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Biodiversità e specie aliene

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Imparare facendo

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Uno studio condotto dall’Università di Bologna ha rivelato come sono cambiate le piante che crescono nel centro del capoluogo emiliano negli ultimi 120 anni. Le specie sono quasi triplicate ed è raddoppiato il numero di quelle aliene. A voi i dettagli

di Irene Nuvola, foto di Alessandro Alessandrini

Bocca di leone (Antirrhinum majus).

Canale delle Moline, Bologna.

TEMPO DI LETTUR A: 8 minuti U n interessante studio condotto da un gruppo di ricercatori dell’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna, poi pubblicato su Scientific Reports, rivista del gruppo Nature, mura sono quasi triplicate. Ad aumentare però sono state soprattutto quelle aliene a discapito di quelle originarie del territorio. Ora facciamo un passo indietro. Nel 1894 al botanico bolognese Lucio Gabelli venne l’idea di creare un catalogo ha rivelato come sono cambiate le piante che delle piante che crescono in città. Così iniziò ad crescono nel centro del capoluogo emiliano negli attraversare in lungo e in largo il centro storico ultimi 120 anni. Come? Mettendo a confronto un di Bologna – all’epoca ancora cinto dalle mura catalogo botanico di fine Ottocento con la nuova medievali – registrando le specie vegetali che mappatura realizzata dai ricercatori stessi. Ecco qui incontrava sulla sua strada: quelle che animavano per filo e per segno i dettagli emersi. i giardini, quelle che crescevano ai bordi delle carreggiate, quelle che spuntavano tra le crepe FLORA CAMBIATA dei muri. A un certo punto trovò persino un RADICALMENTE Heliotropium amplexicaule, un eliotropio purpureo, Partiamo dalla fotografia attuale: nel periodo preso originario del Perù e arrivato fino al cuore in esame le specie verdi dentro la cerchia delle dell’Emilia. Come detto, l’esperimento è stato Biodiversità e specie aliene

Eliotropio purpureo (Heliotropium amplexicaule).

Felce maschio (Dryopteris filix-mas).

ripetuto oggigiorno da un gruppo di ricercatori www.unibo.it dell’Università di Bologna che ha deciso di ripercorrere i passi di Gabelli per documentare quanto e come sono cambiate le piante urbane. Gli studiosi hanno catalogato tutte le specie che crescono oggi nel centro storico bolognese, tra parchi, viali, marciapiedi, colonne e palazzi. E lungo il loro percorso hanno ritrovato anche le Le specie aliene sono a volte uniche in grado di colonizzare l’eliotropio purpureo: da oltre un secolo il fiore peruviano continua a sbocciare, anno dopo anno, proprio nello stesso punto. Ecco cosa è emerso: spazi che altrimenti resterebbero vuoti, creando così habitat il confronto tra le due mappature mostra che la che possono favorire ad esempio flora urbana di Bologna è cambiata radicalmente. «Il riscaldamento del clima, i cambiamenti i preziosi insetti impollinatori dell’architettura cittadina e il progressivo intervento dell’uomo sull’ambiente urbano hanno Per maggiori informazioni specie aliene

Le specie che abitano il centro storico bolognese sono

quasi triplicate, passando dalle 176 di fine Ottocento alle 477 di oggi; allo stesso tempo è però più che raddoppiato il numero di quelle aliene, passando dal 12% al 30% del totale

Ciombolino comune (Cymbalaria muralis).

modificato in maniera profonda la biodiversità floristica bolognese – conferma Annalisa Tassoni, docente dell’Università di Bologna che ha coordinato lo studio – Un cambiamento che ha visto il moltiplicarsi di specie aliene, introdotte soprattutto come piante Albero di Giuda (Cercis siliquastrum). ornamentali, a scapito di quelle native della zona, che si sono ridotte in modo significativo».

Vai allo studio pubblicato su Scientific Reports

GLI AUTORI DELLO STUDIO

Lo studio, come detto, è stato pubblicato su Scientific Reports con il titolo “Impact of climate change and urban development on the flora of a southern European city: analysis of biodiversity change over a 120- year period”. Per l’Università di Bologna gli autori sono Annalisa Tassoni e

Mirko Salinitro del Dipartimento di Scienze biologiche, geologiche e ambientali e Alessandro Zappi del Dipartimento di Chimica “Giacomo

Ciamician”, a cui si aggiunge Alessandro Alessandrini dell’Istituto per i beni artistici, culturali e naturali della Regione Emilia-Romagna.

TRA LE PIANTE INCONTRATE

Camminando per le strade del centro di Bologna ci si può imbattere in una felce (Dryopteris filix-mas) che spunta dalla colonna di un portico, in macchie di Euphorbia prostrata tra le crepe dei marciapiedi, in famiglie di ciombolino comune (Cymbalaria muralis) sulle pareti dei palazzi, e in cespugli di bocca di leone (Anthirrinum majus) tra i mattoni rossi delle mura medievali. Oltre al già citato eliotropio purpureo.

SPAZIO ALLE PIANTE ORNAMENTALI

Nel dettaglio, dai risultati della ricerca emerge che le specie che abitano il centro storico bolognese sono quasi triplicate, passando dalle 176 di fine Ottocento alle 477 di oggi; allo stesso tempo è però più che raddoppiato il numero di quelle aliene, passando dal 12% al 30% del totale. «Questi vasti cambiamenti sono legati probabilmente alla profonda trasformazione del centro storico di Bologna nell’ultimo secolo: la scomparsa delle aree coltivate e delle mura medievali, la cementificazione, le ampie ricostruzioni del secondo dopoguerra – spiega la professoressa Tassoni – Tutti questi eventi hanno portato alla scomparsa delle specie legate all’economia agraria di un tempo, come i cereali e gli alberi da frutto. In compenso l’introduzione su larga scala delle piante ornamentali, nei giardini e sui balconi, ha permesso a moltissime specie non originarie del territorio di diffondersi e radicarsi».

CHI SI ADATTA, RESISTE

L’aumento delle specie aliene non è però necessariamente negativo. «Nei centri storici cittadini l’ambiente naturale è spesso quasi del tutto assente – commenta Mirko Salinitro, ricercatore dell’Università di Bologna e primo autore dello studio – In questi contesti le specie aliene sono a volte le uniche in grado di colonizzare spazi che altrimenti resterebbero vuoti, creando così habitat che possono favorire ad esempio i preziosi insetti impollinatori». A resistere sono insomma le piante – locali o aliene – capaci di sopravvivere in ambienti che, complice anche l’aumento delle temperature, diventano sempre più ostili.

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