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Intervista
Unicoop Tirreno verso il pareggio di bilancio
La semestrale della cooperativa guidata dal CEO Piero Canova dovrebbe anche chiudere l’esercizio 2020 con un piccolo utile nonostante i mancati dividendi di Unipol, congelati dalle autorità europee per il COVID, e quelli ridotti dell’immobiliare Igd.
Unicoop Tirreno proiettata verso il pareggio di bilancio dopo 13 anni di profondo rosso. Inoltre entro la fine dell’anno potrebbe, con l’assenso della Consob, collocare delle obbligazioni e restituire un altro pezzo di debito alle Coop consorelle. La semestrale della cooperativa guidata dal ceo Piero Canova ha raggiunto il pareggio della gestione operativa e dovrebbe chiudere l’esercizio 2020 «con un piccolo utile – sottolinea il top manager – nonostante i mancati dividendi di Unipol, congelati dalle autorità europee per il covid, e quelli ridotti dell’immobiliare Igd». In dettaglio, nel semestre la cooperativa piombinese ha realizzato ricavi per 407,6 milioni, in calo di 9 milioni, un Mol di 11,4 milioni (2,5 milioni nell’analogo periodo del 2019), una perdita operativa di 303 mila euro (-9,9 milioni) e una perdita netta di 3,3 milioni (-6,5 milioni). I proventi finanziari sono stati “solo” 2,9 milioni contro i 12,9 dell’anno scorso. Unicoop Tirreno arriva da una drastica cura dimagrante: sono stati dismessi 4 iper e ridimensionato un altro. Oggi la rete conta su 94 negozi, di cui sono 2 superstore a Roma. Gli addetti sono 3.800 e i soci più di 600 mila. Nel 2019 il fatturato è stato di 889 milioni. «Se avessimo incassato il dividendo di Unipol avremmo chiuso il primo semestre 2020 con un utile largamente positivo. Un problema il congelamento dei dividendi che dovrebbe essere sollevato a livello nazionale – suggerisce Canova – anche se, alla fine, è stato congelato e non è escluso che venga erogato l’anno prossimo».
Il lockdown ha spinto la Gdo. Unicoop
Tirreno invece ha perso 9 milioni di fatturato nel semestre: a causa della cessione dei negozi?
Solo una parte. L’altra parte è legata al fatto che dopo il balzo iniziale delle vendite, in giugno sono rallentate per le scorte da smaltire. E poi in luglio e agosto sono calate ancora per la mancanza di turismo: abbiamo perso una mon-
tagna di vendite. In settembre invece è tornata la crescita.
Nella semestrale si nota il balzo del Margine operativo lordo.
Ciò significa che i costi li controllo, la domanda no. Comunque il balzo si spiega con una maggiore efficienza della gestione e un miglior mix delle vendite: meno prodotti non food che hanno margini trascurabili. E soprattutto forte miglioramento della marca del distributore. Tanto che l’incidenza del 37% medio della Mdd ci pone in linea con Unicoop Firenze.
Come performa la campagna “Convenienza forza 10”: 10 prodotti Coop a 10 euro?
Molto bene. Le condizioni di acquisto dei principali prodotti di base sono molto vantaggiose.
Com’è riuscito a tagliare 4 milioni di costi del personale?
Abbiamo gestito meglio le risorse umane. Solo in sede nei primi 8 mesi dell’anno abbiamo risparmiato 1 milione.
Con la semestrale siete arrivati all’equilibrio della gestione caratteristica. Un risultato che non hanno tutte le Coop.
Certo, ci teniamo moltissimo a questo risultato. Del resto la gestione finanziaria è molto cambiata: non ci sono più i rendimenti del passato e ci sono troppe variabili non controllabili. La chiave del successo sta nel margine industriale che realizziamo.
Il margine industriale però potrebbe subire un’erosione dal rinnovo del contratto integrativo aziendale: avete dato disdetta ma non riuscite a convincere i
sindacati. Intanto siamo seduti al tavolo e abbiamo prorogato la vigenza di un mese, al 31 ottobre. Lo abbiamo fatto perché finora c’è stato un clima costruttivo e collaborativo, ma, se non venisse raggiunto un accordo, a partire dal 1° novembre la cooperativa applicherà ai dipendenti la normativa di legge e la contrattazione nazionale, fatta salva l’eventuale emanazione di un regolamento aziendale.
Per concludere, nel 2019 Unicoop Tirreno ha restituito 35 milioni di prestiti alle cooperative che, nel 2016, la soccorsero. Ci sono ancora 135 milioni da restituire e si potrebbe ricorrere all’emissione di strumenti finanziari partecipativi, in una parola delle obbligazioni. Quando, all’inizio del 2021?
No, credo prima. Con Consob è aperto un dialogo fitto: ci danno consigli e ci chiedono variazioni e miglioramenti. Sono confidente che presto si arrivi a una soluzione.n
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L’Italia vince nel mondo di Alibaba
Per delineare i confini delle opportunità offerte dalla piattaforma b2b leader nel mondo abbiamo incontrato Luca Curtarelli, Head of business development.
Fondata in Cina nel 1999 da Jack Ma e da un gruppo di collaboratori, Alibaba è tra le principali compagnie tecnologiche planetarie, con un giro d’affari pari a 1 trilione di dollari registrato nell’anno fiscale 2020. La multinazionale asiatica mette a disposizione l’infrastruttura tecnologica su cui basa un ecosistema di marketplace digitali che consente, a piccole e medie imprese, ma anche a brand notori, di offrire prodotti e servizi a un bacino, in Cina e ovunque, di oltre 900 milioni di consumatori attivi. La missione ultima di Alibaba, in un’ottica di globalizzazione, è di consentire a tutti di fare business in modo semplice, ovunque.
Quanto è importante l’Italia nella ‘geografia’ di Alibaba?
Fondamentale e ovviamente, anche in Italia, il gruppo ha l’obiettivo, originario, di connettere aziende e marchi con le opportunità derivanti dall’espansione del mercato, cinese, asiatico e, soprattutto, mondiale. La nostra Penisola è stata però la prima nazione dell’Europa continentale in cui Alibaba ha aperto una controllata, Alibaba Italia, appunto, operativa dal 25 ottobre 2015. La scelta risiede nel fatto che qui si trovano prodotti riconosciuti tra i migliori al mondo. E infatti, fra le categorie a più alta crescita, troviamo tutte le nostre eccellenze: l’agroalimentare, insieme ad abbigliamento, arredamento, cosmesi e macchinari.
È attualissimo l’accordo con Cia. Parliamone…
In effetti è quasi la notizia del giorno, risalendo al 15 settembre. L’intesa tra Alibaba.com e Cia-Agricoltori Italiani ha lo scopo di promuovere l’export del made in Italy agroalimentare, aprendo alle aziende nuovi canali commerciali online e favorendo incontri sul web con i buyer di tutto il mondo. E con Cia, con i suoi 45 anni di esperienza, oltre 2.500 collaboratori e 23 sedi nella Penisola, siamo convinti che Alibaba.com possa sviluppare ottime sinergie, con il fine ultimo di sostenere la digitalizzazione e aiutare le aziende associate a Cia stessa a beneficiare al meglio delle opportunità offerte dal più grande marketplace B2B online al mondo, con più di 20 milioni di buyer.
Quali sono i termini dell’intesa?
L’accordo avrà la durata di un anno e con esso Cia e Alibaba. com si impegnano a collaborare - anche attraverso Adiacent, global service partner certificato da Alibaba.com per l’erogazione di servizi a valore aggiunto nella Comunità Europea – al fine di sostenere, promuovere e valorizzare aziende locali e prodotti agroalimentari di qualità tramite il portale web internazionale, collegando acquirenti e
fornitori, produttori e grossisti, per condurre affari in modalità virtuale. Alibaba.com è la più grande fiera online planetaria e abbiamo unito le forze con Cia, primaria realtà dell’agroalimentare, per permettere al meglio delle produzioni locali di essere apprezzate in tutto il mondo. Anche perché, tra i punti chiave di questo patto, ci sono tanti servizi a supporto delle aziende sul marketplace: creazione di materiale pubblicitario e informativo, commercializzazione di prodotti e fornitori sulla vetrina ‘Padiglione Italia’ del portale, partecipazione a eventi e attività come roadshow, convegni, promozioni online tramite canali social o media, consulenza di marketing e comunicazione.
Il lockdown ha inciso sull’attività del vostro gruppo?
Nei mesi del lockdown e del post lockdown il numero di adesioni di Pmi italiane sulla piattaforma è cresciuto di oltre il 400 per cento. In sostanza, tantissime imprese hanno davvero scoperto la digitalizzazione. La nostra Penisola si è confermata dunque, come detto, una nazione chiave, in quanto i buyer di tutto il mondo, soprattutto americani ed europei, cercano, sempre più spesso, il made in Italy e i prodotti di alta qualità.
Altri fatti recenti?
Il 23 giugno di quest’anno si è svolto, in Italia, il nostro primo ‘Go Export’ Summit online. Le Pmi hanno potuto scoprire un partner con una serie particolarmente variegata di soluzioni chiare, flessibili, capaci di assicurare un ingresso ‘morbido’ anche a chi fa le prime prove nell’universo virtuale. Il pricing, molto ragionevole, abbatte le barriere all’ingresso e consente alle Pmi di non doversi caricare di un investimento significativo avendo, in cambio, accesso a una comunità amplissima. Il summit è stato anche l’occasione per presentare i molti accordi con partner certificati e attivi sul territorio, partner che vanno dai grandi istituti finanziari, come Unicredit, fino a realtà che prendono in carico la digitalizzazione, come Italiaonline, per non parlare di associazioni e consorzi per l’export, che possono agganciarsi al Padiglione Italia, continuamente aggiornato e migliorato.n
Pepco sbarca in Italia con due store
Pepco, la catena no food più grande e in più rapida crescita d’Europa ha ufficialmente aperto le porte dei propri negozi in Italia, nelle provincie di Pordenone e Treviso. Il marchio è stato lanciato nel 2004 in Polonia e da allora ha riscosso un enorme successo da parte della clientela, ampliando così la propria espansione in Europa centrale e orientale. Ogni mese, oltre 19 milioni di persone visitano i negozi Pepco nei mercati in cui sono presenti.
La catena distributiva ha all’attivo oltre 2000 negozi in Europa e offre ai propri clienti un’ampia gamma di prodotti selezionati, tra cui abbigliamento per uomo, donna e bambino, biancheria intima, accessori, giocattoli, decorazioni, prodotti tessili e articoli per la casa a basso costo. L’abbigliamento (comprese scarpe e biancheria intima) costituisce circa il 60% dell’offerta della catena, mentre gli articoli per la casa rappresentano il restante 40%.
Iprimi Pepco store in Italia sono stati inaugurati qualche giorno fa in due famose shopping location del NordEst: il primo negozio si trova nel centro commerciale Gran Shopping Granfiume a Fiume Veneto in provincia di Pordenone, mentre il secondo è stato aperto nel centro commerciale Emisfero Sileamare a Silea, in provincia di Treviso. «Siamo molto felici che l’Italia sia entrata a far parte della lista di Paesi in cui opera Pepco. I clienti italiani avranno ora la possibilità di visitare i nostri punti vendita e approfittare della vasta gamma di prodotti offerti dalla catena a prezzi molto convenienti. Sono convinto che gli articoli proposti saranno in grado di soddisfare pienamente i gusti degli italiani», afferma Marcin Stańko, operation director per Pepco.
L’Italia è il dodicesimo Paese in cui è possibile acquistare i prodotti Pepco: i negozi della catena sono già operativi in Repubblica Ceca, Croazia, Estonia, Lettonia, Lituania, Ungheria, Polonia, Slovacchia, Slovenia, Romania e Bulgaria. Oltre alle aperture italiane, è prevista l’inaugurazione di nuovi punti vendita in Serbia a ottobre. Nei mesi successivi ci saranno ulteriori aperture in altre località italiane, tra cui Mantova, Bologna, Udine e Venezia. La catena prevede, infatti, di aprire altri 7 negozi e creare più di 100 posti di lavoro, sia part time sia full time, entro la fine del 2020.n
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