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La grande infatuazione.

La parabola dell’e-commerce e il ruolo delle Mdd

La crescita dal periodo pre-Covid è inconfutabile, quello che invece è molto meno sicuro è che essa stia continuando nel 2023, con la fase emergenziale ormai alle spalle. Ecco le soluzioni e le strategie dei retailer.

C’era una volta un Paese chiamato Italia, dove gli abitanti vissero per due anni sotto lo schiaffo di un’emergenza sanitaria e il commercio in rete diventò un mantra collettivo, tanto che siti, servizi online e aziende di delivery sbocciarono come fiori al sole di primavera, salvo poi essere decimati o comunque ridimensionati dall’inverno del “new normal”: se fosse narrata con la semplicità di una favola, probabilmente sarebbe questa la storia dell’ascesa e della contrazione dell’e-commerce, un canale ancora residuale fino al 2019, su cui molti retailer fmcg (piccoli dettaglianti e grandi insegne) dal 2020 in avanti hanno annunciato di voler spingere le private label. Ma questi prodotti sono davvero valorizzati con azioni mirate o beneficiano per riflesso di strategie generaliste?

EFFETTO MOLLA (O NO?)

La crescita dell’e-commerce dal periodo pre-Covid è inconfutabile, quello che invece è molto meno sicuro è che essa stia continuando nel 2023, con la fase emergenziale ormai alle spalle. Alla domanda “quale format si adatti meglio al cambiamento” nel grocery (fonte Nielsen), l’e-commerce arretra dal 23,1% del 2021 al 10,5% nel 2022. Per i freschi (un timido +1,1%, ma -5,4% sul canale), i freddi (-0,1% su base annua, -6,6% sul canale) e per il beverage (-4,8% e -7,8% sul canale) i cali pesano e si parla di categorie tradizionalmente “feudo” della private label. Questa, nel suo complesso, viaggia per il 6,7% sull’online (fonte Circana). «I dati sul fresco provano che durante la pandemia si sia verificata, nel nostro Paese, una “ubriacatura” da e-commerce e delivery che ora si sta assestando su livelli più bassi: lo dimostra il ritiro di Uber Eats e Sezamo» commenta Alberto Miraglia, direttore generale del Retail Institute di Milano.

La situazione in cifre

Secondo gli studi di Netcomm – consorzio che promuove lo sviluppo dell’e-commerce e dell’evoluzione digitale delle imprese - in collaborazione con NIQ, l’e-commerce nel totale idm+mdd, è passato da un volume di 1.472 milioni di euro nel 2020 a 1.818,4 milioni nel 2021 fino ai 2.008,5 milioni di euro nel 2022 (a 52 settimane). La sua crescita marginale passa dal 7,5% del 2021 al 10,5% nel 2022. Stando al report Netcomm di febbraio 2023 (elaborato su dati del 3° trimestre 2022) gli acquirenti online erano 10,7 milioni cioè 2,3 milioni in più rispetto al pre-Covid, la loro quota era pari all’8% del totale ossia il 2% in più del pre-pandemia e infine la penetrazione di mercato era del 42%, l’8% in più rispetto agli anni 2019 e precedenti.

COSA IMPEDISCE UNA BUONA FRUIZIONE?

Stando ai retailer, le modalità di fruizione dell’online hanno ancora ampi margini di potenziamento: secondo indagini interne e con i clienti svolte da Md, si deve lavorare per migliorare il posizionamento seo sul motore di ricerca, rendere il sito più veloce e funzionale per i clienti, analizzare il comportamento online dei clienti (anche quelli “storici”) così da proporre loro promo e advertising su misura; inoltre, va reso più conveniente l’acquisto di prodotti in bundle anziché singoli. Per Coop Alleanza 3.0 bisogna pensare a esperienze d’acquisto più rapide e sorprendenti, magari con l’aiuto dell’intelligenza artificiale.

LA RETE SECONDO EVERLI: UNA VETRINA CONSOLIDATA PER LA PRIVATE LABEL

In qualità di marketplace che lavora a stretto contatto con i principali nomi della Gdo, Everli afferma che negli ultimi cinque anni i marchi del distributore siano stati un asset strategico per la grande maggioranza delle insegne. «Al netto della strategia promozionale specifica dei singoli, la scelta si è rivelata vincente in tutti i settori, dal food all’abbigliamento alle piattaforme generaliste. – rivela Alessandro Angelini, Coo e Cfo di Everli – Circa il 40% degli utenti si è abituato ad acquistare online e circa il 50% si è detto più che incline a continuare a farlo. In questa fascia di consumatori ci sono principalmente persone tra i 25 e i 44 anni con reddito medio-alto e alto, prevalentemente coppie giovani o con figli piccoli (fonte GroupM Research & Insight). Nell’ultimo anno, in particolare, l’alta inflazione ha spinto il 42% dei consumatori a ridurre

Guarda, stupisciti gli acquisti superflui, il 33% a privilegiare prodotti in offerta, il 27% a sfruttare di più i programmi fedeltà e ad aumentare la preferenza ai prodotti a marchio commerciale, che nel primo trimestre 2023 è aumentata di 4 punti rispetto allo stesso periodo del 2022».

«La spesa resta per gli italiani un momento di piacere che dedicano al rapporto con il venditore di fiducia e persino creativo, a cui rinunciano solo se mossi da cause di forza maggiore e non sistematicamente. – spiega Alberto Miraglia – I retailer lo sanno bene e concepiscono l’ambiente, gli spazi, i colori per mettere il consumatore a suo agio». Un caso scuola, in tal senso, è quello dei francesi di Gran Frais, da sei anni in Italia con il nome Banco Fresco e a Milano dall’8 giugno 2023 con il nuovo formato Fresh. «Un tripudio di colori in strutture che ricordano i mercati rionali, in cui il cliente cerca la relazione (specialmente nel banco carni) e consigli. Variopinto anche il loro portale e-commerce, dal volantino alle sezioni delle singole categorie, come ha fatto anche Il Viaggiator Goloso, la private label di Unes».

L’ESPANSIONE DEL SERVIZIO “EASYCOOP”

Nell’esperienza di Coop Alleanza 3.0, la marca privata ha una quota ben più alta online rispetto ai negozi fisici. «In rete le persone non sono distratte dalle teatralizzazioni e dalle esposizioni fuori banco, tipiche dei pdv, e poi tendiamo a dare maggiore visibilità ai prodotti a marchio per fidelizzare i clienti verso di esso, oltre che al servizio. - sostiene Gian Maria Gentile, direttore di Digital, società 100% di Coop Alleanza - L’incremento della percentuale di prodotti Coop è stato costante anche nel 2022 ed è inversamente proporzionale alla pressione promo, che dalla pandemia è progressivamente calata. La quota e-commerce si è stabilizzata, prevedibilmente, su valori più modesti del 2020-21, per quanto maggiori del 2019, ma siamo convinti che, ciò che oggi non arriva al 3% del fatturato generato nei territori di presenza, nel giro dei prossimi 3-5 anni potrà arrivare al 5% e si integrerà perfettamente al canale classico. Quando parliamo di spesa online facciamo riferimento a un perimetro di servizi più ampio. Alcuni sono già attivi come il ritiro della spesa presso 10 locker refrigerati installati a gennaio 2023, altri saranno attivati in futuro come il “click & collect desk” per le strutture più piccole e il “drive” per le strutture dotate di parcheggio. Stiamo iniziando a lavorare a una visibilità congiunta con EasyCoop, il servizio di spesa on line che abbiamo lanciato a Roma nel 2016 che arriva anche in 10 comuni limitrofi alla Capitale, in Emilia-Romagna e nelle principali città del Veneto». Easycoop è utilizzabile dal portale ufficiale o dall’app per smartphone (una volta registratisi) e vanta un assortimento di 13mila prodotti di cui 3mila freschissimi, come frutta, verdura, carne, pesce, latticini. L’Italia però non è il Nordest, nel bene e nel male: malgrado l’area Q1 si confermi “digital land”, il Sud Italia, l’area Q4, registra una crescita di fatturato a due cifre (+30,8%). «Questo dato sul Mezzogiorno è certo importante ma va di pari passo con i numeri molto bassi di prima. Come a dire: difficile fare meno».

CONAD ADRIATICO: LA DICOTOMIA “CONCRETO VS VIRTUALE”

Come Cifra Del Territorio

«L’e-commerce è un canale che va forte nelle grandi città metropolitane e su cui gli investimenti a livello nazionale sono ancora molto alti, ma nei territori che presidiamo, cioè Marche, Abruzzo, Molise, Puglia e Basilicata, l’utilizzo è minimo, anche perché si tratta di un tema poco sentito dalle persone. – afferma Antonio Di Fernando, ad e direttore generale di Conad Adriatico – In

Italia, in generale, c’è l’abitudine di toccare con mano i prodotti e in queste regioni è particolarmente evidente. D’altra parte, cresce l’interesse per servizi digitali in accezione più trasversale, ma per questo preferiamo parlare di “digitalizzazione”: la pubblicità o l’informazione sulle promozioni, per esempio, viaggiano sempre più in rete».

POCO APPETIBILE PER IL DISCOUNT?

Chi usa l’e-commerce, infatti, secondo Miraglia di Retail Institute, è un cliente già fidelizzato, che conosce bene l’assortimento e lo cerca su internet per rapidità ed è una persona prevalentemente più abbiente, visti i costi di consegna. «Anche per questo i discount hanno decisamente meno convenienza a investire nell’online: essi, infatti, hanno un pezzo unitario ridotto per ogni referenza e una spesa media inferiore ai supermercati». Non mancano però casi che contraddicono tutto ciò, soprattutto oltre i nostri confini, in Europa.

Un’abitudine che mette radici

Per Everli lo spostamento da marche industriali a private label non è momentaneo, ma un vero e proprio trend che si sta consolidando negli anni. «Sulla nostra piattaforma – dice Angelini – nel passaggio tra 2021 e 2022, a causa dell’incertezza e della prima spinta inflattiva, si era registrato un aumento del 2%, cresciuto ulteriormente nel passaggio tra 2022 e 2023 proprio per il permanere di questi due elementi».

IL SALTO NELL’ONLINE: “SEGNALI DAL FUTURO” IN ALDI GERMANIA E LIDL FRANCIA

In Germania da qualche mese Aldi Süd ha introdotto un servizio di consegna di generi alimentari acquistabili online. Attualmente è in corso un test nella città di Mülheim (Renania), sede centrale dell'azienda, e nei suoi dintorni. Saranno disponibili online 1.300 articoli (più di 3/4 dell'assortimento Aldi) che comprendono generi alimentari secchi, refrigerati e surgelati. I prezzi saranno equivalenti a quelli dei negozi e le consegne verranno effettuate a partire da un magazzino interamente automatizzato, mediante furgoncini elettrici. Si tratta di una vera e propria notizia, poiché gli hard discount tedeschi si sono sempre

A grande richiesta

Per Coop Alleanza 3.0, nella top ten degli ordini con un clic ci sono i prodotti di servizio e commodities, quindi acqua, tonno, uova, zucchine. Il cliente ha capito che tutto ciò che è pesante conviene ordinarlo online. Non vanno male nemmeno i surgelati per ovvie ragioni di rispetto della catena del freddo. Sul grocery non alimentare (quindi detersivi, cura persona ecc.) le incidenze sono in linea con il canale fisico: la concorrenza dei category killer è più forte rispetto alle categorie alimentari e anche loro iniziano ad avvicinarsi alla rete.

astenuti dall'entrare nel mondo delle vendite online per il timore di penalizzare i negozi tradizionali. Secondo alcuni rumors, Aldi starebbe pensando di sperimentare, forse, in futuro anche un servizio "click & collect", che permette di comprare online e ritirare il proprio ordine in negozio in un secondo momento. Lidl invece ha aperto in Francia il settimo marketplace: una scelta non casuale, dal momento che quello d’Oltralpe rappresenta per l’azienda di Neckarsulm la sua piazza estera più datata e più forte, con una quota di mercato vicina all'8% e un fatturato di 15 miliardi di euro. L'azienda si prefigge di raddoppiare le 1.000 unità dell’inizio nell'arco di 2-3 mesi e di raggiungere le 5mila entro il prossimo anno. La gamma non include alimenti, ma spazia dagli articoli sportivi ai filati, dagli articoli per bambini a quelli per il giardinaggio, dall’oggettistica al bricolage. «Un mercato che, appoggiandosi all’ordine online, si sta molto sviluppando nei paesi del Centro-Nord è quello delle boule e dei pasti preparati. –fa notare Alberto Miraglia – La catena inglese Tesco, per esempio, propone online, al prezzo di 25 sterline, box con la formula “easy family” con ingredienti utili a finalizzare cinque cene per quattro persone, accompagnati dalle ricette, quasi interamente costituite da prodotti private label. Da giugno 2022 anche l’olandese Albert Heijn, l’insegna del gruppo Delhaize, consegna ai propri clienti pasti freschi da consumare al momento». Con il nuovo servizio del rivenditore, già secondo player dell’e-commerce in Olanda, i pasti vengono portati a domicilio regolarmente da un fattorino in un giorno prestabilito: si punta sul concetto di accessibilità all’alimentazione sana, soprattutto per gli anziani (e in Olanda vi è un forte innalzamento dell’età media della clientela). Tornando in Italia, ci sono anche da noi esempi di come, in fondo, qualche discount stia già facendo più che capolino sul commercio in rete.

MD: CAMBIARE MEZZO PER NON CAMBIARE IL FINE

«I clienti online sono più esigenti che mai e la pandemia ha solo accelerato variazioni già in atto nei comportamenti», ammette il cavalier Patrizio Podini, fondatore di Md. Con il suo web store, soprattutto nel post Covid, l’insegna ha cambiato approccio investendo nella realizzazione di campagne pubblicitarie ad hoc per promuovere le proprie linee private label. Oltre alla consegna a domicilio, con il servizio “Acquista Online e Ritira sul punto vendita” si possono ordinare online prodotti food e non-food, acquistarli con un clic o pagarli in cassa e ritirarli gratuitamente presso il punto vendita scelto. «Nei due anni di emergenza abbiamo registrato un +19,4% degli ordini online di prodotti a marchio privato, ma è chiaro che assieme a un servizio di questo tipo ci deve essere una solida strategia omnichannel, che sappia integrare tra loro il canale online e quello fisico» ricorda Podini.

E-commerce nell’fmgc (idm+mdd) a gennaio 2023

10,7 milioni (+2,3 milioni del pre-Covid): gli acquirenti online italiani in numeri assoluti

8% del totale (+2% del pre-pandemia): gli acquirenti online italiani in percentuale

42% (+8% di anni <2019): penetrazione di mercato online, dietro Uk e Francia

6,7% quota di mercato private label (nei suoi vari settori e segmenti) sull’online

6,8% frequenza acquisti e-commerce (penultimi, peggio di noi solo il Portogallo)

3,5% quota di mercato e-commerce, dietro Uk e Francia

10,5% valore dell’e-commerce sul grocery generale (-12,6% dal 2021)

CONCLUSIONE: World Wide Web never dies Nel grocery l’online vale poco, gli acquisti avvengono per il 90-95% in store e quelli effettuati in rete sono spesso parte della spesa totale: dunque, trascurando l’online, i retailer sottrarrebbero a sé stessi molto più che la percentuale pura di chi non compra in negozio. Non esiste infatti “il cliente e-commerce”, nel senso esclusivo, ma c’è un’interdipendenza tra i due canali. Il tema, quindi, non è quanto l’e-commerce e il commercio fisico si contendono la “torta”, ma quanto le due modalità siano complementari. l

Maria Teresa Giannini giornalista professionista specializzata nel largo consumo

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