornalismo, mi sento sulla stessa lunghezza d’onda con entrambi». Ci sono degli chef a cui ti ispiri o che, magari, ti piacerebbe conoscere, per strappare loro qualche segreto? «Il mio lavoro e la mia cucina sono davvero molto diversi da quella degli chef, per cui quello che mi piace fare ogni tanto è andare nei loro ristoranti e assaggiare i loro piatti. Diciamo che finisce cosi, non essendoci contatto di altro tipo». Ma se un domani i tuoi figli Matilde, Eleonora o Diego ti dicessero che vogliono fare il tuo stesso mestiere, cosa risponderesti? «Che non ho capito neanche io che mestiere faccio! La giornalista? La conduttrice televisiva o la cuoca? Faccio tante cose insieme. Dico loro di seguire la propria passione, qualunque delle tre fosse io li sosterrei». So che durante le tue gravidanze non hai messo su più di otto chili. Molte donne, una volta accumulato peso, fanno fatica a perderli. Alle nostre lettrici puoi dire qual è stato il tuo segreto? Forza mentale, autostima o conoscenza di come e cosa mangiare? «Io penso sicuramente all’autostima.

Sono una mangiona ma se vedo che sto prendendo peso mi fermo immediatamente essendo anche vanitosa, per cui non mi va giù il fatto di dover rinunciare ai miei vestiti. Cerco di assaggiare tutto ma di non abusare, senza negarmi mai nulla, tranne che in periodi di dieta. Credo che ci voglia un po’ di equilibrio, e questo lo si acquisisce negli anni. Quando ero più giovane ero più cicciottella e mangiavo di più, ora sono più attenta e non credo a quelli che dicono di mangiare di tutto senza mettere su peso, perché non esistono. A quindici anni te lo puoi permettere, dopo tre gravidanze decisamente no». Se non sei in tv a condurre, sei invitata come ospite. Se non sei a cucinare, stai scrivendo di cucina. Se non fai tutto questo, fai la mamma. Ma hai del tempo libero, e se si, cosa ami fare? «Di solito per le donne che lavorano il tempo libero è un grande lusso, qualunque lavoro tu faccia. Diciamo che la cosa buffa è che dato che il mio lavoro è anche il mio hobby, io nel tempo libero spesso cucino». Mentre cucini ascolti musica? «Assolutamente si, anche grazie ai miei figli accendiamo la tv e guardiamo i video musicali. L’ alternativa è guardare il mio programma Molto Bene, montato da febbraio in avanti, dato che, avendolo registrato a pezzi, non ho avuto mai la percezione del risultato finale e completo. La cosa divertente è vedere me che cucino in tv mentre cucino a casa contemporaneamente, e a volte esattamente lo stesso piatto».

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DIVI HOLLYWOODIANI

KEVIN

COSTNER

«LA MIA GIOIA PIÙ GRANDE? I MIEI SETTE FIGLI» di Roberta Valentini

PRESTO IN SALA CON BLACK AND WHITE, DEDICATO AL TEMA DEL RAZZISMO, IL DIVO DI HOLLYWOOD SI RACCONTA FRA IL MESTIERE D’ATTORE E PRODUTTORE, LA SUA GRANDE FAMIGLIA E UN AMORE SMODATO PER LA MUSICA

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Alle soglie dei 60 anni, Kevin Costner rimane uno dei divi hollywoodiani più amati dal mondo femminile, per il suo fascino che non sembra conoscere età.

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a incarnato tanti tipi di eroe. Il più noto, quello del tenente John Dunbar, nel film-Premio Oscar Balla coi lupi, che Kevin Costner ha scritto, diretto e interpretato. Ma lui, che gli eroi li guardava sul grande schermo fin da bambino, imitandone i gesti e sognando, un giorno, di poterli interpretare, nella vita è un uomo normale. E ne va orgoglioso. «Il mio ruolo preferito? Resta quello di padre e di marito», racconta l’attore, in occasione della presentazione del suo ultimo film, Black and White, al Festival Internazionale del Film di Roma, durante il quale l’abbiamo incontrato: una storia sentimentale che affronta il delicato problema del razzi-

smo, in cui si cala nei panni di un nonno pronto a tutto per salvaguardare la sua nipotina. Barba leggermente ingrigita, capelli rasati e look da cowboy americano, con tanto di jeans e una semplice t-shirt bianca indossata sotto il gilet grigio, Costner, arrivato alle soglie dei suoi primi 60 anni (li compie il prossimo 18 gennaio), è un bello con l’anima. Un’anima rock, considerando anche la sua straordinaria passione per la musica, che l’ha portato spesso in tournée in giro per il mondo con i “Modern West”, un gruppo di vecchi amici che suonano e cantano insieme a lui. Un uomo che nella vita ha vissuto mille esperienze, ottenendo straordinari successi, ma che non dimentica mai di essere grato per i doni ricevuti. «Sono stato molto fortunato e lo tengo a mente ogni giorno», dice emozionato. Mr. Costner, in Black and White interpreta il ruolo di un nonno. A chi ti sei ispirato? «Nella vita non sono ancora un nonno (sorride) e, anche se avevo dei nonni, non ho tratto ispirazione da loro per questo ruolo, ma ho solo studiato a


fondo la sceneggiatura… Il mio personaggio è un avvocato che beve troppo e che ha perso due donne nella sua vita, la moglie e la figlia, che erano importantissime per lui. E, nel film, si batte per poter mantenere l’ultimo legame con queste due donne, rappresentato dalla nipotina, nata dall’unione della figlia morta di parto con un uomo di colore che non se ne è mai occupato, e che è cresciuta con lui». Nella vita, hai sette figli, nati da due diversi matrimoni. Quanto è importante, per te, la famiglia? «Fondamentale. La mia carriera è diventata molto più di tutto quello che potessi pensare, e quindi sono molto grato ogni giorno per quello che ho. Però la mia vita, a casa, è estremamente normale. Quando non giro i film, non devo uscire ogni mattina per andare al lavoro, e così mi occupo dei miei tre figli più piccoli, li accompagno a scuola, pranzo con loro, faccio da paciere nelle loro liti… La bambina di 4 anni, per esempio, ogni giorno diventa protagonista di un dramma casalingo, tutto gira intorno a lei (ride). E poi ho il piacere di trascorrere del tempo anche con i miei figli più grandi, come Lily, per esempio, che recita un ruolo nel mio ultimo film». Se ripensi a tuo padre cosa ti viene in mente? «Sono nato in una famiglia modesta, i soldi erano pochi e, quando ho deciso che volevo fare l’attore, per mio padre è stata dura, perché non sapeva come aiutarmi. Tutti i padri vogliono aiutare i propri figli. Ecco, se penso a lui,

mi viene in mente questo…». È difficile conciliare il ruolo dell’attore famoso con quello di uomo normale? «Nella vita abbiamo l’opportunità di essere tante cose, a prescindere da quello che facciamo per vivere. Io ne ho fatte tante: recitare, fare musica, viaggiare, ma tutte possono cambiare, interrompersi. Una cosa che per me non cessa mai è la responsabilità della paternità. La parte che mi ha dato e mi dà grandissima gioia è quella di padre, di marito e il rapporto con tutti i miei amici». Sei considerato uno dei belli di Hollywood. E, spesso, la bellezza, nella carriera di un attore, porta con sé anche una sorta di pregiudizio sulle sue reali capacità professionali. Tu lo hai vissuto, questo pregiudizio? «Se vediamo una donna non particolarmente bella sola in un angolo a un party, pensiamo sia timida. Se vediamo una donna bellissima sola a un party, invece, pensiamo sia snob. Eppure entrambe non hanno detto neanche una parola. Questo ci fa capire che ci lasciamo condizionare dalle nostre impressioni, senza pensare che potremmo sbagliarci. Vale anche nella recitazione: se sei alto e bello, devi per forza essere stupido e la gente di solito pensa che sei solo molto fortunato. Io così intelligente non sono, e sono stato estremamente fortunato nel mio lavoro, ma mi impegno ogni giorno per cercare di diventare più intelligente. Mia moglie, per esempio, mi ha attratto sicuramente per la sua bellezza, ma mi sono innamorato di

Costner, padre di sette figli, nati da due diversi matrimoni, dietro al suo volto più noto, nasconde anche un’anima profondamente rock: è, infatti, spesso in tournée per il mondo con il gruppo musicale Modern West.

lei solo dopo averci parlato. Questo per dire che non bisogna mai fermarsi alle apparenze, in nessun caso». Parliamo della tua carriera: hai interpretato film d’azione e film romantici. Che tipo di personaggi preferisci e che approccio segui? «L’approccio è sempre differente, non ho mai voluto costruire la mia carriera su un solo ruolo. Quando lavoro, voglio sentirmi libero di fare grandi film, ma anche opere più piccole. Ad esempio, se c’è un film che voglio fare, ma gli Studios dicono di no, voglio avere la libertà di farlo lo stesso. Molto spesso abbiamo solo una chance di fare quello che vogliamo e dobbiamo coglierla». Perché hai deciso di produrre un

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DIVI HOLLYWOODIANI

neanche la mia lingua. Il razzismo? È uno dei problemi più grandi in America e non credo di essere intelligente al punto da avere una risposta o una soluzione. Quello che posso fare, però, è interpretare film che parlino di questi temi, in modo da affrontare l’argomento». Quali sono, invece, le dinamiche di produzione dei film hollywoodiani? «I film a Hollywood hanno costi sempre più elevati, arrivano a 150, a volte anche a 200 milioni di dollari. Ci sarà sempre spazio per i film grandi ma deve esserci anche per i film più piccoli. Balla coi lupi, ad esempio, è costato solo 16 milioni di dollari ma ne ha incassati oltre 500. Gran parte dei miei © Tracy Bennet

film come Black and White e quale può essere la soluzione migliore per affrontare il razzismo? «Gli Studios avevano dato parere negativo su questo film e così, dopo averne parlato con mia moglie, ho deciso di investire i miei soldi, perché anche se è un piccolo film, credo nella sua potenzialità e penso e spero che potrà avere un grande riscontro con il pubblico. La storia è sicuramente delicata, importante, perché si affronta il problema delle differenze razziali: ecco, la bellezza del mondo sta in tutte le differenze che lo compongono e alcune delle esperienze più belle della mia vita, infatti, le ho vissute con persone che non parlavano

Kevin Costner (sessant’anni il prossimo 18 gennaio), indimenticabile in ruoli quali il tenente John Dunbar, nel film Balla coi lupi, a febbraio sarà sul grande schermo con Black and White, dove interpreta un nonno alle prese con le problematiche del razzismo.

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grandi successi sono stati piccoli film. Mi auguro che il mondo veda Black and White, perché porta un messaggio importante, un messaggio che mi ha aiutato molto e che penso possa aiutare tante altre persone». Tra tutti i personaggi che hai interpretato, quale senti più vicino alla tua anima? «Ho interpretato tanti grandi personaggi americani, dal politico al cowboy e al giocatore di baseball. Ma non mi guardo mai indietro, sono sempre proiettato su un grande ruolo ancora da interpretare. Posso dire, finora, di aver dato il meglio che avevo da offrire di me stesso, ogni giorno, sul set». Hai paura del tempo che passa? «Il tempo che passa è il prezzo che si deve pagare nella vita. Io, per esempio, ho quasi 60 anni e ancora tre figli molto piccoli, quindi so che non potrò trascorrere tutta la mia vita con loro… Ma sarò sempre grato ai film, perché quando non ci sarò più, i miei figli avranno l’opportunità di guardarmi nelle storie che ho interpretato e vedere che papà forte e giovane che ero». Un pensiero sul cinema… «Mi viene in mente che i film valgono molto di più di quello che possono incassare, perché spesso contengono momenti e parole che la gente potrebbe non dimenticare mai. Ecco, quando si gira un film, bisognerebbe tenerlo sempre presente. Ho prodotto e interpretato Black and White indipendentemente dai soldi che potrebbe incassare, ma solo per come mi ha fatto sentire. Andare al cinema, significa provare grandi emozioni, e anche io sto spesso in sala, al buio, in attesa di emozionarmi ancora una volta».



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PERSONAGGI

Proietti, camaleontico come pochi, rimane uno dei grandi maestri della recitazione italiana. Tanti i successi che l’hanno portato a essere fra i più amati attori nostrani. La sua grande passione è sempre stato il teatro, ma anche in tivù ha dato vita a ruoli amatissimi dal pubblico in fiction quali, per esempio, Il maresciallo Rocca.

GIGI PROIETTI

UNA PASSIONE CHE DURA DA UNA VITA In tivù con la fiction Una pallottola nel cuore, il grande artista ci parla della sua carriera e della famiglia, che ora non trascura più di Giulio Serri

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ndiscussa presenza scenica, eclettismo, sagace ironia, accompagnati da quelle inconfondibili gag, battute e barzellette capaci di strappare un sorriso anche nella più storta delle giornate. Teatro, televisione, cinema: è un sodalizio intenso quello tra Gigi Proietti e il suo pubblico, in grado di rinnovarsi ogni volta con immutato e caloroso affetto. Da A me gli occhi please, a Febbre da cavallo fino a Il maresciallo Rocca l’istrionico attore, paladino di quella romanità guascona

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e paciosa, continua ad essere, a 74 anni magnificamente portati, un vero ed autentico numero uno del palcoscenico. Ma non è tempo di fare nessun bilancio perché nuovi, stimolanti traguardi professionali l’attendono. Lo stiamo, infatti, apprezzando su Rai1 nella fiction, in quattro puntate, Una pallottola nel cuore. Questa volta è Bruno, un simpatico cronista di nera alle soglie della pensione alle prese con casi irrisolti. Un nuovo, grande trionfo di un fuoriclasse.


Maestro, tornato su Rai1 nei panni di un nuovo, entusiasmante personaggio? «Sono un giornalista di cronaca nera, ormai a fine carriera, al quale si ripresentano vecchi casi da risolvere. Indaga per conto proprio, andando alla ricerca della verità, battendosi il più delle volte contro errori giudiziari. Sono quattro episodi durante i quali il mio personaggio dovrà sciogliere un’intricata serie di gialli del passato, risanando le ingiustizie e dando finalmente pace alle vittime. È un ruolo che mi piace, oggi più che mai, infatti, c’è tanto bisogno di verità». Una società che è una giungla di insidie… Ma come combattere il male? «In questo momento sembra difficile. In maniera filosofica e un po’ azzardata cito le parole di un grande pensatore portoghese che diceva: “Il male e il bene sono due assenze”. Sembra lapalissiano, logico, ma il bene è l’assenza del male, e il male è la mancanza del bene: come dire non c’è il “maluccio” o il “benino”. Dopo c’è tutta la letteratura, come Stevenson con il Dr Jekyll and Mr. Hyde, a dire che tutto è nella stessa persona che si sdoppia: è una cosa che ha appassionato da sempre e per sempre». Quale ritieni sia il segreto del tuo successo? «Giuro che non lo so, se lo sapessi sarebbero sempre rose e fiori, invece non capita sempre (ride). Credo sia nel cercare di rimanere il più possibile se stessi. Il mio è un tipo di successo che mi piace: non è enfatico, strillato. La gente mi riconosce, il pubblico ha nei miei confronti una certa stima e per me è più che sufficiente per continuare ad andare avanti». Come sta il teatro italiano? «Purtroppo continua a soffrire ma forse questa è sempre stata una sua caratteristica sin dalle origini, dalle prime rappresentazioni greche. Certo, se ci fossero un po’ più di risorse accompagnate ad una maggiore attenzione da parte dei nostri governanti, se la caverebbe indubbiamente meglio. Poi manca la preparazione, non c’è più quello che viene definito il “know how” anche tra gli addetti ai lavori. Oggi anche nel teatro sa tutto troppo di politico e questo è molto grave, laddove le istituzioni vogliono entrare dappertutto, senza che esista un angolino della vita

sociale libero e non intriso da questi condizionamenti». Che cos’è la romanità? «È stata interpretata in tante epoche in maniera diversa. Credo sia la voglia di ospitalità, di accoglienza, l’opposto del razzismo. Gli antichi romani, in questo, ci insegnano: pur vincendo le battaglie non infierivano più di tanto con i loro avversari, ma prendevano il meglio dalla loro cultura». Ti senti più attore drammatico o comico? «In un periodo storico in cui il confine fra tragico e comico è sempre più sottile, credo di interpretare bene la mia epoca stando a cavallo tra i due antipodi». Come sei stato chiamato al sacro fuoco dell’arte? «Per pura casualità. Anche perché il mio primo approccio nel campo artistico è stato con la musica e non con la recitazione. Quando studiavo giurisprudenza all’università, per pagarmi gli studi lavoravo come cantante nei locali e solo per caso decisi di iscrivermi a un corso di teatro alla Sapienza. E come insegnante di mimo c’era il grande Giancarlo Cobelli, che qualche anno dopo mi chiamò per un suo spettacolo dove bisognava sia recitare che cantare. Dopo il provino ricordo che mi dissi: “Alla faccia, qui oltre a diver-

tirmi come un matto, mi pagano pure”. Fu allora che cominciai a innamorarmi di questo mestiere. Una passione enorme». Nel tuo laboratorio hai sfornato talenti come Flavio Insinna, Enrico Brignano, Francesca Reggiani. Come vedi le nuove generazioni? «Sono molto interessanti i giovanissimi sotto i trent’anni. Li vedo reattivi, svegli, agili, pionieri in tutto quello che fanno: si servono degli aspetti tecnologici con estrema naturalezza essendone figli. Spero molto in loro. Al contrario noto stanchezza, maggiore sofferenza tra i 35-45enni, una generazione che ancora risente degli strascichi sessantottini dei loro genitori». A livello personale credi che la tua carriera ti abbia portato via qualcosa? «Fino ad una ventina di anni fa avevo un attaccamento maniacale nei confronti del mio lavoro, che per me aveva la priorità su tutto. Per dedicarmi anima e corpo alla recitazione, ho finito per trascurare la mia famiglia, soprattutto le mie figlie. Ora, però, ho rallentato i ritmi e sto recuperando il tempo perduto. Oggi abbiamo un rapporto bellissimo, Susanna, la mia primogenita è una scenografa, mentre Carlotta fa la cantante e scrive canzoni: abbiamo lavorato insieme in vari spettacoli teatrali».

Gigi Proietti (74 anni) è in questo periodo in tivù, su Rai1, con la fiction, in quattro puntate, Una pallottola nel cuore, dove interpreta Bruno, un cronista di nera alle soglie della pensione alle prese con casi irrisolti in un’intricata serie di gialli legati al passato.

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PERSONAGGI

Il grande attore romano è legato da quarant’anni a Sagitta Alter, dalla quale ha avuto due figlie: Susanna, scenografa, e Carlotta, «che – racconta – fa la cantante e scrive canzoni e con la quale ho lavorato assieme in vari spettacoli teatrali».

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E poi c’è tua moglie Sagitta Alter, da più di quarant’anni insieme. Il segreto? «Forse il fatto di non esserci mai sposati. A parte la battuta credo la tolleranza, il rispetto, l’ironia: elementi che ci hanno sempre aiutati a superare tutto. Poi siamo uno l’opposto dell’altra: lei è una donna razionale e solida, mentre io sono più istintivo». Dopo tanti anni di carriera ti emozioni ancora davanti al pubblico? «Guai se ciò non avvenisse. Mi sono avvicinato a questo mestiere per passione, ho proseguito nel mio percorso professionale con l’obiettivo di crescere artisticamente e umanamente, ma in tutti questi anni non ho mai dimenticato una cosa fondamentale: il rispetto per la gente. Per questo motivo, ogni volta che mi viene proposto un determinato progetto, oltre a valutarlo secondo il mio gusto personale, cerco sempre di capire se può offrire un’ulteriore parte di me a chi mi segue con così tanto affetto da anni». Come vivi il tempo che passa? «Faccio di tutto per evitare di pensarci: finora non ho avuto la sensazione della fretta e non mi lamento perché anche dal punto di vista personale sono sereno. Professionalmente parlando mi piace pensare alla direzione artistica e al grande successo del Globe Theatre di Roma, dove anche quest’anno a vedere gli spettacoli c’erano oltre mille persone a sera. Tanti ragazzi vengono e s’interessano all’opera di Shakespeare: una bella soddisfazione». Che rapporto hai con la spiritualità? «A questa domanda potrei rispondere per giorni (ride). Continuo a pensare che Gesù Cristo sia stata la figura più rivoluzionaria della storia. Diciamo che negli ultimi anni si sono intensificate in me delle domande, penso più spesso al trascendente, sarà l’età che avanza? (ride)». Come te lo immagini l’aldilà? «Non riesco ad immaginarlo, preferisco sia una sorpresa. Spero molto positiva». Ma nel caso, tra cent’anni San Pietro ti chiedesse di allestire un’opera teatrale in Paradiso, quale metteresti in scena? «Non saprei. Nel caso, sono convinto, che faremmo certamente molte prove (ride)!».


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Tutta la pelle che vuoi... puoi NAOMI vs NAOMI Stesso vestito in pelle per l’attrice Naomi Watts e la top Naomi Campbell.


MODA PERSONAGGI

CORTISSIMO Il top taglio vivo su longuette a vita alta scelto da Olivia Wilde

INCONFONDIBILE Lo stile della direttrice di Vogue America, Anna Wintour. Per pochi il trench in pelle azzurro cielo con inserti in pelliccia

ADESSO

TOTAL BLACK Sobria ed elegante Gwyneth Paltrow con camicia su pantalone ultra stretch in pelle

Pratica, comoda e di tendenza. Non piĂš solo per giacche, chiodi e capispalla. Il nuovo dictat vuole vestiti, top e pantaloni in morbida nappa o ecopelle per aggiungere carattere a mise in realtĂ quasi ordinarie. 37


di Federica Piacenza

Il gusto di Mrs Beckham è indiscutibile. Anticipatrice di tendenza non lascia nulla al caso, nelle occasioni mondane come in quelle più informali

VICTORIA BECKHAM STYLE 38

Cappotto con cintura in vita e rouches frontali NENETTE Pantalone in tweed ROBERTO VERINO Tronchetto borchiato aperto alla caviglia JOSHUA FENU Borsa WHITE IN 8

Camicia vinaccia in chiffon di seta EQUIPMENT su gonna con spacco frontale NELYLL. Completano polacchino con tacco trasparente AGL e pochette MISSONI


SFILATA MARCO DE VINCENZO AI 2014/15

Cappottino in lana JEAN PAUL, abbinato a t-shirt CURRENT ELLIOTT e pantalone 5 tasche in pied de poule e denim, BLACH DRESS BERLIN Stivale VIC

Maxi cappotto in lana rasata e piumino trapuntato ESCADA. Borsa a mano e tracolla LAURA VELA e derby sfumata AGL


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MODA LOOK

Maglione ANTIK BATIK 149.00 €

A uovo MEXX 169.99 €

In pelle PAUL&JOE 505.00 € Con dettagli oro KOAH 159.00 €

Con fibie frontali EMMA GO 160.00 €

Su zeppa lavorata CASTANER 225.00 €

BOYS BOYS BOYS Maxi PAUL&JOE 505.00 €

Quando il senso estetico si ispira al guardaroba di lui. Comodità e praticità in puro stile Garçonniere.

di Federica Piacenza

Old England VAGABOND 100.00 €

Bicolor SABRINA 100.00 € Con tomaia doppiata ROBERT CLERGERIE 420.00 €



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BELLEZZA

di Manuela Blandino COSMETOLOGA

UOMINI e bellezza N

ell’universo dei prodotti e dei trattamenti di bellezza e cura di sé, una quota sempre più importante è rappresentata dalla cosmesi maschile. È un fenomeno sicuramente in fase di sviluppo anche in Italia. Nei paesi europei, soprattutto del nord-est, i trattamenti di benessere, detossinanti, di relax e “remise en forme” sono una pratica consolidata anche per gli uomini. Andare nei centri termali, ad esempio austriaci e trovare uomini è

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assolutamente normale. Se torniamo indietro nel tempo, all’epoca degli antichi romani, esistevano delle strutture termali spettacolari, dove gli uomini si ritrovavano sia per le “cure di benessere” sia per fare accordi commerciali o studiare strategie di guerra. Scorrendo a ritroso il nostro passato, non dimentichiamoci i Faraoni dell’antico Egitto; uomini geniali che si sono circondati di intelligenze sopraffine in grado di progettare e costruire monumenti incredibili quali le piramidi.

Anche loro utilizzavano prodotti cosmetici per la loro pelle e trucchi per il viso e il corpo; nelle tombe egizie sono stati ritrovati cosmetici per gli occhi, balsami ed unguenti! Tornando ai nostri giorni, finalmente gli uomini hanno maggiore consapevolezza di sé e si permettono di utilizzare, senza timori, ad esempio una crema anti-age specifica per la loro pelle; che sollievo per noi donne, finalmente i nostri prodotti non vengono più usati di nascosto...


BELLEZZA

ADESSO

PELLE MASCHILE E COSMETICI

Per ideare e formulare prodotti cosmetici maschili bisogna tenere conto del fatto che la pelle degli uomini è diversa da quella femminile; anatomicamente è identica ma fisiologicamente mostra delle differenze e necessita di prodotti specifici. La pelle maschile è più robusta ed elastica, più spessa e resistente, gli ormoni androgeni ed il testosterone influenzano maggiormente le ghiandole sebacee e moltissimi uomini hanno la pelle mista e/o grassa. Spesso la loro cute è anche disidratata superficialmente e presenta una sensibilità acquisita da anni di rasature. La pelle maschile, a livello degli strati profondi resiste meglio al passare del tempo, invecchia più tardi rispetto a quella delle donne ma più rapidamente. Di conseguenza, i prodotti cosmetici studiati per gli uomini, per essere graditi, devono avere texture fresche e leggere, non devono ungere, si devono assorbire rapidamente e devono contenere alte concentrazioni di principi attivi. Questi, sono prodotti che contengono ingredienti energizzanti quali il Fitoplancton, vitamine A, C ed E, ingredienti dermo-purificanti quali estratti di alghe rosse (Corallina officinalis extract) ed ingredienti sebo-normalizzanti quali il Caolino (Caolin) per un gradito effetto mat. Sono utilizzati, anche dei complessi di principi attivi che in sinergia tra loro stimolano la produzione di nuovo collagene ed elastina, soprattutto in prodotti specifici per le zone delicate del viso quali il contorno occhi. È inutile disdegnare un buon siero, è indispensabile anche per gli uomini.

LA RASATURA

La “cerimonia della rasatura” è un momento importante per gli uomini, serve tempo e attenzioni specifiche per il comfort della loro pelle. Per quando possa essere delicata, la rasa-

tura è una pratica traumatizzante per la pelle. La lama del rasoio, anche se ben lubrificata da una schiuma o un gel specifico, sollecita la pelle, irritandola ed esponendola ad arrossamenti e sensibilizzazioni. É importante scegliere i prodotti per la rasatura e per il post rasatura tra quelli meno aggressivi (cioè quelli con bassa concentrazione di tensioattiviingredienti detergenti e fortemente sgrassanti), e con una buona presenza di sostanze emollienti. Per chi ha la pelle sensibile, il prodotto ideale è un Latte detergente fluido e delicato, un prodotto che oltre a detergere rispetta la pelle, garantendo comunque scorrevolezza alla lama; perché non provarlo? Per il post rasatura, invece, è meglio tamponare il viso con un tonico, i prodotti con alcool, quali ad esempio i profumi, disidratano intensamente la pelle. Di seguito, è indispensabile applicare una buona crema idratante arricchita con oli vegetali non oleosi, quali ad esempio l’olio di Argan. Parlare di quest’argomento è come aprire il vaso di Pandora, gli spunti sono moltissimi, e nei prossimi numeri parleremo di “remise en forme” e di depilazione maschile. Uomini e cosmetici: un binomio di assoluta fedeltà! Seguono i consigli e utilizza-

SYSLEY SISLEŸUM for men 50 ml www.sisley.cosmetics.com Sisley ha creato una formula specifica per la pelle maschile, Sisleÿum: un trattamento completo, dopo-barba ed anti-età. Una ricca selezione di attivi mirati a soddisfare 4 obiettivi: 1- nutrire ed idratare grazie alla Viola selvatica ed il Sorbitolo che migliorano il flusso di acqua nell’epidermide e all’olio di Girasole che nutre ed ammorbidisce la pelle. 2- lenire grazie al Burro di Karitè, Allantoina e Pantenolo che attenuano sensibilità e rossori. 3- energia e vitalità grazie all’Olivina ricca in Magnesio, estratto di Malachite e Rodocrosite antiossidanti ed anti age. 4- tonicità grazie al Salice Bianco, Vitamina A, Maggiorana, Salvia e Rosmarino che stimolano la sintesi di nuovo collagene ed elastina. Una sola ricchissima formula, due texture: gel per la pelle mista e/o grassa, crema per la pelle normale e/o secca. Applicare mattina e sera su pelle ben detersa.

no i loro prodotti quotidianamente e con estrema precisione. Se si trovano bene, non abbandonano la loro crema; è difficile che si facciano tentare dalle novità, non sono volubili su quest’argomento! Un interessante universo parallelo, che riesce sempre a sorprenderci.

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ADESSO

IN ONDA

BILL E JEN UN AMORE GRANDE COSÌ di Stefano Padoan

Su Real Time le vicende della “little couple” con la sesta stagione del reality Il nostro piccolo grande amore, che ha già conquistato il pubblico americano e anche italiano

L

ei è una neonatologa, specializzatasi da poco all’Università di Pittsburgh. Lui è un imprenditore che si occupa di forniture mediche e telemarketing, ma ha il sogno di aprire un negozio di animali. Sono sposati e vivono in una villa a Houston in Texas, dove si sono trasferiti dopo un periodo a New York: una casa perfetta, con una cabina armadio per lei e per lui un garage attrezzato per il fai-da-te. Loro sono Bill Klein e Jennifer Arnold e sono i protagonisti del docu-reality in onda su Real Time dal titolo Il nostro piccolo grande amore (titolo originale Little Couple) che torna in onda a partire da domenica 2 novembre con le nuove puntate della sesta stagione.

LA VITA NORMALE DI UNA COPPIA UN PO’ SPECIALE

Sembra la descrizione della vita ordinaria di tante coppie americane. Che cos’hanno allora di tanto speciale Bill e Jen per avere quotidianamente delle telecamere puntate addosso? La rispo-

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sta è che sono entrambi affetti da nanismo: lui è alto 1 metro e 22 centimetri, lei 96 centimetri. La serie segue dunque i due nella loro vita di tutti giorni, che ogni volta però riserva loro imprevisti e nuove sfide impensabili per la maggior parte di noi. Un bel modo, delicato ma diretto, per gettare lo sguardo su un mondo che in pochi conoscono e su una realtà con cui raramente ci si trova ad avere a che fare. Un piccolo surplus di difficoltà dunque, ma anche una marcia in più: il loro amore, che è davvero il grande aiuto che permette loro di affrontare e superare qualsiasi inconveniente. Bill e Jen dimostrano che non conta certo l’altezza per diventare un medico o un uomo d’affari di successo, ma anche che accarezzare il sogno di una famiglia non è cosa impossibile. Questo nonostante i problemi di Jen nel trovare abiti da adulta delle sue dimensioni (la vediamo fare shopping nel reparto bambini) o la fatica di trovare un passeggino che non sia più alto di lei e le permetta di vedere davanti a sé. Il desiderio di un figlio, però, ha riservato loro anche dei momenti molto com-


IN ONDA

plicati, come l’aborto spontaneo della loro madre-surrogato e il conseguente timore di non poter mai essere dei genitori. Solo la fortissima unione che li lega ha permesso ai due di superare anche quella prova e di diventare genitori adottivi di Will, bimbo di 4 anni anche lui affetto da nanismo.

NUOVE PROVE NELLA SESTA STAGIONE

La famigliola è davvero diventata il fenomeno del momento negli Stati Uniti, dove ha addirittura conquistato le copertine dei più importanti magazine d’oltreoceano come la rivista People. In Italia il pubblico televisivo ha conosciuto la serie più tardi, ma ormai il successo è crescente. Le peripezie di Bill e Jen, però, non sono finite. Nei nuovi episodi de Il nostro piccolo grande amore la coppia è decisa ad adottare un altro bambino e dopo un avventuroso viaggio in India porteranno a casa la piccola Zoey, di soli due anni. Anche la bambina è affetta, come il fratello adottivo, da una forma di displasia scheletrica e l’accoglienza da parte di Will sarà da subito calorosa, fugando i timori dei neogenitori circa le possibili

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reazioni contrariate da parte del primogenito. La tranquillità della nuova famiglia viene però presto sconvolta da un grave problema di salute che colpisce Jen: poco dopo il rientro negli States infatti la donna scopre di avere un cancro all’utero che in seguito si estenderà ai polmoni. Inizia così la sua dura lotta con questo male invisibile, ma adesso ha al suo fianco non uno, ma ben tre preziosissimi alleati: sarà proprio l’amore della nuova famiglia a darle la forza di andare avanti. Al di là però di quello che si vede dalle registrazioni del programma, i fan possono continuare a seguire l’esistenza della “piccola coppia” anche tramite i social network come Twitter e Facebook. Ed è da questi canali che sappiamo che il decorso della malattia sembra volgere al meglio per Jen, anche se le preoccupazioni non sono finite ma si spostano sulle condizioni di salute di Bill. Un po’ di apprensione infatti desta l’operazione che di recente ha dovuto subire l’uomo, che ha da poco festeggiato i suoi quarant’anni. La vita in casa Arnold-Klein insomma è sempre movimentata, ma poggia su una grande certezza: il grande amore che unisce i suoi piccoli componenti.

Jen e Bill sono i protagonisti della serie che ha spopolato negli States e ora anche nel nostro Paese. Una coppia affetta da nanismo che affronta con coraggio e grazie alla forza dell’amore i problemi quotidiani.

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PERSONAGGI TV

IL BUONO

DELLA TV di Stefano Padoan

IN TV DA TRENTUNO ANNI, GERRY SCOTTI È DAVVERO UNO DEI VOLTI PIÙ LONGEVI E AMATI DEL PICCOLO SCHERMO, APPREZZATO PER LA SUA VERVE SPIRITOSA MA BONARIA. DICE DI VOLERSI RITIRARE A SESSANT’ANNI, MA INTANTO È ANCORA SULLA CRESTA DELL’ONDA CON IL PROGRAMMA TÚ SÍ QUE VALES

E

ra il lontano 1983 quando, sugli schermi della neonata DeeJay Television, apparve per la prima volta Virginio Scotti, in arte Gerry. Un ragazzo semplice, nato nel 1956 in un paesino in provincia di Pavia, che solo pochi anni prima aveva mosso i primi timidi passi nel mondo dello spettacolo.

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© Ufficio Stampa Mediaset

© Ufficio Stampa Mediaset

Virginio Scotti, in arte Gerry, è nato a Miradolo Terme nel 1956. Iscritto alla facoltà di Giurispridenza, abbandona gli studi una volta diventato celebre come deejay, a soli due esami dalla laurea. Considerato un volto di punta di Mediaset, ha annunciato di volersi ritirare a 60 anni.

Gerry infatti aveva esordito a fine anni Settanta, prestando la propria voce al suo primo grande amore, la radio: una carriera iniziata a Radio Hinterland Milano2 e NovaRadio – con il curioso pseudonimo di “Gary” – e proseguita poi a Radio Milano International (l’attuale R101) da dove infine era approdato alla corte di Claudio Cecchetto su Radio DeeJay. E dalle case degli italiani Gerry Scotti non se n’è più andato: nel giro di pochi anni, dopo essere approdato a Mediaset, il conduttore diventa un volto amatissimo dal pubblico con programmi come La sai l’ultima?, Il Quizzone, Passaparola. Doti da intrattenitore davvero speciali, che uniscono una verve e prontezza di spirito uniche a una caratteristica tutta sua: la bontà d’animo, che nelle sue trasmissioni esce fuori molto bene e gli

permette di entrare in sintonia con ospiti e telespettatori. Un buon senso dunque che, nonostante il successo, non lo ha mai abbandonato e che lo avvicina alla gente, a quella gente che gli ricorda le sue mai rinnegate origini “provinciali”. Lo “Zio Gerry” diviene così l’erede naturale dell’indimenticabile Mike Bongiorno, presentando nel corso degli anni trasmissioni di successo come Paperissima, Chi vuol essere milionario?, La corrida, Avanti un altro!, Lo show dei record e Io canto. Ma quando si fermerà? Gerry ha dichiarato di volersi ritirare attorno ai 60 anni, ma in realtà a questa età ci siamo quasi... e non accenna a rallentare: adesso è tra i giudici del nuovo talent di Canale 5 Tú sí que vales dove, accanto a Rudy Zerbi e Maria De Filippi valuta le esibizioni dei concorrenti. E se Rudy è un censore spietatissimo e Maria un po’ algida, lui è sicuramente il più caloroso ed empatico di tutti. Come quando, nella seconda puntata, si è presentato alla giuria Aaron, un ragazzo americano che nonostante sia in sedia a rotelle non ha rinunciato al brivido dei salti su una rampa: nella sua esibizione il giovane atterra male con la carrozzina e cade. Il primo a riprendersi dallo sconcerto iniziale è proprio Gerry, che torna subito ad incitarlo e gli concede un secondo tentativo. Il pubblico torna ad applaudire, il ragazzo prende coraggio, l’evoluzione riesce: Aaron ce l’ha fatta.



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PERSONAGGI

DANIELA FEROLLA UNA VITA IN VERDE di Laura Frigerio

L’ex Miss Italia, ora al timone del celebre programma di Rai Uno, Linea Verde, ci racconta il suo stretto legame con la natura e i sogni da imprenditrice col compagno

È

stata eletta Miss Italia nell’ormai lontano 2001 e da allora ne è passata di acqua sotto i ponti per Daniela Ferolla. Ora la troviamo in onda su Rai Uno con la nuova stagione di Linea Verde in compagnia di Patrizio Roversi e, nel giro di poche puntate, ha già conquistato i telespettatori. D’altra parte la ragazza non nasconde di avere sempre sognato di fare questo programma, per via del suo stretto legame con la natura... Che effetto fa trovarsi a condurre un programma storico come Linea Verde? «All’inizio c’era quella sana paura tipica delle nuove esperienze, ora sono rimaste la positività e l’energia che mi hanno sempre accompagnato, insieme alla consapevolezza che c’è tanto da imparare (come in tutte le cose). Comunque per me è una vera emozione, perché io ho sempre desiderato condurre questo programma. Devi sapere, infatti, che sono nata e cresciuta in campagna e quindi ho sempre amato profondamente la natura. Sarà per questo che, quando Ingrid Muccitelli ha lasciato il timone per fare altro, i dirigenti Rai hanno pensato subito a me. È proprio vero che a volte i sogni si avverano!».

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Ci racconti qualcosa in più di questa tua infanzia immersa nel verde? «Sono nata a Vallo della Lucania, un posto bellissimo nel Cilento e cresciuta a Ceraso, dove i miei nonni avevano un’azienda agrituristica che si chiamava Il Castello, poi passata in gestione ai miei genitori e ora a me». Quindi sei anche una imprenditrice? «Sì, me ne sto occupando con il mio compagno Vincenzo. Penso che presto ne faremo una sorta di country house con affitta camere, insomma una cosetta particolare». Stai ristrutturando anche in vista di un tuo matrimonio? «Stiamo insieme ormai da nove anni e quindi la nostra è una storia collaudata, ma non so ancora quando arriveranno i fiori d’arancio!». Che ricordi hai di Miss Italia? «Sono passati ormai tanti anni, ma ne conservo sempre un bellissimo ricordo. Miss Italia non solo ti apre un sacco di porte, ma ti permette di aprire gli orizzonti. Spesso è stato criticato, ma non ne capisco il motivo dato che hanno sempre tutelato la figura femminile. Ai miei tempi c’era persino il costume intero!».

Daniela Ferolla, 30 anni, ha vinto la fascia di Miss Italia nel 2001, le sera prima degli attentati che monopolizzarono i media facendo passare in secondo piano la sua vittoria. Da nove anni ha una relazione con Vincenzo Novari, amministratore delegato di 3 Italia.

Dopo il concorso tu hai fatto un sacco di cose... «Sì, ho fatto diverse esperienze come conduttrice e persino come attrice. Mi sono fatta le ossa su Rai 5 occupandomi di programmi di moda e ho fatto da inviata per La vita in diretta e Unomattina. Nel 2012, infatti, sono diventata anche giornalista. Mi sono laureata in Scienze della Comunicazione all’Università Cattolica di Milano e questa professione mi ha sempre affascinato, lo vedo come un completamento del mio percorso formativo e professionale». E qui la domanda scatta spontanea: quanto è difficile per una donna, soprattutto se bella, dimostrare che oltre all’apparenza c’è anche una sostanza? «Difficilissimo! Noi donne dobbiamo faticare il doppio per dimostrare di valere e questo capita in tutti i campi, purtroppo».



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PERSONAGGIO TV

ALESSANDRO GRECO RITORNO CON FURORE di Giulio Serri

Il conduttore, che sta divertendo il pubblico con le imitazioni di Tale e Quale Show, svela la grande fede che lo guida e il sogno di un ritorno del programma Furore

L

a passione per la televisione è sempre stata una presenza costante nella vita di Alessandro Greco. Fin da quando era bambino e nella sua Taranto sognava di diventare un presentatore. Un percorso artistico culminato dal travolgente successo ottenuto a fine anni Novanta con la trasmissione cult di Raidue Furore. Nello stesso periodo l’incontro con Beatrice Bocci, diventata poi sua moglie e madre di suo figlio Lorenzo. A dispetto di un rutilante mondo dello spettacolo che più di una volta si è dimenticato della sua professionalità, del suo garbo oltre che di una naturale disinvoltura a stare davanti alle telecamere, oggi Alessandro è un uomo forte, sereno, con una profonda fede in Dio, che si divide tra la radio (appuntamento dal venerdì alla domenica dalle 11 alle 13 su Rtl 102.5 con No problem - W l’Italia. ndr) e il piccolo schermo dove è nel cast di Tale e quale show, il programma di imitazioni canore del venerdì sera di Rai1. Senza spingere, senza sgomitate, in attesa di nuovi, gratificanti progetti che siamo certi non mancheranno.

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Come sta procedendo l’avventura di Tale e quale? «Mi sto divertendo tantissimo. Un programma gratificante, di ottimo profilo artistico. Personalmente lo vivo come una sfida che mi permette di spaziare anche in altre forme di spettacolo. Ho fortemente voluto parteciparvi perché sono convinto che riporti in televisione il varietà vecchio stile. E poi la musica ha sempre accompagnato il mio percorso lavorativo e posso misurarmi con il canto, ballo, le imitazioni». Quanto conta la famiglia nelle tue scelte? «È tutto! I miei affetti sono il principio di ogni mia attività, un’ispirazione totalizzante». Beatrice è presenza fondamentale per te. Qual è il segreto del vostro amore che dura da molti anni? «Bisogna avere fede nel progetto di vita insieme, cercando di affrontare i momenti più difficili che capitano ad ogni coppia, tenendosi per mano, senza mai dimenticare il sentimento

che ci unisce, il rispetto reciproco e la disponibilità di ascoltare l’altro». Tv, radio: dove ti senti maggiormente a tuo agio? «A prescindere dal mezzo, quando riesco ad avere una relazione con il pubblico; quando la gente è interessata al mio messaggio. Quindi ben vengano la radio, la televisione, le serate in piazza». Quest’anno si festeggiano i 60 anni di Rai. Un tuo ricordo? «Come non citare i grandi maestri che hanno fatto la storia della televisione; personaggi straordinari che sono riusciti a portare il grande spettacolo davanti alle telecamere. Alludo agli indimenticabili Corrado, Enzo Tortora, Mike Bongiorno e il nostro caro Pippo Baudo. E poi la mia madrina artistica Raffaella Carrà ma anche Lino Banfi, persone alle quali resto molto legato e grato». Quale consiglio daresti ai giovani che sognano un futuro nel mondo dello spettacolo? «Di studiare e di presentarsi prepa-


© Assunta Servello

Alessandro Greco, tarantino classe 1972, dal 1997 al 2001 ha condotto il programma di grande successo della Rai Furore. Nel 2008, dopo dieci anni di convivenza, ha sposato la conduttrice Beatrice Bocci, da cui ha avuto due figli. © AGI

Nel programma Tale e quale Show, Alessandro Greco ha dimostrato una grande capacità di interpretazione, che lo ha portato a raccogliere l’ammirazione dei giudici e del pubblico.

rati ai provini. Mi piacciono i talent show perché sono un’importante occasione per farsi conoscere che non esisteva quando ho iniziato io. L’importante è non lasciarsi travolgere dal successo immediato e non considerarli come un traguardo ma come un punto di partenza per la propria carriera». Il tuo rapporto con la fede è molto intenso… «Fin da bambino ho sempre frequentato la Chiesa, mi piaceva fare il chierichetto. Per questo in famiglia ero un po’ preso in giro, in modo bonario, sulla possibilità di diventare sacerdote (ride). Oggi più che mai il mio rapporto con la fede è costante, quotidiano, volitivo. Un legame che voglio continuare a vivere sempre più nell’intimità e nel profondo e che sia essenza principale delle mie giornate». C’è stato, però, un momento nella tua vita in cui hai sentito più forte la mano di Dio? «Non posso parlare di una conversione d’emblèe. Nel mio caso Dio ha sempre accompagnato la mia esistenza e negli ultimi anni è divenuto sempre più presenza anche grazie ai tanti incontri che mi ha fatto fare. Persone, episodi, pellegrinaggi (San Giovanni Rotondo e la figura di San Pio in primis) che mi hanno preso per mano agevolandomi in questo cammino. Ritengo sia una grande grazia trovare uomini di Chiesa illuminati». A chi alludi? «Ai tanti amici sacerdoti che continuano a sostenermi in questo mio percorso e desiderio d’incontro quotidiano con il Signore. Da don Gigi Verdi e la sua straordinaria fraterni-

tà di Romena a Pratovecchio e poi l’incontro con la mia guida spirituale, padre Roberto Basilico. Costui ha una meravigliosa comunità ad Isernia chiamata “Il mandorlo” ed organizza quelli che definisce gli “itinerari della gioia” con attenzione particolare alle famiglie e alle coppie. Dopo averne preso parte assieme a mia moglie e ai miei suoceri decidemmo di “trasportare” questi semi di speranza anche a casa nostra organizzando assieme ad altri amici momenti di preghiera condivisi. Un piccolo cenacolo che, settimana dopo settimana, si è allargato ed è diventato di circa 60 persone. Oggi ci raduniamo in parrocchia tutti i martedì ed è bellissimo pregare assieme». Quali tratti di papa Francesco ti colpiscono maggiormente? «È un grande dono che lo Spirito Santo ci ha fatto. Mi piace la sua semplicità, la sua energia, l’amore che emana ogni volta che entra in

contatto con i fedeli. E poi la sua coerenza con gli insegnamenti del Vangelo, con l’imitazione di Cristo». È difficile portare avanti i propri valori nel mondo dello spettacolo? «No, tante volte un modo di salutare, un gesto, un sorriso nei confronti del pubblico risultano già una testimonianza. Ecco perché in ogni cosa che intraprendo cerco prima di tutto di accendere i miei “ ricettori spirituali” per capire come anche un contesto avulso come uno studio televisivo possa essere luogo per portare un messaggio». È auspicabile il ritorno di Furore? «Se n’è sempre parlato e qualche anno fa si è andati molto vicini a riproporlo. Francamente me lo auguro: sia perché la gente lo richiede e poi perché credo totalmente nella forza di quel programma che rappresenta perfettamente quell’idea di intrattenimento garbato, pulito, ideale per tutta la famiglia. Io sono qui; la mia disponibilità resta totale».

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ADESSO

CINEMA

due giorni, una notte

DUE GIORNI, UNA NOTTE

UNA DONNA CHE LOTTA CON CORAGGIO

I

due registi belgi Jean-Pierre e Luc Dardenne portano in sala una storia tremendamente attuale, che parla di crisi economica, ma anche di coraggio e determinazione, con protagonista la sempre brava Marion Cotillard, premio Oscar per La vie en rose nel 2008. La bella attrice francese presta il suo volto al personaggio di Sandra, una donna che rischia di perdere il proprio lavoro e che, incitata e incoraggiata dal marito Manu, cerca di convincere, nell’arco di un solo weekend, i suoi colleghi a rinunciare al bonus di produzione per permetterle di conservare il suo posto in azienda. Gli stessi colleghi che hanno votato per la riduzione del personale e per il suo licenziamento. Quello che i fratelli Dardenne, già autori di interessanti pellicole come L’enfant e Rosetta, hanno voluto portare sul grande schermo è l’immagine di una donna che si sottovaluta, non conscia del suo vero valore, che però non sfugge al marito, altro interessante personaggio della pellicola interpretato dal belga Fabrizio Rongione, che ha già lavorato con i due registi in Il ragazzo con la bicicletta e Il matrimonio di Lorna. Ed è proprio l’uomo che spinge la moglie a non arrendersi e combattere per non perdere il posto di lavoro che tanto le serve. Quando però parla con i colleghi, Sandra capisce sia le motivazioni di chi è disposto a dirle sì, sia quelle di coloro

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che invece le dicono no. Infatti, esattamente come per lei, il bonus promesso non è un lusso, è indispensabile e serve loro per pagare cose basilari come l’affitto e le bollette. Un meccanismo di rivalità e concorrenza interna che, secondo i registi, è innescato dalle stesse aziende che guardano solamente ai profitti e che, come in questo caso, visto l’esiguo numero dei dipendenti e le ridotte dimensioni dell’azienda, non temono l’opposizione di una rappresentanza sindacale. A questo proposito i due registi tengono a precisare che il loro intento non è quello di mettere i buoni da una parte e i cattivi dall’altra, perché, proprio come in Due giorni, una notte, non esiste una distinzione netta e anche quelli che possono sembrare i cattivi di turno, sono in effetti vittime di un sistema sbagliato. La Cotillard, che ha conosciuto i due registi sul set dell’intenso e toccante Un sapore di ruggine e ossa, di cui i Dardenne erano produttori, definisce il suo personaggio come una magnifica eroina della vita reale, una donna ordinaria, un’operaia che conosce il prezzo delle cose, che non giudica i suoi colleghi e proprio in questo aspetto sta la forza maggiore del film.

due giorni, una notte

Redazione FilmUp.com

CHRISTELLE CORNIL OLIVIER GOURMET CATHERINE SALÉE scenografia di JEAN-PIERRE e LUC DARDENNE prima assistente regia direttore della fotografia ALAIN MARCOEN cameraman BENOIT DERVAUX capo montaggio MARIE-HÉLÈNE EYEWORKS FRANCE 2 CINEMA RTBF (TÉLÉVISIONCAROLINE TAMBOUR direttore di produzione PHILIPPE GROFF produttori JEAN-PIERRE e LUC DARDENNE BELGE) BELGACOM prodotto con l’aiuto del CENTRE DOZO ingegnere del suono JEAN-PIERRE DURET mixer THOMAS GAUDER capo decoratore IGOR GABRIEL DU CINÉMA ET DE L’AUDIOVISUEL della FÉDÉRATIONDENIS FREYD produttrice esecutiva DELPHINE TOMSON coproduttori VALERIO DE PAOLIS PETER WALLONIE-BRUXELLES e da VOO del FONDS AUDIOVISUEL capo costumista MAÏRA RAMEDHAN-LEVI BOUCKAERT produttrice associata ARLETTE ZYLBERBERG di CASA KAFKA PICTURES MOVIE TAX SHELTER EMPOWERED DE FLANDRE di EURIMAGES una coproduzione BY BELFIUS e di CINÉFINANCE TAX SHELTER di EYEWORKS in associazione con WILD BUNCH DIAPHANA CINÉART con la partecipazione di CANAL + di CINÉ+ di FRANCE TÉLÉVISIONS della WALLONIELES FILMS DU FLEUVE ARCHIPEL 35 BIM DISTRIBUZIONE del TAX SHELTER con il sostegno del PROGRAMME MEDIA DE L’UNION EUROPÉENNE vendite internazionali WILD BUNCH DU GOUVERNEMENT FÉDÉRAL BELGE di CASA KAFKA PICTURES


A cura della Redazione di

FILMUP .com

your movie magazine

FILM IN SALA DAL 13 NOVEMBRE IL MIO AMICO NANUK Regia di Roger Spottiswoode Genere: avventura Cast: Dakota Goyo, Goran Visnjic, Bridget Moynahan Il giovane Luke, dopo aver trovato un cucciolo di orso polare, chiede l’aiuto di Muktuk, un canadese di origini Inuit, che conosce bene il territorio, per tentare di far ricongiungere il cucciolo con la madre. Quando riceve un rifiuto decide di partire comunque, e da quel momento inizia una straordinaria, quanto pericolosa, avventura… LA SCUOLA PIÙ BELLA DEL MONDO Regia di Luca Miniero Genere: commedia Cast: Christian De Sica, Rocco Papaleo, Angela Finocchiaro La scuola più bella del mondo è un’irresistibile commedia degli equivoci ambientata nel mondo della scuola. Christian De Sica è il preside puntiglioso di una scuola media toscana, nella quale giunge in visita una classe di studenti napoletani accompagnati da un eccentrico professore (Rocco Papaleo). Non

tutto però sembra corrispondere al programma. Perché quando la tecnologia inganna – in questo caso basta solo che Accra, in Ghana, diventi... Acerra Napoli – si genera l’equivoco che porterà confusione e tanto scompiglio. Ma sicuramente risate a non finire, divertimento assicurato.

LO SCIACALLO - NIGHTCRAWLER Regia di Dan Gilroy Genere: drammatico Cast: Jake Gyllenhaal, Bill Paxton, Rene Russo Lou non riesce a trovare lavoro. Un giorno assiste per caso a un incidente stradale e ha un’illuminazione: si procura una videocamera e da quel momento passa le notti correndo sui luoghi delle emergenze, per riprendere le scene più cruente e vendere il materiale ai network televisivi.

WORDS AND PICTURES Regia di Fred Schepisi Genere: commedia Cast: Clive Owen, Juliette Binoche, Valerie Tian Un professore di inglese e una professoressa di storia dell’arte danno vita a una sfida tra gli alunni per stabilire se siano più forti le parole o le immagini. Tra le parole e le immagini vincerà il cuore...

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ADESSO

ANNIVERSARI

IN RICORDO DI

MASSIMO

di Stefano Fisico

La costumista e lo scenografo de Il Postino ricordano in una mostra la magia del grande film

«N

onostante l’incolmabile assenza e tristezza che questo comporta, di Massimo ho un ricordo solare, non tanto del suo sorriso, quanto dei suoi occhi. Erano sempre attivi e curiosi. Quando parlava, lo faceva proprio a te. La sua leggerezza che era comprensiva di un’enorme sensibilità, ironia e amore per la vita». Gianna Gissi ricorda così Massimo Troisi, il bravissimo attore italiano scomparso vent’anni fa, un giorno dopo la fine delle riprese de Il Postino, capolavoro cinematografico diretto da Michael Radford. Gianna Gissi creò gli abiti per il film, Lorenzo Baraldi le scenografie, Mario Tur-

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si realizzò le foto. E proprio grazie ai loro bozzetti, gelosamente custoditi, i ricordi che affiorano pensando al 1994, la magia di quei momenti torna a vivere. Per ricordare lui, l’attore umile e lavoratore, rispettoso del cast e di ogni componente della produzione, e la bellissima isola di Salina che fu ispirazione e soprattutto luogo ove Troisi si muoveva in sella alla sua assai nota bicicletta. La fantastica avventura de Il postino rivive, quindi, in forma di mostra a La Nuova Pesa, centro per l’arte contemporanea ideato a Roma dall’attrice Simona Marchini. Un progetto approdato nella Capitale dopo essere stato ospitato in un luogo d’eccezione, la Casa Sebastiano LoMonaco di Pol-

lara, borgo di quella stessa isola che fu set per il film. Che, però, non fu scelta subito. Parola di Lorenzo Baraldi. «Trovare il luogo a cui ispirarmi per realizzare le scenografie e, ovviamente, paesaggi da usare per il film, non fu cosa facile. Abbiamo fatto tanti km, visto tutte le coste italiane senza, però trovare panorami che potessero esserci utili. Abbiamo, poi, scelto di spostarci sulle isole, consci del fatto che la nostra meta avrebbe dovuto avere spazi, strutture sufficienti e funzionanti per poter lavorare senza problemi. Parlai con Clara Rametta, titolare dell’hotel Signum – che, oggi, è anche assessore al Turismo del Comune di Malfa nonché promotrice di questa mostra - che mi disse di provare a visitare proprio Salina. Che da subito mi rapì il cuore. Vegetazione fantastica, villaggio dei pescatori, un’enorme distesa di capperi: quell’isola era perfetta. Un luogo selvaggio, era quello di cui avevo bisogno. I sopralluoghi vennero fatti nel 1993, Massimo stava benissimo. Soltanto poco dopo, quando tutti appresero del suo precario stato di salute, tutto si bloccò. Non si sapeva se il film si sarebbe fatto. Alla fine, però, mi venne dato l’autorizzazione per iniziare. Per poter procedere, però, e permettere a Massimo di non stancarsi troppo, abbiamo dovuto ricreare tutti gli ambienti interni a Cinecittà. Ci siamo riusciti e tutto il resto è cosa nota. È stato un bel viaggio, sono orgoglioso di averne fatto parte. Poter far rivivere quei momenti proprio attraverso il nostro lavoro è molto importante. E farlo con una mostra è altrettanto emozionante». Una raccolta di emozioni, professionalità e ricordi, da trasmettere alle future generazioni. Perché, come diceva Massimo Troisi, «un film è un lavoro di squadra» e ogni componente è fondamentale.



ANNA GALIENA

LA SIGNORA DEL TEATRO

L’attrice, in tournée con la commedia brillante Tres, ci parla di sé e di quelle scelte di cui non si è mai pentita

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legante, affascinante, ironica: è Anna Galiena, una delle signore del nostro cinema, richiestissima anche all’estero. Attualmente l’attrice è impegnata a teatro con Tres, divertente commedia che è stata in scena al Teatro Manzoni di Milano e prosegue ora in tour in tutta Italia, che racconta la storia di tre amiche che, ormai cinquantenni, decidono di avere un figlio, dallo stesso uomo. Noi l’abbiamo incontrata per saperne di più...

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di Laura Frigerio

Iniziamo parlando di Tres, spettacolo che stai portando in scena con un certo successo, anche per merito di un bel cast... «È stato bello lavorare con Amanda Sandrelli, Marina Massironi e Sergio Muniz (una vera scoperta!). Questo spettacolo è stata una sfida, perché c’era il rischio che ognuno di noi rimanesse chiuso nel suo microcosmo attoriale e invece c’è stata una piena condivisione e collaborazione, ci siamo ascoltati. Si respira un clima di

grande creatività e lo dimostra il fatto che ogni replica ha sempre qualcosa in più della precedente. Come non citare poi la regia di Chiara Noschese, fin dall’inizio precisa nell’inquadrare i personaggi, permettendoci così di lavorare al meglio. Una cosa che non si deve dare per scontata: non avete idea di quante volte mi è capitato di avere di fronte un copione e dover navigare a vista senza alcuna indicazione!». Cosa ci dici del tuo personaggio? «Faccio la star televisiva, quindi una don-


TEATRO

«Io vengo da una famiglia ‘tradizionale’, ma sana e con dei valori, quindi per me è sempre stato quello l’esempio, anche se alla fine non ne ho costruita una mia. Nella mia vita ho fatto altre scelte e, dato che non sono una che ama i compromessi, ho preferito non avere figli per non doverli poi affidare alle varie tate tra un set e l’altro. È un’idea che non mi piaceva. Però devo dire che la mia vita mi va bene così com’è. Non amo giudicare gli altri, però sono convinta dell’idea che una famiglia in cui ci sono tre figli con padri diversi sia meno stabile o felice di una ‘regolare’, dove magari si litiga dalla mattina alla sera o dove i coniugi si tradiscono in continuazione. Ci possono quindi stare anche coppie dello stesso sesso, che comunque

fondanti e imprescindibili». Tu sei una signora del teatro e del cinema italiano. Come vedi lo stato di salute della nostra cultura? «Devo essere sincera: ormai passo più tempo all’estero che in Italia e quindi non ho tutti gli strumenti per esprimere un giudizio. Penso comunque che la cultura finisca sempre per riflettere lo stato sociale e quindi la crisi si ripercuote anche nel nostro ambito. Però io sono dell’idea che sia necessario guardare avanti, sempre e comunque». In questo periodo c’è solo teatro per te? «No, parteciperò anche nuovo film di Sergio Castellitto e ora sta uscendo all’estero un film francese dal titolo Avis de mistral, che speriamo arrivi anche qui in Italia». © Marina Alessi

na di successo a cui non manca il denaro e a suo modo realizzata, che però si rende conto che le manca qualcosa. La stessa cosa che capita anche alle altre due ex compagne di scuola: tutte donne a cui manca una rete affettiva, un nucleo familiare. Decideranno quindi di trovare l’uomo perfetto (impresa non certo facile!) che può dar loro dei figli, che vorrebbero poi far crescere insieme. Marisa, il mio personaggio è un tipino tosto, una di quelle che tende a dire agli altri cosa devono fare, però grazie alle sua amiche riscoprirà la parte più tenera di sé». Insomma, si affrontano temi molto delicati e importanti, ma con un sorriso. Per te quanto può essere efficace ‘buttarla in commedia’? «Molto, perché ridendo si possono lanciare dei messaggi, parlare di mancanza di valori, essere polemici e insegnare tante cose. In Italia poi è ancora più efficace quando si vogliono toccare certi argomenti: ci è capitato, durante la tournée, ti toccare alcune cittadine di provincia piene di gente incravattata che all’inizio storceva il naso, ma che poi si è fatta coinvolgere e, grazie alla risate, si è fatta coinvolgere». Oggi la figura dell’«angelo del focolare» è praticamente scomparsa e sono molte le donne che preferiscono la carriera alla famiglia. Cosa ne pensi? «Sono solo solitudini diverse, perché in realtà non se la passavano poi così bene quelle donne che un tempo erano prigioniere di un sistema patriarcale spesso imposto, abusivo e sempre repressivo. Anche loro erano sole e cercavano di dare un senso alla loro quotidianità dedicandosi ai figli. Per loro non c’erano poi così tante gioie, perché anche il sesso con il proprio partner a volte spariva. E vogliamo parlare di quelle famiglie fondate sull’incesto o di quei proprietari terrieri che mettevano incinta le loro lavoranti, mentre i loro mariti dovevano star zitti? Insomma, oggi si parla tanto di violenza sulle donne, ma in realtà non è un fenomeno legato alla società attuale. L’unica cosa è che ora tutto emerge, le cose si vedono, non rimangono più nascoste come un tempo. La società comunque evolve e ogni momento storico ha i suoi problemi». Qual è invece il tuo ideale di famiglia? Cosa pensi delle coppie dello stesso sesso?

ADESSO

Qui sotto, Anna Galiena in una scena di Tres, insieme alle colleghe Amanda Sandrelli e Marina Massironi. Nella foto in basso il cast al completo con l’attore Sergio Muniz.

crescono con amore i propri figli. Da sempre ci sono donne che crescono bambini da sole e nessuno ha mai detto nulla, quindi cosa è meglio? Non lo so, io sono piena di domande (ogni tanto trovo una risposta, ma non l’ho per tutte). La famiglia può essere anche un gruppo di amici, ma uniti da affetto sincero. Per me affetto e sincerità sono gli elementi

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ADESSO

TEATRO

ROBERTA LANFRANCHI «SENZA LA MIA TRIBÙ NON POSSO VIVERE!» LA BALLERINA E ATTRICE VIVE UN MOMENTO D’ORO SUL LAVORO E IN FAMIGLIA. IN GIRO PER L’ITALIA COL MUSICAL SETTE SPOSE PER SETTE FRATELLI, TROVA SEMPRE IL TEMPO PER I SUOI OMETTI DI CASA... di Giulio Serri

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olce, ironica, solare ma soprattutto una mamma affettuosa e ben organizzata per i suoi tre figli. Roberta Lanfranchi è un talento eclettico dello spettacolo: passa, infatti, con disinvoltura dal musical, alla recitazione, alla conduzione. Lo scorso autunno l’abbiamo apprezzata nel talent di Rai Uno dedicato alle imitazioni Tale e quale show dove è riuscita a stupire il pubblico interpretando cantanti dai vari timbri e tonalità vocali. La incontriamo mentre è impegnata con nuova stagione teatrale di Sette spose per sette fratelli, spettacolo firmato da Massimo Romeo

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Piparo che sta portando per il secondo anno consecutivo in giro per l’Italia riscuotendo un grandissimo successo di pubblico e critica. Spenti i riflettori, levati gli abiti di scena ad aspettare a casa la sorridente showgirl cremonese ci sono Matteo di 17 anni, Francesco di 11 (entrambi nati dal primo matrimonio con Pino Insegno) ed Ettore, il più piccolino, un vispo ometto nato nel 2012 avuto dall’attuale marito, l’autore televisivo Emanuele Del Greco. «Casa mia sembra la metropolitana: uno entra, l’altro esce. Non ci si annoia mai - ci racconta Roberta prima di andare in scena - certo, a volte sono stanca ma non potrei mai stare senza la mia piccola tribù». Roberta, che mamma sei? «Molto presente, nonostante il lavoro, e direi organizzata. È un po’ come giocare a Tetris: tengo conto delle esigenze dei miei figli e programmo di conseguenza i miei appuntamenti. Noi mamme siamo straordinariamente brave, pur con i salti mortali, a fare tutto. A livello educativo, invece, sono abbastanza severa, tengo molto al saluto e alle paroline gentili come “grazie”

e “per favore”. Piccole cose che mi hanno insegnato i miei genitori e sulle quali comunque non transigo. Adoro i bambini, da piccola infatti sognavo di fare la maestra per lavorare accanto a loro». Hai qualcuno che ti aiuta nell’educazione? «Mia mamma e mia suocera: senza di loro non so davvero come farei! E poi c’è Emanuele, sempre presente e molto giocherellone». I fratelli vanno d’accordo tra loro? «Matteo e Francesco sono pazzi d’amore per Ettore. La prima cosa che fanno al ritorno da scuola è buttare lo zaino e strapazzarlo di coccole. Essendo tutti e tre maschi si può immaginare, a volte, cosa succede in casa: un sano “baccano” (ride)». I figli come vivono la tua popolarità? «I più grandi mi seguono e commentano ogni cosa che faccio. Mi diverte sentire i loro pareri anche perché il più delle volte sono davvero impietosi (ride). È costruttivo ascoltare le critiche dalle persone che ti stanno più a cuore». Che bimba sei stata? «Molto timida, tanto che mi mettevo


sempre in ultima fila alle lezioni di danza. Questo mestiere mi ha aiutato a diventare più estroversa e sicura di me. Nella vita di tutti i giorni, però, resto riservata e poco amante della mondanità. In tutto questo devo ringraziare i miei genitori perché mi hanno sempre permesso di perseguire i miei sogni artistici». Dopo il successo di Tale e quale, sei tornata al musical. Soddisfatta? «Tanto. Ricomincia la tournèe di Sette spose per sette fratelli, spettacolo che è andato benissimo la scorsa stagione e che riprendo con slancio ed emozione. È un musical che adoro e poi sono diretta dal mio regista preferito, Massimo Romeo Piparo. Sono molto contenta di ritrovare accanto a me anche Flavio Montrucchio, nei panni del rozzo boscaiolo Adamo mentre io sono Milly, sua sposa e insegnante di buone maniere. Sul palco si alternano 35 tra ballerini, acrobati, cantanti: siamo un gruppo numeroso ma molto unito e coeso: quando ci muoviamo è un po’ come andare in gita scolastica. Saremo in tournèe fino ad inizio 2015». Vuoi darci qualche data? «Dal 14 al 16 novembre a Reggio Emilia, il 21 a Bergamo e dal 10 dicembre fino al 6 gennaio fissi al Teatro Nuovo di Milano. E poi Padova, Montecatini, Napoli». E poi c’è l’impegno con la radio... «Sì, da luglio sono entrata con immensa gioia nella grande famiglia di Rds: un’esperienza meravigliosa, stimolante, assolutamente nuova per me con quattro ore di diretta alla settimana. L’appuntamento è tutte le domeniche dalle 9 alle 13 assieme a Filippo Firli, voce storica di quel network». Giri tanto l’Italia per lavoro, che Paese vedi? «Sono preoccupata soprattutto per le nuove generazioni: i miei ragazzi per ora studiano ma un domani dovranno raffrontarsi con una realtà complicata. Se mi guardo intorno non intravedo colori pastello, ma come ci insegna anche il nostro Papa, mai perdere la speranza». Il tuo rapporto con la fede? «Sono credente, praticante. Da quando è stato eletto Bergoglio devo dire che anche i miei figli si sono avvicinati maggiormente alla religione, e questo non può che farmi piacere. Hanno capito quanto sia bello pregare grazie ad un Pontefice che riesce ad essere dolce e forte allo stesso tempo, che conquista dai bambini ai nonni». Un talento, il tuo, cominciato in parrocchia... «È vero! Le mie amiche si meravigliava-

no come non perdessi nemmeno una Santa Messa, pronta e preparata per animare il coro della Chiesa. Credo, infatti, che cantare sia comunque una forma di preghiera. Oggi non abito più a Cremona ma so che il mio parroco Don Felice è ancora un punto di riferimento importante per quella comunità». Qual è il momento più bello della giornata da “super- mamma”? «Quello della cena. Si mangia tutti insieme con la televisione spenta raccontandoci la giornata tra risate e scherzi. Con il piccolo Ettore che cattura sempre l’attenzione di tutti». Sei una brava cuoca? «Mi piace molto cucinare per la famiglia. Spesso preparo il ciambellone genuino per la colazione. Un’attenzione particolare la rivolgo anche all’alimentazione dei bimbi: a scuola non vanno mai con le merendine ma con un sano panino farcito al prosciutto, o eccezional mente con della crema di nocciole». Cosa ti rattrista e cosa ti rende felice? «Mi fa star male leggere notizie di cronaca nera che riguardano i bambini, come maltrattamenti o contese tra genitori. Sono felice, invece, del mio momento personale di grande serenità: è un piacere andare a lavorare, ho tre figli e un marito meravigliosi, non potrei chiedere di più. I miei affetti sono la linfa e la mia ragione di vita». Tutti maschi… «Già, sono la regina della casa!»

Roberta Lanfranchi, 40 anni, è sposata dal 2012 con l’autore televisivo Emanuele Del Greco da cui ha avuto il figlio Ettore, dopo i due avuto dall’ex marito Pino Insegno. Attualmente è a teatro con il musical Sette spose per sette fratelli.

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Libri

I CONSIGLI

DELLA SETTIMANA

di Luca Foglia Leveque

SIMONA TOMA

UN BACIO DALL’ALTRA PARTE DEL MARE GIUNTI, 2014

MARCO MALVALDI

IL TELEFONO SENZA FILI SELLERIO, 2014

Gianfranco e Vanessa Benedetti si sono trasferiti in Toscana, precisamente a Pineta, per gestire un agriturismo. La loro è una coppia particolare... erano sposati ma hanno divorziato per ottenere delle agevolazioni fiscali! L’improvvisa scomparsa della signora Benedetti, i comportamenti sospetti del compagno e altre strane coincidenze, daranno motivo ad alcuni vecchietti del paesino di scatenare le ipotesi più assurde su quello che forse è il giallo dell’estate. Ma Vanessa Benedetti è realmente scomparsa? Per la commissaria Alice Martelli non c’è nessun mistero da risolvere, in fondo non è stato trovato nessun cadavere... non ancora. I protagonisti del BarLume, di Marco Malvaldi, tornano con un altro libro all’insegna del giallo. Ma anche del buonumore. pp. 204 - € 13

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Simona Toma (nata a Lecce nel 1976), appassionata di cinema, regia e teatro, esordisce con questo romanzo fresco e divertente. Un bacio dall’altra parte del mare, proprio come un’onda estiva, trascina, travolge ed entusiasma. Caterina Vitale ha finito le superiori ed è pronta per il grande passo: l’università! Dove andare? Cosa studiare? La destinazione, scelta dal suo migliore amico, sarà Bologna. La facoltà, invece, sarà quella di giurisprudenza... La ragazza non vuole deludere il padre avvocato. Ha deciso, seguirà le sue orme! Caterina ed Ettore prendono un treno, lasciano Lecce e si dirigono verso la città universitaria più famosa d’Italia. I due dovranno affrontare una nuova vita, una città sconosciuta, gente stramba e fuori dal comune... si ritroveranno a vivere in un grande appartamento pieno di studenti bizzarri e a dir poco originali. Tutto qui? No! Caterina, durante una festa molto movimentata, incontrerà l’amore, incrocerà lo sguardo tenero e ammaliante del bellissimo

Yassine. Lui viene da lontano, dal Maghreb, in cerca di sicurezza in una terra straniera... questo è un romanzo rosa dal sapore dolce ma anche amaro. Simona Toma descrive un primo grande amore e lo fa senza tralasciare nulla, ci porta nella mente e nel cuore di una giovane donna piena di speranze. pp. 240 - € 12

RISCOPRIAMOLI BARBARA LANATI

VITA DI EMILY DICKINSON L’ALFABETO DELL’ESTASI FELTRINELLI, 2006 Quasi duemila poesie, come testimonianza, come eredità per una terra che lei ha amato e che forse non ha saputo ricambiare il suo sentimento. Sicuramente puro. Emily Dickinson (18301886), poetessa americana tra le più note al mondo, è la protagonista di questa biografia scritta da un’appassionata studiosa della sua importante ed esile figura. Barbara Lanati ripercorre la vita della Dickinson, i suoi 55 anni

su questo mondo: nascita, figure genitoriali, luogo in cui crebbe, amori non corrisposti, la sua vita da reclusa in casa... per scelta, e ovviamente tanta poesia. Tantissima. Questo libro è uno strumento utile per chi vuole conoscere, da vicino, un personaggio enigmatico e semplice. Una donna straordinaria che ha dato molto, a tutti noi, senza chiedere nulla in cambio. pp. 191 - € 8,50



ADESSO

PERSONAGGI

MARCO D’AMORE

IL NUOVO VOLTO DEL CINEMA PIÙ BELLO di Roberta Valentini

L’attore casertano, il cattivo di Gomorra, sceglie con cura i ruoli da interpretare e dice di tenere molto alla sua vita assolutamente normale

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iamo abituati a vederlo nei panni del cattivo. Quelli di Ciro l’Immortale, il killer spietato della fiction Gomorra – La serie, diretta da Stefano Sollima e tratta dal romanzo omonimo di Roberto Saviano, che gli ha regalato un’enorme popolarità. E quelli di Francesco Corvino, altro eroe negativo dal destino segnato, nel film Perez, per la regia di Edoardo De Angelis, dove recita al fianco di Luca Zingaretti. Lui è Marco D’Amore, 33 anni, nuovo volto intenso e fuori dagli schemi del cinema italiano. Lo abbiamo incontrato alla VII edizione del Galà del Cinema e della Fiction in Campania, ideato e prodotto da Valeria Della Rocca, a Castellamare di Stabia, nella splendida cornice del Castello Medievale, dove è stato premiato come Miglior Attore di Fiction proprio per Gomorra – La serie. Una bella soddisfazione, per uno che si è fatto da solo, che viene dal teatro e crede da sempre nei prodotti di qualità. Non a caso, ha

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detto parecchi no. Ai ruoli che non lo convincevano. «Non l’ho fatto per snobismo, per carità, ma quando lavoro ho bisogno di essere coinvolto in avventure umane e professionali ‘difficili’, mi interessa condividere il mio percorso con attori, registi e autori con cui ci sia una condivisione, un’assonanza», racconta emozionato. Il suo sguardo è timido e dolce, non certo quello duro e spietato che siamo abituati a vedere in tv e al cinema. Allora Marco, ci racconti chi sei lontano dal set? «Sono una persona molto riservata, fondamentalmente un timido. Frequento lo stesso giro di amici, pochi ma buoni, da tanti anni, vivo una vita nomade sia per scelta che per necessità, e coltivo tante passioni semplici che mi accomunano alla maggioranza della gente. Quali? Gioco a pallone da quando ero piccolo, mi piace la musica e, soprattutto, amo passare il mio tempo libero con le per-

sone che amo, quelle che mi sono scelto e che mi hanno scelto (come Daniela, la fidanzata al suo fianco da quattro anni, con cui Marco sogna di sposarsi e mettere su famiglia, ndr). Insomma, sono un po’ noioso». Nonostante il tuo grande successo continui a vivere a Caserta, dove sei nato, e sei di casa a Napoli. Come gestisci l’onda di popolarità che ti ha travolto dopo il successo di Gomorra – La serie? «Da quando è andata in onda Gomorra, penso di essere uscito in strada tre volte, e questa del premio è la quarta, perché sono sempre stato molto impegnato sia per la promozione della serie che del film Perez, quindi non saprei, anche perché non sono un tipo mondano. Però sono felice se le persone riconoscono in me un buon attore. Mi chiudo a riccio, invece, se mi ritrovo ad essere oggetto di curiosità pruriginose, ma dipende dal mio carattere. Tanti miei colleghi sono molto più disinvolti, in questo senso, e li “invidio” un po’…»


PERSONAGGI

La tua famiglia che ruolo ha nella tua vita quotidiana? «Importantissimo. Il nostro rapporto, da quando è arrivata questa notorietà, è diventato ancora più stretto e fondamentale. Più si allarga la pressione esterna nei miei confronti, più sento il bisogno del loro abbraccio». E con le fans come la mettiamo? Lo sai che sei considerato un sex symbol? «Io un sex symbol? Non lo penso assolutamente, lo lascio dire a loro… Però il seguito femminile l’ho sempre avuto, anche prima che arrivasse il successo (ride divertito)». Come ci si sente a fare sempre il cattivo? Non hai paura di rimanere contaminato dai tuoi personaggi nella vita privata? «Senza dubbio, soprattutto grazie a Gomorra, ho visto e vissuto esperienze drammatiche. Mi sono dovuto immergere in una realtà come quella di Scampia, dove vivono i miei conterranei. Non è una passeggiata di salute, si può anche soffrire. In Perez sono Francesco Corvino, sempre un eroe negativo, che però cerca di allontanare la negatività seguendo l’amore, anche se poi il suo destino è amaro. Comunque,

il compito di un attore è anche quello di saper entrare e uscire in un personaggio senza farsi “graffiare” troppo, altrimenti non si riuscirebbe più a vivere». Nel tuo prossimo film sappiamo che passerai dall’altra parte della barricata, in un ruolo da buono… «Sì, sto lavorando alla preparazione di un film che mi vedrà nella doppia veste di attore e di coproduttore, Un posto sicuro. È una grande storia d’amore tra un padre molto anziano e suo figlio, ambientata a Casale Monferrato, sullo sfondo dell’amara situazione del processo dell’Eternit che, come spesso capita nel nostro paese, non ha avuto la giusta eco. Credo sia una storia necessaria da raccontare». Addirittura, sarai anche produttore: come mai? «Perché tra i miei sogni c’è sempre stato anche quello di poter scegliere di stare dietro la macchina da presa, scrivere e produrre le cose, e mettere gli altri nella condizione di far bene il proprio mestiere» Hai qualche anticipazione sul seguito di Gomorra – La serie? «Si girerà a marzo 2015, non ho ancora letto i soggetti di serie e le sceneggiature

ADESSO

non sono pronte, ma voci di corridoio mi dicono che ci saranno tantissime sorprese. Dal punto di vista artistico è importante non deludere il pubblico che ci ha amato, mentre da un punto di vista molto più legato alla realtà, sappiamo che da adesso in avanti il racconto si farà ancora più crudo e feroce». Qual è il tuo rapporto con Roberto Saviano, autore del romanzo e della sceneggiatura della serie che ti ha regalato la notorietà? «Io e Roberto ci conoscevamo già, frequentavamo lo stesso liceo, lui il quinto anno, io il primo. Gomorra ci ha unito e posso dire, adesso, di essergli amico, anzi sono contento di poterlo dire. È una persona a cui sostanzialmente auguro di poter essere felice, a prescindere da quello che faccia…». Un saluto ai tuoi fans? «Statti senza pensiere (stai senza pensieri, ndr): è una delle frasi simbolo di Gomorra, che ho pronunciato una sola volta a metà della prima puntata, quasi una frase di speranza per l’esistenza che spesso tanto facile non è».

Marco D’Amore, 33 anni, continua a vivere nella sua città natale, Caserta, anche dopo il grande successo raggiunto con la serie televisiva Gomorra. È amico di Roberto Saviano, che ha frequentato il suo stesso liceo.

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ADESSO

PERSONAGGI

L’ATTRICE SICILIANA, IN DOLCE ATTESA, È TRA LE INTERPRETI DEL NUOVO FILM DI FICARRA E PICONE, ANDIAMO A QUEL PAESE

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ndiamo a quel paese, il nuovo film di Ficarra e Picone, ha chiuso in bellezza l’ultimo Festival Internazionale del Film di Roma ed è in questo periodo in sala per raccontare con ironia vizi e virtù degli italiani. Nel cast troviamo anche Tiziana Lodato, attrice siciliana, che era sparita dalla circolazione da qualche tempo. Ci siamo fatti raccontare il perché...

TIZIANA LODATO «QUANTO È BELLO LAVORARE CON DEI GENTLEMEN!» di Laura Frigerio 64

Tiziana, che ruolo interpreti in Andiamo a quel paese? «Sono una madre e una moglie, quella di Salvatore Picarra, che lei cerca di appoggiare in ogni sua scelta, anche la più strana, e proprio per questo diventa alla fine un po’ cinica. Io sono una loro fan e li ho sempre seguiti con affetto, perché amo la loro comicità semplice ed elegante, mai sopra le righe o volgare. E poi sono siciliani come me!» Come hai reagito quando ti hanno proposto di lavorare con loro? «Quando mi hanno chiamato per questo film ero al settimo cielo, solo che in quel periodo non stavo molto bene e temevo di dover rinunciare. Invece poi ho scoperto di essere incinta di due mesi e loro hanno cambiato alcuni tratti del personaggio appositamente per me. Sono stati davvero carini! Una reazione come questa è rara, soprattutto in un ambiente come il nostro! Essere donne e madri non è facile nel mondo del lavoro e so che molti, al posto loro, mi avrebbero sostituito. Non conosco le esperienze delle mie colleghe, ma immagino che molte produzioni storcerebbero il naso all’idea di investire su un’attrice che, data la condizione, sul set potrebbe non essere sempre al meglio». Come sono loro sul set? «Dei veri gentlemen, però anche molto rigorosi: quando c’è da lavorare si lavora, senza troppe distrazioni. Chissà perché io mi aspettavo fosse tutto molto più giocoso e invece sono riusciti a sorprendermi anche da questo punto di vista. Sono dei grandi professionisti, precisi e seri: e questo mi piace tantissimo. È stato un orgoglio per me sfilare con loro sul red carpet del Festival di Roma, con tanto di pancione (sono all’ottavo mese)». In passato hai affrontato tanti ruoli drammatici. Qual è il registro che senti più tuo? «Lo devo ammettere: io mi trovo più a mio agio con ruoli drammatici, ma avevo da tempo il desiderio di fare una commedia elegante e l’ho fatta. Naturalmente se mi ricapitasse lo rifarei ancora! Le mie amiche mi hanno sempre detto che avrei dovuto tirare fuori il mio lato giocoso anche sul lavoro e ci sono riuscita». Il film a cui sei più legata? «Sono legata a tutti i progetti a cui ho collaborato, anche perché li ho scelti con grande cura. Però ho particolarmente nel cuore Terraferma di Emanuele Crialese, altro regista con cui tornerei a girare subito». Parlando invece della tua vita privata, questa è la prima gravidanza per te? «No, non è il primo figlio, ne ho già uno di 4 anni. È proprio per seguire la mia famiglia e in particolare mio marito, manager di una multinazionale che ogni tanto si trova costretto a trasferirsi, che ho diminuito i miei impegni da attrice. Negli ultimi anni ho vissuto, per esempio, negli Stati Uniti e a Parigi: saltare da un set all’altro non sarebbe stata impresa facile!» Quali sono i tuoi prossimi progetti? «Ho in cantiere dei progetti, ma il mio pensiero primario è dare alla luce questo bambino e poi prendermi una vacanzina. Credo di meritarmela!»



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PERSONAGGI

Anna Foglietta, 35 anni, romana, ha recitato in diverse fiction di successo, da La Squadra a Distretto di Polizia, e pellicole comiche come Nessuno mi può giudicare e Tutta colpa di Freud. Dal 2010 è sposata con l’ex compagno di classe Paolo Sopranzetti, ritrovato dopo anni grazie a Facebook.

ANNA FOGLIETTA

CONFUSA? NO, FELICE!

AL CINEMA CON LA COMMEDIA CONFUSI E FELICI, L’ATTRICE PASSA DA UN SET ALL’ALTRO TRA UNA GRAVIDANZA E L’ALTRA: NO PROBLEM, È UNA MAMMA SUPER! di Roberta Valentini

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Confusa? No, anzi, straordinariamente felice. Così appare Anna Foglietta alla presentazione dell’ultimo film di Massimiliano Bruno, Confusi e felici, dove l’attrice romana interpreta il ruolo di Silvia, la segreteria di uno psicanalista, Marcello (Claudio Bisio), di cui è segretamente, ma non troppo, innamorata. E il merito di tutta questa sua felicità non è, naturalmente, solo professionale. Perché Anna, oltre ad essere sposata da quattro anni con Paolo Sopranzetti, ex compagno di scuola incontrato di nuovo grazie a Facebook dopo un periodo di lontananza, è anche diventata mamma, lo scorso 29 settembre, del loro terzo figlio, Giulio. E porta sul suo volto i segni, tutti positivi, di questo suo particolare stato di grazia: occhi splendenti, pelle luminosa e una risata calda che ti travolge come un fiume in piena. «È vero, sono al settimo cielo, proprio

grazie all’arrivo di Giulio, che si è andato ad aggiungere a Lorenzo (3 anni e 8 mesi) e a Nora (20 mesi), gli altri due piccoli di casa. Sono nata per essere mamma e, se prima ero già una donna completa e felice, il loro arrivo, in questi ultimi tre anni e mezzo, ha reso la mia vita semplicemente meravigliosa». Anna, ormai le gravidanze per te sono una passeggiata… «Sì, aspettare un bambino mi rende positiva e mi sento sempre forte. Addirittura, nel caso di Giulio, fino al quarto mese non mi ero neanche resa conto di essere incinta. L’ho scoperto tardi e le mie due precedenti esperienze hanno reso tutto più semplice». Ma adesso che i tuoi figli sono diventati tre, non avverti mai un momento di cedimento? Come organizzi le tue giornate?


«Cedimento mai, perché il fatto che ora siano tre mi regala ancora più energia. I figli ti fanno sentire responsabile per loro e quindi hai un motivo in più per fare bene nella vita. Certo, l’organizzazione della quotidianità è un problema, e io sono sempre stanca morta. Ma c’è mio marito Paolo (Sopranzetti, ndr) ad aiutarmi. Siamo consapevoli di aver sacrificato gli aspetti più privati della vita di coppia per creare una famiglia meravigliosa: su questo siamo sempre d’accordo e non andiamo mai in conflitto sull’argomento. È una grande gratificazione per entrambi». Non c’è niente che ti manca della tua vita precedente? «La mia autonomia, sicuramente. Mi piacerebbe stare un po’ di più da sola con me stessa, parlarmi allo specchio, ma questo ormai non è più possibile: i miei tre figli mi seguono ovunque, anche in bagno. Però, va bene così…». Parliamo di cinema. Dopo Tutta colpa di Freud, eccoti in Confusi e felici, un altro film in cui la psicanalisi, in qualche modo, è protagonista: in che rapporti sei con questa scienza? «Ho fatto un percorso di un anno, perché in passato ho sofferto di attacchi di panico… E comunque la psicanalisi, in qualche modo, fa parte della vita di tutti noi attori, che proprio per mestiere e per

entrare nei personaggi, dobbiamo interrogarci continuamente e metterci in discussione. Insomma, alla fine siamo dei privilegiati». Nel film sei la romantica Silvia, che si innamora dello psicanalista dove lavora. Quali sono i punti che hai in comune con il tuo personaggio? «In realtà Silvia è molto distante da me, e proprio per questo ho dovuto lavorarci tantissimo e faticare. Io sono sempre stata realizzata nel lavoro e e sono sempre riuscita a fare quello che amavo, mentre lei è un’artista incompiuta che ha ripiegato su un lavoro da segretaria. Anche in amore, è ai miei antipodi: quando ho incontrato il mio grande amore, io ero una donna realizzata e risolta, che veniva da un anno di percorso e che non aveva più voglia di “salvare” nessuno, mentre lei si innamora spinta soprattutto dal suo spirito da crocerossina, dal desiderio di aiutare un uomo sull’orlo della cecità. Non nascondo che è stata dura, perché lei è il personaggio meno comico che ho interpretato al cinema». Qual è il messaggio di questo film corale? «Il messaggio del film è che bisogna andare oltre le apparenze, toglierci la maschera pirandelliana che indossiamo ogni giorno in una società che, anche a causa dei social network, è sempre più

stereotipata, e cercare di scoprire la bellezza della natura umana. È una storia di amicizia, soprattutto, quella stessa amicizia che richiede un regista come Massimiliano Bruno ai suoi attori: lui la ricerca insieme al calore umano in tutti quelli che lavorano con lui e non è un caso che scelga sempre persone di un certo peso specifico per i suoi film». Verso la fine del film, addirittura, canti una canzone. È il canto, allora, la tua passione segreta? «Sì, cantare è la cosa che mi piace fare di più, oltre a recitare. Vorrei dimostrare che posso essere in grado di cantare, recitare e ballare insieme, di essere una professionista completa, come le attrici americane. Ci vorrebbe un musical (ride)». Non è che cederesti alla tentazione di programmi come Tale e quale show o Ballando con le stelle? «No, lo escludo, non fanno per me». Dove ti vedremo presto? «Nel nuovo film di Edoardo Leo, Noi e la Giulia, e in quello di Riccardo Rossi, La prima volta di mia figlia, che uscirà a marzo». Non è che alla prossima conferenza stampa ti presenterai in dolce attesa del quarto figlio? Risposta non pervenuta. Solo una bella e calda risata, prima di andare via…

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ĂˆPERSONAGGI AMORE

Belen & Stefano UN AMORE SOCIAL Sempre sotto i riflettori, in tv e sul web, ma il loro sembra proprio un sentimento vero... 68


PERSONAGGI

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di Laura Frigerio

N

the

LOVE story

ella vita, si sa, non si può piacere a tutti. Ne sanno qualcosa Belen Rodriguez e Stefano De Martino, che sono a tutti gli effetti la coppia più chiacchierata dello showbiz italiano, nel bene e nel male. D’altra parte essere sulla bocca e sotto gli occhi di tutti non è mai stato un problema per loro, dato che hanno deciso di vivere sotto i riflettori, anche nei momenti più privati. Belen Rodriguez, showgirl argentina in Italia ormai dal 2005, ha costruito tutta una carriera sull’esposizione mediatica, cercando di fare parlare di sé sempre e in qualunque modo. Difficile dimenticare, infatti, i suoi esordi dalle passerelle ai calendari sexy fino alle prime copertine ottenute difendendo il suo manager di allora, Lele Mora, alle prese con i primi scandali e guai giudiziari. Da lì il passaggio in tv è stata questione di un attimo e ora il piccolo schermo sembra non riuscire a fare a meno di lei. Questa sua ascesa nell’olimpo delle star ha corrisposto a una vita sentimentale piuttosto movimentata: dal 2004 al 2008 è stata legata al calciatore Marco Borriello, mentre dal 2009 al 2012 è stata la compagna del controverso Fabrizio Corona. Con il primo pare sia finita per motivi di gelosia (anche se, visto il rapporto non propriamente sereno che hanno i due ora, non ci meraviglierebbe se ci fosse stato anche dell’altro), mentre la rottura con secondo (dal quale, a un certo punto, pare aspettasse persino un figlio) è stata causata non solo dai guai in cui lui si cacciava in continuazione (dando problemi anche a lei), ma anche dall’arrivo di un altro uomo...o forse, data l’età, sarebbe meglio dire ragazzo. Chi? Stefano De Martino. Il giovane ballerino e coreografo napoletano, classe 1989, si fa conoscere grazie al talent show Amici 9, dove è tra i preferiti di Garrison Rochelle che viene colpito dal suo talento. Ad accorgersi subito di lui è anche il pubblico a casa, soprattutto le ragazzine, che si prendono una bella cotta (virtuale) per lui. Peccato che il loro idolo, in quel momento, ha occhi solo per una fanciulla: la cantante Emma Marrone, di cinque anni più grande, conosciuta ad Amici (che poi vincerà).

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Per lei Stefano lascia la sua fidanzata, la ballerina Federica Scaramella, che aveva provato anche lei ad entrare nella “scuola” senza però riuscirci. «Il mio debole sono le ragazze», aveva dichiarato prima di iniziare questa avventura, forse consapevole del fatto che sarebbe caduto in tentazione. E, dato che “il lupo perde il pelo ma non il vizio”, ci ricasca l’anno seguente quando, promosso a ballerino professionista ad Amici 10, tradisce Emma con l’allieva Giulia Pauselli. La storia con lei dura un paio di mesi e Stefano, che in fondo è un romanticone, la lascia con un freddo sms in cui confessa di essere ancora innamorato della sua ex. Emma, nonostante il dolore e l’umiliazione subita, decide di perdonarlo e di tornare con lui, arrivando persino a definirsi simpaticamente «una cornuta felice». Per un po’ lei e Stefano vanno d’amore e d’accordo, tanto che i due fanno grandi progetti, pensano a un futuro insieme e parla-

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no persino di matrimonio. Emma però non aveva ancora fatto i conti con un ciclone chiamato Belen Rodriguez. Nel 2012 la cantante pugliese torna ad Amici tra i “Big” e vede consumarsi sotto i suoi occhi l’ennesimo tradimento. Maria De Filippi chiama, infatti, Belen per ballare nel programma e, tra un passo e l’altro, scocca la scintilla tra lei e Stefano. La liaison rimane inizialmente nascosta, ma i rumors si fanno via via sempre più fitti e i due

Belen (30 anni) e Stefano (25) si sono sposati il 20 settembre (compleanno della bella argentina) dell’anno scorso a Comignago, in provincia di Novara. Una cerimonia, con rito cattolico, blindata, anche se non sono mancati sul luogo curiosi, telecamere e giornalisti, tenuti però a debita distanza. Un matrimonio romanticissimo e da favola, di cui si è parlato per settimane su ogni singolo dettaglio.


L’amore fra Stefano e Belen è stato da sempre (volutamente) un amore alla mercé di tutti: una vita trasformata in reality, stile The Truman Show, di cui fa parte anche il piccolo Santiago, diventato già, suo malgrado, autentica star dei social network.

sono costretti a uscire allo scoperto. Seguono imbarazzo, critiche e tante lacrime. Inutile dire, infatti, che per Emma questo è un duro colpo, anche perché si rende conto che non si tratta della classica scappatella: quello tra Stefano e Belen è un vero e proprio colpo di fulmine. Le fan della pop-star attaccano pesantemente il suo ormai ex fidanzato e la showgirl argentina (anche lei più grande di cinque anni), facendo loro passare un periodo molto difficile. Anche Fabrizio Corona non riesce a mandare giù il fatto di essere lasciato (nonostante ci fosse aria di crisi già da un po’) per un ragazzino. I media non li perdono mai di vista, nemmeno quando la neo-coppia finisce in ospedale in seguito a un incidente in moto. Invidiabile la loro capacità di cavalcare l’onda dello scandalo per diventare protagonisti assoluti delle pagine di cronaca rosa. Da quel momento il loro amore è stato (volutamente) alla mercé di tutti e l’impressione è quella di essere catapultati in una vita trasformata in reality, stile The Truman Show. Nel giro di poco tempo, per la precisione nell’ottobre del 2012, Belen annuncia al mondo di essere incinta e noi (pur non volendolo) ci siamo ritrovati a vivere ogni tappa della gravidanza, fino alla nascita del piccolo Santiago, avvenuta il 9 aprile 2013 a Milano, alla celebre clinica Mangiagalli. Pare che la coppia abbia pagato la bellezza di 600 euro al giorno per la camera di ospedale: d’altra parte non si bada a spese per i propri eredi (quando ce lo si può permettere!). Ad aspettarle la tenera famigliola, fuori dalla clinica, il solito stuolo di paparazzi, gli stessi che qualche giorno dopo hanno inseguito la neo-mammina al parco e che l’hanno immortalata mentre allattava il pupo. In seguito Belen, sirena che da sempre richiama (o chiama?) i fotografi, si è lamentata diverse volte della loro invadenza nei confronti del figlioletto, nonostante il web sia ormai pieno zeppo di sue foto. Santiago, infatti, è diventato una star dei social network fin dai primi giorni di vita. Una scelta che, tanto per cambiare, ha fatto non poco discutere, soprattutto dopo la comparsa di commenti negativi rivolti al piccolo e la suo aspetto fisico. Da qui una serie di ‘baruffe’ via social tra Belen e alcune ‘lingue taglienti’ come

quella di Selvaggia Lucarelli, che non si è risparmiata e ha detto apertamente che trova il bimbo bruttarello. Sobria la reazione del papà del piccolo: «Secondo me, il limite degli altri non deve diventare un nostro limite. Criticare un minore non deve impedirmi di condividere la gioia di essere padre. È un limite che lascio agli altri». Nel luglio del 2013 Belen annuncia che, anche per lei, è arrivato il momento dei fiori d’arancio e così, il 20 settembre 2013 a Comignago (in provincia di Novara), diventa la signora De Martino. La cerimonia (con rito cattolico) è blindata, ma non mancano sul luogo curiosi, telecamere e giornalisti, anche se tenuti a debita distanza. Un matrimonio romanticissimo e da favola, di cui si è parlato per settimane, non trascurando il minimo particolare. «Questo anno è stato spettacolare, penso che sia l’anno più bello della mia vita in assoluto. Ho un figlio, mi sono sposata, ho trovato l’uomo della mia vita. Prima di Stefano e di questa storia d’amore che mi ha cambiato completamente la vita non ero mai tranquilla. Mai. Un po’ per il fatto

Al Festival di Venezia

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È AMORE


È AMORE di essere giovane, e quindi po’ instabile, ma quando diventi mamma, quando trovi l’amore, ti puoi sedere e ammirare tutto quello che hai costruito» - ha dichiarato una Belen felice e innamorata. Stessa impressione che si ha quando si ascolta parlare Stefano: «La nascita di Santiago mi ha cambiato totalmente. Faccio anche fatica a parlarne perché mio figlio è uno dei tasti più emozionali ed emozionanti. Mi ha dato grandissima forza. Mi ha fatto capire quali sono le priorità nella vita. Un figlio è quello che scala la classifica e ridimensiona tutto il resto. Il figlio è una conseguenza del matrimonio. È la mia famiglia in toto che mi dà questa stabilità». I due ormai sono inseparabili e, appena possono, cercano anche di lavorare insieme: anzi, ci sono dei casi in cui sono i brand stessi a chiamarli entrambi, come nel caso di John Richmond che li ha voluti come testimonial del profumo “Richmond X”. E qualcosa ci dice che prima o poi verrà coinvolto anche il piccolo Santiago. Insomma, carriera

e business a parte, sembra chiaro che la coppia sia ormai solida e tremendamente felice, alla faccia delle malelingue e di chi non scommetteva nemmeno un euro su questa storia. E il passato? Ormai se lo sono lasciati alle spalle. Recentemente Belen ed Emma si sono incontrate in tv, durante la trasmissione Tú sí que vales (sotto l’occhio vigile di Maria De Filippi, tanto per cambiare) e si sono salutate civilmente. «Io ci vedo professionalità. Non c’è cosa più bella in tv della professionalità» - ha dichiarato Stefano in una recente intervista - «Con Emma siamo in rapporti civili. Ci salutiamo». E dove lo mettiamo l’altro “ex ingombrante”, ovvero Fabrizio Corona? A parlare è sempre il ballerino: «Di Fabrizio Corona, penso che sia diventata una moda chiedere la grazia. Penso che sia un argomento che riguarda la coscienza dell’individuo e la giustizia. Non è un tema da salotto televisivo, lo trovo fuori luogo. La sua condanna? Non so di preciso cosa ha fatto. Non vedo ne-

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anche il motivo per il quale schierarsi a favore di una persona». E ora che tutti i brutti ricordi sono stati lasciati alle spalle è arrivato per i due piccioncini il momento di pensare al futuro. «Non sono incinta. Arriverà prima o poi. Quando partorisci, anche se fai tanto sport (e io ne faccio tantissimo), ti rimane un pochettino di pancia. Sicuramente la prossima gravidanza la pancia si vedrà. Ogni tanto poi mangio anche io. Lo sarò, lo sarò. È nei miei programmi, mi piacciono i bambini e ne voglio anche tanti. Il mio modello è Angelina Jolie», ha dichiarato qualche tempo fa Belen, facendo un po’ la vaga. Però Stefano, da buon uomo del Sud amante delle famiglie numerose, non vede l’ora di fare il bis: «Quando mio figlio mi ha chiamato papà per la prima volta, mi sono lasciato andare a un pianto. Speriamo che il fratellino e la sorellina arrivi presto. Lo stiamo mettendo in cantiere». Chissà se la cicogna farà presto tappa a casa De Martino...

Nell’ottobre del 2012, Belen annuncia al mondo di essere incinta e il piccolo Santiago nasce il 9 aprile 2013 a Milano, nella celebre clinica Mangiagalli, dove pare che la coppia abbia pagato, per la propria camera, la bellezza di 600 euro al giorno.

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STORIE PERSONAGGI ED EMOZIONI

IL DIRITTO ALLA

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«D

ichiariamo il Diritto ad essere curato come un diritto fondamentale e inalienabile appartenente a ciascun membro della famiglia umana». Una sentenza all’apparenza semplice, che tuttavia contiene, ed esprime con forza, due concetti fondamentali. Primo, l’assoluta necessità che ogni persona al mondo venga curata nel caso in cui ne abbia bisogno, quale che sia il problema di salute che lo affligge. Secondo, l’appartenenza, in quanto essere umani, ad un’unica famiglia, che trascende le differenza di razza, etnia, religione, provenienza, colore della pelle. Questo il fondamento su cui Emergency basa la sua intera attività ed opera dal 1994, offrendo cure medico-chirurgiche gratuite e di elevata qualità alle vittime delle guerre, delle mine antiuomo e della povertà. In vent’anni di attività Emergency ha curato oltre 6 milioni di persone in 16 Paesi. Ha costruito ospedali, centri di riabilitazione, pediatrici, chirurgici, posti di primo soccorso, e ancora un centro di maternità e un centro cardiochirurgico e ha contribuito alla ristrutturazione e all’equipaggiamento di strutture sanitarie già esistenti. “Proprio perché conosce gli effetti della guerra, sin dalla sua costituzione Emergency è impegnata nella promozione di valori di pace”. Ed è per questo motivo che l’associazione ha intrapreso fin dai suoi inizi la campagna che ha portato l’Italia a mettere al bando le mine antiuomo. I principi su cui Emergency basa il suo operato sono l’Eguaglianza, in quanto ogni essere umano ha diritto ad essere curato a prescindere dalla condizione economica e sociale, dal sesso, dall’etnia, dalla lingua, dalla religione e dalle opinioni; la Qualità, in quanto i sistemi sanitari devono essere basati sui bisogni di tutti ed essere adeguati ai progressi della scienza medica, “non possono essere orientati, strutturati o determinati dai gruppi di potere né dalle aziende coinvolte nell’industria della salute”; infine la Responsabilità Sociale, in quanto i governi devono considerare come prioritari la salute e il benessere dei propri cittadini, e destinare a questo fine le risorse umane ed economiche necessarie, facendo in modo che i servizi forniti e i progetti umanitari siano gratuiti e accessibili a tutti.

di Chiara Mazzei

L’INSTANCABILE ATTIVITÀ DI EMERGENCY PER SALVARE VITE UMANE

L’IMPEGNO CONTRO EBOLA Se ne parla ad ondate. A tratti sembra che il pericolo sia impellente e la situazione non più gestibile. A tratti quasi viene gettata nel dimenticatoio per dare spazio a temi giudicati più eclatanti dai media. Sta di fatto che l’Ebola rappresenta, tutt’oggi, un problema di vasta scala cui si fa fatica a porre fine. Secondo il Centers for disease control and prevention, ente statunitense che si occupa di salute pubblica, entro il mese di gennaio i contagiati in Africa Occidentale potrebbero arrivare a 1 milione e 400mila. Nello specifico, questo inquietante scenario si potrebbe verificare in Liberia e Sierra Leone, nel caso in cui non si dovessero adottare le misure necessarie per arrestare l’epidemia. Se le vittime fossero sepolte in maniera corretta e il 70% dei pazienti fosse curato in ambienti con basso rischio di contagio, infatti, l’epidemia in in questi due paesi potrebbe estinguersi entro la fine di gennaio dell’anno prossimo. E la conferma di questo tragico panorama arriva da uno degli scopritori del virus, il microbiologo Peter Piot. Che alla Cnn ha spiegato che «Si tratta della prima epidemia di ebola in cui sono coinvolti interi Paesi e grandi città, continuo a essere preoccupato per il fatto che la risposta all’epidemia stia correndo dietro al virus». Piot, che è stato uno degli esperti che scoprirono il virus nel 1976 in quella che attualmente è la Repubblica Democratica del Congo, in un’intervista al Guardian, profetizzò il rischio di una «catastro-

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STORIE PERSONAGGI ED EMOZIONI

COSA PUOI FARE TU?

fe inimmaginabile». E così, di fatto, è stato. Non solo il tasso di mortalità si è alzato spaventosamente, passando dal 50 al 70%, ma l’epidemia causa, oltre ai migliaia di morti, la totale paralisi dei paesi coinvolti e un allarme generale difficile da gestire. E anche rispetto a questa triste emergenza, Emergency non se ne sta con le mani in mano. È stato aperto, il 18 settembre, un Centro per la cura dei malati di Ebola a Lakka, a pochi chilometri dalla capitale della Sierra Leone, Freetown. «Abbiamo deciso di aprire questo Centro perché l’epidemia non accenna a fermarsi: i casi positivi aumenteranno e c’è bisogno di altro personale sanitario, altri reparti di isolamento e altri posti letto per la cura dei pazienti», spiega Luca Rolla, coordinatore di Emergency in Sierra Leone. Presso il Centro di Lakka lavorano circa 110 persone tra medici, infermieri, logisti, ausiliari, personale delle pulizie. Gli operatori internazionali vengono da Italia, Serbia, Spagna e Uganda. «Per garantire un’adeguata tutela dei pazienti e dello staff, tutto il personale ha seguito una formazione specifica sui

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protocolli di protezione, sull’utilizzo dei dispositivi di protezione personale e sul corretto movimento nei percorsi obbligati interni al Centro per evitare la diffusione del virus e la contaminazione», fa sapere lo staff. E la lotta di Emergency non si limita al campo della pratica: una corretta informazione sulla malattia, e tutto ciò che essa concerne, dai sintomi al contagio, passando per la profilassi, è assolutamente doverosa ma troppo spesso strumentalizzata da media e mondo politico. Come sottolineato attraverso un comunicato stampa «È un’epidemia grave, che necessita di un’azione concordata a livello internazionale, per non abbandonare i paesi africani come è accaduto in questi anni. La gravità della situazione, però, non deve in alcun modo giustificare strumentalizzazioni politiche e disinformazione che possono generare conseguenze pericolose. È sbagliato e irresponsabile legare la diffusione di Ebola alle migrazioni via mare, in quanto l’aggressività del virus non renderebbe possibile affrontare viaggi di migliaia di chilometri dalle zone colpite fino alle coste

Ci sono molti modi per sostenere Emergency. Potete fare una donazione (tutte le modalità su www.emercency.it), acquistare dei gadgets on line su shop.emergency. it. o delle bomboniere solidali sul sito lietieventi.emergency. it su cui potete trovare biglietti, partecipazioni, candele, bomboniere, liste nozze e contribuire ad aiutare le vittime della guerra e della povertà. Nei suoi interventi umanitari all’estero Emergency non utilizza volontari, ma figure professionali specifiche. Ma i volontari rimangono fondamentali nell’opera di informazione e di sensibilizzazione dell’opinione pubblica, nella diffusione di una cultura di pace e nell’attività di raccolta fondi. Per info potete scrivere a volontariato@emercency.it

nordafricane e da lì alle nostre coste. È criminale giocare sulle generalizzazioni che sovrappongono Africa, Ebola e migranti, sfruttando un’epidemia per i propri calcoli politici. L’Europa ha tutti gli strumenti per garantire la sicurezza dei propri cittadini, monitorando gli arrivi dai paesi a rischio e gestendo in modo tempestivo eventuali casi di contagio». Questa sembra essere una risposta alla paranoia diffusa che spesso prende i connotati della bufala, non essendo supportata da una vera e propria conoscenza scientifica del fenomeno. Al di là delle polemiche, delle accuse, l’informazione è un obbligo di ciascuno e la solidarietà, umana e concreta, verso i paesi colpiti anche.



le Donne D’ITALIA di Serena Fogli

Ornella Vanoni la sensualità dell’eleganza «Avevo 20’anni, tornavo dal collegio, mi dissero: “Vuoi fare l’attrice?”. “Come si fa l’attrice?”. “Ci si iscrive al Piccolo Teatro”. E così andò. Non avevo alcun sacro fuoco per la recitazione. Piuttosto, una timidezza mortale»

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n temperamento instancabile per un’indole perfezionista, una donna sensuale e mai volgare per una delle voci più eleganti e superbe della musica leggera italiana. Quello tra Ornella Vanoni e la musica è stato un incontro fortuito e imprevisto, o almeno così narrano le cronache dell’epoca. Ma poteva forse rimanere nascosta a lungo una voce come la sua? Ornella Vanoni, ovvero oltre cinquant’anni di vita in musica: una donna che ha saputo incarnare l’eccellenza della musica al femminile tanto da essere, ad oggi, l’unica italiana ad aver vinto il Premio Tenco come cantautrice. UNA TIMIDA ATTRICE CHE DIVENTA CANTANTE Ornella Vanoni, ripensando ad una giovanissima se stessa, dice di essere stata una ragazza timida, una di quelle adolescenti che, quando arrivava il momento dell’interrogazione, si nasconde dentro se stessa mentre il professore scorre il dito sul registro di classe. Eppure dai banchi di scuola, passa alle lezioni di teatro, al Piccolo di Milano per la precisione: è un palcoscenico prestigioso, è il teatro in cui lavora Giorgio Strehler, il genio, il maestro. «Veniva sempre alle prove. Una di 20 anni che incontra un genio, secondo voi che fa? S’innamora. Da lui ho imparato tutto, come una spugna. Con quattro lire faceva cose stupende», racconterà in seguito Ornella Vanoni. E infatti Strehler diventa suo compagno e Pigmalione, colui che voleva fare di lei una grande interprete: e così fu. Perché, se non sui palchi teatrali (che poi la Vanoni ha comunque calcato con maestria) è la musica l’ambito in cui la giovane Vanoni riverserà tutti gli insegnamenti ricevuti: diventa la cantante della Mala e interpreta quelle che, all’epoca, si pensava fossero canzoni popolari. In realtà tutti i brani interpretati erano stati scritti appositamente per lei da Strehler, Dario Fo, Fiorenzo Carpi, Gino Negri e Fausto Amodei: era quasi come se quelle canzoni le fossero state cucite addosso. Perché la Vanoni, con quel portamento elegante, con quell’espressione sofferta,

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CURIOSITÀ con quei capelli ricci e con quella voce profonda e drammatica, era perfetta per interpretare quei brani. E infatti la critica ne è inizialmente entusiasta e il pubblico stesso comincia ad interessarsi a quella ragazza sempre vestita di nero: è l’inizio della nascita di un mito. Poi arrivano gli anni ‘60, e con loro le proteste giovanili e un’incredibile aria di rinnovamento. Per Ornella questi saranno gli anni della metamorfosi e del cambiamento. I panni della cantrice d’élite, infatti, cominciano a star stretti ad un’interprete che faticava ad arrivare al suo pubblico: perché le canzoni della Mala, benché stupende nei testi e nelle sentite interpretazioni, resero la Vanoni una cantante “intellettuale”, capace certamente di avere un pubblico, ma un pubblico ristretto. E lei è giovane, tenace, caparbia e, soprattutto, dotata di grande talento e perseveranza: il pubblico d’élite non le basta più. L’INCONTRO CON GINO PAOLI E LA RINASCITA Gli anni ‘60 sono un decennio di grande rinnovamento per Ornella Vanoni: se appena ventenne incontra Strehler, maestro e amante, gli anni delle grandi proteste giovanili sono il periodo in cui un altro uomo fa l’ingresso nella sua vita. E come accadde con Strehler, anche questa volta la simbiosi tra amore e musica diventa totale, capace di dar vita a canzoni e melodie indimenticabili. È un pittore che si interessa alla musica: è il 1960 e Ornella Vanoni incontra Gino Paoli nella sede della Ricordi. È amore a prima vista. Tuttavia lei è convinta che lui sia gay, perché è così che gliel’avevano descritto quando lei aveva chiesto chi fosse. «La cosa buffa che lui chiedeva in giro chi fosse quella rossa e gli rispondevano che ero quella della Mala e forse ero un po’ lesbica. Ci chiarimmo qualche tempo dopo in un bar, davanti a un caffè. Lui mi fa: “Sei lesbica?”. Io rido e chiedo se lui è dell’altra sponda. E ride anche lui», racconterà in seguito. È l’inizio di un grande amore e di un grande sodalizio artistico: comincia un periodo in cui Ornella Vanoni riscopre se stessa e un mondo diverso. Abbandonati gli abiti neri da cantante della Mala, scopre un mondo colorato fatto di canzoni diverse da quelle che aveva interpretato fino ad allora: le bellissime parole di Gino Paoli incontrano la voce superba della Vanoni e nascono canzoni come Senza fine che, in pochissimo tempo, diventa un inarrestabile successo,

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IL BUIO DIETRO LA LUCE

A raccontare della vita di Ornella Vanoni sembra quasi di narrare una favola, la storia di un’esistenza in discesa in cui talento, perseveranza, costanza e caparbietà hanno giocato a rincorrersi per dar vita a quello che oggi è, in tutto e per tutto, un mito della musica italiana. Eppure tutte le storie, e soprattutto le favole, possono nascondere retroscena oscuri e bui, neri come la depressione. Ornella Vanoni non ha fatto segreto del male che l’ha colpita più volte nel corso della sua vita. Perché la depressione, forse, è il male più democratico che esista, spesso poco compreso da chi non ne ha mai sofferto: dall’esterno può sembrare incomprensibile e, dall’altro lato, per chi ne soffre, si tratta di qualcosa di talmente incomunicabile da essere spesso taciuto. «Avevo perso tutti i capelli, diventai calva e presi un gatto, perché un cane era troppo impegnativo» ha raccontato Ornella Vanoni in un’intervista a Le invasioni barbariche su La7. La depressione ha accompagnato parte della vita di una donna che, nonostante il successo e il calore del pubblico, non riusciva a trovare la giusta pace per convivere con se stessa. Sono tanti gli aspetti che non conosciamo di una cantante che ha sempre mostrato eleganza e perseveranza in un lavoro che è diventato una ragione di vita. E allora, per conoscere meglio Ornella Vanoni, affidiamoci alle sue parole,ma questa volta non alle parole di una canzone. Perché è anche in un libro che la cantante si è raccontata, senza censure e senza veli: Una ragazza bellissima, edito da Mondadori, è una biografia con cui la Vanoni ci fa entrare in punta di piedi nella sua vita, raccontandoci lo spettro della depressione, i problemi con l’alcool, ma anche tutti i suoi amori. «Sono una donna che ha vissuto una vita intensa. Ogni emozione ha il suo posto nel mio cuore».


nonché una delle pietre miliari della musica italiana. La metamorfosi è compiuta e Ornella è una cantante a tutto tondo e le si aprono le porte del successo: la canzone Cercami diventerà il suo primo 45 giri e in suo primo grande successo commerciale, vendendo oltre 100mila copie. La cantante milanese, con quell’aria sofisticata e con quella voce sensuale ed elegante, scala la vetta del successo, entra tra le grandi della musica leggera e viene indicata come la Edith Piaf italiana. E poi arriva il teatro, la televisione e il trionfo: perché Ornella Vanoni è talmente versatile da far proprie tutte le canzoni che interpreta, tanto che anche i brani che sono geograficamente distanti dalle sue origini milanesi vengono applauditi a gran voce. Come dimenticare, per esempio, la vittoria al Festival di Napoli del 1964? Accanto a un magnifico Modugno la Vanoni interpreta Tu sì ‘na cosa grande e si classifica prima. Teatrale nelle movenze, cantante in fondo all’anima, è stata ed è tuttora una delle più grandi interpreti dei nostri tempi: una sofisticata grazia, un’innata eleganza e una voce incredibile per una donna capace di attraversare oltre cinquant’anni di storia rinnovandosi continuamente pur rimanendo, in fondo, la timida ragazza caparbia e tenace degli esordi.

«La mia fede è troppo scossa ormai, ma prego e penso fra me e me... “proviamo anche con Dio, non si sa mai”»

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ALCOL E ADOLESCENTI

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PERSONAGGI

QUANDO L’ABUSO NAVIGA IN RETE di Viviana Carfì

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PERSONAGGI L’INCHIESTA L’ULTIMA DELLE WEB FOLLIE SI CHIAMA “NECKNOMINATION” E ARRIVA DALL’AUSTRALIA. UNA SPASMODICA CATENA DI BEVUTE ONLINE DI CUI SI DEVE CONDIVIDERE I FILMATI, PENA IL DISONORE PUBBLICO SUI SOCIAL NEWTWORK. UNA MODA CHE COINVOLGE SEMPRE PIÙ I GIOVANISSIMI, ALLE PRESE CON SFIDE ESTREME CHE NE METTONO TALVOLTA A REPENTAGLIO LA VITA. NON È UN CASO CHE DALL’INIZIO DELL’ANNO SIANO GIÀ MORTI DIECI RAGAZZI PER ESSERSI LANCIATI DA UN PONTE O DA UN TERRAZZO O ESSERSI BUTTATI IN MEZZO ALLE FIAMME DOPO UNA WEBBEVUTA. UN FENOMENO DI FRONTE AL QUALE NON SI PUÒ, DUNQUE, FAR FINTA DI NULLA

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a Rete può essere davvero molto pericolosa. Soprattutto se i protagonisti sono i giovanissimi di 14, 13 e persino 12 anni. L’ultima delirante web follia arrivata dall’Australia è la “Necknomination”, un’assurda catena di bevute online. Chi viene nominato si filma mentre stappa un litro di birra, di vino o crea un miscuglio di alcol e lo ingerisce tutto d’un fiato senza staccarsi dal collo, ‘neck’in inglese, della bottiglia. Poi a sua volta, nomina altri tre sfidanti che entro 24 ore dovranno bere in quantità e modalità sempre più a rischio. Guai a interrompere il gioco, perché il disonore sul web e l’etichetta di “sfigato” è inevitabile. Meglio inventare qualcosa di più estremo, come bere sott’acqua, sullo skateboard, in contromano o fare prodezze dopo la bevuta mettendo a repentaglio la propria vita. Dall’inizio dell’anno già dieci ragazzi sono morti (cinque in Australia, tre in Inghilterra e due in Irlanda) per essersi lanciati da un ponte o da un terrazzo o tra le fiamme dopo la bevuta. Come Johnny Bryne, 17 anni di Dublino, che è stato sfidato, dopo il neckdrinking, ad attraversare a nuoto le acque gelate di un fiume, non ce l’ha fatta. Il fratello si è gettato in acqua per aiutarlo ma non per fermarlo, perché alla Necknomination non ci si sottrae. Mai. BERE PER DIMOSTRARE CHE NON SI HA PAURA Spingersi sempre oltre i limiti e fare quello che gli altri non hanno ancora fatto. Vincere il confronto con i propri amici aumentando le quantità o bevendo in modalità assurde per dimostrare che non si

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ha paura di nulla, nemmeno della morte. Si scopre così che la Necknomination è solo la punta di un iceberg più sommerso e più nocivo. I giovanissimi dai 14 anni praticano il “Binge Drinking”, ovvero bere senza freno almeno sei tipi di superalcolici in un ristretto arco di tempo. La “Drunkanoressia” è appannaggio delle teenager che per non ingrassare decidono di digiunare e di assumere le calorie solo dagli alcolici, provocando così un doppio danno: l’anoressia e la dipendenza alcologica. Complice la pallina da ping pong per il “Beer Pong”, dove chi non riesce a infilarla nella pinta di birra è costretto a bere sino ad ubriacarsi. Dalla Francia è arrivata la bevuta attraverso gli occhi, la “Eyeballing”, il cui scopo è quello di raggiungere più velocemente lo sballo, con il rischio di danneggiare il bulbo oculare con lesioni e lacerazioni irreversibili. In arrivo dagli Stati Uniti l’inalazione dei vapori alcolici, un trend molto pericoloso perché, affermano gli esperti, l’inalazione bypassa i meccanismi di difesa naturali del corpo nei confronti dell’eccessivo consumo. A MILANO LA SBRONZA PIÙ PRECOCE Oltre un milione di minorenni consuma abitualmente alcol e ha fatto il suo primo assaggio a soli 11 anni, un terzo addirittura prima dei 10 anni. Il vero consumo inizia intorno ai 13 anni e la prima sbronza già a 15 anni. E non stiamo parlando dei paesi nordici, notoriamente grandi consumatori di alcol, bensì del nostro paese: a Milano due quindicenni su cinque hanno già sperimentato la prima sbronza forte, battendo in precocità tutte le altre metropoli europee. La “Milano da bere”

La “Necknomination” è solo una delle tante mode in tema di alcol, web e adolescenti. Fra queste, il “Binge Drinking”: bere senza freno almeno sei tipi di superalcolici in un ristretto arco di tempo. O la “Drunkanoressia”, appannaggio delle teenager che per non ingrassare decidono di digiunare e di assumere le calorie solo dagli alcolici, provocando così un doppio danno: l’anoressia e la dipendenza alcologica.

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L’INCHIESTA

LIEVITO DI BIRRA SCUDO ANTI-SBRONZA James Koch, uno dei fondatori della Boston Beer Company ha pensato ai giovani e al loro abuso di alcol e ha trovato il modo per impedire agli alcolici di far danno al fegato e soprattutto al cervello. Il mastrobirraio americano suggerisce di ingerire prima di una serata o di una festa un cucchiaino di lievito di birra. Grazie a un enzima in esso contenuto, chiamato deidrogenasi che scompone l’etanolo, il lievito impedisce all’alcol di andare in circolo nel corpo e di intossicare il fegato. Un modo per restare lucidi ed evitare bravate o incidenti con conseguenze pericolose per se stessi e per gli altri. Potrebbe essere una soluzione per assicurarsi che almeno uno a turno nel gruppo di amici possa guidare e riportare tutti a casa sani e salvi. Ma non deve diventare un’abitudine.

Oltre un milione di minorenni consuma abitualmente alcol e ha fatto il suo primo assaggio a soli unici anni, un terzo addirittura prima dei dieci. Il vero consumo inizia intorno ai tredici anni e la prima sbronza già a quindici. A Milano due quindicenni su cinque hanno già sperimentato la prima sbronza forte, battendo in precocità tutte le altre metropoli europee.

appunto, verrebbe da dire! Ma l’Osservatorio Permanente Giovani e Alcol di Roma (www.alcol.net) conferma che il fenomeno è trasversale e da Genova a Bari, da Torino a Roma e a Napoli, quattro adolescenti su cinque bevono abitualmente una birretta o un cocktail di gin e vodka nel weekend, il 28% lontano dai pasti e il 50% fuori di casa, nei luoghi di maggior socializzazione come la discoteca, i concerti e gli spettacoli sportivi. Tra le vie della movida delle grandi città si vendono i cosiddetti “drink light” coloratissimi e a buon mercato (uno o due euro al massimo), i ragazzi ne bevono tre o quattro uno dopo l’altro già all’inizio di serata per sciogliersi, rendersi simpatici e

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spiritosi e solo in pochissimi locali viene loro chiesto il documento d’identità. Oppure arrivano in piazza con un bottiglione di vino portato da casa e sorseggiano a turno emulando comportamenti con cui vengono bombardati, senza alcun filtro, dalla pubblicità sul web dove trascorrono l’80% del loro tempo. Per inciso, la promozione delle bevande alcoliche su Internet ha un giro di affari che supera i 65 milioni di euro all’anno! BEVO, CONDIVIDO, QUINDI ESISTO! «Se un tempo si beveva per dimenticare una delusione, oggi i giovanissimi bevono per prevenirla», sottolinea la dottoressa Paola Nicolini, docente di Psicologia dello

sviluppo e dell’educazione dell’Università di Macerata e autrice del libro “Sentirsi brillo” edito da Franco Angeli nel 2009. «È un dato in controtendenza – dice – dettato dal fatto che nella fase adolescenziale il gruppo di pari è la cosa più importante che ci sia e si è disposti ad alterare la propria immagine a qualunque costo per essere gradevoli, disinibiti e accettati dal gruppo».Piacere agli altri e farsi accettare nel linguaggio dei giovanissimi significa condividere ogni gesto sui social network. Perché abbia valore e sia gratificata l’abbuffata di alcol, la bravata in stato di ebrezza o la sfida deve essere postata in Rete altrimenti non ha senso e serve soprattutto per dire a tutti: “Bevo, condivido, dunque esisto!”. MAI PRIMA DEI SEDICI ANNI Chi beve alcol prima dei sedici anni rischia di sviluppare l’alcoldipendenza in età adulta quattro volte di più rispetto a chi inizia dopo i ventuno anni. «I minori – spiega il professor Emanuele Scafato, direttore dell’Osservatorio Nazionale di Alcologia di Torino – non sono predisposti a metabolizzare l’etanolo, per cui l’alcol fa un danno maggiore, soprattutto in quegli organi che sono in via di sviluppo come il cervello, perché circola immodificato ed è la causa della perdita di neuroni, della riduzione della memoria e della capacità di orientamento. Quando l’organismo non è predisposto a metabolizzare l’alcol, mettersi alla guida di un motorino, anche dopo un solo bicchiere, può essere letale. È solo dopo i diciotto anni che il cervello è in grado di percepire il rischio e individuare le situazioni nelle quali è meglio non bere». Ecco perché è necessario evitare che queste nuove mode che si stanno diffondendo tra i giovanissimi tramite i social network vanno contrastate e combattute con ogni mezzo.


PERSONAGGI L’INCHIESTA

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IL PARERE DELL’ESPERTO «IL PRIMO BULLO È IL GENITORE ASSENTE»

Colloquio col professor Federico Tonioni, psichiatra dell’Università del Policlinico Gemelli di Roma e autore di Cyberbullismo. Come aiutare le vittime e i persecutori (Ed. Mondadori) Professore, perché s’inventano sempre modi diversi per stordirsi a scapito della salute? «In una società dove tutto è sotto controllo e tutti ti vedono, ti intercettano, i ragazzi cercano la via di fuga attraverso il collasso, lo stordimento. Si nascondono nelle abbuffate di alcol e di altre sostanze psicoattive, il loro obiettivo non è ubriacarsi ma passare direttamente al collasso. Diventano dei policonsumatori: canna, alcol, droghe speed, anfetamina. Un’escalation dove l’alcol c’è sempre perché serve per trovare il coraggio di provare sostanze più rischiose». Loro sono i primi fruitori di questi strumenti di controllo e non rinuncerebbero mai a non essere presenti sui social network. Vogliono nascondersi ma danno molta importanza alla visibilità in Rete. Non è una contraddizione? «Già a sette-otto anni possiedono uno smartphone e sono in grado di navigare sul web e non si limitano a Facebook, che considerano una cosa da vecchi, ma vi preferiscono Instagram e Ask, una piazza virtuale pericolosissima perché anonima. Per questa generazione la visibilità mediata dal web e quindi attraverso uno schermo è importantissima proprio perché virtuale, ma nella vita reale hanno bisogno di qualcosa che li protegga, che nasconda come sono veramente e lo stordimento alcologico è perfetto. Sono troppo giovani e insicuri per poter affrontare il gruppo da soli e lo fanno in compagnia di sostanze». Come possono i genitori intervenire e impedire che i loro figli rimangano coinvolti o non cadano nel tranello della Necknomination? «I genitori devono esserci, devono stare con i loro figli, perché il primo problema è proprio la loro assenza! Il primo bullo è il genitore assente. Sempre troppo occupato e autoreferenziale, arrivista e narcisista. Il tempo è serrato, intenso e la famiglia e la società sono cambiate velocemente. La prima domanda che dobbiamo farci è: “Perché non ci manca di stare con i nostri figli?”. Inoltre, dobbiamo collocarci alla distanza che loro ci propongono e imparare a contenere l’ansia: non possiamo pretendere che gli adolescenti si prendano cura della nostra ansia. Il controllo va fatto nel modo giusto e senza perdere la fiducia di base, comprendendo che il gruppo dei pari ha in questa fase della loro vita un ruolo fondamentale e di conseguenza una brutta figura sui social network è la rovina, l’esclusione dal mondo e può innescare dinamiche di ritiro sociale. Meglio suggerire di sostituire la birra con l’aranciata o proporre di assisterli nella ripresa. Insomma, fare in modo che si possano fidare di voi e voi di loro. Il muro contro muro non serve a niente, meglio ammettere: “Ho una paura enorme, ma mi fido di te e sappi che se hai bisogno io ci sono sempre!”. Ne guadagneremo, e molto, sia loro che noi».

I MOTIVI DELL’ABUSO Secondo l’Associazione Aliseo Onlus di Torino (www.associazionealiseo.org), realtà nata nel 1987 in seno al Gruppo Abele e che si rivolge alle persone con problemi di alcol e ai loro familiari anche tramite interventi terapeutici riabilitativi, gli adolescenti fanno abuso di alcol per: - essere protagonisti ed attirare l’attenzione di persone dell’altro sesso - sentirsi adeguati e somiglianti al resto del gruppo dei pari e, quindi, farsi accettare - esplorare nuove situazioni come la sfida, il rischio, le emozioni forti - riempire il vuoto trasmesso dalla noia, dall’apatia, dalla solitudine e dalla malinconia - allontanare da sé la sofferenza dovuta a difficoltà personali, ai rapporti con gli amici, i genitori, il ragazzo o la ragazza, a situazioni frustranti o gravose come la scuola.

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PUNTI PERSONAGGI DI VISTA

Da “Yes we can” a “Yes, we lost”. Barack Obama non si nasconde e, nella prima conferenza stampa dopo le elezioni di metà mandato, non ha remore ed ammette: abbiamo perso. Dopo anni di vittorie incontrastate, pareri favorevoli e opinione pubblica in visibilio per il primo uomo di colore alla guida degli Stati Uniti d’America, la luna di miele sembra essere terminata. O almeno gli americani

sembrano volere un periodo di pausa. Crisi del sesto anno? Forse. Quello che è chiaro, però, è che chi ha votato per lui sei anni fa, festeggiato nella notte di Chicago del 2008 e replicato nel 2012, aspettava altro. Proprio da lui, che ha da sempre messo il cambiamento al primo posto. Un cambiamento che, però, non sembra essere arrivato. Gli acerrimi nemici delle riforme,

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i Repubblicani, alla guida ora di Camera e Senato potranno, di fatto, bloccare il processo legislativo. Guardando ovviamente al 2016, quando l’occasione di tornare alla Casa Bianca si ripresenterà. Un’occasione da non fallire, da preparare nei minimi dettagli. Anche perché i democratici hanno già un asso nella manica: Hillary Clinton. Già, proprio lei.

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PERSONAGGI IL MONDO DI FRANCESCO

UN PAPA “GUERRILLERO”

scoltando i messaggi, quasi sempre controcorrente, di Papa Francesco, sarà venuto in mente anche voi Giorgio Gaber. E vi sarete domandati: ma Papa Francesco è di destra o di sinistra? Una sterzata a sinistra è avvenuta lo scorso 28 ottobre, all’Incontro mondiale dei movimenti popolari. Presenti numerose associazioni che lottano per i diritti e la difesa degli oppressi nel mondo. Per l’Italia c’era, tra gli altri, il centro sociale Leoncavallo di Milano.

NIENTE PATERNALISMI

«I poveri non solo subiscono l’ingiustizia ma lottano anche contro di essa!» ha esordito il Papa, che ha messo in guardia contro il pericolo di aspettare «a braccia conserte l’aiuto di Ong, piani assistenziali o soluzioni che non arrivano mai o che, se arrivano, lo fanno in modo tale da andare nella direzione o di anestetizzare o di addomesticare». Insomma, secondo il Papa i poveri non devono sopportare disciplinatamente le ingiustizie e sperare nella ricompensa nell’altro mon-

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di Massimo Lanari

do, ma devono lottare qui e adesso. Senza «assistenzialismo paternalista» da parte dello Stato o soluzioni-tampone, «conservatorismi compassionevoli» che evidentemente non piacciono a Bergoglio. Solidarietà, secondo il Papa, significa «lottare contro le cause strutturali della povertà, la disuguaglianza, la mancanza di lavoro, la terra e la casa, la negazione dei diritti sociali e lavorativi». La solidarietà «è un modo di fare la storia».

TEMI CONCRETI, NON IDEOLOGIE

Attenzione però: «Questo nostro incontro non risponde a un’ideologia. Voi non lavorate con idee, lavorate con realtà», con «i piedi nel fango e le mani nella carne. Odorate di quartiere, di popolo, di lotta!». Al centro non ci sono teorie politiche, ma «terra, casa e lavoro. È strano, ma se parlo di questo per alcuni il Papa è comunista. Non si comprende che l’amore per i poveri è al centro del Vangelo. Terra, casa e lavoro, quello per cui voi lottate, sono diritti sacri. Esigere ciò non è affatto strano, è la dottrina sociale della Chiesa».

L’IMPORTANZA DELLA COMUNITÀ

Insomma, Francesco è “comunista”? Certamente no. E per due motivi. Primo perché, se è vero che il sistema «dobbiamo cambiarlo, dobbiamo rimettere la dignità umana al centro», è anche vero che dobbiamo farlo «con coraggio, ma anche con intelligenza. Con tenacia, ma senza fanatismo. Con passione, ma senza violenza. E tutti insieme, affrontando i conflitti senza rimanervi intrappolati, cercando sempre di risolvere le tensioni per raggiungere un livello superiore di unità, di pace e di giustizia». Secondo, perché Francesco esalta non la classe, né l’uguaglianza materiale, ma la comunità: «Nei quartieri popolari dove molti di voi vivono sussistono valori ormai dimenticati nei centri arricchiti. Questi insediamenti sono benedetti da una ricca cultura popolare, lì lo spazio pubblico non è un mero luogo di transito ma un’estensione della propria casa». Insomma, Francesco non è comunista ma, più umilmente, “comunitario”. C’è una bella differenza.


IL DIAVOLO

ESISTE Parola di Papa Bergoglio La vita cristiana è una milizia, una lotta, contro le tentazioni offerte dal Principe del male. Solo con la fede, quella vera, si possono respingere i suoi assalti

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er Papa Francesco la lotta non è solo quella materiale. Ma anche quella spirituale. E il nemico chi è? Il diavolo. Perché, ha detto Francesco, «il diavolo esiste. E noi dobbiamo combattere contro di lui». Bergoglio cita San Paolo quando «sviluppa in un linguaggio militare la vita cristiana». Si deve combattere, dunque. E «non è un semplice scontro, no, è un combattimento continuo». Per il Papa «non si può pensare ad una vita spirituale, ad una vita cristiana, senza resistere alle tentazioni, senza lottare contro il diavolo, senza indossare questa armatura di Dio, che ci dà forza e ci difende». Anche se «a questa generazione e a tante altre hanno fatto credere che il diavolo fosse un mito, una figura, un’idea, l’idea del male. Ma il diavolo esiste». E chi è il diavolo secondo Papa Francesco? «È il bugiardo, è il padre dei bugiardi, il padre della menzogna», che «non ci butta addosso fiori» ma «frecce infuocate, velenose, per uccidere». E il cristiano deve difendersi, soprattutto con la fede. «La vita è una mili-

zia. La vita cristiana è una lotta, una lotta bellissima, perché quando il Signore vince in ogni passo della nostra vita, ci dà una gioia, una felicità grande: quella gioia che il Signore ha vinto in noi, con la sua gratuità di salvezza.

Ma sì, tutti siamo un po’ pigri, no, nella lotta, e ci lasciamo portare avanti dalle passione, da alcune tentazioni. È perché siamo peccatori, tutti! Ma non scoraggiatevi. Coraggio e forza, perché c’è il Signore con noi».

PONTEFICI E DEMONI Papa Francesco non è stato certo il primo Papa a parlare dell’esistenza del diavolo. Che non è necessariamente l’essere rappresentato, nei secoli passati, con le corna, la coda e le zampe di caprone. È un’entità spirituale, qualcosa di inquietante. Fecero scalpore le dichiarazioni del “moderno” Paolo VI che, nel 1972, disse: «Ho la sensazione che da qualche fessura sia entrato il fumo di Satana nel tempio di Dio», riferendosi a «qualche cosa di preternaturale, il diavolo, venuto nel mondo proprio a turbare, per soffocare i frutti del Concilio». E anche Benedetto XVI ha parlato della «falsità come marchio del diavolo». Ma il nemico giurato del demonio fu senza dubbio Giovanni Paolo II. «Chi non crede nel demonio non crede nel Vangelo», disse Wojtyla all’esorcista Gabriele Amorth, che si era lamentato con lui del fatto che molti vescovi, a suo avviso, non credevano nel diavolo. Il Pontefice fece addirittura due esorcismi, in prima persona: uno nel 1982. La donna esorcizzata, racconta Amorth, «non faceva altro che sputare e strisciare contorcendosi al suolo. Le persone che attorniavano il Papa non credevano ai loro occhi». Lo stesso Giovanni Paolo II confidò poi di essere rimasto molto turbato dall’esperienza. Il secondo esorcismo avvenne invece nel 2000: «L’esorcismo del Papa ebbe qualche effetto benefico, però non riuscì a liberarla dal diavolo». Che qualche giorno dopo «obbligò la povera ragazza a dirmi: “Neanche il tuo capo è riuscito a far qualche cosa con me!”».


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I PARADOSSI DELLA FEDE

IL CORAGGIO

DI GUARDARE OLTRE IL COMMENTO DI MONSIGNOR GUIDO GALLESE VESCOVO DI ALESSANDRIA

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l rispetto puramente formale della legge biblica può portarci a quell’atteggiamento dei Farisei condannato da Gesù: l’ipocrisia. Papa Francesco ci ricorda invece l’importanza della via dell’amore È stato certamente un messaggio controcorrente quello lanciato da Papa Francesco lo scorso 31 ottobre, nella cappella di Casa Santa Marta. Ha parlato della via della legge e della via dell’amore. Il punto di partenza è il passo del Vangelo secondo Luca (14, 1-6) nel quale Gesù viene invitato a pranzo nella casa di un fariseo. Ad un certo punto entra un uomo ammalato e Gesù, che è sotto la lente d’ingrandimento dei commensali che cercano ogni occasione per coglierlo in fallo, tira fuori esplicitamente il problema: «È lecito o no guarire di sabato?»

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UN TEMPO ERA UN DILEMMA A noi la domanda può sembrare sciocca, ma in quel contesto storico non lo era affatto: nella legge dell’Antico Testamento, infatti, stava scritto che non era lecito compiere lavori di sabato, il giorno festivo per gli ebrei. Quindi Gesù, da buon osservante della legge, avrebbe dovuto trovare il modo di compiere una guarigione rispettando la legge e non trasgredendola. La soluzione, per noi, è facile: il comando di non lavorare in giorno di sabato si riferiva a quei lavori che servivano al proprio profitto, alla propria vita, non a quelli che servivano per compiere un’importante opera di misericordia. Allora, però, non era tutto così chiaro. NO AI FORMALISMI L’osservanza della legge, dunque, può entrare in conflitto con la giustizia e la carità. Sembra un paradosso! Eppure accade, come sottolineato dal quesito evangelico sulla guarigione del malato di sabato. Questo attaccamento alla legge, dice il Papa, «conduce alla superbia di sentirsi giusti, a quella “santità” delle apparenze».

In altre parole, all’ipocrisia. La vera santità, invece, si raggiunge attraverso la via dell’amore. FACCIAMO LA PRIMA MOSSA Tutto bene, finché si tratta di guardarsi attorno e di vedere chi si attacca solamente alla legge e chi invece compie il passo dell’amore. Ma proviamo a riguardare il nostro mondo interiore e a fare quello che Sant’Ignazio di Loyola, fondatore dei gesuiti, chiamava «un’opera di discernimento»: com’è il mio orizzonte interiore durante la giornata, quando mi relaziono con i miei fratelli? Li guardo con occhi d’amore oppure li giudico in base alla mia legge interiore? Credo che il paradosso messo in luce da Papa Francesco, quello cioè che è possibile osservare la legge e non essere giusti, ci inviti a relazionarci con il mondo circostante in modo nuovo, amando noi per primi! Forse così riusciremo veramente a costruire una società nuova, una società diversa. Chissà... se cominciassimo noi senza aspettare gli altri, forse il mondo potrebbe cambiare...



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CONTROCORRENTE

SE IL MADE IN ITALY

NON FUGGE ALL’ESTERO Per nulla preoccupato dallo stillicidio di aziende prestigiose comprate da società straniere, Aldo Cingolani ha scelto di rimanere nel Belpaese salvando il marchio Bertone Design, celebre per la Lamborghini e il nuovo Freccia Rossa, dalla bancarotta

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rchitetto e designer, 54 anni, ha avuto il coraggio di reinventarsi imprenditore per salvare un marchio, quello di Bertone Design (celebre per la Lamborghini e il nuovo Freccia Rossa) che solo due anni fa aveva festeggiato il centenario ed era a rischio bancarotta. La forte crisi dell’automobile ha rischiato portarsi via un patrimonio del design Made in Italy, e come per altri brand non era rimasto altro che vendere. La sfida di Aldo Cingolani è stata quella di rimettersi in gioco, dopo una vita in aziende italiane storiche come la Giugiaro, per acquistare il marchio torinese di Bertone. L’obiettivo? Far diventare il marchio una vetrina internazionale al di fuori del design legato alle auto. Un brand più legato alle persone, agli oggetti, agli eventi, alla tradizione, alla luce, ai cibi, ai sogni. Al nuovo mondo. All’estero, in Giappone, Russia, Germania, Spagna e Nord Europa, del manager fanno quasi un elogio appassionato: “Cingolani è il padre di un modello sociale di design innovativo, quello che implica una nuova relazione tra il design e l’artigiano, tra l’estetica, la tradizione, gli spazi e la crescita sociale di una città, di un luogo”. «Ho voluto iniziare la mia nuova avventura imprenditoriale – spiega Aldo Cingolani – pensando a un modello di design italiano crocevia internazionale di stili e di eventi, creando un’azienda in Italia e non da altre parti con capitali esteri. Cosi come oramai accade per gran parte delle aziende italiane di grande nome. Ho, quindi, creato una star-up, senza abbandonare lo stile della Bertone degli anni ruggenti, quelli del boom eco-

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di Manfredi Barca

nomico italiano degli anni Sessanta. Per me il design è un fatto, uno stato d’animo non un’astrazione. Con questa mia nuova iniziativa manageriale ho voluto miscelare creatività e imprenditorialità richiedendo a me stesso rigore e misura, ma senza mettere limiti alla fantasia».

C’è proprio una miscela di fantasia e di coraggio nella scommessa del nuovo presidente: per niente preoccupato dallo stillicidio di aziende prestigiose italiane comprate da società estere. Aldo Cingolani ha scelto di puntare sui mercati internazionali partendo dalla nuova sede


nella zona di Sant’Ambrogio a Milano. Nella scelta dei suoi collaboratori, invece, ha deciso di puntare su giovani architetti provenienti da tutto il mondo, soprattutto da paesi tormentati dalla povertà o in eterna guerra: «Per farmi investire – sostiene – da ventate di autenticità, immagini, suoni e splendori che avevo da ragazzo quando ho iniziato il mio percorso nell’architettura. Ma collaboratori capaci di far vivere alla Bertone Design anche l’universalità della normalità». Tutta la carriera di Aldo Cingolani parte da una professionalità completa. Cattolico e sportivo, ironico e filantropo, con un profilo sempre basso, tiene conferenze nelle università d’Europa e in Asia: a Hong Kong e Tokyo in particolare dove ha stretto un rapporto molte forte con Muneaki Masuda, proprietario di migliaia di librerie nel mondo e coinvolto recentemente ad Alba, in Piemonte, in una kermesse di food e design organizzata dallo stesso Cingolani e dall’imprenditore piemontese Franco Miroglio. In Italia Aldo Cingolani appartiene a quella classe di giovani cinquantenni che non smettono di stupire. «Sono certo che l’amicizia fa bene al lavoro, alla creatività. Anche se non sono più un ragazzo, sento che devo produrre necessità, andare avanti, inventarmi tutto. Questo lavoro mi diverte – racconta – e se nel mio specchio vedo dei cambiamenti, mi considero a mio agio con me stesso. Soprattutto quando viaggio. O quando finiamo un lavoro e abbattiamo una nuova distanza. Oppure quando scopro un’affinità emotiva con i protagonisti dei nostri progetti. Insomma quando con il nostro design la Bertone trova un suo modo di raccontarsi. Recentemente – continua – abbiamo aperto delle sedi a Mosca e a Tokyo, contiamo di aprirne in Cina, Stati Uniti, Brasile e in Africa, per cui non finirò presto di vivere emozioni umane, emotive e professionali. Anche se Milano resta la mia città preferita». E proprio nella capitale economica italiana Aldo Cingolani si è di recente messo alla prova con una nuova esperienza: fare da guida, anche in incognito, a un folto gruppo di imprenditrici giapponesi nella Milano del design e dell’architettura. In quelle parti suggestive e nascoste della città che pochi conoscono, per vivere in un nuovo modo la routine, ma sempre a caccia di idee nuove. La creatività, infatti, non dorme mai.

Aldo Cingolani, 54 anni, architetto e designer, ha avuto il coraggio di reinventarsi imprenditore per salvare il marchio Bertone Design che solo due anni fa aveva festeggiato il centenario ed era a rischio bancarotta. La sua ricetta? Rimanere nel Belpaese e puntare sull’eccellenza del Made in Italy.


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NARRATIVA

I colori di DORA di Iris Blu

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eniamino era rimasto di sasso... quando aveva visto la grande fotografia appesa nel salotto di Dora, qualche giorno prima, era rimasto letteralmente senza parole. Lei non si era accorta di nulla, probabilmente perché lui aveva subito distolto lo sguardo dalla parete. Dora amica di sua sorella? Che coincidenza... assurda! Ma non c’erano altre spiegazioni, la foto parlava chiaro! Dora, seduta sul divano di casa sua, stava tra due ragazze: una rossa stupenda ed Emilia. Beh, sua sorella aveva buon gusto in fatto di amicizie. A Beniamino la padrona di casa era parsa, fin da subito, carina e interessante, molto. Innamorato? No, però aveva sentito qualcosa scattare. Quello sguardo dolcissimo, quelle movenze gentili, quel sorriso timido e un po’ enigmatico... forse non era innamorato, era presto per

CAPITOLO XV tagliare la corda... era un autentico rubacuori, un incallito e inguaribile playboy vecchio stampo. Almeno, così amava definirsi. Era sicuro di sé, intelligente, belloccio e molto bravo con le parole... eppure l’unica donna che aveva amato veramente, l’aveva tradito. Da quel giorno aveva cercato di insabbiare la sua parte più emotiva, più sensibile. Ed aveva portato a termine la sua missione... non si era più innamorato, ma solo divertito. Il suo smartphone era pieno di numeri di telefono: Anna, Gloria, Rossella... un elenco interminabile di donne letteralmente cadute ai suoi piedi. Numeri, contatti, volti, storie... eppure... la solitudine, priva di numero di telefono, sapeva sempre chiamarlo. A qualunque ora. E lui rispondeva sempre... Forse era tempo di cambiare. Si guardò allo specchio, la cravatta che aveva scelto era bellissima:

DOPO L’ULTIMA VERA GRANDE PASSIONE NON SI ERA PIÙ CONCESSO IL LUSSO DI INNAMORARSI. MAI. dirlo. Però si era preso una bella cotta! Da quanto non gli capitava? Almeno da qualche anno... lui aveva un grande intuito, era un bel ragazzo, e aveva avuto un sacco di storielle serie e meno serie. Dopo l’ultima vera grande passione non si era più concesso il lusso di innamorarsi. Era rimasto scottato, e aveva preferito non impegnarsi. Mai. Sarebbe stato così anche con Dora? Al telefono le era sembrata molto emozionata, e il suo invito a cena l’aveva sicuramente colpita. Capiva subito se c’era del reale interesse e quando era il caso di

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griffata, appariscente ma non troppo. Quel colore era anche il preferito di sua sorella Emilia, un blu elettrico meraviglioso. Da quanti anni non la sentiva? Tantissimi... il tempo era volato via, velocemente. Il mese prima aveva chiamato i suoi genitori, ma poi aveva riagganciato. Non era riuscito a dire “Ciao, sono io! Beniamino...” In fondo era stato lui a rompere i ponti con tutto e tutti. L’aveva fatto trascinato dalla rabbia... Era pentito? Sì, in parte sì. Tornare indietro? Forse. E forse quell’incontro fortuito con un’amica di sua

sorella... l’avrebbe aiutato. Dora era un’ottima scusa per riavvicinarsi a Emilia. Si era trasferito nella stessa città della sua gemella per un motivo: rivederla e dirle “Sono dispiaciuto... e accetto l’offerta di tanti anni fa... dividiamo la casa della nonna.” Insomma, dispiaciuto, sì. Ma con la voglia di avere ciò che gli era stato tolto ingiustamente. Quanto valeva quella casa? Una discreta somma. Avrebbe potuto riallacciare i rapporti con Emilia e poi con il tempo, convincerla a vendere la proprietà. Lui era onesto, con se stesso. Emilia gli mancava veramente e così anche i suoi genitori. Ma non riusciva a mettere da parte l’orgoglio, la sconfitta. Lui otteneva sempre tutto! Dopo aver lasciato la sua città natale e la sua famiglia si era trasferito lontano. Aveva lavorato e studiato, sodo e senza mai lamentarsi. Si era laureato e aveva iniziato il suo lavoro di medico... si era specializzato, aveva vinto concorsi, letto, studiato ancora. Non gli sembrava mai abbastanza, mai! Era pronto per un’altra giornata di lavoro, era pronto per una nuova settimana. Chiuse, a doppia mandata, la porta del suo appartamentino: piccolo ma confortevole. L’aveva acquistato da poco, ma già pensava a qualcosa di più grande e chic... forse un attico. La portinaia lo salutò con un cenno del capo e un “Buongiorno dottore...” Amava sentirsi chiamare così. Si sentiva realizzato, anche se aveva ancora molti obiettivi da raggiungere. Mise in moto la sua macchina nuova di zecca, sistemò lo specchietto retrovisore e partì. Il prossimo obiettivo? Diventare uno dei dirigenti del nuovo ospedale del-


la città... “Posso farcela, ottengo sempre quello che voglio.” Si guardò, per un attimo, riflesso nello specchietto dell’auto. Av e v a dormito male, il viso era un po’ tirato. Ma avrebbe dato il meglio di sé, come era solito fare. Lo attendeva un colloquio: e quella carica in ospedale sarebbe stata sua. Era così sicuro di sé che pensava già a come festeggiare... un appuntamento galante con Roberta, la sua nuova fiamma? E Dora? L’avrebbe vista il giovedì, per una cenetta. In fondo si conoscevano appena e si erano sentiti via telefono una sola volta... non avevano più approfondito la questione del quadro su commissione. I suoi dipinti gli erano piaciuti veramente tanto. Anche lui, in fondo, era uno sensibile... sì, l’avrebbe chiamata in serata per prendere accordi sul quadro e per parlare del loro appuntamento. Il tema del dipinto che voleva commissionarle? Semplice, un fratello e una sorella, due gemelli: Beniamino ed Emilia. Aveva con sé, appesa in casa, una splendida foto che li ritraeva, a circa vent’anni. Le avrebbe dato la foto e lei sarebbe rimasta di sale, pietrificata! Dopo una

coda chilometrica era giunto all’ospedale. Ovviamente, era in anticipo di trenta minuti circa. La puntualità, per lui, era una cosa importantissima, praticamente sacra. Chiuse l’automobile e si diresse con fare spavaldo verso l’entrata del grande edificio. Chiese informazioni alla reception, anche se sapeva già dove dirigersi. L’ascensore era lì ad aspettarlo, sembrava fosse in sua attesa. Si mise a sedere e tirò fuori dalla sua ventiquattrore di pregio un libro, un testo di medicina. Nell’attesa, sotto una luce al neon e tra pareti bianche e tristi, ripensò alla sua famiglia. Era giovane e aveva ottenuto molto... gli mancava solo una cosa: qualcuno con cui condividere quelle piccole gioie. Quel pensiero, che scacciava spesso e volentieri, lo tormentava da anni. Si era laureato con il massimo dei voti, festeggiando con una birra e un paio di amici... Aveva un sacco di conoscenti e pochissime amicizie. In realtà, pensò, aveva un solo vero amico: se stesso. Sentirsi triste per questo? Un tempo non l’avrebbe mai detto. Eppure, in quel momento di attesa, in quel momento di probabile realizzazione di un suo piccolo sogno... non aveva nessuno da chiamare. Nessuno realmente interessato al suo benessere. Era un cinico, pentito. O forse no? Il colloquio andò bene, molto bene. Per ottenere il posto avrebbe dovuto superare altri due colloqui... l’entusiasmo gli fece dimenticare il senso di solitudine che l’aveva colpito, come una spina nel cuore, qualche ora prima. Prese il cellulare e inviò un messaggio a Dora: Ciao, ho appena superato un colloquio di lavoro molto importante! Ti andrebbe di vedersi in serata per un drink? Mi piacerebbe festeggiare... sarebbe un’occasione in più per vedersi, in attesa di giovedì sera. Buo-

na giornata Pittrice! Ben. Dora, dopo pochi minuti, rispose con un no... Era dispiaciuta, ma aveva già preso un impegno. Era tornata al lavoro e in serata aveva un appuntamento con una specie di talent scout (una certa contessa!) per parlare dei suoi quadri... caspita! Un motivo in più per acquistare un quadro della bella pittrice... Peccato! L’avrebbe vista volentieri! Beh, si riprese in fretta: mandò un messaggio a Roberta, lei disse subito sì... la serata era sistemata. Però... sentiva qualcosa che non andava, avrebbe dovuto sentirsi felice, appagato! Aveva superato quel primo colloquio brillantemente, in serata avrebbe rivisto una ragazza molto carina con cui stava bene. Cosa lo assillava? Dora... il suo sguardo, dolcissimo, era un qualcosa da cui non riusciva più a staccarsi. La verità lo illuminò: aveva visto quella ragazza solo una volta, e aveva un grande desiderio... rivederla e conoscerla. Conoscerla veramente. Quel lunedì, oltre al colloquio di lavoro, le cose da fare erano poche. Con un po’ di fortuna sarebbe tornato a casa nel primo pomeriggio, o al massimo per le 16:00. Palestra, doccia... e poi un aperitivo! Avrebbe passato una bella serata, ne era certo. Roberta era bella, brillante, amava divertirsi e nutriva per Beniamino una grande simpatia. La loro era una relazione senza vincoli e senza impegni. Per Beniamino... il rapporto ideale. Le cose in futuro, però, sarebbero cambiate. Certo, Ben ancora non lo sapeva, nemmeno immaginava quanto sarebbe cambiato. Dora non sarebbe stata una tra le tante, perché era diversa. Era speciale. Lei avrebbe applicato la sua arte a dovere: avrebbe dipinto, sul cuore di quel ragazzo un po’ freddo, luce e calore. Lui intanto guidava, sorridente, in quella giornata dal pallore grigiastro, dai contorni quasi sfuocati. Guidava spavaldo, come sempre. La sua sicumera però sarebbe stata messa a dura prova più di una volta... e l’avrebbe scoperto presto. Continua nel prossimo numero...

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ADESSO

PERSONAGGI LUOGHI

PRAGA PATRIMONIO DELL’UMANITÀ DELL’UNESCO, LA CAPITALE CECA È UN FIORIRE DI GUGLIE, CAMPANILI, PONTI, TORRI E PINNACOLI CHE LE CONFERISCONO SUGGESTIONI CHE LA PROIETTANO SENZA OMBRA DI DUBBIO FRA LE CITTÀ PIÙ MAGICHE DEL VECCHIO CONTINENTE. UN MUSEO A CIELO APERTO TUTTO DA SCOPRIRE E SFOGLIARE, PROPRIO COME UN GRANDE LIBRO DELL’ARTE E DELL’ARCHITETTURA CHE PARTE DAL MEDIOEVO E ARRIVA, CON OPERE REALIZZATE DI RECENTE ANCHE DA GRANDI ARCHISTAR CONTEMPORANEI, FINO AI GIORNI NOSTRI

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delle meraviglie

uesto è uno dei periodi più belli per andare alla scoperta di Praga, amatissima soprattutto per le sue romantiche suggestioni e città davvero dai mille volti. D’autunno, infatti, le atmosfere di per sé un po’ malinconiche della capitale ceca si accentuano, se possibile, ancora di più con i colori tipici di questa stagione e la nebbiolina che non di rado al mattino presto avvolge la città e, diradandosi, lentamente, offre squarci di surreale bellezza che la fanno assomigliare quasi, e senza esagerare, a un quadro impressionista. Praga è una città ricca di storia, la città delle mille guglie e campanili, scrigno d’arte e luoghi tutti da scoprire, da quelli più noti, che l’hanno resa celebre in tutto

di Vincenzo Petraglia - foto Czech Tourism

il mondo, a quelli più nascosti e segreti, ma di eguale fascino e bellezza. MAGIE SENZA TEMPO Ovviamente, la Praga più classica e fotografata non può essere tralasciata da chi visita per la prima volta la capitale boema. Passeggiare sul Ponte Carlo, il più antico ponte della città, voluto nel 1357 da Carlo IV, specie al mattino presto o al tramonto, è una delle esperienze più suggestive e romantiche che si possano fare. Una passeggiata sul luogo più noto della città merita da solo una visita a Praga, sotto lo sguardo dei tanti guardiani di pietra che ne punteggiano il percorso e attorniato da architetture, pinnacoli e campanili, da una parte e dall’altra del fiume Moldava, di grande impatto


PERSONAGGI

e suggestione. Da qui si raggiungono facilmente l’Isola di Kampa, con le sue atmosfere fuori dal tempo, l’imponente Castello di Praga con l’annessa Cattedrale di San Vito e il Vicolo d’oro, con le sue caratteristiche casette colorate, in una delle quali visse per un breve periodo anche Franz Kafka (al civico 22), per secoli laboratori di maestri orafi e alchimisti. Praga è stata, infatti, a lungo centro nevralgico per le arti magiche, teatro di antiche storie e misteri che hanno alimentato nel tempo suggestive leggende e anche indimenticabili romanzi. Altre meraviglie imperdibili sono la Via Karlova, brulicante di negozietti, caffetterie e musica, di strada o proveniente da tanti piccoli teatri o sale di musica che vi si affacciano, che conduce al cuore della

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Praga è una città ricca di storia, la città delle mille guglie e campanili, scrigno d’arte e luoghi tutti da scoprire, da quelli più noti e romantici, che l’hanno resa celebre in tutto il mondo, a quelli più nascosti e segreti, ma di eguale fascino e bellezza.

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LUOGHI

© MaGiO

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Praga, per secoli centro nevralgico delle arti magiche, teatro di antiche storie e misteri che hanno alimentato nel tempo suggestive leggende e anche indimenticabili romanzi, è pervasa da atmosfere di grandissima suggestione. Fra i luoghi da non perdere, il Vicolo d’oro, noto come la strada degli orafi e degli alchimisti, la Via Karlova, brulicante di negozietti e caffetterie, e la Piazza della Città Vecchia, bordata dalla gotica chiesa di Santa Maria di Týn e dal Municipio, col suo celeberrimo orologio medievale astronomico.

Città Vecchia (Staré Město). Staroměstské náměstí (Piazza della Città Vecchia) è un vero incanto, bordata da antichi multicolori palazzi su cui dominano le imponenti sagome della gotica chiesa di Santa Maria di Týn e del Municipio, col suo celeberrimo orologio medievale astronomico, “custode” di un complesso meccanismo che, allo scoccare di ogni ora, mette in movimento splendide sculture rappresentanti i dodici apostoli. Merita una visita anche la Casa Municipale (Obecní dům), massimo esempio di Art nouveau praghese (qui chiamata Secessione), un magnifico fiorire di forme, vetrate, decorazioni dalle delicate ed armoniche combinazioni. Da non perdere! Come pure il Quartiere ebraico e il Clementinum, con la sua magnifica biblioteca barocca e la torre astronomica, da cui si gode una delle più spettacolari viste sui tetti di Praga, il cui profilo è disegnato da un numero incredibile di torri, pinnacoli e campanili. UN MUSEO D’ARCHITETTURA A CIELO APERTO Tra i tanti volti di Praga e i mille possibili fil rouge da seguire nel visitarla, uno, di grande suggestione, che si può tenere come bussola, forse meno noto rispetto ad altri, è quello dell’architettura moderna e contemporanea. Un itinerario un po’ inedito, fuori dalle rotte più turistiche e affollate, ma non per questo meno affascinante e denso di emozioni e

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sorprese. Adatto a chi ha uno spirito un po’ più esploratore e magari ha anche qualche giorno in più da dedicare alla visita della città. La capitale ceca, il cui splendido centro storico è Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, rappresenta, infatti, un autentico museo d’architettura a cielo aperto in grado, come poche altre città al mondo, di offrire un excursus storico-architettonico che dal Medioevo arriva ai giorni nostri, passando dal Barocco al Liberty, dal Cubismo al Funzionalismo. Particolarmente interessante è l’itinerario fra

i capolavori architettonici di cui si è saputa mirabilmente arricchire nell’ultimo secolo. Prima tappa, la Casa della Madonna Nera (Ovocný trh 19), a pochi passi dalla medievale Piazza della Città Vecchia. Progettata da Josef Gočár e ultimata nel 1912, è il primo esempio di architettura cubista della città, sede del Museo del Cubismo Ceco e del suggestivo caffè Kavárna Obecní dům, in perfetto stile liberty. Altro edificio da non perdere è il Palazzo Lucerna (Štěpánská 61), di Jan Kotera, uno dei più noti architetti cechi


Uno dei gioielli architettonici di Praga è la Casa Municipale (Obecní dům), massimo esempio di Art nouveau praghese (qui chiamata Secessione), un magnifico fiorire di forme, vetrate, decorazioni dalle delicate ed armoniche combinazioni. Da non perdere! di inizio ‘900: la suggestiva galleria che lo attraversa conduce al più bel cinema liberty della capitale. L’excursus sul patrimonio architettonico praghese continua con Villa Bìlek (Mickiewiczova 1), progettata nel 1910 da Frantisek Bìlek, Villa Libušina (Libušina 3), ideata sotto forme cubiste nel 1912 da Josef Chochol. e Villa Müller (Nad Hradním vodojemem 14). Capolavoro funzionalista di Adolf Loos, pioniere dell’architettura moderna europea, venne ultimata nel 1930. Imperdibili per gli amanti dell’architettura moderna

e contemporanea, il Veletržní Palác, sede funzionalista del Museo d’Arte moderna e contemporanea (Dukelských hrdinů 47), la Casa danzante, progettata da Frank Gehry e Vlado Milunc, che ospita all’ultimo piano il panoramico ristorante francese Céleste, e lo Zlatý Anděl, detto “Golden Angel”, di Jean Nouvel. Infine, la Biblioteca Nazionale della Tecnologia, pluripremiato green building inaugurato nel 2009, e la post moderna Torre televisiva di Žižkov, dove sono stati ricavati un hotel extra lusso e un ristorante dal quale

si gode una delle più straordinarie viste su Praga. A proposito di panorami mozzafiato, dal lato opposto della città vale la pensa salire al Letenské Sady, un parco molto amato dai praghesi e pieno di attrattive fra deliziosi padiglioni liberty, come l’Hanau Pavillion, caffè panoramici e tanto verde. Una chicca, invece, fra i tantissimi musei cittadini, è il Museo Mucha, dedicato ad Alphonse Mucha, uno dei massimi esponenti dell’Art Nouveau europea: una vera bomboniera, come lo è d’altronde tutta la splendida, magica Praga.


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La capitale ceca, il cui splendido centro storico è Patrimonio dell’Umanità dell’Unesco, rappresenta un autentico museo d’architettura a cielo aperto in grado, come poche altre città al mondo, di offrire un excursus storico-architettonico che dal Medioevo arriva ai giorni nostri, passando dal Barocco al Liberty, dal Cubismo al Funzionalismo. Qui affianco, la Casa danzante progettata da Frank Gehry e Vlado Milunc.

PERSONAGGI

COME DOVE QUANDO

I RISTORANTI

· Alcron Štěpánská 40 +42 222 82.04.10 www.alcron.cz · Kampa Park Na Kampě 8b +42 296 82.61.12 www.kampagroup.com · U Fleků Křemencova 11 +42 224 93.40.19 www.ufleku.cz

UNA TAVOLA TUTTA DA SCOPRIRE La cucina ceca è capace di offrire non poche sorprese. Buonissime le zuppe, nelle quali si trova non di rado anche selvaggina, come la minestra di fagiano, per esempio. Particolarissima è la speziata zuppa di aneto e assolutamente da provare sono la Drštková polévka, zuppa di carne e verdure, o il Gulash, servito con gnocchi di pane ripieni, che qui si chiamano Knedlik e sono accompagnati solitamente a piatti unici a base di arrosti, spezzatini, stufati, selvaggina. O ancora, la tipica anatra (kachna), il filetto di manzo con Pečená hodová husa (Oca arrosto)

verdure e gnocchi (Svícková na smetane) o l’oca arrosto (Pečená hodová husa, in foto) farcita di mele e servita con crauti. Piatti succulenti, accompagnati magari, a fine pasto (provate, fra i dolci, la torta di Karlovy Vary, una specie di millefoglie ottenuta sovrapponendo strati di wafer farciti di crema e ricoperti da una glassa di cioccolato), da Slivovice (grappa di prugne) o Becherovka (liquore a base di erbe). Senza dimenticare ovviamente la birra locale, apprezzata in tutto il mondo, come l’ottima Pilsner o la Budweiser.

GLI ALBERGHI

· Hotel Praga 1885 Plzeňská 29 +42 257 22.42.47 www.hotelpraga1885.cz · Josef Hotel Rybná 20 +42 221 70.01.11 www.hoteljosef.com · Hotel Paris U Obecního domu 1 +42 222 19.51.95 www.hotel-paris.cz

L’EVENTO DA NON PERDERE

· I Mercatini di Natale Dal 29 novembre all’1 gennaio la Piazza della Città Vecchia diventa un brulicare di colori, luci, oggetti d’artigianato e decorazioni natalizie che rendono Praga ancora più magica.

i

UFFICIO INFORMAZIONI TURISTICHE · Ufficio del turismo Arbesovo nám. 70/4 +42 221 71.47.14 www.prague.eu www.turismoceco.it www.czechtourism.com.



fino

STIVAL E F Z Z A J PADOVArogramma della 17esimccahio Il p rà all’ore el permette d edizione ulle rotte re libero s li Stati Uniti ia g g ia v i d dag ansitano jazz che tr pa, rimbalzando all’Euro d America sino al Su

WALTER BONATTI FOTOGRAFIE DAI GRANDI SPAZI

di Chiara Mazzei

due padroni di Carlo Goldoni, Servo per due si presenta come una commedia divertentissima, con attori che cadono dalle scale, che sbattono le porte, che fanno battute a doppio senso e interagiscono con il pubblico e in cui la musica è parte integrante dello spettacolo e viene eseguita dal vivo dall’orchestra Musica da Ripostiglio. Con la regia di Pietrfrancesco Favino, uno spattacolo di grande successo da non perdere. ©Fabio Lovino

MILANO 13 NOVEMBRE - 8 MARZO

Eventi in SETTIMANA

Palazzo della Ragione Fotografia di Milano presenta la prima mostra, mai dedicata, a Walter Bonatti, uno dei più grandi fotografi italiani. L’esposizione, con l’ausilio di video, di documenti inediti e di un allestimento particolarmente coinvolgente, ripercorre il racconto visivo, le vicende esistenziali e le avventure dell’alpinista ed esploratore italiano.

UN SERVO PER DUE

PERUGIA - TEATRO MORLACCHI • 12 - 16 NOVEMBRE

Una rivisitazione perfettamente riuscita di un classico del teatro, Il servitore di

con i produttori che con i residenti. Per maggiori informazioni su Frantoi Aperti: www.frantoiaperti.net, www.stradaoliodopumbria.it

LO SCHERMO DELL’ARTE FILM FESTIVAL FIRENZE • 12 - 16 NOVEMBRE

Diretto da Silvia Lucchesi, è un progetto unico in Italia che indaga le complesse relazioni tra il cinema e l’arte attraverso le immagini in movimento. In programma il Focus su Hito Steyerl, artista e filmmaker tra le più acclamate nel mondo delle arti visive; la proiezione di Opere dalla Collezione Pinault di Yael Bartana, Cinthia Marcelle, Shirin Neshat; il cinema d’artista; le anteprime di Cutie and the Boxer, documentario candidato agli Oscar, e molto altro. Incontri, workshop e residenze che coinvolgeranno artisti, registi e curatori.

FRANTOI APERTI

UMBRIA • FINO AL 30 NOVEMBRE

L’iniziativa incentrata sulla valorizzazione dell’Olio extravergine di Oliva Dop Umbria, sul turismo rurale e dei borghi medievali, vede il suo cuore pulsante nei Frantoi, luoghi d’incontro e socializzazione, con una serie di iniziative che consentiranno ai visitatori di respirarne appieno l’atmosfera: degustazioni di olio appena franto, accompagnate da pane bruscato e vino, possibilità di assistere alla lavorazione delle olive per l’estrazione dell’olio, occasioni d’incontro e dialogo sia

© Schcuh Productions

VA re PaAl 1D6O novemb

CONSIGLIACI UN EVENTO  Scrivi a Redazione Adesso, via Nino Bixio 7, 20129 Milano  redazione@edizioniadesso.com  Chiama il NUMERO VERDE GRATUITO 800 32 33 00

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LA PERSONAGGI MACCHINA DEL TEMPO

1974 VIAGGIO A RITROSO FRA MUSICA, CURIOSITÀ E PERSONAGGI di Stefano Fisico

LA STRAGE DI PIAZZA DELLA LOGGIA

Lancette dell’orologio alle 10, il cuore pulsante di Brescia radunato in un comizio antifascista è scosso da un sordo boato che, in un attimo, si porta via la vite di cinque giovani insegnanti, due operai e un pensionato, ferendone 102. È il tragico bilancio della strage di piazza della Loggia. Le indagini sull’attentato, causato da un chilogrammo di tritolo nascosto in un cestino, fanno emergere il coinvolgimento di militanti del movimento politico Ordine Nuovo, gruppo neofascista fondato nel 1963, e di elementi deviati dell’esercito e dei servizi segreti. L’iter processuale si protrae per oltre trent’anni, fino alla sentenza della Cassazione, nel febbraio 2014, che conferma la colpevolezza di parte degli imputati.

NASCE IL GIORNALE

Il 25 giugno del 1974, nelle edicole di Milano, uscì il primo numero de Il Giornale Nuovo. Padre e direttore della nuova testata era il celebre Indro Montanelli, che aveva abbandonato il Corriere della Sera in polemica con la svolta a sinistra del direttore

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Piero Ottone. L’aspetto rivoluzionario era legato alla struttura cooperativa: in pratica Montanelli e la sua squadra risultavano i veri proprietari del giornale e di conseguenza i soli a poterne dettare la linea politica. Il clima di totale autonomia fu preservato anche dopo l’acquisizione del quotidiano, nel 1977, da parte dell’allora costruttore edile Silvio Berlusconi. I rapporti tra quest’ultimo e Montanelli giunsero a un’insanabile rottura nel 1994, con la nascita del movimento Forza Italia.

LA PRIMA VOLTA DI TMC

In principio era solo la RAI e il monopolio televisivo statale. Prima che il mercato delle frequenze venisse liberalizzato, l’alternativa era rappresentata dalle emittenti locali “libere” (dalla copertura molto limitata) oppure dalle televisioni estere in lingua italiana, il cui segnale era abbastanza potente da essere captato in Italia. Tra queste ultime, Telemontecarlo (TMC) ebbe il maggior seguito e successo. L’emittente trasmetteva dal vicino Principato di Monaco e nel 1990 ottenne la concessione di andare in onda su tutto il territorio nazionale.


Benvenuto a...

Nel

1974 nascono: 16 MAGGIO

Laura Pausini Artista osannata e pluri premiata in patria e all’estero, con oltre 70 milioni di dischi venduti nel mondo è la regina del pop italiano. Emiliana di Faenza, in provincia di Ravenna, esplode come interprete al Festival di Sanremo 1993, dove trionfa nella sezione Novità con La solitudine. Da idolo adolescenziale in pochi anni si accredita come star internazionale, conquistando il mercato discografico sudamericano e di parte dell’Europa. Con hit popolari, apprezzate sia in italiano che in spagnolo, conquista i premi più ambiti, su tutti un Grammy Award e tre Latin Grammy Awards.

11 NOVEMBRE

Leonardo Di Caprio Con la sua inconfondibile chioma bionda e gli occhi celesti è il “golden boy” del cinema hollywoodiano. Nato a Los Angeles da una famiglia di origini italo-tedesche, nel 1993, tiene testa a un certo Robert De Niro in Voglia di ricominciare e nello stesso anno conquista la prima nomination agli Oscar, come Attore non protagonista, con Buon compleanno Mr. Grape. La sua notorietà schizza alle stelle nel 1997 con il colossal Titanic. Il periodo della maturità coincide con la lunga collaborazione con Martin Scorsese, foriera di successi, quali Gangs of New York (2002), The Aviator (2004), The Departed (2006).

10 FEBBRAIO

Robin Williams Star del pop inglese, prima come membro di una delle “boy band” più popolari di sempre e poi come solista, vendendo in tutto il mondo 80 milioni di album. Nato a Stokeon-Trent, Inghilterra, irrompe sulla scena musicale nel 1990 con gli altri quattro componenti dei Take That. Cinque anni dopo lascia il gruppo andando incontro a un successo planetario. Fa incetta di dischi d’oro e di platino nel Regno Unito e non solo, con album come Life thru a Lens (1997), I’ve Been Expecting You (1998) ed Escapology (2002). Nel 2006 entra nel Guinness dei primati, vendendo in un solo giorno 1,6 milioni di biglietti per il suo tour. Dopo un fugace ritorno di fiamma con i Take That (2010-11), riprende l’attività da solista, pubblicando nel novembre del 2013 Robbie Williams Swings Both Ways, che vende un milione di copie in 3 settimane.

16 GENNAIO

Kate Moss Nata a Croydon (Inghilterra), modella e stilista. Nonostante sia relativamente bassa (un metro e settantadue) è una delle modelle più apprezzate al mondo ed è un’icona della moda. Molti tra i più importanti stilisti l’hanno scelta come testimonial, da Calvin Klein a Gucci, da Dolce & Gabbana a Louis Vuitton, da Versace a Dior. Ha posato per le copertine di più di 300 riviste, tra cui Vanity Fair, The Face, W e Vogue. La rivista Forbes l’ha dichiarata “seconda modella di maggior successo al mondo”, nel 2007, 2008 e 2009. Fece scandalo il suo coinvolgimento in un giro di cocaina, che le procurò seri problemi lavorativi. Kate fu costretta a chiedere pubblicamente scusa in conferenza stampa, ammettendo le proprie responsabilità nel giro e risalì la china fino a quando, nel 2006 fu riconosciuta come “modella dell’anno” dal British Fashion Awards.

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SALUTE

LA DIETA ANTI-INFLUENZA

Prevenire, si sa, è meglio che curare. E il miglior modo per evitare i malanni di stagione è una dieta ad hoc di Fabio Quinto

C

on i primi freddi, puntuale come ogni anno, arriva lei: l’influenza, punta dell’iceberg dei tanti malanni di stagione che si divertono a invadere le nostre case. Non è però una storia già scritta. L’influenza si può evitare, e non solo adottando le elementari precauzioni della mamma. A tavola possiamo costruire un’efficace barriera immunitaria, ben oltre la classica «mela al giorno». Vediamo come. VITAMINA C Tanto per cominciare, la facilità con la quale il nostro corpo si ammala durante la stagione fredda è dovuta ai frequenti stress termici ai quali il nostro corpo è sottoposto. Prima ancora di sedersi a tavola, quindi, cerchiamo di evitare temperature tropicali in casa, visto che la legge impone peraltro un limite massimo di 22°C. Togliamoci poi dalla testa che il freddo imponga un maggiore consumo di calorie. Tutt’altro. Seguiamo, piuttosto, i ritmi di vita naturali: le verdure di stagione di questo periodo, a cominciare dalla famiglia dei cavoli (verze, broccoli, cime di rapa, cavoli, cavolfiori, cavolini di Bruxelles), son una vera e propria bomba anti-influenza perché ricchi di vitamina C, l’elemento fondamentale per rafforzare il nostro sistema immunitario. Per lo stesso motivo, tra la frutta di stagione privilegiamo le arance (e le spremute) e i mandarini. Le arance rosse di Sicilia, in particolare, sono un vero toccasana: merito anche delle antocianine, potenti sostanze antiossidanti responsabili del colore rosso di questo frutto. Le antocianine, infatti, possono svilupparsi solo in condizioni climatiche particolari come quelle presenti nella zona dell’Etna: giornate

calde e notti fredde, soprattutto in fase di maturazione. OMEGA TRE Tra i grassi, in inverno aumenta l’importanza dell’olio extravergine d’oliva, che oltre ad essere ricco di vitamina A ed E viene assorbito dal nostro corpo lentamente, aiutandolo a regolare la temperatura corporea e a sopportare sforzi di lunga durata al freddo. Non saranno il massimo per il nostro alito, ma l’aglio e la cipolla sono, per il nostro organismo, due altre armi fondamentali, grazie ai loro principi attivi antibatterici e protettivi. Per un giusto apporto di proteine,

alle carni bianche e rosse (importanti per il loro apporto di rame e zinco) alternate un più frequente consumo di pesce, molluschi e crostacei. Cibi - al pari di olio extravergine d’oliva, frutta e verdura - ricchi cioè di Omega 3: i grassi “buoni” che, assieme alla vitamina C, sono i veri gendarmi che rafforzano il nostro sistema immunitario. E non finisce qui: consumiamo carote, zucca, spinaci, kiwi, rosmarino, salvia, noci. Grazie alla presenza di carotenoidi (nel caso delle verdure) che rafforzano anch’essi il nostro sistema immunitario, di vitamina C e Omega 3, possiamo considerarci davvero in una botte di ferro.

PER DIRE LA TUA O CHIEDERE CONSIGLI AI NOSTRI ESPERTI

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PSICO

CONOSCERE

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L’ANSIA

É il disagio più diffuso dei nostri giorni: cerchiamo di conoscerla meglio per capire come affrontarla e quali sono i metodi più efficaci che ci possono aiutare a sconfiggerla

L’

ansia è lo stato di allerta che si genera nella nostra mente di fronte a situazioni particolarmente stressanti e percepite come potenzialmente pericolose per il nostro benessere. Ormai diffusa tra tutte le fasce di età e tutti i ceti sociali, essa colpisce indistintamente tutti ed è considerata il male del nostro secolo. Irrequietezza, inquietudine, angoscia, agitazione, l’ansia ha mille nomi e mille sfaccettature che derivano dalle caratteristiche soggettive di ogni individuo, ma i sintomi di base tendono ad essere comuni: tensione, disagio, paure immotivate, uniti a sintomi fisici quali tachicardia, sudorazione eccessiva, vertigini, senso di oppressione al torace, tensione muscolare. Se transitoria, può essere funzionale a focalizzare una situazione eccessivamente stressante e che mina il

proprio benessere, diventando in questo modo una sorta di difesa e una spinta per generare un cambiamento; se persistente, diventa una reazione spropositata, che mina la quotidianità interferendo con il normale funzionamento dell’individuo. Come si fa a distinguere un’ansia transitoria e situazionale da un’ansia patologica? Fondamentali sono la durata, il livello dell’attivazione, rispetto alla situazione scatenante, la remissione dei sintomi in assenza della causa o al contrario la loro persistenza, l’influenza sulla quotidianità. Una persona che sperimenta ansia in ambito lavorativo per un accumulo di situazioni stressogene, una volta in vacanza dovrebbe vedere una totale remissione della sintomatologia ansiosa, poiché vengono meno le condizioni che la scatenano. Se invece l’ansia permane, compare immo-

di Silvia Coldesina PSICOLOGA

tivata, limita le azioni legate alla quotidianità e relazioni e dura nel tempo, allora si tratta di un’ansia patologica e, come ogni malattia, va affrontata. Comprendere che ci si trova di fronte a un’ansia patologica è il primo passo per affrontarla. Convivere con questo disagio, infatti, è doloroso, limitante, invalidante: ci si sente paralizzati, incapaci di agire, spettatori delle vite altrui senza più riuscire a prendere in mano la propria. Vi sono molti modi di affrontare l’ansia: l’approccio farmacologico è il più immediato, agisce sul sintomo rapidamente, ma non interviene sulla causa. L’approccio psicoterapico agisce sulla causa aiutando a comprendere i fattori scatenanti e le proprie modalità di agire che influiscono sul sintomo; rivolgersi a uno psicologo può, quindi, esser utile per capirne la vera origine, modificare i propri comportamenti e le proprie reazioni, capire come relazionarsi meglio per ridurre il malessere. I rimedi naturali, le tecniche di rilassamento, il training autogeno, le tecniche di respirazione, possono essere un ausilio che ha influenza sul sintomo e sulla modificazione dello stile di vita. Da soli o in sinergia, tutti questi metodi sono efficaci per ridurre il disagio legato all’ansia, l’importante è capire quale è il più utile per la propria situazione e di maggiore ausilio per affrontarla.

CONSIGLI PER RIDURRE L’ANSIA - Modificare il proprio stile di vita - mantenere ritmi regolari - limitare lo stress - svolgere regolare attività fisica - ridurre le sostanze stimolanti (nicotina, caffeina, alcol) - gestire il proprio tempo recuperando spazi per sè

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GENITORIN E FIGLI

MIO FIGLIO È DISLESSICO?

Solo una difficoltà nell’elaborazione del linguaggio, che non ha nulla a che fare con l’intelligenza

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irca il 4% dei bambini che frequentano la scuola sono dislessici in maniera evidente, mentre un altro 6% lo è in forme più lieve. Ma cosa si intende con il termine dislessia? Deriva dal greco “dys”, che significa inadeguato, e “lexis” che significa parola: si intende dunque la difficoltà ad imparare a leggere e a scrivere, seguendo le strategie di apprendimento che segue la maggior parte dei bambini. Non ha nulla a che fare con l’intelligenza, deficit neurologici o sensoriali, mancanza di istruzione. Si manifesta con una lettura scorretta (numero di errori commessi durante la lettura) e/o lenta (tempo impiegato per la lettura) e può

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manifestarsi anche con una difficoltà di comprensione del testo scritto. Il bambino spesso compie nella lettura e nella scrittura errori caratteristici come l’invesione di lettere e di numeri e la sostituzione di lettere. A volte non riesce ad imparare le tabelline e alcune informazioni in sequenza come le lettere dell’alfabeto, i giorni della settimana, i mesi dell’anno. Può fare confusione per quanto riguarda i rapporti spaziali e temporali (destra/sinistra; ieri/domani; mesi e giorni; lettura dell’orologio) e può avere difficoltà a esprimere verbalmente ciò che pensa. In alcuni casi, sono presenti anche difficoltà in alcune abilità motorie (ad esempio allacciarsi le scarpe), nella capacità di attenzione e

di Federico Crisalidi PSICOLOGO E PSICOTERAPEUTA

di concentrazione. Riconoscere i segni della dislessia nei bambini è importante per poter intervenire tempestivamente evitando ripetuti e frustranti insuccessi scolastici e di conseguenza anche difficoltà scolastiche e di integrazione più o meno gravi dovute alla perdita di fiducia nelle proprie possibilità: infatti, la dislessia non compromette solo l’apprendimento scolastico, ma anche le attività di vita quotidiana che richiedono la lettura. Spesso il bambino finisce anche con l’avere problemi psicologici, quale demotivazione, scarsa autostima, ma questi sono una conseguenza, non la causa della dislessia.

CONSIGLI PER I GENITORI Come si riconosce. È probabile che si tratti di dislessia se al termine del primo anno della scuola primaria di primo grado il bambino presenta una delle seguenti caratteristiche: - difficoltà nell’associazione grafema-fonema e/o fonema grafema; - mancato raggiungimento del controllo sillabico in lettura e scrittura; - eccessiva lentezza nella lettura e scrittura; - incapacità a produrre le lettere in stampato maiuscolo in modo riconoscibile. Cosa sarebbe opportuno fare: - informarsi sul problema; - cercare una appropriata valutazione diagnostica; - discutere del problema con gli insegnanti; - aiutare il bambino nelle attività scolastiche (leggere ad alta voce); - utilizzare strumenti alternativi alla pura lettura (cassette, cd, video, computer). Cosa evitare: - correggere tutti gli errori nei testi scritti; - dare liste di parole da imparare; - fargli ricopiare i compiti già svolti, perché scorretti o disordinati; - paragonarlo ad altri.

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AMICI ANIMALI

QUANDO NASCE UN CUCCIOLO La tua cagnolina ha appena partorito e in casa ti ritrovi con diversi cuccioli? Se non sai come comportarti ecco alcuni semplici consigli da seguire per gestire al meglio le prime fasi di vita dei nuovi arrivati e della loro mamma

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ubito dopo il parto, i cuccioli di cane rimangono a stretto contatto con la madre e i fratellini: le prime settimane di vita sono molto importanti per lo sviluppo morfologico, psichico e comportamentale di un cucciolo. È importante non separare mai i piccoli dalla madre e dai fratellini, non a caso i veterinari consigliano di non adottare un cucciolo prima del 60° giorno di vita. In questa fase delicatissima, bisogna garantire tranquillità, un ambiente confortevole e una costante sorveglianza. LATTE MATERNO Controlla periodicamente il peso dei cuccioli, così potrai capire se stanno insorgendo problemi di salute. Tieni presente che durante i primi sei mesi i

di Marta Cerizzi

cuccioli crescono molto in fretta ed è proprio in tale fase che necessitano di un maggior fabbisogno energetico. A sole quattro settimane di vita un cucciolo può arrivare a pesare fino a sette volte quello che pesava alla nascita. Assicurati che dalle 12 alle 18 ore dopo il parto, i cuccioli assumano il colostro, cioè il primo latte materno, particolarmente ricco di anticorpi, essenziali nella difesa dalle infezioni SVILUPPO DEI SENSI Appena nasce, un cucciolo non vede bene perché la retina non è ancora sviluppata e le palpebre sono chiuse: gli occhi tendono ad aprirsi tra la seconda e la terza settimana dalla nascita ma anche a questo punto il cagnolino non vedrà perfettamente e gli oggetti gli appariranno

confusi. Anche l’udito ha un andamento simile: il condotto auricolare si apre verso il quindicesimo giorno e si sviluppa completamente intorno alla quinta settimana di vita. La capacità di coordinazione della zampe e dei movimenti della testa, nonché la capacità di camminare e reagire al tatto, si sviluppano progressivamente nelle prime quattro settimane. LO SVEZZAMENTO A partire dalla quinta settimana di vita il cucciolo è pronto a imparare tutte le informazioni utili alla sua vita futura: anche se passa tutto il suo tempo a poppare latte o a dormire accanto alla madre e ai fratellini, deve essere incoraggiato ad esplorare l’ambiente circostante. I cuccioli devono essere stimolati con situazioni nuove e assolutamente positive per non scoraggiarli e non traumatizzarli. È proprio in tale periodo, se non addirittura dalla quarta settimana, che deve iniziare lo svezzamento, sostituendo progressivamente il latte materno con l’assunzione di cibo solido o semisolido. Il veterinario di fiducia saprà consigliarti quali alimenti somministrare ai piccoli e indicarti in quali dosi e tempi.

L’EDUCAZIONE Quando un cucciolo entra in una nuova casa devono subito essere stabilite regole chiare e precise: educandolo correttamente il cane imparerà a non sporcare in casa, ad andare al guinzaglio senza tirare e ad accorrere quando viene chiamato.

TRAFFICO ILLEGALE Attenzione ai cuccioli importati clandestinamente dall’Est: diffida se ti viene proposto l’acquisto di cuccioli troppo piccoli e a prezzi vantaggiosi perché si tratta di esemplari allevati in condizioni pessime, quasi sempre ammalati e accompagnati da certificati contraffatti e passaporti falsificati.

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CUCINA PERSONAGGI CREATIVA

Il lato dolce dei

biscotti

A colazione e a merenda, su una tavola italiana non può mai mancare...

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imensioni ridotte, gusto sopraffino. Sono i biscotti, piccoli dolcetti che riempiono di gusto e dolcezza le prime ore della mattina. Inzuppati nel latte o nel tè sono capaci di dare il giusto sprint alla giornata che inizia. La loro preparazione è antica, se ne trovano tracce già nel X secolo d.C., così come il significato del nome, che deriva dal latino “panis biscotus”, e che letteralmente vuol dire “pane cotto due volte”. In passato, al posto dello zucchero si usava il miele, mentre la cottura è sempre stata al forno, anche se oggigiorno esistono varianti in padella e al vapore. I primi biscottifici sorsero intorno alla metà dell’Ottocento in Inghilterra, Italia, Belgio e Olanda. Farina, uova, burro e zucchero sono gli ingredienti principali di questa dolce preparazione, a cui talvolta si aggiungono lievito e aromi. Le varietà sono moltissime, dalle forme ai pro-

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dotti utilizzati per cucinarli: si va dai frollini agli amaretti, con la farina di mandorle, dalle paste di meliga, con farina di mais, ai biscotti speziati. E le differenze non sono solo regionali, ma superano anche i confini italiani. Da Oriente a Occidente, i biscotti riempiono tutte le tavole del mondo. Anche dal punto di vista nutrizionale, le diversità sono notevoli e dipendono dalla scelta delle sostanze con cui vengono preparati. Ci sono quelli ricchi di zuccheri o di grassi, soprattutto i frollini o quelli con la frutta secca. 100 grammi di frollini superano le 400 calorie e ovviamente, più ingredienti si aggiungono per farcirli, più l’apporto energetico sale. Esistono poi delle preparazioni specifiche per gli intolleranti, come quelle senza glutine o senza latte, con la sostituzione di latte vegetale, o per chi vuole rimanere leggero, come i biscotti senza burro o senza zucchero.

I BISCOTTI DELLA FORTUNA

Pochi sanno che l’origine dei tradizionali biscotti della fortuna, serviti a fine pasto nei ristoranti, non è orientale, ma americana. Si tratta di dolcetti croccanti a base di farina, zucchero, vaniglia e olio al cui interno sono presenti dei fogli di carta che riportano motti e frasi profetiche, che in alcuni casi anticipano qualche aspetto del futuro delle persone che li leggono.


PERSONAGGI

ADESSO

Ricette a cura di Cookinglaura blog.alice.tv/cookinglaura

OVIS MOLLIS

Ingredienti per circa 25 pezzi • 250 gr di farina • 125 gr di zucchero a velo • 50 gr di fecola di patate o amido di mais • 125 gr di burro • 3 uova (serviranno i tuorli sodi) • buccia di arancia grattugiata • 1 pizzico di sale • marmellata

Le ricette

Lessare le uova per 7 minuti dal bollore. Farle raffreddare in acqua fredda, sbucciarle e separare i tuorli, che verranno utilizzati per i biscotti. Potete usare gli albumi per un’insalata o una salsa. Mettere insieme tutti gli ingredienti nel mixer e impastare velocemente fino ad ottenere una palla che farete riposare in frigo per almeno un’ora. Formare delle palline poco più grandi di una nocciolina e posizionarle ordinatamente nella placca del forno foderata di carta forno, schiacciandole leggermente per far si che non si muovano. Con il dito fare un piccolo incavo e versarci una piccolissima quantità di marmellata. Far cuocere in forno caldo a 170° per 15 minuti.

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erché comprare i biscotti quando si possono fare in casa? È molto semplice e anche un modo creativo e goloso per intrattenere i bambini. La base di pasta frolla, fatta di farina, zucchero, burro e uova, è la più classica e può essere arricchita con frutta secca, cioccolato tritato, cacao in polvere, spezie dolci (cannella, chiodi di garofano, zenzero). Ma sono ottimi anche i biscotti a base di burro montato, o i savoiardi, sofficissimi e privi di grasso. Conservateli ben chiusi in una scatola di latta, si conservano per circa 10 giorni, oppure fate dei pacchettini da regalare. I vantaggi? La genuinità, la varietà, ma soprattutto la bontà di un biscotto preparato da voi!

BISCOTTI AL CARAMELLO SALATO Ingredienti per 25 pezzi • 100 gr di zucchero • 100 ml di panna fresca • 4 gr di sale • 300 gr di farina • 150 gr di burro • 1 tuorlo

Portate a bollore la panna. In un pentolino dai bordi alti far caramellare lo zucchero senza muoverlo, poi aggiungete la panna calda fuori dal fuoco mescolando velocemente con una frusta (fate attenzione perché il composto si gonfierà molto prima di prendere la giusta consistenza). Aggiungete il sale e fate raffreddare. Nella planetaria mescolare il burro e la farina, poi aggiungere la salsa di caramello e 1 tuorlo. Formare con la pasta una cilindro del diametro di circa 4 cm, avvolgetelo nella pellicola e fatelo raffreddare per almeno 2 ore. Tagliate il rotolo a fette di circa 1 cm e cuocete i biscotti in forno per circa 15 minuti a 170° (forno riscaldato).

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SPESA PERSONAGGI CONSAPEVOLE

IL CARRELLO INTELLIGENTE Un kit che si attacca al carrello e scova tutti gli sconti: con questa invenzione gli studenti di una scuola di Varese hanno vinto il concorso “Sviluppa la tua idea imprenditoriale” di Erik Parma

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probabilmente il sogno di chiunque faccia abitualmente la spesa: un carrello che semplifichi a tal punto gli acquisti da individuare da solo tutti gli sconti presenti in un supermercato. E se tale “miracolo” potrà diventare realtà – magari tra qualche anno – il mondo lo dovrà ai ragazzi della classe terza A-INF Tecnico Informatico dell’istituto superiore “I.S.I.S. C. Facchinetti” di Castellanza (in provincia di Varese), che hanno presentato questa loro invenzione al concorso “Sviluppa la tua idea imprenditoriale”. L’iniziativa, promossa dal Consorzio Pattichiari con il supporto di UBI Banca popolare di Bergamo, quest’anno ha coinvolto oltre 53.000 studenti in tutt’Italia, che prima hanno compiuto

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un percorso didattico per apprendere diversi aspetti dell’economia (la gestione del rischio, la pianificazione del budget, il risparmio, l’indebitamento, la previdenza, la legalità) e poi sono stati chiamati a rimboccarsi le maniche in prima persona e a “spremere le meningi” per partorire idee imprenditoriali brillanti, innovative e sostenibili. Alle premiazioni finali di Roma, a cui sono giunti solo 15 dei 50 progetti in gara, i ragazzi lombardi hanno stupito tutti presentando la loro azienda “Budget for” e in particolare la loro creazione: un sistema di lettura della nota spesa. Il prodotto consiste in un Kit shopping delle dimensioni di un telefono cellulare che, agganciato al carrello della spesa, è in grado di interfacciarsi tramite collegamento

bluetooth con qualsiasi smartphone su cui sia installata l’applicazione Fast Shopping. In questo modo il dispositivo può ricevere dallo smartphone la lista della spesa dell’utente e, accanto ai prodotti del supermercato da lui selezionati, può far comparire i relativi sconti se il centro commerciale è dotato del pacchetto applicativo Fast Sale. Tale pacchetto inoltre mette a disposizione dei clienti una piantina del supermercato con la collocazione dei diversi prodotti sugli scaffali, utile per ottimizzare i tempi e garantire un acquisto mirato e poco dispersivo. Tutte le parti del Kit poi sono composte da materiale in PVC di riuso, recuperato dagli scarti di produzione delle aziende che producono teli per piscine, teloni di camion, tende da sole e coperture di imbarcazioni.



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PERSONAGGI CASA DOLCE CASA

LO SPAZIO RITROVATO

di Alice Dutto

SONO TANTI GLI ANGOLI DI CASA CHE SPESSO LASCIAMO INUTILIZZATI. DAL CORRIDOIO AL DISIMPEGNO, ECCO COME ARREDARLI PER SFRUTTARE AL MEGLIO LO SPAZIO

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l disordine impera in casa vostra? Ormai non c’è più spazio nemmeno per uno spillo? Aprite gli occhi: probabilmente anche in casa vostra, così come accade in molte altre, ci sono tanti piccoli spazi che non state utilizzando, dal corridoio al disimpegno. Ecco come individuarli e ripensarli in modo più funzionale.

IL CORRIDOIO

È il luogo ideale dove posizionare degli armadi, meglio se a muro, o delle nicchie dove posizionare libri, cappotti e scarpe. Se la larghezza non permette di collocare dei mobili, attaccate due mensole lunghe su cui appoggiare riviste, suppellettili e le vostre raccolte di cd e dvd.

SOTTO I MOBILI

Se guardate sotto il materasso vedete solo gatti di polvere? Ovviate a questa situazione e sfruttate anche quest’angolo inutilizzato, potete stiparci le valigie, le borse o inserire dei contenitori dove ripiegare lenzuola, coperte e asciugamani. Fate lo stesso anche con il divano: usate lo spazio sotto per metterci delle scatole con le riviste e i giornali che volete conservare.

IL SOTTOSCALA

Non tutte le case sono provviste di una scala interna. Se questo, però, fosse il vostro caso, ricordatevi di non sprecare lo spazio sotto i gradini. Potreste metterci sotto mobili e cassettiere. Potete anche mettere degli scaffali e ricoprirli con una tenda per dare un tocco di colore.

più semplicemente, dei ripostigli in quota. Un’altra idea è quella di usare librerie estensibili in grado di sfruttare tutto lo spazio, anche quello verticale.

L’ALTEZZA

IL SOPPALCO

Spesso le case più vecchie hanno dei soffitti molto alti, che devono essere sfruttati. Potreste fare un soppalco o,

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È uno spazio molto utile dove riporre le proprie cose e si può sfruttare sia sopa, sia sotto. Si può allestire con

un materasso per creare uno spazio dove dormire o con dei grandi cuscini per un salotto raccolto. Sotto, invece, potete metterci una scrivania e delle mensole per ricavare un piccolo studio. In alternativa, potete costruire scaffalature su misura e dar vita a una comoda cabina armadio o una piccola libreria.


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PERSONAGGI BRICONSIGLI

PULIZIE D’EMERGENZA

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i tratta di un vero e proprio classico: sono giorni che andiamo di corsa e non siamo riuscite a dedicare abbastanza tempo alla nostra casa. La polvere si è accumulata e il disordine regna sovrano: potremmo riordinare con calma e criterio se non fosse per il fatto che… Stanno per arrivare i tipici ospiti dell’ultimo minuto! Prima di metterci le mani nei capelli, analizziamo la situazione: per mettere ordine in casa e fare una sommaria pulizia non c’è bisogno di tanto tempo. Quindi non perdiamo minuti preziosi facendoci prendere dal panico perché basta davvero poco per affrontare le cosiddette pulizie d’emergenza! Togliti dalla testa di pulire approfonditamente ogni angolo della casa: oggi ci occupiamo di capire come rendere dignitosa e pulita una casa con una sola ora di tempo a disposizione.

STEP 1- ARIA E ORDINE NELLE STANZE

Sembra una cosa di poco conto, ma l’aria fresca è un ottimo biglietto da visita per la nostra casa. Quindi, prima di metterti a spolverare e a pulire, spalanca tutte le finestre così da creare un bel circolo d’aria e rinfrescare tutti gli ambienti. Mentre tieni aperte le finestre, prenditi dieci minuti per riordinare ed eliminare il grosso del disordine. Semplicemente, togli di mezzo tutti gli ingombri: entra in ogni stanza ed occupati di riordinare tutto ciò che non è al suo posto. In camera riponi i vestiti e rifai il letto, in cucina gli eventuali attrezzi che hai lasciato in giro, in salotto le riviste, i libri ecc., senza dimenticarti di sistemare divano ed eventuale copridivano. Se hai davvero poco tempo, raggruppa tutti gli oggetti e chiudili in un armadio, per occupartene poi a tempo debito.

STEP 2 - ELIMINARE LA POLVERE

Con uno straccio e un detergente adeguato, spolvera le superfici della casa, come tavoli e mobiletti, ormai sgombri dagli oggetti che hai messo via. Non c’è bisogno di fare le pulizie di fino: è sufficiente una semplice passata di straccio sui mobili più in vista per dare

un nuovo aspetto alle stanze di casa. Se, poi, non hai tempo di passare l’aspirapolvere, i classici panni elettrostatici giocano a nostro favore: bastano davvero cinque minuti per raccogliere la polvere dai pavimenti!

STEP 3 - PULIZIA VELOCE DEL BAGNO

Manca davvero poco tempo all’arrivo degli ospiti: occupiamoci quindi di rendere presentabile il bagno. Spruzza un prodotto igienizzante sui sanitari e passa velocemente uno straccio per eliminare eventuali disincrostazioni sulle loro superfici, per poi risciacquare e

di Serena Fogli

asciugare accuratamente. Metti a lavare gli asciugamani sporchi e sostituiscili con quelli puliti.Tempo totale di pulizia… Dieci minuti!

STEP 4 - ELIMINARE I RIFIUTI

Gli odori sgradevoli provengono molto spesso dalla spazzatura che ci dimentichiamo di eliminare: l’ultimo tocco per rendere una casa pulita e ordinata in poco tempo, quindi, non può prescindere dall’eliminazione dei rifiuti! Svuota quindi i bidoni dell’immondizia e… La tua casa sarà pronta per accogliere i tuoi ospiti dell’ultimo minuto.


ADESSO

POLLICE FAI DA TE VERDE

L’ABC DELL’ORTO SUL BALCONE

di Alice Dutto

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ECCO TUTTO QUELLO CHE OCCORRE PER INIZIARE

n terrazzino, qualche attrezzo e molta fantasia. È tutto quello che serve per avere un orto sul balcone rigoglioso, dove coltivare le vostre piante aromatiche e i vostri ortaggi a chilometro zero.

A COME ACQUA

Sembra una banalità, ma soprattutto in estate basta una giornata di sole per ridurre in cenere l’amato giardino. Annaffiate con regolarità il vostro orto, senza esagerare ed evitando le ore calde della giornata come al tramonto. Ricordate che la terra deve rimanere sempre umida: solo così le vostre piante sopravviveranno.

B COME BALCONE

Per avere un orto rigoglioso non serve avere un grande giardino. Vi basterà

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predisporre il vostro terrazzino, che dovrà essere illuminato per almeno 4-6 ore al giorno. Lì potrete collocare con cura vasi e piante. Se lo spazio non è molto, potete creare con una vecchia scala un giardino verticale, in cui posizionare le vostre piante aromatiche, dal basilico al rosmarino. Se non avete la scala, usate un bancale alto 20 cm come minimo. Per renderlo più carino potete anche ridipingerlo.

C COME COSTANZA

Vasi di terracotta o di plastica rettangolari, innaffiatoio, terriccio, meglio se universale, argilla da mettere nel contenitore per drenare e semi sono le prime cose che dovete procurarvi per dare vita al vostro angolo verde. Poi dovrete aggiungere guanti, palette, forbici e aste per le piante, come i pomodori, che crescono verso l’alto. Oltre a ciò, dovrete avere una buona

dose di pazienza e di costanza per essere ripagati da un orto bello rigoglioso. Dedicate almeno 10 minuti alla sua cura ogni giorno: oltre a darvi soddisfazione, vi rilasserà.

SEGUENDO LE STAGIONI Ogni stagione prevede lavori e tipi di semina diversi. In primavera potete coltivare le piante aromatiche, ortaggi e frutti di bosco. In autunno, invece, quando le temperature si abbassano, potete far crescere cavoli, verza o broccoli. Mettete i semi nel terriccio, mescolandolo al concime, ad almeno 20 cm di distanza gli uni dagli altri e a una profondità di 40 cm per gli ortaggi come le zucchine, meno per gli aromi. La rucola, che è molto infestante, è meglio seminarla a parte.


FAI DA TE

ADESSO

profumo di buono di Serena Fogli

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profumo del bucato appena raccolto è impagabile, peccato che non duri a lungo su vestiti, lenzuola e asciugamani. E anche se è vero che l’aspetto più importante di un bucato ben fatto è la pulizia dei capi, è altrettanto vero che… Anche il naso vuole la sua parte! Certo, non esistono modi per far durare il cosiddetto “profumo di pulito” a lungo, ma è possibile ovviare al problema profumando il nostro guardaroba, cosicché anche i vestiti acquistino un aroma piacevole quando li indossiamo. Questo non significa correre al supermercato a comprare i classici deodoranti da armadio, perché la soluzione che vi proponiamo è squisitamente fai da te! Ecco quindi qualche idea da cui prendere spunto per donare ai nostri vestiti un gradevole profumo, come se fossero stati appena raccolti!

ALLA LAVANDA

Quella del sacchettino profumato è la risposta più semplice all’annosa questione della profumazione degli armadi: si tratta di una soluzione facilissima da realizzare e decisamente low cost. Per l’involucro esterno puoi utilizzare ritagli di stoffa che hai in casa: dal semplice cotone, al lino e fino alla iuta, le possibilità sono davvero moltissime. Procurati poi dell’ovatta per l’imbottitura, dei cordoncini, un po’ di fiori di lavanda secca, degli oli essenziali e spezie molto odorose, come la cannella, l’anice o i chiodi di garofano: l’importante è affidarsi al proprio gusto personale! Dopo esserti procurata tutto il materiale, è sufficiente ritagliare dalla stoffa due lunghi rettangoli, per poi cucirne insieme i bordi. Inserisci all’interno del sacchettino l’ovatta, precedentemente impregnata con qualche goccia di olio

essenziale: falla aderire bene alla superficie dell’involucro di stoffa. Inserisci ora la lavanda e le spezie che più ti aggradano e chiudi il sacchettino con un nastrino colorato. Ecco pronto il nostro deodorante fai da te... Per un armadio sempre profumato!

COL RISO

Il riso assorbe umidità, aromi e profumi: conseguentemente è un ottimo materiale dal quale partire per dar vita a sacchetti estremamente odorosi. Versa una manciata di riso in un contenitore e cospargilo di un olio essenziale a tua scelta. Lascialo impregnare per qualche minuto e aggiungi fiori secchi profumati o legni odorosi, come quelli utilizzati per il pot-purri ad esempio. A questo punto avrai semplicemente bisogno di un fazzoletto, all’interno del quale distribuirai il riso profumato: richiudi il tutto con un nastrino colorato e il gioco è fatto: il nostro deodorante per armadio è pronto per essere utilizzato.

CANDELE PROFUMATE

Se non hai tempo di creare un sacchettino profumato, puoi giocare d’astuzia e posizionare nell’armadio un oggetto già odoroso di per sé: che ne dici, per esempio, di qualche candela profumata? È sufficiente metterne una per cassetto (non a diretto contatto con i vestiti per evitare macchie e aloni!) e il gioco è fatto. In commercio esistono tantissime profumazioni diverse, quindi hai a disposizione una scelta davvero molto vasta, capace di accontentare qualsiasi tipo di olfatto!

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A DI AU CL

4 .7 11 7. -1

FI OL ND PA

OROSCOPO

dal 14 al 20 novembre

ARIETE

TORO

dal 21/3 al 20/4

dal 21/4 al 20/5

C’è un tempo per tutto. E questo è il momento di abbandonare un dolce pensiero che vi ha accompgnato negli ultimi tempi. Non ci sono le condizioni perchè esso diventi realtà. Pertanto, se non volete affliggervi ad oltranza, metteteci una bella pietra sopra. Nessuno dice che sia facile, ma col tempo la decisione pagherà.

Vi manca sempre un centesimo per fare un euro. Un po’ come dire che vi manca sempre qualcosina per essere totalmente soddisfatti. Partendo dal presupposto che di perfetto non esiste nulla, cercate di considerare la positività di persone ed esperienze, dando meno importanza alle piccole pecche. Starete molto meglio.

State attraversando un periodo molto difficile in famiglia, a causa di un rapporto teso con chi vi sta più a cuore. Vi siete già messi in discussione a sufficienza, ma se non lo fanno anche gli altri difficilmente si arriverà a una conclusione. Fatelo presente, col tatto e la delicatezza che vi contraddistinguono.

SCORPIONE

dal 23/10 al 21/11

denaro

amore

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salute

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denaro

amore

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salute

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denaro

amore

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salute

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GEMELLI

CANCRO

LEONE

dal 21/5 al 21/6

dal 22/6 al 22/7

dal 23/7 al 22/8

Al lavoro vi sarà proposta una trasferta o comunque un cambiamento alla solita routine che non vi va particolarmente a genio. Se proprio dovrete accettare questa cosa, cercate di farlo di buon grado. Pensate agli aspetti positivi: aria nuova, nuovi stimoli, una piccola rottura del tran tran quotidiano che male non fa mai.

I malanni di stagione sono sempre stati un vostro punto debole e quest’anno nessuna eccezione: il vostro tallone d’Achille - gola, naso, o chi per esso - questa settimana vi darà filo da torcere. Cercate di riguardarvi e, con l’occasione, fatevi un po’ coccolare da chi vi sta vicino. Approfittatene!

Un progetto cui vi siete dedicati per molto tempo, sia esso personale o lavorativo, questa settimana avrà una felice impennata portandovi grosse soddisfazioni. Questo deve farvi capire che impegno e tenacia pagano sempre, anche quando i risultati tardano ad arrivare.

denaro

amore

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salute

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VERGINE

denaro

amore

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BILANCIA

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salute

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SAGITTARIO

dal 23/8 al 22/9

dal 23/9 al 22/10

dal 22/11 al 20/12

Se vi sentite un po’ troppo pressati dal capo o dalla fidanzata o da chi per essi, invece che arrivare alla soglia dell’esplosione, fatevi avanti e dite chiaro e tondo che così non potete continuare. La pazienza è una bella dote, ma prima o poi finisce.

È giunto il momento che facciate chiarezza dentro di voi su cosa volete e cosa no, su quello che provate veramente verso amici, colleghi, amori e amanti. Insomma, dove sta scritto che dobbiate per forza piacere a tutti? Fate un po’ di selezione all’ingresso.

Durante la realizzazione di un progetto, è facile dover riprendere le misure, accorciare il tiro, rimettere tutto in discussione. Non vivitelo come un fallimento, ma come una cosa inevitabile che fa parte della vita. Alla fine, tutto andrà bene. Non vi abbattete.

denaro

amore

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salute

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CAPRICORNO

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amore

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salute

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ACQUARIO

denaro

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salute

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PESCI

dal 21/12 al 19/1

dal 20/1 al 18/2

dal 19/2 al 20/3

Un impegno lavorativo si trasformerà nell’occasione di solleticare la vostra curiosità e la vostra inequivocabile sensibilità. Assecondatele in tutto e per tutto e una noiosa giornata lavorativa diventerà una bellissima occasione di scoperta.

Con la vostra capacità di entrare subito in empatia con tutti, avete conquistato la simpatia e la stima di nuove conoscenze. Ora non dovete far altro che coltivare questi rapporti per creare nuove (e vere) amicizie.

State pensando di fare un viaggetto col vostro partner? Questo è il momento giusto per programmare, esplorare, assecondare finalmente qualche vecchio sogno. Gioverà molto a mente e spirito, nonché all’affiatamento di coppia.

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amore

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salute

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