DESIGNERS
OPINION LEADER
ART PhoebeNewYork
JUN 2023 € 7,00 9 772611 108000 ISSN 2611-108X 00030
James Ford Santa Gertrudis
Alexander Kim
RickDick David Wilson
30 DESIGNERS James Ford Santa Gertrudis OPINION LEADER Alexander Kim ART PhoebeNewYork RickDick David Wilson
13 -16 June
Fortezza da Basso - Firenze
The Guest Designer will be Eli Russell Linnetz
Eli Russell Linnetz è il Guest Designer della 104a edizione di Pitti Immagine Uomo (Firenze, Fortezza da Basso, 13-16 giugno 2023).
Lo stilista californiano presenterà la collezione primaveraestate 2024 del suo marchio ERL con una sfilata a Firenze mercoledì 14 giugno. Per l’occasione lavorerà anche a un progetto specifico per rappresentare la sua visione crossover tra moda, design e lifestyle.
Un eclettismo attento ai riferimenti culturali e di genere. Un talento nel combinare l’estro commerciale con una creatività senza limiti. Una reinterpretazione originale, spesso ironica e irriverente, dei cliché americani, sia eterni che attuali. Sono questi gli elementi del profilo di Eli Russell Linnetz che hanno acceso l’interesse della commissione e il desiderio di invitarlo a Firenze. Eli inventa e costruisce mondi che si nutrono della solare vitalità della California. Mescola, con grazia e gioia, arte e moda, fondendo l’inevitabile cultura di strada con lo sportswear di lusso. Il tutto accompagnato da un chiaro istinto mediatico, evidente anche nelle sue recenti collaborazioni con marchi globali e star della musica. Siamo certi che la sua presenza a Pitti Uomo stimolerà in modo massiccio l’intera comunità della moda.
Eli Russell Linnetz is the Guest Designer at the 104th edition of Pitti Immagine Uomo
(Florence, Fortezza da Basso, 13 -16 June 2023).
The Californian designer will be presenting the SpringSummer 2024 collection of his ERL label with a fashion show in Florence on Wednesday, June 14. He will also work on a specific project for the occasion to portray his crossover vision among fashion, design, and lifestyle. An eclecticism that is aware of cultural and gender references. A talent for combining commercial flair with unrestricted creativity. An original, often ironic and irreverent reinterpretation of American cliches, both eternal and modern day. These are the elements of Eli Russell Linnetz’s profile which ignited our interest and the desire to invite him to Florence. Eli invents and constructs worlds that are nourished by the sunny vitality of California. He gracefully and joyfully mixes art and fashion, merging the inevitable street culture with luxury sportswear. All accompanied by a clear media instinct that is also evident in his recent collaborations with global brands and music stars. We are certain that his presence at Pitti Uomo will massively energize the whole fashion community.
Lapo Cianchi (Director of Communication and Special Events at Pitti Immagine) uomo.pittimmagine.com
2023
ISSUE 30/2023
EDIZIONI AF SRL
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Direttore editoriale
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Art director Angelo Lanza
Fashion editor
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Graphic design
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Artwork
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New York contributors
Editor: Cecil Servigon
Cartoonist: Matteo Sessa Vitali
Contributors
Angela Qehaja, Anna Luzzi, Antonio Musto, Bohdan Bohdanov, Daniela Rettore, Dinalva Barros, Fumatto, Gianni Bortolazzi, Giorgia Spina, Luca Cioffi, Lucrezia Bazzolo, Lucrezia De Vita, Ursula Beretta, Yadier Castro Piedra
Editorial
Erika Alberti, Alessandro Capuzzi, Alessandro Dorio, Sara Meneghetti, redazione@edizioniaf.com
Digital Davide Tufano, Domiziana Desantis, Simone Riccardi digital@edizioniaf.com
PR & Marketing
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Distributore nazionale: m-dis
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Reality does not exist
Il marchio Fheydr ha saputo stupire tutti durante le ultime sfilate. La top model più in vista di questi anni ‘20 ha percorso una passerella galleggiante mentre il direttore creativo, su di un pulpito poco lontano, le cambiava l’abito con il solo schiocco delle dita. Tre look diversi in una sola uscita che hanno lasciato a bocca aperta gli spettatori appesi a lunghe corde calate dal soffitto. Attenzione, tutto quanto descritto sopra non è mai accaduto, il nome del brand è frutto di pura invenzione, così come non sono mai stati scattati nella realtà alcuni servizi moda pubblicati in questo numero di AEFFE.
The Fheydr brand has managed to amaze everyone during the latest fashion shows. The most prominent supermodel of these 20s walked down a floating catwalk while the creative director, on a pulpit not far away, changed her outfit with just the snap of his fingers. Three different looks in one outing that left spectators hanging from long ropes lowered from the ceiling in awe. Mind you, everything described above never happened, the brand name is pure invention, just as some fashion shoots published in this issue of AEFFE were never shot in reality.
COVER STORY:
Dress SARA WONG
Necklaces RADÀ
Photo by Angelo Lanza
Fashion by Luca Termine
Artwork by RickDick
Make-up and
Hair: Giorgia Prini @MKS Milano
Photo assistant: Yadier Castro Piedra
Styling assistants: Vittoria Macrì and Sofia Ruzzon
Model: Ewa Stanosz @MonsterModelsMilano
Thanks to Joe Colosimo
Già, anche noi abbiamo voluto sperimentare l’intelligenza artificiale. Un tema grandemente in voga in questo periodo, anche se non si deve dimenticare quanto accompagni il nostro quotidiano già da molti anni. Innerva software dei nostri telefoni, ci ‘spia’ nei negozi e guida parte dei nostri investimenti finanziari… I nostri servizi generati dall’IA vogliono spingere alla riflessione: con l’intelligenza artificiale si può giocare, è vero, ma si sta cambiando, e sempre più si cambierà, il paesaggio della moda. Un’analisi dei dati di vendita sempre più accurata e puntuale; la creazione di prototipi virtuali per ottimizzare processi e risultare più sostenibili; una produzione personalizzata e su richiesta… Molti altri sono gli aspetti positivi con cui l’Intelligenza Artificiale potrà rivoluzionare la moda e stupirci nell’imminente futuro. Per ora a voi la caccia: riuscirete a scoprire quali pagine ‘non esistono’?
Enrico Martinelli
Yep, we too wanted to experiment with artificial intelligence. A topic greatly in vogue these days, although one should not forget how much it accompanies our daily lives for many years already. It innervates the software on our phones, ‘spies’ on us in stores, and guides part of our financial investments... Our AI-generated shootings are meant to prompt reflection: artificial intelligence can be played with, it is true, but it is changing, and increasingly will change, the landscape of fashion. Increasingly accurate and timely analysis of sales data; the creation of virtual prototypes to optimize processes and be more sustainable; customized and on-demand production... Many more are the positive aspects with which Artificial Intelligence can revolutionize fashion and amaze us in the near future. For now, the hunt is on you: will you be able to discover which pages ‘don’t exist’?
Enrico
Martinelli
9 EDITORIAL
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Spring / Summer 2023 Explore BLENDA sandals at vagabond.com
SLIDING DOORS
“Denim, 150 years and not feeling it” by Ursula Beretta
OPINION LEADER
Alessandro Grange / Founder of Alexander Kim
DESIGNERS Santa Gertrudis James Ford
ART
PhoebeNewYork by Cecil Servigon
fAShION
The sky’s the limit
The Hunger Games by RickDick Light catalyst La Fama
Portrait of a soul
Daddy love teddy by David Wilson
RuNwAy
Woman/Man F/W 2023/24
PEANuTS
“Craving for Peanuts” by Claudio Leone
PASSPORT
“Napoli, Amalfi coast” by Roberto De Rosa
PRESS ROOM
It’s happen STORy
“Aiia” by Giulio Alberoni
CARTOONS
“Fashioncartoonist” by Matteo Sessa Vitali
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ISSuE N.30 JuNE 2023
12 Shoes STEVE MADDEN
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Denim, 150 years and not feeling it
by Ursula Beretta
La sua essenza democratica non deve trarre in inganno. I suoi natali poco nobili e il suo essere destinato, originariamente, a una classe sociale medio-bassa non gli hanno impedito, nel tempo, di solleticare le voglie –estetiche - dei ceti aristocratici che lo guardavano con bramosia e, probabilmente, invidiavano chi lo indossava. E del resto, questa sua patina di oscuro oggetto del desiderio venne rapidamente virata in vantaggio economico facendo la fortuna dei primi illuminati imprenditori che decisero di dedicarsi alla sua produzione. Senza dimenticare, ovviamente, la forza dell’immaginario ad esso legato che ha attraversato il tempo e si è impadronito di sempre nuovi miti, rendendolo divisa di stile tanto delle icone contemporanee che di quelle del passato. E, en passant, al netto del gioco di parole, conviene sottolineare come la sua capacità di influenzare la storia del costume l’abbia portato dall’essere relegato ai guardaroba dei più umili al farsi gioco dell’etichetta tanto da osare entrare nei sancta sanctorum dell’haute couture, con il benestare della meglio società. E del resto, basterebbero le parole di Yves Saint Laurent per rendere vana ogni altra disquisizione a riguardo. “Il mio più grande rimpianto è quello di non avere inventato i blue jeans: sono il capo di abbigliamento più spettacolare, pratico e disinvolto che esista. Racchiudono personalità, sex appeal e semplicità”. È sua maestà il jeans che, dalle miniere alle passerelle, ha percorso una storia di cotone e di arte che ha reso protagonista la sua tela umile, umilissima, una sorta di evoluzione del fustagno che, alla fine del 700, si prese la scena, forzatamente male illuminata, e si incamminò verso l’indipendenza. Jeans da Genova, che ci faceva le uniformi dei marinai della sua Repubblica – l’etimologia del suo nome rimanda alla traduzione francese della città ligure -, che fu imitato in Francia a Nimes - tanto che da toile de Nimes deriva il termine denim -, prima di prendere casa in California dove costituì il canovaccio resistente dei pantaloni da lavoro dei minatori della metà del 1800. Questi stessi pan-
taloni furono poi resi più malleabili dal genio di un mercante ebreo trasferitosi oltreoceano per fare fortuna, Levi Strauss che, insieme al sarto Jacob Davis (a cui si deve l’applicazione dei rivetti in rame per rinforzarne la stoffa e le tasche), battezzò e brevettò, nel 1873, il padre di tutti jeans, il 501, che di fatto ebbe e ha una storia a sé. A onore di cronaca, pur essendo un capo rivoluzionario, quel jeans non si sottrasse ai capricci del mercato e man mano accolse anche cambiamenti necessari per rimanere al passo con tempi. Che significava, di fatto, essere l’uniforme da lavoro della working class americana, ma rigorosamente al maschile tanto è vero che le scandalose cowgirl rubavano i pantaloni ai fratelli o ai mariti per essere più comode nella vita del ranch e bisognerà aspettare fino al 1934 per avere, ufficialmente, il primo jeans declinato in un modello da donna. Nel frattempo, però, le trasformazioni che riguardavano il jeans non avevano solo a che fare con l’estetica ma anche con il moltiplicarsi delle fabbriche negli Stati Uniti che, con la fine del monopolio produttivo di Levi Strauss, portarono alla nascita di molti altri marchi, i parenti stretti di quelli attuali. Per non parlare, naturalmente, di tutti quei rivolgimenti che li misero al centro di un’evoluzione in cui codici estetici andavano di pari passo con quelli culturali e che, di fatto, ne ampliarono confini di genere e d’uso. E soprattutto, la fruizione, fino a farli entrare di diritto nel guardaroba quotidiano.
Cominciò la potente cartolina del Far West che, con la complicità di cowboy reali o cinematografici che fossero – il John Wayne di “Ombre Rosse” (1939) ma anche la Marylin Monroe de “Gli Spostati” (1960), luminosa e malinconica in jeans e camicia bianca – spalancò al jeans la strada di Hollywood dove Marlon Brando prima e James Dean poi lo resero immortale. Abbandonato il coté squisitamente workwear, il jeans assunse un deciso carattere casual e si prestò, docilmente, ad accogliere tanto le suggestioni della controcultura più cool quanto ad accompagnare il cambiamento di una nuova generazione che scendeva in piazza per lottare per
propri diritti o, più semplicemente, saliva su un palco e li trasformava, cantando, in manifesto. Scorrendo fotogrammi degli ultimi 50 anni di storia, il denim, comunque lo si voglia vivere e vedere, è stato una costante: nessuno, da Gianni Agnelli a Bruce Springsteen, da Steve Jobs a Michelle Obama, è sfuggito al fascino di quello che, nel 1999, il Time ha proclamato “Il capo d’abbigliamento per antonomasia del XXmo secolo”. Tutto merito della sua straordinaria polisemia, una capacità di adattamento al limite del camaleontico che ha saputo stare dietro alle evoluzioni della società e, naturalmente, della moda. Canovaccio prediletto dei trend, sia che questi provenissero dalla strada o dalla mente dei creatori, jeans non si sono sottratti alle incursioni nella couture fino a diventarne un imprescindibile. Ospiti fissi delle passerelle dei marchi più anticonvenzionali – Vivienne Westwood e Moschino in primis – non hanno disdegnato anche una presenza, nemmeno troppo silente, tra le maison più storiche come dimostrano le ultime collezioni di Chanel e di Balenciaga e la colab che ha visto Valentino rileggere, ça va sans dire, due versioni del leggendario modello 501. Senza dimenticare gli accessori- le baguette di Fendi, le bag di Bottega Veneta e la Lady D di Dior - che hanno sdoganato il total look denim rendendolo un grande classico. Pioniere in tutto, il jeans è stato anche il primo indumento occidentale a essere unisex prima ancora che il termine mietesse le sue vittime nella sociologia culturale, e vanta una stratificazione semantica tale di cui le sue variazioni estetiche hanno dato conto ma senza che ne venisse alterata la sua matrice giovane, attuale e sempre, assolutamente trasversale. C’è chi l’ha chiamato un non-abito, ma soprattutto c’è chi ne ha sconfessato quell’erronea etichetta di uniforme che, nel tempo, gli è stata attribuita. I jeans non sono portatori di un messaggio preciso ma semmai ne diventano il detonatore. Non seguono regole, non traducono nessun senso di appartenenza, sono liberi e originali, capaci di livellare le differenze sessuali e, al contempo, di sublimare l’erotismo, ma soprattutto ci sono sempre stati laddove si è verificato il cambiamento. Riprendendo le parole del filosofo Jean Baudrillard in relazione al fatto che i jeans non vadano intesi come un motore del cambiamento sociale ma semmai al pari di un istrionico interprete, nessuno più di lui si merita di rimanere signore incontrastato della scena. Godendo dei privilegi del suo bagaglio di esperienze che contengono e spalancano il patrimonio di un passato le cui tradizioni sono rilette e rielaborate continuamente nel futuro, in un equilibrio estetico potente che lo rende il crocevia perfetto tra il capo più democratico che ci sia - Giorgio Armani dixit - e il suo esatto opposto. Del resto, non si deve dimenticare che ha pur sempre il sangue blu!
Its democratic essence should not mislead. Its less-than-noble birth and its being originally intended for a lower-middle class did not prevent it, over time, from tickling the cravings -aesthetically- of the aristocratic classes who looked at it with lust and, probably, envied the wearer. And for that matter, this patina of its obscure object of desire was quickly turned to economic advantage making the fortune of the first, enlightened entrepreneurs who decided to devote themselves to its production. Not forgetting, of course, the strength of the imagery attached to it that has spanned time and taken hold of ever new myths, making it as much a style uniform of contemporary icons as of those of the past. And, en passant, pun intended, it is worth pointing out how its ability to influence
the history of costume has taken it from being relegated to the wardrobes of the humblest to making a mockery of etiquette to the point of daring to enter the sanctum sanctorum of haute couture, with the approval of the best society. And for that matter, the words of Yves Saint Laurent would suffice to make any other disquisition on the matter vain. “My biggest regret is that did not invent blue jeans: they are the most spectacular, practical and casual piece of clothing in existence. They encapsulate personality, sex appeal and simplicity.” It is his majesty the jean, which, from the mines to the catwalks, has traversed a history of cotton and art that has starred in its humble, humble canvas, a kind of evolution of moleskin that, in the late 1700s, took the forcibly ill-lit stage and set out on its way to independence.
Jeans from Genoa, which used to make us the uniforms of the sailors of its Republic-the etymology of its name refers to the French translation of the Ligurian city-was imitated in France in Nimes-so much so that the term denim is derived from toile de Nimes-before taking up its home in California where it formed the durable canvas for the work pants of the miners of the mid-1800s. These same pants were later made more malleable by the genius of a Jewish merchant who moved overseas to make his fortune, Levi Strauss, who, together with the tailor Jacob Davis (to whom we owe the application of copper rivets to reinforce the fabric and pockets), christened and patented, in 1873, the father of all jeans, the 501, which in fact had and has had a history of its own. For the sake of the record, while being a revolutionary garment, that jean did not
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SLIDING DOORS
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shy away from the whims of the market and also gradually embraced the changes necessary to stay in step with the times. That meant, in fact, being the work uniform of the American working class, but strictly masculine so much so that scandalous cowgirls stole the pants from their brothers or husbands to be more comfortable in ranch life and it would have to wait until 1934 to have, officially, the first jeans declined in a women’s model. In the meantime, however, the transformations affecting jeans had not only to do with aesthetics but also with the multiplication of factories in the United States, which, with the end of Levi Strauss’ manufacturing monopoly, led to the birth of many other brands, the close relatives of the current ones. Not to mention, of course, all those upheavals that placed them at the center of an evolution in which aesthetic codes went hand in hand with cultural ones and, in fact, expanded their boundaries of genre and use. More importantly, their fruition, to the point where they became rightfully part of the everyday wardrobe. It began the powerful postcard of the Wild West that, with the complicity of real or cinematic cowboys that they were - the John Wayne of “Red Shadows” (1939) but also the Marylin Mon-
roe of “The Displaced” (1960), bright and melancholy in jeans and white shirt - opened wide to jeans the road to Hollywood where first Marlon Brando and then James Dean made it immortal. Abandoning its exquisitely workwear coté, jeans took on a decidedly casual character and lent itself, meekly, as much to embrace the suggestions of the coolest counterculture as to accompany the change of a new generation that took to the streets to fight for its rights or, more simply, took to a stage and transformed them, singing, into manifestos. Scrolling through the stills of the past 50 years of history, denim, however you want to live and see it, has been a constant: no one, from Gianni Agnelli to Bruce Springsteen, from Steve Jobs to Michelle Obama, has escaped the allure of what, in 1999, Time proclaimed The quintessential garment of the 20th century. All credit to its extraordinary polysemy, an adaptability bordering on the chameleonic that has kept up with the evolutions of society and, of course, fashion. A favorite canvas for trends, whether they came from the street or from the minds of creators, jeans have not shied away from forays into couture to the point of becoming an inescapable part of it. Regular guests of the catwalks of the most unconventional brands-Vivienne Westwood and Moschino in primis-they have not disdained also a presence, not even too silently, among the most historic maisons as evidenced by the latest collections of Chanel and Balenciaga and the colab that saw Valentino reinterpret, ça va sans dire, two versions of the legendary 501 model. Not forgetting the accessories-Fendi’s baguettes, Bottega Veneta’s bags, and Dior’s Lady D-that have cleared the total denim look making it a great classic.
A pioneer in everything, denim was also the first Western garment to be unisex even before the term reaped its victims in cultural sociology, and it boasts such semantic layering that its aesthetic variations have accounted for but without altering its youthful matrix, current and always, absolutely transversal. There are those who have called it a non-dress, but more importantly there are those who have disavowed that erroneous label of uniform that, over time, has been attributed to it. Jeans do not carry a specific message but, if anything, become its detonator.
They do not follow rules, they do not translate any sense of belonging, they are free and original, capable of leveling sexual differences and, at the same time, sublimating eroticism, but above all, they have always been there where change has occurred. Picking up on the words of philosopher Jean Baudrillard in relation to the fact that jeans should not be understood as an engine of social change but, if anything, as the equal of a histrionic performer, no one more deserves to remain undisputed lord of the stage.
Enjoying the privileges of his baggage of experiences that contain and spread the heritage of a past whose traditions are continually reinterpreted and reworked in the future, in a powerful aesthetic balance that makes him the perfect crossroads between the most democratic garment there is - Giorgio Armani dixit - and its exact opposite. After all, one should not forget that he still has blue blood!
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“It is his majesty the jean, which, from the mines to the catwalks, has traversed a history of cotton and art that has starred in its humble...”
Alessandro Grange 18
alexander Kim nasce 3 anni fa, verso la metà del 2020, dal desiderio di offrire ai propri clienti una consulenza di comunicazione a 360° gradi. Offrendo un servizio che mira a posizionare e fortificare la brand awareness attraverso un linguaggio in linea con il DNA e la filosofia di ogni marchio rappresentato.
Quali sono le caratteristiche che vi contraddistinguono?
Uno dei nostri punti di forza è sicuramente l’attenzione e il servizio che dedichiamo ad ogni singolo cliente, ci impegniamo e ci immedesimiamo come se fossimo interni all’azienda. Lavoriamo sempre a stretto contatto con diversi reparti ideando e sviluppando insieme la strategia più efficace. Inoltre, abbiamo un portafoglio clienti molto vario e di nicchia, ma ciascuna con una forte identità.
Come selezionate brand da seguire?
Più che selezionare preferisco dire che crediamo e ci appassioniamo alla loro filosofia e a ciò che hanno da raccontare.
Quali i mercati a cui vi rivolgete? Come è la situazione di questi mercati in questo momento?
Ovviamente siamo partiti dal mercato Italiano, dove abbiamo consolidato rapporti con diversi player del sistema moda e food. Ad oggi comunichiamo a livello europeo, con focus Germania e Francia, attraverso press day ed eventi dedicati per presentare le novità stagionali e con l’obiettivo di fortificare ulteriormente i rapporti con stampa, stylist e talent. Prossimo step sicuramente l’America, dove clienti come Autry, Rosantica e 120% Lino sono già ben posizionati e super richiesti.
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Founder of Alexander Kim
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Quali caratteristiche hanno i prodotti più richiesti in questo momento?
La richiesta maggiore è per i brand che offrono prodotti molto di nicchia, esclusivi e unici. Mi riferisco a capsule in limited edition e cobranding. Per quanto riguarda nostri clienti quest’anno più richiesti sono stati le super Limited Edition lanciate da Autry e la collaborazione tra Tananai e RefrigiWear.
Boom digitale e sostenibilità sono sulla bocca di tutti… come vi confrontate con queste tematiche?
Abbiamo la fortuna, o sfortuna, di appartenere ad una generazione che ha visto la nascita e lo sviluppo dell’era digitale. Siamo un team giovane, appassionato e sempre in costante aggiornamento, alla ricerca di nuove piattaforme per creare una strategia digitale efficace da proporre ai nostri clienti.
In merito al tema sostenibilità?
Ci crediamo molto. Siamo sempre interessati a realtà sostenibili che si impegnano a tutelare l’ambiente. Attualmente rappresentiamo diversi brand che perseguono già questo percorso come 120% Lino, The Bonvant, Xocoi e il nostro cliente food Artisti del Vegetariano.
C’è un brand (anche non vostro) che vi ha particolarmente stupito di recente e perché?
Non vorrei essere di parte, ma ci tengo ad evidenziare il fenomeno Autry. Una realtà nata nel 2019 che nel giro di 3 anni è riuscita a raggiungere oltre 150 milioni di fatturato annuale. Il brand ha creato una community internazionale super affezionata, e in termini di retail è posizionata all’interno dei maggiori multibrand e department store globali.
Quali direzioni dovrà seguire la comunicazione e la vendita di moda nel prossimo futuro, secondo voi?
La moda è un sistema in continua evoluzione, che guarda al passato per costruire e proporre sempre qualcosa di nuovo in linea con i temi attuali. L’industria dell’abbigliamento dovrà sicuramente avere un approccio più trasparente, che rispetti l’ambiente e le persone - attraverso la valorizzazione degli abiti e non più del consumo sfrenato
Alexander Kim was born 3 years ago, in mid-2020, out of a desire to offer its clients a 360-degree communications consultancy. Offering a service that aims to position and fortify brand awareness through language in line with the DNA and philosophy of each brand represented.
What are the characteristics that set you apart?
One of our strengths is definitely the attention and service we give to each and every client; we engage and empathize as if we were an internal part of the company.
We always work closely with different departments devising and developing the most effective strategy together. In addition, we have a very diverse and niche client proposition, but each with a strong identity.
How do you select the brands to follow?
Rather than selecting, prefer to identify with the terms “believe and passion,” their philosophy and what they have to tell.
What markets do you target? How is the situation in these markets right now?
Obviously we started from the Italian market, where we have consolidated relationships with different players in the fashion and food system.
As of today we communicate at the European level, with focus Germany and France through press days and dedicated events to present the seasonal novelties and with the aim of further fortifying relationships with press, stylists and talent.
Next step definitely America, where clients like Autry, Rosantica and 120% Linen are already well positioned and in super demand.
What characteristics do the most in-demand products have right now?
The highest demand is for brands that offer very niche, exclusive and unique products.
I am referring to limited edition capsules and cobranding. In fact, as far as our customers are concerned, the most in demand this year have been the super Limited Editions launched by Autry and the collaboration between Tananai and RefrigiWear.
Digital boom and sustainability on everyone’s lips-how do you deal with these issues?
We are fortunate, or unfortunate, to belong to a generation that has seen the birth and development of the digital age. We are a young, passionate and constantly updating team, looking for new platforms to create an effective digital strategy to propose to our clients.
On the topic of sustainability?
We believe in it very much. We are always interested in sustainable businesses that are committed to tutale the environment. We currently represent several brands that are already pursuing this path such as 120% Lino, The Bonvant, Xocoi, and our food client Artisti del Vegetariano.
Is there a brand (even one that is not yours) that has particularly surprised you recently and why?
don’t want to be biased, but I would like to highlight the Autry phenomenon. A reality brought to life in 2019 that within 3 years managed to reach over 150 million in annual sales. The brand has created a super loyal international community, and in terms of retail it is positioned within the major global multibrands and department stores.
What directions should fashion communication and sales take in the near future, in your opinion?
Fashion is an ever-evolving system that looks to the past to always build and propose something new in line with current issues. The clothing industry will definitely have to have a more transparent approach that respects the environment and people-through the enhancement of clothes and no longer by unrestrained consumption.
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“Fashion is an ever-evolving system that looks to the past to always build and propose something new in line with current issues.”
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Gertrudis
Santa Gertrudis è un progetto che nasce dall’idea di Antonino Spinalbese e Alessandro Grange, due imprenditori italiani che condividono l’amore e la passione per la moda e per il fascino ibizenco, ispirazione che li ha portati a creare un brand di tendenza dal mood gitano.
L’obiettivo è quello di proporre un prodotto al di fuori del conformismo del mondo beachwear, indirizzato ad un target di riferimento alto e unico: che si diversifichi dagli altri brand di costumi presenti sul mercato.
L’accessorio moda, non suo, che comprerebbe in questo momento
Comprerei una collana o un bracciale da abbinare a Santa Gertrudis. Sono molto appasionato di accessori perché danno un tocco di personalità in più ai look.
Caratteristiche peculiari del marchio e dei prodotti?
La costruzione del capo è funzionale al design che è asimmetrico ed è ideato per un look comfort e alla moda con linee uniche.
Fonti di ispirazione?
Ci siamo ispirati alla località e al mood di Ibiza, reinterpretando entrambi concetti in chiave fashion e contemporanea. Santa Gertrudis è una località incredibile.
Cela incantevoli vicoli bianchi dal forte carattere mediterraneo, e ospita da sempre una radicata comunità artistica che grazie al suo fascino ha trovato la culla perfetta per uno stile di vita gitano.
Materiali e forme preferite
Le collezioni sono realizzate interamente in Italia, con materiali di mas-
simo pregio! capi di Santa Gertrudis si contrappongono alle linee rigorose del beachwear classico, garantendo una vestibilità perfetta e confortevole.
Come sarà la collezione per la prossima SS24?
Sarà molto più ampia in termini di varianti e giocherà con diversi tessuti e stampe, tutte rigorosamente dal mood gitano, mantenendo la stessa forma che caratterizza il brand, rendendolo unico nel suo genere.
Partecipazione a prossime fiere ed espansione digitale?
Non abbiamo in programma partecipazioni a fiere, abbiamo dei partner distributivi con cui stiamo già lavorando per un posizionamento di nicchia del brand. Attualmente il marchio è maggiormente distribuito attraverso il proprio e-commerce, dove c’è il più alto flusso di vendite.
Caratteristiche sostenibili?
La collezione SS24 mirerà alla sostenibilità con capi che rispettano l’ambiente.
Progetti futuri per i prodotti e per l’espansione dei mercati?
Siamo work in progress con la nuova stagione, con l’idea di arricchire la collezione con una capsule di accessori per ampliare la proposta. Il nostro intento è raccontare una storia, che valorizzi il brand e l’intera collezione.
Al momento stiamo riscuotendo un ottimo successo in Spagna, da dove nasce l’idea del brand.
L’obiettivo è quello di posizionarci in nuovi mercati strategici, all’interno dei maggiori multibrand e department store delle località più esclusive. >
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DESIGNER
Antonino Spinalbese
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Santa
Santa Gertrudis is a project that is the brainchild of Antonino Spinalbese and Alessandro Grange, two Italian entrepreneurs who share a love and passion for fashion and Ibizan charm, a reason that led them to create a trendy brand with a gypsy mood.
The goal is to come up with a product outside the conformism of the beachwear world, aimed at a high and unique target audience: one that diversifies from other swimwear brands on the market to date.
The fashion accessory, not yours, that you would buy right now?
Right now, I would buy a necklace or bracelet to go with Santa Gertrudis. I am very fond of accessories that give an extra touch of personality to looks.
Distinctive features of the brand and products?
The construction of the garment is functional, asymmetrical design, designed for a comfortable and fashionable look with unique lines.
Sources of inspiration?
We were inspired by the location and the mood of life, reinterpreting both concepts in a fashionable and contemporary way. Santa Gertrudis is an incredible location, hiding enchanting white alleys with a strong Mediterranean character, and has always been home to a deep-rooted artistic community that has found the perfect cradle for a gypsy lifestyle thanks to its charm.
Materials and shapes preferred?
The collections are made entirely in Italy, with materials of the highest quality! Santa Gertrudis garments contrast with the strict lines of classic beachwear, ensuring a perfect and comfortable fit.
What will the collection look like for the upcoming SS24?
It will be much broader in terms of variations and will play with different fabrics and prints, strictly gypsy mood; keeping the same shape that makes the brand unique.
Participation in upcoming fairs and digital expansion?
We have no plans to participate in fairs, we have distribution partners with whom we are already working on a niche positioning of the brand. Currently the brand is mostly distributed through its ecommerce, where there is the highest flow of sales.
Sustainable features?
The SS24 collection will aim for sustainability with environmentally friendly garments.
Future plans for products and market expansion?
We are work in progress with the new season, with the idea of enriching the collection with a capsule of accessories to expand the proposition. Our intention is to tell a story, which will enhance the brand and the entire collection. At the moment we are having great success in the Spanish market, where the idea comes from. The goal is to position ourselves in new strategic markets, within major multibrands and department stores in exclusive locations.
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“The goal is to come up with a product outside the conformism of the beachwear world...”
James Ford 27
“Gender equal fashion designer”
Quando e perché hai scelto la moda come linguaggio espressivo, soprattutto avendo una formazione ingegneristica?
Credo che la moda abbia scelto me. Trovare la moda è stato un mix di due cose: 1. Sono stato incoraggiato da amici che hanno notato che ero portato per lo styling e che apprezzavano il mio stile personale. 2. Dopo l’edilizia sono tornato a scuola per conseguire un diploma artistico e onestamente non sapevo quale disciplina avrei scelto. Sapevo solo che dovevo fare qualcosa di artistico. In quel periodo ho realizzato un podcast su come vestirsi in quanto persona queer, chiamato Outfit, e dopo aver realizzato il podcast volevo partecipare al design dei vestiti e non solo alla comunicazione. Così, tra il podcast e l’incoraggiamento di molti amici, mi sono fatto strada nel settore e alla fine ho fondato il mio marchio, Rowena Social Club. A volte gli amici riescono a vedere il tuo potenziale prima di te! E quando scopro che qualcosa mi viene facile, cerco di fare di più.
In un’intervista hai detto che in passato “i vestiti ti hanno rovinato la vita”. Puoi spiegarci?
Sì, i vestiti mi hanno rovinato la vita. Sentirmi umiliato in eventi in cui dovresti essere celebrato è stata una “rovina” per me. Odiavo ogni Natale, Pasqua, laurea, matrimonio di famiglia, ecc. Vestirsi bene era particolarmente difficile perché l’abbigliamento formale è la categoria più binaria della moda. Ci sono gli abiti, o gli abiti da cerimonia. Da bambina riuscivo a vivere la giornata da “maschiaccio” perché potevo indossare t-shirt e pantaloncini o polo e c’era un cross-over socialmente accettabile in quegli stili di abbigliamento. Ma gli abiti da cerimonia mi rendevano impossibile essere me stesso perché tutti pensavano che fossi una ragazza e mi trattavano come tale. Quindi, essere un ragazzino costretto a vestirsi da ragazza era umiliante. Solo verso i vent’anni ho abbracciato completamente l’abbigliamento maschile e ho effettuato la transizione sociale.
Sul tuo profilo LinkedIn, alla voce informazioni, troviamo questa dicitura: “Gender equal fashion designer”. Che cosa significa?
Credo che il termine “gender-equal” sia un modo molto più forte di posizionare l’abbigliamento in termini di accessibilità rispetto a “gender-neutral”. Ho sempre detto che neutralizzare il genere nella moda non mi aiuta come transessuale. Voglio ancora avere accesso a tagli, forme, tessuti e colori maschili.
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È questo che mi ha aiutato a sentirmi molto meglio nell’abbigliamento. Neutralizzare tutti gli aspetti di genere limita l’espressione delle persone.
Se da un lato penso che crescere bambini in modo neutro dal punto di vista dell’abbigliamento, delle attività e del linguaggio sia estremamente utile e inclusivo per la comunità trans e gender-expansive, dall’altro penso che sia utile incoraggiare le persone ad accedere all’abbigliamento di genere che desiderano.
Per me è più importante lasciare che le persone indossino ciò che vogliono e permettere l’espressione di sé attraverso l’abbigliamento. Non necessariamente togliendo alle persone questo strumento.
C’è anche una necessaria via di mezzo per le persone che non sentono che l’abbigliamento di genere binario vada bene per loro - e credo che sia proprio qui che l’abbigliamento gender neutral prospera! L’accesso all’abbigliamento di genere e neutro è importante. È una questione di libertà di espressione.
Quanto ha influito la transizione sulla tua creatività?
La parte più importante della mia transizione sociale e medica è stata il sollievo. In questo momento l’essere trans non mi passa per la testa nella mia quotidianità. Quindi, dal punto di vista creativo, quando hai una cosa in meno che ti blocca, sei più libero e aperto. Avere accesso alle cure mediche che hanno aiutato la mia transizione significa avere un pensiero in meno durante il giorno, quindi la mente e la creatività sono più accessibili. Inoltre, la transizione mi ha portato molta fiducia e sicurezza in me stesso. Il che si traduce nel mio lavoro con una maggiore fiducia in una gamma sempre più ampia di cose.
Prima della transizione medica non mi sarei fatto trovare nemmeno morto con una camicia rosa, ma ora adoro indossare il rosa. Mi piace indossare fiori, vestiti non mi umiliano più, perché il mio aspetto esteriore corrisponde a quello interiore. L’aspetto esteriore corrisponde a come mi sento dentro. Da lì posso giocare e stare tranquillo. Prima della transizione avevo una gamma ristretta di capi che avrei indossato e che mi interessavano, ora mi piace disegnare cose in una gamma più ampia. Sono in grado di affrontare il lavoro e la vita da un punto di vista di sollievo e relax e questo mi rende una designer più forte e più aperto.
Per te è più importante il taglio di un abito o i materiali?
Il mio punto di forza è la selezione dei tessuti, quindi direi materiali.
Credo che il mio cervello da ingegnere matematico sia in grado di riconoscere un abito, una camicia o un jeans poco aderente a un miglio di distanza, quindi dirò questo: la vestibilità è importante quando si parla di certe categorie, quando si vuole avere un aspetto professionale, curato e si vuole essere presi sul serio, la vestibilità è più importante per me.
Quando ci si diverte, quando si gioca con vestiti, allora penso che i materiali facciano tutto il lavoro. Quindi dipende dal tipo di prodotto e da ciò che si sta cercando di comunicare al mondo!
Con prodotti come le t-shirt e le felpe con cappuccio, sono un cacciatore del tessuto giusto.
Quando si tratta di una categoria di prodotti iper-satura come le t-shirt, i calzini e le felpe con cappuccio, il tessuto è tutto. Adoro le felpe con cappuccio in spugna francese e le magliette spesse e morbide. Il drappeggio è importantissimo.
Raccontaci una tua creazione che pensi ti rappresenti al meglio e spiegaci perché.
Ok, ho adorato il mio Utility Grandma Vest. È già esaurito nel mio negozio. Ma questo gilet utilizza un tessuto da tappezzeria di seconda mano con una trama ad arazzo e una striscia di ciniglia dorata, con profili e accenti in velluto arancione bruciato. Sebbene io indossi per lo più abiti pratici per il lavoro quotidiano, questo gilet è un puro divertimento.
Non c’è praticità nella sua estetica. Ma ho aggiunto passanti per un moschettone, tasche a scatto e linguette laterali regolabili che conferiscono un’atmosfera tattica e rude. Se si considera che la scelta del tessuto è così stravagante, si ottiene una combinazione davvero strana e divertente. Questo è un ottimo esempio di ciò che so fare meglio, ovvero unire due cose che non stanno insieme: il divano della nonna e un gilet da pesca. E in qualche modo, funziona. Credo che le persone che l’hanno comprato e che lo possiedono mi capiscano al meglio.
Next in Fashion: con quale spirito hai affrontato questa esperienza e cosa ti ha trasmesso?
L’esperienza di partecipare alla sfilata è stata pura gratitudine. C’erano migliaia di stilisti che avrebbero potuto partecipare a quella sfilata, e io ho avuto l’opportunità di essere me stesso e di mostrare il mio lavoro a un pubblico a cui altrimenti non sarei stato esposto. L’ho affrontato come un parco giochi. Ogni giorno in cui ho potuto accedre alla sfida successiva è stato un dono per scoprire quanto in là avrei potuto portare miei progetti e quanto più grande fosse il risultato che ero in grado di ottenere. È stato un dono poter esprimere la mia estetica così apertamente e vederla accolta con incoraggiamento. È un’opportunità che capita una volta nella vita e che non dimenticherò mai. Ho acquisito tanta fiducia in me stesso.
Ora mi sento più forte nelle mie scelte di design, le mie idee strane avevano finalmente un valore e mi piace che le persone lo abbiamo capito! Credo di emanare una giocosità e un entusiasmo nei miei abiti che la gente ora vuole.
Come affronti di solito la sfida di creare una nuova collezione: come lavori, cosa ti ispira, come procedi?
Adoro questa domanda. Mi ispiro alle auto d’epoca, alle fotografie delle vacanze della vecchia Hollywood degli anni ‘60 e ‘70 in cui voglio tuffarmi. L’estetica sportiva degli anni ‘80 e ‘90. Trovo queste immagini molto interessanti e mi aiutano a prendere l’idea e a trasformarla in qualcosa di indossabile ogni giorno. Per le nuove collezioni, inizio con un mucchio di campioni di tessuto e mi concentro su ciò che voglio indossare. Il mio intero percorso nella moda è stato guidato dalla manipolazione, e ora dalla progettazione di oggetti che voglio indossare e che non riesco a trovare nei negozi. Sono bravo a guardare il mio guardaroba personale e a vedere cosa manca. Quando mi vesto, posso immaginare la camicia perfetta che voglio per quel look e ora ho gli strumenti per realizzarla.
Da lì, inizio a cucire. miei campioni sono più forti se li faccio io, piuttosto che se faccio uno schizzo e lo faccio fare a qualcun altro. Ho bisogno di avere la possibilità, mentre cucio, di cambiare e di mettere a frutto anche gli incidenti di percorso. A volte un tessuto non vuole fare qualcosa, e questi intoppi danno vita a idee ancora migliori di quelle che avevo iniziali. >
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“I think the term ‘gender-equal’ is a much stronger way of positioning clothing in terms of accessibility as opposed to ‘gender-neutral’...”
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Se potessi scegliere uno stilista del presente o del passato con cui vorresti condividere la passerella, chi sceglieresti e perché?
Alessandro Michele. Senza esitazione e senza dubbi. È l’unico stilista che mi ha fatto sentire compreso. Penso che sia giocoso e sofisticato, che abbia un senso dell’umorismo e un forte senso di ottimismo nel suo lavoro. Sento che io e lui condividiamo lo stesso cervello e vogliamo vivere nello stesso mondo. Non sono mai stato una star, ma se mai avessi la possibilità di incontrare Alessandro Michele, dovrei trovare le parole per esprimergli l’impatto che il suo periodo in Gucci ha avuto sul mio lavoro. Credo che entrambi condividiamo la capacità di utilizzare materiali, colori e forme non convenzionali. Il suo lavoro è così ricco che mi piacerebbe collaborare con lui in qualsiasi veste, un giorno.
Cosa possiamo aspettarci in futuro da James Ford?
Che si espanda in altre categorie! Ho iniziato con gli abiti, risolvendo il problema dell’abbigliamento formale per la mia comunità. Ma ho molte altre categorie da conquistare. costumi da bagno sono un problema enorme che mi sta molto a cuore.
Aspettatevi anche delle calzature. Le calzature sono molto fastidiose per me. Ho piedi piuttosto piccoli e quindi faccio molta fatica a trovare scarpe da uomo che vadano bene. E le forme da donna che sono disponibili nella mia taglia sono sempre una versione carina dell’abbigliamento maschile. C’è sempre del metallo o qualche strano nastro da qualche parte che non sopporto. Continuerò a utilizzare molti elementi fatti a mano nelle mie collezioni e a mantenere un volume piccolo e concentrato. Ma mi piacerebbe espandermi nelle categorie di cui hanno bisogno le persone come me!
When and why did you choose fashion as your expressive language, especially having an engineering background?
think fashion sort of chose me. Finding fashion was a mixture of two things: 1. I was encouraged by friends who noticed had a knack for styling and they liked my personal style. And 2. went back to school after construction to get an arts degree and I honestly didn’t know what discipline I’d choose. I just knew had to do something in the arts. During that time, I made a podcast about getting dressed as a queer person called Outfit, and after making the podcast, I wanted to participate in the design of clothes and not just journalism and covering the industry. So between the podcast and a lot of friends encouraging me, I worked my way into the industry, eventually starting my brand called Rowena Social Club. Sometimes your friends can see your potential before you can! And when I find something comes easy to me, I try to do more of that.
You said in an interview that in the past “clothes ruined your life”. Can you explain?
Haha, yes clothes did ruin my life. Feeling humiliated at events where you’re supposed to be celebrated was “ruin” for me. I hated every Christmas, Easter, Graduation, family wedding, etc. Getting dressed up was specifically hard because formalwear is the most binary category in fashion. There’s suits, or gowns. I could get by day-to-day being a “tomboy” as a kid because I could wear tshirts and shorts or polos and there was socially acceptable cross-over in those styles of clothing. But formalwear made it impossible for me to be myself because everyone thought was a girl, and was
treated as such. So to be a little boy but forced to dress up as a girl felt humiliating. It wasn’t until my early-twenties that I fully embraced menswear, and socially transitioned.
On your LinkedIn profile, under information field, we find this wording: “Gender equal fashion designer”. What does that mean?
think the term “gender-equal” is a much stronger way of positioning clothing in terms of accessibility as opposed to “genderneutral”. I’ve always said that neutralizing gender in fashion doesn’t help me as a transman. still want access to masculine cuts, shapes, textures and colors.
That’s what helped me feel much better in clothing. Neutralizing all the gendered aspects of clothing limits people’s expresson. While think raising children in a gender neutral way in terms of clothing, activities, and language is extremely helpful and inclusive to the trans and gender-expansive community, I also think it’s helpful to encourage people to access the gendered clothing that they wish. For me, it’s more about letting people wear what they want and allowing that expression of self through clothing. Not necessarily taking away that tool from people. There is also a much needed middle ground for people who don’t feel that binary gendered clothing works for them - and I think that’s where gender neutral clothing thrives! think access to gendered and gender-neutral clothing is important. It’s all about freedom of expression.
How much has the transition affected your creativity?
The most important part of my social and medical transition has just been relief. Right now, post-show, is the most aware I’ve really ever been of my trans-ness. Being trans doesn’t cross my mind in my day-to-day. So creatively, when you have one less thing blocking you, you’re more free and open. Having access to medical care that helped my transition just means have one less thing on my mind during the day, so your mind and creativity are more accessible to you. Also, transitioning brought me a lot of self confidence and self assurance. Which translates to my work by being more confident in a wider and wider range of things. wouldn’t be caught dead in a pink shirt before I medically transitioned, but now love wearing pink. love wearing florals, clothing doesn’t humiliate me anymore, because my outward appearance matches how feel inside.
From there, I can just play and take it easy. Before I transitioned had a narrow range of what would wear and was interested in, now like to design things in a wider range. I’m able to approach work and life from a place of relief and relaxation and that makes for a stronger and more open designer.
Does the cut of a dress or the materials matter more to you?
Well can’t speak to the cut of a dress because don’t do dresses ever. But my strength is fabric selection, so I’ll say materials. I think my mathematical engineering brain can spot a poorly fitting suit, shirt, or jeans from a mile away so I’ll say this: fit is important when talking about certain categories, when you want to look professional, polished, and want to be taken seriously, fit matter more to me. When having fun, when being silly with your clothes, then I think materials do all the work there. So it depends on the type of product, and what you’re trying to communicate to the world! With products like tshirts and hoodies, I’m a hound for the right fabric. When you have an oversaturated product category like
tshirts, socks, hoodies, fabric is everything. I love a french terry hoodie and a thick, soft tee shirt. The drape is so important.
Tell us about a creation of yours that you think best represents you and explain why.
Okay I loved my Utility Grandma Vest. It’s sold out already on my store. But this vest uses deadstock upholstery fabric in a tapestry weave and a gold chenille stripe, with burnt orange velvet piping and accents. While I mostly wear practical clothes day-to-day for actual work, this vest is pure fun. There’s no practicality in its aesthetic. But added loops for a carabiner, snap pockets, and adjustable side tabs that bring in a rough and tumble, tactical vibe. Paired with the fabric choice being so extravagant, it’s a really weird and fun combo. That’s a great example of me doing what do best, which is marrying two things that don’t belong together - Grandma’s Couch and a Fishing Vest. And somehow, it totally works. I think the people who bought it and own it understand me best.
Next in Fashion: in what spirit did you approach that experience and what did it convey to you? The experience of being on the show was pure gratitude. There were thousands of designers who could have been on that show, and got the opportunity to be myself and show my work to an audience that I might have otherwise not been exposed to. I approached it as a playground. Every day that got to continue to the next challenge was a gift of seeing how much further could take my designs and how much bigger of a splash was capable of. Never again will I be able to forget about day-to-day life and be put in front of tons of amazing fabrics and trims, and have my work be reviewed by titans of the fashion industry. It was a gift to be able to express my aesthetic so openly and have it be received with encouragement. It’s a once-in-a-million-lifetimes opportunity that I’ll never ever forget. My take away was confidence. I feel stronger now in my design choices, my weird little ideas had merit and I love that people get it! I think I exude a playfulness and enthusiasm in my clothing that people want now.
In the show you had to face several challenges... how do you usually face the challenge of creating a new collection: how do you work, what inspires you, how do you proceed? Oh I love this question. I am inspired by vintage cars, old Hollywood vacation photographs from the 60s and 70s that want to jump into. Sports aesthetic from the 80s and 90s. find those visuals very juicy and they help me take that idea and make it into something wear-able for your day-to-day. For new collections, start with a bunch of fabric swatches and I lead with what I want to wear. My entire journey in fashion has been led by manipulating, and now designing, stuff that wan to wear, that I can’t find in stores. I’m good at looking at my personal wardrobe, and seeing what isn’t there already. When get dressed, can imagine the perfect exact shirt I want for that look, and now I have the tools to go make that exact thing. From there, start sewing. My samples are stronger if I do them, versus if I sketch something and have someone else make them. need to have the option while sewing to pivot, and gather the happy accidents that come from actually making things. Sometimes a fabric just doesn’t want to do something - and those parameters make for even better ideas than I first had. If you could choose any designer from the present or the past
that you would like to share the runway with, who would you choose and why?
Alessandro Michele. No hesitation and no question. He is the one designer who made me feel understood. think he’s playful and sophisticated, I think there’s a sense of humor and a strong sense of optimism to his work. feel like he and I share the same brain and want to live in the same world. I’ve never been star struck but if I ever had the chance to meet Alessandro Michele, I’d have to find words to express to him how much of an impact his time at Gucci had on my own work. think he and I both have a knack for using unconventional materials and colors and shapes. His work is so rich, I’d love to collaborate with him in any capacity one day.
What can we expect in the future from James Ford?
Expanding into more categories! started with suits - and fixing the formalwear problem for my community. But have so many more categories to conquer. Swimwear is a huge problem and definitely one that means a lot to me. So expect that in the near future, and footwear. Footwear is so annoying for me. have pretty small feet so I have a hard time finding mens shoes that fit. And women’s shapes that come in my size are always some cute version of menswear. There’s always metallic, or some weird ribbon somewhere that I can’t stand. I’m going to continue to use a lot of handmade elements to my collections and keep the volume small and focused. But I’d love to expand into the categories that people like me need!
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jamesdoinginsta rowenasocialclub www.rowenasocialclub.com
Meet PhoebeNewYork
by Cecil Servigon Artwork by PhoebeNewYork
Se vi siete mai aggirati per le strade di Manhattan, è probabile che abbiate intravisto una bambola di carta con uno squisito senso della moda e un atteggiamento giocoso. Se le sue frasi accattivanti vi hanno fatto sorridere, vi hanno rallegrato la giornata, beh, quella era sicuramente PhoebeNewYork.
Seriamente, smettete di aspettarvi la normalità da me
Phoebe prende vita direttamente dalla scrivania della sua creatrice, la street artist newyorkese Libby Schoettle. È nel suo studio nel West Village, tra pile di riviste vintage, ritagli, stampe pop art e libri che avviene la magia. Phoebe è l’alter ego di Libby e insieme hanno molto da raccontare, ma prima di tutto ispirano a rimanere fedeli a se stessi in un mondo che spesso richiede conformità.
Libby Schoettle, attraverso la sua tecnica unica di collage, ha dato a Phoebe una voce distintiva che risuona profondamente tra le persone, esteticamente ed emotivamente.
La storia di Phoebe potrebbe essere la storia di ogni persona che si trasferisce a Manhattan per la prima volta. Con il cuore spalancato e la testa piena di sogni, il suo viaggio è emozionante ed energico come la stessa New York.
Vale la pena trovare qualcosa di bello
L’idea di Phoebe è nata da una fotografia scattata a Parigi e da allora è stata il catalizzatore dell’artista, aiutandola ad affrontare la sua vulnerabilità e le sue emozioni crude. Le frasi di Phoebe, come “Non credere a tutto quello che pensi”, “FckCK That”, “Non è quello che succede, ma come lo gestisci”, “Concentrati sul prossimo passo”, “Il meglio deve ancora venire”, svelano momenti chiave della vita dell’artista e del suo viaggio. Il libro mostra come Phoebe si sia evoluta da un inaspettato strumento di auto-scoperta per comunicare con il mondo a un incantevole manifesto personale.
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Quando ho incontrato Libby per la prima volta, era sincera, genuina, diretta e questo è ciò che ha catturato la mia attenzione: dov’è la linea che separa Phoebe da Libby? “Penso a Phoebe come alla mia lingua. Io e Phoebe ci siamo l’una per l’altra. Phoebe mi aiuta a capire chi sono, cosa penso e come mi sento. Mi offre un modo molto divertente e libero di esprimere miei momenti più bui e quelli più gioiosi. Mi insegna a perseverare, ad avere fiducia in me stessa e a lasciare abbastanza spazio all’elemento sorpresa. Il mio ruolo nella vita di Phoebe è essenziale quanto il suo ruolo nella mia: “Se non la evoco, non prende vita”. Libby è un’artista molto prolifica e Phoebe è apparsa in migliaia di collage. Ha la capacità di scegliere gli abiti e gli accessori più belli e di combinarli con parole che parlano alla tua anima. Di conseguenza, ogni pezzo sembra una sorpresa speciale. “Tutti rappresentano qualcosa di diverso in me e sono tutti ugualmente importanti per me. È impossibile sceglierne uno solo. Ci sono ovviamente pezzi determinanti che danno inizio a un nuovo tema o stile, forniscono una nuova idea e stabiliscono un nuovo tono. In questo tipo di momenti “a-ha” della creazione artistica, faccio semplicemente quello che mi dice Phoebe, cioè andare avanti”.
Mai mollare
La street art ha una natura temporanea e può essere impe-
gnativa dal punto di vista creativo e logistico. Come sceglie i luoghi per Phoebe e in che modo l’ambiente circostante gioca un ruolo nel suo lavoro?
“Mi piace camminare per New York perché il paesaggio cambia continuamente e c’è sempre una nuova opportunità di trovare un posto per PhoebeNewYork sulla strada.
Mi piace pensare che si tratti di un caso fortuito, anche se ho sempre prestato attenzione e preso appunti ogni volta che mi sono imbattuta in buoni posti. Ho sempre cercato di collocarla in un ambiente a cui sembrasse appartenere o adattarsi, ma la mia speranza è che ci sia sempre un elemento di sorpresa ogni volta che qualcuno la vede. La natura mutevole della città e del suo ambiente attribuisce un valore speciale all’arte: oggi la si può vedere, ma forse domani non la si vedrà più”.
Cosa spera che la gente possa trarre dalle sue opere? Qual è il messaggio principale che vuole comunicare?
“Spero decisamente che Phoebe sia una potente comunicatrice e trovo che suoi messaggi fluiscano in modo molto organico, anche se lavoro molto duramente per ottenere tutti gli elementi dell’arte.
Credo che la mia arte, in fondo, riguardi l’interazione a livello emotivo e personale e lascio agli altri la possibilità di interpretare ogni opera in modo personale”.
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Non accontentatevi
Libby e Phoebe sono in piena attività! Dagli adesivi sulle strade di Manhattan, Philadelphia, Los Angeles, Londra e Berlino alle gallerie d’arte, alla mostra personale in un museo danese, alla collaborazione con Victoria Beckham, a un libro di collage in lavorazione e a una docuserie di prossima uscita con Canobie Films. Quale sarà il prossimo passo? Phoebe vuole tutto!
“È già stato un sogno essere arrivata fin qui! Ci sono così tante possibilità là fuori, e il mio sogno più grande è quello di continuare a evolvere la mia arte. Cerco sempre di andare più in profondità e di inventare diversi metodi di espressione artistica.
Vedere PhoebeNewYork in nuovi ambiti, compresi tutti gli aspetti della moda, è qualcosa a cui penso spesso. Ho pazienza e credo nella magia del tempismo”.
“Life, Try It”
If you have ever wandered the streets of Manhattan, chances are you may have caught a glimpse of a paper doll character with exquisite fashion sense and playful demeanor. If her catchy phrases put a smile on your face, lifted you up and made your day, well, that was most definitely PhoebeNewYork.
“Seriously, Stop Expecting Normal From Me”
Phoebe comes to life right from the desk of her creator, New York based street artist Libby Schoettle. It’s in her West Village studio, among piles of vintage magazines, clippings, pop art prints and books that the magic happens. Phoebe is Libby’s alter ego and together they have a lot to tell you, but first of all, they inspire you to stay true to yourself in a world that often demands conformity. Libby Schoettle, through her unique technique of collage, has given Phoebe a distinctive voice that deeply resonates with people, aesthetically and emotionally. Phoebe’s story may well be the story of every person moving to Manhattan for the first time. With a heart open wide and a head full of dreams, her journey is as exciting and energetic as New York City itself.
“Something Good Is Worth Finding”
The idea of Phoebe first sparked from a photograph taken in Paris, and it has since been the artist’s catalyst, helping her cope with her vulnerability and raw emotions. Phoebe’s phrases like “Don’t Believe Everything You Think”, “FckCK That”, “It’s Not What Happens, It’s How You Handle It”, “Focus On The Next Step”, “The Best iI Yet To Come”, unravel key moments in the artist’s life and her journey. It beautifully shows how Phoebe has evolved from an unexpected, self-discovery tool to communicate with the world, to an enchanting, empowering personal manifesto. When first met Libby, she was candid, genuine, straightforward and that’s what caught my attention: where is the line that separates Phoebe from Libby?
“I think of Phoebe as my language. Phoebe and I are there for each other. Phoebe helps me understand who am, what am thinking, and how feel. She provides a very fun and freeing way of
expressing my darkest and my most joyful moments. She teaches me how to persevere, have faith in myself, and leave enough room for the element of surprise to reveal itself. And my role in Phoebe’s life is just as essential as her role in mine: If I don’t conjure her, she doesn’t come alive.” Libby is quite a prolific artist and Phoebe has been featured in thousands of collages. She has the ability to choose the most ravishing outfits and accessories and combine them with words that speak to your soul. As a result, each piece feels like a special treat. “They all represent something different in me and they are all equally important to me. It’s impossible to pick just one. There are of course defining pieces that start a new theme or style, they provide a new idea and set a new tone. In those kinds of “a-ha” moments of artistic creation, just do what Phoebe tells me to, which is to Roll With It.”
“Never Quit”
CS: Street art has a temporary nature and can be challenging creatively and logistically. How do you choose the locations for Phoebe and how does the surrounding environment play a role in your work?
LS: I love walking around New York City because the landscape is constantly changing and there’s always a new opportunity to find a place for PhoebeNewYork on the street. like to think it’s serendipitous, although I have always paid attention and made mental notes whenever I’ve happened upon good spots. I always tried to place her in an environment where she seemed to belong or fit, and yet my hope is that there is always a surprise element whenever someone sees her. The ever-changing nature of the city and its environment places a special value on art: you can see her today but perhaps tomorrow you won’t.
CS: What do you hope people take away from your artwork? What is the main message you want to communicate?
LS: I definitely hope Phoebe is a powerful communicator and find that her messages flow very organically, although I work very hard to get all of the art’s elements right. I think my art, at its heart, is about interacting on an emotional and personal level and leave it up to others to interpret each piece in a way that is personal to them.
“Don’t Settle”
Libby and Phoebe are on a roll! From stickers on the streets of Manhattan, Philadelphia, Los Angeles, London and Berlin to art galleries, a personal museum exhibit in Denmark, a collaboration with Victoria Beckham, a collage book in the works, and a soon to be launched docuseries with Canobie Films. What could be next? Phoebe wants it all! “It’s already been a dream to have come this far! There are so many possibilities out there, and my biggest dream is to continue evolving my art. I am always trying to go deeper and to invent different methods of artistic expression. Seeing PhoebeNewYork in new realms, including all aspects of fashion, is something I think about often. have patience and believe in the magic of timing.”
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ART www.libbyschoettle.com
“I love walking around New York City because the landscape is constantly changing and there’s always a new opportunity to find a place for PhoebeNewYork on the street”
Dress SARA WONG Necklaces RADÀ
The sky’s the limit
The Hunger Games by Rick Dick Light catalyst
La Fama
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Portrait of a soul Daddy love teddy by David Wilson
fashion
LABO.ART
F/W 2023
The sky’s the limit
Blazer FRANCESCA COTTONE Shirt and skirt CELESTE PISENTI Necklaces and earrings SIMPLE RITUALS Choker and anklet RADÀ
Shoes FABIO RUSCONI
Photos by Angelo Lanza
Fashion by Luca Termine Artwork by RickDick
Dress crochet AVRIL 90
Dress feather ART DEALER Necklaces, earrings and anklet RADÀ Shoes FABIO RUSCONI
Jacket and skirt BABYLON T-shirt AVANT TOI Necklaces and bracelet RADÀ
Shoes MARIO VALENTINO
Jacket and shorts BLUE OF A KIND Long sweater AVANT TOI Short sweater SARA WONG Necklaces and earrings RADÀ
Sunglasses TARIAN
T-shirt CARNAZZA Sweater AVRIL 90 Dress APNOEA Necklaces and earrings SIMPLE RITUALS Choker RADÀ Shoes PALLADIUM Top AVRIL 90 Shirt and trousers PT TORINO Necklaces and earrings RADÀ Sunglasses MIU MIU
Dress SARA WONG Necklaces RADÀ Shoes STEVE MADDEN
Blazer HANITA Body AVRIL 90 Skirt PT TORINO Necklaces RADÀ Earrings SIMPLE RITUALS Shoes ZARA
Kimono and shorts HUI MILANO Top BALESTRA Necklaces and earrings SIMPLE RITUALS Sunglasses TIFFANY Shoes CATWALK
Blazer JOHN RICHMOND
Dress BARTOLOTTA E MARTORANA
Necklaces, anklet and headband RADÀ
Shoes STEVE MADDEN
Photos by Angelo Lanza
Fashion by Luca Termine
Artwork by RickDick
Make-up and Hair: Giorgia Prini @MKS Milano
Photo assistant: Yadier Castro Piedra
Styling assistants: Vittoria Macrì and Sofia Ruzzon
Model: Ewa Stanosz @MonsterModelsMilano
The Hunger Games
Non avrete mai occasione di incontrare questi modelli per strada o trovare questi abiti e accessori moda in negozio. E non perché il mondo della moda qui rappresentato sia particolarmente esclusivo e voi non ne siate all’altezza. Semplicemente perché questi servizi sono stati generati da un’intelligenza artificiale. Ci piace sbirciare il futuro e lasciarci stupire.
You will never meet these models on the street or find these fashionable clothes and accessories in the shop. And not because the fashion world represented here is particularly exclusive and you are not up to it. Simply because these services were generated by artificial intelligence. We like to peek into the future and be amazed.
Artwork by RickDick
RickDick
Surreal or real?
ome è nata la tua passione per l’arte?
La mia passione per l’arte è nata molto presto, dalla mia curiosità e dal mio desiderio di esprimere la mia creatività. L’arte mi ha permesso di scoprire un mondo fatto di bellezza e di emozioni, di comprendere meglio me stesso e gli altri, e di comunicare in modo profondo e autentico. Fin da piccolo, mi sono sempre divertito a disegnare e dipingere, utilizzando ogni tipo di materiale e strumento a mia disposizione. Ricordo ancora le ore passate a colorare disegni, a creare collage o a modellare il DAS per creare sculture. Con il passare degli anni, ho cominciato a visitare musei e gallerie d’arte, scoprendo così l’enorme varietà di stili e tecniche che caratterizzano l’espressione artistica in tutte le sue forme.
Queste esperienze mi hanno fatto capire che l’arte è molto più di un semplice passatempo o un’attività creativa, ma un modo di esprimere emozioni, pensieri e idee attraverso la bellezza. Ho imparato a guardare dipinti, le sculture e le opere con occhi diversi, cercando di cogliere il messaggio nascosto dietro ognuna di esse. Ho cominciato a studiare la storia dell’arte e a collezionare libri, cercando di approfondire la mia conoscenza e di comprendere meglio questo meraviglioso mondo.
Da cosa prendi ispirazione? Hai delle muse?
Quando si tratta di creare collage o meme di moda, la mia fonte di ispirazione principale è la notizia d’attualità. Non ho muse in senso tradizionale, ma trovo che ciò che accade nel mondo ogni giorno sia una fonte inesauribile di idee e di spunti per creare contenuti originali e interessanti.
Seguo costantemente le ultime tendenze in fatto di moda e di stile, ma mi interessa anche comprendere le sfide e le questioni che il mondo sta affrontando ogni giorno. Sono particolarmente attento alle notizie legate alla cultura pop, alla politica, alla tecnologia e alle questioni sociali, poiché queste sono le tematiche che spesso influenzano il mondo della moda.
Ad esempio, quando una celebrità indossa un abito stravagante o fa una dichiarazione pubblica che fa scalpore, mi piace creare un artwork, rielaborando l’evento in modo originale e divertente. Credo molto, quindi nella creazione di contenuti attuali, che possano essere apprezzati da un vasto pubblico e che possano essere ricondivisi sui social media. La mia musa, quindi, non è una persona o un’idea specifica, ma piuttosto la realtà che mi circonda e gli eventi che accadono ogni giorno.
Come nasce una tuo lavoro? Ci puoi raccontare qualche dettaglio del tuo processo creativo?
Quando creo un artwork, il mio processo creativo segue alcuni passaggi chiave che mi aiutano a ottenere un risultato originale e di impatto. Innanzitutto, parto da un’idea divertente e attuale che ha catturato la mia attenzione. Una volta individuata l’idea, procedo alla selezione di immagini e di elementi grafici che possano supportare il messaggio che voglio trasmettere. Mi piace utilizzare immagini di modelli, celebrità, o fashion item che siano rilevanti per la tematica scelta, e di elementi grafici che possano valorizzare il tutto. Successivamente, procedo alla creazione dell’opera vera e propria, utilizzando software di editing grafico e recentemente anche l’intelligenza artificiale (text to image). Qui, mi concentro sulla scelta dei colori e del layout che possano rendere il meme o il collage accattivante e facilmente comprensibile. Una volta completato, procedo alla sua diffusione sui social media, utilizzando giusti hashtag e taggando le persone o le aziende che potrebbero essere interessate al contenuto. Infine, mi piace monitorare le reazioni dei miei follower e degli utenti sui social media, per capire se ha avuto successo e quale è stato il suo impatto.
Che rapporto hai con la moda?
La moda rappresenta una grande passione, ma nulla di troppo concreto. Sono circa 10 anni che seguo il mondo della moda e dei trend, ma non ho mai avuto l’opportunità di sviluppare questa passione in modo professionale.
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Ho sempre guardato con ammirazione grandi nomi della moda, gli stilisti e le maison che hanno creato capi unici e iconici. Amo frequentare negozi, guardare le sfilate e visitare mostre retrospettive di designer storici. Tuttavia, non ho mai perso la speranza di poter un giorno collaborare con un brand, perché no, con piedi per terra, ovvio, avvicinandomi a poco a poco, condividendo la mia passione sui social media, sempre alla ricerca di nuovi modi per esprimere la mia creatività. Sono sempre alla ricerca di opportunità nuove sviluppando la mia conoscenza e la mia esperienza nel settore, consapevole che la strada per raggiungere il mio obiettivo potrebbe essere lunga, ma che la passione che nutro mi darà la forza di perseguirla, se non altro, ancora per un po’.
Qual è il tuo prossimo progetto?
Attualmente non ho un progetto ben definito per il mio prossimo lavoro creativo, ma sto lavorando per unire l’intelligenza artificiale e i meme di moda (che rappresentano uno dei miei punti di forza).
Mi interessa molto esplorare le possibilità offerte dalla tecnologia e dall’intelligenza artificiale per la creazione di contenuti originali e innovativi. Credo che l’uso dell’intelligenza artificiale possa aprire nuovi orizzonti per la creazione di artwork, dando vita a contenuti sempre più sorprendenti.
Il mio obiettivo è quello di sfruttare le potenzialità dell’intelligenza artificiale per creare meme che siano in grado di interpretare e far riflettere sulle tendenze del momento, con una forte attenzione alla qualità e alla creatività. Cerco di utilizzare al meglio le mie competenze e la mia conoscenza del settore, al fine di creare contenuti impattanti, o almeno ironici. Tuttavia, questo progetto è ancora in fase di sviluppo e sto ancora lavorando per perfezionare la mia idea e per capire come posso integrare l’intelligenza artificiale in modo efficace. Sto studiando le diverse tecnologie disponibili e sto esplorando nuove opportunità per creare contenuti di alta qualità.
Sono convinto che l’unione tra l’intelligenza artificiale e meme possa aprire nuovi orizzonti creativi e rappresentare un passo importante per il futuro della grafica e della pubblicità. Sono entusiasta di vedere dove mi porterà questo mio “progetto” e sono determinato a continuare a lavorare per spingermi ancora oltre.
How did your passion for art come about?
My passion for art was born very early, from my curiosity and my desire to express my creativity. Art allowed me to discover a world of beauty and emotions, to better understand myself and others, and to communicate in a deep and authentic way. Since childhood, I have always enjoyed drawing and painting, using all kinds of materials and tools at my disposal. I still remember hours spent coloring drawings, creating collages or molding DAS to create sculptures. As the years passed, I began to visit museums and art galleries, thus discovering the enormous variety of styles and techniques that characterize art in all its forms. These experiences made me realize that art is more than just a pastime or creative activity, but a way of expressing emotions, thoughts and ideas through beauty. I learned to look at paintings, sculptures and works of art with different eyes, trying to grasp the hidden message behind each one. started studying art history and collecting books, trying to deepen my knowledge and better understand this wonderful world.
What do you take inspiration from? Do you have muses?
When it comes to creating collages or fashion memes, my main source of inspiration is the daily news. don’t have muses in the traditional sense, but find that what happens in the world every day is an endless source of ideas and inspiration for creating original and interesting content. I constantly follow the latest trends in fashion and style, but am also interested in understanding the
challenges and issues the world is facing every day. I pay particular attention to news related to pop culture, politics, technology, and social issues, as these are the issues that often influence the fashion world. For example, when a celebrity wears an extravagant outfit or makes a public statement that causes a stir, I like to create artwork, reworking the event in an original and fun way. am a big believer , therefore, in creating topical content that can be enjoyed by a wide audience and that can be re-shared on social media. My muse, therefore, is not a specific person or idea, but rather the reality around me and the events that happen every day.
How does one of your works come about? Can you tell us some details about your creative process?
When create artwork, my creative process follows a few key steps that help me achieve an original and impactful result.
First, start with a fun and topical idea that has caught my attention. Once the idea is identified, proceed to select images and graphic elements that can support the message I want to convey. like to use images of models, celebrities, or fashion items that are relevant to the chosen theme, and graphic elements that can enhance it. Next, proceed to create the actual artwork, using graphic editing software and recently also artificial intelligence (text to image). Here, focus on choosing colors and layout that can make the meme or collage eye-catching and easily understandable. Once completed, I proceed to disseminate it on social media, using the right hashtags and tagging people or companies that might be interested in the content.
Finally, I like to monitor the reactions of my followers and users on social media to see if it was successful and what its impact was.
What is your relationship with fashion?
Fashion represents a great passion, but nothing too concrete. I have been following the world of fashion and trends for about 10 years, but have never had the opportunity to develop this passion professionally. have always looked up to the big names in fashion,
the designers and maisons that have created unique and iconic garments. love visiting stores, watching fashion shows, and visiting retrospective exhibitions of historic designers. However, I have never lost hope that one day will be able to collaborate with a brand, why not, with my feet on the ground, of course, approaching it little by little, sharing my passion on social media, always looking for new ways to express my creativity. I am always looking for new opportunities by developing my knowledge and experience in the field, aware that the road to reach my goal might be long, but that the passion I have will give me the strength to pursue it, if nothing else, for a while longer.
What is your next project?
Currently don’t have a definite plan for my next creative work, but I am working on combining artificial intelligence and fashion memes (which is one of my strengths).
I am very interested in exploring the possibilities of technology and artificial intelligence for creating original and innovative content. believe that the use of artificial intelligence can open new horizons for the creation of artwork, resulting in increasingly creative and surprising content. My goal is to harness the potential of artificial intelligence to create memes that are able to interpret and make people think about current trends, with a strong focus on quality and creativity. I try to make the best use of my skills and knowledge of the field in order to create impactful, or at least ironic, content. However, this project is still in the development phase, and am still working on refining my idea and figuring out how I can integrate artificial intelligence effectively. am studying the different technologies available and exploring new opportunities to create high-quality content.
I am convinced that the combination of artificial intelligence and memes can open up new creative horizons and be an important step for the future of graphic design and advertising. am excited to see where this “project” of mine will take me, and I am determined to keep working to push myself even further.
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ART
“I constantly follow the latest trends in fashion and style, but I am also interested in understanding the challenges and issues the world is facing every day”
“My goal is to harness the potential of artificial intelligence to create memes that are able to interpret and make people think about current trends, with a strong focus on quality and creativity”
Light catalyst
Photos by Angelo Lanza Fashion by Luca Termine
Dress ADELBEL
Choker and bracelet LAB ACCIDENT
Sunglasses DOLCE&GABBANA Shoes UGG
Dress FLAVIA MARDI Leather accessories LAB ACCIDENT Sunglasses ARMANI Shoes SCARPA Dress ELSI COUTURE Choker and bracelet LAB ACCIDENT Shoes SCARPA
Dress JOHN RICHMOND Choker LAB ACCIDENT
Sunglasses POP’S Shoes VAGABOND
Dress JOHN RICHMOND Choker LAB ACCIDENT
Sunglasses POP’S Shoes VAGABOND
Dress and gloves ANNAKIKI Leather accessories LAB ACCIDENT Jacket SHAMIR KERZABI CREATION Corset e choker LAB ACCIDENT Culottes WOLFORD
Gilet and trousers KRIZIA Leather accessories LAB ACCIDENT Hat CLAUDIA BERTOLERO
Photos by Angelo Lanza - Fashion by Luca Termine Make-up and Hair: Giorgia Prini @MKS Milano
Photo assistant: Yadier Castro Piedra - Styling assistants: Vittoria Macrì and Sofia Ruzzon Model: Hyejin Park @MonsterModelsMilano Thanks to LUMINA for the lamps
Dress FLAVIA MARDI Mask, bra and bracelet LAB ACCIDENT Shoes PALLADIUM
Corset and trousers NAMILIA
Gloves ANNA SALVIGNI Necklace RADÀ
La Fama
Photos by Giorgia Spina
Styling by Antonio Musto
Jacket NAMILIA
Top FLAVIA MARDI
Mini skirt ADELBEL
Necklace RADÀ
Bag LUCIANO PADOVAN Shoes LORIBLU
Total Look NAMILIA Bag CUOIO DI TOSCANA Earrings RADÀ Shoes LORIBLU
Jacket
COLLINI Dress NAMILIA
Sunglasses JPLUS
Top and jacket COLLINI Trousers GRK by Grinkoi
Bracelet ERICA BASSI JEWELSI Pin RADÀ
Total Look GOI Rings ERICA BASSI JEWELS
Shoes GIUSEPPE ZANOTTI
Jacket NAMILIA Body GERLANDO Necklace RADÀ Corset ABSIDEM Sunglasses KYME
Photos by Giorgia Spina Styling by Antonio Musto
Make-up: Giulia Cannizzaro
Model: Violetta Estremskaya @26ModelsMilano
Dress NAMILIA Sunglasses JPLUS Choker ABSIDEM Shoes GIUSEPPE ZANOTTI
Daddy love teddy
Questo servizio è stato generato da un’Intelligenza Artificiale. This editorial was generated by an Artificial Intelligence.
Artwork by David Wilson
This is David Wilson
RetroFuturistDaddies
ome è nata la sua passione per l’AI art?
Ho una carriera come regista di spot pubblicitari e video musicali. Ho un contratto con una società di produzione chiamata Riff Raff, con sede a Londra. Uno degli altri registi, Hugh Mulhern @newirelandincolour, ha iniziato a giocare con MidJourney (il generatore di AI art) nell’autunno del 2022. Sono rimasto a bocca aperta per le immagini che riusciva a ottenere. Così, ho iniziato a giocare con la generazione di IA come esperimento ludico durante le vacanze di Natale... il risultato è stato che non ho dormito molto durante le vacanze perché mi sono appassionato tantissimo! Ciò che ho creato in quelle notti interminabili ha gettato le basi di “RetroFuturistDaddies”. Le immagini che creo su RetroFuturistDaddies non hanno una profonda risonanza artistica per me, se non quella di indicare una possibile direzione futura per il mio lavoro nella vita reale... Tuttavia, la capacità dell’IA di essere un più sorprendente e articolato “moodboard” cambia completamente le carte in tavola quando si tratta di proporre un lavoro.
Cosa la ispira? Ha delle muse?
Ho molte muse. Attualmente mi trovo a Los Angeles per l’inverno. Mentre sono qui, sono stato molto attratto dalla Tom of Finland Foundation / Tom’s House. miei amici (Florian Hetz e Konstantinos Menelaou) sono gli artisti “resident” al momento, e vado a vedere le loro sessioni di disegno dal vero. C’è un’energia specifica. È potente. L’energia della casa, della storia, la realizzazione di lavori erotici e queer, permea la direzione verso cui si muove il mio lavoro. La casa mi parla. Mi mostra che, sebbene di nicchia, il lavoro erotico queer è vitale per il nostro ecosistema di esseri umani.
Come nasce il suo lavoro? Può raccontarci qualche dettaglio del suo processo creativo?
Le mie opere di IA nascono da una serie di concetti; in primo luogo volevo creare un mondo in cui gli uomini gay non venissero mai svergognati, come se le religioni monoteiste non fossero mai esistite. In questo mondo “papà di pelle” potrebbero avere un giorno di parata come la Macy’s Day Parade, avere centri com-
merciali, essere celebrati dal mondo in generale. Il “papà” sarebbe stato un’immagine familiare come le immagini di una calda figura matriarcale a volte usate per pubblicizzare ristoranti e caffè casalinghi in America. Le immagini si sono poi evolute nell’esplorazione della semiotica “morbida” e “dura” della figura maschile gay. I papà raffigurati sulla pagina sono forti, ma hanno una certa morbidezza (spesso tengono in mano degli orsacchiotti o abbracciano un personaggio simile a un muppet). C’è qualcosa nell’immaginario dei RetroFuturistDaddies che si inserisce in questo punto debole in cui hanno una forza maschile sicura e binaria. Sono forti, ma teneri.
Credo che sia questo il motivo per cui il progetto ha risonanza con così tante persone.
Che rapporto ha con la moda?
Amo la moda. Amo il modo in cui può permettere alle persone di indossare la propria anima. Amo il modo in cui può cambiare la tua realtà vissuta. Se indossi un certo capo di abbigliamento, le persone ti rispondono in modo diverso.
È ancora la nostra principale forma di comunicazione agli altri, della sottocultura in cui ci identifichiamo. La moda è un comunicatore.
E quando lo stile di una persona è autentico per lei... è una magia.
È raro da trovare. Ma quando qualcuno “dipinge” con vestiti, è ipnotico. Londra è un vero e proprio centro di questi maestri unici del vestire. Sono fasci di luce.
Qual è il suo prossimo progetto?
Attualmente sto lavorando con una band non firmata chiamata MASSTOR. membri della band sono creazioni di fantasia. Ci saranno 3-4 membri, tutti realizzati con più incredibili costumi da “mostri” binari. Pensate a grandi muscoli, He-Man, energia queer.
Non sono stato così ispirato da un progetto personale da quando ho realizzato il mio cortometraggio “Deep Clean” (una collaborazione con l’artista performativo Harry Clayton-Wright, 2019).
È una vera e propria iniezione di vitalità post-pandemia...
Siamo tornati!
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How was your passion for AI art born? have a career as a commercials and music video director. I’m signed to a production company called Riff Raff, which is based in London. One of the other directors there; Hugh Mulhern @newirelandincolour , started playing with MidJourney (the AI art generator) in the Autumn of 2022. My mind was blown with the images he was achieving. So, started playing with AI generation as a playful experiment over the Christmas break… it resulted in me not getting much sleep during the holidays because I got VERY into it! What created over those late nights laid the foundations of ‘RetroFuturistDaddies’. The images I’m creating on RetroFuturistDaddies don’t have deep artistic resonance for me, other than pointing in a possible future direction for my IRL work… However, the ability for AI to be the most amazing and articulate ‘moodboard’ is a complete game-changer when it comes to pitching work.
What inspires you? Does you have any muses? have many muses. I’m currently in Los Angeles for winter. Whilst here I have been very drawn to the Tom of Finland Foundation / Tom’s House. My friends (Florian Hetz and Konstantinos Menelaou) are the artists in residence there at the moment, and I also visit for their life drawing sessions. It’s got a specific energy. It’s powerful. The energy of the house and the history validates making erotic, queer work. It validates where my work is moving towards. The house speaks to me. It shows me that, although niche, queer erotic work is vital our eco-system as humans.
How is your work born? Can you tell us some details about your creative process?
My AI artwork comes from a variety of concepts; primarily I wanted to fabricate a world where gay men were never shamed; as if the Monotheistic religions never existed. In this world ‘Leather Daddies’ could have a parade day like Ma-
cy’s Day Parade, have shopping malls; be celebrated by the world at-large. The ‘Daddy’ would be just as homely-an-image as the images of a warm matriarchal figure sometimes used to advertise homely restaurants and cafes in America.
The images then evolved into the exploration of ‘soft’ and ‘hard’ semiotics of the gay male figure. The Daddies depicted on the page are strong, but carry a softness (often holding teddy bears, or hugging a muppet-like character). There’s something about the imagery of the RetroFuturistDaddies is really tapping into this sweet spot where they have a safe, binary, masculine strength. They’re strong, but cuddly. I think that’s why it’s resonating with so many people.
What relationship do you have with fashion?
I love fashion. love how it can allow people to wear their soul on the outside of their skin. I love how it can change your lived reality. Wear a certain item of clothing and people respond to you differently. It is still our main form of communication to others about the subculture we identify with. Fashion is a communicator. And when someone’s style is authentic to them… it’s magic. It’s rare to find. But when someone ‘paints’ with clothes; it’s mesmerising. London is a real hub of those unique masters of how to dress. They’re beams of light.
What is your next project?
I’m currently working with an unsigned band called MASSTOR. The band’s members are fictional creations. There will be 3-4 members all made of the most incredible, high-binary ‘monsters’ costumes. Think big muscles, He-Man, queer energy. haven’t been this inspired by a personal project since making my short film ‘Deep Clean’ (a collaboration with performance artist Harry Clayton-Wright, 2019).
It’s a real boost of post-pandemic vitality!… We’re BACK!
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“There’s something about the imagery of the RetroFuturistDaddies is really tapping into this sweet spot where they have a safe, binary, masculine strength”
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Man F/W 2023/24
BALENCIAGA
runway
Woman/
Milan/Paris/London
Woman/Man F/W 2023/24
alle Fashion Week autunno inverno 2023-24 sfilano scarpe e borse dalle forme insolite e dai materiali eyecatching capaci di stupire. Feticci femminili per eccellenza, sono capaci di dare un appeal tutto nuovo anche al piu semplice degli outfit. E a volte assomigliano quasi a delle opere d’arte grazie a dettagli preziosi e silhouette scultoree. Riappare la ballerina, ma non in chiave romantica. Punta su decorazioni effetto origami e su colori inconsueti.
At Fashion Weeks fall winter 2023-24, shoes and bags with unusual shapes and eye- catching materials capable of stunning. Feminine fetishes par excellence, they are capable of giving a whole new appeal to even the simplest of outfits. And sometimes they almost resemble works of art thanks to precious details and sculptural silhouettes. Reappear the ballerina, but not in a romantic key. Aim for origami-effect decorations and unusual colors.
MILAN - PARIS - LONDON LONDON
MILAN
BOTTEGA VENETA
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BALLY
104 RUNWAY
DIESEL
THOM BROWNE
RUNWAY 107
MILAN
GUCCI FERRAGAMO
GIORGIO ARMANI
106 RUNWAY
BOSS
MILAN
MOSCHINO
RUNWAY 109
MILAN
MAX MARA
PHILIPP PLEIN
MILAN 108 RUNWAY
PRADA
MM6 MAISON MARGIELA
FENDI MISSONI
RUNWAY 111
CHANEL
DIOR
PARIS
110 RUNWAY
CHLOé
ACNE STUDIOS
BALMAIN
PARIS BALENCIAGA
PARIS
RUNWAY 113
LOUIS VUITTON
LOEWE
112 RUNWAY
MUGLER
GIVENCHY PARIS
HERMÈS
LANVIN
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VALENTINO
RICK OWENS
PARIS
RUNWAY
SAINT LAURENT
PALM ANGELS
STELLA McCARTNEY
PARIS
PIERRE CARDIN
Craving for Peanuts
by Claudio Leone
LUNATIQUE
IL CAPPELLO SOSTENIBILMENTE “COMPOSTO”
Sostenibilità, made in Italy e stile dotato di carattere, questi diktat di Margherita Catalano, anima creativa di Lunatique (@ lunatiquehats). Nato nel 2020, il brand piemontese produce cappelli artigianali dalle colorazioni accese e dai ricami eclettici per un minimal chic che colpisce non solo per la qualità e la cura dei dettagli, ma anche per la scelta dei materiali di origine naturale ed eco-compatibile - o rielaborato per fustelle upcycling – all’insegna di una produzione totalmente consapevole. Must Have il cappello personalizzato “composto” sul website tra scelte di base, bandane, catenine, ricami e piercing.
THE SUSTAINABLY “COMPOSED” HAT
Sustainability, made in Italy and style endowed with character, these are the diktats of Margherita Catalano, creative soul of Lunatique (@lunatiquehats). Born in 2020, the Piedmontese brand produces handcrafted hats with bright colors and eclectic embroidery for a minimal chic that is striking not only for its quality and attention to detail, but also for its choice of materials of natural and eco-friendly origin-or reworked by upcycling die-cuts-under the banner of totally conscious production. Must Have the custom hat “composed” on the website among basic choices, bandanas, chains, embroidery and piercings.
MANUEL BOZZI
I’M ELVIS, THE KING OF ROCK’N’ROLL
Un rock’n’roll di oro bianco e giallo 18K con pavé di diamanti bianchi e spinelli neri quello “suonato” da Manuel Bozzi per la realizzazione dello speciale anello limited edition dedicato ad Elvis Presley.
A ridosso del 25esimo anniversario della scomparsa della star mondiale, il brand toscano si esibisce in un vero e proprio esercizio di stile che tiene accesi riflettori sul “Re del Rock’n’Roll” in un tripudio di luce e ricchezza frutti della migliore artigianalità orafa toscana, perfetta espressione del Made in Italy nel mondo.
I’M ELVIS, THE KING OF ROCK’N’ROLL
A rock’n’roll of 18K white and yellow gold paved with white diamonds and black spinels the one “played” by Manuel Bozzi for the creation of the special limited edition ring dedicated to Elvis Presley. On the heels of the 25th anniversary of the death of the world star, the Tuscan brand performs a true exercise in style that keeps the spotlight on the “King of Rock’n’Roll” in a riot of light and richness fruits of the best Tuscan goldsmith craftsmanship, the perfect expression of Made in Italy in the world.
AGGLOMERATI CONOSCI, POSSIEDI, TRASFORMA
Da un’indagine introspettiva alla ricerca dei personaggi che animano la mente di ognuno nasce il brand Agglomerati (@_agglomerati_) frutto dell’estro creativo del veneto Francesco Casarotto. Dapprima maschere fatte a mano poi completate con capi che le enfatizzano per una capsule collection di personaggi - agglomerati - realizzati con materiali accumulati in un singolare percorso artistico sfociato in una performance live in occasione dell’ultima Milan Fashion Week. Uno spazio chiuso, un ballerino solista del Teatro alla Scala (Narvin Turnbull) e l’interpretazione della metafora della mente umana pervasa da paure, riflessioni, e soprattutto dal disordine di pensieri per loro natura frammentari. Un’inquietudine che si traduce quindi in un’estetica grottesca, usata come catarsi psicologica e come manifestazione delle proprie paure e difficoltà inconsce.
KNOW, OWN, TRANSFORM
From an introspective investigation in search of the characters that animate everyone’s mind was born the brand Agglomerati (@_agglomerati_) fruit of the creative flair of Francesco Casarotto from Veneto. At first handmade masks then com pleted with garments that emphasize them for a capsule collection of characters - agglomerates - made from materials accumulated in a singular artistic journey that resulted in a live performance at the last Milan Fashion Week. An enclosed space, a solo dancer from the Teatro alla Scala (Narvin Turnbull) and the interpretation of the metaphor of the human mind pervaded by fears, reflections, and above all by the disorder of thoughts by their nature fragmentary. A restlessness that is thus translated into a grotesque aesthetic, used as psychological catharsis and as a manifestation of one’s unconscious fears and difficulties.
WEGAN
FASHION BDSM
Il mondo BDSM come accessorio moda? Perchè no! Nel presente e nel futuro “pensati liber*”! Ideato dal giovanissimo creativo italiano Luca Wegan con la collaborazione del francese Nicolas Bourgeaillat, il brand Wegan (@wegan_official) parte da una visione contemporanea del mondo fetish e BSDM per rivisitarlo in modo innovativo attraverso creazioni handmade in PVC - materiale flessibile, resistente e funzionale - realizzate nel laboratorio toscano in Versilia. Borchie, fibbie ed anelli tipicamente fetish e BSDM sono assemblati in classico nero, ma anche in alternative varianti super pop/fluo in giallo, fuxia, rosso, per accessori eccentrici - ora più semplici ora più elaborati - come harness, polsini, chocker, porta oggetti, persino orecchini a forma di pene con borchie.
FASHION BDSM
The BDSM world as a fashion accessory? Why not! In the present and future “think liber*”! Conceived by the very young Italian creative Luca Wegan with the collaboration of Frenchman Nicolas Bourgeaillat, the brand Wegan (@wegan_official) starts from a contemporary vision of the fetish and BSDM world to revisit it in an innovative way through handmade creations made of PVC - a flexible, resistant and functional material - made in the Tuscan workshop in Versilia. Studs, buckles and rings typically found in fetish and BSDM are assembled in classic black, but also in alternative super pop/fluo variants in yellow, fuchsia, red, for eccentric accessories - now simpler now more elaborate - such as harnesses, cuffs, chockers, object holders, even studded penis earrings.
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DEEPA GURNANI
FATTI A MANO PER DURARE
Non è solo Utopia ma una sorta di mondo perfetto, una favola dove il “fatto a mano per durare” è realtà. Così il brand Deepa Gurnani (@deepagurnani), singolare linea di gioielli ed accessori interamente ricamati a mano, realizza con intricate tecniche artigianali e design contemporanei. una collezione dall’aura volutamente celestiale e stravagante dove fiori fondono bellezza, magia ed amore. Nato dal matrimonio artistico e sentimentale tra designer Deepa Gurnani e Jay Lakhani - esperienze pregresse in Alexander McQueen, Emanuel Ungaro e Fendi per lei; Tiffany e Bvlgari per luiil brand si distingue per una singolare abilità nell’arte del ricamo ove ogni punto è un omaggio al patrimonio culturale ed artistico dell’India. Una singolarità che ha portato DEEPA GURNANI ad essere presente oggi in oltre 100 luxury stores come Bergdorf, Nordstrom, e Saks Fifth Avenue, etc…
HANDMADE TO LAST
It is not just Utopia but a kind of perfect world, a fairy tale where “handmade to last” is a reality. This is how the brand Deepa Gurnani (@ deepagurnani), a singular line of entirely hand-embroidered jewelry and accessories, creates with intricate craft techniques and contemporary designs. a collection with an intentionally celestial and extravagant aura where flowers blend beauty, magic and love. Born from the artistic and sentimental marriage between designers Deepa Gurnani and Jay Lakhani-previous experience at Alexander McQueen, Emanuel Ungaro and Fendi for her; Tiffany and Bvlgari for him-the brand is distinguished by a singular skill in the art of embroidery where each stitch is a tribute to India’s cultural and artistic heritage. A singularity that has led DEEPA GURNANI to be present today in over 100 luxury stores such as Bergdorf’s, Nordstrom, and Saks Fifth Avenue, etc.
DREAMING ELI DALLA SICILIA A LONDRA PASSANDO PER LOS ANGELES
Provocante, sexy, emancipata, decisamente cool e super chic: è la donna di Elisa Trombatore, designer ventottenne di origini siciliane. Una laurea in moda alla NABA di Milano ed un Master di specializzazione alla Central Saint Martins di Londra - città che l’ha poi adottata - Elisa dal 2021 è fondatrice e direttrice creativa di Dreaming Eli (@dreaming_eli) brand emergente con sede nel Regno Unito. Corsetti, guêpière, bustini, lacci, drappeggi, trasparenze, un design grintoso che ha lo scopo di dimostrare il potere, il pericolo e la bellezza della contraddizione insita nella femminilità. Ogni dettaglio è sostenibile e completamente realizzato a mano, come tessuti, invecchiati e drappeggiati artigianalmente per pezzi unici e irriproducibili, come l’ultimo outfit iconico del brand, un custom look indossato da Rita Ora in occasione dell’ultimo Pre-Oscar 2023 party a Los Angeles.
FROM SICILY TO LONDON VIA LOS ANGELES
Provocative, sexy, emancipated, definitely cool and super chic: this is the woman of Elisa Trombatore, 28-year-old designer of Sicilian origins. A fashion degree from NABA in Milan and a master’s degree from Central Saint Martins in London - the city that later adopted her - Elisa has been the founder and creative director of Dreaming Eli (@dreaming_eli) an emerging brand based in the United Kingdom since 2021. Corsets, guêpières, bustiers, laces, draping, transparencies, gritty designs that aim to demonstrate the power, danger and beauty of the contradiction inherent in femininity. Every detail is sustainable and completely handmade, such as the fabrics, aged and draped by hand for unique and irreproducible pieces, like the brand’s latest iconic outfit, a custom look worn by Rita Ora at the last Pre-Oscar 2023 party in Los Angeles.
WINDOWSEN
POST-HUMAN INCLUSIVITY
Un mondo futuristico post-umano totalmente inclusivo dove le norme vengono cancellate e le tradizioni scardinate quello di Windowsen (@windowsen). Base operativa a Shanghai, il brand cinese lanciato nel 2018 dal designer Sensen Lii ha sviluppato diverse linee, dallo sporty-tech-couture al ready-to-wear fino alla linea di sneaker estreme, tutto oltre i confini…anche di genere.
Un mondo spaziale quello di Windowsen il cui nome stesso deriva dalla fusione tra quello del designer ed il sistema operativo Windows, come a simboleggiare quella “finestra” dalla quale il creativo materializza il ponte tra la realtà ed suoi cosmi ultraterreni.
POST-HUMAN INCLUSIVITY
A futuristic post-human totally inclusive world where norms are erased and traditions unhinged that of Windowsen (@windowsen).
Based operationally in Shanghai, the Chinese brand launched in 2018 by designer Sensen Lii has developed several lines, from sporty-tech-couture to ready-to-wear to extreme sneaker lines, all across boundaries...even gender boundaries.
A spatial world that of Windowsen whose very name comes from the fusion between that of the designer and the Windows operating system, as if to symbolize that “window” from which the creative materializes the bridge between reality and its otherworldly cosmos.
CALLA
UNICITÀ E SOSTENIBILITÀ BERBERA
Il riciclaggio dei tessuti ed il sostegno all’artigianato tradizionale sono due temi chiave dei progetti di design sostenibile “The Boucharouite Project” di Calla Haynes. Tra queste iniziative della designer parigina spicca Calla (@callaparis), una linea di babouches in limited edition realizzate nel souk di Marrakesh utilizzando tappeti berberi vintage (essi stessi realizzati con filati e tessuti riciclati) che tende a sostenere l’operatività degli artigiani locali marocchini e le loro tradizioni. Disponibili in una moltitudine di colori e trame, totalmente genderless, ogni paio di babouche è fatto a mano ed unico nel suo genere poiché realizzato da un solo tappeto quindi dotato dello stesso motivo ma con una posizione leggermente diversa.
BERBER UNIQUENESS AND SUSTAINABILITY
Recycling textiles and supporting traditional craftsmanship are the two key themes of Calla Haynes’ “The Boucharouite Project” sustainable design projects. Prominent among these initiatives by the Parisian designer is Calla (@callaparis), a line of limited-edition babouches made in the souks of Marrakesh using vintage Berber rugs (themselves made from recycled yarns and fabrics) that tends to support the operations of local Moroccan artisans and their traditions. Available in a multitude of colors and textures, totally genderless, each pair of babouches is handmade and unique as it is made from a single rug therefore featuring the same pattern but with a slightly different position.
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PEANUTS
Napoli, Amalfi coast
by Roberto De Rosa
Ho preso un volo su Napoli, noleggiato un auto e ho raggiunto il Borgo Sant’Andrea Hotel dove ho soggiornato per qualche giorno.
È un gioiello del design che combina perfettamente l’eleganza del passato con le comodità moderne. Situato in una posizione panoramica sulla costa amalfitana, questo hotel offre ai suoi ospiti una vista mozzafiato sul mare e sulle colline circostanti.
E’ caratterizzato da un mix di stili architettonici, che creano un’atmosfera unica ed accogliente. Gli interni sono stati progettati con grande attenzione ai dettagli, utilizzando materiali di alta qualità come il marmo, la pietra e il legno.
In sintesi, il design è un mix perfetto di eleganza e comfort, che crea un’atmosfera unica ed accogliente, qui ho scattato gli elementi e gli accessori che proprio non posso lasciare a casa durante una vacanza nella costiera più bella al mondo.
took a flight to Naples, rented a car and drove to the Borgo Sant’Andrea Hotel where stayed for a few days.
It is a jewel of design that perfectly combines the elegance of the past with modern conveniences. Situated in a panoramic position on the Amalfi coast, this hotel offers its guests a breathtaking view of the sea and the surrounding hills.
It features a mix of architectural styles, creating a unique and cosy atmosphere. The interior has been designed with great attention to detail, using high-quality materials such as marble, stone and wood.
In summary, the design is a perfect mix of elegance and comfort, creating a unique and cosy atmosphere. Here have taken the elements and accessories that just cannot leave at home during a holiday on the most beautiful coastline in the world.
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PASSPORT
Bag CHRISTIAN DIOR
Shoes CROCS
Swimwear VILEBREQUIN
Eau de parfum TOM FORD
Hat JACQUEMUS
Sunglasses MONCLER
Watch JCARTIER
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Hat LEVI’S
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Alanui
La dedizione di Alanui per l’artigianato si manifesta oggi nell’esclusiva e inedita Tote Bag, la prima borsa firmata dal marchio di lusso. Un debutto eccezionale di un accessorio iconico che contribuisce a definire il lifestyle Alanui in modo sempre più completo.
Una borsa in pelle interamente intrecciata a mano, simbolo della migliore tradizione manifatturiera italiana - la cui creazione richiede fino a 22 ore di lavorazione con oltre 200 metri di pelle tubolare - che, fondendo nuove forme, artigianalità e colori vibranti, risulta essere un piccolo compendio dell’intera filosofia del marchio. Una filosofia che da sempre punta all’eccellenza e distilla un lusso autentico vissuto senza ostentazioni e in modo del tutto naturale, effortless chic. Una filosofia che trova espressione in un’attenta ricerca in termini di lavorazioni e materiali altamente sofisticati e all’avanguardia che evocano, attraverso abiti e accessori, sentimenti di libertà, condivisione e divertimento.
Alanui’s dedication for craftsmanship is exhibited today in the exclusive and unprecedented Tote Bag, the luxury brand’s first signature bag. An exceptional debut of an iconic accessory which contributes to defining the Alanui lifestyle in an ever increasingly and complete way. An entirely hand-woven leather bag, a symbol of the best Italian manufacturing tradition – the creation of which requires up to 22 hours of workmanship with over 200 meters of tubular leather – which, by merging new shapes, artisanship and vibrant colors, turns out to be a small compendium of the brand’s entire philosophy. A philosophy that has always aimed at excellence and distills an authentic luxury experienced without any ostentation and in a completely natural, effortless chic manner. A philosophy that finds expression in careful research in terms of highly sophisticated and avant-garde workmanship and materials which evokes, through clothing and accessories, feelings of freedom, sharing and fun.
Ghoud Venice
La collezione Ghoud Venice SS23 è un vortice di sperimentazioni colorate che si riflettono nelle linee geometriche e minimali, si fondono con lavorazioni insolite e materiali dagli inaspettati contrasti cromatici. protagonisti della collezione sono gli iconici modelli Rush e Tweener. Il modello Rush si sviluppa in varie versioni: la Rush Groove
2.0, mossa dai ritmi ricchi e coinvolgenti che animavano centinaia di canzoni funky negli anni ‘70, che presentano una morbida tomaia in morbido nylon e suede impreziosita da un profilo gommato dai colori decisi. La suola è sgargiante e flessibile e celebra lo spirito vibrante, giocoso ed energico di quell’epoca. Le Rush Groove hanno un design minimale caratterizzato da linee geometriche e decise. Tomaia in mesh traforato e suede con dettagli in gomma trasparente. Linguetta morbida con logo e suola multicolor per un look distintivo. Le Tweener, sneakers da tennis, presentano un design ispirato ai campi in terra battuta senza rinunciare a un tocco di stile. Tomaia multistrato in morbida pelle effetto usato e inserti fluorescenti a contrasto. Punta in ciniglia, linguetta e dettaglio sul tallone per un look originale.
The Ghoud Venice SS23 collection is a whirlwind of colorful experimentation reflected in geometric and minimal lines, blended with unusual workmanship and materials with unexpected color contrasts. The protagonists of the collection are the iconic Rush and Tweener models. The Rush model is developed in several versions: the Rush Groove 2.0, moved by the rich and engaging rhythms that animated hundreds of funky songs in the 1970s, which feature a soft nylon and suede upper embellished with a rubberized profile in bold colors. The sole is flamboyant and flexible and celebrates the vibrant, playful and energetic spirit of that era. The Rush Groove has a minimalist design characterized by bold, geometric lines. Perforated mesh and suede upper with clear rubber detailing. Soft logo tongue and multicolor outsole for a distinctive look. Tweener tennis sneakers feature a clay court-inspired design without sacrificing a touch of style. Multi-layered upper in soft, used-effect leather and contrasting fluorescent inserts. Chenille toe, tongue and heel detail for an original look.
Autry
Autry è un brand che nasce a Dallas negli anni ‘70, che è stato successivamente rilanciato da un gruppo di imprenditori italiani nel 2019.
Conserva quindi un’identità vintage fortemente riconoscibile e un’estetica da tennis, che lo rende comodo ma alla moda. Le novità della stagione estiva comprendono una linea di abbigliamento, sportiva ma molto glamour, caratterizzata da tute colorate, cappelli e calzini, mentre le sneakers conservano modelli iconici, Medalist e Dallas, spaziando con una vasta palette di colori che accontenta tutti, sia chi preferisce una sneaker più basic, un vero e proprio passe-partout, sia chi preferisce sbizzarrirsi osando con colori divertenti e di tendenza, perfetti per una stagione estiva all’insegna del colore.
Autry is a brand that originated in Dallas in the 1970s, which was later relaunched by a group of Italian entrepreneurs in 2019. It therefore retains a highly recognizable vintage identity and a tennis aesthetic, making it comfortable yet fashionable. New additions for the summer season include a clothing line, sporty but very glamorous, featuring colorful tracksuits, hats and socks, while the sneakers retain the iconic models, Medalist and Dallas, ranging with a wide color palette that pleases everyone, whether those who prefer a more basic sneaker, a true passe-partout, or those who prefer to indulge by daring with fun and trendy colors, perfect for a colorful summer season.
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Ferragamo
Ferragamo lancia una nuova sneaker unisex realizzata con un innovativo mix di texture e dettagli dinamici, proposta in una palette completa di colori neutri e brillanti.
Rivisitata con un approccio contemporaneo, l’eredità Ferragamo permea una forma attiva urbana caratterizzata dall’iconico Gancini su una sequenza di tre elementi tubolari che formano la suola. L’estetica sportiva gioca con materiali morbidi e resistenti, come la maglia elasticizzata, il nubuck e la pelle crosta, mentre il contrasto di pieni e vuoti nella suola aumenta l’ammortizzazione e il comfort. I lacci grafici, il logo Ferragamo e dettagli delle cuciture a mano completano il design audace e d’impatto, infondendo la qualità della tradizione nell’agilità del presente.
Maimai
È speciale, la lavorazione a crochet. Ha in sé tutta la poesia e la serenità di quei gesti tramandati di madre in figlia, ma anche tutta la potenza della personalità quando emerge grazie a manufatti che seguono i propri disegni mentali, propri gusti. Anche per questo la moda ha eletto la lavorazione a crochet nuovo lasciapassare per raccontarsi attraverso la tradizione filtrata da occhi contemporanei, con garbo ma anche con forza e unicità. Lo ha fatto anche Maimai, plasmando con questo materiale le sue sneaker romantiche e toste, nostalgiche e rock. Per realizzarle ha scelto proprio di omaggiare l’arte della lavorazione a crochet, utilizzando un tessuto ricamato effetto pizzo per le tomaie di due modelli iconici: la sneaker best seller Atena e la sneaker basket College.
Vagabond Shoemakers
Vagabond Shoemakers presenta con orgoglio Sneakers by Shoemakers, una collezione contemporanea che trae ispirazione dalla cultura classica dello skate e dallo stile minimale, fondendo una combinazione tra artigianalità e design innovativo. Il nuovo modello Maya (donna) è un modello dal look essenziale per tutti giorni che aggiunge un tocco minimale alla selezione di sneaker di questa stagione. Progettata con suole profilate, la sneaker a basso profilo è realizzata in bianchi classici e pastelli polverosi per un tocco casual ma sportivo. Nel frattempo, la collezione maschile viene aggiornata con una nuova sneaker da tennis, il modello Cedric, che incarna un’estetica ispirata allo skate con suole solide e tomaie dettagliate, aggiungendo un tocco casual ideale per il tempo libero.
Thierry Rabotin
Thierry Rabotin ha creato la primissima linea di prodotti da uomo che presenta tutte le caratteristiche che hanno reso noto il marchio in tutto il mondo, come la soletta Poron slow rebound, che fornisce un’ammortizzazione e una riduzione degli impatti senza precedenti, abbinata alla suola fin project extra light XL ® e tomaie in pelle pregiata. Queste sneakers offrono un’esperienza diversa da qualsiasi altra sul mercato.
Ferragamo launches a new unisex sneaker made of an innovative mix of dynamic textures and details, offered in a comprehensive palette of neutral and bright colours.
Revisited with a contemporary approach, the Ferragamo heritage permeates an urban active shape featuring the iconic Gancini on a sequence of three tubular elements that form the sole. The sporty aesthetic plays with soft and hard-working materials including stretch knit, nubuck and split leather, while the contrast of solids and voids in the sole enhances cushioning and comfort.
Graphic laces, the Ferragamo logo and hand stitching details complete the bold and impactful design, infusing the quality of tradition into the agility of the now.
It is special, the crochet craft. It has in it all the poetry and serenity of those gestures handed down from mother to daughter, but also all the power of personality when it emerges thanks to artifacts that follow one’s own mental designs, one’s own tastes. This is also why fashion has elected crochet work as the new pass to tell its story through tradition filtered through contemporary eyes, with grace but also with strength and uniqueness. Maimai did it too, shaping with this material its romantic and tough, nostalgic and rock sneakers. To make them, it chose precisely to pay homage to the art of crochet work, using a lace-effect embroidered fabric for the uppers of two iconic models: the best-selling Atena sneaker and the College basketball sneaker.
Vagabond Shoemakers proudly presents Sneakers by Shoemakers, a contemporary collection that draws inspiration from classic skate culture and minimalist style, blending a combination of craftsmanship and innovative design. The new Maya (women’s) model is an essential everyday look that adds a minimalist touch to this season’s sneaker selection. Designed with profiled soles, the low-profile sneaker is crafted in classic whites and dusty pastels for a casual yet sporty feel. Meanwhile, the men’s collection is updated with a new tennis sneaker, the Cedric model, which embodies a skate-inspired aesthetic with solid soles and detailed uppers, adding a casual feel that is ideal for leisure wear.
Thierry Rabotin has created the very first men’s product line with all the features that have made the brand known worldwide, such as the Poron slow rebound insole, which provides unprecedented cushioning and impact reduction, combined with the fin project extra light XL® outsole and premium leather uppers. These trainers offer an experience unlike any other on the market.
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by Giulio Alberoni
Spesso mi soffermo a pensare a cosa resterà ai posteri della nostra civiltà.
Negli scavi archeologici del 4100 qualcosa verrà alla luce, che descriverà brillantemente la nostra civiltà, esattamente come Pompei ed Ercolano parlano oggi a noi dei fasti dell’antica Roma.
La conclusione a cui sono giunto, lo confesso subito, è che di noi resteranno solo water. Un giorno, guardando il bistrattato water che avete in bagno, qualcuno si chiederà se lì un tempo si sia seduto Renzo Piano, Johanne Rowling o Alvaro Finezzi. Noi non sappiamo chi sia Alvaro Finezzi oggi, ma mi piace pensare che da qualche parte ci sia un Alvaro Finezzi le cui mirabolanti doti saranno riconosciute postume.
Lo so, è triste pensare che di noi resterà solo il meno nobile degli arredobagno, ma è la dura verità. Siamo una civiltà fatta di monomeri di carbonio, la di plastica, e se qualcosa di noi arriverà al prossimo secolo sarà già questo un fatto sbalorditivo. Inoltre tutta la nostra cultura, tranne qualcosa che è sfuggito alle rigide regole della hypermodernità, è in formato digitale. Vale a dire impulsi elettrici. Difficilmente qualcuno nel 4100 in uno scavo archeologico troverà uno scrigno pieno di impulsi elettrici accanto al water di Chiara Ferragni. Ma il water è fatto di ceramica. Lui farà bella mostra di sé nel museo archeologico di Ghrxjhxrjnb. I nostri discendenti si chiederanno anche, a cosa servisse quel bizzarro strumento. Un calendario astrologico. I nostri archeologi quando devono azzardare un ipotesi sull’utilizzo di un loro ritrovamento, parlano sempre di calendario astrologico; perché le cose dovrebbero essere diverse tra duemila anni?
È proprio questa miserevole considerazione sulla volatilità della nostra civiltà, che mi ha portato a riflettere sull’intelligenza artificiale. Io in assoluto sono una persona che non abusa del termine intelligenza. Diciamo che uso molto più il termine artificiale rispetto al termine intelligenza. E non sono un grande utilizzatore del termi-
ne artificiale. A onor del vero nella competizione tra termini, anche ornitorinco e vangare vincono su intelligenza, nella mia personale graduatoria linguistica.
Qualcuno un giorno disse “Tutte le civiltà sono state cretine, non è una prerogativa della nostra. Solo che il filtro della storia ha in parte selezionato quello che i contemporanei non riuscirono a fare. Inoltre il tempo ci ha resi più magnanimi per via del nostro egocentrico senso di superiorità“.
Quel qualcuno ero io. Mi sono auto citato. Fortunatamente viviamo in una civiltà di monomeri di carbonio e impulsi elettrici e un giorno nessuno se ne ricorderà o forse sarò graziato dall’egocentrico senso di superiorità di un nostro discendente.
Questo ampio preambolo sull’intelligenza e sulla sciocchezza delle civiltà solo per fare una considerazione. Quando entrai in contatto la prima volta con l’intelligenza artificiale io non sapevo fosse intelligente. Faccio parte di quel folto gruppo di cretini destinati all’oblio e posso quindi con serenità confessare che non avevo capito che AI stesse per artificial intelligence. Del resto il mio primo utilizzo di questo avveniristico strumento mi servì a creare un’ immagine di un sushi a forma di carlino, quindi il sospetto che quel sito internet fosse intelligente non mi balenò neppure in mente.
Fu molto tempo dopo, che giunsero alle mie orecchie le fantascientifiche prodezze dell’intelligenza artificiale. Io normalmente mi affaccio a una tecnologia nuova quando questa è talmente vecchia e strautilizzata da non essere più aggiornabile sui telefoni cellulari e sui computer di nuova generazione. Di solito queste tecnologie sopravvivono quindi solo sul mio computer perché essendo del 2013, riesce ancora a farle funzionare. Il problema al massimo è che si tratti di una tecnologia troppo moderna per lui.
Il mio stupore fu quindi enorme quando scoprii che in questo caso fui tra primi a utilizzare questo prodigio della tecnologia hypermoderna. Il mio sushi carlino era stato a suo modo un pioniere. Quando mi resi conto di questo, però ero ormai circondato da gen-
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Aiia
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te che usava l’intelligenza artificiale per fare ogni genere di cosa prodigiosa e intelligente. C’era chi la usava per fotografare artificialmente cose inesistenti, c’era chi ci scriveva libri e lezioni universitarie. C’era addirittura chi la utilizzava per fare film, ed entrava in dialogo diretto con l’intelligenza artificiale, per scoprire aspetti del mondo inaspettati e inediti.
Cercai anch’io quindi di dare una svolta alla mia vita, grazie all’intelligenza artificiale, la AI. Finalmente avevo a mia completa disposizione qualcosa o forse qualcuno o qualcun*, più intelligente di me che potesse aiutarmi a dare una brillante svolta alla mia esistenza. Provai a usare l’intelligenza artificiale a lungo, ma il sushi carlino restava sempre l’apice creativo della mia personale esperienza AI. Pensai che questo dipendesse dal mio personal computer del 2013 o dal mio cellulare cinese del 2018 del cui marchio non posso menzionale il nome per questioni di pubblicità occulta, ma posso dire che in passato fu al centro di una polemica internazionale per una questione di spionaggio di dati. Ora qualcuno in Cina, probabilmente sa che sono un morto di fame, e onestamente avrebbe potuto saperlo senza darsi tanta briga spionistica, semplicemente constatando che ho acquistato quel telefono. Mi fu invece spiegato che non erano supporti ad essere inadeguati. Ero io. E ci risiamo... Avrei dovuto seguire corsi, capire come relazionarmi con la AI. Chi mi bacchettò sul mio approccio sbagliato parlava con l’intelligenza artificiale come se si trattasse di una persona in carne ed ossa. Grazie per aver fatto questo... potresti gentilmente fare quest’altro... Ti ringrazio ancora molto... E’ tutto perfetto grazie... Poi questo mio amico in dialogo con l’umanoide da passeggio mi spiegò il motivo di questa riverente confidenza. Sai, non possiamo sapere come evolvono queste cose. Quando un giorno prenderanno il controllo sarà meglio essere stati gentili fin da subito. Ed è in quel momento, davanti all’evidenza di un pericolo imminente. Davanti alla dura consapevolezza di aver chiesto al mio prossimo padrone assoluto, di crearmi un sushi a forma di carlino. Certo che un giorno non lontano lui avrebbe staccato la mia spina, che compresi. Eureka! L’intelligenza Artificiale è il Dio hypermoderno. The new God! Il vecchio Dio, quello che divide le acque e che indica dove costruire una chiesa facendo fermare un carro di buoi testardi che stavano portando una statua della Madonna da qualche altra parte non è 3.0. AI si. Infatti AI fa miracoli. Fa parlare i morti, ci permette di chattare con Padre Pio e con con Gianroberto Casaleggio. Due persone che onestamente avrei evitato da vive, figuriamoci da morte. Crea cose incredibili e svela segreti insvelati. Il divino hypermoderno non è in cielo, vive nel web. La grande intelligenza superiore. Presto l’intelligenza artificiale non avrà più bisogno di noi. Io per fortuna non ho bisogno di me già da adesso. E ho capito anche che io e AI non ci capiamo. Gli ho chiesto di svelarmi cose che avrebbero dato un senso alla mia vita e a quella dei posteri, ma niente, solo banalità da ricerca delle scuole elementari. Io e la divinità intelligenza artificiale proprio non ci capiamo. Del resto io ho da sempre un pessimo rapporto con il divino. Anche le cose più semplici, come farmi ricrescere capelli o farmi svegliare multimiliar-
dario sono sempre rimaste inascoltate dal Dio ufficiale. Ho provato a chiedere anche ad altri dei, meno sollecitati dal grande pubblico, come l’Hawaiiano Kanaloa, ma niente. Pelato ero e pelato sono rimasto. Probabilmente è proprio una questione di dialettica. Ecco perché non riesco a interagire con il dio intelligenza artificiale e a farmi scrivere il libro che plasmerà il sistema culturale universale del futuro.
Non ho neanche paura di lui. Ho dialogato con lui come si fosse trattato di una cosa inanimata. E questo è male. Non lo stimo particolarmente. E questo è peggio. Per me AI resta una sorta di motore di ricerca più o meno evoluto, che mette insieme le cose un po’ a caso. Non posso averlo scritto veramente. Questo è malissimo. La mia conclusione è che il mio software biologico interno non supporti la AI divina.
Ricordo che prima di me il grande ed intelligente Jerome K Jerome, l’autore di Tre uomini in barca, si interrogò su cosa della sua civiltà sarebbe rimasto ai posteri. Scrisse che guardando delle banali tazzine Vittoriane qualcuno un giorno si sarebbe meravigliato della grande civiltà che le aveva prodotte. Io ho delle tazzine di fine ottocento di là in sala. Chissà se le usò Jerome K Jerome? Alla fine della storia, nel 4100, della AI probabilmente non resterà nulla. È un insieme di impulsi elettrici. Amici miei, concentratevi sulle tazze.
I often ponder what will remain for posterity of our civilization. In the archaeological excavations of 4100 something will come to light that will brilliantly describe our civilization, just as Pompeii and Herculaneum speak to us today of the splendors of ancient Rome. The conclusion I have come to, confess at once, is that only toilets will remain of us. One day, looking at the bistratted toilet you have in your bathroom, someone will wonder whether Renzo Piano, Johanne Rowling or Alvaro Finezzi once sat there. We do not know who Alvaro Finezzi is today, but like to think that somewhere there is an Alvaro Finezzi whose wondrous talents will be recognized posthumously.
I know, it is sad to think that only the least noble of bathroom decorators will remain of us, but that is the hard truth. We are a civilization made of carbon monomers, la of plastic, and if anything of us makes it to the next century that will already be a stunning fact. Moreover, all of our culture, except for something that has escaped the strict rules of hypermodernity, is in digital format. That is, electrical impulses. Hardly anyone in the 4100s at an archaeological dig would find a chest full of electrical impulses next to Chiara Ferragni’s toilet. But the toilet is made of ceramic. He will make a fine showing in the archaeological museum in Ghrxjhxrjnb. Our descendants will also wonder, what that bizarre instrument was for. An astrological calendar. When our archaeologists have to hazard a guess as to the use of one of their finds, they always speak of an astrological calendar; why should things be any different two thousand years from now?
It is precisely this miserable consideration of the volatility of our civilization that led me to think about artificial intelligence. I absolutely am a person who does not abuse the term intelligence. Let’s say
use the term artificial much more than the term intelligence. And I am not a big user of the term artificial. To be fair in the competition between terms, platypus and spade also win over intelligence, in my personal linguistic ranking.
Someone once said, “All civilizations have been jerks, it’s not a prerogative of ours. It’s just that the filter of history has partly selected what contemporaries failed to do. Moreover, time has made us more magnanimous because of our self-centered sense of superiority.”
That someone was me. quoted myself. Fortunately, we live in a civilization of carbon monomers and electrical impulses and someday no one will remember or perhaps I will be graced by the selfcentered sense of superiority of one of our descendants. This extensive preamble on intelligence and the nonsense of civilizations just to make a point. When first came into contact with artificial intelligence I did not know it was intelligent. I belong to that large group of cretins destined for oblivion, and I can therefore confidently confess that did not realize that AI stood for artificial intelligence. After all, my first use of this futuristic tool was to create an ‘image of a pug-shaped sushi, so the suspicion that that website was intelligent did not even cross my mind. It was a long time later that the sci-fi prowess of artificial intelligence came to my ears. I normally look out for a new technology when it is so old and overused that it is no longer upgradeable to nextgeneration cell phones and computers. Usually these technologies then only survive on my computer because being from 2013, it still manages to run them. The problem at most is that it is too modern a technology for him.
My amazement was therefore enormous when I discovered that in this case I was among the first to use this prodigy of hypermodern technology.
My pug sushi had been a pioneer in its own way. By the time realized this, however, I was surrounded by people using artificial intelligence to do all kinds of prodigious and clever things. There were those who were using it to artificially photograph nonexistent things, there were those who were writing books and university lectures with it. There were even those who used it to make films, and entered into direct dialogue with artificial intelligence to discover unexpected and unseen aspects of the world.
So I too tried to turn my life around, thanks to artificial intelligence, AI. finally had at my complete disposal something or perhaps someone or someone*, smarter than me who could help me to give a brilliant turn to my existence. tried using AI for a long time, but the pug sushi always remained the creative pinnacle of my personal AI experience.
thought this depended on my 2013 personal computer or my 2018 Chinese cell phone whose brand name cannot mention for matters of covert publicity, but can say that it was at the center of an international controversy in the past over a data spying issue. Now someone in China probably knows that I am a deadbeat, and honestly could have known without going to so much spying trouble by simply noting that I purchased that phone.
Instead, it was explained to me that it was not the media that was inadequate. It was me. And here we go again... should have taken courses, figured out how to relate to AI. Those who chastised me about my wrong approach were talking to AI as if it were a fleshand-blood person. Thank you for doing this... could you kindly do this other... I thank you again very much... Everything is perfect thank you... Then this friend of mine in dialogue with the walking humanoid explained the reason for this reverent confidence. You know, we cannot know how these things evolve. When they take over one day, it will be better to have been kind from the beginning. And that’s when, faced with the evidence of imminent danger. Faced with the harsh realization that had asked my next absolute master to create me a pug sushi. Certain that one day not far away he would pull my plug, which I understood. Eureka, Artificial Intelligence is the hypermodern God. The new God! The old God, the one who divides the waters and shows where to build a church by making a stubborn oxcart that was carrying a statue of Our Lady somewhere else stop is not 3.0. AI is. In fact AI works miracles. It makes the dead speak, allows us to chat with Padre Pio and with Gianroberto Casaleggio. Two people I honestly would have avoided while alive, let alone dead. He creates amazing things and reveals untold secrets. The hypermodern divine is not in heaven, he lives on the web. The great superior intelligence. Soon artificial intelligence will no longer need us. I fortunately do not need me as of now. And I also realized that AI and I don’t understand each other. I asked it to reveal things to me that would make sense of my life and that of posterity, but nothing, just elementary school research trivia. The AI deity and just don’t understand each other. After all, I have always had a very bad relationship with the divine. Even the simplest things, like making my hair grow back or making me wake up a multibillionaire have always gone unheeded by the official god. I also tried asking other gods, less solicited by the general public, such as Hawaiian Kanaloa, but nothing. Bald was and bald I remain. It is probably really a matter of dialectics. That is why I cannot interact with the artificial intelligence god and get him to write the book that will shape the universal cultural system of the future.
I’m not even afraid of him. dialogued with him as if it were an inanimate thing. And that is bad. I don’t particularly esteem him. And that is worse. For me AI remains a kind of more or less evolved search engine, putting things together a bit randomly. can’t have really written that. This is as bad as it gets. My conclusion is that my internal biological software does not support divine AI.
I remember that before me the great and intelligent Jerome K Jerome, the author of Three Men in a Boat, wondered what of his civilization would be left for posterity. He wrote that looking at ordinary Victorian mugs someone would one day marvel at the great civilization that had produced them. have some late 19th-century mugs from over there in the hall. wonder if Jerome K Jerome used them? At the end of history, in 4100, there will probably be nothing left of AI. It is a collection of electrical impulses. My friends, concentrate on the cups.
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