Paolo Branca Dalle primavere arabe al califfato?

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DALLE PRIMAVERE ARABE AL CALIFFATO? Paolo Branca


Paolo Branca

DALLE PRIMAVERE ARABE AL CALIFFATO?

Paolo Branca Dalle primavere arabe al califfato? Centro Coscienza, 10 febbraio 2015 © Centro Coscienza © 2015 Edizioni di Maieutica Corso di Porta Nuova 16 20121 Milano www.centrocoscienza.it edizionidimaieutica@centrocoscienza.it


Indice

Nota introduttiva p. 6 Dalle primavere arabe al califfato?

p. 7

Dialogo con il pubblico p. 23 Note p. 37


Dalle primavere arabe al califfato?

Nota introduttiva Il 10 febbraio 2015, il professor Paolo Branca è stato invitato dal gruppo di Ricerca interculturale a tenere una conferenza nella sede dell’associazione Centro Coscienza. Il testo che segue, rivisto dall’autore, è la trascrizione di quell’intervento e della conversazione avvenuta con il pubblico. Paolo Branca è docente di Lingua e letteratura araba e di Islamistica all’Università cattolica di Milano. Specializzato nelle problematiche del rapporto islam-mondo moderno, con particolare riferimento ai fenomeni del fondamentalismo e del riformismo musulmani, ha pubblicato Voci dell’islam moderno: il pensiero arabo-musulmano fra rinnovamento e tradizione (Marietti, Genova 1991); Introduzione all’islam (San Paolo, Cinisello Balsamo 1995); I musulmani (il Mulino, Bologna 2000); Il Corano (il Mulino, Bologna 2001); Moschee inquiete (il Mulino, Bologna 2003). Ha tradotto il romanzo del premio Nobel egiziano Nagib Mahfuz, Vicolo del mortaio (Feltrinelli, Milano 1989).

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uello che chiamiamo islam è una realtà che si estende dal Marocco all’Indonesia, esiste da 14 secoli e ne fanno parte circa un miliardo e mezzo di persone. Dato che, rispetto alla vastità dell’argomento, che studio da circa 30 anni, ritengo limitate le mie competenze, non punterò a fornirvi verità definitive, che chiariscano ogni punto di domanda sul tema, ma cercherò di condividere con voi sensazioni e riflessioni. Non posso raccontare la storia del califfato e approfondire il rapporto fra islam e politica, anche se sarebbe molto interessante compararlo con quello che è successo ad altre tradizioni religiose; in particolare a quella cristiana che, nelle sue varie manifestazioni, bizantina / orientale e romana / occidentale, ha conosciuto vicende molto diversificate. In Occidente abbiamo avuto un papa e un imperatore, in Oriente c’era un basileus, un imperatore che si occupava sia dell’ambito secolare sia di quello spirituale. Il cesaropapismo, tipico dell’Oriente, è durato fino ai giorni nostri là dove il potere politico gestisce anche gli affari religiosi: tutti i Paesi arabi moderni hanno un ministero che gestisce gli affari religiosi e il loro grosso problema, più che la teocrazia, come viene continuamente ripetuto a sproposito, è proprio il cesaropapismo; salvo il caso sciita dell’Iran dove c’è un clero, ma gli sciiti rappresentano solo il 10% dei musulmani, quindi hanno altre preoccupazioni. 7


Comincio dalla prima guerra mondiale, uno dei periodi studiati più superficialmente a scuola, per varie ragioni: lo si tratta sempre in fretta, verso la fine del percorso; sta tra Garibaldi e Mussolini, tra il risorgimento e il fascismo; e viene classificata come l’ultima guerra d’indipendenza italiana, quella con cui abbiamo liberato le terre irredente giungendo all’unità. In realtà è stato un cataclisma a livello planetario che ha coinciso con la fine dei grandi imperi sovranazionali: non solo quello ottomano, che ci interessa di più perché è l’origine degli Stati arabi moderni, Stati nazionali, ma anche quello austroungarico cha aveva sudditi musulmani nei Balcani. L’Austria sarebbe un Paese da studiare attentamente, dato che ha sempre avuto rapporti con l’islam e lo considera una religione come le altre, a differenza del resto dell’Europa, come la Francia o come l’Italia che ha il Concordato. Ma l’Austria è un caso a parte... mitteleuropea, nazione d’altri tempi, è un argomento che non si approfondisce quasi mai. Con la prima guerra mondiale cade anche l’impero degli zar, multietnico e multi religioso – l’Unione Sovietica sarà profondamente diversa. È noto che Lenin venne spedito in Russia perché c’era interesse che la rivoluzione interna distraesse il Paese dai suoi appetiti sul mar Mediterraneo. Scoppiata la rivoluzione, la Russia si ritira dal conflitto che si conclude con Francia e Gran Bretagna pronte a dividersi le spoglie dei Paesi arabi precedentemente colonizzati con i vari mandati;1 è un tradimento per gli arabi, che avevano combattuto con noi contro gli ottomani, mentre ai turchi rimane la loro patria, l’Anatolia, come Paese indipendente, a condizione che cedano ampie terre del califfato alle potenze che, del resto, se lo sono già spartito.2 A cent’anni

di distanza tutti i nodi vengono al pettine. Ci ritroviamo Stati come l’Iraq, la Transgiordania, la Siria, il Libano e la Palestina che sono stati creati da noi tracciando i confini con il righello. A quel tempo risale anche la dichiarazione di Balfour, il documento ufficiale con cui Sua maestà britannica dichiarava il proprio appoggio al National Home per gli ebrei in Palestina. Come dicevo, un secolo dopo tutti i nodi vengono al pettine e temo che non si uscirà indenni da questa situazione; l’Iraq non c’è più, infatti grazie a George W. Bush è stato spezzato in tre: il Kurdistan a nord, di fatto indipendente, ma che non può rivendicare questa sua condizione perché gli altri lo invaderebbero; i sunniti al centro e gli sciiti al sud. Molto simili le circostanze della Siria: Damasco e Bagdad erano le capitali del califfato, che qualcuno sta tentando di resuscitare, anche se in modo molto artificiale. Abbiamo perso anche la Libia ed è evidente che ormai, a livello globale, nessuno è più in grado di tenere le fila, tant’è vero che persino in Ucraina c’è un pericolo di guerra: così, in questo mondo completamente “spappolato” e incapace di gestirsi, si riaffacciano i fantasmi del passato. È grave che i giovani – e forse anche noi – abbiano studiato superficialmente la prima guerra mondiale perché ciò comporta l’impossibilità di capire che cosa sta veramente succedendo in Medio Oriente: tutti parlano dell’islam, e indubbiamente l’elemento religioso conta, ma spesso è una copertura. Sono ben altri gli interessi in gioco: questioni tribali, settarie e linguistiche. Pensiamo ai curdi che cercano di combattere l’ISIS (Islamic State of Iraq and Syria) e i giornali titolano: «I curdi sparano, attaccano lo Stato islamico», come se non fossero musulmani anche i curdi.

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