Packaging, il futuro è una sfida GR MAGAZINE
Cura per te, cura per l’ambiente
Con le ecoricariche hai tutto il profumo e l’igiene garantita da Spuma di Sciampagna, in una pratica busta che rispetta l’ambiente Questo formato, infatti, utilizza meno plastica rispetto ad un flacone di pari formato e la sua natura flessibile favorisce la riduzione del volume dei rifiuti
Grazie alle nostre ecoricariche, ogni anno l’uso di plastica viene ridotto di oltre 490 tonnellate, il peso di circa 100 elefanti. Così, ci prendiamo cura dell’ambiente, mentre ci prendiamo cura di te.
Magazine del quotidiano online www.greenretail.news
ottobre 2024
Direttore responsabile
Armando Brescia
Direttore editoriale
Fabrizio Vallari
Responsabile di redazione
Claudia Scorza
Hanno collaborato
Domenico Canzoniero, Laura Fezzi, Nicola Mamo
Progetto grafico
Sara Mauri
Editore
Edizioni DM Srl
Via G. Spadolini, 7 20141 Milano P Iva 08954140961
Contatti
redazionegr@edizionidm.it Tel. 02/39564687
Pubblicità
Ufficio commerciale: commerciale@edizionidm.it Tel: 02/20480344
L’invio di materiale (testi, articoli, notizie, immagini, dati, grafiche, ricerche ecc.) da parte di autori esterni alla Redazione non garantisce che esso venga pubblicato, né in parte, né nella sua forma originale. Lo stesso, peraltro, potrebbe essere pubblicato in forma rimaneggiata per necessità di carattere editoriale. Si precisa altresì che l’invio del suddetto materiale costituisce automatica autorizzazione da parte di Edizioni DM Srl alla pubblicazione a titolo gratuito su tutte le proprie testate.
FOCUS
CERTIFICAZIONI
Certificazioni di sostenibilità: uno strumento strategico per le imprese
SPECIALE
HUMAN & GREEN RETAIL FORUM
Human&Green Retail Forum 2024: costruiamo la nuova stagione della sostenibilità
EDITORIALE
Human & Green Retail Forum 2024: un nuovo passo verso la sostenibilità
Packaging, il futuro è una sfida
E
INTERVISTA COVER 3 35 22 4
Cameo e la certificazione per la parità di genere: un traguardo di inclusività e innovazione
Teoresi e Politecnico presentano i progetti Most per la mobilità sostenibile
SUCCESSI E STRATEGIE
PRODOTTTI E PACKAGING 37 39
Max Mara Fashion Group dice addio alla pelliccia GS1 Italy lancia il progetto Sostenibilità nelle Categorie di Prodotto
VOG - Home of apples, sostenibili oggi per le generazioni di domani
Persone, prodotti e pianeta sono le tre aree in cui si esprime l’impegno del Consorzio, che offre al settore del biologico un ampio assortimento di varietà e brand per 12 mesi all’anno.
Da sempre, l’obiettivo dei melicoltori di VOG - Home of apples è quello di lasciare alle future generazioni un mondo dove poter raccogliere i frutti del lavoro di oggi. Ecco perché la sostenibilità fa parte del DNA di questa realtà melicola, una delle più rilevanti in Europa, che offre un ampio assortimento di varietà e brand di mele bio e per 12 mesi all’anno, grazie a una produzione di 30 mila tonnellate e al lavoro di 350 coltivatori che da sempre credono nella coltivazione biologica.
La sostenibilità in VOG è un sistema a 360 gradi, che comprende l’ambiente, le persone e i prodotti. Questo significa bilanciare ecologia, società ed economia in un sistema duraturo, in grado di preservare il territorio, i suoi abitanti e un prezioso tessuto fatto di piccole aziende famigliari.
Grazie alla struttura su piccola scala delle aziende, il sistema cooperativo di VOG promuove la diversità nell’agricoltura, rafforza i sistemi economici locali e consente un uso efficiente delle risorse. Il profitto generato va a beneficio dei soci coltivatori per garantire successo a lungo termine e produzione sostenibile.
In campo, l’impegno è quello di proteggere l’equilibrio dei meleti, preservare la salute del terreno e favorire la biodiversità, attraverso ad esempio l’introduzione di rifugi per insetti e casette di nidificazione per uccelli. Anche le misure per il risparmio energetico sono importanti: l’80% dei meleti utilizza l’irrigazione a goccia, significativamente più efficiente, e gli stabilimenti di lavorazione sono dotati di impianti fotovoltaici che coprono il 55% del fabbisogno energetico.
Il sistema cooperativo, la tutela dell’ambiente e la visione di un futuro sostenibile sono per i melicoltori di VOG non solo un impegno quotidiano, ma anche fattori determinanti per offrire al mercato mele biologiche eccellenti, per tutto l’anno.
HUMAN & GREEN RETAIL FORUM 2024: UN NUOVO PASSO VERSO LA SOSTENIBILITÀ
PAOLO MAMO, PRESIDENTE DI PLANET LIFE ECONOMY FOUNDATION
Il contesto globale può apparire scoraggiante: siamo ancora lontani dal raggiungere i 17 Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (Sdg) delle Nazioni Unite. Le emissioni di Co2 continuano a crescere e abbiamo completato solo il 17% del percorso verso il traguardo, ormai imminente, del 2030. Molte aziende, grandi e piccole, dichiarano il proprio impegno, ma spesso mancano prove concrete a supporto delle loro azioni. Le comunicazioni sono sovente piene di proclami vaghi e talvolta fasulli. D’altro canto i passi avanti richiesti dalle nuove normative europee risultano complessi e scomodi, ma, ricordiamolo, sono imprescindibili.
Non perdiamo però la speranza, né riduciamo il nostro impegno. Dobbiamo, al contrario, guardare con ottimismo al futuro, sicuri che la transizione verso un modello sostenibile sia possibile e alla nostra portata. Questa strada, però, può essere percorsa solo insieme: non deve esistere in questo ambito competizione, ma “coopetition”, una cooperazione tra tutte le imprese, anche concorrenti, e i cittadini. Ogni comunicazione riguardante le nostre azioni dovrà essere misurabile, supportata da dati concreti, per mettere fine al fenomeno del greenwashing, oggi così diffuso. È questo il nuovo passo. Uno sforzo condiviso accompagnato da un approccio scientifico, misurabile e verificabile, che consentirà progressi reali verso una sfida che non possiamo permetterci di perdere. È cruciale ricordare che, a medio termine, non ci sarà spazio per le imprese non sostenibili. I consumatori, giorno dopo giorno, acquisiscono nuove competenze e diventano sempre più consapevoli, orientando le proprie scelte verso soluzioni rispettose dell’ambiente e delle persone. Progredire lungo la strada della sostenibilità, e poterlo dimostrare, sarà una variabile competitiva di gran lunga più rilevante rispetto alla battaglia per il prezzo più basso.
Se saremo in grado di affrontare questa sfida con proattività e visione strategica, superando le difficoltà legate alle nuove direttive, riusciremo nella nostra missione. Lo spirito di sopravvivenza innato in ognuno di noi, particolarmente sviluppato in chi ha saputo creare e far crescere un’impresa, ci guiderà verso un futuro migliore e più sicuro per le prossime generazioni. In questa edizione del nostro magazine, troverete uno speciale dedicato a questi temi, che saranno al centro della XIV edizione dello Human & Green Retail Forum, in programma a Milano il 16 ottobre presso Palazzo Reale. Spero di incontrarvi, di persona o da remoto, in questo importante evento.
Packaging, il futuro è una sfida
Riduzione dell’uso di materie prime, riciclo avanzato, introduzione delle bioplastiche, ricorso a nuove tecnologie. Il settore del packaging sta affrontando cambiamenti radicali per rispondere alle sfide ambientali.
Dalla lattina della bibita al contenitore in tetrapak o in vetro, alla carta che troviamo avvolta intorno ai pacchi degli acquisti online, il packaging è davvero dappertutto. Ognuno di noi, ogni anno, entra in contatto con almeno 8000 tipi diversi di confezioni e contenitori, secondo la fondazione Carta Etica. Imballaggi spesso indispensabili che, però, rendono ancora più critico il problema dell’accumulo e dello smaltimento dei rifiuti. Secondo i dati dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) in pratica ogni cittadino italiano produce ogni anno circa 500 chilogrammi di rifiuti e gli imballaggi sono in continuo aumento.
Il totale dei rifiuti derivati dal packaging è passato dai 66 milioni di tonnellate del 2009 agli 84 milioni del 2021, una cifra che, in assenza di nuove misure, è destinata a crescere. È sempre più indispensabile, dunque, un sistema di progettazione, produzione, utilizzo, consumo e riuso dell’imballaggio.
In questa direzione il Parlamento europeo ha approvato lo scorso aprile un nuovo regolamento che mira a contrastare la costante crescita dei rifiuti, ad armonizzare le norme del mercato interno dell’Ue e a promuovere l’economia circolare. La normativa comprende obiettivi di riduzione degli imballaggi (del 5% entro il 2030, del 10% entro il 2035 e del 15% entro il 2040) e impone ai Paesi Ue di diminuire in particolare i rifiuti in plastica. Queste decisioni stanno però generando un forte dibattito nel settore, come rileva la Fondazione Carta etica del Packaging. Se da un lato la nuova norma ha raccolto consensi intorno a principi ampiamente condivisi, «dall’altro ha generato grandi perplessità nel proporre il riuso come soluzione primaria, senza considerare la grande variabilità di condizioni e contesti di produzione, consumo e gestione post-consumo che caratterizzano le diverse nazioni europee».
La confezione influenza le decisioni di acquisto
L’Osservatorio Packaging del Largo Consumo curato dalla società di consulenza Nomisma ha comunque rilevato quest’anno come gli italiani siano sempre più sensibili alle questioni ambientali. «Per il 62% degli acquirenti la sostenibilità è difatti un elemento fondamentale da valutare nelle scelte di acquisto, e per quasi 1 consumatore su 3 incide direttamente sui comportamenti di spesa» ha commentato Emanuele Di Faustino, responsabile industria, retail & servizi di Nomisma. «In tale scenario il packaging gioca senz’altro un ruolo da protagonista. Per 2 italiani su 3 la confezione ha un ruolo decisivo nelle scelte d’acquisto di cibi e bevande, mentre per 1 su 2 rappresenta un aspetto cruciale per contribuire a rendere un prodotto alimentare più rispettoso per l’ambiente» conclude il manager.
La politica di Ilip è basata su Riduzione dell’uso delle materie prime, Riciclo degli imballaggi in plastica, utilizzo delle Risorse rinnovabili.
Le 3 R di Ilip: Riduzione, Riciclo, Risorse
Molte aziende, oggi, si impegnano per un cambiamento nella produzione in una direzione green e un numero sempre maggiore di imprese valuta l’impatto ambientale degli imballaggi già in fase di ideazione e progettazione. Un ruolo primario è giocato in questo senso dalle società che, come Ilip, si occupano direttamente della realizzazione di packaging. L’azienda emiliana da oltre 50 anni realizza per la grande distribuzione soluzioni di imballaggio per gli alimenti, ma anche piatti, bicchieri, varie linee di stoviglie monouso per la gastronomia. «La nostra politica da tempo è basata su tre parole chiave: Riduzione, Riciclo, Risorse. - commenta Riccardo Pianesani, ceo Ilip Group - Riduzione dell’uso delle materie prime, Riciclo degli imballaggi in plastica, Risorse rinnovabili, alle quali si ricorre con sempre maggiore frequenza». Dal 2010 Ilip si impegna infatti a ridurre l’uso delle materie plastiche diminuendo lo spessore e il peso delle vaschette e dei cestini per i prodotti freschi, senza compromettere la durata di conservazione degli alimenti confezionati. Si è ottenuta in questo modo una riduzione di peso del 16,61%, pari a circa 5 tonnellate.
Per quanto riguarda la seconda R (Riciclare) Ilip fa parte del Gruppo Ilpa che dispone di un impianto di riciclo all’avanguardia, l’Amp Recycling di Ferrara. Attraverso questa struttura vengono riciclate circa 30.000 tonnellate di Pet post consumo – la stessa quantità delle bottiglie in Pet che vengono consumate e recuperate in tutta l’Emilia-Romagna - che servono per realizzare nuovi
imballaggi per gli alimenti. «Siamo fra i pochi Gruppi europei che possono assicurare il controllo totale e il ciclo chiuso nel riciclo del Pet in tutte le fasi produttive richieste per produrre un nuovo imballaggio per alimenti in rPet: dalla selezione del materiale post-consumo, al lavaggio, alla macinatura, all’estrusione e alla termoformatura», prosegue il manager.
Per la terza R, Risorse, grande impegno viene dedicato da Ilip alle risorse rinnovabili e compostabili come la bioplastica, cioè quel materiale che, al contrario della plastica comune prodotta a partire dal petrolio, ha origine interamente o in parte da materiali organici. Tra questi, il grano, le patate, l’amido di mais, la canna da zucchero e la canapa. «Produciamo imballaggi per alimenti fatti con bioplastica per specifiche tipologie di utilizzo e per specifiche situazioni, offrendo valide alternative ai polimeri di origine fossile». Molti prodotti sono realizzati con Pla (acido pololattico, derivato dal mais e biodegradabile) o con Mater-bi, i cui componenti essenziali sono amido di mais e oli vegetali (il materiale con cui vengono realizzati i comuni sacchetti della spesa e altri biopolimeri). «Utilizziamo bioplastica dal 2002 per produrre stoviglie monouso e imballaggi foodservice e per ortofrutta. Tutti i nostri articoli sono certificati compostabili e conformi alla Norma Europea EN13432. La vita di questi prodotti finisce nel riciclo organico (compostaggio quando appropriato e disponibile) e il risultato di questo processo è il compost» conclude Riccardo Pianesani.
Ilip ha realizzato un packaging intelligente In collaborazione con l’Università degli Studi di Torino e con Radio6ense.
Integrato nell’imballaggio c’è un tag Rfid che rileva alcuni parametri della polpa del frutto.
Per capire se l’avocado è maturo
In collaborazione con l’Università degli Studi di Torino e con Radio6ense, dell’Università di Roma Tor Vergata, Ilip ha realizzato un packaging intelligente in grado di dirci se un frutto sullo scaffale è maturo. Si chiama Smart Ripe e funziona grazie a un tag Rfid (Radio frequency identification) integrato nell’imballaggio. Il tag rileva alcuni parametri della polpa del frutto che vengono trasmessi a un terminale, il quale restituisce l’informazione desiderata: dall’indicazione maturo/ non maturo a consigli su come utilizzare il prodotto. Nel caso dell’avocado, per esempio, è possibile sapere se il frutto è pronto al consumo, non ancora maturo oppure “cremoso” e adatto alle salse. Al momento, la tecnologia è stata pensata per la frutta tropicale (avocado, mango, papaya), ma il principio può essere applicato ad altri tipi di frutta o di ortaggi. «Smart Ripe è la prima tecnologia in grado di monitorare in tempo reale e in modo non invasivo le caratteristiche del prodotto fresco. Con questa novità apriamo le porte a numerose applicazioni, in grado di migliorare la gestione dell’ortofrutta sul punto vendita e l’esperienza di acquisto del consumatore» commenta Luigi Garavaglia, r&d manager di Ilip
Da sempre impegnata nella ricerca di packaging in grado di preservare la qualità e la bontà dell’alimento confezionato, ILIP unisce alle elevate performance tecniche e meccaniche dei suoi prodotti l’attenzione all’ambiente.
Il packaging sostenibile di ILIP
T2T R-PET® è l’acronimo di “tray to tray” in PET riciclato, di vassoi in R-PET prodotti riciclando vassoi in PET o R-PET post consumo. Si tratta della realizzazione dell’obiettivo del “closed loop”, ovvero del “ciclo chiuso”, non solo interno al Gruppo ILPA grazie all’integrazione verticale del riciclo, ma anche grazie al riciclo di imballaggi per alimenti in PET. Tutti gli imballaggi in R-PET di ILIP sono realizzati non solo con bottiglie, ma anche con cestini e vassoi in PET riciclati.
La gamma di vassoi per il Fresh Food Packaging è stata progettata seguendo la logica dell’EcoDesign per avere le migliori performance con il minimo utilizzo di materiale e nell’ottica dell’Economia Circolare per un fine vita finalizzato al riciclo dei vassoi. I vassoi della linea EVO in R-PET hanno un contenuto fino al 80% di riciclato e sono al 100% riciclabili nel flusso della plastica PET. La linea IlipBio in Mater-Bi® invece è certificata compostabile e conforme alla norma Europea EN 13432. La vita dei vassoi compostabili ha un nuovo inizio nel riciclo organico e il risultato di questo processo è il compost.
Le più recenti innovazioni nell’ambito Fresh Produce Packaging sono state sviluppate nell’ottica di ridurre la quantità della materia prima impiegata e di offrire materiali rinnovabili in combinazione con la plastica, come nel caso di ezy:split, il primo cestino ibrido in R-PET e cartoncino pensato per il confezionamento dei prodotti di frutta e verdura premium. Grazie al supporto in cartoncino, la componente in plastica è stata ridotta del 45%. Un vantaggio di questo imballaggio è la facilità di riciclo, dal momento che le due componenti sono completamente separabili.
Sempre con l’obiettivo di coniugare la riduzione degli sprechi alimentari e dell’impatto ambientale del packaging, ILIP ha sviluppato l’innovativo cestino termosaldabile B40 Air Wave in R-PET, che, grazie al fondo bombato, ammortizza gli urti ed elimina la necessità di aggiungere il pad con microbolle in plastica o di cellulosa sul fondo. La soluzione B40 Air Wave è stata pensata per il confezionamento automatico di frutti delicati come frutti di bosco, pomodorini, fragole, uva e ciliegie.
L’attenzione alla sostenibilità del packaging è alla base del lavoro di La Doria, che autoproduce il 97,5% delle scatole in banda stagnata riducendo gli spostamenti del pack e contribuendo sensibilmente alla sua sostenibilità.
La Doria: Terra, Impegno, Passione
La Doria produce e commercializza nel mondo pomodori e legumi conservati, sughi pronti, succhi e bevande di frutta. Fondata nel 1954 ad Angri, in provincia di Salerno, dalla famiglia Ferraioli, l’azienda nei decenni è cresciuta fino a diventare oggi la prima produttrice europea di sughi pronti a marchio delle catene distributive.
«Oltre alla qualità della materia prima anche l’attenzione alla sostenibilità del packaging è alla base del nostro lavoro», dice Elena Maggi, internal audit & corporate sustainability director di La Doria. L’azienda autoproduce il 97,5% delle scatole in banda stagnata, il packaging più utilizzato, negli stabilimenti di Sarno e Angri, nei quali è concentrata la produzione. Questo consente di ridurre gli spostamenti del pack contribuendo sensibilmente alla sua sostenibilità. Il 100% delle scatole è inoltre interamente riciclabile. «L’acciaio con cui sono fatte mantiene inalterate le proprietà nel tempo nonostante i trattamenti ripetuti e può essere riciclato numerose volte senza richiedere l’aggiunta di additivi o di altro materiale primario», continua la manager.
Negli ultimi anni La Doria ha ridotto anche lo spessore delle scatole e la grammatura delle bottigliette e dei vasetti in vetro, per rendere più sostenibile il packaging dei prodotti maggiormente venduti. Sono stati, inoltre, completati progetti per sostituire l’imballaggio secondario in plastica con cartoncino certificato. Oggi le carte che vengono utilizzate per il confezionamento dei succhi di frutta e delle bevande e in parte delle passate di pomodoro, dei sughi e dei legumi sono in materiali riciclabili e Fsc100%. Questa certificazione garantisce
che la foresta da cui viene ricavato il materiale per la carta è gestita secondo gli alti standard ambientali, sociali e legali dell’ente di controllo. «Dal 2023 sempre più clienti scelgono questi imballaggi, perché diversi studi hanno dimostrato che hanno un’impronta di carbonio inferiore del 63% rispetto ai vasetti di vetro», afferma Elena Maggi. Infine, l’azienda ha proposto a molti clienti il noleggio dei pallet per il trasporto delle merci in Chep. Questo consente di utilizzare le pedane un numero di volte maggiore riducendo l’impatto ambientale. «La Doria con l’utilizzo di questo sistema ha risparmiato 220 metri cubi di legno, salvando 213 alberi; ha ridotto di 271 tonnellate la Co2, pari a 6 viaggi in camion intorno alla Terra e 21 tonnellate di scarti pari a 5 camion di rifiuti» conclude la manager.
Un trasporto più leggero per l’ambiente
Per una food company l’impegno per la sostenibilità del packaging non può prescindere dai materiali che vengono utilizzati per l’ingresso delle materie prime negli stabilimenti e per l’invio ai clienti dei prodotti finiti. I legumi, per esempio, vengono trasportati in grandi sacchi che, dopo l’utilizzo, normalmente sono gettati. La Doria e il suo fornitore si sono accordati per la fabbricazione di un prodotto che possa essere riutilizzato più volte, circa 20, prima della sua eliminazione. Una volta che La Doria riceve i legumi in stabilimento, recapita il sacco al fornitore che lo pulisce, lo ripara dagli eventuali strappi causati dal trasporto e lo rinvia poi ai fornitori che lo utilizzano nuovamente per la successiva raccolta delle materie prime. Un progetto simile è stato introdotto anche per i cassoni con cui vengono trasportati i pomodori dai campi agli stabilimenti. In questo caso si tratta di contenitori di plastica che vengono utilizzati più volte fino a quando non si rompono; quando non servono più, i cassoni vengono inviati a una ditta specializzata che li frantuma e riutilizza la plastica.
L’alternativa naturale alla plastica
Il cartone Pure-Pak® è un’alternativa sostenibile alle bottiglie di plastica, conveniente e preferita dai consumatori. Scegliere un packaging fiber-based per conservare liquidi è meglio sia per il consumatore che per l’ambiente.
Secondo Tetra Pak, il riciclo post consumo è un investimento per il nostro futuro.
L’azienda investe nell’innovazione del materiale di confezionamento per migliorarne le prestazioni ambientali, riducendo l’utilizzo di plastica e di alluminio.
La forma del latte. Tetra Pak, l’innovazione continua
Fondata oltre 70 anni fa in Svezia da Ruben Rausing, Tetra Pak, oggi il principale fornitore mondiale di imballaggi per alimenti, deriva il suo nome dal primo prodotto lanciato con grande successo nel 1951. Si trattava del rivoluzionario cartoncino per la conservazione e il trasporto del latte, che poteva sostituire le pesanti e più fragili bottiglie di vetro. Questo contenitore aveva la forma di un tetraedro, una sorta di cilindro a quattro facce, molto più pratico per la logistica e per il trasporto. Oggi l’azienda, partita con sette dipendenti, ne ha circa 25.000. È una multinazionale che garantisce sicurezza e disponibilità di cibo in 160 paesi, ma collabora con fornitori e clienti anche per ridurre l’impatto ambientale.
«Crediamo che il riciclo post consumo sia un investimento per il nostro futuro. - dice Francesca Priora, sustainability director Tetra Pak Iberia e South Europe - Investiamo globalmente fino a 100 milioni di euro l’anno nell’innovazione del materiale di confezionamento, per migliorarne ulteriormente le prestazioni ambientali. Questo include la riduzione dell’utilizzo di plastica e di alluminio e l’aumento del contenuto di fibre. Un risultato importante è stato il lancio di un cartone asettico per bevande con una barriera a base di carta. Realizzato con circa l’80% di cartone, la nuova confezione aumenta il contenuto rinnovabile al 90%».
Per la salvaguardia dell’ambiente è molto importante anche la provenienza della materia prima utilizzata per le confezioni. «L’azienda utilizza materiali rinnovabili provenienti da foreste gestite in modo responsabile, come le foreste certificate dalla Forest Stewardship Council. Fsc è di una Ong internazionale senza scopo di lucro che opera per prendersi cura delle foreste,
proteggendo le specie vegetali e animali, e ha dato vita a un sistema di certificazione riconosciuto internazionalmente. Nel 2024 Tetra Pak ha ottenuto inoltre per l’ottavo anno consecutivo una “A” per la trasparenza sulle foreste» continua la manager. È un riconoscimento assegnato alla società da parte dell’organizzazione ambientale globale no-profit Cdp (Carbon Disclosure Project). «Tetra Pak si è assicurata il posto nella sua “A List” annuale per la sua leadership in materia di trasparenza aziendale e di performance nella categoria Forests» conclude Francesca Priora. Le aziende della “A List” sono infatti quelle che, secondo Cdp, sono meglio attrezzate per intraprendere azioni positive per il clima e hanno un quadro più preciso dei loro impatti ambientali.
I numeri della sostenibilità
«Tetra Pak ha ridotto del 20% le emissioni lungo tutta catena del valore dal 2019 al 2023. Oggi quasi il 90% dell’elettricità che utilizziamo proviene solo da fonti rinnovabili e abbiamo l’ambizione di raggiungere l’azzeramento delle emissioni di tutte le nostre attività entro il 2030» dice Francesca Priora, sustainability director Tetra Pak Iberia e South Europe. Tetra Pak a livello globale investe 40 milioni di euro in programmi di riciclo in tutto il mondo, collaborando con oltre 200 impianti di riciclo. Nel Report di Sostenibilità 2023 si registra un aumento del 7% di confezioni raccolte e avviate al riciclo, circa 1,3 milioni di tonnellate.
Elopak non limita i suoi obiettivi a una semplice riduzione dell’uso della plastica, ma riconsidera l’intero ciclo di vita degli imballaggi, dalla produzione al riciclo.
Elopak: reinventare il packaging per un futuro sostenibile
Nel contesto di un dibattito sempre più acceso sul cambiamento climatico e sull’impatto ambientale, Elopak si distingue per il suo approccio concreto al packaging sostenibile. L’azienda non limita i suoi obiettivi a una semplice riduzione dell’uso della plastica, ma riconsidera l’intero ciclo di vita degli imballaggi, dalla produzione al riciclo, focalizzandosi su un uso più efficiente di tutte le risorse disponibili. L’obiettivo è chiaro: integrare sostenibilità e innovazione per contribuire a un’economia circolare.
Nel 2023, Elopak ha conseguito risultati tangibili, dimostrando che la sua strategia di sostenibilità sta producendo effetti concreti. Tra i risultati più rilevanti vi è la riduzione del 33% delle emissioni Scope 1 e 2 rispetto ai livelli del 2020. Le emissioni Scope 1 sono quelle dirette, generate dall’attività aziendale, come il consumo di combustibili, mentre le Scope 2 riguardano le emissioni indirette, legate al consumo di energia elettrica. Questo traguardo è stato raggiunto grazie a diverse iniziative, tra le quali spicca il progetto di riutilizzo del calore negli impianti produttivi di Montreal, che ha consentito una riduzione del 60% nell’uso di gas naturale. Questo intervento non ha solo ridotto il consumo di risorse fossili, ma anche creato un modello replicabile per gli altri impianti.
Un altro passo fondamentale verso la riduzione delle emissioni globali è stato l’adozione dell’elettricità rinnovabile al 100% in tutte le sedi operative. Questa scelta è la conferma di un impegno concreto verso la transizione energetica, rendendo Elopak una delle poche aziende del settore che ha implementato l’uso esclusivo di energie rinnovabili a livello globale. L’azienda ha fissato obiettivi ambiziosi anche per il futuro. Entro il 2030 prevede che, all’interno del mercato europeo, il 100% dei cartoni per bevande sarà composto da materiali rinnovabili o riciclati. Un esempio visibile di questa transizione è l’aumento dell’uso di cartoni con polimeri bio-circolari e con fibre di carta certificata Fsc, un marchio che garantisce che i materiali provengano da foreste gestite in maniera responsabile.
Un aspetto importante della strategia di Elopak è anche la collaborazione con i propri fornitori e partner lungo la catena di approvvigionamento. Nel 2023 circa il 97% dei fornitori di materie prime ha aderito al Codice di condotta globale dell’azienda, che impone criteri rigorosi in termini di sostenibilità ambientale e responsabilità sociale. L’obiettivo è assicurare che l’intera catena del valore segua gli stessi standard elevati di sostenibilità, contribuendo così a ridurre ulteriormente le emissioni Scope 3, quelle legate all’intero ciclo di vita dei prodotti.
I materiali: soluzioni concrete per un packaging alternativo alla plastica Elopak utilizza una combinazione di materiali innovativi e sostenibili per ridurre l’impatto ambientale del packaging. I cartoni Pure-Pak sono realizzati prevalentemente in carta, proveniente da fonti certificate Fsc, garantendo la gestione responsabile delle foreste. Circa il 75% dei materiali è composto da fibra di legno, il che contribuisce a ridurre le emissioni di Co2 associate al ciclo produttivo. Inoltre, Elopak ha introdotto polimeri bio-circolari a base di tallolo, un sottoprodotto della lavorazione della carta, che consente di ridurre l’uso di plastica derivata da fonti fossili. Si tratta di materiali certificati Iscc Plus, un sistema che garantisce l’uso di risorse rinnovabili lungo tutta la catena di fornitura. Questa innovazione permette di ridurre significativamente l’impronta di carbonio e promuove l’economia circolare, eliminando l’uso di plastica convenzionale.
Sealed Air e le mille bolle circolari
Sealed Air, l’azienda specializzata in imballaggio, che ha la sede principale a Charlotte, nella Carolina del Nord, impiega 17.500 dipendenti e opera in 114 Paesi; recentemente ha ottenuto la certificazione EN 15343 per la sua gamma di soluzioni di imballaggio protettivo, tra le quali schiume in polietilene e cuscini d’aria, oltre all’imballaggio alimentare vacuum skin.
Questa certificazione europea verifica e garantisce la percentuale di plastica riciclata utilizzata nello sviluppo delle diverse soluzioni dell’azienda che favorisce un’economia circolare. In alcuni casi, l’uso di contenuti riciclati può anche garantire la conformità con la legislazione locale e mitigare le imposte finanziarie. La certificazione prevede un audit in loco da parte di un ente accreditato, con valutazioni che si concentrano sulla conformità e sulla tracciabilità. L’audit per Sealed Air è stato condotto da Aenor, ente leader in tutto il mondo nella dimensione delle certificazioni di prodotti, servizi, sistemi di gestione.
La certificazione ha incluso due prodotti della linea di cuscini d’aria, Fill-Air Extreme, che contengono rispettivamente almeno il 95% e il 50% di plastica riciclata post-consumo. Inoltre, sono stati certificati come contenenti livelli minimi di plastica riciclata del 15%, 30%, 50% e 60% anche quattro prodotti della gamma di cuscini d’aria Bubble Wrap Brand AirCap.
L’audit condotto da Aenor ha verificato che la schiuma in polietilene Cellu-ProTM contiene almeno il 95% di materiale riciclato. Inoltre, tre schiume fabbricate delle gamme Stratocell e Cellu-Cushion sono state certificate con percentuali di contenuto riciclato che includono minimi del 5% e del 20%.
Hanno ottenuto la certificazione EN 15343 anche cinque soluzioni della famiglia di imballaggi sottovuoto vacuum skin Cryovac Brand Darfresh di Sealed Air, destinati ad applicazioni alimentari. Tra questi, i film inferiori utilizzati tipicamente per confezionare pesce e frutti di mare, con livelli minimi di plastica riciclata che variano dal 50% all’80%.
«Con l’ottenimento di questa certificazione, Sealed Air dimostra il proprio impegno verso la sostenibilità e la responsabilità ambientale. Questo aspetto è sempre più rilevante in un contesto in cui l’industria del packaging si sforza di ridurre la propria impronta di carbonio e minimizzare i rifiuti» dichiara Riccardo Castagnetti, executive director strategic marketing di Sealed Air. L’utilizzo di materiali riciclati negli imballaggi può aiutare le aziende a soddisfare le aspettative dei consumatori in termini di pratiche sostenibili, migliorare la reputazione del marchio e prepararsi meglio per un’economia circolare.
In principio fu una carta da parati Sealed Air nasce quasi 70 anni fa negli Stati Uniti grazie a un’idea per la tappezzeria. Nel 1957 l’ingegnere americano Alfred Fielding e l’inventore svizzero Marc Chavannes decisero di creare una carta da parati in plastica, realizzata attraverso la laminazione di due fogli di plastica uniti da uno strato composto da bolle d’aria. La loro invenzione non prese mai piede come decorazione d’interni, ma Fielding e Chavannes scoprirono che il peso leggero del nuovo materiale e le sue proprietà isolanti potevano essere molti utili come materiale per l’imballaggio. Nel 1960 nasce così il Bubble Wrap, la nota plastica a bolle. Un’invenzione rivoluzionaria, che consentiva di risparmiare sui costi totali grazie alla riduzione del materiale utilizzato per gli imballaggi e di ridurre le perdite che potevano derivare da colpi subiti dai prodotti durante il trasporto.
Sealed Air, con la certificazione EN 15343 ottenuta, dimostra il proprio impegno verso la sostenibilità e la responsabilità ambientale.
L’utilizzo di materiali riciclati negli imballaggi può aiutare le aziende a soddisfare le aspettative dei consumatori in termini di pratiche sostenibili, migliorare la reputazione del marchio e prepararsi meglio per un’economia circolare.
Certificazioni e Modello 231: qualità e affidabilità per Logistica Uno
Logistica Uno, leader nel settore logistico, considera le certificazioni un pilastro fondamentale per garantire qualità e affidabilità ai clienti. La nostra azienda è impegnata a mantenere elevati standard attraverso riconoscimenti come IFS Logistics, Bio e FDA e ISO 9001, che attestano la sicurezza e qualità nei processi logistici e la conformità alle normative internazionali.
www.logisticauno.it
Le certificazioni Sedex, Ecovadis, ISO 45001 e ISO 14001 testimoniano il nostro impegno verso pratiche sostenibili, etiche e responsabili, con un’attenzione particolare alla riduzione dell’impatto ambientale e alla tutela dei lavoratori.
Inoltre, stiamo adottando il Modello Organizzativo 231/01, un sistema volontario che integra codice etico, procedure e un sistema sanzionatorio per prevenire reati e illeciti aziendali.
Attualmente siamo nella fase di mappatura, con l’adozione completa prevista entro il 2025, rafforzando la nostra governance e capacità di gestione dei rischi
Questi impegni non sono solo traguardi, ma rappresentano un punto di partenza per il miglioramento continuo, offrendo ai nostri clienti la certezza di un partner che rispetta i più alti standard di eccellenza, sicurezza e sostenibilità
Certificazioni di sostenibilità: uno strumento strategico per le imprese
Le certificazioni rappresentano per le aziende uno strumento fondamentale per comunicare in modo credibile il proprio impegno verso modelli di business più responsabili.
Il 36,4% delle imprese di servizi che hanno adottato politiche di sostenibilità ha anche ottenuto una certificazione.
La transizione verde ha bisogno delle certificazioni per essere più efficace, ma nel fitto panorama dei marchi di sostenibilità occorre fare chiarezza e distinguere tra marchi autoprodotti e quelli che passano per standard rigorosi e verifiche indipendenti.
Nel contesto di una crescente attenzione alla sostenibilità da parte di consumatori e stakeholder, le certificazioni rappresentano per le aziende uno strumento fondamentale per comunicare in modo credibile il proprio impegno verso modelli di business più responsabili. Dalle performance ambientali dei prodotti al rispetto dei diritti dei lavoratori lungo la filiera, fino all’efficienza dei processi logistici, si tratta di un’ampia gamma di strumenti che offrono una garanzia di conformità a standard riconosciuti a livello internazionale. Ma questi strumenti fanno fatica ad affermarsi in modo capillare a causa della scarsa trasparenza delle affermazioni ambientali in genere e dei marchi volontari e autoprodotti in particolare.
L’evoluzione della sostenibilità nel tessuto produttivo italiano
Secondo i dati del Rapporto Annuale Istat 2023, nel 2022 il 59,5% delle imprese manifatturiere italiane ha intrapreso azioni di sostenibilità e le azioni più diffuse riguardano la tutela ambientale (50,3%), la sostenibilità sociale (44,6%) e quella economica (36,8%). Tra gli investimenti prioritari per il futuro, spiccano l’utilizzo di energie rinnovabili e l’efficientamento energetico. Sul fronte delle certificazioni, il 36,4% delle imprese di servizi che hanno adottato politiche di sostenibilità ha anche ottenuto una certificazione. I sistemi di gestione più gettonati sono quelli per la qualità (ISO 9001, 24,2% delle imprese) e per l’ambiente (ISO 14001, 23,7%). Da segnalare anche il boom della certificazione della parità di genere (UNI/ Pdr 125:2022), che in due anni di vita ha raggiunto il quarto posto tra le certificazioni con oltre 11mila siti aziendali certificati (Banca dati Accredia).
Il ruolo delle certificazioni per la credibilità dei green claim
L’Ue ha puntato proprio sulle certificazioni per dare certezze ai consumatori e combattere il greenwashing.
La direttiva Ue 825/2024 sulle pratiche commerciali sleali introduce criteri più stringenti per l’utilizzo di marchi di sostenibilità sui prodotti.
Nonostante questi progressi, le certificazioni faticano ancora ad affermarsi come garante della veridicità dei claim di sostenibilità soprattutto quando si parla di prodotti del largo consumo. Basti pensare che secondo i dati dell’Osservatorio Immagino 2024-2, su circa 140mila referenze presenti in Gdo, solo il 10% vanta una certificazione in qualche modo legata alla sostenibilità (Csr, materie prime certificate ecc.), e appena l’1,6% fa riferimento all’analisi del ciclo di vita (Lca) che è invece l’approccio che offre maggiore trasparenza e affidabilità. Un dato questo che fa riflettere, considerando che sin dalle prime battute l’Ue ha puntato proprio sulle certificazioni per dare certezze ai consumatori e combattere il greenwashing.
standard che dall’azienda certificata. Un requisito che mira a rafforzare l’imparzialità e la credibilità delle certificazioni, prevenendo conflitti di interesse e pratiche di greenwashing. Dal recepimento della direttiva previsto per gli stati membri nel settembre 2026 saranno bandite, quindi, le centinaia di marchi di vario tipo che troviamo sui prodotti e sulle brochure aziendali che non rispettano questi criteri e che, a volte, sono creati dall’azienda stessa per dare risalto alle proprie scelte green senza verificarne l’efficacia ambientale in modo scientifico.
Le certificazioni come leva per la transizione sostenibile
Le certificazioni possono rappresentare una leva strategica per le imprese che vogliono distinguersi sul mercato e conquistare la fiducia di consumatori.
Nuove regole Ue per rafforzare la credibilità dei marchi green
In questo contesto, assume particolare rilevanza la direttiva Ue 825/2024 sulle pratiche commerciali sleali, che introduce criteri più stringenti per l’utilizzo di marchi di sostenibilità sui prodotti. Le aziende che vorranno esibire un green claim dovranno utilizzare un marchio pubblico (come Ecolabel o il nostro “Made Green in Italy”) oppure affidarsi a uno schema di certificazione basato su uno standard aperto, trasparente e non discriminatorio, sviluppato con il contributo di esperti e parti interessate. Inoltre, la direttiva impone che la conformità a tale standard sia verificata da un organismo terzo indipendente, sia dal titolare dello
In un contesto in cui la sostenibilità diventa sempre più un fattore competitivo, le certificazioni possono rappresentare una leva strategica per le imprese che vogliono distinguersi sul mercato e conquistare la fiducia di consumatori sempre più attenti e consapevoli. Ma per svolgere appieno questo ruolo risulta essenziale l’intervento chiarificatore della direttiva europea che lascia spazio alle certificazioni serie e verificate da terze parti di cui abbiamo numerosi esempi virtuosi, liberando il mercato dalla selva dei marchi di sostenibilità volontari e autoprodotti - l’Ue ne ha contati oltre 200 - che dovranno evolvere verso standard più rigorosi, verifiche indipendenti e una comunicazione che aiuti il consumatore a capire e confrontare i prodotti e i valori ambientali. In questo nuovo scenario le certificazioni di sostenibilità potranno diventare uno strumento davvero efficace per guidare la transizione verso un’economia più sostenibile, creando valore per le aziende, i consumatori e l’intera collettività.
Dall’osservatorio quotidiano di Rina emerge come, in ambito Esg, le organizzazioni abbiano una maggiore sensibilità per gli aspetti di carattere social, seguiti da quelli in ambito governance ed environment.
Lo scenario delle certificazioni Esg visto dal campo: la fotografia di
Rina
Per avere un’idea di quale sia lo scenario attuale abbiamo chiesto a Luigi Bottos, head of environmental, social & governance product management di Rina di darci una fotografia del momento.
«Dall’osservatorio quotidiano di Rina emerge come, in ambito Esg, le organizzazioni abbiano una maggiore sensibilità per gli aspetti di carattere social, seguiti da quelli in ambito governance ed environment. Le aree tematiche dell’ambito social mostrano un livello di presidio più elevato rispetto agli altri due pillar, che si traduce in una buona organizzazione delle aziende nell’affrontare queste questioni. Tuttavia, esiste una discrepanza significativa tra il presidio delle tematiche e l’effettiva capacità delle aziende nel monitorarle e rendicontarle. Nel pilastro governance, le aree del comportamento etico e dell’occupazione evidenziano un
buon presidio aziendale. Al contrario, la gestione della value chain, l’innovazione di servizi e prodotti e il coinvolgimento degli stakeholder mostrano un presidio basso e necessità di attenzione. Nell’ambito environment, le diverse aree mostrano un livello di organizzazione aziendale superiore rispetto alla presenza di strumenti e metodologie per il monitoraggio dei rispettivi Kpi».
Il 79% delle aziende intraprendere azioni di mobilità sostenibile, il 95% impiegare energia rinnovabile e l’89% autoprodurre elettricità da fonti rinnovabili
La principale azione di Dsv si concentra sul piano di decarbonizzazione che la vede impegnata, coerentemente agli obiettivi ambiziosi adottati dal gruppo, nella riduzione delle emissioni di Co2 scope 1&2 del 50% e di scope 3 del 30% al 2030.
Otto aziende su 10 hanno formalizzato una policy che garantisce salute e sicurezza sul luogo di lavoro
Certificazione e misura scientifica: i due pilastri dell’impegno Dsv per la transizione
Il tema delle certificazioni rimane un elemento centrale nelle politiche di sostenibilità delle aziende, nonostante vi sia un progressivo allontanamento determinato, tra le altre cose, dall’adeguamento della normativa europea, in particolare la direttiva 825/2024, che vira in modo significativo su altri contenuti. «Sono molteplici le tipologie di certificazioni e di rating che forniscono un’indicazione sul livello di attenzione che l’azienda ha maturato in materia di sostenibilità relativamente alle caratteristiche degli edifici, alla gestione ambientale, alla gestione della flotta o a quella delle persone, per citarne solo alcune. - dichiara Massimiliano Rossetti, senior manager head of sustainability, global solutions division di Dsv - Allo stesso tempo, molte certificazioni rischiano di essere un terreno scivoloso in quanto non ci forniscono una chiara visione della performance in termini quantitativi. Questo è possibile utilizzando un indicatore come la Carbon Footprint. La principale azione di Dsv si concentra, attraverso un approccio orientato ai dati, sul
piano di decarbonizzazione che ci vede impegnati, coerentemente agli obiettivi ambiziosi adottati dal gruppo, nella riduzione delle emissioni di Co2 scope 1&2 del 50% e di scope 3 del 30% al 2030. Inoltre, l’obiettivo al 2050 è di raggiungere net zero nelle nostre attività, in linea con lo standard SBTi. Di conseguenza il calcolo e il monitoraggio della Co2 generata dall’attività di trasporto e di warehousing, oltre che di tutti i kpi connessi a essa, diventano elementi centrali del vocabolario e, soprattutto, strumenti operativi dell’agenda di Dsv».
Logistica Uno ha ottenuto negli ultimi anni una serie di importanti certificazioni che testimoniano il suo impegno verso la qualità, la sicurezza e la sostenibilità dei suoi servizi.
Logistica Uno punta su certificazioni e sostenibilità
Logistica Uno, azienda specializzata nel settore logistico italiano, sta dimostrando un impegno sempre maggiore verso la qualità, la sicurezza e la sostenibilità dei suoi servizi. L’azienda ha negli ultimi anni ottenuto e mantenuto una serie di importanti certificazioni che testimoniano il suo impegno in questi ambiti. «Le certificazioni sono un pilastro essenziale per garantire la qualità e l’affidabilità dei servizi offerti ai nostri clienti. - afferma Gianluca Cornelli, amministratore delegato di Logistica Uno - E rappresentano un riconoscimento formale delle nostre competenze e del nostro impegno per la qualità e la sicurezza».
capacità di prevenire e gestire eventuali rischi legati alla responsabilità aziendale». L’impegno di Logistica Uno verso standard elevati non è solo una questione di conformità, ma una strategia aziendale a lungo termine. Come conclude l’ad Cornelli: «La nostra dedizione a questi aspetti è un segno tangibile della qualità dei servizi che offriamo e della fiducia che i clienti possono riporre in noi, oggi e in futuro». Un approccio innovativo che potrebbe segnare una nuova tendenza nel settore logistico, ponendo Logistica Uno all’avanguardia non solo in termini di efficienza operativa, ma anche di responsabilità sociale e ambientale.
Tra le certificazioni ottenute spicca la Ifs Logistics che attesta la qualità e la sicurezza dei processi logistici.
Tra le certificazioni ottenute spicca la Ifs Logistics che attesta la qualità e la sicurezza dei processi logistici. L’azienda ha inoltre ottenuto la certificazione Bio per lo stoccaggio e la distribuzione di prodotti biologici, e la certificazione Fda, cruciale per l’esportazione di prodotti alimentari e farmaceutici negli Stati Uniti. L’ad sottolinea: «Il nostro impegno verso pratiche sostenibili, etiche e responsabili è testimoniato dalle certificazioni Sedex ed Ecovadis. Le certificazioni ISO 9001, ISO 45001 e ISO 14001 completano il quadro, assicurando che le nostre politiche e procedure siano orientate alla qualità del servizio, alla sicurezza e alla sostenibilità ambientale». Ma Logistica Uno non si ferma alle certificazioni. L’azienda sta adottando un approccio integrato che abbraccia tutti i temi Esg (Environmental, Social, Governance). «La nostra visione aziendale non si limita alle certificazioni, ma abbraccia un approccio olistico che integra i temi Esg. Questo è fondamentale per garantire che le nostre attività siano non solo efficienti e sicure, ma anche sostenibili e socialmente responsabili», spiega il manager.
Un passo importante in questa direzione è l’adozione del Modello Organizzativo ai sensi del D.Lgs. 231/01. «Attualmente siamo al primo step del processo dedicato alla mappatura, ma prevediamo di adottare completamente il modello entro il 2025. Questo passaggio rappresenterà un ulteriore rinforzo alla nostra già solida struttura di governance, aumentando la nostra
Il trasporto combinato è più green Logistica Uno si è specializzata nel trasporto Co2 combinato delle merci sulle lunghe distanze con la nuova divisione Rail che va a potenziare i propri servizi intermodali. L’azienda offre soluzioni door-to-door integrando tratte su gomma e su rotaia, con o senza trasbordo delle merci, collegando i principali distretti industriali e logistici in Italia e in Europa. La flotta di Logistica Uno comprende vagoni dedicati per diverse tipologie di merce, dai prodotti alimentari ai materiali siderurgici. Grazie alla collaborazione con i maggiori player ferroviari, l’azienda può offrire il trasporto di singole unità intermodali come casse mobili, container e semirimorchi. Presso i terminal di Logistica Uno, ai servizi di trasporto si affiancano servizi accessori personalizzati come stoccaggio e lavorazioni dedicate. Il trasporto combinato permette di ridurre le emissioni di Co2 rispetto alla sola modalità stradale. Logistica Uno, in collaborazione con GreenRouter, fornisce report mensili certificati per rendicontare ai clienti le emissioni generate dalle loro spedizioni. Negli ultimi 3 anni, a fronte di una crescita dei volumi del 20%, l’azienda ha ridotto dell’1,5% il rapporto tra emissioni e volumi trasportati, dimostrando l’efficacia ambientale dell’intermodalità.
Cameo e la certificazione per la parità di genere: un traguardo di inclusività e innovazione
Cameo ha recentemente ottenuto la certificazione per la parità di genere UNI/PdR 125:2022: un riconoscimento che testimonia l’impegno costante dell’azienda verso la creazione di un ambiente di lavoro inclusivo, equo e orientato alla valorizzazione delle diversità.
Monica Chiari, executive manager people & culture di Cameo, racconta il percorso che ha portato a questo traguardo, le iniziative intraprese e i futuri progetti aziendali.
Cameo ha recentemente ottenuto la certificazione per la parità di genere UNI/PdR 125:2022. Potete raccontarci come questo riconoscimento influisce sulla vostra attività?
La parità di genere e i temi a essa affini rappresentano un impegno intrinseco all’azienda da ormai diversi anni. Nel 2016 abbiamo iniziato a trattare le tematiche di diversità, equità e inclusione attraverso un progetto dedicato nato dalla voce dei collaboratori, emersa dall’indagine di clima. Nel 2018, Cameo è stata la prima azienda alimentare in Italia a essere riconosciuta e certificata da un istituto privato per il trattamento e le ottime pratiche interne in ambito gender equality. Questo riconoscimento è stato il frutto di anni di lavoro, durante i quali la strategia e la progettualità su questi temi si sono solidificate a tutti i livelli aziendali. Oggi, con orgoglio, possiamo dire che più del 50% delle donne in azienda ricopre anche posizioni manageriali. L’ascolto delle persone è stato sempre centrale nelle nostre decisioni, anche per l’ottenimento della certificazione
UNI/PdR 125:2022. Abbiamo avviato una serie di workshop strategici con il leadership team e una survey per mappare lo stato dell’arte percepito dai nostri collaboratori.
Questo ci ha permesso di delineare il percorso migliore per ottenere la certificazione, che abbiamo ricevuto lo scorso dicembre dal Consiglio dei Ministri. È un segno tangibile del nostro costante impegno verso il progresso sociale e aziendale.
Quali sono le principali iniziative che Cameo sta implementando per rafforzare la diversità e l’inclusione all’interno dell’organizzazione? Ci sono specifici obiettivi o programmi che avete messo in atto?
L’ottenimento della certificazione attesta il nostro impegno nel creare un ambiente di lavoro equo e inclusivo. Promuoviamo la parità tra uomini e donne in ogni fase del rapporto di lavoro, dalla selezione al trattamento retributivo, fino ai percorsi di formazione e avanzamento di carriera. Abbiamo introdotto un Sistema di Gestione per la Parità di Genere, conforme alla normativa UNI/PdR 125:2022, che ci permette di monitorare e migliorare continuamente le nostre politiche in questo ambito. Inoltre, abbiamo adottato misure per accrescere la consapevolezza sui temi di diversità, equità e inclusione, attraverso programmi di formazione e comunicazione interni. Infine, diffondiamo la nostra politica di parità di genere, promuovendo un linguaggio rispettoso delle differenze e lontano dagli stereotipi.
Quali saranno i prossimi passi e quali nuovi progetti intendete lanciare a breve? Dopo la prima survey aziendale abbiamo approfondito le evidenze emerse attraverso una serie di focus group, per capire come possiamo migliorare ulteriormente. Nei prossimi mesi lavoreremo alla definizione del nostro Manifesto per la Parità di Genere, un documento che delineerà i nostri obiettivi futuri. L’ottenimento della certificazione non è un punto di arrivo, ma un nuovo inizio. Questo ci permetterà di ampliare la nostra visione e introdurre nuove iniziative per creare un ambiente di lavoro sempre più inclusivo e attento alle esigenze dei singoli. Siamo molto soddisfatti dei risultati ottenuti fino a ora e il punteggio elevato raggiunto durante la fase di audit è per noi motivo di orgoglio. Ma guardiamo al futuro con l’obiettivo di raggiungere traguardi ancora più sfidanti.
L’impegno di Cameo verso la parità di genere e l’inclusione è un percorso in continua evoluzione, guidato dalla volontà di costruire un ambiente di lavoro dove ogni individuo possa sentirsi valorizzato e rispettato. La certificazione UNI/PdR 125:2022 rappresenta un traguardo importante, ma anche un punto di partenza per ulteriori progetti e iniziative innovative che contribuiranno a rendere Cameo un modello di eccellenza nel panorama aziendale italiano.
Human&Green Retail costruiamo la nuova stagione della sostenibilità
Costruiamo la nuova stagione dell’etica e della sostenibilità nel largo consumo: 4 tavoli tematici e 2 proposte progettuali da condividere con la business community del largo consumo.
L’edizione 2024 dello Human&Green Retail Forum - 16 ottobre, Palazzo Reale, Milano - sarà un’opportunità unica per confrontarsi su un tema centrale per il settore: come costruire insieme una nuova stagione della sostenibilità che sia più efficace ambientalmente e più vicina alle persone di quella appena trascorsa. C’è, infatti, una forte spinta al cambiamento alimentata dalla mutata sensibilità del mercato rispetto al greenwashing e dalle nuove norme europee. E in questo contesto il green sembra arrivato a una svolta: da un generico “facciamo tutti qualcosa di green” stiamo andando verso un’integrazione dei criteri scientifici nella comunicazione ambientale per stabilire cosa è green e cosa non lo è. Una rivoluzione che è destinata ad affermarsi e a cambiare le regole del gioco, a ridefinire il linguaggio e a dare nuove e concrete opportunità.
Alla base di questo cambiamento c’è un’evidenza: sino a oggi, il dispositivo green è stato un grande successo di marketingl’83,6% della spesa in Gdo va a prodotti che si dicono green (Osservatorio Immagino 2024) - a cui non corrisponde però una riduzione di impronta né relativa né in termini assoluti, come osserva anche l’Agenzia Europea per l’Ambiente nel suo rapporto sull’economia circolare. Di fronte alla complessità delle sfide che questo scenario ci pone è necessario adottare uno sguardo sistemico e un piano d’azione coordinato da parte di tutti gli attori del largo consumo - retailer, industria, filiera agroalimentare, istituzioni, stakeholder e professionisti della sostenibilità. Solo unendo le forze possiamo trovare risposte efficaci alle criticità attuali e ridisegnare il nostro approccio alla sostenibilità. Questo il messaggio di fondo del forum e da qui partiamo per costruire insieme la nuova stagione della sostenibilità.
L’umanità come fattore competitivo e il ruolo del retail nella transizione Lo Human&Green Retail Forum 2024 si aprirà con un tema di grande attualità: l’umanità come fattore competitivo. A introdurre la discussione sarà Giorgio Santambrogio, ad del Gruppo VéGé, con un keynote speech che esplorerà la funzione dei valori umani nel dare identità e competitività alle aziende della distribuzione moderna. A seguire, Enrico Giovannini, direttore scientifico di ASviS, approfondirà le criticità della transizione sostenibile e le possibili soluzioni che le nuove norme e l’azione coordinata dei retailer possono mettere in campo. I due interventi saranno discussi e commentati con Eleonora Graffione - presidente Coralis e presidente dell’associazione Donne del Retail - e Angelo Colombini - consigliere Inail, ex segretario Femca Cisl - in dialogo con Domenico Canzoniero - NDB Il Marketing Consapevole - e Riccardo Taverna, vice presidente PLEF e presidente WeGlad
Retail Forum 2024:
Affrontare le criticità, cogliere le opportunità
Nei quattro tavoli tematici del forum andremo ad approfondire le principali criticità emerse negli ultimi anni, concentrandoci su report di sostenibilità, green claims, economia circolare e filiera agroalimentare. La doppia materialità della Csrd, la decarbonizzazione e l’approccio Lca alla misura della sostenibilità, l’economia circolare tra riciclo e riuso, il ruolo della Gdo nella filiera agroalimentare: in ciascun ambito esploreremo le opportunità di cambiamento del settore e l’impatto delle nuove regole europee. I dettagli e i protagonisti dei tavoli sono disponibili nel programma.
Le proposte progettuali: Human&Green Retail People e Human&Green Retail Experience
In linea con lo spirito collaborativo del forum, abbiamo elaborato due proposte progettuali per tradurre il nostro impegno in azioni concrete HGR People, in collaborazione con ASviS, mira a diffondere la cultura della sostenibilità umana tra le persone che lavorano nel retail, affinché possano vivere con consapevolezza il loro ruolo cruciale nella transizione. Vogliamo fornire ai dipendenti del settore le conoscenze e gli strumenti per muoversi nella complessità delle sfide attuali e future, mettendo al centro quella coerenza tra le scelte ambientali e il prendersi cura delle persone che chiamiamo “sostenibilità umana” e a cui tutto il nostro lavoro si ispira. HGR Experience, in collaborazione con il Future Food Institute, si pone l’obiettivo di sperimentare l’applicazione dei principi della dieta mediterranea al retail moderno, con l’intento di aiutare i consumatori a fare scelte di spesa a bassa intensità carbonica e nutrizionalmente equilibrate Vogliamo esplorare come i fondamentali della distribuzione - gestione delle categorie, marca del distributore, selezione dell’offerta, offerte promozionali, comunicazione - possano essere riorientati per interpretare a pieno il ruolo della distribuzione come luogo chiave per le scelte di consumo.
Per maggiori informazioni e ricevere le schede di progetto scrivere a: info@plef.org
Coinvolgimento e collaborazione
Per entrambi i progetti, raccoglieremo le adesioni durante il forum e comunicheremo la composizione dei gruppi di lavoro che si occuperanno di sviluppare e implementare le idee proposte. L’obiettivo è dare continuità e concretezza all’impegno di tutti i partecipanti verso la transizione sostenibile. Siamo convinti che il settore retail possa e debba giocare un ruolo chiave nell’aiutare cittadini e aziende a fare la propria parte. La missione è chiara: rendere possibile una spesa conveniente, a basse emissioni e ad alto valore nutrizionale. Non sarà un percorso facile, ma gli studi del JRC (Joint Research Center) e di GS1-Sant’Anna che si discuteranno al forum ci dicono che non solo è possibile, ma è necessario trovare un equilibrio tra queste componenti se vogliamo davvero partecipare alla transizione umano-ecologica.
Lo Human&Green Retail Forum 2024 sarà il punto di partenza di questo percorso: vi aspettiamo il 16 ottobre per cominciare a costruire insieme la nuova stagione della sostenibilità! Iscrizioni e programma sul sito: www.greenretailforum.it Info: segreteriagenerale@plef.org - 02.39564687
Cortilia, un modello sostenibile di retail premiato da consumatori e produttori
ad di Cortilia e manager di lunga esperienza nel retail fisico, sarà tra i relatori del tavolo
“Filiera agroalimentare e ruolo del retail” dello Human&Green Re -
Dal 2011 polo alimentare modello, Cortilia si posiziona come il player sostenibile in grado di portare a casa dei clienti la spesa quotidiana di qualità. Connette infatti ogni giorno i propri clienti - consumatori consapevoli e attenti a salute e ambiente - con produttori e prodotti eccellenti del territorio, grazie all’apporto fonda-
Questo modello di sostenibilità si è rivelato vincente, come la crescita importante delle vendite testimonia: Cortilia nel corso del 2024 arriverà a fatturare intorno ai quarantacinque milioni di euro. Si tratta di una crescita del quindici per cento, tre volte superiore rispetto a quella del mercato e-commerce secondo i dati Nielsen e addirittura quindici volte superiore al mercato omnichannel del Retail italiano.
«I driver principali di questa crescita nascono dal rapporto con i nostri fornitori-partner, soprattutto con quel settanta per cento che si trova nel raggio di duecento chilometri dalla sede», dice Andrea Colombo. «Con loro creiamo legami che ci rendono davvero sostenibili e generano un processo virtuoso che premia stagionalità e tracciabilità dei prodotti del territorio».
Optime: l’elettronica
di consumo
fa sistema per essere
più green
Davide Rossi, presidente di Optime, parteciperà allo Human&Green Retail Forum del 16 ottobre intervenendo al tavolo “Green Claims e pratiche commerciali sostenibili”.
Che cos’è Optime e quando è nata?
Optime è una Federazione nata sette anni fa per volere delle imprese del retail dell’elettronica di consumo, insieme ad alcune imprese fornitrici, per tutelare il mercato dell’elettronica. Le tre associazioni sostenitrici sono: Aires, che riunisce le principali catene di elettronica di consumo, Ancra, l’associazione dei rivenditori indipendenti di elettronica di consumo e Applia Confindustria, il consorzio dei produttori di elettrodomestici. Nel tempo abbiamo avuto adesioni importanti da parte di altre componenti del mercato italiano: dalla vendita alla produzione, dai sistemi per il ritiro a quelli per il corretto smaltimento e recupero dei rifiuti elettronici. Oggi gli enti aderenti sono circa trenta.
Qual è la mission della fondazione?
La nostra federazione osserva il mercato dell’elettronica e, in un rapporto annuale, evidenzia i problemi, gli aspetti che possono essere migliorati. Molti tra questi temi riguardano l’ambiente, l’economia circolare e la sostenibilità. Ma c’è anche la questione della legalità e quella della libera concorrenza. Su questo fronte recentemente abbiamo segnalato alla guardia di finanza grandi quantitativi di sigarette elettroniche usa e getta, immesse sul mercato senza che venisse pagato l’ecocontributo, che sono state sequestrate. Per riuscirci abbiamo semplicemente realizzato un censimento di chi pagava e di chi non lo faceva e lo abbiamo consegnato a un nucleo speciale della guardia di finanza di Bologna che fa da intelligence per tutta Italia.
Il tema del riciclo dei rifiuti elettrici ed elettronici (Raee) è sotto i riflettori oggi. L’Italia da poche settimane è in procedura di infrazione per la loro mancata raccolta. In che modo Optime affronta il problema?
Il target europeo prevede il sessantacinque percento di recupero dei rifiuti elettronici rispetto all’immesso sul mercato. Noi siamo solo attorno al trentacinque. Per questo ci stiamo impegnando per una verifica dello smaltimento dei Raee nella direzione giusta. La domanda è: se vendo dieci lavatrici e solo cinque tornano nel circuito per essere riciclate, le altre cinque che fine fanno? È possibile che vengano correttamente gestite e non rendicontate, perché non sempre gli impianti di recupero e trattamento sono tenuti a comunicare questi dati al settore di coordinamento Raee. Ma ci sono impianti che non rendicontano semplicemente perché non smaltiscono correttamente: prendono le parti preziose del prodotto e il resto lo smaltiscono al di fuori dei circuiti legali. Per questo sono in corso delle azioni di verifica sui territori anche su questo tema. Veniamo al nostro forum. Il tavolo a cui lei partecipa approfondisce il tema dei green claims, come riscritti dalla nuova direttiva europea sulle pratiche commerciali scorrette 825/2024. La direttiva affronta il tema della corretta informazione ai consumatori e regola ciò che riguarda direttamente il vostro settore: il diritto alla riparazione dell’elettronica di consumo. Come vengono accolte queste norme dalla federazione Optime?
Tutto ciò che rende più sostenibile il mercato dell’elettronica e riduce l’immagine negativa di settore inquinante, inquinato e consumistico è per noi un fattore positivo. Come federazione abbiamo, infatti, accompagnato il processo di scrittura e approvazione di queste norme e incontrato più volte il relatore della direttiva sul diritto alla riparazione. Tutte le nostre imprese seguono l’evoluzione della normativa. Per supportare l’innovazione del mercato verso la riparazione abbiamo messo a punto un comitato scientifico composto da avvocati e ingegneri che possa giungere a una definizione su che cosa significhi ricondizionato, riparato o rigenerato. Si tratterebbe di informazioni importanti per il consumatore. C’è molta confusione in questo ambito e sarebbe utile che venisse fatta chiarezza sui termini prima dell’approvazione di queste direttive.
Coripet: 2025, l’anno zero del PET
Coripet è un consorzio volontario riconosciuto dal ministero dell’ambiente che riunisce produttori, riciclatori di bottiglie in PET, impegnati nella creazione di una filiera “bottle to bottle”, in cui il PET di ogni bottiglia viene recuperato, riciclato e riutilizzato per nuove bottiglie. Questa strategia mira a promuovere un’economia circolare, riducendo l’utilizzo di nuove risorse.
Nel 2023, Coripet ha raccolto oltre 100 milioni di bottiglie, grazie alla sua rete di eco-compattatori, installati nei principali punti di raccolta, come supermercati e grandi catene di distribuzione. Gli eco-compattatori incoraggiano, anche con premi e incentivi, i consumatori a restituire le bottiglie usate, rendendo il processo di riciclo più accessibile e, allo stesso tempo, facilitando gestione efficiente dei rifiuti in plastica.
Il 2025 sarà un anno decisivo per il PET in Italia: Monica Pasquarelli, responsabile installazioni Coripet, lo definisce come “l’anno zero”, poiché entreranno in vigore alcuni importanti obblighi previsti dalla direttiva Sup (Single-Use Plastics) dell’Unione Europea, che impone standard rigorosi per la raccolta e il riciclo delle bottiglie in plastica monouso. In particolare, la direttiva richiede che almeno il 77% delle bottiglie venga raccolto per essere riciclato e che ogni nuova bottiglia in PET contenga almeno il 25% di plastica riciclata.
Coripet da tempo si è preparato per affrontare queste nuove sfide grazie agli strumenti sviluppati, sia in termini di infrastrutture operative che di tecnologie. L’organizzazione e l’uso di tecnologie avanzate per la raccolta e il trattamento del PET riciclato consentono al consorzio di affrontare gli obiettivi della Direttiva Sup con risposte chiare e già operative. In agosto è stato approvato il regolamento interno per la ridistribuzione ai soci produttori Coripet del 25% di RPET per essere riutilizzato nelle loro nuove confezioni. Coripet, dunque, ha messo tutti i suoi soci i cui prodotti saranno a scaffale in tutta la Gdo, non solo in condizione di rispettare gli obblighi di legge, ma anche attivando una circolarità 100% italiana.
Adesso la sfida è far conoscere ai consumatori l’importanza di questa svolta, di questo anno zero. «Siamo pronti a raccogliere questa sfida e ci piacerebbe scendere in campo accanto alla grande distribuzione per raccontare ai cittadini cosa c’è dietro, per diffondere sempre di più e sempre meglio la cultura della circolarità - afferma Monica Pasquarelli - grazie all’esperienza accumulata solida e agli strumenti che in questi anni abbiamo messo in campo».
Kometa: ripensare le filiere agroalimentari
Giacomo Pedranzini, amministratore delegato di Kometa e fondatore di Honest Food, sarà protagonista dello Human&Green Retail Forum il 16 ottobre a Milano. In questa conversazione con Domenico Canzoniero - titolare NDB Il marketing Consapevole e socio PLEF - anticipa i temi che discuterà al tavolo “Filiera agroalimentare e ruolo del retail” coordinato da Armando Brescia, direttore responsabile di Distribuzione Moderna.
Tra pochi giorni sarà uno dei protagonisti dello Human&Green Retail Forum a Milano, dove interverrà al tavolo “La filiera agroalimentare e il ruolo del retail”. Quale messaggio porterà al forum?
Parlerò della necessità di ripensare le filiere agroalimentari, ricercando una via mediana tra l’agricoltura convenzionale, troppo industrializzata, e quella biologica, troppo costosa. Con l’associazione Honest Food promuoviamo la produzione di cibo di qualità, cioè buono, salubre e accessibile nel prezzo, assieme a un regime alimentare improntato al buonsenso e basato sulla dieta mediterranea. Al forum sottolineerò anche il ruolo cruciale della grande distribuzione nel determinare il giusto valore dei prodotti, bilanciando la responsabilità sociale di mantenere i prezzi accessibili con la necessità di evitare pressioni eccessive sui produttori, col rischio che il conto di questa pressione al ribasso sui prezzi venga pagato dagli anelli più deboli della filiera.
A proposito di analisi della filiera, so che sta lavorando alla creazione di un osservatorio permanente. Ne parlerà al forum? Certamente. In collaborazione con l’Università Cattaneo di Castellanza, stiamo creando un osservatorio permanente per analizzare la distribuzione del valore lungo la filiera agroalimentare. Parlerò dell’importanza di adottare un approccio scientifico condiviso per l’analisi dei dati, sottolineando la necessità di accettare compromessi ragionevoli tra diverse metodologie. Inviterò tutti i soggetti della filiera, dai produttori ai distributori, a unirsi all’osservatorio per contribuire con i propri dati ed esperienze, al fine di creare una base di conoscenza condivisa e affidabile per l’intero settore agroalimentare.
Innovazione, etica e sostenibilità
Quella di Kometa è la storia di unʼazienda di famiglia. Un viaggio imprenditoriale iniziato a Bormio negli anni ʼ60, quando Ernesto Pedranzini e la moglie Maria fondano unʼazienda agricola specializzata nella produzione di salumi e formaggi.
Nel tempo, lʼattività si amplia sempre più e, nel 1994, la famiglia investe in Ungheria, nella città di Kaposvár, dove acquisisce un complesso industriale dedicato alla macellazione suina e alla lavorazione di carni suine e avicole.
Nel 1999 lʼimpresa completa la sua prima fase di ristrutturazione, assumendo il nome di Kometa 99.
Oggi la tradizione di famiglia viene portata avanti con passione dai nove figli della coppia, ognuno impegnato in un diverso ramo aziendale. Kometa impiega oltre 1.000 dipendenti e accanto al salumificio, specializzato nella produzione di Bresaola della Valtellina IGP e di altri salumi tipici della zona, vanta anche un caseificio attivo nella produzione di specialità casearie DOP valtellinesi: bitto, casera, latteria, scimuda e scimudin oltre a burro, ricotta, yogurt e latte.
Su una superficie industriale di oltre 69mila metri quadrati, vengono allevati, macellati e trasformati tra i 12 e i 14mila suini alla settimana, per una produzione di 17mila tonnellate di salumi allʼanno. Lʼattività di distribuzione dei salumi sul mercato it è gestita dalla filiale Kometa Italia. Con lʼobiettivo di continuare a crescere, spicca il progetto mo ambizioso di ampliamento del sito di Kaposvár, per cui lʼobiett è raddoppiare la produzione nell'arco del prossimo triennio.
Il modello Honest Food
La mission, la visione e i valori che guidano Kometa sono ispirati dai principi dellʼHonest Food. Un approccio etico e sostenibile sul lungo periodo sviluppato e sostenuto, in primis, dallʼAD Giacomo Pedranzini con il desiderio di aprire un dibattito tra gli operatori della filiera, per riportare valori e valore al centro della catena di produzione e distribuzione a vantaggio di tutti i protagonisti del sistema agroalimentare. Ne è un esempio lʼunità produttiva di Kaposvár, dove tutte le lavorazioni – dalla macellazione al confezionamento in atmosfera modificata dei salumi affettati – si svolgono ʻsotto lo stesso tettoʼ e allʼinsegna dei più alti standard di igiene e sicurezza alimentare, con una maggiore garanzia di freschezza del prodotto e un importante contenimento dei costi logistici.
Uno studio del 2019 di The European House - Ambrosetti sulla filiera agroalimentare estesa ha evidenziato una distribuzione del valore piuttosto sbilanciata: all’agricoltura resta solo un 17%, mentre all’industria va il 43%, al retail l’11% e ai grossisti intermediari quasi il 20%. Ritiene che si debba intervenire per riconsiderare questa ripartizione?
Assolutamente sì. I dati di Ambrosetti mostrano valori molto diversi e sembrano indicare uno squilibrio reale nella distribuzione del valore. Ma bisogna andare un po’ più a fondo. Al forum sosterrò con forza la necessità di interventi per riequilibrare questa situazione, esaminando, per esempio, con maggiore trasparenza il ruolo degli intermediari. Dobbiamo chiederci se quel 20% da loro trattenuto sia giustificato dal valore che apportano, o se parte di quelle risorse potrebbero essere redistribuite a monte, verso l’agricoltura, per favorire innovazione e investimenti. A volte gli intermediari forniscono servizi utili, ma non sempre è così. In ogni caso, ritengo che negli ultimi decenni il valore del cibo sia stato troppo svilito. Il cibo di qualità deve avere prezzi accessibili, non prezzi bassi! E tutte le famiglie devono poter mangiare cibo di qualità, non perché costa poco, ma perché possono permetterselo, aumentando gli stipendi dei lavoratori, rivalutando prima di tutto il lavoro fisico. Per fare questo credo che anche l’industria e il retail debbano svolgere la loro parte, riconoscendo un prezzo più equo ai produttori e investendo sulla qualità e sulla sostenibilità delle filiere.
Questo conduce a una riflessione sul mangiare meno e meglio, privilegiando la qualità. Parte della proposta che presenteremo al Green Retail forum è il nuovo ruolo del retail nell’aiutare le persone a compiere scelte di spesa più sostenibili e salutari, per esempio incoraggiando un minore consumo di carne. Lei che è un produttore di carne, che cosa ne pensa?
Da produttore sono consapevole che negli ultimi decenni abbiamo forse esagerato con un consumo eccessivo di carne, troppo spesso di bassa qualità. Questo pone problemi sia ambientali che di salute. Credo tuttavia che la carne di qualità, consumata nelle giuste quantità e proveniente da allevamenti che rispettano il benessere animale e l’ambiente, rimanga una componente essenziale in una dieta bilanciata. Condivido quindi la necessità di orientare le persone verso un consumo di carne più consapevole, attento alla qualità e alla sostenibilità. Allo stesso tempo, da imprenditore agricolo, vorrei sottolineare l’importanza di considerare l’equilibrio dell’intero sistema agricolo: gli allevamenti, se ben gestiti, svolgono un ruolo importante nel mantenere gli ecosistemi agricoli vitali e nel valorizzare i terreni non destinabili ad altre colture. Auspico quindi un approccio equilibrato, che combini le esigenze della salute e dell’ambiente con la necessaria attenzione alle specificità dell’agricoltura.
Appuntamento allo Human&Green Retail Forum il 16 ottobre a Milano per costruire insieme nuove strade verso un’agricoltura e una distribuzione capaci di creare valore per le persone, per l’ambiente e per il futuro.
Il profumo della convenienza
100% FLACONE PLASTICA
Teoresi e Politecnico presentano i progetti Most per la mobilità sostenibile
Teoresi Group e il Politecnico di Torino hanno presentato i risultati dei primi due anni di ricerca dei progetti Most-Centro Nazionale per la Mobilità Sostenibile, evidenziando soluzioni innovative per la mobilità del futuro.
Tra i progetti di punta figurano droni per la consegna di merci, veicoli elettrici urbani e commerciali alimentati a idrogeno e l’utilizzo di tecnologie avanzate come i Digital Twins per monitorare e ottimizzare le prestazioni dei velivoli e dei veicoli.
Gli sviluppi presentati durante l’evento “Progressi e Innovazioni: Air Mobility and Sustainable Road Vehicles” includono droni a lunga autonomia per consegne e monitoraggio territoriale, auto elettriche leggere con batterie modulari, e veicoli commerciali a idrogeno dotati di sistemi di connettività avanzati. Queste innovazioni mirano a ridurre le emissioni e ad aumentare l’efficienza energetica dei trasporti, allineandosi agli obiettivi di decarbonizzazione del progetto Most.
Una delle tecnologie più avanzate presentate è il Digital Twin, utilizzato per simulare e testare componenti aeronautiche e propulsori a idrogeno, con l’obiettivo di migliorare la sicurezza e l’affidabilità dei veicoli aerei. Questa tecnologia consente di monitorare in tempo reale lo stato di salute delle strutture e ridurre i costi di manutenzione.
Teoresi, insieme al Politecnico di Torino e ad altre università italiane, sta portando avanti progetti che integrano competenze accademiche e industriali. L’obiettivo è quello di sviluppare prototipi di veicoli a zero emissioni entro il 2025, contribuendo a una mobilità più sostenibile e connessa.
Radicate nella natura, Coltivate biologicamente
350 agricoltori altoatesini si dedicano da generazioni alla coltivazione di mele biologicheun impegno costante per la qualità e per una disponibilità assicurata tutto l’anno.
Max Mara Fashion Group dice addio alla pelliccia
Max Mara Fashion Group ha preso una decisione importante, scegliendo di non utilizzare più pelliccia nelle sue future collezioni.
Questo cambio di direzione si inserisce in un contesto in cui molte altre aziende del settore moda stanno adottando pratiche più sostenibili e rispettose degli animali, seguendo la crescente domanda da parte di un pubblico sempre più sensibile alle questioni etiche e ambientali.
Yvonne Taylor, vicepresidente dei progetti corporate di Peta, ha espresso grande soddisfazione per la decisione di Max Mara, sottolineando che la scelta di eliminare la pelliccia dalle collezioni del brand è un passo in avanti verso pratiche più etiche. “Dopo una campagna di lunga data e svariate migliaia di e-mail inviate da sostenitori degli animali in tutto il mondo, Max Mara ha deciso di non sostenere più la crudele industria della pelliccia,” ha dichiarato Taylor.
La decisione di Max Mara contribuisce non solo a ridurre la sofferenza degli animali, ma anche a diminuire l’impatto negativo dell’industria della pelliccia sull’ambiente. L’iniziativa, inoltre, è vista anche come un possibile nuovo stimolo per tutti i grandi marchi di abbigliamento.
GS1 Italy lancia il progetto Sostenibilità nelle
Categorie di Prodotto
GS1 Italy ha lanciato un nuovo e innovativo progetto dal titolo “Sostenibilità nelle categorie di prodotto”, un’iniziativa volta a individuare le criticità ambientali di 29 categorie merceologiche nel settore del largo consumo e proporre soluzioni concrete per ridurre l’impatto ambientale.
Presentato durante il Salone della Csr e dell’Innovazione Sociale a Milano l’11 ottobre 2024, il progetto è stato realizzato in collaborazione con l’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e diversi esperti del settore. L’obiettivo del progetto è quello di portare la sostenibilità al centro del dialogo tra industria, distribuzione e consumatori, condividendo conoscenze scientifiche e razionalizzando i dati ambientali attraverso un’analisi Lca (Life Cycle Assessment) per ogni categoria merceologica.
Le 29 categorie analizzate, che includono prodotti alimentari e non alimentari, coprono il 91,5% del valore del largo consumo confezionato. Grazie a questa analisi, è stato possibile individuare i fattori che generano i maggiori impatti ambientali lungo tutto il ciclo di vita dei prodotti, dal design alla produzione fino alla gestione del fine vita, suggerendo interventi mirati per migliorare la sostenibilità di ogni categoria.
Silvia Scalia, Ecr & Training Director di GS1 Italy, ha sottolineato l’importanza di adottare un approccio di filiera per affrontare le sfide della sostenibilità. L’iniziativa promossa da Ecr Italia, il network che riunisce aziende di produzione e distribuzione, si basa sulla collaborazione di 20 aziende del largo consumo, tra cui Barilla, Ferrero, Conad ed Esselunga, che hanno contribuito alla definizione delle buone pratiche. Lo studio scientifico, coordinato dal professore Fabio Iraldo della Scuola Sant’Anna, ha fornito una base metodologica solida, consentendo di stabilire benchmark di sostenibilità per ogni categoria. Questi dati aiutano le aziende a identificare le problematiche ambientali su cui intervenire e a migliorare la loro comunicazione ambientale, soprattutto in un contesto in cui normative europee come la direttiva 2005/29/EC richiedono una maggiore trasparenza nei green claim.
GS1 Italy ha inoltre annunciato l’organizzazione di quattro webinar gratuiti a novembre, rivolti alle aziende che desiderano approfondire le tematiche emerse dal progetto. I webinar si concentreranno su temi quali la gestione sostenibile delle categorie Food e Non Food, la relazione tra industria, distribuzione e consumatori, e la corretta comunicazione ambientale dei prodotti.