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Editoriale
L’AUTUNNO è alle porte. Anche per il retail.
Stefania Lorusso, direttrice editoriale Edizioni DM
È arrivato settembre. Le ferie sono finite per la maggior parte degli italiani, le temperature hanno cominciato ad abbassarsi ma il carrello della spesa rimane rovente. Dati Istat alla mano, ad agosto l’inflazione riguardante i generi di largo consumo ha superato ancora quella generale con i prezzi dei beni alimentari e quelli per la cura della casa e della persona che balzano da +9,1% a +9,7% su base annuale. Un aumento che non si vedeva da 38 anni. L’indice nazionale dei prezzi al consumo si attesta all’8,4%, +0,8% su base mensile. Dato sconosciuto dal dicembre 1985. Lo strappo è causato, da una parte, dai prezzi dell’elettricità e del gas e, dall’altra, dai prodotti alimentari lavorati, saliti da +9,5% a +10,5%. E, mentre il governo continua a ragionare su misure e decreti straordinari per tentare di arginare in qualche modo la situazione, ecco giungere provvidenziale l’annuale inchiesta sulla convenienza delle insegne in Italia redatta da Altroconsumo, secondo cui una famiglia con due figli può riuscire a risparmiare fino a 3.350 euro all’anno facendo la spesa da Aldi ed Eurospin (primi nella classifica a pari punti). Analizzando questo dato singolarmente verrebbe da pensare che non c’è nulla di nuovo rispetto ai trend già in atto prima dello scoppio della guerra in Ucraina e che i discount stanno semplicemente proseguendo l’ascesa degli ultimi anni. In realtà, se si confrontano i prezzi dei prodotti presenti sia in questa indagine che in quella dello scorso anno, emerge che quelli di supermercati e ipermercati sono aumentati solamente dell’1%, mentre i discount hanno ritoccato i prezzi dei loro prodotti del +5,2% pur restando più convenienti, in valore assoluto, per la spesa. All’interno dei discount, si è registrato inoltre un calo del 2% del numero delle referenze in offerta. La risposta di super e iper, ça va sans dire, è rappresentata dalle private label, che al momento coprono il 20% delle vendite totali ma entro il 2030 sfioreranno il 25% (sempre secondo le previsioni). Altro elemento emblematico emerso dall’indagine è che i prezzi di uno stesso prodotto possono variare di molto anche nella stessa città in base al negozio, con punte che toccano il 200%. Considerata la situazione di totale incertezza che attualmente imperversa e che purtroppo potrebbe protrarsi nel tempo, è possibile quindi immaginarsi un futuro in cui la partita tra canali di vendita si possa riaprire. O peggio ancora, in cui alcune insegne siano costrette e chiudere i battenti per colpa dei rincari delle bollette e gli aumenti dell’energia. E non è ancora iniziato l’autunno.