s amuele a m B rosi: “ m ixology, trend ed evoluzioni per salvare il dopocena”
g li ingredienti B ase del dolce diventano sempre più naturali e vegetali
s amuele a m B rosi: “ m ixology, trend ed evoluzioni per salvare il dopocena”
g li ingredienti B ase del dolce diventano sempre più naturali e vegetali
i consumi spingono verso un nuovo pairin g
MARZO 2025
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Editoriale
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COVER STORY
Beer&Food Attraction oltre la birra, dal 2026 più spazio alla mixology
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INTERVISTA - SAMUELE AMBROSI: “Mixology, trend ed evoluzioni per salvare il dopocena”
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Si parla di...
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Sviluppo rete
RM Magazine
Trimestrale di Ristorazione Moderna
Testata giornalistica registrata presso il Tribunale di Milano
Registrazione n° 52 del 30/1/2007
Direttore responsabile
Armando Brescia
Direttrice editoriale
Maria Teresa Manuelli
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Vetrina Prodotti
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mercati - BIRRA
I produttori rilanciano, dall’analcolico alle birre premium
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mercati - FARiNE, CREME E PANNE
Gli ingredienti base del dolce sempre più naturali e vegetali
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mercati - PLANT BASED
Le alternative proteiche passano dalla ristorazione
Coordinamento editoriale
Claudia Scorza
Responsabile editoriale
Nicola Grolla n.grolla@edizionidm.it
Responsabile publishing
Stefania Colasuono
Progetto grafico
Silvia Ballarin
Mercato Birre
I produttori rilanciano, dall’analcolico alle birre premium
58 CASE HISTORY
Gay-Odin, Sandrino Gelateria, Ammu Cannoli
65 OPINION
Come l’IA potrebbe sconvolgere la ristorazione
67
FOCUS CANALE - FOODSERVICE DOLCE
Il foodservice dolce si struttura grazie alle esigenze delle catene
71
ANTICIPAZIONI SUL PROSSIMO NUMERO
Editore Edizioni DM Srl
Via G. Spadolini, 7 - 20141 Milano P. Iva 08954140961
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Il2025 è già stato un periodo intenso per la community food retail e foodservice. Due, in particolare, gli appuntamenti clou: Sigep a gennaio e B&F Attraction a febbraio, entrambi a Rimini (che nel 2026 ospiterà anche Venditalia). In mezzo ci sono stati Hospitality a Riva del Garda, Pitti Taste a Firenze, Sana a Bologna, Horeca Expoforum a Torino e Ristorexpo a Erba (CO). Un calendario fittissimo, a cui vanno aggiunte le fiere internazionali (come le parigine Wine Paris e Franchise Expo Paris). Appuntamenti che hanno permesso di tastare il polso del fuoricasa. Il settore è alle prese con un rallentamento della domanda (-1,8% a valore i consumi registrati a gennaio da Confimprese-Jakala nella ristorazione) su cui pesano inflazione, scarso potere d’acquisto, legislazioni restrittive (dal Codice della strada alla, per fortuna modificata, policy sulle accise della birra). Per affrontare questo scenario, i player del mercato puntano sul binomio “qualità e innovazione”. Un refrain che vale sempre, si potrebbe dire. Ma forse mai come ora funziona: dal plant based al no-low alcol, dai ready-to-drink ai ready-to-eat, dallo specialty coffee al cappuccino vegano le fiere hanno dimostrato che le soluzioni non mancano. Almeno lato prodotto.
che manca, ora, è uno scatto in avanti sul modello organizzativo (nel rapporto produttore-distributore-insegna) e un occhio di riguardo ai brand che sono riusciti a trasformare processi artigianali in standard replicabili. Passando fra gli stand, infatti, il mondo delle catene di ristorazione faceva ancora troppo rima con “fast food” e una visione commerciale e (s)conveniente del cibo. Ma non è così. Non solo l’Italia è il Paese delle mini-catene (meno di 10 punti vendita) ma come dimostrato dai dati TradeLab commentati sul palco di B&F Attraction, insieme a Bruna Boroni e il collega Matteo Gioffi, il food retail (circa 12mila punti di consumo) è l’unico segmento a crescere nelle visite fuoricasa (+2% nel 2024), trainato dalla colazione e dalla cena grazie a prezzi accessibili (media scontrini intorno a 13 euro) e tanta socialità. Merito di una standardizzazione al rialzo che conquista ora anche le famiglie e il pubblico senior (i Baby Boomer nel fuoricasa sono aumentati del +4,4%) – finirà a bussare alla porta del fine dining? Se quindi le previsioni per il 2025 sono di un trend flat delle visite (+0,1%), anche per la filiera è tempo di guardare al food retail.u
LA FRASE DEL MESE
«Gli investitori stanno cercando profili che abbiano avviato un percorso di crescita, meglio se con 50-100 locali attivi, un numero che sottointende una certa diffusione del brand e una stabilità di performance, vendite e profitto» (Vincent Mourre, ceo di WhiteSpace Partners)
INNOVATION RELOADED. THE EPTA SUSTAINABLE SYSTEM.
Eptaha presentato in occasione della 46esima edizione del SIGEP - Salone Internazionale della Gelateria, Pasticceria, Panificazione Artigianali e Caffè - la proposta tecnologica completa del Gruppo dedicata al Fo-
odservice Dolce, offrendo un assaggio delle più avanzate soluzioni a marchio Iarp
Perfetto connubio tra funzionalità e attenzione estetica, i modelli in esposizione presso lo stand Epta hanno saputo ricreare il layout di chioschi e spazi di vendita all’esterno di gelaterie e
pasticcerie, con un concept outdoor pensato per invitare i visitatori ad assaporare l’innovazione in una dolce esperienza di gusto, all’insegna della massima freschezza.
DELIGHT BY IARP: DELIZIA ARTIGIANALE, A OGNI TEMPERATURA
Con l’obiettivo di rendere le proprie soluzioni di refrigerazione sempre più adatte ad affrontare temperature in costante aumento, Iarp si impegna in un sistematico aggiornamento tecnologico dei suoi modelli, ottimizzati in termini di prestazioni ed efficienza e ideali per pasticcerie, cioccolaterie e gelaterie a ogni latitudine
Risultato emblematico è in tal senso la vetrina frigorifera plug-in Delight 16 della linea Cool Emotions, proposta al mercato per la prima volta in classe climatica 5, in una nuova versione studiata per garantire performance straordinarie e un piacevole momento di ristoro anche nei
Paesi caratterizzati da ondate di calore estive, con temperature esterne fino ai 40°C e un tasso di umidità pari al 40%. Un’eccellente conservazione del gelato anche nei climi più caldi che si coniuga infine a un’estetica personalizzabile e accattivante, da plasmare secondo lo stile e il look del negozio e integrabile con una finta ruota e una tendina di copertura ispirate ai carretti dei gelati tradizionali, al fine di attrarre i consumatori a scoprire i 16 gusti di gelato artigianale esposti.
u Beer&Food Attraction oltre la birra, dal 2026 più spazio alla mixology
LA FIERA IEG A RIMINI HA
TAGLIATO IL NASTRO DELLA
DECIMA EDIZIONE. FILIERA
BRASSICOLA PROTAGONISTA
FRA REALTÀ INDUSTRIALI
E ARTIGIANALI, PANEL DI APPROFONDIMENTO SU NUOVI
TREND E SGUARDO ATTENTO
AL MONDO COCKTAIL
Al giro di boa della decima edizione, Beer&Food Attraction si conferma il punto d’incontro della bar e food industry: +4% di visitatori (che arriva dopo il +20% dello scorso anno) e un insieme di 600 espositori (di cui 170 debuttanti) per un totale di 1.217 marchi rappresentati. Un vero e proprio spaccato sui protagonisti del fuoricasa, in un momento in cui i consumi stanno mordendo un po’ il freno. Tendenza che, tuttavia, non ha spento la curiosità dei visitatori esteri: +11% dall’Europa, con un boom dai Paesi del Nord (+55%) e dell’Est (21% del totale). Forte anche la
In un contesto di mercato che ha rallentato in termini di presenze, soprattutto a partire dalla seconda parte dell’anno, la birra distribuita (più in bottiglia, 56,3% che in fusto, 42,3%) cresce in termini di valore (+1,6%) e di volume rispetto al 2019 [fig.A]. Una spinta che arriva però dall’inflazione (che per i servizi ricettivi e ristorazione è scesa dal 6,2% del 2023 al 3,6% del dicembre 2024) e dall’aumento dei prezzi delle materie prime e deve fare i conti con l’introduzione del nuovo Codice della strada. «Il 2025 è un anno di transizione, e non è partito benissimo ma parliamo comunque di un mercato ormai maturo dove non mancano le evoluzioni», spiega Matteo Figura di Circana. La birra analcolica è una di queste «Attualmente ha un peso molto basso nella categoria, intorno allo 0,7% ma cresce a tassi più veloci del mercato stesso», sottolinea Figura. Guardando più da vicino al fuoricasa, emerge comunque che la birra detiene una buona propensione al consumo «con un’incidenza del 7,4% sugli ordini nel fuoricasa che, a fronte di una torta di consumatori che si restringe, aumenta la propria fetta» [fig.B]. Le etichette industriali sono ancora le più ordinate, ma quelle artigianali sposano la tendenza alla premiumizzazione dei consumi. «Un approccio spinto soprattutto dagli under 35 che quando escono cercano esperienze di qualità, non ripetibili», conclude Figura.
presenza di buyer internazionali provenienti da 47 Paesi. Ad attirare l’interesse è stata l’abbinata con l’area mixology che, dal 2026, si sposterà in uno spazio ad hoc (la Mixology Attraction) dopo esser cresciuta del 30% nell’edizione 2025. L’obiettivo è chiaro: coprire tutte le occasioni di consumo food&beverage, a partire dal canale del casual dining, anche a costo di produrre una “bionda” no-low alcol.
L’Horeca genera un valore aggiunto di 72 miliardi di euro D’altronde, i dati di consumo parlano chiaro sulle tendenze in atto. Secondo Italgrob, la federazione italiana dei distributori Horeca, il canale (che ha raggiunto un valore aggiunto di 72 miliardi di euro e occupa 3,4 milioni di occupati, ricoprendo un ruolo chiave all’interno dell’agroalimentare italiano che raggiunge un fatturato complessivo di 261 miliardi di euro, di cui 185 dal food&beverage) è in una fase di stagnazione. L’inflazione ha colpito dopo che nel 2023 la spesa destinata ai consumi fuori casa aveva raggiunto il 5,7% del budget familiare, segnando il valore più alto degli ultimi dieci anni. Un rallentamento dettato dal cambiamento dei consumi e delle abitudini degli italiani. «Il settore dei consumi fuori casa sta vivendo un momento cruciale, messo alla prova dall’incertezza economica e dalla carenza di personale nella ristorazione e nel turismo. Tuttavia, chi opera nell’Horeca è determinato a innovare e rilanciare un comparto che rappresenta un’eccellenza del Made in Italy e un motore per il turismo», ha affermato Antonio Portaccio, presidente di Italgrob. In tal senso si inserisce la creazione dell’elenco speciale dei distributori Horeca (ora ufficialmente “Operatori della distribuzione Horeca”) attraverso il disegno di legge sulle Pmi che permetterà di migliorare l’offerta e l’efficienza dei servizi beneficiando delle risorse sul PNRR.
Birra, spirits e no-low alcol: i dati del mercato
Andando più nel dettaglio, la birra ha superato i 2,5 miliardi di euro di produzione nel 2024, con circa 109.000 lavoratori coinvolti e un giro d’affari complessivo di oltre 10 miliardi. Tuttavia, le difficoltà economiche legate a costi, accise e inflazione potrebbero accentuare la flessione già registrata nel 2023 quando la produzione di birra in Italia è stata di 17,4 milioni di ettolitri. Dalla birra artigianale, nonostante l’aumento dei prezzi, emergono segnali positivi, con una tendenza che potrebbe affermarsi nel 2025 verso le birre meno alcoliche. Segnali positivi arrivano dagli spirits: 343 milioni di atti di acquisto, con i cocktail a farla da padrona (146 milioni), secondo i dati Circana. Il consumo si concentra nell’aperitivo (fino al 46% del totale), mentre cena e post-serata sono in lieve calo con i consumatori che optano per soluzioni più economiche. Gli aperitivi alcolici e il gin dominano il comparto (55%). Da sottolineare il fenomeno del consumo di bottiglie e pinte no-low
alcol che rappresenta ancora una percentuale bassa (1,86%) ma in ascesa costante. Il 31% dei Millennials, il 36% dei consumatori della Generazione X (i nati prima degli anni Ottanta) e della Generazione Z la consuma e la considera in gran parte come un'alternativa alla birra tradizionale. Non solo, ma tra i giovanissimi, il 52% la consuma come una referenza a se stante
Questione accise: come siamo messi oggi?
A spingere il settore birra, inoltre, è arrivata l’agognata decisione sulle accise. A novembre 2024, la commissione Agricoltura alla Camera ha espresso parere positivo per la loro riduzione all’interno della Legge di Bilancio grazie a due emendamenti degli onorevoli Mirco Carloni e Mauro Rotelli. Ambedue gli emendamenti innalzano dal 40 al 50% lo sconto d’accisa per i microbirrifici sino a 10.000 ettolitri di produzione annui. Non solo ma si rinnova lo sconto al 30% per i birrifici sino a 30.000 ettolitri e al 20% per quelli la cui produzione annua non superi i 60.000 ettolitri annui di prodotto finito. Per la prima volta gli sconti diventano, almeno sulla carta, una misura strutturale. Una misura che permetterà al settore di competere con le etichette di importazione, rilanciarsi nel fuoricasa e dare risalto alle produzioni artigianali, oltre 1.200 in Italia, di cui un quarto agricolo (ossia si autoproducono le materie prime di cui hanno bisogno).u
Birrificio dell’anno - La 20° edizione di “Birra dell’Anno 2025”, lo storico concorso organizzato da Unionbirrai, vede trionfare 50&50 sui 257 in gara con complessive 2.092 birre in competizione. Il birrificio lombardo, fondato nel 2014 a Varese, ha ottenuto il punteggio più alto, con i migliori piazzamenti in quattro differenti categorie.
Spillatore dell’anno - Simone Pretti del Bar Centrale di Pellizzano è il vincitore della quinta edizione di Stella Artois Draught Masters Italia, il contest organizzato da Stella Artois per eleggere il migliore spillatore di birra in Italia.
Roberto Cagnoni Awards – Premio alle migliori startup food. I premiati: Martino Rossi Spa, Bob Robotics, Hobart, San Giorgio Spa, Intergrani Srl, Alter Eco Pulp Srl, Illycaffè Spa.
Burger Battle - È il fiorentino Fabio Mazzantini a trionfare nella competizione italiana dedicata all’hamburger gourmet. Nella finale a 5, Vinci ha sbaragliato la concorrenza grazie al panino Su due Piedi, composto da insalata coleslaw, sour cream develey, ananas, tiger bun di pastridor/lantmannen, avocado, succo d'arancia, salsa remoulade, senape, pluma Aia, salmone panato e mowi.
RM N.3-2024
CAMPIONE MONDIALE DI BARTENDING, CONSULENTE HORECA E IMPRENDITORE DEL FUORICASA, IL PROPRIETARIO DI CLOACKROOM BOSS HOGG TRACCIA LA DIREZIONE DEL COCKTAIL BAR. «TRASFORMARLO IN CATENA? SÌ, CON BRAND FORTE E OFFERTA VERTICALE»
Come si è avvicinato al mondo del bar e della mixology?
Arrivo da una famiglia di ristoratori. I miei hanno una pizzeria i provincia di Verona (Pizzeria Cavour a Legnago, ndr). A 14 anni ero già a lavare bicchiere dietro il banco. A 15 anni mio papà mi ha dato la valigia e mi ha detto: “Vai e impara”. Son partito da Asiago, poi Svizzera e altre esperienze fra hotel e ristoranti in Francia e Danimarca. Al bar mi sono avvicinato tardi. A Londra, l’esperienza principale. Lì capisco che il bartender a differenza del cameriere crea, costruisce un’opera, ma soprattutto deve confrontarsi con una sfida che sala e cucina non conoscono: il fattore espresso, devi pensare, costruire, comporre tecnicamente e servire, magari con un sorriso, il tuo cocktail. A completare la mia formazione sono state le competizioni, fino al mondiale di Singapore che vinco. Capisco che questa è la mia strada. Apro la mia attività dopo aver capito che il lavoro da dipendente non fa per me e va bene. Dopo essermi trasferito a Treviso, città che vive di aperitivo, ho aperto Cloackroom e poi Boss Hog. Nel frattempo ho investito nei Cloackstudios: contenitore di 280 mq dove sviluppo l’attività di formazione B2B, branding, consulenza, collaborazioni (in uscita con Zafferano, da giugno, un set di bicchieri pensati per i cocktail, ndr).
Mixology Circus è stata l’occasione per fare il punto sulle ultime tendenze del settore. Andiamo con ordine e partiamo dal tema più dibattuto: low-no alcol. Che ne pensa da bartender e consumatore?
È una certezza, e lo dico con un certo dispiacere. Purtroppo, noto una certa rigidità nel messaggio sul no-low alcol con il rischio che si perda anche l’aspetto di convivialità associato al dopocena. L’Italia è vissuta sul rito del cordiale in taverna. L’unica soluzione è quindi quella di progredire sulla qualità del prodotto senza demonizzare il consumo classico.
Drink zero waste?
Sono contento ci sia attenzione sulla lotta allo spreco alimentare. Di fatto, si tratta di riscoprire quello che faceva la nonna. E per la professione dovrebbe essere un presupposto. Ad oggi, l’esaltazione massima è quella di prendere un prodotto, tipo una pesca e declinarla in così tanti modi da utilizzarne ogni parte: la buccia, la polpa, il nocciolo.
Ready to drink?
Sì, se la qualità è equivalente al drink espresso o al prodotto in mescita allora possiamo parlarne.
Da “trevigiano”, che ne pensa del successo degli sparkling wine nella mixology?
Il Bellini è la cartolina dell’Italia. Quindi il cocktail con le bollicine è un must. Storicamente si è preferito lo Champagne, ora ci si apre anche al fermentato con prodotti base frutta, ricchi di Co2. Questa è una spinta in più che intercetta il valore aggiunto dello sparkling: abbassa la gradazione alcolica e stuzzica la sensazione croccante che è estasi palatale.
Infine, se ne parla poco, ma anche il ghiaccio è fondamentale.
Assolutamente sì. Parliamo di un alimento al pari di carne e verdura e come tale deve ricevere le giuste attenzioni. Inoltre, qui si muove la frontiere della mixology: parlo dell’estrazione in negativo. Una tecnica che permette di ottenere il massimo da una materia prima sottoponendola a temperature molto basse. Per ottenere questi risultati, alcuni bartender si stanno già rifornendo di abbattitori derivati dalla farmacia.
Come si sta evolvendo, invece, il cocktail bar? È possibile immaginare in Italia una catena di locali di questo tipo?
Vincitore del titolo nazionale Angelo Zola nel 2004, Samuele Ambrosi si fa notare nelle competizioni internazionali fino alla vittoria del mondiale nel 2005 e primo classificato alla South Asian Competition lo stesso anno. Tre anni dopo, un altro trofeo (Calvados in Normandia). Con il trasferimento a Treviso, arriva l’apertura del Cloackroom Cocktail Lab nel 2013. Dieci anni dopo tocca a Boss Hogg, totalmente dedicato al whisky. Oggi è anche consulente per aziende e imprese di ristorazione.
Per trasformarsi in catena, al format cocktail bar in Italia manca ancora lo status di locale nella vita quotidiana. Prendiamo la pizza: si mangia una volta la settimana e la pizzeria ha conquistato il suo giro. Il cocktail no, non è ancora percepito come bene che appaga e dal consumo ricorrente. Detto ciò, penso che oggi ci sia spazio per locali semplici che offrono un bere comprensibile e riconoscibile a cui poter aggiungere i cavalli di battaglia. Certo, dietro ci deve essere un brand molto studiato. Un’evoluzione simile ce l’hanno avuto le gelaterie: una decina di gusti, qualche extra, artigianalità del servizio e una proposta verticale. Attualmente, un progetto simile si sta sviluppando nelle grandi catene alberghiere: l’utenza è garantita, ma rimangono dei limiti alla sperimentazione.
Che spazio ha il digitale nel bartending? Il digitale è uno strumento per ingaggiare il cliente, comunicare, fargli fare delle esperienze anche formative prima dell’arrivo sul punto vendita. Purtroppo siamo abituati alle stories, allo scroll e questo sta riducendo la soglia di attenzione. Anche al banco: ora hai secondi per spiegare la tua opera. Si deve quindi far crescere l’aspettativa del cliente al fine di fargli apprezzare fino in fondo il sorso.u
Frutto dell’innovazione e della ricerca Arneg, la tecnologia brevettata
Hot & Cold è un’esclusiva sul mercato, capace di combinare caldo e freddo in un unico mobile senza l’impiego di resistenze nella parte calda. È attualmente disponibile per i modelli:
- ANDORRA
- DAYTONA
Questa tecnologia sfrutta il recupero della potenza termica nel lato di alta pressione di un ciclo transcritico a CO2 per riscaldare un altro volume e mantenere la temperatura uguale o superiore a 65°C nel cuore dei prodotti esposti.
PLUS
- Caldo e freddo in un solo mobile
- Ideale per Grab & Go
- Alta efficienza e risparmio energetico
- Basso impatto ambientale
Hot & Cold rappresenta un’innovazione senza precedenti nel settore della refrigerazione commerciale. Questa tecnologia brevettata risponde alle esigenze di un mercato in continua evoluzione, offrendo una soluzione efficiente e sostenibile. Grazie alla sua versatilità, si adatta perfettamente ai nuovi format di vendita, migliorando la gestione degli spazi espositivi e garantendo un’esperienza d’acquisto moderna.
Confimprese-Jakala, il 2025 parte male: -0,5% valore consumi a gennaio
Il 2025 si apre in campo negativo per i consumi monitorati dall'Osservatorio Confimprese-Jakala: -0,5% a valore a gennaio, a cui non hanno contribuito i saldi. La fiammata registrata nella prima settimana dell'anno, infatti, non si è mantenuta durante il mese, facendo sfumare le aspettative dei retailer su un’inversione di tendenza dei consumi. E ne risente anche la ristorazione: -1,8%. Il calo dell’inflazione a livello generale non si è tradotto, secondo lo studio dell'associazione di categoria, in un aumento della spesa. Con riferimento ai canali di vendita da segnalare una migliore performance dei centri commerciali a +0,2% e un calo che si protrae già da qualche mese delle high street che chiudono a -2,3%.
Poco sotto la media, invece, i negozi di prossimità e il travel. Quanto alle aree geografiche i rendimenti migliori si registrano al Centro +0,3%, mentre continua la debolezza del Nord-est a -1,2%.
Nella media Nord-ovest e Sud. Il 2025? «Un anno complesso con consumi deboli e forte attenzione dei consumatori alla convenienza e al risparmio sulle spese discrezionali», ha spiegato Mario Maiocchi, direttore centro studi Confimprese.u
In Italia, Jetro: la cultura gastronomica giapponese è ancora un trend
Locali e ristoranti che richiamano le atmosfere di Tokyo e dei grandi simboli nipponici non mancano in Italia, come testimonia la rete di strutture censite da Jetro Milano. l'Ente governativo per la promozione degli scambi e investimenti tra Giappone e il resto del mondo, protagonista di Identità Golose 2025, ha fotografato lo stato dell'arte del rapporto fra gli italiani e il food del Sol Levante, fra samurai e ricette autentiche, passando per la mixology con sake, whisky e sake protagonisti. Nel 2023, l’Italia è stata il secondo Paese in Europa per numero di ristoranti giapponesi con 2.460 attività ristorative. Una tendenza che riflette l’aumento costante della popolarità della cucina nipponica, in particolare del sushi e del sashimi. Si pensi che dal 2019 al 2024 l’esportazione delle specialità ittiche nipponiche nei confini italiani è aumentata a valore del 93%. A queste performance vanno aggiunte quelle dell’export di bevande: dal 2019 al 2024, alcolici e distillati in arrivo dal Giappone sono aumentati del 104%.u
la soluzione per digitalizzare i processi di consegna in tempo reale che va d’accordo con tutti (i sistemi)
Una piattaforma logistica che gestisce l’intero ciclo digitale dell’ordine in modo veloce, semplice ed efficiente, grazie ai documenti in formato standard GS1. È Veicolo, il servizio lanciato da GS1 Italy Servizi nel 2023 e che oggi si presenta in una veste rinnovata e ampliata dopo il test pilota condotto l’anno scorso presso produttori, operatori logistici e distributori.
Tra le criticità risolte da Veicolo ci sono il lungo e complicato flusso cartaceo delle prove di consegna (il ritorno della bolla firmata al fornitore può richiedere anche fino a tre settimane) e l’incompatibilità tra le diverse soluzioni proprietarie per la digitalizzazione del Digital POD attualmente sul mercato.
Veicolo risolve e supera queste sacche di inefficienza e complessità su entrambi i fronti
del processo di consegna. I fornitori possono contare su una piattaforma disegnata apposta per soddisfare le esigenze delle aziende del largo consumo, mentre i trasportatori hanno a disposizione una applicazione mobile, facile e intuitiva, con cui accedere a tutte le piattaforme POD relative a ogni consegna.
Dopo il test “su strada”, Veicolo è stato dotato di nuove funzionalità, come la generazione del RECADV in standard EDI GS1 sulla base della prova di consegna creata a sistema e l’esito della consegna al punto di destino emessa direttamente dal ricevente della merce attraverso l’app di default.
Ma il cantiere è ancora aperto. Per favorire l’integrazione di Veicolo con i sistemi già utilizzati dagli attori nel processo di consegna, potranno essere attuate integrazioni “machine to machine” con i principali sistemi adottati dalle aziende. In parallelo Veicolo si avvicinerà anche all’area dell’e-CMR, che è sempre più centrale sia per la dematerializzazione dei documenti sia per l’evoluzione in atto nel contesto normativo.
GS1 Italy Servizi è la società nata per offrire un supporto concreto all’adozione delle innovazioni e delle soluzioni GS1 Italy a favore dell’efficienza del business aziendale. GS1 Italy Servizi sviluppa servizi per aiutare le imprese italiane, dalle piccole aziende alle multinazionali, a innovare e ad accelerare la trasformazione digitale: i suoi servizi semplificano lo scambio di informazioni, velocizzano i processi operativi, ottimizzano la logistica e la supply chain, e rendono più efficiente il business.
Prosus mette sul piatto
4,1 miliardi di euro per Just Eat
Attraverso un'operazione dal valore di circa 4,1 miliardi di euro, entro l'anno Just Eat dovrebbe diventare di proprietà della multinazionale olandese Prosus. Una mossa che punta a realizzare un polo europeo del food delivery (Prosus ha quote anche in Delivery Hero, parent company di Glovo) e porterà al delisting di Just Eat dalla borsa di Amsterdam (dove, secondo i calcoli del Financial Times, le azioni del piattaforma hanno perso circa l'88% di valore dopo il picco segnato durante la pandemia Covid). Una volta completata la transazione, l'idea è quella di estendere a Just Eat le competenze digitali e di intelligenza artificiale maturate da Prosus in altre attività e ricalcare quanto già fatto con la brasiliana iFood u
Aumentano le mance al bar e ristorante: +8% in due anni
Negli ultimi due anni, a seguito delle modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2023, secondo SumUp le mance al bar e ristorante sono aumentate del +8%. E sebbene siano ancora una piccola parte dei commercianti che le incassa, il fenomeno si sta sempre più diffondendo insieme al successo della cashless society. Se negli ultimi due anni l’importo medio della mancia digitale è aumentato del +7%, guardando ai singoli settori sono gli hotel a registrare la crescita maggiore (+29%), seguiti dai barbieri (+13%) e da caffè e ristoranti (+8%). Il valore della mancia, inoltre, sale con l’aumentare della spesa: tra il 2022 e il 2024 a registrare l’incremento maggiore (+18%) sono stati gli acquisti superiori ai 100 euro.u
TheFork, San Valentino fuoricasa: +38% di prenotazioni dal 2022
Non c'è occasione migliore per cenare fuori di San Valentino: una delle ricorrenze più amate dagli italiani secondo TheFork che ha monitorato le prenotazioni. Il ristorante, infatti, rimane il luogo privilegiato dove vivere un'esperienza con la propria dolce metà nel giorno degli innamorati: dal 2022 al 2024, le prenotazioni di coppia per il 14 febbraio sono aumentate del +38%. Una crescita sostenuta e abbastanza destagionalizzata se si pensa che sulla piattaforma nelle prime tre settimane del 2025 le prenotazioni per due sono state il 58% del totale.u
Il capitale del gruppo casual dining Cigierre, detenuto da BC Partners, apre le porte - con una quota di minoranza - al fondo private equity italiano QuattroR. Un'operazione conclusa attraverso la sottoscrizione di un importante aumento di capitale che segna l'avvio del processo di deployment di QuattroR Mid Cap dedicato al segmento delle PMI italiane. Nell’operazione ha co-investito Anthilia Capital Partners Sgr, attraverso il fondo Anthilia GAP e il management della società. BC Partners mantiene comunque la maggioranza del gruppo. Questa operazione segna l’inizio di una partnership strategica tra QuattroR, BC Partners e il fondatore e amministratore delegato di Cigierre, Marco Di Giusto. L'obiettivo è quello di sostenere la nuova fase di crescita del gruppo ristorativo che oggi conta oltre 360 punti vendita (230 diretti e più di 130 in franchising) e un fatturato aggregato di oltre 400 milioni di euro.u
Pausa pranzo, a Trento la più cara: 6,80 euro per panino e caffè
ATerni, per un panino e un caffè, mediamente si pagano 3,50 euro; a Trento diventano 6,80 euro. Questi i prezzi della pausa pranzo in Italia rilevati da SumUp. Attraverso l'osservatorio dedicato, la fintech ha analizzato il costo medio di questa combo base in venti fra le principali città italiane nel 2023 e nel 2024 a partire dalle rilevazioni dei prezzi di beni e servizi di largo consumo dei Mise. Guardando più nel dettaglio la ricerca, emerge inoltre che Venezia è inaspettatamente la città con il prezzo minimo più basso (2,70 euro) e anche l’unica in cui il costo medio di panino e caffè è diminuito dal 2023 al 2024: -3,3% (con il sandwich che ha messo a segno un -5% di costo). Andando a Sud, invece, il valore della pausa pranzo cresce: se Bari fa registrare il prezzo massimo più alto (9,30 euro), a Napoli nel 2024 panino e caffè hanno visto l’incremento di prezzi più significativo; ad aumentare, infatti, è stato il costo medio (+14,1%) e anche il costo massimo (+27,5%). A trainare questi incrementi nel capoluogo campano è stato innanzitutto la voce caffè: +10,5%, l'aumento più alto d'Italia (a Palermo il ritocco minore di listino, +0,8%).u
Il pollo fritto del Colonnello Sanders archivia un 2024 positivo in Italia: KFC ha chiuso con un bilancio di 179 milioni di euro (+25%) e superato i 100 locali. Un trend di crescita confermato anche per l'anno in corso, durante il quale l'azienda prevede di aprire altri 30 punti vendita fast food (ci cui il 30% nella formula drive-thru) così da raggiungere un network di 150 location a poco più di 10 anni dal suo ingresso nel nostro Paese. Fondamentale sarà il ruolo del corporate franchisee, ossia i locali a gestione diretta: dai 12 di oggi si passerà ai 20 di fine 2025 (il 13% della rete). A tendere, l’obiettivo è quello di raggiungere un network di 210 locali entro il 2027 a fronte di un investimento di 105 milioni di euro. Di questi, 30 milioni saranno investiti quest’anno in cui il progetto principale è rappresentato dall’apertura del flagship di Roma, nei pressi di Fontana di Trevi: un locale di 650 mq che ricalcherà il format già presente a Singapore e Praga.u
In Italia si registrano 17.223 bar pasticcerie, con un'incidenza spostata leggermente a favore dell'Area 4 (32,3%). Cambia però lo scenario urbano a seconda delle aree: i bar pasticceria in zone centrali dei comuni sono più spostati verso l'Area 1 (30,5%) mentre in Area 2 c'è una forte predilezione verso questo formato nelle aree rurali (32,3%). Le Le gelaterie e yogurterie in Italia sono 6.256, leggermente sovrallocate al Nord rispetto al Sud. In questo caso un numero non indifferente (l'8,5% di esse fa parte di una catena), dato che supera il 10% in Area 4. Infine, 20.675 sono le panetterie, di cui il 37,5% sono ubicate in Area 4 e in questo caso non sfondano le catene (sono solo l'1,2% delle panetterie complessive).u
Due luoghi iconici si incontrano: da un lato, la Mecca del glamour di Beverly Hills; dall'altro, il gusto toscano della nuova apertura de All'Antico Vinaio
L'insegna dedicata alla schiacciata ha annunciato l'apertura di un nuovo punto vendita in questo sobborgo di Los Angeles. In totale, sono tre i locali casual dining in città (compresi quelli di Venice e Koreatown). Un ulteriore step nella crescita a stelle e strisce de All'Antico Vinaio in collaborazione con la famiglia Ba-
stianich. Al 419 di N Beverly Drive, la catena di panini italiani pianta una nuova bandierina. Una presenza negli Stati Uniti in rapida crescita con una nuova imminente apertura a New York, due nuovi sedi annunciate a Nashville e altre due a Los Angeles, e in arrivo il primo a Miami. Un piano di espansione che prevederà oltre a quelle già dichiarate ulteriori 5 aperture nel 2025 u
Gruppo Savini, si allarga la rete premium con Sebastian Cafè
Il portfolio premium dining del Gruppo Savini apre le porte al Sebastian Cafè, il nuovo indirizzo nel cuore di Milano con un servizio all day long. In via Dante, a pochi passi dal Castello Sforzesco, il locale propone un menu ricco ed equilibrato, che spazia dai grandi classici della cucina mediterranea, ai piatti della tradizione milanese e alle specialità regionali. Con 120 mq di superficie, 64 posti a sedere interni e un dehors che può ospitare fino a 70 commensali, il Se-
bastian Cafè offre i propri servizi a cittadini e turisti tutto l'anno. Molto ampia e curata la proposta per colazioni, che strizza l’occhio all’healthy. Con Sebastian Cafè, Savini Group aggiunge un altro fiore al proprio bouquet di marchi, che comprende nella ristorazione lo storico e prestigioso ristorante Savini 1867 di Galleria Vittorio Emanuele II e l’insegna Granaio, e nell’hôtellerie il Matilde Boutique Hotel, in pieno centro a Milano.u
Già presente negli scali di Dusseldorf e Atene e in alcune aree di sosta italiane, Autogrill porta il format Amore Do Eat Better all'Aeroporto di Bologna. Il nuovo locale del brand rappresenta anche la prima declinazione ibrida di Amore Do Eat Better che prevede la coesistenza di due modelli di servizio: un’offerta bar e snack con servizio al banco per una pausa fast e un’offerta di casual dining con servizio al tavolo e self ordering. Con una sala tavoli suddivisa in tre diverse zone, il concept rispecchia un viaggio attraverso l’Italia. L’offerta di Amore Do Eat Better risponde alle esigenze di tutti i viaggiatori, con una proposta gastronomica varia e sfiziosa: dagli antipasti caldi e freddi, passando a primi piatti gourmet, secondi e piatti unici, come hamburger e insalate, fino ad arrivare ai dolci.u
'apertura del primo punto vendita è datata 4 marzo, ma Tegamino's ha già pronto un piano di espansione nel food retail per i prossimi anni. Il locale di viale Bligny 5 a Milano, infatti, è il punto di partenza per un progetto che fa perno sulla qualità e il sapore artigianale della pizza al tegamino per farsi largo in una delle categorie merceologiche più affollata della ristorazione a catena. Nato dalla collaborazione tra il founder Marco Serrone e l'imprenditrice Elisa Simonaro , il brand riprende le fila del food corner Tegamino's go!, dedicato al delivery in via Federico Faruffini. Con un impasto leggero e croccante (grazie alla doppia cottura) e ingredienti selezionati, l’offerta passa dai grandi classici ( Parmigiana, Marghe più Gusto ) alle versioni gourmet ( Carbonara, Bosco Incantato ). u
Al Maximall Pompeii ha aperto il nuovo punto vendita di Fattorie Garofalo. Il primo produttore al mondo di Mozzarella di Bufala Campana Dop ha così dato avvio a una nuova strategia retail, sempre più legata all’identità aziendale e ai valori del brand. «Si tratta del primo concept in catena dedicato non solo al gusto ma anche alla filiera. Un fast food di qualità, di circa 50 mq e 10 sedute interne, che si richiama alle atmosfere dell’agriturismo, alla latteria con servizio veloce. Si tratta di un progetto flessibile e adattabile a seconda del canale», spiega Alfio Schiatti, cco di Fattorie Garofalo.
Per Fattorie Garofalo il food retail non è una novità assoluta. L’insegna ha all’attivo 14 locali, essenzialmente nel travel retail. L’ultima apertura, «si differenzia perché la mission di questo locale è diversa da quelli precedenti: prima abbiamo cercato di costruire una catena che vendesse prodotti di bufala, ora una catena che comunica i nostri valori, ossia la filiera integrata e circolare. Il punto vendita è caratterizzato da un laboratorio della mozzarella a vista e finiture dai toni naturali. La struttura a
capanna trasmette un senso di riparo e il bancone, focus point del locale, ha l’obiettivo di far risaltare l’offerta con vasche di mozzarelle, burrate e altri formaggi», sottolinea Schiatti.
Nel menu, spazio a Crostoni con Caciocavallo di Bufala sciolto, Rutielli al forno con Mozzarella di Bufala Campana Dop filante, e materie prime genuine e golose per natura. Inoltre, la proposta di Fattorie Garofalo si arricchisce di elementi legati al territorio, come la Rosetta con lievito madre 100% naturale ispirata all’antico Panis Pompeii di 2.000 anni fa, e piatti proposti con mozzarella tagliata a spicchi. «Ovviamente la mozzarella c’è, ma non si può sempre e solo mangiare in purezza», afferma Schiatti. C’è anche un chiosco per il self ordering e implementeremo il programma fidelity. «Stiamo investendo molto sull’automazione di pagamento per riduzione coda, velocità di servizio, igiene, ecc. L’idea è far sì che l’operatore si concentri sul prodotto», conclude il manager.u
Starbucks presenta sei nuovi cocktail alla Reserve
Alla Starbucks Reserve Roastery di Milano, in collaborazione con il barman Andrea Villa (campione italiano di mixology e tre volte vincitore del titolo italiano di Coffee in Good Spirits), il menu si arricchisce con una selezione di 6 nuovi cocktail. Un vero e proprio viaggio sensoriale, sia alcolico sia analcolico, disponibile dal 10 marzo nel punto vendita di piazza Cordusio che, grazie a innovazione e artigianalità, mixa sapientemente il caffè con una serie di ingredienti Made in Italy. Da Eden Elixir (con liquore piemontese alla foglia di fico), Drops of Gold (con Ratafià valdostano e olio Evo), Le mie Radici (con vermouth al Sagrantino umbro), Don’t Pink about it (con limoncello Villa Massa e olio essenziale al bergamotto), Aria di primavera e Beyond the Star (con sciroppo allo zafferano).u
Palombo - Artigiani Pastai, ecco la "fermentata" Pasta al cubo
Dalla maestria di Palombo - Artigiani Pastai arriva Pasta al cubo: la prima pasta fermentata artigianale, un’innovazione che coniuga ricerca, benessere e gusto. Disponibile anche per il canale foodservice, questa referenza (proveniente da agricoltura biologica) è frutto di 10 anni di studi e ricerca per rivoluzionare il modo di intendere il piatto più amato degli italiani. Ciò che rende questa pasta diversa dalle altre è il suo processo di fermentazione, che avviene a temperatura controllata di 30° C con lievito madre e semola di grano duro biologica italiana. Cosa accade quando la semola di grano duro fermenta? Crea un bouquet aromatico inconfondibile, diventa più digeribile, con un indice glicemico ridotto e una migliore biodisponibilità di nutrienti.u
Bazzara lancia Rarity: tre caffè monorigine per la gamma Luxury
PMcCrunchy Chicken entra nel menu McDonald's anche in Italia
Dopo aver conquistato i palati di molti clienti in diversi mercati a livello globale, McCrunchy Chicken entra nel menu core di McDonald's anche in Italia. Un concentrato di gusto, texture e consistenze che strizza l'occhio alle nuove abitudini di consumo alimentari senza venir meno al classico gusto della catena fast food. A caratterizzare la nuova ricetta dell'insegna è un succoso filetto intero di pollo avvolto in una panatura dalla croccantezza esagerata; salsa allo yogurt, insalata e pomodoro. Ingredienti che puntano a trasportare il cliente nella crunchy zone, quella sensazione di benessere e sollievo gastronomico utile a staccare dallo stress della quotidianità.u
er impreziosire ulteriormente la propria gamma Luxury, Bazzara lancia la Rarity Line composta da tre caffè monorigine pensate per cavalcare il trend specialty. Si tratta di un tributo a tre icone del caffè selezionate per soddisfare una clientela sempre più attenta, esigente e appassionata di caffè particolari e ricercati. Una mission che la torrefazione artigianale di Trieste ha sintetizzato nel claim della linea Rarity: "The world’s most precious coffee gems" (le gemme più preziose del mondo del caffè). A comporre questa nuova gamma, infatti, troviamo tre autentiche eccellenze mondiali: Nepal Himalaya, Jamaica Blue Mountain e Panama Geisha. Per tutte La raccolta avviene esclusivamente a mano.u
BIRRA, I PRODUTTORI RILANCIANO: DALL’ANALCOLICO ALLE BIRRE PREMIUM
u Birra Amarcord, gusto locale e innovazione senza fretta
u Birra Baladin, restyling e ampliamento gamma per l’Horeca
u Krombacher punta sulla 00 ma non tradisce la Pilsner
u Warsteiner porta la versione analcolica anche in fusto
u Il portafoglio premium di Swinkels alla prova del mercato italiano
u Radeberger a tutta inclusività: dal no alcol al free from
NONOSTANTE CONSUMI IN CALO, I
BIRRIFICI INDUSTRIALI E ARTIGIANALI
LAVORANO GIÀ SULLE ALTERNATIVE E
STUDIANO IL MODO DI INTERCETTARE
I CONSUMATORI PIÙ GIOVANI
APRENDOSI ALL’APERITIVO, ALLA
SOSTENIBILITÀ E AL FOOD PAIRING
Nel 2024, la spesa al consumo di birra ha raggiunto i 101 miliardi di euro in Italia e una produzione di oltre 2,5 miliardi di euro. Numeri che sembrano allontanare ogni spettro di crisi o riduzione dei consumi. Eppure le preoccupazioni non mancano, dal momento che questi stessi numeri hanno smesso di crescere (anzi, nel confronto 2023-22 il calo dei consumi è del -5,85% anche se nel canale Horeca il valore non si incrina). «Oggi i consumatori cercano esperienze di qualità, autenticità e maggiore attenzione alla sostenibilità», è stata la spiegazione data da Alfredo Pratolongo, presidente di Assobirra dal palco di B&F Attraction. Una sfida che comporta anche un riassetto produttivo. Secondo uno studio dell’Università Bicocca di Milano, infatti, se il 75% degli italiani consuma birra regolarmente, il 60% dimostra una spiccata preferenza per etichette realizzate con ingredienti italiani (come il luppolo o il malto d’orzo), mentre il 46% pone grande attenzione alla sostenibilità.
Nato nel 1997, grazie all’intuizione della famiglia Bagli, Birrificio Amarcord sorge a cavallo tra la Romagna e l’Appennino delle Marche. Qui ha sede lo stabilimento di produzione dove artigianalità e innovazione vanno a braccetto. E diventa la cifra della proposta brassicola della casa che, nonostante un 2024 difficile a livello generale di consumi, ha visto una crescita in tutti gli indicatori principali (volumi di vendita e fatturato). Una base solida, da cui spiccare un salto verso l’allargamento della distribuzione grazie a diverse novità. «La prima new entry, lanciata a B&F Attraction 2025 è la Pilsner che va ad ampliare la già ricca linea classica – afferma il ceo Andrea Bagli - Questo stile storico, rivisitato in chiave moderna, è molto apprezzato da chi cerca una birra versatile e a moderata gradazione alcolica, ma soprattutto da chi si lascia conquistare da un gusto dove il luppolo è protagonista. La sua ricetta è essenziale: pochi ingredienti selezionati con cura e un processo produttivo lento e paziente. La lunga fermentazione, la paziente maturazione e il delicato dry hopping a fine fermentazione restituiscono un profilo aromatico raffinato e complesso, e un gusto pulito e rinfrescante con un'esplosione di aromi di luppolo. Al gusto potrete farvi conquistare dal perfetto equilibrio tra dolcezza e amaro, con un tocco di freschezza e aromaticità». Nel catalogo, per rispondere alle ultime richieste del mercato, è presente anche una proposta senza glutine, «le cui vendite stanno andando ben oltre le previsioni», sottolinea Bagli. Per quanto riguarda la versione no alcol, l’azienda sta ancora “studiando” sia il mercato sia la tecnica produttiva in modo da realizzare un prodotto «all’altezza del nostro marchio e delle aspettative, giustamente alte, dei nostri clienti e consumatori, senza scendere a compromessi solo per inserire una referenza analcolica nella nostra offerta». D’altronde, sono proprio i professionisti (serviti con diversi agenti a coper-
tura del territorio nazionale) a pretendere soluzioni eccellenti. Catene di ristorazione comprese: «È un canale molto interessante e in continua evoluzione. Attualmente serviamo alcune catene importanti, sia in Italia che all'estero, tramite i nostri distributori. Lavoriamo anche direttamente con alcune insegne nazionali come terzisti, producendo la birra con il loro marchio; approccio che si sta rivelando molto efficace», sottolinea il ceo. Anche perché, nel frattempo, sono diminuite le accise e la produzione è diventata meno costosa: «Finalmente l’Italia si è allineata ai grandi Paesi europei. Forse si poteva spingere un po' di più sulle aliquote, d'altronde non sono imposte importanti se viste da lato fisco italiano. Magari in futuro ci sarà l'occasione di alzare gli sconti, che nel nostro caso, abbiamo ribaltato al 100% ai nostri clienti, per provare a dare più competitività alla filiera distributiva e ai punti vendita». Locali che, nel frattempo, guardano alla birra per dare quel valore aggiunto che premia ogni esperienza food&beverage: «Noi, ove possibile, evidenziamo l’abbinamento consigliato per ognuna delle nostre birre. In Romagna, per esempio, oltre alla pizza abbiamo la piadina, ma sempre di più i consigli vanno sulle carni, sui formaggi, sui taglieri da aperitivo. Con sapori più o meno carichi si possono consentire abbinamenti perfetti, dalla semplice lager ad una birra più fresca e moderata come la Pilsner, fino ad arrivare alla Strong Amber Ale», conclude Bagli.
Simbolo dell’artigianalità agricola che si fa business (passando attraverso un equity crowdfunding che ha permesso alla società di raccogliere 5 milioni di euro), Birrificio Baladin rilancia sul 2025 e oltre. «A Rimini ci siamo presentati con tre focus: il restyling delle etichette delle nostre birre classiche (destinate in particolare alla ristorazione, ndr), l’ampliamento della gamma delle nostre birre artigianali analcoliche Botanic e la presentazione dei prototipi delle birre del progetto Open HUB, il nostro nuovo birrificio condiviso che produrrà esclusivamente birra in fusto destinata al mercato dei grossisti. L’offerta si articola in 7 birre stilisticamente differenti e la cui ricetta è stata creata da 6 birrifici artigianali italiani, compreso Baladin», racconta Teo Musso, fondatore dell’azienda nel 1986. Referenze che rispecchiano le tendenze di sostenibilità e inclusività sempre più forti nei consumi fuoricasa: «Riguardo allo zero alcol, abbiamo interpretato la tendenza del mercato rimanendo
fedeli alla nostra filosofica di produzione: una fermentazione classica, gestita in modo che il risultato finale sia una birra naturalmente analcolica. Riguardo alla sostenibilità ambientale, il tema rientra nel Baladin Green Project che con azioni concrete e molto articolate si pone al centro la sostenibilità ambientale: dalla produzione di energia solare per alimentare il birrificio, alla depurazione dell’acqua di scarto che viene riutilizzata per l’irrigazione dei campi al conferimento delle trebbie (scarto di produzione, ndr) ad allevatori come mangime. Il prossimo futuro vedrà un importante impegno: creare un circolo dell’acqua completo». Approccio che fa la differenza anche nel boccale dove, soprattutto i giovani, si presta «sempre maggiore attenzione al benessere. Riteniamo essenziale avvicinarci a questo stile di vita restando fedeli alla nostra filosofia: prodotti con personalità e appaganti in termini di profumi e gusto», precisa Musso. Li stessi prodotti che si possono gustare direttamente al bancone di uno dei 9 locali diretti di Baldin. Punti vendita ma anche osservatori privilegiati sulle abitudini di consumo, l’andamento del mercato e le ultime novità in fatto di food pairing: «La ristorazione in generale apprezza sempre maggiormente la duttilità della birra in termini di possibilità di ricerca di profumi e sapori che possano accompagnare i diversi stili di cucina. La birra viene abbinata a formaggi e salumi ma anche a piatti elaborati come il foie gras o alla cucina vegetariana. Non c’è un pairing specifico che emerge sugli altri ma un mix. La stessa pizza, che oggi viene elaborata in versioni ricche di sapori e ingredienti, né è un esempio che supera lo stereotipo di “Margherita e birra bionda”. Stesso ragionamento vale per l’aperitivo, momento in cui la birra, con un tenore alcolico più contenuto, consente di accompagnare la bevuta con piatti o stuzzicherie leggere», conclude Musso.
Attiva da quattro anni, la divisione italiana della tedesca Krombacher ha chiuso ancora una volta l’anno in positivo segnando un +8,7% a volume rispetto al 2023. Un dato in controtendenza rispetto al mercato «contrassegnato in questi primi mesi del 2025 da un trend di riduzione già avviato a ottobre e che solo le festività natalizie avevano temporaneamente frenato», commenta il country director Davide Grossi. Per tenere la barra dritta, la
soluzione è aprirsi all’innovazione. A B&F Attraction, Krombacher ha presentato la sua variante zero alcol, sostenuta da una campagna di comunicazione molto mirata, e svelato la Starnberger Hell (proveniente dall’omonimo birrificio bavarese acquisito tre anni fa), un prodotto premium di alta qualità dedicato proprio all’Horeca. Detto ciò, la “regina” rimane la Krombacher Pils, da 23 anni la birra più bevuta di Germania. Una sorta di marchio di garanzia dietro il quale si cela un approccio brassicolo consapevole, sostenibile e inclusivo: «Produciamo birra con ingredienti naturali e acqua di sorgente non trattata: preservare la natura per noi è una questione di sopravvivenza. Anche il packaging è totalmente riciclabile. Per quanto riguarda l’inclusività, stiamo lavorando sul low alcol per andare incontro alle esigenze del mercato ma partiamo già da una buona base visto che la nostra bionda rimane al di sotto dei 5 gradi. Da qui la priorità ad ampliare la nostra distribuzione, sia nelle grandi città che nei centri di provincia, così da portare la nostra gamma completa là dove il cliente la richiede», precisa Grossi. Per arrivare ai locali, Krombacher si affida a un mix di forza vendita diretta (tuttu beer sommelier) e partnership strategiche con i distributori: «Siamo molto attenti al posizionamento corretto del prodotto. L’obiettivo deve rimanere sempre quello di privilegiare il liquido che c’è all’interno della bottiglia o del fusto. La leva prezzo, infatti, rimane importante, ma rischia di spostare l’attenzione lontano dalle varietà a disposizione e quindi dalla qualità del prodotto in sé». Focus che riguarda anche le catene di ristorazione («Un canale molto interessante che genera importanti volumi e, sebbene ad oggi non siamo ancora strutturati per seguirlo, c’è molta attenzione: attraverso i diversi punti vendita del network potremmo avere più possibilità di dare visibilità al marchio») in attesa che le accise calino anche per i produttori industriali. Le lievi riduzioni degli ultimi anni per produttori come Krombacher non hanno impattato sulla riduzione del prezzo al consumo. Detto diversamente, «non è questa la leva che ha mosso le scelte al bancone né il motivo per cui i prezzi si sono alzati», sintetizza Grossi. Al di là delle questioni fiscali, infatti, il tema è come intercettare al meglio i nuovi consumatori. B&F Attraction ha dimostrato che la passione per la
birra non è venuta meno ma c’è un gap generazionale da recuperare: «I giovani di oggi sono difficili da leggere, la loro convivialità è diversa da chi li ha preceduti e di sicuro gli effetti del Covid hanno inciso – continua Grossi – Una strategia potrebbe essere quella di spingere l’abbinamento della birra con il cibo, sia per l’aperitivo sia a tutto pasto. Grazie al naturale basso grado alcolico, infatti, la birra va bene un po’ con tutto: dalla classica pizza alla ristorazione stellata, passando per la mixology; lasciando spazio anche per una seconda bevuta».
Con un fatturato 2024 intorno ai 40 milioni di euro (di cui il 70% nel canale Horeca), in linea con l’anno precedente, Warsteiner Italia è riuscita a registrare anche un aumento di volume nonostante un anno difficile per i consumi. L’occasione giusta per innovare. La novità, in vetrina a Rimini, è la birra analcolica, non solo in bottiglia ma ora anche in fusto: «Sul mercato italiano siamo in pochi a proporre questo formato. Principalmente perché il processo è complesso e costoso: si parte dalla nostra Pilsner che viene successivamente dealcolata per evaporazione sottovuoto. Il risultato, alla spina, ha la stessa consistenza, schiuma, gusto, aromi e corpo che può essere scambiata per una birra normale. Di fatto entriamo nel mercato dei soft drink con una esperienza alla spina», rivela Silvia Serpelloni, brand manager Italia. Oltre a questa referenza
non vanno dimenticate le etichette di Rye River (4 IPA in fusto e bottiglia), birreria artigianale irlandese di cui Warsteiner ha acquisito le quote di maggioranza, lanciate nel 2024 e che perseguono una strategia di ampliamento del portfolio per acquisizioni di realtà caratterizzate da expertise artigianale, valori tradizionali e passione. Sul mercato, tuttavia, permane forte il tema prezzo: «In questi anni il fuoricasa ha vissuto forti rincari. Dal Covid in poi, per effetto di diverse congiunture sfavorevoli, i listini sono sempre cresciuti e anche il consumatore se ne è accorto tanto da modificare le sue abitudini d’acquisto. Tuttavia, il canale rimane resiliente e, soprattutto in Italia, è difficile che si rinunci a un’uscita; piuttosto si riducono», sottolinea Serpelloni. Ecco allora che Warsteiner non smette di investire e guarda al fenomeno delle catene: «È un segmento che stiamo monitorando con interesse. Il nostro approccio è sempre quello di guardare ai nuovi format e proporci come partner non solo nella fornitura del prodotto. Attraverso i grossisti, infatti, forniamo anche corsi di formazione sia per la spillatura sia per la manutenzione dell’impianto». Il rischio, infatti, è che la birra sia data per scontata e quindi ne risenta la qualità proprio in un momento in cui è questa caratteristica a fare la differenza. Soprattutto quando si parla di abbinamento con il cibo: «In azienda sono oltre 20 anni che puntiamo sul beer pairing. Abbiamo quindi maturato un’esperienza solida arrivando a proporre la birra anche come vero e proprio ingrediente in cucina. Inoltre, abbiamo un nostro concept bar interno che funziona come laboratorio e area tasting in cui approfondire il legame fra birra e cibo. Non solo per pranzo e cena, ma soprattutto nel momento dell’aperitivo in cui la birra, con il suo naturale basso grado alcolico permette un sorso più leggero e un ventaglio più ampio di accostamenti con il finger food», conclude Serpelloni.
Un solido portafoglio di prodotti ha permesso a Swinkels di reggere un 2024 incerto per quanto riguarda i consumi fuoricasa. E «sebbene ci sia ancora molto lavoro da fare, il nostro progetto orientato al segmento specialty e alle birre di valore ha ricevuto un riscontro molto positivo, con una crescente fiducia nei nostri confronti da parte dei clienti», spiega Matteo Girardo, on trade sales director di Swinkels. Un esempio sono le novità presentate a Beer&Food Attraction: BrewDog Black Heart, una Stout con un contenuto alcolico del 4,1%, che ha riscosso grande successo; e Juicy Lucy, una New England IPA del birrificio olandese Uiltje, dal carattere esplosivo. A queste referenze si affianca la limited edition di La Trappe, creata in occasione dei 140 anni del birrificio: una birra che celebra i tre principi fondamentali del mondo trappista (una produzione all’interno di un’abbazia Trappista, la supervisione diretta dei monaci e parte dei proventi destinata al sostentamento della comunità monastica e a progetti di sostenibilità) ed
è stata realizzata in collaborazione con altri due birrifici trappisti (l’olandese Zundert e l’inglese Tynt Meadow). Non solo, ma «grazie ai brand BrewDog, Uiltje e La Trappe, siamo in grado di rispondere alle richieste dei clienti che cercano opzioni più analcoliche, in linea con le tendenze di attenzione al benessere», sottolinea Girardo. Caratteristiche che fanno la differenza sul mercato dove Swinkels è presente con una rete vendita che lavora a stretto contatto con i distributori: «Le richieste che riceviamo dai professionisti riguardano principalmente il packaging, la competitività del prezzo e la trasparenza sugli ingredienti, per garantire un prodotto che risponda alle aspettative del mercato», spiega il manager. Mercato sul quale, per ora, l’azienda non ha ancora “incontrato” le catene del food retail («in attesa di valutare opportunità future che possano allinearsi con la nostra offerta e i nostri valori») ma che sta vivendo delle vere e proprie trasformazioni: «La contrazione dei consumi fuoricasa è sicuramente influenzata dal contesto inflazionistico e dalla situazione economica generale, che riducono la propensione alla spesa. Inoltre, le nuove generazioni tendono a consumare meno alcol fuori casa, preferendo bere in casa o, in alcuni casi, evitando completamente gli alcolici. Per intercettare i giovani, è fondamentale puntare sui nuovi trend, come le bevande analcoliche, e soprattutto saperli guidare, invece di adattarsi passivamente», spiega Girardo. Ecco allora che c’è spazio per rilanciare il beer pairing, anche durante l’aperitivo: «Grazie alla sua gradazione alcolica più bassa e al contenuto calorico ridotto, la birra riesce a coinvolgere un numero crescente di consumatori in un contesto di convivialità. L'aperitivo è, infatti, un momento particolarmente importante anche a livello culturale, e rappresenta un'ottima occasione per avvicinare i consumatori alla birra», conclude Girardo.
L’ultimo anno è stato quello della definitiva crescita post-Covid per Radeberger che, nel 2024, ha visto un deciso segno “più” davanti a volumi e valori rispetto ai dati del 2019. Il 2025, quindi, si apre come l’anno in cui guardare al futuro della birra, ai nuovi trend, alle opportunità che emergono dal mercato
e dare una risposta alle mutate esigenze del cliente. Per farlo l’azienda punta su un ampio ventaglio di prodotti: «Attualmente, i nostri best seller sono Delirium Tremens, Staropramen, Jever Pilsner e Firestone Walker. Per i consumi del futuro abbiamo presentato a Rimini le nostre gamme free from, di cui siamo precursori fin dagli anni ‘70-80, e l’etichetta analcolica Clausthaler, che nasce proprio senza alcol. Sempre su questa linea possiamo poi contare su tre “campioni” belgi: Delirio, realizzata con lievito innovativo ad alta fermentazione modificato per non produrre alcol, disponibile anche in fusto da 20 litri; Paranoia, una IPA opalescente con generose dosi di luppoli aromatici; e Paranoia Rouge, con concentrato di frutta come ciliegie, sambuco e lampone», racconta Lorenzo Bossi, marketing manager di Radeberger. A queste novità si affiancano, per il segmento no alcol, Estrella Damm 00 gluten free disponibile anch’essa in fusto da 20 litri. Mentre per il verticale gluten free ci sono Daura, Daura Märzen, Daura IPA , Mogozo Pilsner e Mongozo White. «Per noi –precisa Bossi - è importante non avere “solo” dei marchi gluten free o analcolici ma dei veri e propri stili (per un totale di 150 etichette a catalogo in bottiglia e 60-70 in fusto, ndr)». Centro nevralgico di questa proposta è la sede
di Genova, dove Radeberger Italia ha i propri uffici commerciali e 17 persone sul territorio nazionale che offrono assistenza sia ai distributori sia agli esercenti direttamente sul punto vendita. Un servizio che viene ulteriormente rafforzato da due magazzini di stoccaggio e una filiera del freddo ininterrotta dalla produzione al concessionario, così da garantire il pieno rispetto delle caratteristiche organolettiche di tutte le birre, a partire da quelle di importazione, e una shelf life più lunga. Dettagli che conquistano i professionisti del fuoricasa, con cui Radeberger ha avviato anche alcune collaborazioni (come la Damm Inedit, creata insieme allo chef stellato Ferran Adrià), e riescono a superare il tema del prezzo: «Su questo aspetto non abbiamo mai avuto particolari problemi grazie alla qualità garantita delle nostre birre e una gamma così diversificata in cui tutti possono trovare il proprio profilo ideale», sintetizza Bossi. Anche le catene, magari quelle i cui format si richiamano alle atmosfere americane in cui etichette come Miller, Coors e Blue Moon, distribuite da Radeberger in Italia, possono fare la differenza. In generale, però, è ancora il pub il luogo d’elezione per Radeberger: «Si tratta di un luogo di aggregazione naturale dove possiamo instaurare un rapporto diretto con i giovani consumatori, da un lato spiegando loro che la possibilità di bere una birra in serenità, con gli amici, durante un momento di svago c’è ancora nonostante l’introduzione del nuovo Codice della Strada; dall’altro proponendo degli abbinamenti che tengano conto delle attuali necessità nutrizionali in cui il benessere è al primo posto», afferma Bossi. Un esempio? «Evitare la classica Lager con la pizza Margherita. Meglio una birra con caratteristiche aromatiche acide che bilanci i sapori del pomodoro tipo una Weizen o una Wild Ale».
GLI INGREDIENTI BASE DEL DOLCE SEMPRE PIÙ NATURALI E VEGETALI
u Molini Pivetti, pasticceria priorità del foodservice dolce
u Molino Grassi, l’alleato del bakery evoluto
u Trevalli Cooperlat, al via il restyling delle linea professionale
u Frascheri all’avanguardia nel lactose free
u Ipsa punta su plant based e free from per conquistare i professionisti
u Dalla pasticceria alle bevande, Eurovo espande il suo portfolio
FARINE, PANNE E CREME SONO
I PRODOTTI NECESSARI A OGNI
PROFESSIONISTA DELLA PASTICCERIA
E DEL BAKERY. REFERENZE
TRADIZIONALI CHE SI RINNOVANO
SULLA SPINTA DELLE NUOVE
ESIGENZE DEL CLIENTE
Ingrediente base per moltissime preparazioni dolci, la farina è una delle referenze per uso professionale che più si è evoluta negli ultimi anni. Spinti dalle richieste di una clientela sempre più segmentata e attenta alle proprie esigenze alimentari da un lato, e dalle necessità dei professionisti del settore focalizzati su funzionalità e rapporto qualità-prezzo dall’altro, i produttori si sono attrezzati. Ecco allora che sul mercato arrivano soluzioni dedicate al bakery sempre più raffinate e innovative. Una tendenza seguita anche da creme per farcitura (che nel frattempo si aprono a nuovi gusti e rivedono la loro formulazione riducendo gli zuccheri) e panne (sia come topping che come ingrediente, meglio se di origine vegetale per andare incontro alla richiesta di inclusività del cliente). L’importante è non sbagliare ingrediente. Non solo per una questione tecnica, ma anche per un tema di sostenibilità della proposta food.
Con un fatturato di oltre 140 milioni di euro e una crescita dei volumi di vendita del +8%, Molini Pivetti ha chiuso un 2024 positivo confermando come il foodservice sia un segmento strategico per l’azienda. Non sorprende, dunque, che a Sigep l’azienda ferrarese abbia presentato i frutti di un continuo lavoro di ricerca e sviluppo per garantire ai professionisti lavorabilità, resa ottimale, controllo dei tempi di lievitazione e risultati impeccabili. Come succede con la linea per pasticceria, una gamma composta da 4 referenze che danno forma a specialità diverse: «La referenza Frolla permette al prodotto finale di non sbriciolarsi mantenendo la giusta consistenza, caratterizzata da friabilità e compattezza: come biscotteria, dolce e salata, e piccola pasticceria. La farina Lievitati, con elevato apporto proteico e dall’alto indicatore di forza, garantisce facilità di lavorazione ed è perfetta per piccoli e grandi lievitati, come panettoni, pandori, colombe e prodotti da ricorrenza in generale. La referenza Brioche-Croissant è pensata sia per una prima colazione fragrante e deliziosa, che per la croissanterie dolce e salata, grazie al bilanciato apporto proteico in associazione a un equilibrato indice di estensibilità dell'impasto, che permette di creare impasti in grado di sostenere l’aggiunta di grassi tipica di queste preparazioni, pur mantenendo la giusta friabilità e morbidezza. Infine, Sfoglia è una farina equilibrata, contraddistinta da un ottimo rapporto fra tenacità ed estensibilità, per essere resistente alle lunghe lavorazioni e realizzare una sfoglia ben sviluppata e friabile», Giulia Chessa, marketing manager di Molini Pivetti. Articoli che rispondono alle esigenze del professionista anche dal punto di vista del packaging (con sacchi da 10 kg apprezzato per la facilità di utilizzo e stoccaggio) e della sostenibilità (l’azienda ha stretto un rapporto diretto con gli agricoltori, distinguendosi nel mercato per un modello di filiera certificata che, dal 2022 attraverso la partnership con xFarm Technologies è stata anche digitalizzata). Per arrivare al cliente professionale, Molini Pivetti si appoggia a una rete di distribuzione tramite partner selezionati a cui affianca «consulenza personalizzata e corsi di formazione dedicati ai professionisti, con l'obiettivo di valorizzare i prodotti, esaltarne le potenzialità e le caratteristiche e supportare i clienti nella crescita del loro business. Per il 2025, abbiamo già in programma una serie di iniziative, tra cui sessioni di formazione presso
i distributori e corsi ad hoc, oltre a una collaborazione con la prestigiosa Iannucci Academy», ricorda Chessa. Attività essenziali se si considera il rapido cambiamento delle abitudini di consumo fuoricasa: «La colazione, però, rimane un momento chiave seppur con una crescente attenzione alla salute e al benessere. In generale osserviamo una maggiore richiesta di qualità, artigianalità e personalizzazione. Il ristoratore oggi cerca sempre di più l’unicità dei propri prodotti; quindi, si inseriscono farciture e abbinamenti molto ricercati, mentre il formato dei dolci è divenuto sicuramente più piccolo, rispetto al bancone di pasticceria», conclude Chessa.
Il nostro impegno nel rispondere alle esigenze del mercato con prodotti sempre più mirati e di alta qualità ha contribuito alla crescita complessiva dell’azienda». Questa la sintesi del 2024 di Molino Grassi secondo Roberto Bigna, responsabile commerciale Italia dell’azienda parmense che, con le sue soluzioni su misura, punta a farsi largo nel foodservice. Come dimostrano le novità in vetrina a Rimini, a partire dalla farina per teglia 60x40: «Una farina innovativa per impasti diretti e indiretti a lunghe lievitazioni, che promette pizze leggere e croccanti, con una caratteristica alveolatura. Una soluzione studiata appositamente per rispondere alle esigenze sia del mondo della panificazione sia della pizzeria. Un'altra innovazione è il malto diastasico in pasta, un ingrediente fondamentale per ottimizzare la lievitazione e migliorare la struttura degli impasti. Per quanto riguarda la pasticceria, stiamo consolidando l’offerta e il nostro team di ricerca e sviluppo è costantemente al lavoro», afferma Bigna. Le priorità rimane quella di trovare il giusto equilibrio fra eccellenza e performance, per questo «scegliamo esclusivamente grani selezionati, lavorandoli con processi che mantengano intatte le loro caratteristiche e permettano ai professionisti di ottenere prodotti sempre performanti e di alta resa». A questo si aggiunge una spiccata attenzione alla sostenibilità, che si traduce nella linea La Pasticceria Bio: pensata per chi desidera lavorare con materie prime certificate biologiche e grani 100% italiani. Cartina di tornasole per capire quanto il canale professionale sia cambiato negli ultimi anni: «Il mondo dell’arte bianca è in continua evoluzione. Per questo abbiamo rivisto il nostro packaging riducendo il peso dei sacchi a 15 kg, rendendoli più maneggevoli e pratici. Inoltre, la tendenza è sempre più orientata verso farine e miscele specifiche per ogni preparazione: dai prodotti per
grandi lievitati alle referenze per croissant, fino alle farine speciali per pane e pizza», sottolinea Biga. Un plus per le catene specializzate che, inoltre, al Nord Italia possono contare su un rapporto diretto con l’azienda (mentre al Sud Molino Grassi si appoggia a una rete di grossisti). Questo permette un ulteriore vantaggio, ossia monitorare da vicino i trend nascenti fra i consumatori: «Oggi crescono le occasioni di consumo fuoricasa, con una forte spinta su merende e aperitivi dolci. Vediamo nascere sempre più locali che uniscono l’anima del laboratorio artigianale con il servizio diretto al pubblico, offrendo prodotti freschi e di alta qualità in momenti di consumo diversi rispetto alla classica colazione. In questo scenario, le nostre farine da pasticceria rappresentano la base perfetta per rispondere a queste nuove esigenze», conclude Bigna.
Equamente diviso fra retail e foodservice (a cui si aggiunge una parte marginale derivante dalla produzione conto terzi), il bilancio previsionale di Trevalli Cooperlat fissa a 230 milioni di euro il fatturato per il 2024 (di cui il 75% realizzato in Italia). Cardine di queste performance sono i prodotti a base latte e i suoi derivati pensati per bar, pasticcerie, ecc: dal latte fresco a quello UHT (sia semplice che arricchito di proteine), dalla panna fresca (che arriva direttamente dalla scrematura del latte) a quella a lunga conservazione. «Proprio in questa categoria merceologica abbiamo presentato a Sigep una panna standard al 35% di grassi, una senza lattosio e una al 38% di grassi che si sta sempre più diffondendo perché funziona sia per le decorazioni sia per le torte multistrato visto che garantisce una maggiore tenuta dopo l’utilizzo», afferma Milvia Panico, direttrice marketing di Trevalli Cooperlat. A queste proposte si aggiungono poi quelle a marchio Hoplà Professional (oggetto di un vero e proprio restyling grafico che ha coinvolto anche il packaging), a partire dalle creme: la “classica” con o senza zuccheri ed Easy Top, specifica per le torte monumentali e pensata per sostituire la crema al butto o la pasta da zucchero («Oltre al risultato finale - precisa Panico - questi articoli consentono un impatto positivo, di risparmio, sul food cost»). Infine, un menzione a parte la merita Hoplà 100% Vegetale, adatta per tutte le preparazioni vegane. Insomma, soluzioni ad alta sostenibilità e inclusività (come la referenza Hoplà Idee Veg Soia Barista 100% vegetale): «Abbiamo cercato di arrivare a ricetta pulita con un’etichetta corta composta da 5-7 ingredienti. Non è stato facile ma c’è molta attenzione da parte del nostro ufficio di ricerca che, nel frattempo, sta collaborando con TetraPak per studiare un
La Giornata Mondiale della Farina, il 20 marzo, cade in un compleanno davvero speciale per Molini Pivetti che quest’anno celebra 150 anni di storia. Dal 1875, l’azienda seleziona i migliori grani teneri per la produzione di farine per i professionisti con linee dedicate alla panificazione, pizzeria, pasta fresca e pasticceria.
Intrecciando innovazione e know-how, Molini Pivetti ha ideato soluzioni per soddisfare le diverse esigenze, con un’ampia gamma di farine che garantiscono lavorabilità, resa ottimale, un perfetto controllo dei tempi di lievitazione e risultati impeccabili, sia nelle preparazioni dolci che salate.
Oggi Molini Pivetti è divenuta un punto di riferimento sia come produttore di farine di alta qualità, che come partner strategico, capace di supportare aziende, professionisti dell’arte bianca e catene della ristorazione grazie a una formazione continua e a consulenze personalizzate. L’obiettivo è di affiancarli nel loro business, aiutandoli a sfruttare al meglio le potenzialità delle farine e delle innumerevoli applicazioni, con masterclass, sessioni dimostrative presso i distributori e affiancamenti in presenza, direttamente presso il punto vendita.
Continua l’impegno di valorizzazione dell’arte del pizzaiolo da parte di Molini Pivetti insieme alla Iannucci Academy. Da aprile, infatti, prenderà il via la Pivetti
in Pizzeria Selection, un format esclusivo dedicato ai professionisti della pizza e le giornate di formazione della Iannucci Academy, la prima prevista per il 25 marzo a Sarno con le testimonianze d’eccezione di Ciro Poppella della Pasticceria Poppella ed Edoardo Ammendola dell’Antica Pizzeria Di Matteo.
packaging altrettanto sostenibile». L ’obiettivo è duplice. Da un lato, quello di soddisfare le esigenze dei professionisti che chiedono garanzie di «stabilità e corretta fermentazione così da superare, con la qualità e, se le economie di scala lo permettono, la personalizzazione delle ricette, il tema del prezzo divenuto molto sensibile in un momento in cui le materie prime di riferimento sono molto inflazionate». Dall’altro, incrociare al meglio le nuove abitudini di consumo del cliente finale: «Sul tema dolce c’è molta voglia di sperimentare. Anche il dolce senza lattosio o quello vegano non sono più un’esclusiva delle persone intolleranti o che seguano un particolare regime alimentare ma diventano un’alternativa anche per i cosiddetti flexitariani che, di tanto in tanto, vogliono alleggerire i propri pasti». Compresi quelli consumati all’interno dei locali del food retail, un settore a cui Trevalli Cooperlat guarda con interesse e consapevolezza organizzativa: «Ad oggi - ammette Panico – non siamo ancora strutturati per servire direttamente queste realtà, ma stiamo compiendo i giusti passi per arrivare a collaborare con questi network».
Con oltre 60 anni di esperienza
nei settori della pasticceria, gelateria e ristorazione, Frascheri si è presentata all’ultimo Sigep con un ventaglio di prodotti versatili e performanti con un occhio di riguardo a sostenibilità e innovazione. «I nostri best seller - afferma l’amministratore delegato Andrea Frascheri - includono Panna Arianna in tutte le declinazioni, ESL o UHT. Questa panna è stata una delle prime panne professionali ad essere disponibile nella versione lactose free, che ormai è un cavallo di battaglia da anni. Poi proponiamo il latte di bufala, particolarmente apprezzato in gelateria per la sua cremosità e il gusto ricco. Con il suo profilo aromatico intenso e la sua capacità di esaltare le materie prime, è sempre più richiesto dai pasticceri artigianali che vogliono distinguersi di distributori con una logistica efficiente che garantisce consegne rapide e
affidabilità; dall’altro, alla formazione: «Organizziamo workshop e incontri dimostrativi costantemente. Solo così è possibile affiancare i professionisti nell’uso ottimale dei nostri prodotti, migliorandone la resa in laboratorio. Offriamo anche dimostrazioni pratiche per l’utilizzo del latte di bufala nelle ricette di gelateria, ma anche eventi di latte art per chi vuole migliorare le proprie abilità in caffetteria», conclude l’ad. con un prodotto gourmet». Due referenze che rispondono direttamente alle esigenze dei professionisti: inclusività alimentare (la gamma senza lattosio è completata da latte, panna, burro e una base per la gelateria) e qualità distintiva. Detto diversamente, per superare lo scoglio del prezzo, «l’obiettivo è offrire prodotti che garantiscano resa e
versatilità; poi un ingrediente di livello porta a un prodotto finito ineccepibile e questo è lo scopo del nostro lavoro», sintetizza Frascheri. Per riuscirci, Frascheri si appoggia, da un lato, a una rete capillare di distributori con una logistica efficiente che garantisce consegne rapide e affidabilità; dall’altro, alla formazione: «Organizziamo workshop e incontri dimostrativi costantemente. Solo così è possibile affiancare i professionisti nell’uso ottimale dei nostri prodotti, migliorandone la resa in laboratorio. Offriamo anche dimostrazioni pratiche per l’utilizzo del latte di bufala nelle ricette di gelateria, ma anche eventi di latte art per chi vuole migliorare le proprie abilità in caffetteria», conclude l’ad.
Sostenuto dall’ aumento della richiesta per prodotti di ispirazione plant based o con etichette corte e più vicine alle inclinazioni free from e da una maggiore diffusione del concetto di qualità artigianale, Ipsa ha chiuso un 2024 positivo nel canale foodservice grazie ai marchi Halta e Gelato.Ipsa
Nata nel 1978, con sede a Castignano (AP), l’azienda vanta un’ampia proposta per i professionisti della pasticceria e della gelateria (con un catalogo di 558 referenze a listino, 102 articoli custom per un totale di oltre due milioni di pezzi prodotti all’anno e 150 nazioni servite): «Il nostro cliente tipo è l’imprenditore della ristorazione o lo chef con, magari con un know-how artigianale. A lui offriamo prodotti versatili, di alta qualità e in grado di soddisfare le esigenze dei consumatori moderni, grazie a un orientamento verso un’alimentazione sana e gustosa», spiega l’azienda. Andando più nello specifico, quindi, il marchio Halta include preparati vegetali UHT per cucina e da montare , special mix in comodi formati da chilo, topping , glasse e margarina caratterizzati da un’alta qualità dei grassi e da un cura particolare nelle selezione degli ingredienti. Dettagli che fanno la differenza anche nella scelta del professionista: «Chi lavora nel foodservice richiede prodotti che siano competitivi senza compromettere la qualità. La texture è un altro fattore cruciale , specialmente per i gelatieri e i pasticceri, che cercano consistenze perfette per le loro creazioni. Il packaging , inoltre, deve essere pratico, facilmente gestibile , rispondendo alle nuove esigenze ambientali. Infine, il gusto resta un elemento centrale, con una crescente domanda di sapori innovativi e opzioni personalizzabili che si adattino alle diverse esigenze dietetiche dei consumatori», afferma l’azienda. Per raggiungere i punti vendita, Ipsa si avvale di una rete di agenti specializzati ( circa 50 operativi sul territorio nazionale) e distributori capillari che copre le diverse regioni d’Italia attraverso collaborazioni dirette con le strutture (più di mille clienti serviti), assicurandosi che i prodotti arrivino freschi e nel rispetto delle normative di conservazione.
Fedele alla sua storia, quella di un’azienda a conduzione familiare che da tre generazioni unisce ai valori della tradizione la forza dell’innovazione, Eurovo ha saputo conquistare la fiducia degli operatori food grazie a una costante evoluzione di un prodotto tanto semplice e basilare quanto essenziale e determinante per la buona riuscita di una ricetta di pasticceria (e non solo): l’uovo. L’esempio si è visto a Rimini, durante Sigep 2025, quando Eurovo ha lanciato Tuorlo 33 dedicato ai lievitati: «Un prodotto ideale per i dolci da ricorrenza in cui lo zucchero è già perfettamente solubilizzato. Così formulato va a migliorare la viscosità e capacità umettante nelle preparazioni garantendo una lunga shelf life (120 giorni, ndr) che agevola la pianificazione delle produzioni, ottimo servizio nei periodi di picco stagionale», spiega Federico Lionello, direttore commerciale di Eurovo. Precedentemente, nel corso del 2024, erano arrivate sul mercato anche la nuova bevanda ricca di calcio e proteine le Naturelle a base di albume d’uovo, «un’alternativa al latte vaccino, naturalmente lactose e gluten free, senza zuccheri o grassi. Ha un grande potenziale nel foodservice in quanto, grazie al potere montate dell’albume, permette di preparare cappuccini con una schiuma compatte e stabile; anche per chi si diletta con la latte art», garantisce Lionello. Il best seller per il settore dolce è sicuramente la Crema Pasticcera professionale pronta all’u-
so di Eurovo Service, adatta a celiaci e intolleranti al lattosio, caratterizzata da una texture morbida e vellutata e da un gusto delicato, ottima sia come farcia sia come dessert al cucchiaio. Item ad alto tasso di inclusività, dunque, a cui si aggiunge una elevata dose di sostenibilità: «I nostri prodotti in brik sono caratterizzati da packaging in materiali riciclabili nella filiera della carta e certificati carbon neutral. In ottica servizio abbiamo anche formati in bottiglia Pet che è il materiale plastico più facilmente riciclabile», sottolinea il manager. Dettagli che incontrano anche le richieste del professionista a cui Eurovo - attraverso una forza vendita interna specializzata e una rete di distributori qualificati per questo canale - fornisce un servizio su misura, attraverso strumenti di fidelizzazione, piani di comunicazione e marketing personalizzati, consulenze e formazione sull’utilizzo dei prodotti. «Abbiamo notato che negli ultimi periodi gli operatori professionali sono sempre più attenti a qualità intesa anche come performance e standardizzazione oltre che sicurezza delle materie prime. È per questo che stiamo orientando la nostra innovazione al maggior contenuto di servizio, per garantire risultati e standard eccellenti, ma anche risparmio di tempi, costi e risorse», rivela Lionello. Anche perché, nel frattempo, il fuoricasa corre veloce e le abitudini dei consumatori cambiano: «La colazione, per esempio, sta diventando un’abitudine sociale e nutrizionale sempre più importante, con una sensibile espansione al salato. Stessa cosa per la merenda. Inoltre, per arricchire la nostra proposta, in linea con gli ultimi trend, ci siamo introdotti anche nel segmento waffle (con l’acquisizione della toscana Waffelman, ndr) e pancake di qualità», conclude Lionello.
PLANT BASED, LE ALTERNATIVE PASSANO DALLA RISTORAZIONE
u Dream Far, mozzarella vegetale a misura di pizzeria
u Heura in Italia, partner del food retail green
u Redifine Meat carne con stampa 3D e non solo
u Unigrà, tre referenze plant based per il foodservice
LE PROTEINE A BASE VEGETALE
SONO SEMPRE PIÙ RICHIESTE
DAI CONSUMATORI.
E IL FUORICASA SI ADEGUA
RIVOLGENDOSI A STARTUP
E AZIENDE INNOVATIVE CHE
STANNO GUIDANDO LA
RIVOLUZIONE ALIMENTARE
A BASE DI INGREDIENTI GREEN
In Italia il mercato delle proteine vegetali sta crescendo rapidamente, con un valore stimato di 746 milioni di euro per il 2024 e un incremento annuo del 5% secondo i dati diffusi all’evento Alternative all’Università Milano-Bicocca. Nel 2023, le vendite di prodotti plant based hanno raggiunto i 641 milioni di euro, registrando un +16% rispetto al 2021. Particolarmente significativo è stato il boom dei formaggi vegetali, con un aumento delle vendite del +77% in soli due anni. Una vera e propria rincorsa rispetto alle merceologie tradizionali, tanto che si stima che entro il 2050 il mercato globale delle proteine alternative possa superare i 900 miliardi di euro, creando circa 10 milioni di posti di lavoro. E il fuoricasa può giocare la sua parte in questa crescita, come testimoniano le aziende produttrici, il ristorante rimane il momento in cui le proteine alternative hanno il migliore primo impatto con il cliente (che poi le cercherà anche in altri locali e sugli scaffali della Gdo).
Lanciato un anno e mezzo fa, Dream Farm ha chiuso il 2024 appena sotto il milione di euro di fatturato con una quota del 30% proveniente dal foodservice. Un canale che, dal 2025, verrà gestito dal fornitore bresciano Dac ma in cui la startup può già contare due collaborazioni di peso: la prima con Pizzium (ora terminata), la seconda con Fradiavolo. Poi si sono aggiunti anche Lievità ed Enrico Porzio. «L’idea nasce nel 2021 a Parma dall’incontro fra Maddalena Zanone e Mattia Sandei. Le loro esperienze li hanno guidati in tre anni di ricerca e sviluppo per realizzare un formaggio vegetale meno punitivo dal punto di vista nutrizionale e del gusto rispetto a quelli fino ad allora in commercio, caratterizzati da un’etichetta lunga e poco comprensibile», racconta Costanza Mutti, marketing e comunicazione dell’azienda. Il lancio della mozzarella vegetale, cavallo di battaglia di Dream Farm, è avvenuto a maggio 2023. Poi la gamma si è allargata: ricotta, stracciatella, formaggio spalmabile, ecc. disponibili anche in Olanda, Belgio e Germania. Il segreto? «Una ricetta che prevede il solo utilizzo di mandorle mediterranee, anacardi, acqua, fibre vegetali dal mais, cicoria e psillio, sale e aromi naturali. Niente grassi saturi e olio di cocco, che fa sì fondere il prodotto in modo uniforme, «ma si porta dietro lista ingrediente e tabella nutrizionale terribile». A livello di packaging , «se la mozzarella arriva in pizzeria con formati molto grandi, la nostra utilizza un packaging contenuto, da
500 grammi. Una pezzatura ideale per l’attuale tasso di rotazione delle pizze con mozzarella vegetale. A livello di prezzo non possiamo ancora confrontarci con i marchi industriali, ma risultiamo comunque accessibili», aggiunge Mutti. La ristorazione, d’altronde, rappresenta il crocevia essenziale per Dream Farm: «Il fuoricasa ha superato la fase delle verdure grigliate come unica alternativa vegetale, ma la strada è ancora lunga. In quanto italiani siamo legati alla tradizione e sperimentiamo meno. Ma, anche grazie alle nuove generazioni, abbiamo notato un cambio di passo che ci ha sorpreso. Ora siamo percepiti un prodotto adatto anche per chi non è tanto giovane e magari ha problemi di colesterolo ma non vuole abbandonare l’idea di mangiare del formaggio», afferma la portavoce.
Dalla Spagna con vista sull’Italia, Heura è ormai un operatore consolidato nelle alternative proteiche. Nato nel 2017, in un coworking situato nel centro di Barcellona, il progetto guidato da Marc Coloma e Bernat Añaños è cresciuto (+20% di fatturato nel 2024) ed è presente anche sul mercato tricolore attraverso il grossista Eurofood . «Abbiamo un assortimento completo di alternative alla carne : filetti, salsicce, polpette, macinato per il ragù, ecc. L’idea è coprire un’ampia gamma che va dal pollo al manzo e al maiale finendo al pesce. Tre le caratteristiche principali: un’esperienza sensoriale ottima per gusto, testura e aspetto visivo; dei valori nutrizionali bilanciati; e la sostenibilità a livello di emissioni e consumo di acqua ed energia per la produzione», racconta Marcello Lanaro, export manager di Heura. Per il formato foodservice tutte le referenze vengono spedite e trasportate frozen e risultano semplici da preparare e versatili da cucinare. Pochissimi gli ingredienti base : soia europea senza OGM oppure farina di pisello e aggiunta di olio Evo mediterraneo. «I professionisti cercano prodotti qualitativi, buoni con l’idea di riprodurre l’esperienza di mangiar carne. Ideale per i flexitariani . I ristoratori cercano semplicità anche nella preparazione e nella spie -
gazione. Prezzo è ancora un freno per la crescita del mercato, ma con l’economia di scala pensiamo di poter offrire prezzi competitivi», precisa Lanaro. L’obiettivo è quindi affinare ulteriormente la strategia di crescita che passa inderogabilmente dal fuoricasa con partner come Poke House e California Bakery , Plunt Bun , Linfa , ecc. «Il ristorante è una vetrina. L’impatto positivo con il prodotto che si ha a tavola è unico. E vale doppio in Italia, un Paese dalla forte tradizione gastronomica - sottolinea Lanaro – La rivoluzione green è a buon punto. Forse c’era aspettative troppo alte all’inizio ma ci vuole tempo. L’importante è continuare a suscitare l’interesse dei consumatori mettendo l’accento della qualità». L’idea è quella di seguire la scia del latte vegetale che prima si è fatto strada nel mondo della caffetteria e poi ha saputo conquistarsi uno spazio indipendente all’interno della Gdo. D’altronde, altri Paesi in cui Heura è presente questo step lo hanno già fatto: «La crescita del plant based è molto spinta in Francia, dove c’è una cultura simile a quella italiana ma maggiore contaminazione. In Germania e UK, mercati maturi, si lavora
molto sull’abbassamento del prezzo. In Spagna e Portogallo, dove il mercato si è un po’ appiattivo negli ultimi due anni ci sono comunque player di riferimento. La strada è solo una: continuare a innovare», aggiunge il manager. Prossimi step? «Migliorare la proposta pesce. Ad oggi il gusto c’è, grazie alle alghe, ma sulla texture si può fare molto andando così a impattare positivamente sulla filiera del pesce allevato», rivela Lanaro.
Attualmente, la rete Redifine Meat in Italia è composta da 450 ristoranti partner che, al mese, movimentano dalle 6 alle 8 tonnellate di prodotto . Dati che non sorprendono visto il livello disruptive delle referenze trattate: carna stampata in 3D che permette di abbattere drasticamente l’impronta ecologica di un filetto o un hamburger tradizionale sostituendolo con un’alternativa vegetale. Il tutto con un prodotto sano, godibile e gustoso. «Partiamo da una base proteica realizzata con soia certificata noOGM a cui non aggiungiamo aromi o conservanti artificiali ma giusto un pizzico di sale e pochissimi altri ingredienti, succo di lampone o barbabietola per ricreare la succosità della carne originale - afferma Alessandro Farello, volto di Redifine Meat in Italia - La tecnica è “manifattura additiva” per cui, come se fosse un sac a poche, la materia prima viene aggiunta strato per strato realizzando quello che in gergo si chiama whole cut». Un prodotto ad alto valore nutriente e dal chiaro richiamo gastronomico (non a caso uno chef del calibro di Marco Pierre White ha definita questo prodotto «la cosa più intelligente che ho visto in cucina in quasi 40 anni») che ha spinto l’articolo fuori dalla nicchia healthy, fit, ecc. «Quello su cui insistiamo tanto è comunicare il piatto plant based come un piatto buono . Non c’è bisogno di un’eti -
chetta per la cacio e pepe, o la parmigiana di melanzane. Raggiungere un livello tale per travalicare la semplice “alternativa” . In Italia, paese tradizionale, con storia culinaria molto precisa c’è grossa curiosità sull’argomento e il consumatore comincia a fare delle selezioni in base alla texture», aggiunge Farello. A funzionare è anche la lavorabilità del prodotto Redifine Meat. Dal pulled pork al pulled lamb, passando per i burger e i macinati, le alternative vegetali si comportano come le sorelle animali; reazione di Maillard inclusa . Anche sul prezzo, poi, si sono fatti passi avanti arrivando a prezzo/porzione molto comparabile alla carne, sebbene il contenuto sia inferiore (vista la presenza di fibre che riempiono di più). Non a caso, la tagliata è sia il prodotto fra i più cari che quello più venduto Anche alle catene di ristorazione. «Il mondo del plant based è in forte crescita. Finora si è parlato molto della carne, meno della poca sostenibilità dell’allevamento di pesce, tipo il salmone. Questo ha generato un’opportunità di business maggiore per una merceologia piuttosto che un’altra. Anche sul formaggio si stanno facendo passi avanti. Dall’altra parte, il caglio del formaggio non ha ancora una reputazione negativa. Sicuramente la sensibilità delle nuove generazioni può spingere verso nuove innovazioni e una maggiore penetrazione in determinati segmenti. Per noi l’obiettivo rimane quello di sostituire il consumo di carne di media-bassa qualità» , conclude Farello.
Dopo la fusione con Wicked Kitchen nel 2023, anche il 2024 è stato un anno di riorganizzazione per Current Foods che è stata acquisita dal gruppo internazionale Ahimsa Companies. Questo ha comportato che il business europeo venisse strutturato secondo il modello di licensing in collaborazione con Zyrcular Foods, azienda spagnola specializzata in proteine alternative mentre il resto del Vecchio Continente lo segue Felippe Fontanelli attraverso Virtuous Food Revolution Alliance , specializzata nella gestione e sviluppo di brand innovativi che si appoggia MrRoot per la distribuzione. «Nel nostro catalogo – racconta Fontanelli – ci sono alternative plant-based
al pesce , come tonno e salmone, progettate per replicare aspetto, gusto e texture del pesce crudo. Realizzati con ingredienti di alta qualità, senza OGM né conservanti artificiali, sono ricchi di proteine e Omega3 di origine vegetale . Perfetti per sushi, poke bowl e tartare, offrono versatilità e praticità ai ristoratori». Non sorprende, quindi, che la domanda sia in crescita nel canale professionale, spinta anche da alcune caratteristiche come un packaging pratico e un formato con una shelf life lunga senza compromessi su qualità e performance culinaria. Aspetti piuttosto apprezzati dalle catene di ristorazione: «In passato, Current Foods ha collaborato con Poke House in Italia, introducendo tonno plant based nel segmento fastcasual. Oggi - precisa Fontanelli - la strategia si concentra su alta ristorazione, catering e catene premium , dove il valore aggiunto del prodotto è meglio percepito e valorizzato dagli chef. Un esempio è Linfa - Eat Different, ristorante plant based a Milano, che utilizza il tonno e salmone Current Foods per creare sushi innovativo e sostenibile, dimostrando come ingredienti di origine vegetale di alta qualità possano elevare l’esperienza gastronomica». Un approccio che contribuisce alla rivoluzione green nel fuoricasa con l’ambizione di esse -
re il primo punto di contatto con un’educazione alimentare nuova e più consapevole. Su queste basi è nata anche la Virtuous Food Revolution : «Un vero e proprio think tank per promuovere collaborazione, innovazione e sostenibilità nella ristorazione che oggi supporta brand e aziende con sviluppo commerciale, fundraising, fractional leadership e mentorship», spiega Fontanelli.
Sebbene il foodservice , coperto con il brand Martini Professional, rappresenti una parte relativamente piccola del business, Unigrà sta investendo sempre di più in questo canale, nel frattempo alla ricerca di soluzioni innovative e sostenibili. Il risultato è stato l’ampliamento della gamma plant based a disposizione. Tre le referenze: Plant Based + Dual (Master Martini), «una crema vegetale 100% plant-based arricchita con proteine di fava. Senza latte né lattosio e senza grassi idrogenati, è ideale sia per applicazioni dolci che salate», spiega I laria Visani, product manager di Unigrà. Poi Ariba Zero (Martini Cioccolato), «quattro referenze che abbracciano completamente il trend “free from”: zero latte, zero soia e senza glutine. Una gamma pensata per soddisfare le esigenze di chi segue un’alimentazione vegana, vegetariana o ha intolleranze alimentari». E Margarine 100% plant-based (Master Martini): «Ideali per la ristorazione professionale, garantiscono elevate performance sia in cucina, come condimento o per frittura, che in preparazioni dolci», commenta la manager. Referenze che devono
tenere conto del fattore prezzo garantendo non solo qualità e costanza, ma anche sostenibilità e funzionalità, ad alto contenuto di servizio e facili da utilizzare. «Negli ultimi anni, l'interesse verso i prodotti plant based è cresciuto esponenzialmente, spinto da una maggiore consapevolezza sui benefici per la salute e l'ambiente. La ristorazione ha un ruolo chiave in questa trasformazione e può contribuire alla rivoluzione green attraverso diverse strategie: diversificazione dei menu, per attirare non solo chi segue una dieta vegetariana o vegana, ma anche clienti interessati a ridurre il consumo di prodotti anima li; comunicazione efficace, con descrizioni accattivanti; collaborazione con partner affidabili», rivela Visani.
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FONDATA ALLA FINE DEL XIX SECOLO, QUESTA INSEGNA CONTA OGGI 10 BOUTIQUE DEDICATE A TAVOLETTE, CONFETTI, GELEE, CIOCCOLATINI E GELATO. UN PUNTO DI RIFERIMENTO PRONTO A COGLIERE NUOVE OPPORTUNITÀ (NONOSTANTE
Da Napoli al mondo, lasciandosi dietro una scia di cioccolato, la crescita del marchio Gay-Odin rappresenta l’esempio della tradizione che si aggiorna senza perdere se stessa. Con alle spalle un 2024 in crescita sia a volume sia a valore, nonostante il rincaro delle materie prime che ha inevitabilmente inciso sui prezzi di vendita, il marchio ha saputo difendersi puntando tutto sulla qualità. La stessa che si può gustare nel recentissimo punto vendita di Napoli: «Dopo 25 anni di assenza, siamo tornati in questo storico negozio che abbiamo restaurato con grande cura, riportandolo alla sua forma originale. Questo è un passo importante nel nostro percorso di crescita, ma non ci fermiamo qui. Continueremo con la nostra attività quotidiana, ma con uno sguardo sempre attento all'evoluzione del mercato del cacao e alle opportunità che potrebbero emergere. Il 2025 sarà quindi un anno di continuità, innovazione e di forte legame con la tradizione, con l’intento di crescere insieme al nostro team e
alla nostra amata famiglia», ha affermato Massimo Schisa, membro del CdA di Gay-Odin. Ad oggi sono 10 le botteghe dedicate al cioccolato: tavolette, confetti, galee, cioccolatini, ecc.
Isidoro e Onorina, all’origine di Gay-Odin Un network storico, che affonda le sue radici alla fine del XIX secolo. Nel 1888, il giovane cioccolatiere piemontese Isidoro Odin si trasferisce a Napoli, si innamora della città e apre un laboratorio nel cuore di Chiaia. Qualche anno dopo, nel 1894, conosce Onorina Gay, discendente di una nota famiglia di maestri cioccolatieri. I due si sposano e iniziano a condurre insieme gli affari di famiglia, la Gay-Odin. Alla base del successo iniziale c’è la ricetta del tronchetto di cioccolato al latte. Nel Dopoguerra, la seconda giovinezza del brand con Giuseppe Miglietta che dà avvio alla crescita del brand artigianale (che dal 2000 produce il famoso tronchetto anche al cioccolato fondente) fino all’apertura di Milano e al ritorno a Napoli.
Napoli crocevia del cioccolato Proprio nel capoluogo campano ha sede il laboratorio: «Qui avviene tutta la nostra produzione. Sempre in insourcing il cioccolato viene distribuito quotidianamente nei nostri negozi, garantendo freschezza e qualità costante. Questo sistema ci permette di modulare la produzione settimanalmente in base alle richieste dei punti vendita. Mediamente, lavoriamo circa 50.000 kg di cacao all’anno, al quale vanno aggiunte tutte le altre materie prime come le nocciole, mandorle, latte ecc», spiega Schisa. Alle spalle un’attenta selezione dei fornitori che garantiscono cacao da coltivazioni sostenibili. Scelta che, tuttavia, non ha riparato l’azienda dai recenti rincari: «Il mercato del cacao sta vivendo un'impennata senza precedenti. Speriamo che la situazione si stabilizzi presto, ma i segnali attuali non sono molto incoraggianti nemmeno per la prossima stagione. Abbiamo cercato di assorbire noi una parte dell'aumento, riducendo la marginalità. Purtroppo, questi temi sono difficili da passare al cliente», rivela il manager.
Dalla cioccolateria alla gelateria, l’evoluzione del format
A premiare è, piuttosto, la diversificazione della proposta: «Ormai da 15 anni abbiamo introdotto la gelateria in alcuni punti vendita, declinando le nostre tipologie di cioccolatini in una golosa linea fredda. Più recentemente, abbiamo aperto un locale con un angolo “caffettuoseria”, dove il caffè si arricchisce con il nostro cioccolato, dando vita a un’esperienza unica. Per questo spazio abbiamo appunto creato un brand dedicato, CioccolatoForesta, per sottolineare l’originalità dell’offerta rispetto ai nostri store tradizionali», racconta Schisa.
A questo si aggiunge la performance del canale eCommerce, che vale l'8% del fatturato. «Il cioccolato artigianale sta guadagnando sempre più popolarità nelle nuove abitudini di consumo, grazie alla crescente attenzione dei clienti verso la qualità e la sostenibilità. Prodotti realizzati con ingredienti selezionati e metodi di produzione tradizionali soddisfano la domanda di esperienze più autentiche e consapevoli. Inoltre, l'interesse per il cioccolato fondente, apprezzato per i suoi benefici nutrizionali, sta spingendo i consumatori a preferire queste varianti. In pratica, è stato completamente sovvertito il claim degli anni passati "più latte e meno cacao”».u
Cuore salentino, gusto italiano. Nata nel 2011, a partire da un piccolo punto vendita di 30 mq, la catena Sandrino conta oggi 9 gelaterie in particolare nel Sud Italia e nei canali travel retail e centri commerciali. Un’insegna nata per hobby e che, nel 2024, ha chiuso con una leggera flessione del fatturato (-2%) a causa della congiuntura economico-metereologica poco favorevole a cui ha fatto da contraltare un mi-
LA CATENA DI GELATERIA NATA
NEL 2011 E SVILUPPATASI A LIVELLO
REGIONALE HA AFFINATO IL FORMAT
E MIGLIORATO L' EBITDA GRAZIE
A UN PROGETTO FLESSIBILE E UNA
PROPOSTA AMPIA CHE PASSA
DALLA PASTICCERIA ALLA
CAFFETTERIA
glioramento dell’Ebitda passato al 16% (+2% sul 2023). Detto diversamente, «siamo riusciti a portare a termine il processo di razionalizzazione, che contiamo di migliorare nell’anno in corso. Ovviamente senza rinunciare alla qualità dei nostri prodotti e con un approccio oculato alla possibile espansione», afferma il fondatore Alessandro Salerno.
franchising
A livello di sviluppo, la priorità è quella di completare il posizionamento in Puglia prima di spiccare il volo a livello nazionale, sia con aperture dirette sia con partner franchising (a cui, a tendere, è riservato il 40% della rete) grazie a un format scalabile e modulabile (realizzato in partnership con Costa Group) a seconda delle necessità. «Alcune trattative con possibili partner commerciali sono già in corso. L’idea generale è quella di lavorare con aziende già strutturate e non singoli imprenditori privati. Stessa cosa per ulteriori aperture nei luoghi di viaggio. Attualmente, infatti, siamo presenti direttamente negli scali aeroportuali regionali, progetti che ci hanno
insegnato molto dal punto di vista gestionale cementando il nostro modello di servizio e approvvigionamento. Per quanto riguarda i centri commerciali, invece, l’attenzione è posta a trovare la giusta location: per un prodotto come il gelato, che si consuma d’impulso, infatti, meglio posizionarci in galleria, a fianco dei negozi, piuttosto che nelle food court», precisa Salerno.
Non solo gelato, da Sandrino spazio a dolci e gusti fit
Passando dal banco al prodotto, all’interno delle gelaterie Sandrino i clienti possono trovare 28 gusti di gelato a vista (realizzati ogni giorni nei singoli punti vendita) a cui si aggiungono referenze di pasticceria (quest’ultime prodotte nello stabilimento di Francavilla Fontana, in provincia di Brindisi). «Non solo coni e coppette quindi –aggiunge il fondatore – ma anche stecchi gelato, bombette, tipicità pugliesi come il Caffè Leccese o gli Spumoni pugliesi, ricette della tradizione che spaziano dal Tiramisù alla Torta Mimosa alla Zuppa Inglese e una linea di semifreddi 4.0 con i gusti del momento come butto di arachidi, caramello salato, cheesecake, ecc. Infine, stiamo partendo con una linea foodservice pensata per i ristoranti». Alla base, materie prime di stagione e quanto più possibile locali o nazionali (come il
latte e la panna che vengono riforniti attraverso accordi quadro con player specializzati italiani) e variazioni senza lattosio, molto apprezzate anche dai clienti vegani. Fra le novità da citare, una linea zero zuccheri e una linea fit chetogenica con 3-4 gusti in vaschetta da portarsi a casa. «Il cliente ormai vede il gelato come un prodotto di qualità altissima che risponde a tutte le esigenze alimentari. Comprese quelle dei turisti stranieri che, diversamente dagli italiani, sono più regolari nella scelta del proprio gusto preferito e meno propensi a sperimentare variazioni di sapore», rivela Salerno. Il risultato è uno scontrino medio che si aggira intorno ai 7 euro (anche grazie all’introduzione in alcuni punti vendita di un menu che prevede yogurt, crepes, waffel e pancake) che diventano 5 laddove il format prevede anche l’angolo caffetteria.
Digitale e personale, due facce della stessa medaglia
Un’offerta che presto sarà ordinabile anche tramite kiosk : «Penso sia il futuro della gelateria così come le casse automatiche. In entrambi i casi, la clientela, a partire dalle nuove generazioni, è avvezza all’uso del digitale . Introdurlo in store , inoltre, è preferibile all’utilizzo del food delivery le cui tariffe rischiano di ridurre eccessivamente il nostro margine», spiega Salerno. Inoltre, l’abilitazione del self ordering permette all’operatore di focalizzarsi su preparazioni e servizio elevandone anche il contributo all’interno del punto vendita. Aspetti che rendono Sandrino una catena dal basso turnover del personale: «Rispetto al settore, registriamo una rotazione intorno al 10% nei locali attivi tutto l’anno . Maggiore difficoltà, invece, la riscontriamo sui locali stagionali, quelli sul lungomare, dove nei momenti di picco abbiamo bisogno di un team di 12-15 dipendenti. Solitamente peschiamo nel bacino degli studenti oppure delle mamme, ma ultimamente riscontriamo meno propensione a questo tipo di impiego», conclude Salerno. u
L’INSEGNA APERTA NEL 2016 DA STEFANO MASSIMINO E MARZIA CAPACE DOPO LA FELICE ESPERIENZA DI EXPO, CONTA 8 LOCALI
DEDICATI AL CANNOLO E NON SOLO. NEI PROSSIMI RESTYLING PIÙ SPAZIO A GELATO E ROSTICCERIA. OBIETTIVO: NEW YORK
L’occasione è stata Expo 2015 a Milano. Stefano Massimino e Marzia Capace, coppia nella vita e sul lavoro, decidono di coglierla. Risultato: miglior dolce della manifestazione. «Venivamo da esperienze in tutt’altri campi, ma abbiamo puntato sulla capacità di portare la Sicilia oltre la Sicilia. Dopo la prima apertura di Ammu Cannoli non credevamo di poter dar vita a una rete di pasticcerie. Ora ci godiamo l’entusiasmo che circonda la sicilianità e puntiamo a ingegnerizzare format e prodotto per sostenere un’ulteriore crescita; anche in franchising», racconta Massimino. Nel 2024 sono arrivate le aperture di Palma di Maiorca, in Spagna e di Napoli. La presenza maggiore, però, si concentra a Milano. Qui l’attività food retail si unisce a quella del catering (che vale circa il 10% del fatturato), con tanto di chiosco street food e carretti decorati. «Nasciamo come pasticceria, poi abbiamo aggiunto la gelateria a fianco della granita, la caffetteria e la rosticceria lo scorso anno. Ovviamente rimaniamo molto ricercati per il cannolo, che rimane il nostro best seller. Ma la gamma ora comprende anche gli arancini e qualche prodotto a scaffale», afferma Massimino.
L’evoluzione del format verso un all-day-long Un ampliamento che è andato di pari passo con l’evoluzione del format di Ammu Cannoli. Se i primi locali erano pensati come delle boutique da 30-40 mq, oggi ci sono punti vendita di 80 e 120 mq.
«In quello più grande stiamo facendo delle prove di pausa pranzo alla siciliana per implementare una proposta all-day-long. Attualmente, inoltre, quasi tutti i punti vendita aprono a colazione. Nel prossimo futuro, immaginiamo di ristrutturare i locali più vecchi completando l’offerta di gelateria e rosticceria», spiega Massimino. Questo significa più gusti e più preparazioni a menu; comprese le cartocciate o i pezzi – a seconda della provenienza regionale: calzoncini ripieni cotti al forno. Referenze che si uniscono a un menu molto inclusivo (per una spesa media intorno ai 7,50 euro a persona) che comprende già dolci senza glutine: «Stiamo cercando di ridurre l’utilizzo del lattosio. In estate usciremo con una linea di gelato totalmente vegetariano in modo da poter accontentare il bisogno di tutta la clientela ed evitare contaminazioni», anticipa il founder.
Da Palermo arrivano le eccellenze del territorio Novità che possono contare su una filiera di qualità che trova a Palermo il suo cuore pulsante. Da qui partono le torte, i semilavorati frozen e le materie prime riforniti da un network di produttori locali per raggiungere i vari punti vendita. Anche la logistica e il trasporto è esternalizzato. Gli unici prodotti freschi realizzati sul punto vendita sono la granita e il gelato. Anche la rosticceria viene ravvivata in appositi forni. Una razionalizzazione necessaria per dare priorità all’esperienzialità piuttosto che alla tecnica all’interno dei punti vendita. E questo ha aiutato anche i processi di recruiting, gestiti da un HR interno, permettendo all’azienda di andare verso i turni da 5 giorni su 7. Tanto che ora si guarda con decisione alla replicabilità in franchising (con 4 locali su 8 già gestiti da affiliati): «La nostra è un’offerta chiavi in mano, dalla progettazione alla formazione del personale abbiamo un pacchetto completo per l’affiliato, con cui collaboriamo anche come fornitori. L’obiettivo è trovare imprenditori che abbiano già all’attivo qualche esperienza commerciale, non per forza sul food», precisa Massimino.
Prossimo passo? Colazione a New York Per aprire una pasticceria, peraltro, questo potrebbe essere un buon momento. Il format tradizionale si è evoluto aprendosi a una proposta a tutto tondo (compreso l’eCommerce, che per Ammu Cannoli vale il 5% del fatturato) in cui a farla da padrona è la colazione; l’unico fra i momenti di consumo fuoricasa a crescere nel 2024. «Al mattino registriamo anche picchi del 20% - ammette il manager – A trainare è la crescita delle colazioni golose, circa il 30-40% del totale, in cui accanto al cappuccino o al caffè si ordinano anche cannoli o torte. La pausa pranzo e l’aperitivo, invece, rimangono ancora dei momenti ridotti». E il classico cabaret? «Ci lavoriamo, sono vassoi meno grandi rispetto ad anni fa. Di sicuro, più si va a Sud e più si arricchiscono. A Milano, nel weekend o nei giorni di festa proponiamo un mix di 20 cannolini già farciti». Da sottolineare, infine, l’evoluzione digitale di questo servizio: «Al nostro cliente piace condividere dolcezza con amici e parenti. Che sia in food delivery (che vale il 12% del fatturato, ndr) oppure come regalo da spedire direttamente a casa. Prossimi passi? «Milano è una piazza complicata. Negli ultimi anni è diventa onerosa per affitto e gestione della forza vendite. Continuare a sviluppare in centro città è difficile. Anche Roma è sullo stesso livello. Per questo stiamo valutando location in centri di seconda fascia come Brescia, Padova, Pavia. Il vero obiettivo, però, rimane New York: là potremmo conquistare nuove fette di mercato», conclude Massimino.u
L’intelligenza artificiale ha già cambiato molte industrie, ma nella ristorazione il vero potenziale deve ancora essere esplorato. Oltre a chatbot e sistemi di prenotazione, come possiamo ripensare completamente il settore? Ecco 10 idee che potrebbero trasformare il mondo della ristorazione con l’uso intelligente dell’AI. Alcune sono implementabili subito, altre più visionarie, ma tutte potrebbero ridefinire il modo in cui viviamo il cibo.
Il menu che legge le emozioni - Un tablet con AI analizza le tue micro-espressioni facciali mentre guardi immagini dei piatti e capisce quali ti attraggono di più. Se la tua espressione si illumina alla vista di una Carbonara, il sistema la suggerisce come prima opzione. COME SI POTREBBE FARE? Usando tecnologie di AI Emotion Recognition già sviluppate da aziende come Affectiva o Microsoft, integrate in un menu digitale interattivo.
Il cameriere virtuale - Un assistente AI che ricorda le tue preferenze, le tue allergie e i tuoi ordini passati, offrendoti consigli personalizzati ogni volta che entri nel ristorante. Nessun bisogno di spiegare che sei vegetariano o che preferisci un vino corposo: l’AI lo sa già. COME SI POTREBBE FARE? Un chatbot avanzato collegato a un CRM intelligente, integrato con riconoscimento facciale o un'app di fidelizzazione.
L’AI chef - Scegliere ingredienti e gusti preferiti e lasciare che un’AI crei una ricetta perfetta per te? L’AI ottimizza il bilanciamento dei sapori, garantisce valori nutrizionali equilibrati e suggerisce abbinamenti innovativi. COME SI POTREBBE FARE? Usando algoritmi di abbinamento AI, come quelli sviluppati da Foodpairing, combinati con database nutrizionali personalizzati.
Il sommelier virtuale - Niente più liste di vini infinite: un sommelier AI analizza il tuo piatto, il tuo profilo gustativo e persino il profumo che indossi per suggerire l’abbinamento perfetto. COME SI POTREBBE FARE? Un’app con AI di wine pairing integrata con un database di profili aromatici, simile a Vivino AI ma più avanzata.
Il drive-trhu senza attese - Un fast food che riconosce la tua auto e sa già cosa vuoi ordinare, basandosi sui tuoi acquisti passati e sul meteo. In una giornata fredda, suggerisce una cioccolata calda; se è estate, un frappé. COME SI POTREBBE FARE? Con sistemi di visione artificiale e machine learning, come quelli usati in alcuni progetti sperimentali di Google e Amazon.
Il menu dinamico - Un menu che si adatta automaticamente in base a disponibilità degli ingredienti, margini di profitto e condizioni meteorologiche COME SI POTREBBE FARE? Collegando un sistema AI di gestione dell’inventario con dati meteo in tempo reale.
L’AI che ottimizza il personale - Uno dei problemi più grandi dei ristoranti è la gestione del personale: troppe persone in sala quando non servono, o troppi pochi camerieri nei momenti di picco. L’AI può prevedere i momenti di maggiore affluenza analizzando dati storici, eventi locali, meteo e tendenze di prenotazione. COME SI POTREBBE FARE? Usando modelli di machine learning predittivo con dati su prenotazioni, vendite e flussi di clienti, per ottimizzare i turni del personale in base alla domanda reale.
Il tavolo interattivo - Grazie alla realtà aumentata è possibile un’esperienza in cui puoi vedere in 3D il piatto prima di ordinarlo, scoprire la storia degli ingredienti e persino interagire con proiezioni animate mentre mangi. COME SI POTREBBE FARE? Usando ARKit di Apple o Hololens, con proiettori interattivi e sensori di movimento.
L’AI anticipa le recensioni negative - Un sistema AI analizza il comportamento del cliente in tempo reale e capisce se sta vivendo un’esperienza scarsa prima che lasci una recensione negativa su Google o Tripadvisor. Il ristorante può intervenire in tempo reale per migliorare la situazione. COME SI POTREBBE FARE? Analizzando dati di pagamento, tempi di attesa e toni di voce con sentiment analysis AI
L’AI sviluppa nuovi piatti - Un’AI può analizzare milioni di recensioni, post sui social e trend alimentari globali per creare nuove ricette in anticipo rispetto alla concorrenza. Così un ristorante potrebbe sviluppare piatti innovativi basati su ciò che il mercato desidererà nei prossimi mesi. COME SI POTREBBE FARE? Utilizzando strumenti di big data e AI trend analysis, come quelli già usati nel fashion e nel retail per prevedere la domanda di mercato.
Il futuro della ristorazione, insomma, dipende da chi osa innovare. L’intelligenza artificiale non è un sostituto del tocco umano, ma può trasformare il modo in cui viviamo il cibo, migliorando esperienza, efficienza e personalizzazione Chi sarà il primo a portare queste innovazioni nel mondo reale?u
Danilo Gasparrini
Imprenditore del food retail e ceo di Salty Consulting
u Il foodservice dolce si struttura grazie alle esigenze delle catene
ALL’ULTIMO SIGEP DI RIMINI, IL FOOD RETAIL IN FORMATO GELATERIA E
PASTICCERIA HA INCONTRATO IL MERCATO AGROALIMENTARE GENERANDO
UNA DOMANDA PER PRODOTTI PERFORMANTI, INNOVATIVI E FUNZIONALI
Fra i dati emersi durante l’ultimo Sigep (18-22 gennaio) uno in particolare lega foodservice e food retail dolce: il 34% dei buyer presenti in fiera facevano parte di catene dei settori del gelato, ristoranti, quick service, pasticcerie, coffee shop, pizzerie e catene di hotel. Una percentuale che racconta come l’evoluzione di format tradizionali sia ormai non solo una tappa obbligata per generare margini ma anche una tendenza sempre più strutturata fra gli imprenditori del fuoricasa. Lo si vede bene nel segmento principe del salone: il gelato artigianale. Nel Vecchio Continente si contano oltre 65.000 punti vendita e circa 300.000 addetti. Restringendo il campo all’Italia, sono 39mila i locali dedicati a questa particolare merceologia (di cui il 16,8% in Lombardia) suddivisi in 9.235 gelaterie vere e proprie, 12.000 pasticcerie e circa 18.000 bar che vendono gelato artigianale per un giro d’affari che si avvicina ai tre miliardi all’anno. Applicando, in maniera induttiva, una soglia del 10% (che corrisponde al totale dei consumi alimentari fuoricasa assorbiti dalle catene), possiamo dire che il gelato in food retail vale 90 milioni di euro grazie a circa 3.900 punti vendita a catena. E questo al netto dell’indotto, ossia macchine, vetrine e arredamenti (che nel 2024 ha messo insieme qualcosa come 670 milioni di euro). Numeri che certificano come il mondo dolce (di cui peraltro fanno parte anche pasticcerie e caffetterie) stia trainando l’evoluzione del fuoricasa in un modo simile a quello delle pizzerie (anch’esse presenti a Sigep come spin-off del comparto bakery): format tradizionali che, senza abbandonare l’artigianalità dei processi, stanno evolvendo il modello di business. Un percorso che, da un lato, porta le insegne a intercettare le ambizioni di diversificazioni dei produttori agroalimentari. Dall’altro, permette ai fornitori di poter contare su realtà capaci di generare economia di scala e richieste logistiche come mai si erano viste prima d’ora.
Sciroppi senza zucchero, Toschi Vignola detta il trend
Scenario che interessa da vicino un player come Toschi Vignola. L’azienda, nata nel 1945 come piccolo laboratorio in provincia di Modena oggi vanta più di 400 referenze nel mondo frutta e spirits ed è conosciuta in Italia e all’estero con proposte che conquistano il mondo bar, ristorazione, gelateria e pasticceria. «In generale, il fuoricasa vale l’80-85% del nostro fatturato di cui il 60% si registra all’estero», sintetizza il
presidente Stefano Toschi. Ambasciatrice delle soluzioni aziendali è sicuramente l’amarena (ora anche senza zuccheri aggiunti), ma il catalogo si è via via ampliato e affinato nel tempo così da rispondere alle molteplici esigenze dei professionisti: «Da diversi anni stiamo perseguendo con importanti risultato il trend zero zuccheri e, tramite l’acquisizione di ESenza, quello delle alternative vegetali. Il tutto per dare la possibilità a chi sta dietro al bancone di offrire un prodotto sempre più inclusivo e in linea con le attuali abitudini di consumo. Un esempio? Il nostro Kreminot: crema senza allergeni che, al posto della nocciola, utilizza la farina di ceci», sottolinea Toschi. Un modo per andare oltre la variabile prezzo, tema sensibile in un contesto inflazionistico come quello recente, e incontrare anche player più strutturati: «Il nostro cliente tipo è la classica gelateria di quartiere ma non mancano le catene di gelateria che ci approcciano per l’avanguardia delle nostre formulazioni e la sostenibilità dei nostri packaging che da due anni a questa parte non prevedono l’utilizzo di plastica», aggiunge Toschi. Cioccolato, la qualità di Icam batte le tensioni sul prezzo Dinamiche condivise anche da Icam, azienda familiare che dal 1946 produce cioccolato di alta qualità come risultato finale di una filiera controllata dall’origine. Un plus che ha conquistato clienti in oltre 40 Paesi a livello internazionale dove i professionisti del settore dolce possono contare sulla linea Icam Professional e sul brand Agostoni. Proposta ribadita anche all’ultimo Sigep: «Per noi è stata un’edizione straordinaria che ci ha visti presenti con lo spazio più grande degli ultimi 20 anni», afferma Giovanni Agostoni, direttore commerciale Icam. Ad attirare l’attenzione, anche in questo caso, i prodotti zero zucchero: «La nostra Crema Nocciola ZeroP e la Crema Fondente ZeroP, caratterizzate da un gusto ricco e una composizione pulita, sono state tra le più apprezzate in fiera. Inoltre, stiamo sviluppando nuove proposte che seguono i principali trend del mercato, come l’attenzione alla sostenibilità e alle esigenze di salute e benessere, per offrire soluzioni sempre più innovative e versatili per i professionisti del settore», aggiunge Agostoni. L’evoluzione nel fuoricasa infatti ha investito pienamente anche il cioccolato, con una crescente domanda di prodotti vegani e senza lattosio che si lega a doppio filo con la premiumizzazione di questo ingrediente. Una combo che supera le attuali incertezze del mercato (a partire da quelle legate al prezzo della materia prima) premiando «la qualità e la performance tecnica dei prodotti» per le quali è necessaria «una lavorazione accurata della materia prima, capace di esaltare il gusto autentico del cacao anche a fronte di un investimento maggiore», conclude Agostoni.u
Il 24 marzo si celebra il Gelato Day e, come da tradizione, Sigep è stato il palcoscenico per svelare il gusto dell’anno: Hallelujah. Nel nome è già insita la dedica al Giubileo indetto da Papa Francesco per il 2025. Nella ricetta, invece, spazio a una deliziosa gianduia con nocciole tostate, arricchita da una variegatura di cioccolato puro. Il suo "battesimo" ufficiale si tiene il 23 marzo con l'offerta del Gusto dell'Anno ai pellegrini in piazza Pio XII a Roma, nei pressi di San Pietro. Dal giorno dopo, Hallelujah sarà proposto in tutte le gelaterie europee aderenti al Gelato Day, sia nella versione originale sia in quella reinterpretata dai grandi maestri gelatieri del Vecchio Continente con ingredienti e ispirazioni del loro territorio.
3a EDIZIONE COPACKER PROFILE PLM AWARDS 2025
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Save the date: 16 aprile 2025
I protagonisti del mondo private label si incontrano per un evento esclusivo in cui verranno premiati i migliori partner della distribuzione
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ANTICIPAZIONI PROSSIMO NUMERO
Il prossimo trimestrale digitale di Ristorazione Moderna vi aspetta a giugno. Ecco i temi di cui parleremo:
MERCATI:
Fornitori vino
Fornitori acqua ed erogatori
bevande
Fornitori arredo Horeca
COVER STORY: Vinitaly
FOCUS CANALE: Centri commerciali
CASE HISTORY:
Steak house, hamburger, panini
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